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Calcio

Il Super Commento della 3ª giornata di Serie A

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Grafica: Julya Marsala

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine,  della terza giornata di Serie A.

Venezia-Torino

Due squadre con percorsi e obiettivi differenti, chiamati a dare un forte segnale dopo le prime due giornate. Nella prima frazione del Penzo, Torino e Venezia non si sono risparmiati e hanno sfornato un primo tempo dall’alto contenuto emotivo e agonistico. Tante occasioni da una parte e dall’altra, con i due estremi difensori che si prendono la scena durante tutto il primo tempo. Tra le fila lagunari, nonostante il ritorno dal primo minuto (all’esordio in A) di Pojhanpalo, tutti i maggiori pericoli arrivano dai piedi di Hans Nicolussi Caviglia, vero metronomo del centrocampo veneziano e protagonista dell’occasione più nitida del primo tempo con la sua conclusione a giro che impegna Milinkovic-Savic, chiamato al miracolo. La risposta granata arriva con Che Adams,  la conclusione dello scozzese a botta sicura viene stoppata dal tuffo di Joronen. Rispetto ai due match contro Milan e Atalanta, il Torino palesa più di qualche difficoltà nel dominare il gioco qualitativamente e quantitativamente, con Vanoli in costante movimento nell’area tecnica. Nel secondo tempo la partita si addormenta, il ritmo cala e le due squadre continuano a studiarsi e annullarsi. La poca lucidità della coppia ZapataAdams consegna grandi meriti alla coppia di centrali del Venezia, con Idzes che continua a mettersi in mostra dopo il gran campionato dell’anno scorso. La poca qualità messa a disposizione dei centrocampisti granata fa venire alla luce la gran partita dei mastini del centrocampo lagunare, con Duncan e Nicolussi Caviglia tra i migliori in campo. Nel finale arriva il guizzo decisivo del Toro, con lo stacco di Saul Coco sulla spizzata di Masina. Un gol che conferma l’ottimo impatto del centrale ex Las Palmas nella retroguardia granata, con l’addio di Buongiorno che sembra esser già un lontano ricordo. Con 7 punti in 3 partite, il Toro di Vanoli è partito decisamente bene e non ha nessuna voglia di fermarsi, con i nuovi innesti che potranno permettere continue alternative dalla panchina. Manca all’appuntamento con la vittoria il Venezia, ma la gara del Penzo ha lasciato tanti spunti su cui lavorare per costruire una salvezza che sembra già in salita.

Inter-Atalanta

Dopo aver ritrovato la vittoria nel primo match casalingo contro il Lecce, i nerazzurri annientano l’Atalanta per 4-0. In una delle sfide più attese della terza giornata di Serie A,  i padroni di casa dopo un’azione rapidissima composta da uno/due tocchi, passa in vantaggio sul cross di Thuram deviato in porta da Djimsiti dopo appena centottanta secondi. L’Atalanta, priva di Hien e Kolasinac in difesa accusa il colpo e, dopo molteplici campanili sventati da Pavard, subisce la rete del 2-0 al decimo minuto grazie alla super conclusione targata Barella. Nonostante il doppio vantaggio, l’Inter non abbassa il ritmo del proprio gioco continuando ad attaccare, dando ancora una volta l’ennesima dimostrazione dell’idea di gioco di Inzaghi e della supremazia nei confronti dei bergamaschi. L’unica reazione del primo tempo da parte dei campioni d’Europa League arriva sul tiro da fuori di Zappacosta che viene neutralizzato da Sommer e, sulla respinta del portiere svizzero, Retegui non riesce a centrare la porta spedendo alto il pallone. La calda serata milanese ha un protagonista: Marcus Thuram. Il centravanti francese continua sull’onda della prima sfida al Genoa e, dopo un palo colpito nel primo tempo, chiude la gara nella ripresa grazie ad una doppietta che risalta ancora di più la propria figura di attaccante, grazie a due interventi che anticipano la difesa bergamasca e che non lasciano scampo a Carnesecchi. Oltre alla grande prestazione di Thuram, la scena se la prende tutto il terzetto difensivo. In soli novanta minuti, la difesa nerazzurra, è riuscita a superare le critiche ricevuto nel precampionato, riuscendo a portare a casa il secondo clean sheet stagionale oltre a far un’ottima figura per quanto riguarda la fase d’impostazione, perfettamente portata avanti da Bastoni, Acerbi e Pavard. Nei minuti finali, Inzaghi effettua cinque sostituzioni, nonostante aver cambiato tutto il reparto offensivo e due terzi di centrocampo, il ritmo dei campioni d’Italia non è mai calato, fattore che manda un grande segnale alle altre avversarie, pretendenti per la vittoria finale.

Bologna-Empoli

Dopo il sorteggio Champions, l’atmosfera energica del Dall’Ara imponeva quasi i tre punti. Al cospetto di un Empoli in rampa di lancio, i felsinei non vanno oltre il pari. Succede quasi tutto nei primi cinque minuti. Al secondo minuto il corner di Miranda trova prima la spizzata di Beukema e poi la zampata vincente di Fabbian, al primo gol in campionato, la marcatura più giovane di queste tre giornate di A. La risposta dei toscana arriva dopo nemmeno due minuti, con una giocata che ormai sta diventando un dogma dell’Empoli di queste giornate: palla su Pezzella e cross sul secondo palo dove arriva puntuale l’inserimento di Gyasi, al secondo gol consecutivo dopo la rete facsimile dell’Olimpico (a Roma aveva aperto le marcature, qua pareggia subito la gara). Il gioco del Bologna si sviluppa prevalentemente a sinistra, dove Karlsson e Miranda giocano un’ottima gara dal punto di vista tecnico, fornendo sempre una soluzione per l’attacco, sorretto da Castro e da Orsolini, ancora lontani dalla migliore condizione. L’Empoli si conferma una macchina da contropiede e al 37’ sfiora il nuovo vantaggio con la conclusione a botta sicura di Solbakken, dove è necessario un super intervento di Skorupski. La replica rossoblù arriva pochi minuti dopo, ma Orsolini spara in curva da buona posizione. Nel secondo tempo l’equilibrio prevale e le poche occasioni arrivano tutte dai piedi di Orsolini, senza però trovare il gol. Rimandato l’appuntamento con la prima vittoria per il Bologna. A quindici giorni dall’esordio in Champions contro lo Shaktar sono tanti ancora i punti interrogativi su Italiano e sullo scacchiere rossoblù. L’infortunio di Ferguson sembra aver condizionato negativamente tutte le manovre offensive dei felsinei, e le condizioni non ottimali dei due attaccanti Castro e Dallinga, non permettono al Bologna di essere dominante in area di rigore. Dopo tre giornate i gol realizzati sono soltanto due, tra cui un rigore alla prima giornata di Orsolini. Prosegue spedito il cammino dell’Empoli. 5 punti in tre gare e due reti subite, per una delle sorprese di questo avvio di campionato. Al rientro dalla sosta D’Aversa è chiamato a confermare questo score, a partire dal match del Castellani contro la Juventus di Thiago Motta. 

