Calcio
Il Supercommento della 35ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top 11 alla fine, della trentacinquesima giornata di Serie A
Torino-Venezia (A cura di Tommaso Patti)
Altra grande chance sciupata dal Venezia. Al gol di Kike Perez risponde quello di Vlasic
Con una salvezza archiviata, il Torino sfida un Venezia ancora alla ricerca di punti per non retrocedere, che deve approfittare delle ultime prestazioni positive per uscire dall’Olimpo o grande Torino con un risultato favorevole.
La sfida tra il presente e il passato di Vanoli parte subito in salita: al quarto minuto di gara, dopo una grandissima giocata ai danni di Biraghi, la conclusione di Yeboah si stampa sul palo, carambolando sulla schiena di Milinkovic-Savic e poi nuovamente sul legno, per poi finire in porta grazie al passaggio di Gytkjaer per Zerbin, a cui viene subito tolta la gioia del gol per un fuorigioco millimetrico di Gytkjaer. Il pericolo scampato ridà fiducia al Toro, che si affaccia nell’area avversaria per la prima volta con Casadei, bravo nell’anticipare Idzes e Cande ma impreciso nel centrare la porta. Un’altra grande giocata di Yeboah innesca la seconda conclusione di Zerbin, terminata stavolta con la provvidenziale parata del portiere granata. Al 36’, lo scatto in mezzo ai due avversari di Kike Perez, regala allo spagnolo l’angolo giusto per colpire e far male al Torino, portando il Venezia in vantaggio e trovando la sua prima rete in Serie A. Con il primo tempo ormai giocato, il Torino è obbligato a rimboccarsi le maniche e provare a rimettere il risultato in discussione, andandoci vicino con Che Adams, bravo nel posizionarsi perfettamente a centro area ma altrettanto bravo Radu nell’esecuzione di un super intervento che salva il Venezia. Con poco più di quindici minuti di gioco rimanenti, il Torino assedia l’area di rigore avversaria, trovando un calcio di rigore provocato dal fallo di mano di Idzes nel tentativo di deviare un cross di Elmas. Dopo lo spavento per l’inaspettato malore subito da Vanoli, il match prosegue, dal dischetto si presenta il capitano dei padroni di casa che, angola il suo destro, e trova la rete che ristabilisce la parità. Nei restanti minuti di gara, il Venezia sembra accontentarsi del pareggio, mentre al Torino manca la qualità per riuscire a fare nuovamente male alla difesa avversaria. L’unica grande occasione arriva dai piedi di Che Adams al quinto dei sette minuti di recupero, quando l’attaccante scozzese raccoglie palla da Gineitis, ma spedisce alta un’occasione che poteva valere i tre punti. Se per il Torino non risulta fatale il pareggio, la mancata vittoria del Venezia conferma ciò che si è visto nelle ultime uscite degli arancioneroverdi: tanto bel gioco ma troppi pochi punti portati a casa. Con un campionato giunto ormai quasi al termine, la squadra Di Francesco è chiamata a fare punti nelle prossime tre gare, dove affronterà rispettivamente Fiorentina, Lecce e Juventus.
Cagliari-Udinese (A cura di Dennis Rusignuolo)
La pancia di Kristensen e Zarraga guidano il colpo friulano a Cagliari. Salvezza rimandata per i sardi
Dopo una buona partenza, il Cagliari cerca lo sviluppo verticale su Luvumbo e Piccoli, subito marcati a vista dai rocciosi difensori friulani. Poche occasioni nella fase iniziale della gara, a causa di un manto erboso particolarmente asciutto e di un ritmo non elevatissimo delle due squadre. L’Udinese sblocca il risultato alla mezz’ora. Dopo un errore abbastanza grossolano di Piccoli, tutto solo davanti a Okoye, la legge del calcio trova concretezza ancora una volta, perché dopo l’occasione capitata all’attaccante rossoblù, i bianconeri passano in vantaggio con Oier Zarraga. Perfetto l’inserimento in area dello spagnolo, che sfrutta un erroraccio di Luperto e un puntuale assist di Modesto dalla destra per segnare con freddezza lo 0-1 al minuto 27. Il vantaggio della squadra di Runjaic dura però appena otto minuti perché al 35 Makoumbou imbecca Zortea in profondità, l’esterno si inserisce alle spalle della difesa, riceve il lancio di Makoumbou e dopo aver controllato in maniera impeccabile con il mancino, fredda Okoye con un rasoterra sul primo palo. Sesto gol in questo campionato per l’ex laterale dell’Atalanta, autore dell’1-1. Al 40′ rischia molto Solet con un retropassaggio di testa leggermente corto: Luvumbo si avventa sul pallone e si invola verso la porta, ma Okoye stavolta esce provvidenzialmente evitando guai peggiori. Nella ripresa, nonostante i tre punti servano molto di più al Cagliari che all’Udinese, è la formazione di Runjaic a prendere in mano il pallino del gioco fin dai primi minuti: l’Udinese si mostra più reattiva, cinica e meglio organizzata. I rossoblù appaiono invece molli, rilassati e a tratti colpevolmente distratti. Sull’attenzione difensiva il Cagliari viene punito in calcio d’angolo. Battuta tesa di Kamara, la difesa sarda non marca bene e Kristensen insacca con la pancia. La reazione del Cagliari arriva a sprazzi, e tutti i guizzi vengono portati da Mattia Felici. Il numero 91 cerca di dare quella scossa in più dal momento del suo ingresso in campo, ed è su quella fascia destra che l’Udinese comincia a rinforzare la linea, perché l’esterno italiano riesce sempre ad arrivare in area con la sua velocità. Nicola non opta per un’altra punta pura, ma solo per Coman in un 4-4-2 che trova lo sbarramento friulano. L’unico tiro è di Piccoli che forza e calcia alto. Gaetano quasi zoppica, i problemi al ginocchio sono evidente. Difficile capire perché sia entrato, viste le tante smorfie accennate dal giocatore rossoblù fin dai primi contrasti. La festa salvezza del Cagliari è rimandata perché l’Udinese rilancia il suo rush finale. Dopo due mesi di completa astinenza, i friulani tornano dalla Sardegna con tre punti preziosi per la rincorsa al decimo posto. Doveva essere una partita da pareggio, un risultato che sembrava dovesse andar bene a entrambi, perché quel punto al Cagliari bastava, ma l’Udinese ha avuto quella qualità in più, un palleggio notevole e un’organizzazione diversa. Il Cagliari non ha ripetuto la prova di Verona, anche a livello di intensità e cuore, ma soprattutto ha prodotto poco davanti andando a sbattere sulla solidità e la fisicità dei giocatori di Runjaic. Al Cagliari manca un piccolo passo per la salvezza, ma quel tassello ancora deve essere aggiunto.
