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Roberto Baggio: 20 anni fa il suo addio al calcio -Video

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Foto: Calciomercato Report

Il 16 maggio 2004, esattamente 20 anni fa, Roberto Baggio, soprannominato “Raffaello” per le sue eccezionali doti tecniche, e “Divin Codino” per la sua acconciatura, ha giocato la sua ultima partita, un Milan-Brescia terminato 4-2 per i rossoneri di Carlo Ancelotti.

A fine partita, prima di entrare nel tunnel degli spogliatoi, Baggio  fu omaggiato dai tifosi di entrambe le squadre.

LA CARRIERA

Cresciuto nel settore giovanile del Caldogno, squadra del suo paese, per poi approdare nelle giovanili del L.N.R Vicenza, Baggio mette subito in luce il suo talento, che lo porta a passare dopo poco tempo nella prima squadra del L.N.R Vicenza.

Con i biancorossi ci gioca fino al 1985, anno in cui Baggio subisce un grave infortunio, rompendosi il legamento crociato anteriore e il menisco, durante il match contro il Rimini allenato da Arrigo Sacchi, futuro allenatore del “divin codino” in Nazionale e nel Milan.

Per Baggio, quel periodo fu caratterizzato da sofferenze e incertezze, dovute anche al difficile intervento che ha dovuto subire , con 200 punti interni di sutura,  pertanto ebbe una profonda crisi mistica che lo fece avvicinare al Buddhismo.

Al contempo venne acquistato dalla Fiorentina, squadra con cui egli esordì in serie A a soli 17 anni.

Nella partita successiva all’esordio, Baggio subisce una lesione al menisco del ginocchio destro, costringendolo a una nuova operazione.

Rimane legato al club viola per cinque anni, e nel 1990 firma un contratto con la Juventus.

In conseguenza di questo trasferimento, Baggio viene inizialmente preso di mira dai tifosi della Fiorentina,  a causa della storica rivalità che vi è tra i viola e i bianconeri.

Indossa la maglia della Juve per 5 anni (1990-95), e nel 1993 vince il pallone d’oro.

Foto: Rai

Tramontata l’esperienza bianconera, Baggio si trasferisce al Milan per due stagioni. Tuttavia non riesce a inserirsi nell’ambiente rossonero, per via delle divergenze avute prima con Sacchi e poi con Capello.

Nella stagione successiva passa al Bologna, squadra in cui vi milita una sola stagione, per poi essere ingaggiato dall’Inter.

In maglia nerazzurra, nonostante i suoi consueti guai fisici, Baggio esprime al meglio le sue qualità tecniche, risultando determinante in diverse partite.

Ma anche l’esperienza  nerazzurra  non durerà molto, stavolta il suo ostacolo si chiama Marcello Lippi. L’allenatore toscano gli pone scarsa fiducia, utilizzandolo in maniera sporadica, al punto che Baggio decide di lasciare l’Inter.

Nel 2000 accetta di vestire la maglia del Brescia, squadra che in quel periodo sfornava giovani talenti e futuri campioni del mondo , come Andrea Pirlo e Luca Toni, e con cui egli concluse la carriera nel 2004.

Nella stagione 2001-02 , Baggio subisce nuovamente un grave infortunio (rottura del legamento crociato anteriore  del ginocchio sinistro con lesione del menisco interno). Ma nonostante ciò non si abbatte e , dopo pochi mesi, recupera notevolmente, e si sente pronto per disputare il mondiale in Giappone e Corea del Sud. Tuttavia, l’allora commissario tecnico della Nazionale Giovanni Trapattoni , si rifiuta di convocarlo, perchè non lo riteneva in forma ottimale.

LA SUA ESPERIENZA CON LA NAZIONALE

In maglia azzurra Baggio ha collezionato 56 presenze, realizzando 27 gol.

Peraltro, con la Nazionale ha partecipato a tre mondiali consecutivi (Italia ’90, Usa’94 e Francia ’98).

La sua delusione più grande è la finale persa ai calci di rigore, a Pasadena, contro il Brasile nel 1994, in cui Baggio calcia alto rigore che consente al Brasile di vincere .