Lecce-Cagliari

Il primo banco di prova per Lecce e Cagliari, che hanno iniziato la loro stagione in maniera differente, ma entrambe alla ricerca della prima vittoria in campionato. Dopo la sconfitta di San Siro, Gotti inserisce subito nella contesa il nuovo acquisto Guilbert, arrivato per sostituire Gendrey (ceduto all’Hoffenheim). La scelta di utilizzare Dorgu nella stessa fascia del francese permette al Lecce di avere molto equilibrio da una parte e poter osare dall’altro lato, con le sgasate di Banda e le sovrapposizioni di Gallo. In avanti, nonostante l’arrivo di Ante Rebic, Krstovic mantiene saldamente il centro dell’attacco. Nel primo tempo i fari sono puntati tutti sul montenegrino, poiché si divora un gol a porta scoperta, dopo aver scartato Scuffet calcia addosso a Luperto. Al 26’ il Lecce trova il primo gol in campionato, con la zampata di Krstovic sulla sponda aerea di Gaspar. Da Cagliari a Cagliari, visto che le ultime reti dei salentini erano state realizzate l’anno scorso nel match contro i sardi, entrambe le reti portavano la firma di Krstovic. La squadra di Nicola non si scompone e sfiora il pareggio con la traversa di Luvumbo. Poi sul gong della prima frazione l’evento che cambia la gara: Dorgu interviene in maniera scomposta su Prati e viene espulso. Nel secondo tempo il Cagliari si riversa tutto in avanti per pareggiare, ma il Lecce riesce a contenere tutti gli attacchi dei sardi, nonostante l’inferiorità numerica. I cambi di Gotti permettono ai salentini di essere sempre pimpanti e rapidi nel ribaltare l’azione. Nel finale il Cagliari tenta il tutto per tutto e allora è Falcone a salire in cattedra, con un intervento prodigioso che nega il pareggio a Luvumbo. L’ultima grande occasione del match capita tra i piedi di Nicholas Viola (alla 50ª presenza con la maglia del Cagliari) ma la sua conclusione a botta sicura colpisce la traversa. Tre punti d’oro per i salentini, che tornano a sorridere dopo le due sconfitte nette contro Atalanta e Inter. Manca all’appuntamento con la prima vittoria il Cagliari, ma Nicola sembra avere la situazione sotto controllo ed è chiamato a dare un segnale già al rientro dalla sosta.

Lazio-Milan

Una gara che prometteva spettacolo, con le due squadre chiamate a dare un segnale alla propria stagione. Le scelte dei due tecnici fanno presagire questa voglia di riscatto, di “rinascita” anche se si tratta di due percorsi in pieno inizio e sviluppo. La rivoluzione apportata da Fonseca scuote tutto l’ambiente rossonero, ma per le scelte impavide del portoghese portano il Milan al riposo in vantaggio. Dopo la buona prestazione di Parma, ancora una volta Stranjha Pavlovic è stato uno dei protagonisti della partita, sia dietro ma soprattutto in avanti. Il centrale serbo ha il merito di salvare sulla linea una conclusione velenosa di Dia, che aveva beffato Maignan in uscita, e pochi minuti dopo sfrutta un’incomprensione generale della difesa laziale e incornare tutto solo nell’area piccola, per la prima gioia con la maglia rossonera. La scelta di rinunciare a Theo Hernandez e Leao fa perdere al Milan quella ‘sana’ instabilità che permetteva ai rossoneri di essere sempre pericolosi in ogni momento della gara e in ogni tipo di azione. La scelta di Terracciano e Pulisic garantisce più equilibrio nella prima frazione, dove la Lazio tenta di aggredire il match fin da subito, anche grazie alla scelta di Baroni di presentare il doppio centravanti, con Dia che fa coppia con Castellanos. Nel secondo tempo il Milan comincia a perdere riferimenti grazie anche alla crescita costante dei padroni di casa, che grazie ai cambi di Baroni (che inserisce Isaksen e Marusic) riesce ad avere più lucidità nel possesso e più spazio dove attaccare con la velocità di Nuno Tavares. Il terzino portoghese si prende la scena intorno all’ora di gioco, quando viene servito in profondità da Zaccagni e disegna due assist al bacio per i due tap-in di Castellanos e Dia, e in meno di cinque minuti la Lazio ribalta tutto. Con la gara in salita, Fonseca decide di mettere fine al suo esperimento e decide di inserire tutti i ‘tenori’ lasciati inizialmente fuori, con l’aggiunta dell’esordiente Tammy Abraham. In meno di un minuto i nuovi entrati collezionano l’azione del pareggio, con un fraseggio tutto di prima tra Leao, Theo e Abraham, finalizzato dalla conclusione vincente di Rafael Leao. L’immagine emblematica di Theo Hernandez e Leao che non presenziano al cooling break con la squadra dimostra una poco rosea situazione all’interno dello spogliatoio rossonero, nonostante tutti i proclami di intesa di Fonseca. Le ultime due occasioni, di Okafor e Zaccagni mettono la parola fine a una gara divertente e ricca di colpi di scena, che però non cambia i giudizi e i pensieri riguardo l’avvio di stagione di Lazio e Milan, chiamate ad alzare l’asticella al rientro dopo la sosta.