Parma-Como (A cura di Dennis Rusignuolo)
Strefezza lancia il Como sempre più in alto. Il Parma spreca e si dispera
Con la salvezza blindata, il Como cerca di mantenere alto il livello per il finale di stagione. Al cospetto di un Parma guerrigliero, alla ricerca degli ultimi tasselli per completare l’impresa, Fabregas non rinuncia a tutti i titolari. Chivu conferma Ondrejka insieme a Bonny dietro Pellegrino, ormai riferimento assoluto dell’attacco crociato. Approccio molto intenso della gara, da una parte e dall’altra. Il Como cerca subito l’attacco diretto verso la porta di Suzuki, e cerca di sfruttare l’attacco costante della profondità portata da Cutrone. Il capitano lariano scatta sul filo del fuorigioco e impegna il portiere giapponese, con il sinistro, dopo nemmeno un minuto di gioco. In buon ritmo già dai primi minuti, la squadra di Fabregas cerca subito di imporsi in mezzo al campo, e sfruttare il continuo movimento degli attaccanti per sfondare centralmente. I tre difensori del Parma riescono a contenere abbastanza agevolmente i lariani, ma soffrono terribilmente gli inserimenti dalle retrovie di Caqueret e Da Cunha. La squadra di Chivu trova terreno fertile nelle ripartenze. Pellegrino pulisce un’infinità di palloni e fa partire la batteria di velocisti (Ondrejka, Valeri, Bonny e Sohm). Non spiccano le occasioni perché le due squadre si schermano bene, merito soprattutto di un Parma sempre più connesso e quadrato. L’occasione più grande del primo tempo del Como arriva su palla inattiva. Sebbene i lariani siano una delle squadre che segna meno su palla inattiva, sul corner di Da Cunha svetta la testa di Kempf, bravissimo nel colpire con forza e precisione, ma è altrettanto bravo Suzuki a distendersi in tuffo. Il Parma risponde a ridosso dell’intervallo con una delle solite ripartenze: Pellegrino apre il campo per lo scatto di Ondrejka, dopo un primo intervento della difesa del Como, Bonny riceve il pallone, arriva sul fondo e apparecchia in mezzo per Pellegrino, l’argentino arriva con il passo lungo e da buonissima posizione calcia incredibilmente alto. Nella ripresa il Parma alza subito i giri del motore, cercando di rimodellare i numeri del possesso palla (che hanno visto i crociati in difficoltà nel primo tempo, 70% per il Como). A impensierire la porta di Butez ci pensa sempre il solito Marco Pellegrino. Al minuto 54 calcio d’angolo per il Parma, Pellegrino si sfila sul secondo palo e di testa inchioda il pallone sulla traversa, poi Delprato non riesce a convertire in rete. Fabregas sceglie Douvikas per la ripresa, al posto di Cutrone che alla lunga non è riuscito a trovare spazio. Al 70′ finalmente si accende Nico Paz, l’argentino si libera di una marcatura a centrocampo e calcia subito verso la porta, Suzuki non si fa sorprendere e con le dita allunga in corner. Il Como ritrova spazio e coraggio, e ha un’occasionissima al 72′: Ikone riceve in verticale, salta bene Suzuki ma con il destro calcia malissimo, palla ampiamente fuori dallo specchio della porta. Al 75′ cambi per entrambe: Strefezza sostituisce Da Cunha, acciaccato dopo uno scontro subito nel primo tempo; Chivu sostituisce Pellegrino e Hainaut con Benedyczak e Camara. Il Parma ha un’occasione in contropiede, guidata da Ondrejka ma gestita male da Valeri, che cerca nuovamente lo svedese al posto di calciare in porta. Agli errori del Parma, il Como risponde con spietata freddezza e cinismo, perché al 79′ i lariani sbloccano la gara: lancio morbido verso Douvikas, sponda intelligente per Strefezza e mancino stropicciato, ma vincente, del giocatore brasiliano. Secondo gol consecutivo per Strefezza, ancora una volta decisivo nel secondo tempo. Il Parma in quel momento si getta a capofitto in avanti, e a guidare le offensive lo zampino è sempre quello di Ondrejka. Nel recupero il neo-entrato Man impegna Butez, e pochi secondi dopo spreca un’occasione gigantesca, palla messa in mezzo da Valeri e zampata sbagliata del giocatore romeno, in un momento che definire difficile è poco. Nei minuti finali la partita è Man contro Butez, con il giocatore romeno che nel totale calcia quattro volte verso la porta. Il portiere francese chiude lo specchio in uscita e blinda un’altra grande vittoria per il Como. Un successo che indirizza sempre più in alto la squadra di Fabregas, che ormai non ha nulla da chiedere al campionato se non qualche posizione più soleggiata. Per il Parma una sconfitta che sa di beffa per le tante occasioni sprecate, anche se la squadra di Chivu mantiene ancora un distacco significativo dal treno retrocessione. Continua il momento no di Dennis Man, sfortunato ma anche impreciso nelle occasioni multiple avute nei minuti di recupero.
