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Calcio

Il Supercommento della 35ª giornata di Serie A

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Grafica: Julya Marsaa

Il commento completo di tutte le partite, con la Top 11 alla fine, della trentacinquesima giornata di Serie A

Torino-Venezia (A cura di Tommaso Patti)

Altra grande chance sciupata dal Venezia. Al gol di Kike Perez risponde quello di Vlasic

Con una salvezza archiviata, il Torino sfida un Venezia ancora alla ricerca di punti per non retrocedere, che deve approfittare delle ultime prestazioni positive per uscire dall’Olimpo o grande Torino con un risultato favorevole.
La sfida tra il presente e il passato di Vanoli parte subito in salita: al quarto minuto di gara, dopo una grandissima giocata ai danni di Biraghi, la conclusione di Yeboah si stampa sul palo, carambolando sulla schiena di Milinkovic-Savic e poi nuovamente sul legno, per poi finire in porta grazie al passaggio di Gytkjaer per Zerbin, a cui viene subito tolta la gioia del gol per un fuorigioco millimetrico di Gytkjaer. Il pericolo scampato ridà fiducia al Toro, che si affaccia nell’area avversaria per la prima volta con Casadei, bravo nell’anticipare Idzes e Cande ma impreciso nel centrare la porta. Un’altra grande giocata di Yeboah innesca la seconda conclusione di Zerbin, terminata stavolta con la provvidenziale parata del portiere granata. Al 36’, lo scatto in mezzo ai due avversari di Kike Perez, regala allo spagnolo l’angolo giusto per colpire e far male al Torino, portando il Venezia in vantaggio e trovando la sua prima rete in Serie A. Con il primo tempo ormai giocato, il Torino è obbligato a rimboccarsi le maniche e provare a rimettere il risultato in discussione, andandoci vicino con Che Adams, bravo nel posizionarsi perfettamente a centro area ma altrettanto bravo Radu nell’esecuzione di un super intervento che salva il Venezia. Con poco più di quindici minuti di gioco rimanenti, il Torino assedia l’area di rigore avversaria, trovando un calcio di rigore provocato dal fallo di mano di Idzes nel tentativo di deviare un cross di Elmas. Dopo lo spavento per l’inaspettato malore subito da Vanoli, il match prosegue, dal dischetto si presenta il capitano dei padroni di casa che, angola il suo destro, e trova la rete che ristabilisce la parità. Nei restanti minuti di gara, il Venezia sembra accontentarsi del pareggio, mentre al Torino manca la qualità per riuscire a fare nuovamente male alla difesa avversaria. L’unica grande occasione arriva dai piedi di Che Adams al quinto dei sette minuti di recupero, quando l’attaccante scozzese raccoglie palla da Gineitis, ma spedisce alta un’occasione che poteva valere i tre punti. Se per il Torino non risulta fatale il pareggio, la mancata vittoria del Venezia conferma ciò che si è visto nelle ultime uscite degli arancioneroverdi: tanto bel gioco ma troppi pochi punti portati a casa. Con un campionato giunto ormai quasi al termine, la squadra Di Francesco è chiamata a fare punti nelle prossime tre gare, dove affronterà rispettivamente Fiorentina, Lecce e Juventus.

Cagliari-Udinese (A cura di Dennis Rusignuolo)

La pancia di Kristensen e Zarraga guidano il colpo friulano a Cagliari. Salvezza rimandata per i sardi

Dopo una buona partenza, il Cagliari cerca lo sviluppo verticale su Luvumbo e Piccoli, subito marcati a vista dai rocciosi difensori friulani. Poche occasioni nella fase iniziale della gara, a causa di un manto erboso particolarmente asciutto e di un ritmo non elevatissimo delle due squadre. L’Udinese sblocca il risultato alla mezz’ora. Dopo un errore abbastanza grossolano di Piccoli, tutto solo davanti a Okoye, la legge del calcio trova concretezza ancora una volta, perché dopo l’occasione capitata all’attaccante rossoblù, i bianconeri passano in vantaggio con Oier Zarraga. Perfetto l’inserimento in area dello spagnolo, che sfrutta un erroraccio di Luperto e un puntuale assist di Modesto dalla destra per segnare con freddezza lo 0-1 al minuto 27. Il vantaggio della squadra di Runjaic dura però appena otto minuti perché al 35 Makoumbou imbecca Zortea in profondità, l’esterno si inserisce alle spalle della difesa, riceve il lancio di Makoumbou e dopo aver controllato in maniera impeccabile con il mancino, fredda Okoye con un rasoterra sul primo palo. Sesto gol in questo campionato per l’ex laterale dell’Atalanta, autore dell’1-1. Al 40′ rischia molto Solet con un retropassaggio di testa leggermente corto: Luvumbo si avventa sul pallone e si invola verso la porta, ma Okoye stavolta esce provvidenzialmente evitando guai peggiori. Nella ripresa, nonostante i tre punti servano molto di più al Cagliari che all’Udinese, è la formazione di Runjaic a prendere in mano il pallino del gioco fin dai primi minuti: l’Udinese si mostra più reattiva, cinica e meglio organizzata. I rossoblù appaiono invece molli, rilassati e a tratti colpevolmente distratti. Sull’attenzione difensiva il Cagliari viene punito in calcio d’angolo. Battuta tesa di Kamara, la difesa sarda non marca bene e Kristensen insacca con la pancia. La reazione del Cagliari arriva a sprazzi, e tutti i guizzi vengono portati da Mattia Felici. Il numero 91 cerca di dare quella scossa in più dal momento del suo ingresso in campo, ed è su quella fascia destra che l’Udinese comincia a rinforzare la linea, perché l’esterno italiano riesce sempre ad arrivare in area con la sua velocità. Nicola non opta per un’altra punta pura, ma solo per Coman in un 4-4-2 che trova lo sbarramento friulano. L’unico tiro è di Piccoli che forza e calcia alto. Gaetano quasi zoppica, i problemi al ginocchio sono evidente. Difficile capire perché sia entrato, viste le tante smorfie accennate dal giocatore rossoblù fin dai primi contrasti. La festa salvezza del Cagliari è rimandata perché l’Udinese rilancia il suo rush finale. Dopo due mesi di completa astinenza, i friulani tornano dalla Sardegna con tre punti preziosi per la rincorsa al decimo posto. Doveva essere una partita da pareggio, un risultato che sembrava dovesse andar bene a entrambi, perché quel punto al Cagliari bastava, ma l’Udinese ha avuto quella qualità in più, un palleggio notevole e un’organizzazione diversa. Il Cagliari non ha ripetuto la prova di Verona, anche a livello di intensità e cuore, ma soprattutto ha prodotto poco davanti andando a sbattere sulla solidità e la fisicità dei giocatori di Runjaic. Al Cagliari manca un piccolo passo per la salvezza, ma quel tassello ancora deve essere aggiunto.