Napoli-Parma

La cornice del Maradona diventa il teatro della gara più folle della stagione -al momento. Con l’arrivo di Gilmour, McTominay e Lukaku la rosa del Napoli si completa definitivamente, ma nel primo tempo del Maradona la scena è tutta dei ragazzi di Fabio Pecchia. Perché il Parma gioca, e come gioca! Un continuo scambio di posizioni, un dinamismo e un’audacia che raramente si vede in squadre neopromosse, e poi l’intraprendenza e la consapevolezza del rischio che è il fattore determinante nell’inquadrare l’azione del vantaggio, con la progressione centrale di Sohm e il fallo di Meret in uscita su Bonny. Dal dischetto il francese apre il piatto e porta in vantaggio -meritatamente- i ducali. La poca pulizia nel giro palla, e un ritmo non troppo elevato a causa dell’intraprendenza del Parma, portano il Napoli a riposo sullo 0-1 e con tanti aspetti da sistemare e migliorare per Conte. Nel secondo tempo la partita cambia nell’ultimo quarto d’ora, quando Suzuki (ammonito in precedenza) viene espulso per un’uscita a gamba tesa su Neres. Con le sostituzioni esaurite pochi minuti prima, a difendere i pali della porta ducale si presenta il capitano Delprato. Nel finale Conte inserisce tutti gli attaccanti e riesce a sfruttare l’handicap del portiere atipico per ribaltare la gara e portare a casa i tre punti. Prima ci pensa Lukaku a infiammare il Maradona, con la sua rasoiata mancina che buca le mani a Delprato, per la prima gioia in maglia azzurra, conclude l’opera il colpo di testa di Anguissa, servito dal cross al bacio di David Neres (secondo assist in due partite da subentrato). Una vittoria che permette al Napoli di concludere la primissima fase di campionato al sesto posto, a quota 6 punti. Dopo la pesante sconfitta di Verona, il campionato dei partenopei ha avuto subito un riscontro positivo dal punto di vista mentale e il completamento della rosa, con tutti i nuovi innesti richiesti da Conte, possono indirizzare il campionato del Napoli verso i piani alti della classifica. Sconfitta a testa altissima del Parma, che conferma quanto visto nelle prime due giornate. Una squadra molto giovane, ma molto intraprendente e coraggiosa, che darà del filo da torcere a tutti.

Genoa-Hellas Verona

Il primo scontro salvezza delle due squadre, una vittoria pesantissima da parte degli scaligeri. A Marassi la partita si sviluppa secondo quelli che sono i pronostici, ossia le due squadre in completo assetto difensivo, con l’obiettivo di studiarsi e trovare i punti dove colpire. La scelta di Zanetti di utilizzare un centrevanti mobile come Tengstedt piuttosto che un pivot come Mosquera fa perdere riferimenti alla schierata difesa rossoblù, che risponde con il doppio centravanti Vitinha-Pinamonti. La gara si accende e si stappa nella ripresa, quando il Verona comincia a trovare un porto sicuro negli esterni, a causa della compattezza centrale dei difensori, e da un cross laterale di Lazovic arriva il vantaggio di Tchatchoua, nel più classico dei gol “da quinto a quinto”. Il Genoa perde certezze e dinamismo, che è il marchio di fabbrica della squadra di Gilardino, e la gara viene indirizzata definitivamente dal penalty di Tengstedt, dopo il fallo di mano del neo entrato Thorsby. Una sconfitta che non compromette il percorso del Genoa. Ai rossoblù è mancato quell’estro e quel dinamismo in mezzo al campo e nella trequarti. La partenza di Gudmundsson ha portato il Grifone a compiere delle scelte che hanno portato a un cambio di ideali tattici, e il doppio centravanti è ancora in fase di sperimentazione. La sosta potrà consegnare a Gilardino il tempo necessario per lavorare su questi aspetti per il proseguo del campionato. 6 punti in 3 giornate per il Verona, che con Zanetti ha messo subito la quinta alla ricerca dei punti salvezza, in attesa di capire se la continuità sarà un fattore determinante o un handicap che può compromettere l’obiettivo degli scaligeri. 

Fiorentina-Monza

Il faticoso passaggio del turno in Conference, contro la Puskas Academy, aveva bisogno di una reazione convincente in campionato, con Palladino che si trova ad affrontare quello che è stato il suo passato, contro l’amico Nesta. Al Franchi la Fiorentina presenta dal 1’ due nuovi acquisti, come Gosens e Cataldi, già metallizzati e abituati alla difesa a tre e al tipo di calcio richiesto da Palladino. Nel primo tempo però la Viola continua a palesare una scarsa attitudine con il gol e soprattutto una scarsa intraprendenza nella trequarti, con Colpani che continua a non incidere e Beltran si dimostra molto sterile sotto porta. Inoltre la Fiorentina deve fare i conti con una difesa che continua a non convincere, e la scelta di utilizzare Biraghi come braccetto di sinistra dimostra la poca propensione del capitano italiano in marcatura. Il gol del vantaggio del Monza nasce da un errore in marcatura di Biraghi, colpito dal taglio sul primo palo di Djuric, che apre il conto delle reti in campionato del Monza (l’ultima rete dei brianzoli risaliva allo scorso Fiorentina-Monza, anche in quell’occasione a segnare fu il bosniaco). Lo scossone emotivo portato dal vantaggio brianzolo spezza le gambe alla Fiorentina, che comincia a sbagliare qualsiasi giocata palla a terra e viene sovrastata dal pressing alto del Monza, che trova anche il raddoppio grazie alla conclusione da fuori area di Daniel Maldini. Prima dell’intervallo la Viola si rimette in gara grazie alla zampata di Moise Kean, al primo gol in campionato. Nel secondo tempo Palladino inserisce anche Adli e Bove, anche loro all’esordio con la maglia viola, e nel finale il Monza cede e subisce il gol del pareggio. Il corner di Adli pesca il taglio sul primo palo di Gosens, che timbra il cartellino al primo gettone al Franchi. Un pareggio che maschera la brutta prestazione, l’ennesima, della Fiorentina. Palladino ha l’arduo compito di trovare delle contromisure alla sua difesa a tre, che in queste prime partite ha presentato più di qualche lacuna. Il Monza torna a casa con l’amaro in bocca, con la vittoria che distava solamente cinque minuti. Tuttavia la prestazione della squadra di Nesta è sopra la sufficienza, e i nuovi acquisti potranno migliorare l’organico brianzolo, alla rincorsa della salvezza. 

Juventus-Roma

Un pareggio che lascia tanti spunti, ma poco spettacolo e quasi nessuna palla gol. La scelta di De Rossi di inserire subito il neo arrivato Saelemaekers, al posto di Dybala, si rivela fondamentale nella lettura della gara poiché i giallorossi hanno superiorità numerica in mezzo al campo, con la Juve spesso in ritardo nel pressing dei tre giallorossi. Durante il cooling break Thiago Motta mette a posto alcune cose e la Juve tiene meglio il campo: Gatti non si perde più Dovbyk, Cambiaso si abbassa ad aiutare Savona in copertura, migliora anche Mbangula nell’aiuto a Cabal dall’altro lato. La partita si fa dunque bloccata, con qualche guizzo a tinte bianconero, anche se niente di che. L’unica vera palla-gol del primo tempo la firma Vlahovic: Yildiz va al traversone, Vlahovic sfila davanti a Ndicka e lo anticipa, ma Svilar è attento sulla sua girata. Le due scelte degli allenatori, al netto di ogni forma di rispetto e stima (confermati nelle conferenze stampa) indirizzano la partita verso un pareggio. I nuovi innesti, da una parte e dall’altra, non sono riusciti a dare la giusta scossa in un match che fin dall’inizio ha dato la sensazione di non potersi sbloccare se non con qualche episodio, che non è arrivato. Tanti i meriti di De Rossi in questo pareggio, poiché le scelte del tecnico romano hanno permesso alla Roma di avere un approccio molto spigliato e audace al cospetto della slanciata Juve, che allo Stadium è sembrata a corto di energie nel finale per tentare il forcing decisivo. I nuovi innesti non sono riusciti a colpire subito, ma ci sarà tutto il tempo per inserirsi negli schemi di Thiago Motta. Sottolineatura importante per Paulo Dybala. La Joya, subentrato a Soulé, è sembrato un pesce fuor d’acqua all’interno del 4-3-3 giallorosso, con tutte le attenzioni che sono rivolte su De Rossi e sulle scelte che metterà in atto nel corso della stagione. Ottimo esordio di Saelemaekers e Manu Konè, già molto pimpanti e perfettamente calati nella parte all’interno degli schemi giallorossi. 