Lecce-Napoli (A cura di Simone Scafidi)
Conte gioca il Jack, Scudetto sempre più vicino
In un commosso Via del Mare, che si scioglie in un commovente applauso per Graziano Fiorita, il Napoli di Conte arriva con la consapevolezza di non poter sbagliare, per tenere l’Inter a debita distanza. Dopo l’omaggio dello stadio e delle squadre al magazziniere del Lecce da poco scomparso, il pallone inizia a rotolare nel surreale ambiente salentino. La prima sgasata dei partenopei è vincente, con la discesa di Politano e la conclusione di quest’ultimo, che trova la deviazione di Lukaku e il pallone che si insacca in rete per il gol dell’1-0, successivamente annullato per la posizione irregolare dell’attaccante belga. Al 20’ il Lecce prova ad avanzare con un’azione che termina tra i piedi di Krstovic, che conclude molto sopra la traversa. Appena tre minuti più tardi, su punizione, Raspadori sblocca il match con un gran tiro sul secondo palo che beffa barriera, portiere e difesa salentina, per il vantaggio azzurro. In pochi minuti il Lecce si spinge in avanti con la voglia e la grinta di reagire, e su situazione di corner Gaspar colpisce di testa trovando la traversa, con il pallone che si infrange sul leggere tocco involontario, con un braccio di Spinazzola, non così irregolare da scaturire il tiro dagli undici metri, tra le proteste della squadra di Giampaolo che reclama il penalty. Il secondo tempo ricomincia con il possesso giallorosso e con la fascia di Tete Morente infiammata dalle galoppate di quest’ultimo, che arrivando al passaggio per Helgason gli consente di calciare, trovando il grande intervento di Meret, messo ulteriormente in difficoltà da una fortuita deviazione di Lobotka. In pochi minuti il quattordici del Lecce arriva nuovamente al tiro, stavolta su punizione dalla lunga distanza, spiazzando tutti e sfiorando addirittura il clamoroso gol sul palo di Meret, sorpreso dalla traiettoria a scendere del pallone. L’entrata di Berisha fornisce grande dinamicità al gioco dei padroni di casa, che nonostante un secondo tempo giocato in maniera praticamente impeccabile, non riescono a trovare la via del gol e si devono arrendere al risultato amaro (e forse anche immeritato) di 1-0 in favore della squadra di Conte, che riesce a mantenere i tre punti di distanza dall’Inter, che vince di misura contro l’Hellas Verona. Con tre partite rimanenti, e la possibilità per i partenopei di concedersi il lusso di pareggiare una partita, il campionato sembra veramente ad un passo.
Inter-Verona (A cura di Tommaso Patti)
Ci pensa Asllani dagli undici metri. L’Inter delle riserve batte il Verona
Dopo la vittoria per uno a zero del Napoli in casa del Lecce, l’Inter è chiamata alla vittoria per rincorrere ancora gli azzurri in cima al campionato. Il successo dei partenopei e il pareggio che poteva trasformarsi in vittoria a Barcellona, crea ai nerazzurri un mix di emozioni che possono creano benefici ma anche tante difficoltà nell’insidiosa sfida contro il Verona. Con la squalifica di Çalhanoğlu e Inzaghi per la discussa “inchiesta ultras”, il tecnico nerazzurro decide di dare priorità alla semifinale di ritorno, cambiando dieci uomini rispetto all’ultima sfida contro il Barcellona e schierare una formazione “b” per fronteggiare l’Hellas. Dopo sei minuti in cui il Verona riesce a bloccare i passaggi in orizzontale avversari, una giocata di Carlos Augusto regala la possibilità all’Inter di sbloccare subito la partita grazie al rigore conquistato dal fallo di mano di Valentini. Dopo un’iniziale indecisione, il direttore di gara assegna il calcio di rigore, calciato e trasformato in seguito da Asllani, che ritorna a segnare in Serie A dopo più di un anno. La fiducia ottenuta dai nerazzurri dopo il gol del centrocampista albanese cresce anche nei minuti successivi, costringendo la squadra di Zanetti a coprirsi di più. La freschezza e l’innovazione dell’insolita coppia Arnautovic-Correa, crea pochi pericoli alla difesa veneta, che prova a sua volta a reagire affidandosi alle giocate di Sarr. Nonostante le seconde linee, il gioco dei padroni di casa rimane efficace e in grado di tenere a bada le poche ma pungenti avance avversarie. Dopo dieci minuti ricchi di azioni e di giocate, la sfida cala dal punto di vista del ritmo e dell’intensità, riaccendendosi sul finale di primo tempo con il tiro da fuori di Asllani e con l’imprecisa conclusione di testa di Arnautovic. A partire meglio nella ripresa è la squadra di casa, pericolosa dopo appena due minuti con un azione prolungata portata avanti da Carlos Augusto e Asllani, terminata però senza alcuna conclusione. Dopo un primo tempo timido, il Verona prova a organizzare qualche iniziativa offensiva con Duda, invitato al tiro da fuori dalla difesa dell’inter che non aggredisce ma lascia giocare il Verona nella propria metà campo. Subito dopo la grande occasione del Verona con il tiro potente ma impreciso di Suslov, entrambi gli allenatori decidono di cambiare qualche pedina per riuscire a incidere in un match che fino al 70′ non ha regalato troppe azioni pericolose. Se da una parte Zanetti butta nella mischia Mosquera e Bernede nel tentativo di pareggiare la gara, Farris inserisce Mkhitaryan e Dimarco per cercare di chiudere la gara. Con due cambi per parte e con un fiato maggiore, le due squadre si riattivano e creano di più, ma in campo continua a regnare l’imprecisione. Nei minuti finali di gara, Zanetti butta nella mischia tre attaccanti per cercare di agguantare un punto prezioso nella lotta salvezza, ma un lento e proficuo giro palla della difesa nerazzurra, spegne tutte le idee offensive dei gialloblù, facendo terminare con il possesso palla i quattro minuti di recupero concessi da Manganiello. Il successo di misura sul Verona, riporta l’Inter a meno tre lunghezze dal Napoli, mantenendo ancora vive le speranze scudetto. Dopo quattro sconfitte di fila e sei gare senza vittorie, esce ancora sconfitto dal rettangolo verde un Verona totalmente in crisi, mantenuto momentaneamente -seppur di poco- sopra la zona retrocessione dai continui passi falsi di Venezia, Lecce, Parma ed Empoli. Sono quattro le gare consecutive in cui il Verona non trova la gioia del gol, fattore che fa mettere sotto la lente della dirigenza veneta il tecnico gialloblù, costretto ad un cambio di marcia nelle ultime tre gare per riuscire a scampare alla retrocessione.