Parma-Como (A cura di Dennis Rusignuolo)

Strefezza lancia il Como sempre più in alto. Il Parma spreca e si dispera

Con la salvezza blindata, il Como cerca di mantenere alto il livello per il finale di stagione. Al cospetto di un Parma guerrigliero, alla ricerca degli ultimi tasselli per completare l’impresa, Fabregas non rinuncia a tutti i titolari. Chivu conferma Ondrejka insieme a Bonny dietro Pellegrino, ormai riferimento assoluto dell’attacco crociato. Approccio molto intenso della gara, da una parte e dall’altra. Il Como cerca subito l’attacco diretto verso la porta di Suzuki, e cerca di sfruttare l’attacco costante della profondità portata da Cutrone. Il capitano lariano scatta sul filo del fuorigioco e impegna il portiere giapponese, con il sinistro, dopo nemmeno un minuto di gioco. In buon ritmo già dai primi minuti, la squadra di Fabregas cerca subito di imporsi in mezzo al campo, e sfruttare il continuo movimento degli attaccanti per sfondare centralmente. I tre difensori del Parma riescono a contenere abbastanza agevolmente i lariani, ma soffrono terribilmente gli inserimenti dalle retrovie di Caqueret e Da Cunha. La squadra di Chivu trova terreno fertile nelle ripartenze. Pellegrino pulisce un’infinità di palloni e fa partire la batteria di velocisti (Ondrejka, Valeri, Bonny e Sohm). Non spiccano le occasioni perché le due squadre si schermano bene, merito soprattutto di un Parma sempre più connesso e quadrato. L’occasione più grande del primo tempo del Como arriva su palla inattiva. Sebbene i lariani siano una delle squadre che segna meno su palla inattiva, sul corner di Da Cunha svetta la testa di Kempf, bravissimo nel colpire con forza e precisione, ma è altrettanto bravo Suzuki a distendersi in tuffo. Il Parma risponde a ridosso dell’intervallo con una delle solite ripartenze: Pellegrino apre il campo per lo scatto di Ondrejka, dopo un primo intervento della difesa del Como, Bonny riceve il pallone, arriva sul fondo e apparecchia in mezzo per Pellegrino, l’argentino arriva con il passo lungo e da buonissima posizione calcia incredibilmente alto. Nella ripresa il Parma alza subito i giri del motore, cercando di rimodellare i numeri del possesso palla (che hanno visto i crociati in difficoltà nel primo tempo, 70% per il Como). A impensierire la porta di Butez ci pensa sempre il solito Marco Pellegrino. Al minuto 54 calcio d’angolo per il Parma, Pellegrino si sfila sul secondo palo e di testa inchioda il pallone sulla traversa, poi Delprato non riesce a convertire in rete. Fabregas sceglie Douvikas per la ripresa, al posto di Cutrone che alla lunga non è riuscito a trovare spazio. Al 70′ finalmente si accende Nico Paz, l’argentino si libera di una marcatura a centrocampo e calcia subito verso la porta, Suzuki non si fa sorprendere e con le dita allunga in corner. Il Como ritrova spazio e coraggio, e ha un’occasionissima al 72′: Ikone riceve in verticale, salta bene Suzuki ma con il destro calcia malissimo, palla ampiamente fuori dallo specchio della porta. Al 75′ cambi per entrambe: Strefezza sostituisce Da Cunha, acciaccato dopo uno scontro subito nel primo tempo; Chivu sostituisce Pellegrino e Hainaut con Benedyczak e Camara. Il Parma ha un’occasione in contropiede, guidata da Ondrejka ma gestita male da Valeri, che cerca nuovamente lo svedese al posto di calciare in porta. Agli errori del Parma, il Como risponde con spietata freddezza e cinismo, perché al 79′ i lariani sbloccano la gara: lancio morbido verso Douvikas, sponda intelligente per Strefezza e mancino stropicciato, ma vincente, del giocatore brasiliano. Secondo gol consecutivo per Strefezza, ancora una volta decisivo nel secondo tempo. Il Parma in quel momento si getta a capofitto in avanti, e a guidare le offensive lo zampino è sempre quello di Ondrejka. Nel recupero il neo-entrato Man impegna Butez, e pochi secondi dopo spreca un’occasione gigantesca, palla messa in mezzo da Valeri e zampata sbagliata del giocatore romeno, in un momento che definire difficile è poco. Nei minuti finali la partita è Man contro Butez, con il giocatore romeno che nel totale calcia quattro volte verso la porta. Il portiere francese chiude lo specchio in uscita e blinda un’altra grande vittoria per il Como. Un successo che indirizza sempre più in alto la squadra di Fabregas, che ormai non ha nulla da chiedere al campionato se non qualche posizione più soleggiata. Per il Parma una sconfitta che sa di beffa per le tante occasioni sprecate, anche se la squadra di Chivu mantiene ancora un distacco significativo dal treno retrocessione. Continua il momento no di Dennis Man, sfortunato ma anche impreciso nelle occasioni multiple avute nei minuti di recupero.

Lecce-Napoli (A cura di Simone Scafidi)

Conte gioca il Jack, Scudetto sempre più vicino

In un commosso Via del Mare, che si scioglie in un commovente applauso per Graziano Fiorita, il Napoli di Conte arriva con la consapevolezza di non poter sbagliare, per tenere l’Inter a debita distanza. Dopo l’omaggio dello stadio e delle squadre al magazziniere del Lecce da poco scomparso, il pallone inizia a rotolare nel surreale ambiente salentino. La prima sgasata dei partenopei è vincente, con la discesa di Politano e la conclusione di quest’ultimo, che trova la deviazione di Lukaku e il pallone che si insacca in rete per il gol dell’1-0, successivamente annullato per la posizione irregolare dell’attaccante belga. Al 20’ il Lecce prova ad avanzare con un’azione che termina tra i piedi di Krstovic, che conclude molto sopra la traversa. Appena tre minuti più tardi, su punizione, Raspadori sblocca il match con un gran tiro sul secondo palo che beffa barriera, portiere e difesa salentina, per il vantaggio azzurro. In pochi minuti il Lecce si spinge in avanti con la voglia e la grinta di reagire, e su situazione di corner Gaspar colpisce di testa trovando la traversa, con il pallone che si infrange sul leggere tocco involontario, con un braccio di Spinazzola, non così irregolare da scaturire il tiro dagli undici metri, tra le proteste della squadra di Giampaolo che reclama il penalty. Il secondo tempo ricomincia con il possesso giallorosso e con la fascia di Tete Morente infiammata dalle galoppate di quest’ultimo, che arrivando al passaggio per Helgason gli consente di calciare, trovando il grande intervento di Meret, messo ulteriormente in difficoltà da una fortuita deviazione di Lobotka. In pochi minuti il quattordici del Lecce arriva nuovamente al tiro, stavolta su punizione dalla lunga distanza, spiazzando tutti e sfiorando addirittura il clamoroso gol sul palo di Meret, sorpreso dalla traiettoria a scendere del pallone. L’entrata di Berisha fornisce grande dinamicità al gioco dei padroni di casa, che nonostante un secondo tempo giocato in maniera praticamente impeccabile, non riescono a trovare la via del gol e si devono arrendere al risultato amaro (e forse anche immeritato) di 1-0 in favore della squadra di Conte, che riesce a mantenere i tre punti di distanza dall’Inter, che vince di misura contro l’Hellas Verona. Con tre partite rimanenti, e la possibilità per i partenopei di concedersi il lusso di pareggiare una partita, il campionato sembra veramente ad un passo.