Udinese Como 

Continua a volare in classifica l’Udinese di Runjaic. Contro il Como i friulani conquistano la seconda vittoria consecutiva e concludono la prima parte di campionato in vetta alla classifica. La scelta di Runjaic, rispetto al match vinto contro la Lazio, ricade su Karlstrom accanto a Lovric in mezzo al campo, cosi da avere maggior dinamismo e fisicità in mezzo al campo. L’obiettivo dell’Udinese non è quello di mantenere stabilmente il pallone, ma essere pungente e rapido una volta riconquistato il possesso. Il vantaggio bianconero arriva grazie al movimento di Thauvin in mezzo al campo che spalanca la prateria a Ehizibue, che arriva sul fondo e serve l’assist per il primo gol in Serie A di Brenner. Il Como nel secondo tempo prova a inserire tutti i nuovi arrivati per rimettere in equilibrio la gara, così come fatto contro il Cagliari, ma la resistenza dei friulani è serrata e gli spazi sono pochi. Nel finale il Como ha l’occasione per pareggiare, grazie al calcio di rigore assegnato dal VAR per fallo di mano del neo entrato Payero. Dal dischetto Cutrone spiazza Okoye ma chiude troppo la conclusione e la palla termina fuori. 7 punti in 3 partite per l’Udinese, in vetta al campionato insieme a Juventus, Inter e Torino. Si conferma in salita il percorso del Como in Serie A, con un solo punto raccolto nelle prime partite. La reazione dei lariani è attesa al rientro dalla sosta, nel primo match stagionale al Sinigaglia contro il Bologna.

LA TOP11 DELLA 3ª GIORNATA

Grafica: Julya Marsala

Classe 2004. Studente in Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Palermo. Aspirante giornalista/presentatore sportivo e grande appassionato di calcio.

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A Spasso per l’Europa. Il punto sulla Bundesliga

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Un percorso che si concentra su tutte le migliori città e regioni della Germania, da nord a sud. Uno sguardo attento e dettagliato sul campionato tedesco. Con la pausa delle nazionali si è consumato il primo pezzo di Bundesliga. Tante squadre in rampa di lancio, o in caduta libera dopo una stagione al di sotto -o al di sopra- delle aspettative.

Il viaggio parte dalla sorpresa, indiscussa, di questo avvio di campionato. Il tour nel campionato tedesco comincia dalle sponde del Meno, dove l’Eintracht Francoforte sta tornando a occupare stabilmente le prime posizioni della classifica. Un percorso che non rende fede alle citazioni storico-letterarie della città, definita “limitante” da un personaggio storico del calibro di Goethe. Tutto ciò che invece sta dimostrando la squadra di Toppmöller è l’opposto di un limite, come una macchina che ingrana passo dopo passo e diventa sempre più prestante. Un 4-4-2 equilibrato, fatto di corsa e sacrifico nelle retrovie, per finalizzare e produrre spettacolo in profondità, dove i due tenori Ekitiké e Marmoush stanno trascinando le Aquile a suon di gol (16 dei 26 gol realizzati dall’Eintracht portano le loro firme). Il primo volto è quello del francese, completamente rigenerato dalla cura Topmöller dopo un percorso poco felice in quel di Parigi. L’altro nome è forse il giocatore più in forma d’Europa (regge il confronto con giocatori quali Gyokeres, Raphinha ecc.). Una furia proveniente dall’Egitto che sta mietendo vittime di partita in partita. Omar Marmoush è il volto principale di questo Eintracht. 11 gol e 7 assist in dieci partite, numeri da trascinatore assoluto. In questo primo scorcio di campionato, le Aquile hanno incontrato le migliori squadre di Germania, e hanno sempre sfornato prestazioni di altissimo livello tecnico-tattico. Anche in Europa il Francoforte procede spedito, e al rientro dalla sosta tutta la Germania, e non solo, tiene d’occhio quella che può diventare la rivelazione della Bundesliga.

In leggero calo il Bayer Leverkusen di Xabi Alonso, all’inseguimento delle prime posizioni. Dopo essere entrati nella leggenda del calcio tedesco ed europeo, in seguito a una stagione pressoché perfetta (con le vittorie, da imbattuti, della Bundesliga e della DFB-Pokal), macchiata solo dalla sconfitta in finale di Europa League contro l’Atalanta, dove Gasperini -e soprattutto Lookman- avevano fatto venire il mal di testa a tutte le Aspirine. Il percorso del Leverkusen in questa Bundesliga è cominciato con alcuni colpi di scena, come il 3-2 subito in casa del Lipsia (che ha interrotto una serie di 35 partite senza sconfitte in campionato). La squadra di Xabi Alonso sta patendo il doppio impegno, e alcuni problemi fisici di troppo (Wirtz e Boniface su tutti). La difesa delle Aspirine continua a subire tanto, ma è il reparto offensivo a non dare garanzie di continuità (rispetto alla scorsa stagione, il Leverkusen ha 10 gol segnati in meno e 5 gol subiti in più). In questo avvio il problema di base del Leverkusen sembra essere l’equilibrio e i nuovi acquisti non sono riusciti a imporsi nelle gerarchie. Al rientro dalla sosta le Aspirine ospiteranno l’Heidenheim, prima di riprendere il percorso in Champions. Fari proiettati su una delle squadre più belle e divertenti d’Europa, alla ricerca della propria identità dopo una stagione da capogiro.