Empoli-Lazio (A cura di Simone Scafidi)
Vittoria flash per Baroni, Empoli nei guai
Teatro della clamorosa salvezza dello scorso anno per i Toscani, il Castellani si rivela sempre essere un fortino difficile da espugnare, e la Lazio ne ha avuto la prova. I biancocelesti partono a razzo e trovano il gol dopo nemmeno un minuto, con la rete di Dia che riceve palla e, in seguito ad un controllo magistrale, insacca la sfera alle spalle di Vasquez, portando avanti i suoi. L’Empoli però non si fa intimorire e con Marianucci, al 14’, cerca la conclusione da lontano, che, centrale, termina tra le mani sicure di Mandas. I guai dell’Empoli, però, non terminano qui, e al 38’ Colombo viene espulso per somma di ammonizioni in seguito ad un fallo commesso su Gigot, nel tentativo di scavalcarlo per arrivare su un pallone che arrivava dalla difesa. D’ora in poi il match risulta totalmente in salita per i toscani, che a fine primo tempo vengono salvati da un grande intervento di Vasquez su un tiro-cross di Guendouzi. Al 51’ la Lazio risulta anche essere fortunata; l’Empoli trova il gol del pareggio con Viti, che viene però annullato per la posizione irregolare dell’esterno italiano, che si era avventato sul pallone in seguito al tocco di Solbakken. Al 72’ Pedro, con un tiro da fuori area, va vicino al raddoppio, Vasquez era spiazzato ma il pallone termine fuori. Quando manca un quarto d’ora finisce negli spogliatoi anche Hysaj, che prende il secondo giallo e regala all’Empoli la speranza e la forza di provarci per gli ultimi quindici minuti. I toscani non sfruttano però questa chance e risultano essere praticamente inoffensivi, con la Lazio che, dalla sua, non si fa scavalcare e riesce a portare in porto la partita con il risultato di 1-0, insieme ai tre punti e alla delusione del Castellani. La squadra di Baroni si tiene incollata alla zona Europa, mentre i toscani dovranno fare un grande sprint finale per trovare una salvezza all’ultimo esattamente come lo scorso anno.
Monza-Atalanta (A cura di Simone Scafidi)
L’Atalanta esagera, Monza nel baratro
U-Power Stadium sempre più casa degli orrori per il Monza, che sembra ormai rassegnato al destino della retrocessione, scendendo in campo con l’atteggiamento di chi il proprio destino già lo sa, e non vuole nemmeno provare a cambiarlo. La squadra di Gasperini non lascia spazio per respirare ai ragazzi di Nesta e sin dal primo minuto porta in campo un gioco veloce e apparentemente inarrestabile. Al 12’ arrivo il gol del vantaggio con il cross di Retegui ricevuto, al limite dell’area, da De Ketelaere, che passa in mezzo alla difesa Brianzola e a tu per tu con Turati non sbaglia, portando avanti i suoi. Cinque minuti dopo Lookman si ritrova a concludere con il destro in seguito ad un bel tacco di Retegui, con il pallone che sfiora il palo e finisce sui cartelloni pubblicitari, con il raddoppio bergamasco che arriva davvero al 22’, ancora una volta grazie a De Ketelaere che insacca la sfera con la punta del piede, anticipando tutti all’interno dell’area di rigore. A fine primo tempo il Monza riesce a trovare la rete che potrebbe riaprire la partita: Castrovilli in tuffo anticipa tutti e sigla il gol del 2-1, annullato però per la posizione irregolare del giocatore del Monza. Ad inizio secondo tempo l’Atalanta chiude definitivamente i giochi con Lookman, che, incontenibile, sfugge alla difesa dei padroni di casa ritrovandosi a tu per tu con Turati, impotente sul tiro preciso e sul primo palo dell’attaccante nigeriano. Nonostante il Monza provi timidamente a farsi vedere, Carnesecchi erige un muro e, dopo l’ottima parata a fine primo tempo su un tiro di Akpa-Akpro, compie un altro miracolo sul colpo di testa di Keita Balde, che si vede negata la gioia del gol con un intervento prodigioso. A tre minuti dal termine, e dopo un’azione abbastanza confusa, arriva anche il quarto e ultimo gol dell’Atalanta, con il neo-entrato Brescianini che da due passi non sbaglia e si concede la gioia del gol. Con questi tre punti, l’Atalanta è sempre più vicina ad un posto in Champions, mentre il Monza sta per porre fine all’agonia di un campionato tutt’altro che da protagonista.