Inter-Verona (A cura di Tommaso Patti)

Ci pensa Asllani dagli undici metri. L’Inter delle riserve batte il Verona

Dopo la vittoria per uno a zero del Napoli in casa del Lecce, l’Inter è chiamata alla vittoria per rincorrere ancora gli azzurri in cima al campionato. Il successo dei partenopei e il pareggio che poteva trasformarsi in vittoria a Barcellona, crea ai nerazzurri un mix di emozioni che possono creano benefici ma anche tante difficoltà nell’insidiosa sfida contro il Verona. Con la squalifica di Çalhanoğlu e Inzaghi per la discussa “inchiesta ultras”, il tecnico nerazzurro decide di dare priorità alla semifinale di ritorno, cambiando dieci uomini rispetto all’ultima sfida contro il Barcellona e schierare una formazione “b” per fronteggiare l’Hellas. Dopo sei minuti in cui il Verona riesce a bloccare i passaggi in orizzontale avversari, una giocata di Carlos Augusto regala la possibilità all’Inter di sbloccare subito la partita grazie al rigore conquistato dal fallo di mano di Valentini. Dopo un’iniziale indecisione, il direttore di gara assegna il calcio di rigore, calciato e trasformato in seguito da Asllani, che ritorna a segnare in Serie A dopo più di un anno. La fiducia ottenuta dai nerazzurri dopo il gol del centrocampista albanese cresce anche nei minuti successivi, costringendo la squadra di Zanetti a coprirsi di più. La freschezza e l’innovazione dell’insolita coppia Arnautovic-Correa, crea pochi pericoli alla difesa veneta, che prova a sua volta a reagire affidandosi alle giocate di Sarr. Nonostante le seconde linee, il gioco dei padroni di casa rimane efficace e in grado di tenere a bada le poche ma pungenti avance avversarie. Dopo dieci minuti ricchi di azioni e di giocate, la sfida cala dal punto di vista del ritmo e dell’intensità, riaccendendosi sul finale di primo tempo con il tiro da fuori di Asllani e con l’imprecisa conclusione di testa di Arnautovic. A partire meglio nella ripresa è la squadra di casa, pericolosa dopo appena due minuti con un azione prolungata portata avanti da Carlos Augusto e Asllani, terminata però senza alcuna conclusione.  Dopo un primo tempo timido, il Verona prova a organizzare qualche iniziativa offensiva con Duda, invitato al tiro da fuori dalla difesa dell’inter che non aggredisce ma lascia giocare il Verona nella propria metà campo. Subito dopo la grande occasione del Verona con il tiro potente ma impreciso di Suslov, entrambi gli allenatori decidono di cambiare qualche pedina per riuscire a incidere in un match che fino al 70′ non ha regalato troppe azioni pericolose. Se da una parte Zanetti butta nella mischia Mosquera e Bernede nel tentativo di pareggiare la gara, Farris inserisce Mkhitaryan e Dimarco per cercare di chiudere la gara. Con due cambi per parte e con un fiato maggiore, le due squadre si riattivano e creano di più, ma in campo continua a regnare l’imprecisione. Nei minuti finali di gara, Zanetti butta nella mischia tre attaccanti per cercare di agguantare un punto prezioso nella lotta salvezza, ma un lento e proficuo giro palla della difesa nerazzurra, spegne tutte le idee offensive dei gialloblù, facendo terminare con il possesso palla i quattro minuti di recupero concessi da Manganiello. Il successo di misura sul Verona, riporta l’Inter a meno tre lunghezze dal Napoli, mantenendo ancora vive le speranze scudetto. Dopo quattro sconfitte di fila e sei gare senza vittorie, esce ancora sconfitto dal rettangolo verde un Verona totalmente in crisi, mantenuto momentaneamente -seppur di poco- sopra la zona retrocessione dai continui passi falsi di Venezia, Lecce, Parma ed Empoli. Sono quattro le gare consecutive in cui il Verona non trova la gioia del gol, fattore che fa mettere sotto la lente della dirigenza veneta il tecnico gialloblù, costretto ad un cambio di marcia nelle ultime tre gare per riuscire a scampare alla retrocessione.

Empoli-Lazio (A cura di Simone Scafidi)

Vittoria flash per Baroni, Empoli nei guai

Teatro della clamorosa salvezza dello scorso anno per i Toscani, il Castellani si rivela sempre essere un fortino difficile da espugnare, e la Lazio ne ha avuto la prova. I biancocelesti partono a razzo e trovano il gol dopo nemmeno un minuto, con la rete di Dia che riceve palla e, in seguito ad un controllo magistrale, insacca la sfera alle spalle di Vasquez, portando avanti i suoi. L’Empoli però non si fa intimorire e con Marianucci, al 14’, cerca la conclusione da lontano, che, centrale, termina tra le mani sicure di Mandas. I guai dell’Empoli, però, non terminano qui, e al 38’ Colombo viene espulso per somma di ammonizioni in seguito ad un fallo commesso su Gigot, nel tentativo di scavalcarlo per arrivare su un pallone che arrivava dalla difesa. D’ora in poi il match risulta totalmente in salita per i toscani, che a fine primo tempo vengono salvati da un grande intervento di Vasquez su un tiro-cross di Guendouzi. Al 51’ la Lazio risulta anche essere fortunata; l’Empoli trova il gol del pareggio con Viti, che viene però annullato per la posizione irregolare dell’esterno italiano, che si era avventato sul pallone in seguito al tocco di Solbakken. Al 72’ Pedro, con un tiro da fuori area, va vicino al raddoppio, Vasquez era spiazzato ma il pallone termine fuori. Quando manca un quarto d’ora finisce negli spogliatoi anche Hysaj, che prende il secondo giallo e regala all’Empoli la speranza e la forza di provarci per gli ultimi quindici minuti. I toscani non sfruttano però questa chance e risultano essere praticamente inoffensivi, con la Lazio che, dalla sua, non si fa scavalcare e riesce a portare in porto la partita con il risultato di 1-0, insieme ai tre punti e alla delusione del Castellani. La squadra di Baroni si tiene incollata alla zona Europa, mentre i toscani dovranno fare un grande sprint finale per trovare una salvezza all’ultimo esattamente come lo scorso anno.

Monza-Atalanta (A cura di Simone Scafidi)

L’Atalanta esagera, Monza nel baratro

U-Power Stadium sempre più casa degli orrori per il Monza, che sembra ormai rassegnato al destino della retrocessione, scendendo in campo con l’atteggiamento di chi il proprio destino già lo sa, e non vuole nemmeno provare a cambiarlo. La squadra di Gasperini non lascia spazio per respirare ai ragazzi di Nesta e sin dal primo minuto porta in campo un gioco veloce e apparentemente inarrestabile. Al 12’ arrivo il gol del vantaggio con il cross di Retegui ricevuto, al limite dell’area, da De Ketelaere, che passa in mezzo alla difesa Brianzola e a tu per tu con Turati non sbaglia, portando avanti i suoi. Cinque minuti dopo Lookman si ritrova a concludere con il destro in seguito ad un bel tacco di Retegui, con il pallone che sfiora il palo e finisce sui cartelloni pubblicitari, con il raddoppio bergamasco che arriva davvero al 22’, ancora una volta grazie a De Ketelaere che insacca la sfera con la punta del piede, anticipando tutti all’interno dell’area di rigore. A fine primo tempo il Monza riesce a trovare la rete che potrebbe riaprire la partita: Castrovilli in tuffo anticipa tutti e sigla il gol del 2-1, annullato però per la posizione irregolare del giocatore del Monza. Ad inizio secondo tempo l’Atalanta chiude definitivamente i giochi con Lookman, che, incontenibile, sfugge alla difesa dei padroni di casa ritrovandosi a tu per tu con Turati, impotente sul tiro preciso e sul primo palo dell’attaccante nigeriano. Nonostante il Monza provi timidamente a farsi vedere, Carnesecchi erige un muro e, dopo l’ottima parata a fine primo tempo su un tiro di Akpa-Akpro, compie un altro miracolo sul colpo di testa di Keita Balde, che si vede negata la gioia del gol con un intervento prodigioso. A tre minuti dal termine, e dopo un’azione abbastanza confusa, arriva anche il quarto e ultimo gol dell’Atalanta, con il neo-entrato Brescianini che da due passi non sbaglia e si concede la gioia del gol. Con questi tre punti, l’Atalanta è sempre più vicina ad un posto in Champions, mentre il Monza sta per porre fine all’agonia di un campionato tutt’altro che da protagonista.