Dopo il clamoroso terzo posto dell’anno scorso, quest’anno in Baviera si è tornati a macinare punti. Il Bayern Monaco ha operato nuovi cambiamenti, a cominciare dalla guida tecnica. L’arrivo di Vincent Kompany ha ridato spettacolarità e cinismo a una squadra che avevano perso smalto, e soprattutto era diventata mentalmente fragile. Il mercato ha portato a Monaco giocatori giovani in rampa di lancio come Olise, subito al centro del gioco del tecnico belga. Il francese, reduce da una grandissima stagione al Crystal Palace, ha restituito quell’imprevedibilità al gioco bavarese, grazie alle sue giocate e al suo mancino vellutato. In avanti Kane continua imperterrito nella sua battaglia personale verso la vittoria di un titolo collettivo, ma intanto non smette di segnare. L’inglese è in vetta alla classifica marcatori, appaiato all’incontenibile Marmoush. Il fortino dell’Allianz Arena è tornato a essere inespugnabile, e in queste prime dieci giornate il Bayern non ha ancora perso. Un decennio marchiato dall’egemonia bavarese, interrotto dal Leverkusen, che sembra esser destinato a ripartire sotto il rosso acceso del Bayern Monaco.

Progettualità e costanza di risultati e rendimento. Il percorso del Lipsia ormai è sempre lineare e pulito. Quest’anno la squadra di Marco Rose è partita a mille e sta cercando di allungare in classifica per poter sognare in grande. Dopo la consueta campagna acquisti dal pollice verde, il Lipsia ha cominciato a consolidarsi partita dopo partita, ha interrotto la striscia positiva del Leverkusen, vincendo in trasferta 3-2, e ha perso soltanto una gara (2-1 in casa del Borussia Dortmund). Dati i continui problemi fisici di Xavi Simons, a prendersi la scena sono i due attaccanti, Sesko e Openda. La coppia designata da Marco Rose rievoca quello che era lo scacchiere tattico delle squadre degli anni 90, con un centravanti forte fisicamente e bravo nel gioco aereo, e una seconda punta rapida e brevilinea. Il tandem biancorosso però dispensa qualità in ogni azione, con Sesko che permette al Lipsia di avere più soluzioni su cui puntare e Openda che si sta confermando freddo e cinico sotto porta (8 dei 15 gol realizzati in campionato portano le loro firme). Al momento il Lipsia sembra la principale antagonista del Bayern Monaco, distante cinque punti, ma nel corso delle passate stagioni la squadra di Rose non è riuscita a mantenere quell’armonia e continuità giusta per poter impensierire ‘i piani alti’.

Cambiando rotta al nostro viaggio, giunti nel nord-ovest della Germania chi non sta riuscendo a tenere il passo con le big è il Borussia Dortmund. Dopo la finale di Champions dello scorso anno, la Ruhr quest’anno ha visto un’estate piuttosto trafficata, con l’addio di Terzic e la promozione in panchina di Nuri Sahin. Gli acquisti di Guirassy e Beier hanno portato a Dortmund due protagonisti della scorsa stagione, ma in questo primo scorcio di stagione i problemi del Dortmund provengono dalle retrovie. I gol di Guirassy non stanno mancando, così come l’exploit di Bynoe-Gittens e Adeyemi. Una costante di questo avvio di campionato del Dortmund è data dai tanti infortuni, soprattutto nel reparto difensivo. La partenza dei gialloneri era stata promettente, ma la pesante sconfitta contro lo Stoccarda (5-1) ha aperto un ciclo di partite dove è mancata una continuità di rendimento. Al momento la squadra di Sahin si trova al settimo posto, ben lontana da quelle che sono le posizioni che i gialloneri sono soliti calcare. In attesa del completo recupero degli infortunati, al Borussia Dortmund serve continuità, a cominciare dalla gara di sabato contro il Friburgo.

Due poli opposti, stessa ambizione e analogo sogno. A ridosso dell’Europa Friburgo e Union Berlino continuano a sorprendere quest’anno. La squadra della capitale aveva rischiato di retrocedere fino all’ultima giornata, concludendo un’annata decisamente catastrofica al quindicesimo posto. Quest’anno l’Union ha deciso di ripartire da quelli che sono stati i principi e le idee che hanno portato il club in Champions un paio di anni fa: compattezza difensiva ed equilibrio in mezzo al campo. In questa prima parte di Bundesliga la squadra di Svensson ha affrontato quasi tutte le big del campionato, ed eccetto il 3-0 subito in casa del Bayern, non ha sfigurato in nessuna gara. Il reparto offensivo non è particolarmente prolifico (soli 9 gol realizzati) ma nelle retrovie i capitolini sono una delle migliori difese della Bundesliga, dietro esclusivamente a Bayern e Lipsia. Discorso diverso per il Friburgo, attualmente al sesto posto ma imbrigliata in una lotta interiore che si palesa in ogni partita. In attesa dei big match che arriveranno in queste giornate, il Friburgo segna tanto ma subisce moltissimo. La discontinuità di rendimento non permette ambizioni di un certo livello, ma il sesto posto momentaneo è un’ottima base per sperare in un piazzamento in Europa.

Il viaggio si concentra sul centro della classifica, dove figura a sorpresa lo Stoccarda. Il secondo posto dell’anno scorso aveva palesato una crescita esponenziale della squadra di Hoeness, ma quest’anno il doppio impegno sta tagliando le gambe allo Stoccarda. In Champions League il percorso finora prosegue spedito, con vittorie -e prestazioni- di spessore come quella dello Stadium contro la Juventus . In campionato però l’andamento è decisamente più discontinuo: al momento la squadra di Hoeness è tredicesima, con tanti punti di distacco dalle prime posizioni. Numerosi infortuni e una poca profondità della rosa rischiano di compromettere la stagione dello Stoccarda, che però continua a proseguire secondo le proprie idee e principi di gioco.

In difficoltà Hoffenheim, Wolfsbrug e Heidenheim. Tante le avversità di queste squadre in un avvio che sta palesando un limite tecnico, ossia la gestione della rosa nel doppio impegno. L’Hoffenheim sta soffrendo le fatiche causate dalle gare di Europa League, dove ha raccolto soltanto cinque punti. L’Heidenheim aveva raggiunto la Conference League nella scorsa stagione, e il primo viaggio nelle periferie d’Europa sta procedendo a gonfie vele, con un sesto posto ma a punteggio pieno – tre vittorie su tre. Il Wolfsburg, unica squadra delle tre a non avere competizioni europee, cerca sempre di ripartire da nuovi giovani promesse, e quest’anno il reparto offensivo dei biancoverdi è molto prolifico, ma ciò che preoccupa è la fase difensiva. Partite come il 4-3 subito dal Leverkusen, o il 2-4 contro il Werder Brema, sono gare che evidenziano tutti i limiti della squadra di Hasenhüttl.