Roma – Fiorentina (A cura di Marco Rizzuto)
All’Olimpico la Roma vola con una vittoria di squadra, la testata di Dovbyk e le parate di Svilar piegano la Fiorentina
Tra determinazione e commozione, Roma-Fiorentina non è una partita come le altre, ma una vera resa dei conti per la corsa Champions, addolcita dal ritorno a casa di Edoardo Bove, applaudito a cuore aperto da tutto lo stadio. Scendendo in campo, Ranieri ripropone il tandem offensivo Shomurodov-Dovbyk, scelta rivelatasi azzeccata nell’importantissima vittoria giallorossa contro l’Inter. Tra le fila viola, diversi i cambi rispetto alla giornata precedente (anche in vista dell’imminente semifinale di ritorno contro il Real Betis): mister Palladino sostituisce lo squalificato Ranieri con Comuzzo, sposta Mandragora nella mediana del centrocampo affiancandogli Ndour e Richardsson, adatta Parisi sulla fascia destra e si affida alla coppia Zaniolo-Kean in avanti. Come giusto che sia, la partita zampilla di tattica: entrambi gli allenatori si sono studiati a fondo, data l’importanza dell’incontro, cercando di limitare quanto più possibile i terminali offensivi. A rompere il ghiaccio ci prova Kean al 26′: l’ex Juve aggira Celik e si invola verso la porta, calciando in area ma trovando la pronta opposizione di Svilar, reattivo in uscita; il duello si ripete poco dopo, ma con lo stesso esito. Superata la mezz’ora, la Roma risponde con Celik: il turco raccoglie in corsa il filtrante di Soulé e impegna De Gea con un tiro potente ma centrale. Il finale di primo tempo regala brividi da entrambe le parti: Kean prosegue il suo duello personale con Svilar calciando dal limite, ancora senza fortuna, mentre poco dopo Shomurodov approfitta di un disimpegno non perfetto di Gosens e calcia di controbalzo, costringendo De Gea a rifugiarsi in angolo con una parata acrobatica. Il corner concesso allo scadere porta al vantaggio della Roma: Pellegrini dalla bandierina crossa in mezzo, ma la palla sfila fino ad Angelino al limite dell’area, che rispedisce in mezzo di prima trovando la torre perfetta di Shomurodov; l’uzbeko serve di testa l’assist per l’*incornata vincente di Dovbyk, che spezza l’imbattibilità di De Gea. L’Olimpico esplode, raggiungendo decibel assordanti, e tra queste urla si chiude un primo tempo denso di tattica e spettacolo. Alla ripresa, entrambi gli allenatori mischiano le carte: nei giallorossi Pisilli subentra a Pellegrini, per i viola Fagioli prende il posto di Gosens. Poco dopo il fischio della ripresa, la Roma sfiora il raddoppio con una conclusione dalla distanza di Manu Koné, ma l’estremo difensore viola si distende e blocca in tuffo. La squadra di Ranieri comincia a dare priorità alla difesa del risultato piuttosto che alla ricerca del raddoppio, cercando di addormentare la partita, senza però riuscirci. Superata l’ora di gioco, la Fiorentina si riversa in attacco, aggredendo l’area di rigore avversaria a pieno organico: Pongracic perfora la difesa avversaria palla al piede, lascia scorrere la sfera per Kean che la mette in mezzo cercando un compagno, ma N’Dicka allontana servendo involontariamente un assist per Mandragora, che calcia di collo pieno costringendo Svilar a un’altra parata di altissimo coefficiente di difficoltà. Dopo diversi cambi da una parte e dall’altra, la Fiorentina spinge per un disperato pareggio, ma si deve arrendere all’ennesimo intervento di un super Svilar, che non ne vuole sapere di subire gol: all’82′ Gudmundsson verticalizza per Mandragora, che intelligentemente prolunga per l’imbucata di Kean alle spalle della difesa; Kean calcia angolato, ma Svilar sventa con la mano, anticipando il rivale anche sulla ribattuta. La gara termina con il trionfo di ‘corto muso’ della Roma, che aggancia Lazio e Juve nella corsa Champions, mandando in estasi i tifosi giallorossi, che mai si sarebbero aspettati di vedere la propria squadra in questa zona della classifica dopo un inizio di stagione disastroso. Gli uomini di Palladino escono sconfitti per colpa di un Svilar monumentale, ma consapevoli di aver disputato un’ottima gara: abbandonano di fatto la corsa Champions, ma proseguono quella per l’Europa. In questo girone di ritorno nessuna squadra ha fatto meglio della Roma, e il merito va tutto a Claudio Ranieri, che ha ridato identità e fame a un gruppo che sembrava smarrito. La domanda, allora, sorge spontanea: e se fosse arrivato prima? Forse oggi non parleremmo solo di Champions, ma addirittura di corsa al titolo. Con quattro solamente tre gare al termine del campionato, questo si appresta a diventare uno dei più grandi WHAT IF di questa stagione.
Bologna-Juventus (A cura di Dennis Rusignuolo)
Scintille e ritmi alti, ma il pari non favorisce nessuno. Bologna e Juve non vanno oltre l’1-1
Un gol e un punto a testa al Dall’Ara: nessuna delle due scappa, sorridono tutte le altre. Bologna e Juventus non si fanno del male, e chiudono sul risultato di 1-1: i bianconeri passano in vantaggio nel primo tempo grazie alla rete di Khephren Thuram, i rossoblù trovano il pori con Remo Freuler nella ripresa
Genoa – Milan (A cura di Marco Rizzuto)
D’orgoglio la spunta il Milan: due minuti di fuoco bastano per ribaltare il Genoa
Per chiudere al meglio la stagione e rialzare la testa dopo le sconfitte con Lazio e Como, Viera schiera un 4-2-3-1 con Messias che torna titolare sulla trequarti. Zona Milan, Conceicao ripropone nuovamente la difesa a tre, con Theo Hernandez e Jimenez sulle fasce. A sorpresa Leao parte dalla panchina, con Pulisic che duetterà in avanti con Loftus-Cheek a supporto di Jovic, unica punta. Il primo squillo della gara è a tinte rossoblù con la bellissima giocata individuale di Norton-Cuffy: il giovane laterale inglese spezza il raddoppio di Theo e Reijnders concludendo violentemente verso la porta, Maignan è attento e devia con la mano. I primi minuti vedono una sola squadra in campo, e il Genoa cerca di approfittarne al 20′, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, con Pulisic che rischia l’autorete nel tentativo di allontanare la sfera; anche in questo caso, l’estremo difensore della nazionale francese si supera con un intervento prodigioso. Arrivati alla mezz’ora, Conceicao è costretto al primo cambio della serata: Fofana abbandona il campo per un problema fisico e il tecnico inserisce Leao, stravolgendo di fatto la formazione iniziale. Con la presenza del numero dieci portoghese iniziano a intravedersi le prime iniziative rossonere, seppur solo nel finale del primo tempo. Theo Hernandez spezza la linea del centrocampo genoano irrompendo