Roma – Fiorentina (A cura di Marco Rizzuto)

All’Olimpico la Roma vola con una vittoria di squadra, la testata di Dovbyk e le parate di Svilar piegano la Fiorentina

Tra determinazione e commozione, Roma-Fiorentina non è una partita come le altre, ma una vera resa dei conti per la corsa Champions, addolcita dal ritorno a casa di Edoardo Bove, applaudito a cuore aperto da tutto lo stadio. Scendendo in campo, Ranieri ripropone il tandem offensivo Shomurodov-Dovbyk, scelta rivelatasi azzeccata nell’importantissima vittoria giallorossa contro l’Inter. Tra le fila viola, diversi i cambi rispetto alla giornata precedente (anche in vista dell’imminente semifinale di ritorno contro il Real Betis): mister Palladino sostituisce lo squalificato Ranieri con Comuzzo, sposta Mandragora nella mediana del centrocampo affiancandogli Ndour e Richardsson, adatta Parisi sulla fascia destra e si affida alla coppia Zaniolo-Kean in avanti. Come giusto che sia, la partita zampilla di tattica: entrambi gli allenatori si sono studiati a fondo, data l’importanza dell’incontro, cercando di limitare quanto più possibile i terminali offensivi. A rompere il ghiaccio ci prova Kean al 26′: l’ex Juve aggira Celik e si invola verso la porta, calciando in area ma trovando la pronta opposizione di Svilar, reattivo in uscita; il duello si ripete poco dopo, ma con lo stesso esito. Superata la mezz’ora, la Roma risponde con Celik: il turco raccoglie in corsa il filtrante di Soulé e impegna De Gea con un tiro potente ma centrale. Il finale di primo tempo regala brividi da entrambe le parti: Kean prosegue il suo duello personale con Svilar calciando dal limite, ancora senza fortuna, mentre poco dopo Shomurodov approfitta di un disimpegno non perfetto di Gosens e calcia di controbalzo, costringendo De Gea a rifugiarsi in angolo con una parata acrobatica. Il corner concesso allo scadere porta al vantaggio della Roma: Pellegrini dalla bandierina crossa in mezzo, ma la palla sfila fino ad Angelino al limite dell’area, che rispedisce in mezzo di prima trovando la torre perfetta di Shomurodov; l’uzbeko serve di testa l’assist per l’*incornata vincente di Dovbyk, che spezza l’imbattibilità di De Gea. L’Olimpico esplode, raggiungendo decibel assordanti, e tra queste urla si chiude un primo tempo denso di tattica e spettacolo. Alla ripresa, entrambi gli allenatori mischiano le carte: nei giallorossi Pisilli subentra a Pellegrini, per i viola Fagioli prende il posto di Gosens. Poco dopo il fischio della ripresa, la Roma sfiora il raddoppio con una conclusione dalla distanza di Manu Koné, ma l’estremo difensore viola si distende e blocca in tuffo. La squadra di Ranieri comincia a dare priorità alla difesa del risultato piuttosto che alla ricerca del raddoppio, cercando di addormentare la partita, senza però riuscirci. Superata l’ora di gioco, la Fiorentina si riversa in attacco, aggredendo l’area di rigore avversaria a pieno organico: Pongracic perfora la difesa avversaria palla al piede, lascia scorrere la sfera per Kean che la mette in mezzo cercando un compagno, ma N’Dicka allontana servendo involontariamente un assist per Mandragora, che calcia di collo pieno costringendo Svilar a un’altra parata di altissimo coefficiente di difficoltà. Dopo diversi cambi da una parte e dall’altra, la Fiorentina spinge per un disperato pareggio, ma si deve arrendere all’ennesimo intervento di un super Svilar, che non ne vuole sapere di subire gol: all’82′ Gudmundsson verticalizza per Mandragora, che intelligentemente prolunga per l’imbucata di Kean alle spalle della difesa; Kean calcia angolato, ma Svilar sventa con la mano, anticipando il rivale anche sulla ribattuta. La gara termina con il trionfo di ‘corto muso’ della Roma, che aggancia Lazio e Juve nella corsa Champions, mandando in estasi i tifosi giallorossi, che mai si sarebbero aspettati di vedere la propria squadra in questa zona della classifica dopo un inizio di stagione disastroso. Gli uomini di Palladino escono sconfitti per colpa di un Svilar monumentale, ma consapevoli di aver disputato un’ottima gara: abbandonano di fatto la corsa Champions, ma proseguono quella per l’Europa. In questo girone di ritorno nessuna squadra ha fatto meglio della Roma, e il merito va tutto a Claudio Ranieri, che ha ridato identità e fame a un gruppo che sembrava smarrito. La domanda, allora, sorge spontanea: e se fosse arrivato prima? Forse oggi non parleremmo solo di Champions, ma addirittura di corsa al titolo. Con quattro solamente tre gare al termine del campionato, questo si appresta a diventare uno dei più grandi WHAT IF di questa stagione.

Bologna-Juventus (A cura di Dennis Rusignuolo)

Scintille e ritmi alti, ma il pari non favorisce nessuno. Bologna e Juve non vanno oltre l’1-1

Un gol e un punto a testa al Dall’Ara: nessuna delle due scappa, sorridono tutte le altre. Bologna e Juventus non si fanno del male, e chiudono sul risultato di 1-1: i bianconeri passano in vantaggio nel primo tempo grazie alla rete di Khephren Thuram, i rossoblù trovano il pori con Remo Freuler nella ripresa

Genoa – Milan (A cura di Marco Rizzuto)

D’orgoglio la spunta il Milan: due minuti di fuoco bastano per ribaltare il Genoa