In fondo alla classifica le neopromosse Hosten Kiel e St.Pauli rimangono più distaccate dal treno salvezza. Il St.Pauli, dopo aver salutato il giovanissimo – e molto promettente- tecnico Hurzeler ha subito il passaggio di categoria, e al momento è in difficoltà. Il Kiel, alla prima esperienza in Bundesliga, non sembra pronta a rimanere in prima divisione. Nonostante l’entusiasmo e la spinta dei tifosi, in campo la differenza con molte squadre è lapalissiana, e adesso la retrocessione comincia a diventare un limbo. Il Bochum era riuscito a salvarsi nello spareggio contro il Fortuna Dusseldorf, ma quest’anno la squadra è in netta difficoltà, fanalino di coda del campionato con soli due punti raccolti.

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A Spasso per l’Europa: il punto sulla Premier League

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Dalla terra della corona comincia il nostro viaggio A Spasso per L’Europa, che analizzerà nel dettaglio le situazioni di squadre e di classifiche dei maggiori campionati europei, con approfondimenti e dettagli utili e interessanti.

L’itinerario comincia dalle sponde del Mersey, dove si trova il porto più importante d’Inghilterra: Liverpool. Da sempre divisa tra Reds e Toffies, Liverpool ed Everton, la città natale dei Beatles è costantemente scissa da una linea immaginaria, che separa Anfield da Goodison Park. Partendo dalla sponda più famosa, quella del Liverpool, troviamo la squadra con più titoli nella storia del campionato d’oltremanica che si trova, oggi, al vertice della classifica, grazie ad una serie di prestazioni di altissimo livello e una forma fisica a dir poco straordinaria. L’arrivo di Arne Slot dal Feyenoord, subentrato alla quasi decennale gestione di Klopp, che ha saputo riportare il Liverpool dove meritava, ha dato nuova vita ai Reds, non facendo rimpiangere l’allenatore tedesco, ma anzi portando grandi risultati in ogni competizione, con il primo posto (momentaneo) sia in campionato che in Champions League e la qualificazione già archiviata ai quarti di finale di Carabao Cup. Attacco veloce ed efficace, difesa solida e rocciosa, questi i segreti del campionato di Slot, sorretto in avanti dai dieci gol di un eterno Salah e dai nove messi a segno da Luis Diaz, in ottima forma, controbilanciati e tenuti al sicuro dal solito Virgil Van Dijk, primo per duelli vinti con una percentuale del 70% (insieme a Konsa dell’Aston Villa) e da Ryan Gravenberch, totalmente rigenerato dalla cura Slot. Punto di forza di questa squadra è senza dubbio la forza mentale, oltre che quella fisica, dimostrata dalle grandi prestazioni nei big match, da cui sono arrivati, finora, 13 punti su 15, che risulteranno probabilmente la chiave per ottenere grandi risultati a lungo termine. Sponda Everton la situazione non è così rosea, tutt’altro. Le Toffies fanmo fatica ad ingranare, occupando la sedicesima posizione in griglia, zona a cui negli ultimi anni sembrano costantemente affiliati, che li tiene incatenati e da cui non riescono a liberarsi. Con il secondo peggior attacco del campionato e una difesa non pessima ma comunque molto traballante, la squadra di Sean Dyche è in grande difficoltà e non riesce a trovare i tre punti da ormai un mese, nonostante dal 14 settembre sia arrivata una sola sconfitta in campionato, insieme a due vittorie e quattro pareggi. Calvert-Lewin, sebbene sia ormai una bandiera di questo club, continua ad avere un rendimento abbastanza deludente, con solo due gol messi a segno, “affiancato” da Armando Broja, arrivato per riscattarsi dopo un periodo di forma pessimo, che risulta al momento non pervenuto.

Dal mare all’entroterra, da un dualismo all’altro, spostiamoci di una cinquantina di chilometri ad est e arriviamo a Manchester, dove rosso e azzurro dipingono simbolicamente le mura dei palazzi e dove la working class del Manchester United si oppone alla modernità e alla ricchezza dell’universo Manchester City. Da sempre simbolo della classe operaia, nella città industriale per eccellenza, lo United sta vivendo un momento non brillante, dovuto anche ad una gestione da parte della società tutt’altro che intelligente: tantissimi soldi investiti sul mercato per giocatori che portano risultati scarsi e basso rendimento, e l’esonero di Ten Hag arrivato con almeno una stagione di ritardo, nonostante i risultati dell’allenatore olandese fossero totalmente sotto le aspettative. Nell’ultimo mese, però, i tifosi dei Red Devils hanno iniziato a fiutare area di miglioramento, con Van Nistelrooy che, sebbene per un periodo momentaneo, ha gestito benissimo la squadra, in attesa dell’arrivo di Rubén Amorim, che porta con sé speranza e ambizioni per il futuro della “Red side” di Manchester. Un’ottima difesa bilancia un attacco dalle tante potenzialità ma poco prolifico, che ha messo a segno solamente dodici gol (di cui otto nell’ultimo mese), a cui manca un vero e proprio punto di riferimento data la continua alternanza tra Hojlund e Zirkzee. Dai Beatles agli Oasis, sulle note di Wonderwall l’altra parte di Manchester è colorata di azzurro. Dopo otto anni di dominio, il City sta passando il periodo peggiore della sua storia recente, caratterizzato da quattro sconfitte consecutive, cosa che non accadeva dal 2006 e che non era mai accaduta a Guardiola, fermatosi, ai tempi del Bayern Monaco, a tre k.o. di fila. I dodici gol di Haaland e poco più sono il risultato di un gioco comunque efficace e innovativo, difficile da contrastare e che continua a dare grandi risultati, il cui meccanismo nell’ultimo periodo si è però inceppato, lasciando la squadra ferma sul posto e abbandonando moltissimi punti per strada. Inutile girarci attorno, la mancanza di Rodri a centrocampo e i continui infortuni che stanno martoriando i Citizens costringono indubbiamente Guardiola a scelte forzate e raffazzonate: il neo pallone d’oro era la chiave del gioco, metronomo e áncora dei suoi, senza il quale si fa fatica ad avere equilibrio in campo e a trovare soluzioni concrete. Inoltre, la stanchezza dovuta alla mancanza di alternative grava enormemente sulla continuità di risultati e prestazioni. L’ultima sconfitta in casa del Brighton ha palesato un problema di natura mentale nella gestione del risultato e delle energie all’interno della gara, con i Seagulls che hanno rimontato la partita in meno di cinque minuti.