palla al piede, e dal limite dell’area libera il suo sinistro, ma la conclusione è potente quanto prevedibile. Il Milan carbura piano piano, e il Genoa soffre il cambio di ritmo. A cinque dalla fine si assiste alla prima vera occasione della partita: Leao lavora benissimo il pallone al limite dell’area, innescando Pulisic con un filtrante che lo mette a tu per tu con Leali, ma l’estremo difensore del Genoa salva tutto guadagnandosi gli applausi del Ferraris. Nella ripresa, Viera effettua solo un cambio (Zanoli per Sabiri), mentre resta intatta la formazione rossonera. Nonostante il cambio di ritmo, il Grifone non rinuncia ad attaccare, sfiorando il gol con Frendrup dopo un bel fraseggio palla a terra all’interno dell’area. All’ora di gioco entra anche Vitinha, che in meno di un minuto buca Maignan e diventa protagonista per i tifosi liguri: altra costruzione palla a terra, Martin riceve e col mancino scodella perfettamente per l’attaccante appena entrato, che di prima intenzione insacca il suo primo gol stagionale. Con una rete da recuperare e appena venti minuti a disposizione, Conceicao corre ai ripari inserendo Gimenez e Joao Felix per Jimenez e Jovic, schierando un undici a trazione anteriore. I risultati non tardano ad arrivare: dopo neanche sei minuti Leao firma il pareggio sfruttando l’assist del numero sette appena entrato. Come da copione, il Milan cambia marcia nella seconda metà del secondo tempo, passando immediatamente in vantaggio un minuto dopo il pari: situazione simile al primo gol, ma stavolta è Leao che sfonda sulla corsia laterale e mette in mezzo un pallone pericoloso che Frendrup devia sfortunatamente nella propria porta. Sul Genoa si abbattono due minuti di pura sfortuna, ma gran parte del merito va al repentino cambio di ritmo dei rossoneri, specialisti in rimonte. Al tramonto del match, il Genoa tenta un assalto finale: Vitinha prende campo sull’out di destra ma viene steso da Leao, che viene ammonito e salterà per somma di cartellini il match contro il Bologna. Al Ferraris, il Milan trova tre punti che danno speranza, contro un Genoa che attende soltanto la fine del campionato dopo aver conquistato la matematica salvezza.
LA TOP11 DELLA 33ª GIORNATA
Calcio
Un successo che rimarrà nella storia. Il Bologna vince la Coppa Italia

Dopo 51 anni di attesa, al Bologna bastano novanta minuti e un super gol di Ndoye per battere il Milan. All’Olimpico i rossoblù festeggiano e scrivono una pagina indelebile della propria storia, sollevando al cielo il trofeo della coppa Italia per la terza volta.
In un match senza appello, in una gara che mette in palio un trofeo e che può determinare tanto anche in ottica futura, Conceição schiera dal primo minuto i titolari, confermando la difesa a tre e Jovic al centro del reparto offensivo. In vista di una sfida che può valere la storia, Italiano si risponde affidandosi ai suoi uomini più in forma, lanciando dal primo minuto Castro e Fabbian.
Tra l’entusiasmo dei 68 mila spettatori e il fascino travolgente delle due tifoserie, la sfida tra Milan e Bologna parte subito forte, con tanta aggressività e con ritmi alti sin dalle prime battute. Dopo un iniziale equilibrio, è il Bologna che prende in mano il pallino del gioco, riuscendo a creare buone occasioni tramite i movimenti di Castro, che crea i giusti spazi per far correre i due esterni. Proprio grazie ad un movimento arretrato di Castro, il Bologna crea lo spazio per lanciare in corsa Orsolini, fermato prima dall’uscita dubbia di Maignan, e dopo dalla segnalazione per fuorigioco del guardalinee. Dopo lo scampato spavento, anche il Milan entra in partita e inizia a creare qualcosa di concreto nella metà campo avversaria, riuscendo anche a rendersi pericoloso al decimo minuto, quando sul cross di Jimenez, Skorupski salva doppiamente i rossoblù dopo l’involontaria deviazione di Beukema e il tentativo di tap-in di Jovic. Esattamente come Castro nella prima azione della gara, alla mezz’ora Jovic riceve palla, arretra e lancia in profondità Rafael Leão, pescato però in fuorigioco dall’attaccante serbo e frettoloso nel concludere. Tra errori di impostazione e i duri interventi che costano il cartellino giallo a Tomori e Ferguson, il finale di primo tempo si accende e il nervosismo rischia di regnare dentro e fuori al rettangolo di gioco. Nel miglior momento del Milan, a cavallo tra la fine del primo e l’inizio del secondo tempo, il Bologna trova impreparata la difesa del Milan e si porta in vantaggio al 53′ con la rete di Dan Ndoye, fortunato nel riceve palla dalla scivolata di Theo Hernandez su Orsolini, e bravo successivamente nell’aspettare l’attimo giusto per spedire verso la porta un tiro forte e angolato che vale l’1-0. Subito dopo il gol subito, il Milan prova subito a riversarsi in avanti, sfiorando due volte la rete dell’immediato pareggio con la rovesciata di Leão, e con il tiro debole e impreciso di Jovic. Conceição non si scomponi e, al minuto sessantadue, effettua un triplo cambio, dando al Milan maggiore esperienza e spinta offensiva con gli innesti di Walker, João Félix e Giménez. Le contromosse scelte da Italiano sorprendono e arrivano qualche minuto più avanti, buttando nella mischia due giocatori fisici come Casale e l’ex Pobega, al posto di Fabbian e Orsolini. Con la prima batteria di cambi effettuati, l’epilogo della gara sembra chiaro, con i rossoneri costantemente rivoltati nella metà campo avversario, e con un Bologna paziente nel difendere ma bravo nel non tirarsi indietro e ripartire nelle situazioni in cui il Milan perde il possesso della sfera. Poco prima della sostituzione, l’autore del gol del Bologna sfiora la rete del raddoppio con un conclusione di sinistro che termina di poco a lato la porta difesa da Maignan. Per gli ultimi dieci minuti di gara, il tecnico dei felsinei esegue gli ultimi due cambi inserendo Dallinga e Odgaard, mosse studiati per dare maggiore fisicità nel reparto offensivo e per mantenere il gol di vantaggio. Nonostante l’inserimento di João Félix e Giménez, il ‘diavolo’ non riesce a imporsi contro una difesa avversaria attenta e precisa nei minimi dettagli, fattore che costringe Conceição a dare il tutto per tutto inserendo altri due attaccanti, Tammy Abraham e Chukwueze. Durante i tanto discussi sei minuti di recupero, il Milan prova in tutti i modi ad affidarsi alle giocate di Reijnders e Leão, ma il nervosismo e tanta imprecisione, finiscono per scavare la fossa ai rossoneri, che si arrendono dopo novantasei minuti di recupero ad un Bologna perfetto dal primo all’ultimo minuto di gioco.