Ma il simbolo di quel maledetto mondiale rimane comunque lui, perchè con le sue prestazioni da fuoriclasse ha trascinato la Nazionale in finale.

ROBERTO BAGGIO NELL’IMMAGINARIO COLLETTIVO

Senza ombra di dubbio Baggio rappresenta uno dei calciatori più forti della storia del calcio,  e forse è anche il giocatore italiano più amato, essendo che la sua carriera è stata costellata anche da dolori fisici e morali.

Oggi Baggio è un esempio per i giovani che vogliono intraprendere la carriera sportiva e non, perchè è in grado di trasmettere un’empatia, che attraverso la sua storia, la si riesce a cogliere.

Di Baggio, oltre al suo smisurato talento, vanno ricordati il sacrificio, l’umiltà, e la forza di andare avanti, malgrado si presentassero ostacoli più grandi di lui.

Inoltre, se la gente lo ama, è anche per i suoi insuccessi, come il rigore sbagliato nella finale Italia-Brasile del 1994. Da quel momento l’affetto nei suoi confronti anzichè affievolirsi è aumentato, perchè  ci ha fatto capire che sbagliare è umano e capita a tutti.

E proprio in merito a quella esperienza negativa che Baggio esclamò una frase significativa, che riguarda sia il calcio che la vita di tutti i giorni “i rigori li sbaglia solo chi ha il coraggio di tirarli”.

Classe 2000. Studente in Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Palermo. Aspirante giornalista.

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Addio a Maggie Smith: ci lascia ad 89 anni l’attrice di Harry Potter e Downtown Abbey

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Maggie Smith, all’età di 89 anni è venuta a mancare, ad annunciare la morte è stata la famiglia.

L’attrice britannica Maggie Smith vincitrice di due premi Oscar, leggenda del teatro e dei grandi schermi che ci ha accompagnato per più di 70 anni, è morta oggi in un ospedale a Londra.

Ad annunciare la tragica notizia sono stati i suoi figli in un comunicato, Chris Larkin e Toby Stephens: “È con grande tristezza che dobbiamo annunciare la scomparsa di Dame Maggie Smith. È morta pacificamente in ospedale questa mattina presto, venerdì 27 settembre“.

I RUOLI ICONICI IN HARRY POTTER E DOWNTOWN ABBEY

   

Smith era nota e molto amata dal pubblico soprattutto per il ruolo di Minerva McGrannit nella famosissima saga di Harry Potter e nelle vesti della contessa Violet Crawley nella serie Downton Abbey. Ma anche per altri innumerevoli ruoli in tante celebri commedie.

Smith è stata una delle più importanti attrici britanniche di un’intera generazione. Ha recitato anche in: Assassinio sul Nilo (1978), Hook – Capitan Uncino (1991), Sister Act – La sorellastra (1992), Il giardino segreto (1993), Marigold Hotel – Il miglior hotel esotico (2012), Quartet – Quartetto (2012) e The Lady in the Van – La signora del furgone (2015).

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L’addio a Paola Marella: un vero e proprio lutto per Real time

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Foto: L’Arena

Paola Marella, architetto di grande talento e volto celebre del canale televisivo Real Time, ricordata soprattutto per progarmmi come “Vendo casa disperatamente si è spenta all’età di 61 anni.

La notizia della sua scomparsa ha scosso il mondo della televisione e dell’architettura, lasciando un grande vuoto tra i suoi colleghi e il pubblico che l’aveva seguita con affetto per anni.

Il 16 dicembre 2021 le fu diagnosticato un adenocarcinoma duttale del pancreas metastatico che alla fine, ha avuto la meglio su Paola.

Oltre alla televisione, era impegnata anche nel mondo editoriale e nella consulenza, confermandosi una figura influente nel settore del design. La sua passione per l’architettura e il buon gusto ha ispirato molti, rendendola un punto di riferimento per chi desiderava trasformare le proprie abitazioni in spazi unici e funzionali.

La sua scomparsa ci lascia un’importante eredità di impegno nel desing e amore per il proprio lavoro.

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Giancarlo Siani: il ricordo del giovane giornalista ucciso 39 anni fa dalla camorra

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Il 23 settembre del 1985 la camorra uccideva a soli 26 anni  Giancarlo Siani, il giovane giornalista napoletano che scriveva nel quotidiano “Il Mattino.