Continuiamo il nostro percorso e iniziamo a scendere verso sud, dirigendoci verso Birmingham, facendo prima una piccola ma fondamentale sosta a Nottingham. Qui, la più grande squadra della città, il Nottingham Forest, sembra stia tornando ai livelli a cui un tempo era abituato e si trova al momento alla quinta posizione in classifica. A soli quattro punti dal secondo posto dell’appena citato Manchester City, la squadra di Nuno Espirito Santo sta portando avanti una stagione di altissimo calibro e si sta mostrando una vera e propria antagonista dei “giganti” per la lotta al titolo. Nel silenzio del suo operato, il Forest “ruba ai ricchi per dare ai poveri”, proprio come Robin Hood (favola e leggenda della città) nella foresta di Sherwood: fa inciampare le grandi, guadagnando non solo posizioni, ma permettendo anche alle piccole di avvicinarsi a zone che sarebbero stati altrimenti inaccessibili. Trascinatore della squadra non può che essere Christian Wood, attaccante neozelandese classe ‘91, che ha messo a segno finora otto reti, supportato dalle giocate di Hudson-Odoi e Gibbs-White. Un bel gioco offensivo, seppur non eccessivamente prolifico, viene contornato dalla seconda miglior difesa del campionato, composta dalla coppia MurilloMilenkovic, che riesce ad arginare e bloccare gli attacchi rapidi della massima serie inglese.

Continua la nostra discesa verso la capitale, prima della quale bisognerà però soffermarsi sulla doppia tappa Birmingham-Leicester, a pochi chilometri di distanza l’una dall’altra. Squadra più importante della zona è senza dubbio l’Aston Villa che, nonostante l’impegno Champions, sta portando avanti un’ottima campagna. Nella terra dei famosissimi Peaky Blinders, i Villans, tra scorribande casalinghe e pesanti sconfitte in trasferta, come i k.o. contro Liverpool e Tottenham, rimangono sulle tracce  delle prime posizioni (-1 dalla zona Europa). La squadra di Emery, trascinata da “quei cattivi ragazzi” di Watkins e Duran, è meno equilibrata della passata stagione (17 gol fatti e 17 subiti), ma rimane comunque una spina nel fianco per qualunque squadra. Nella periferia della città, fonte di ispirazione per Tolkien nella scrittura dei suoi capolavori, Leicester e Wolverhampton occupano le posizioni più basse della classifica, trovandosi rispettivamente al quindicesimo e al diciannovesimo posto.

Ormai arrivati quasi alla costa sud della Gran Bretagna, giungiamo nella capitale, Londra, che potremmo definire come la “casa del calcio europeo”. La città, si sa, è storicamente divisa tra tantissime squadre, ma adesso ci soffermeremo maggiormente sulle tre maggiori: Arsenal, Chelsea e Tottenham. I Gunners, dopo un inizio di stagione strabiliante, nell’ultimo mese hanno avuto un drastico calo di prestazioni, che li ha portati a perdere punti importantissimi per strada, possibilmente fatali nella corsa al titolo. La squadra di Arteta, dopo un notevole aumento di livello nelle passate stagioni, quest’anno sta faticando in fase realizzativa, forse a causa della mancanza di un punto di riferimento in attacco che sappia essere incisivo e decisivo. Tanti pareggi e solo due vittorie in occasione dei big match: nel North-London Derby contro il Tottenham e nella sfida esterna con l’Aston Villa. Per rialzare il morale dell’Emirates e tornare a macinare punti nel corso della stagione, Arteta dovrà essere bravo a raccogliere quello che ha seminato, come metaforicamente racconta anche Dickens in “Hard Times”, per ottenere importanti risultati da giocatori che dovranno maturare e portare gli esiti sperati, cosicché i tifosi non perdano le speranze create all’inizio del campionato, con l’obiettivo di riportare il titolo nel nord di Londra, tinto di rosso. Rimanendo nella parte settentrionale della capitale, non si può non parlare della sponda Spurs. Sotto la guida di Postecoglou, c’è stato indubbiamente un cambio di rotta sia nella mentalità che nei risultati del Tottenham e l’allenatore australiano è riuscito a qualificarsi per l’Europa League. Lo stesso impegno europeo, probabilmente, ha portato qualche difficoltà nel gestire la squadra, il cui rendimento, fino ad adesso, è stato totalmente discontinuo, con partite vinte agilmente alternate a sconfitte inaspettate e arrivate con prestazioni prive di carattere e personalità. Non mancano i gol, che arrivano grazie al solito Son, Solanke, Maddison e la sorpresa Brennan Johnson, gioiello assoluto della rosa di Postecoglou. In opposizione ad una difesa solida, con Romero affiancato a turno da Dragusin e Van De Ven, che potremo definire la parte razionale di questi Spurs, un po’ come il Dr. Jekyll descritto da Stevenson, si oppone Mr. Hyde, la parte irrazionale e instabile, un attacco redditizio ma discontinuo, capace di alternare prestazioni da 8 a prestazioni altamente insufficienti che non riescono ad assicurare i tre punti. Sebbene l’Europa sia solo a tre lunghezze di distanza, il Tottenham dovrà impegnarsi a non perdere altri punti per strada e a rimanere attaccato al treno delle prime posizioni. Infine è necessario parlare del Chelsea, la squadra forse più importante della città. Dopo uno dei periodi più bui della loro storia, i Blues stanno iniziando a uscire dal baratro, e lo stanno facendo con una rosa giovane e di grande valore, che comincia a dare un senso alle centinaia di milioni di euro spesi sul mercato negli anni passati. Sotto la guida di Maresca (ennesimo esponente della masterclass degli allenatori italiani all’estero) la squadra di Stamford Bridge si trova attualmente al terzo posto della classifica, con 21 gol fatti e solo 13 subiti. Trascinatori assoluti sono Palmer e Nicholas Jackson, con Madueke subito alle loro spalle: un reparto offensivo giovane ed efficace, che dopo le prestazioni mediocri dell’anno scorso sta finalmente cominciando a portare i risultati sperati. Dietro ci pensano prevalentemente Colwill e Fofana, talvolta alternati con Adarabioyo, protetti dallo scudiero Caicedo, che come una guardia della corona fa da schermo e, con solide partite di sacrificio, protegge la porta di Sanchez intercettando e respingendo tutti i palloni che gli si presentino davanti (media di 3.5 contrasti vinti a partita). Le squadre di Londra chiaramente non sono finite qui, bisogna anche citare la grande stagione del Fulham, che, guidato da Marco Silva e trascinato da Gimènez, Smith Rowe e Wilson sta seriamente lottando per ottenere un posto in Europa, che segnerebbe un importante ritorno del club tra i grandi. Buona anche la stagione del Brentford, al momento undicesimo, ma non altrettanto brillanti le stagioni di West Ham e Crystal Palace, al momento in profonda crisi, situate quasi in fondo alla classifica, con l’obbligo di rialzarsi e reagire per evitare quella che sarebbe una clamorosa retrocessione.