“La sera dei miracoli”
“È la sera dei miracoli, fai attenzione
Qualcuno nei vicoli di Roma Con la bocca fa a pezzi una canzone”La “sera dei miracoli” cantata da Lucio Dalla nel 1980, si rispecchia perfettamente nella serata vissuta dal Bologna. Dopo avere eliminato il Monza agli ottavi, l’Atalanta ai quarti di finale e l’Empoli in semifinale, gli uomini di Italiano trionfano anche nel match finale dell’Olimpico, imponendosi sul Milan per 1-0, laureandosi campioni di coppa Italia per la terza volta, dopo i gloriosi successi del 1970 e del 1974. Dopo aver sofferto e perso tre finali nel giro di tre stagioni, arriva un meritatissimo trionfo per l’ex tecnico di Trapani, Fiorentina e Spezia. Dopo uno straordinario percorso nella passata stagione, il Bologna si ripete e si migliora nella seguente stagione, riuscendo addirittura a sollevare un trofeo importantissimo e a qualificarsi per la prossima final four di Supercoppa Italiana, programmata per il prossimo gennaio. Con questo storico successo che mancava da 51 anni, il Bologna ottiene l’accesso diretto per la prossima fase a gironi dell’Europa League, in attesa di eventuali migliori piazzamenti nelle ultime due gare di campionato, dove il Bologna affronterà Fiorentina e Genoa.
E adesso, rivoluzione
Nonostante gli ultimi importantissimi successi, il Milan esce sconfitto sotto tutti i fronti in una finale che doveva essere approcciata diversamente. Nonostante il successo per tre a uno dell’ultima sfida di campionato in cui rossoneri sono riusciti a trionfare proprio contro il Bologna, il Milan non è riuscito a rispondere al gol subito o quantomeno a prolungare la gara verso i supplementari. Una rosa ricca di campioni, una storia centenaria e ricca di vittorie, sono ormai distanti anni luce dal Milan di oggi. Qualunque scelta prenderà la società per quanto riguarda allenatore giocatori, il Milan quest’estate subirà inevitabilmente una rivoluzione.
Calcio
Il Supercommento della 36ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top 11 alla fine, della trentaseiesima giornata di Serie A
Milan-Bologna (A cura di Marco Rizzuto)
Rossoneri nuovamente in carreggiata per la Champions: Gimenez e Pulisic ribaltano il Bologna dopo l’ennesima situazione di svantaggio
Nella speranza di rientrare nella corsa Champions e nel frattempo studiare da vicino il Bologna prima della finale di Coppa Italia, Conceicao ripropone l’ormai solito 3-4-2-1 con Joao Felix che prende il posto di Loftus-Cheek sulla trequarti. L’inglese si sposta sulla mediana al fianco di Reijnders al posto di Fofana, assente per l’infortunio rimediato contro il Genoa. Italiano invece cambia modulo. Il Bologna si schiera con un 4-3-3, Moro e Pobega accompagnano Freuler sulla mediana mentre Dominguez prende il posto da titolare sulla fascia sinistra completando il tridente al fianco di Dallinga e Orsolini. Dopo neppure sette minuti però, Tomori è costretto ad abbandonare il campo dopo un brutto impatto con la testa contro Dominguez, costringendo Conceição ad effettuare la prima mossa dalla panchina, al suo posto Thiaw. Con una bella manovra i rossoneri spezzano in due il centrocampo bolognese, Pulisic si imbuca alle spalle della difesa ma al momento del tiro viene chiuso da Lykogiannis. Si assiste ad un primo tempo equilibrato in cui il Milan ha sfiorato diverse volte il vantaggio nella prima parte del primo tempo, mentre il Bologna prende coraggio progressivamente. Alla mezz’ora anche Italiano deve fare i conti con un infortunio in difesa, in particolare è Erlic che abbandona il campo facendo spazio a Lucumi. Alla ripresa nessun cambio, ma il Bologna trova la rete del vantaggio dopo appena tre minuti con il solito Orsolini che arriva a quota 13 gol stagionali, il suo miglio bottino: sponda di Dallinga per il numero 7 che prende il tempo a Pavlovic calciando col mancino sul secondo palo dove non arriva Maignan. Ma il Milan non è sconfitto, non lo è mai date le innumerevoli volte in cui i rossoneri hanno ribaltato situazioni di svantaggio in questo campionato. Dopo 5 minuti dal suo ingresso in campo, Santiago Gimenez crea la sua prima occasione da gol al 70′, ma il gol del pari arriva poco dopo: Pulisic in caduta riesce a servire il numero 7 che di piatto insacca sotto le gambe di Skorupski. Il pareggio galvanizza il Milan, e come contro il Genoa, ribalta tutto in poco più di qualche minuto: Joao Felix viene pescato dentro l’area e prova a concludere colpendo direttamente Beukema, il rimpallo favorisce la corsa di Capitan America che buca Skorupski calciando sul secondo palo. Solo sul finale il Bologna sfiora il pareggio, Cambiaghi lascia partire una rasoiata sul primo palo ma Maignan di puro instinto chiude in calcio d’angolo. Sul finale i rossoneri chiudono la gara con la doppietta di Gimenez: contropiede bellissimo guidato da Chukwueze, che rientra sul sinistro e serve sulla sinistra il numero 7. Gimenez dentro l’area è spietato: salta secco De Silvestri e buca Skorupski sul secondo palo, chiudendo i giochi. I rossoneri tornano miracolosamente in corsa per l’Europa che conta, facendo sprofondare il Bologna al settimo posto. Il primo incontro tra Milan e Bologna sorride ai rossoneri, ma la vera sfida si terrà mercoledì, con il Bologna che vorrà prendersi la rivincita puntando al trofeo.