Per chiudere al meglio la stagione e rialzare la testa dopo le sconfitte con Lazio e Como, Viera schiera un 4-2-3-1 con Messias che torna titolare sulla trequarti. Zona Milan, Conceicao ripropone nuovamente la difesa a tre, con Theo Hernandez e Jimenez sulle fasce. A sorpresa Leao parte dalla panchina, con Pulisic che duetterà in avanti con Loftus-Cheek a supporto di Jovic, unica punta. Il primo squillo della gara è a tinte rossoblù con la bellissima giocata individuale di Norton-Cuffy: il giovane laterale inglese spezza il raddoppio di Theo e Reijnders concludendo violentemente verso la porta, Maignan è attento e devia con la mano. I primi minuti vedono una sola squadra in campo, e il Genoa cerca di approfittarne al 20′, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, con Pulisic che rischia l’autorete nel tentativo di allontanare la sfera; anche in questo caso, l’estremo difensore della nazionale francese si supera con un intervento prodigioso. Arrivati alla mezz’ora, Conceicao è costretto al primo cambio della serata: Fofana abbandona il campo per un problema fisico e il tecnico inserisce Leao, stravolgendo di fatto la formazione iniziale. Con la presenza del numero dieci portoghese iniziano a intravedersi le prime iniziative rossonere, seppur solo nel finale del primo tempo. Theo Hernandez spezza la linea del centrocampo genoano irrompendo palla al piede, e dal limite dell’area libera il suo sinistro, ma la conclusione è potente quanto prevedibile. Il Milan carbura piano piano, e il Genoa soffre il cambio di ritmo. A cinque dalla fine si assiste alla prima vera occasione della partita: Leao lavora benissimo il pallone al limite dell’area, innescando Pulisic con un filtrante che lo mette a tu per tu con Leali, ma l’estremo difensore del Genoa salva tutto guadagnandosi gli applausi del Ferraris. Nella ripresa, Viera effettua solo un cambio (Zanoli per Sabiri), mentre resta intatta la formazione rossonera. Nonostante il cambio di ritmo, il Grifone non rinuncia ad attaccare, sfiorando il gol con Frendrup dopo un bel fraseggio palla a terra all’interno dell’area. All’ora di gioco entra anche Vitinha, che in meno di un minuto buca Maignan e diventa protagonista per i tifosi liguri: altra costruzione palla a terra, Martin riceve e col mancino scodella perfettamente per l’attaccante appena entrato, che di prima intenzione insacca il suo primo gol stagionale. Con una rete da recuperare e appena venti minuti a disposizione, Conceicao corre ai ripari inserendo Gimenez e Joao Felix per Jimenez e Jovic, schierando un undici a trazione anteriore. I risultati non tardano ad arrivare: dopo neanche sei minuti Leao firma il pareggio sfruttando l’assist del numero sette appena entrato. Come da copione, il Milan cambia marcia nella seconda metà del secondo tempo, passando immediatamente in vantaggio un minuto dopo il pari: situazione simile al primo gol, ma stavolta è Leao che sfonda sulla corsia laterale e mette in mezzo un pallone pericoloso che Frendrup devia sfortunatamente nella propria porta. Sul Genoa si abbattono due minuti di pura sfortuna, ma gran parte del merito va al repentino cambio di ritmo dei rossoneri, specialisti in rimonte. Al tramonto del match, il Genoa tenta un assalto finale: Vitinha prende campo sull’out di destra ma viene steso da Leao, che viene ammonito e salterà per somma di cartellini il match contro il Bologna. Al Ferraris, il Milan trova tre punti che danno speranza, contro un Genoa che attende soltanto la fine del campionato dopo aver conquistato la matematica salvezza.

LA TOP11 DELLA 33ª GIORNATA

Classe 2004. Studente in Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Palermo. Aspirante giornalista/presentatore sportivo e grande appassionato di calcio.

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Calcio

Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Seconda parte)

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Dopo i primi quattro gironi, che sono già tornati in campo per la seconda giornata del torneo, ecco gli altri quattro gironi che hanno fatto il loro esordio negli scorsi giorni. Figurano tante big, oltre alle due italiane in azione, Juventus e Inter.

GIRONE E 

Inter, Monterrey, River Plate, Urawa Reds 

La prima gara del girone è quella tra il River Plate e i giapponesi dell’Urawa Reds. A Seattle le temperature sono più adatte per una grigliata di asado con gli amici piuttosto che una partita di calcio, ma nonostante il caldo torrido alle 12.00 (ore americane) al Lumen Field ci sono un buon numero di tifosi dei Millionarios, che assistono all’esordio vincente della squadra di Gallardo. Un successo che mette ulteriormente in mostra tutte le qualità del gioco del River Plate: gestione lucida del possesso, una buona dose di ‘garra’ e un Mastantuono pronto a prendersi la scena prima di passare al Real Madrid a fine mondiale. Il vantaggio parte proprio da una giocata del classe 2007, proseguita dal solito cross tagliente di Acuna, e da un inserimento brutale di Colidio in mezzo ai difensori. Nella ripresa il raddoppio porta la firma di Driussi, anche se gran parte del gol è regalato dal terrificante retropassaggio del difensore Hoibraten. Driussi si fa anche male nella ricaduta, nel frattempo l’Urawa accorcia le distanze dagli undici metri con Matsuo e comincia a pregustare il sapore della rimonta, subito interrotta dalla zuccata di Meza a dieci dalla fine. Un River che gioca bene e che usa…la testa, viste le tre zuccate che hanno regalato alla banda Gallardo i primi tre punti, e adesso il “set point” contro il Monterrey può regalare già il primo posto aritmetico al River Plate.

Foto: X Inter

Nell’altra gara del girone l’Inter fa il suo esordio contro il Monterrey. Dalla finale di Champions League di venti giorni fa l’Inter ha cambiato molto, ridimensionato dopo la batosta subita dal PSG. In panchina non siede più Simone Inzaghi, che è rimasto comunque nel giro del Mondiale per Club, ma Christian Chivu. Il tecnico romeno arriva da Parma e nel suo primo match cerca di non effettuare particolari rivoluzioni tecnico/tattiche. Si riparte dal 3-5-2 con Seba Esposito che affianca Lautaro Martinez. L’approccio della gara da parte dell’Inter non è prorompente come avevano abituati i nerazzurri in questi anni, ma la pressione e il fraseggio sono comunque apprezzabili. Si cerca di catturare qualsiasi strategia attuata da Chivu rispetto al precedente ciclo di Inzaghi, ma l’unica vera soluzione che si nota è la marcatura a zona nelle palle inattive, e la dimostrazione porta al vantaggio il Monterrey: la difesa dell’Inter cerca di ostruire il centro dell’area di rigore da potenziali attacchi, ma nessuno segue il taglio dell’eterno Sergio Ramos, lo spagnolo è micidiale sotto pressione, figuriamoci senza marcatura… incornata che sbatte sul terreno e beffa Sommer, non proprio impeccabile. L’Inter ci mette qualche minuto a pareggiare, e lo fa con uno schema su punizione che culmina con il tap-in vincente di Lautaro Martinez. Nel secondo tempo si vedono le cose interessanti, perché il Monterrey traccia un solco a metà campo e non lo oltrepassa quasi mai, ma soprattutto Chivu decide di inserire i nuovi arrivati Luis Henrique e Sucic, oltre a Thuram per Esposito. Il tecnico nerazzurro cambia modulo e alza il raggio d’azione di Mkhitaryan, anche se i messicani non soffrono particolarmente, merito di una gestione della linea difensiva da generale romano da parte di Sergio Ramos. Tra luci e ombre Chivu marchia il suo esordio con un pari, e adesso la gara contro l’Urawa diventa un passaggio decisivo per le sorti dell’Inter nel Mondiale per Club, in attesa di una crescita generale dell’ambiente nerazzurro, ancora troppo arrugginito dopo le fatiche di fine stagione.