Passando da un fiume all’altro, abbiamo parlato del Mersey e ora ci spostiamo al Nord del paese, sulle rive del Tyne, dove è situata la cittadina di Newcastle. La squadra locale, negli ultimi anni, è tornata a competere ad alti livelli, sfornando grandi prestazioni e giocatori talentuosi. Sulla panchina del club dal 2021, Eddie Howe ha dato una nuova anima alla squadra, che si trova attualmente all’ottavo posto della classifica. I cavallucci marini fanno senza dubbio una gran fatica nella fase realizzativa, con soli 13 gol realizzati, mentre eccellono nelle retrovie, dove la coppia difensiva formata dai veterani Burn e Schar ha concesso solamente 11 gol. In avanti il maggior apporto lo danno Isak e Barnes, entrambi a 4 gol, seguiti a ruota da Anthony Gordon, gioiello delle Magpies, tutti e tre decisivi nelle importantissime vittorie contro Tottenham, Arsenal e Nottingham Forest.

Concludiamo il nostro viaggio esplorando la costa sud del paese. Sulla Manica si affacciano Ipswich, Brighton, Bournemouth e Southampton. La piccola cittadina di Ipswich, nota per il suo porto commerciale e per il grande commercio che passa dalle vie cittadine, è la sede dell’Ipswich Town, una delle squadre neopromosse in Premier League. I Tractor Boys (soprannome del team), stanno finora portando avanti una campagna abbastanza mediocre, che rispecchia tuttavia le aspettative create all’inizio del campionato. Il minimo indispensabile e niente di più, diciassettesima posizione in classifica, che oggi vorrebbe dire salvezza, nonostante la seconda peggior difesa del campionato. Tra tutti spicca l’attaccante inglese Liam Delap, capocannoniere della squadra con 6 gol. Spostandoci a Ovest, ci imbattiamo in Southampton. Qui, la squadra della città occupa momentaneamente l’ultimo posto della classifica, con soli 7 gol fatti e 21 subiti, e rischia seriamente di sprofondare in Championship, facendo la stessa fine del Titanic, famosissima nave che salpò proprio da questo porto per poi inabissarsi nelle profondità dell’Atlantico. Sempre in zona Europa troviamo il Brighton, sorpresa di questi ultimi anni, che ha saputo mettersi in mostra e continua a farlo, dando continuità ad un progetto che ha basi solide, destinato a continuare nel tempo. A prendersi la squadra sulle spalle, inaspettatamente, è un rinato Danny Welbeck, che grazie ai suoi 6 gol e al fondamentale contributo dei compagni è riuscito a trascinare la squadra al sesto posto in classifica, che fa sognare l’Europa e magari qualcosa in più. Concludiamo il nostro itinerario inglese con la piccola città di Bournemouth, sede dell’omonima squadra. 15 gol fatti e 15 subiti, per occupare la dodicesima posizione in classifica: le Cherries stanno facendo un buon campionato, per loro sopra la media, grazie ai gol di Evanilson e Semenyo, la coppia d’attacco che sta portando non poche soddisfazioni ai propri tifosi.

Giunge così al termine la prima tappa del nostro viaggio A Spasso per l’Europa. Partendo dal Pier di Bournemouth, il famoso molo della cittadina, prendiamo la nave e giungiamo nelll’Europa Continentale, per analizzare gli altri, meravigliosi campionati del nostro continente.

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Calcio

Due volte Rabiot e tanta sfortuna. L’Italia chiude seconda il girone di Nations League

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Dopo la buona prestazione degli azzurri a Bruxelles, l’Italia cade a San Siro contro la Francia, perdendo la possibilità di concludere da primi il girone Nations League.

Spalletti cambia solo due uomini rispetto all’ultimo match vinto dagli Azzurri per 0-1 contro il Belgio, con l’inserimento di Locatelli per Rovella, e di Vicario al posto di Donnarumma (causa virus intestinale), il C.T. azzurro va alla ricerca di una importantissima vittoria, utile per confermare l’ottimo stato di grazia della propria nazionale. Dopo un avvio a mille da parte di entrambe le squadre, la Francia si porta in vantaggio sugli sviluppi di un corner con Rabiot: l’ex giocatore della Juventus riceve l’assist da Digne all’interno dell’area di rigore, staccando di testa con un tempismo perfetto e riuscendo ad anticipare Buongiorno. La gara prosegue e gli Azzurri tentano di trovare qualche spazio per riuscire a colpire i francesi, quest’ultimi perfetti in fase difensiva, riuscendo a neutralizzare tempestivamente tutte le manovre offensive degli Azzurri. Nei minuti successivi, Frattesi ferma fallosamente Nkunku, sul calcio di punizione concesso dal direttore di gara, Lucas Digne (schierato da Deschamps al posto di Theo Hernandez) calcia direttamente in porta colpendo il palo, ma il pallone accidentalmente finisce sulla schiena di Vicario e finisce in porta, portando la Francia al raddoppio. L’Italia riesce immediatamente a rimettersi in partita due minuti dopo, quando Dimarco riesce a servire con un cross nella fascia opposta Cambiaso, l’ottima giocata –da quinto a quinto– dell’esterno nerazzurro propizia il gol di prima intenzione dell’esterno bianconero, che batte Maignan e si porta a quota due gol in nazionale dopo il gol contro il Belgio.

Nella ripresa la Francia torna in campo più propensa ad attaccare rispetto all’Italia, sfiorando il terzo gol con un tiro da lunga distanza da parte di Nkunku, conclusione bloccata da Vicario. Dopo aver sfiorato il gol del pareggio con Locatelli, Tonali commette un fallo nella metà campo avversaria, sul punto di battuta va nuovamente Digne e, il suo traversone, trova nuovamente Rabiot: anche in questa situazione il centrocampista francese salta più in alto delle torri azzurre e firma la sua seconda rete in due partite di Nations League. Spalletti getta nella mischia Kean, Maldini, Rovella e Raspadori, nel tentativo di trovare una rete che riporterebbe gli azzurri al primo posto del proprio girone di Nations League. Gli Azzurri nei minuti finali provano ininterrottamente ad attaccare, senza mai rendersi pericolosi fino al tiro allo scadere di Kean fermato da Maignan e, dopo quattro minuti di recupero, l’arbitro fischia la fine di una gara ricca di gol, ma conclusasi senza lieto fine per gli Azzurri.

Con questo risultato l’Italia chiude al secondo posto il girone di Nations League, qualificandosi agli ottavi ma senza essere testa di serie. L’avversaria che sfiderà gli Azzurri nel prossimo turno di Nations League verrà definita ufficialmente al termine di tutte le partite degli altri gironi, ma sarà una tra Portogallo, Germania o Spagna.

Nell’altra sfida del girone, il Belgio perde fuori casa contro l’Israele. Alla Boszik Aréna la decide un gol di Yarden Shua all’86’.

Classifica finale girone A2:

  1. Francia 13
  2. Italia 13
  3. Belgio 4
  4. Israele 4

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