LA SUA STORIA

Giancarlo Siani era un praticante giornalista, perciò non essendo ancora appartenente alla categoria dei giornalisti  professionisti , veniva chiamato “abusivo “.

Ma nonostante ciò, Siani aveva capito cosa significasse svolgere correttamente questo lavoro, e grazie alle sue qualità umane e professionali si è impegnato a smascherare un mondo, quello della criminalità organizzata e quindi anche della corruzione.

Durante i suoi studi universitari, svolti alla facoltà di Sociologia dell’Università di Napoli, si interessò dei disagi provenienti dalle fasce sociali più deboli, contesti in cui si insediava facilmente la criminalità organizzata, inoltre fondò, insieme ad altri giovani giornalisti, il Movimento Democratico per il Diritto all’Informazione.

Successivamente, iniziò a lavorare come corrispondente da Torre Annunziata nel quotidiano “Il Mattino“, occupandosi di cronaca nera, e dunque di camorra, nello specifico studiò l’assetto gerarchico delle famiglie camorristiche  che comandavano nei territori.

Foto: Liberainformazione

Siani, proseguendo la collaborazione da corrispondente nel quotidiano di Napoli, analizzò l’instaurazione di  relazioni  tra la criminalità organizzata e la politica, in particolare scoprì che si era creata una collusione, solidificata il giorno dopo il terremoto dell’Irpinia, tra alcuni rappresentanti politici campani e Valentino Gionta, un boss locale che aveva detenuto il controllo dell’intero mercato di droga tra Torre Annunziata e Castellammare di Stabia.

Dopo numerosi articoli d’inchiesta, in cui il giornalista denunciava la camorra, e il sistema politico a essa asservito, Siani ottenne una promozione, pertanto venne trasferito a Napoli per lavorare all’interno della redazione del “Mattino“, continuando però a occuparsi di quanto accadeva a Torre Annunziata, peraltro stava lavorando alla pubblicazione di un libro relativo al rapporto politica-camorra negli appalti per la ricostruzione post-terremoto.

Inoltre, sempre in quel periodo, Siani avrebbe dovuto sostenere l’esame che lo promuoveva a giornalista professionista, ma purtroppo non fece in tempo.

L’ARTICOLO CHE GLI COSTO’ LA VITA

In seguito all’arresto del boss Valentino Gionta, Siani, il 10 giugno del 1985, pubblicò un articolo, nel quale emersero delle verità scomode, grazie anche a delle rivelazioni di un suo amico carabiniere.

In questo articolo,  Siani scrisse che Gionta fu venduto alla polizia dal clan Nuvoletta (in alleanza con i corleonesi di Totò Riina), e dal clan Bardellino (membri della “nuova famiglia”), dunque colpì  il punto di forza dei mafiosi, “l’onore“.

Il motivo di tale tradimento fu la cessione della guerra tra famiglie, che ha portato all’accordo tra i Nuvoletta e Antonio Bardellino.

Fu proprio la pubblicazione di questo articolo a far scaturire la rabbia dei fratelli Nuvoletta, i quali, con la complicità dei corleonesi di Totò Riina, il 23 settembre del 1985, ordinarono la sua uccisione.

Siani fu ucciso mentre era bordo della sua citroen mèhari verde,  con 10 colpi di pistola sparati da dei killer a volto scoperto.

Ma fu anche ucciso dagli uomini spudoratamente corrotti, che oscuravano la sua visione libera e anti-conformista.

UN ESEMPIO PER I GIOVANI

Foto: Il mediano

Giancarlo Siani era un ragazzo straordinariamente normale, che credeva in quello che faceva.

Il suo obbiettivo era quello di aiutare i ragazzi, ad essere liberi, quei ragazzi che, crescendo in contesti difficili, ed essendo isolati dalle istituzioni ,venivano facilmente reclutati dalla camorra.

Poco prima di morire, Siani tenne degli incontri nei licei parlando ai giovani, dicendo loro che la criminalità e la corruzione non si combattono solo con i carabinieri . Le persone per scegliere devono sapere, devono conoscere i fatti.

E allora quello che un giornalista “giornalista” dovrebbe fare e questo: informare“.

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