  • Inter-Urawa Reds
  • River Plate-Monterrey 

GIRONE F

Borussia Dortmund, Fluminense, Mamelodi Sundowns, Ulsan HD 

Foto: X Fifa Club World Cup

Il calendario mette a confronto subito Borussia Dortmund e Fluminense, le due squadre favorite per il passaggio del turno. Il Fluminense si presenta con una squadra di figure pittoresche per molteplici motivi: spicca il giovanissimo portiere Fabio, 44 anni e 171 giorni, e il centrocampista Hercules, infaticabile mezzala, oltre all’ancora frizzante Thiago Silva. Il Borussia Dortmund si ricorda di scendere in campo solo a tratti, perché per il resto la partita è un dominio costante del Fluminense. I brasiliani attaccano la porta di Kobel da qualsiasi angolazione possibile, poi però devono fare i conti con il portiere svizzero, che francamente ha deciso che la partita debba finire in parità. Dell’attacco del Borussia non c’è alcuna traccia, e quando i gialloneri si affacciano in avanti, Fabio e Thiago Silva non hanno nemmeno bisogno di calare a referto qualche gemma gloriosa del loro passato, perché pericoli concreti non ne arrivano. Nella ripresa l’occasione più grossa capita nei piedi dei giocatori del Fluminense, ma Kobel risponde alla grande su un primo tiro di Everaldo, e alla grandissima sulla ribattuta di Nonato, che già stava per correre sotto la curva occupata dai tifosi brasiliani. Nel frattempo il Borussia accoglie un altro Bellingham in mezzo al campo, non più Jude ma il fratello minore Jobe, ma quasi nessuno se ne accorge perché il Dortmund non riesce nemmeno a costruire un’azione degna di nota. Termina 0-0, come aveva deciso Kobel, ma il Borussia Dortmund adesso deve accendersi per evitare brutte sorprese in corso d’opera. Altra grande prestazione per una sudamericana, con il Fluminense che ai punti meritava più di un gol e la vittoria finale, ma la dea bendata -e Kobel- riescono a mantenere il punteggio fermo sul pari. Altra menzione per Hercules, che non sembra nemmeno male in mezzo al campo, ma il suo nome lo precede, e onestamente è clamoroso.

L’altro match del girone è l’emblema del mistero e dell’incertezza che veleggia attorno ad alcune realtà del mondo calcistico. La gara tra Ulsan HD e Mamelodi Sundowns comincia in ritardo a causa della pioggia, e se già era difficile registrare un sold out per questa gara, le condizioni meteo decimano ulteriormente gli spettatori di questo match che può nascondere la magia di una finale dei mondiali, o la sonnolenza di uno spareggio di metà agosto in Lituania. I sudafricani (Mamelodi) giocano bene e sostanzialmente dominano, Rayners ne segnerebbe anche tre, ma due di questi vengono annullati dal VAR, con tanto di decisione spiegata a tutto lo stadio dall’arbitro, una delle tante novità sperimentate in questo torneo dalla FIFA -al momento ampiamente promossa. Finisce soltanto 1-0, anche perché il centrocampista dell’Ulsan Bojanic va a calciare due volte e tira fuori dal cilindro due tiri orribili, incredibilmente per motivi opposti: uno altissimo, uno molle e centrale. Occasionissima per il Mamelodi, che adesso può sognare in grande visto l’ottimo esordio, anche se adesso arrivano le “big”.

Seconda giornata:
  • Mamelodi-Borussia Dortmund 
  • Fluminense-Ulsan HD

GIRONE G 

Al-Ain, Juventus, Manchester City, Wydad Casablanca

A Philadelphia il Manchester City comincia il suo mondiale contro il Wydad Casablanca. Guardiola ha accolto tra le sue braccia altri due gioielli provenienti dal mercato, tali Reijnders e Cherki -non proprio sconosciuti- e non perde tempo a gettarli in campo, a costo di rinunciare ad Haaland e il pallone d’oro Rodri. Non c’è bisogno di spiegare le motivazioni su questa scelta, perché bastano i primi due minuti per capire che il Manchester City potrebbe dominare il palleggio anche con Liam e Noah Gallagher degli Oasis. Al secondo minuto Foden la schiaffa in porta, tornando ad assaporare la gioia del gol che gli mancava da quasi sei mesi. Il Wydad prova anche a spingersi in avanti, ma a parte una serie di giocate del fantasista Lorch -che va menzionato solo per la quantità innumerevole di sombreri e la quattro sulle spalle- non si registrano particolari pericoli per Ederson. Prima dell’intervallo i marocchini riescono a far passare Doku come un predatore d’area, lasciandolo completamente da solo in mezzo all’area al momento del corner di Foden. Di fatto, la partita termina nella prima frazione, e gli ingressi di Haaland e Rodri -insieme ad altre figure- non fanno altro che accentuare il dominio dei Citizens, che hanno talmente tanto la situazione sotto controllo che trovano il tempo per sborsare 20 mila euro di multa (la FIFA ha introdotto una penale per ogni sanzione, e l’espulsione corrisponde a circa 20 mila franchi svizzeri) per una tacchettata in faccia a un avversario da parte di Rico Lewis. 

Foto: X Juventus FC

La gara che chiude la prima giornata è l’esordio della Juventus di Igor Tudor. L’avversario dei bianconeri è l’Al-Ain, che presenta il 5-3-2 delle grandi occasioni, con un sempreverde Rui Patricio in porta. I bianconeri sono reduci dalla visita alla Casa Bianca, dove sono stati costretti ad ascoltare Trump mentre parlava ai giornalisti della guerra e del calcio femminile, in uno dei momenti più surreali della storia recente del calcio, ma in campo mettono subito le cose in chiaro, come fa l’America quando subentra nei grandi conflitti: all’intervallo il risultato è sul 4-0 per la squadra di Tudor, con la doppietta di Kolo Muani, il gol di Conceição e la gemma di Yildiz (che ancora una volta segna all’esordio in qualche torneo), nel secondo tempo arriverà anche il quinto gol di Chico Conceição. Se nel corso della stagione i giocatori della Juve sembravano spaventati anche da un fiammifero, a Washington i ragazzi di Tudor sembrano una banda di potenziali piromani: vanno a duemila, recuperano il pallone velocemente, si cercano e si trovano anche a occhi chiusi. In attesa dei recuperi di alcune pedine fondamentali (contro l’Al-Ain hanno riassaporato il campo Gatti e Koopmeiners), Tudor spinge sul blocco visto nel rush finale, con un Kelly in netto miglioramento con l’approccio al ruolo, e Alberto Costa in versione treno merci. Il portoghese è un’iradiddio sulla fascia destra e confeziona anche due assist, mentre l’enigma principale riguarda Conceição e Kolo Muani, entrambi in prestito ma sempre più incisivi nell’ecosistema bianconero. Sorrisi e sacrificio, il primo posto in classifica e la voglia di spingersi oltre. La Juventus di Tudor parte alla grande in America, e già nel prossimo turno può ipotecare il passaggio del turno.

Seconda giornata:

  • Juventus-Wydad Casablanca
  • Manchester City-Al Ain

GIRONE H 

Al-Hilal, Pachuca, Real Madrid, Salisburgo

Esordio a tutto tondo per Real e Al-Hilal, che accolgono nelle loro rispettive panchine Xabi Alonso e Simone Inzaghi. Ne viene fuori un match spettacolare, soprattutto per merito del coraggio e del dinamismo del club saudita. Senza Mbappé, Xabi Alonso sceglie il giovane Gonzalo Garcia, mentre dietro giocano subito i nuovi arrivati, Huijsen e Alexander-Arnold. Inzaghi ci ha messo poco a dare un’impronta decisa all’Al-Hilal, e la mezz’ora iniziale è quasi un monologo dei sauditi, più vivi e spigliati rispetto a un Madrid alla ricerca di geometrie. A Renan Lodi viene anche annullato un gol per fuorigioco, Inzaghi comincia a dispensare urla a qualsiasi oggetto vestito di blu, e nel frattempo il Real Madrid rispolvera la ripartenza all’italiana, finalizzata da Gonzalo Garcia su assist di Rodrygo. L’Al-Hilal ci mette poco a pareggiare la gara, grazie al calcio di rigore realizzato da Ruben Neves. Xabi Alonso non stravolge i suoi Blancos rispetto a quanto visto lo scorso anno, e sceglie la via della continuità anche nelle sostituzioni, con Tchouameni che continua il suo viaggio da nomade nella parte arretrata del campo mentre Asencio lascia il posto a Guler. Il turco da quella marcia in più al Madrid, e nel frattempo il ritmo dei sauditi è calato notevolmente, prevedibile considerando il dispendio enorme di energie del primo tempo e il caldo asfissiante di Miami. Nel finale il VAR assegna un rigore al Real Madrid per una manata di Al-Qahtani su Fran Garcia. Dal dischetto Valverde incrocia il destro ma Bonou azzecca l’angolo e mette il sigillo finale al pareggio. Due cantieri ancora in fase di avvio, ma arrivano già i primi segnali da una parte e dall’altra. Se Inzaghi può ritenersi soddisfatto per qualità e ritmo messo in campo, Xabi Alonso attende il ritorno di Mbappé per cercare di nascondere le difficoltà evidenziate in questo primo match, fotocopie dell’ultima stagione blanca. 

Foto: fifa.com

Altrettanto divertente è la gara tra Pachuca Red Bull Salisburgo. A Cincinnati trionfano gli austriaci dopo un match durato quattro ore (sospeso per un’ora e quaranta per l’acquazzone che ha colpito la città durante il secondo tempo). Gara divertente e frizzante fin dai primi minuti, con i messicani che rispolverano un centravanti d’area di rigore come Salomon Rondon, stranamente poco freddo e lucido contro l’estremo difensore del Salisburgo, l’impronunciabile Zawieschitzky. A ridosso dell’intervallo gli austriaci trovano il vantaggio grazie alla perla di Oscar Gloukh, l’israeliano lascia a terra Pedraza e batte Moreno con un destro a giro di pregevole fattura. Nella ripresa la gara si interrompe per quasi due ore per il temporale, poi riparte e i fulmini lasciano spazio ai fuochi d’artificio. Il Pachuca trova il pareggio grazie a una punizione di Gonzalez, su cui barriera e portiere non fanno una bella figura; Rondon continua la sua ricerca spasmodica del gol ma non riesce a segnare. Chi riesce a gonfiare la rete è l’altro centravanti, il neo-entrato Onisiwo, che sale in cielo e riesce a indirizzare e colpire forte il pallone, per un vantaggio che spedisce il Salisburgo in vetta alla classifica. In attesa della gara contro l’Al-Hilal gli austriaci provano a inserirsi di soppiatto in alto alla classifica.

Seconda giornata:

  • Salisburgo-Al-Hilal 
  • Real Madrid-Pachuca
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Calcio

Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Prima parte)

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Polemico, esagerato e curioso, proprio come sa essere l’America. Il nuovo Mondiale per Club voluto dalla FIFA rispecchia i canoni degli Stati Uniti, che si preparano al mondiale tra nazionali (in programma il prossimo anno) con una parata di stelle e altri elementi celesti più misteriosi, ma intensi e curiosi. Tante le novità in esperimento, numerosi argomenti di valutazione, ma nel frattempo la prima giornata è terminata nella notte, e tra poco il mondiale riparte con la seconda giornata. Allora ecco la prima parte dell’analisi delle prime gare del Mondiale per Club, girone per girone.

GIRONE A 

Al-Ahly, Inter Miami, Porto, Palmeiras 

Uno dei raggruppamenti più intriganti dell’intero mondiale, non tanto per la quantità elevata di “big” al suo interno, ma per l’alone di mistero e curiosità che circola attorno a Messi e avversari. Dopo le prime due partite la classifica è rimasta la stessa dello scorso venerdì, quando ancora il torneo non era cominciato. L’ordine rimane quello alfabetico, la differenza reti pari ai gol realizzati dalle quattro squadre, ossia zero, ma le due gare sono state tutt’altro che noiose.

Foto: fifa.com

La gara tra AlAhly e l‘Inter Miami apre il mondiale. Nel primo tempo gli egiziani dominano in lungo e in largo, come non si vedeva probabilmente da Cleopatra e family. La retorica storica però non è casuale, perché nell’assedio costante dell’Al-Ahly verso la porta avversaria emerge un altro reperto di notevole importanza nella gara: il portiere dell’Inter Miami, tale Oscar Ustari, 38 anni compiuti. Il portiere argentino è il protagonista della prima frazione perché mette a referto una serie di parate sensazionali, e mette la ciliegina al minuto 43 quando ipnotizza Trezeguet dal dischetto. Nel secondo tempo l’Inter Miami prova a giocare con maggior qualità, e la modalità è quella nota a tutti: palla a Messi e poi si vede. Al minuto 63 tutto lo stadio trattiene il fiato per la punizione di Messi, l’argentino cerca la soluzione a effetto e spedisce la palla in rete. Peccato che la palla non giri abbastanza e si vada a incastrare nella parte esterna della porta, regalando soltanto l’illusione ottica di un grande gol. Nel finale emerge anche l’altro estremo difensore, l’egiziano El-Sheenawy, anche lui ben navigato grazie alle sue 36 primavere. Le sue parate chiudono la porta, e dove non arriva El-Sheenawy ci pensano i legni, come quello colpito all’ultimo istante da un tiro-cross di Messi. Finisce 0-0.

Nell’altra gara del girone Porto e Palmeiras giocano talmente a viso aperto che si devono arrendere a uno 0-0 che suona come un oltraggio al calcio, per la mole di occasioni avute da entrambe le squadre. Due gemme per parte, Estêvão per i brasiliani e Rodrigo Mora per i portoghesi, ma le due squadre presentano un parco giocatori talmente completo da poter andare in guerra e a una sfilata a Hollywood allo stesso tempo. Tante, tantissime, troppe, occasioni e in questo teatro emergono artisti incompresi, o magari talmente sconosciuti a sé stessi da essere perfetti per dominare la scena. È il caso del portiere del Porto, Claudio Ramos, provvidenziale con una serie di parate tanto efficaci quanto qualitativamente orrende. Il Palmeiras ai punti meriterebbe almeno un gol, ma il palo e le parate sconsiderate di un Ramos in giornata di grazia non cambiano il risultato. Anche l’altra gara finisce 0-0.

Seconda giornata:

  • Palmeiras-Al-Ahly
  • Inter Miami-Porto 

GIRONE B 

Atletico Madrid, Botafogo, PSG, Seattle Sounders

Dopo aver schiantato l’Inter in finale di Champions League, il Paris Saint-Germain arriva al Mondiale per Club con i favori del pronostico. L’armata di Luis Enrique fa il suo esordio a Pasadena contro l’Atletico Madrid, al cospetto di un caldo torrido e ottantamila persone, a cui vanno aggiungi i sedici giocatori impiegati da Simeone nel corso della gara. Si prospettava come il match di cartello di questa prima giornata, e invece termina con un PSG che passeggia e domina per 4-0. Al momento i parigini viaggiano a una cilindrata nettamente superiore rispetto alla concorrenza, e anche senza due pilastri offensivi fondamentali, come Dembelé e Barcola, ci pensano gli altri diamanti che Parigi sta conservando, Fabian Ruiz e soprattutto Vitinha. Il centrocampista portoghese continua il suo mostruoso dominio del gioco e adesso si comincia a comprendere al meglio la sua leadership. Le altre due firme sono di Kang-In Lee e Mayulu, che in questo ultimo mese sta cercando di rinominare la celebre zona Cesarini. Per la banda del Cholo si mette subito in salita, anche se la qualificazione non sembra in discussione.

Foto: fifa.com

Nell’altro match i meno quotati Botafogo e Seattle Sounders regalano comunque un match intenso e spettacolare, vinto dai brasiliani grazie a due sigilli nel primo tempo. Il Botafogo va in vantaggio grazie a un colpo di testa dell’altissimo Jair Cunha (1.98m), poi raddoppia con un’altra incornata, questa volta del centravanti Igor Jesus. Nel secondo tempo gli statunitensi accorciano le distanze con Roldan, e nel rush finale sfiorano più volte il pareggio, ma il Botafogo decide di affidarsi a due, non troppo vecchie, meteore della nostra Serie A come Arthur Cabral e Joaquin Correa. Il risultato non cambia, anche se il Tucu sfiora subito il primo gol con la maglia del Fogão, stoppato da un grande intervento del portiere Frei. Successo che può rilanciare il Botafogo, che può approfittare della pesante sconfitta dell’Atletico Madrid, a patto che non si arrendano anche loro a un’imbarcata dai parigini, che negli ultimi tempi sembra l’unica soluzione percorribile.

Seconda giornata:

  • Paris Saint-Germain-Botafogo
  • Seattle Sounders-Atletico Madrid

GIRONE C 

Auckland City, Bayern Monaco, Benfica, Boca Juniors

Sulla carta sarebbe il girone più equilibrato del Mondiale, ma dopo la gara del Bayern Monaco ovviamente questa analisi va rivisitata. Contro i dilettanti dell’Auckland City i bavaresi non vanno per il sottile, confermando la freddezza e il cinismo che distingue il tedesco medio: termina 10-0, sei a zero all’intervallo. Troppa la differenza tra le due squadre per buttare giù una qualsiasi cronaca, anche se le storie extra-calcistiche dei dilettanti di Auckland sono manna dal cielo per le pagine romantiche di calcio. Il campo però non lascia spazio a interpretazioni: neozelandesi con un 5-5-0 non troppo compatto, i bavaresi lasciano Neuer in mezzo al campo a riscaldarsi seduto sul prato di Cincinnati e nel frattempo disintegrano la porta di Tracey, che nella vita fa il magazziniere. Qualificazione praticamente ipotecata, anche se adesso comincia a tutti gli effetti il mondiale di Kompany e…company;

Foto: fifa.com

L’equilibrio del gruppo C è rappresentato da Boca Juniors e Benfica, che scendono in campo all’Hard Rock Stadium di Miami. Senza troppi indugi è una delle partite più belle del primo turno di match. Ruvido, qualitativamente entusiasmante e ricco di calcio e calci, come impone la tradizione. Il Benfica sembra essere favorito dopo i primi minuti, ma gli argentini in dieci minuti mettono in scena tutto il loro calcio: vantaggio di Merentiel su assist di Blanco, che si concede il lusso di un tunnel prima del pallone per l’attaccante argentino, e raddoppio su palla inattiva con la testata vincente di Battaglia. Prima dell’intervallo il Boca completa il proprio manifesto sudamericano, quando a ridosso dell’intervallo il Benfica conquista un rigore per un calcio di Palacios su Otamendi. L’arbitro va al VAR e Ander Herrera -uscito anzitempo per infortunio- decide di farsi espellere per proteste. Di Maria accorcia le distanze dal dischetto e al rientro dagli spogliatoi Bruno Lage alza i toni dell’attacco con Belotti. L’ingresso del “Gallo” è agonisticamente impattante, forse troppo, perché al minuto 72 Belotti viene espulso per un calcio alla nuca di un avversario. La partita è tesa come una corda di violino, lo spettacolo ha lasciato spazio a un’intensità che sembra più da finale dei mondiali, che da fase a gironi, e parlando di mondiali non può che emergere un argentino, anche se veste la maglia del Benfica. Otamendi si stacca sul primo palo, impatta violentemente la sfera e pareggia la partita. Prima del triplice fischio c’è ancora tempo per un ultimo assaggio di calcio selvaggio, offerto da Figal: pestone da ergastolo sullo stinco di Florentino e cartellino rosso diretto. Finisce in parità, e il cammino di Boca e Benfica passerà dalla gara contro Auckland, in cui servono tanti gol per la differenza reti.

Seconda giornata:

  • Bayern Monaco-Boca Juniors
  • Benfica-Auckland City

GIRONE D

Chelsea, Esperance Tunis, Flamengo, Los Angeles FC

Il gruppo D diventa subito di dominio di Chelsea e Flamengo, come da pronostico. I londinesi cominciano la propria competizione contro il Los Angeles Fc di Giroud (inizialmente in panchina) e Lloris, e vincono con qualche difficoltà grazie a un gol per tempo. Forti del successo in Conference League, Maresca schiera la miglior formazione per evitare di incappare in qualche inconveniente in stile Italia a USA94′. La gara comincia con un colpo d’occhio agghiacciante, con le tribune dello stadio di Atlanta semi-vuote. Per fortuna gli spalti si riempiono leggermente nel corso della gara, e il Chelsea ingrana anch’esso alla distanza, per poi vincere senza evidenti fatiche. Il vantaggio è siglato da un ottimo Pedro Neto, frizzante nella fascia destra fin dall’inizio, incontenibile per il lussemburghese Chanot. Nel secondo tempo fanno il loro esordio in maglia Blues i due nuovi acquisti, Essugo e Delap, mentre sponda L.A. entra Giroud. L’ingresso del francese alza notevolmente il peso dell’attacco statunitense, e la difesa del Chelsea comincia a concedere qualche occasione, poi però viene fuori nuovamente il livello tecnico della banda Maresca, che chiude i discorsi a dieci dal termine. Delap pennella un ottimo cross in mezzo, Enzo Fernandez si avventa sulla sfera e mette il sigillo finale. Non un esordio da sogno per il Chelsea, che riesce comunque a conquistare i tre punti che gli servivano. La qualificazione è un duello con il Flamengo, prossimo avversario dei Blues. Occhio però a considerare fuori dai giochi il Los Angeles FC.

Foto: fifa.com

Nell’altro match il Flamengo fa il suo esordio in grande stile contro l’Esperance Tunisi. La differenza tecnica tra le due squadre è evidente, ma i brasiliani giocano un gran match sotto ogni punto di vista. Sigla il vantaggio uno dei simboli del Fla, il fantasista uruguaiano De Arrascaeta. L’ex Fiorentina Pedro ha l’occasione per raddoppiare, ma decide che per il momento non è il caso di segnare. La formazione del Flamengo è un’ode alla nostalgia calcistica, data la vasta presenza di ex Serie A come Pulgar, Gerson, Pedro e il nuovo arrivato Jorginho. Nel secondo tempo è proprio Jorginho a mettersi in mostra, grazie a un filtrante no-look verso Luiz Araujo, che aggiunge il suo tocco di classe con un mancino a giro che si insacca alle spalle del portiere Ben Said. Nell’Esperance Tunisi, a parte un’ottima presenza di tifosi nelle tribune, da segnalare una delle figure più pittoresche di questo mondiale, l’attaccante Rodrigo Rodrigues.

Seconda giornata:

  • Flamengo-Chelsea
  • Los Angeles FC-Esperance Tunisi 
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Calcio

Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

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L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.

Le scelte per l’ultima di Spalletti

Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.

ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui. 

Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.

Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.

Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e  sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.

Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…

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