Como-Cagliari
La sesta sinfonia lariana rimanda la salvezza dei sardi. Il Como vince in rimonta e adesso è decimo
Fabregas, che non subisce gol da quattro partite, sceglie di cambiare portiere: non gioca Butez, ma come nel match d’andata il portiere titolare è Pepe Reina. Confermatissimo il blocco delle ultime gare, con le sole sostituzioni rappresentate da Douvikas (al posto di Cutrone), Valle (al posto di Alberto Moreno) e Strefezza (al posto di Ikoné). Il Cagliari presenta un 4-4-2 con Viola che affianca Piccoli. Nelle fasce Nicola sceglie Luvumbo a sinistra, mentre a destra il solito -irremovibile- Zortea. Emergenza in difesa, perché il tecnico dei sardi non rischia Luperto, diffidato e non al meglio, al suo posto Obert, in coppia con Palomino. Con le due situazioni di classifica ben diverse, la gara mostra fin da subito un Como in gestione della gara, e un Cagliari pronto ad approfittare di ogni minimo errore per colpire a sorpresa. I primi minuti di gara tutti a tinte azzurre, subito con Perrone a scaldare i guantoni di Caprile e lanciare un messaggio al Cagliari. La squadra di Nicola non perde compattezza e solidità, cerca di sfruttare i centimetri di Piccoli, ma il numero 91 è costantemente bloccato da Kempf e Goldaniga. Al 22′ il Cagliari trova il vantaggio: azione sulla destra, Adopo dialoga con Zortea e arriva sul fondo, il francese calcia rasoterra verso la porta, la conclusione sembra innocua, ma Reina sbaglia la presa e regala il vantaggio ai sardi. La reazione del Como è immediata, sempre con qualità e pulizia tecnica. Al minuto 41 i lariani rimettono in equilibrio la gara: Douvikas trova Caqueret alle spalle della difesa, l’inserimento del centrocampista francese è perfetto, così come il pallonetto che batte Caprile in uscita. L’arbitro inizialmente annulla, ma il VAR assegna il gol al Como. L’inerzia della gara è completamente ribaltata, il Como grazie alla sua qualità la fa da padrona, e trova il sorpasso ancora prima dell’intervallo: Strefezza riceve palla sulla sinistra, si accentra leggermente e scaglia un mancino a giro che dà un bacio al palo e si insacca alle spalle di Caprile. Rete meravigliosa del centrocampista brasiliano, senza dubbio l’uomo in più nelle ultime partite della squadra di Fabregas. Al rientro dagli spogliatoi il Cagliari ritrova l’equilibrio, perso nell’ultimo quarto del primo tempo dove era stato sovrastato dal Como. La squadra di casa comincia a gestire il risultato, e abbassa il ritmo della pressione e dell’attacco. Ne scaturisce una serie, a tutto campo, di duelli fisici, lanci lunghi e folate del Cagliari, nel tentativo di ritrovare il pareggio. L’occasione più clamorosa per i sardi è quella capitata a Piccoli al minuto 57: Luvumbo riceve sulla sinistra, si libera rapidamente dell’avversario e crossa all’improvviso verso il centro, Piccoli arriva in anticipo ma chiude troppo la sua conclusione verso il secondo palo e spreca un’occasione d’oro per riacciuffare il pari. Da quel momento comincia la girandola di cambi, e il ritmo partita si smorza ulteriormente: Felici per Zappa e Deiola per Viola nel Cagliari; Cutrone, Van der Brempt ed Engelhardt per Douvikas, Vojvoda e Caqueret nel Como. La rotazione voluta da Fabregas ottiene i suoi frutti, perché i nuovi entrati riportano pulizia ed energia nel possesso lariano, e al 77′ il Como mette il lucchetto alla gara: Nico Paz inventa con l’esterno verso Cutrone, sgusciato alle spalle dei difensori, il capitano arriva davanti Caprile e lo batte sul primo palo con il mancino. Il Cagliari allora attacca a testa bassa, cercando di smezzare il vantaggio. Ci va vicino Marin, ma il suo sembra più un assist che un tiro, e la palla termina fuori. Al termine dei sei di recupero, il Sinigaglia si lascia andare all’ennesimo tripudio per un Como che cala la sesta vittoria consecutiva. 48 punti in classifica valgono agli uomini di Fabregas il decimo posto in classifica. Il rendimento dei lariani nel girone del ritorno è stato impressionante, con numeri da Europa, e con la salvezza acquisita è aumentata la qualità e la spensieratezza nelle giocate. Adesso, a due giornate dal termine, Fabregas cerca di allungare la sua serie -già alquanto storica. Il Cagliari rimanda ancora una volta la salvezza matematica, e la prossima gara contro il Venezia diventa decisiva per la salvezza dei sardi, chiamati a blindare l’obbiettivo il prima possibile.
Lazio-Juventus
La riprende ancora Vecino! La Lazio ferma la Juve al 96′
Il crocevia per la Champions di Lazio e Juve passa dallo scontro dell’Olimpico, e Baroni sceglie i migliori uomini a disposizione, con Dele-Bashiru che vince il ballottaggio con Dia. Anche la formazione della Juve è la migliore, anche se Tudor si presenta all’Olimpico con tante defezioni: confermato Savona in difesa, scelto Alberto Costa esterno a destra, mentre Nico Gonzalez e McKennie fanno da spalle a Kolo Muani, Vlahovic è recuperato ma solo per la panchina. Partita dal peso enorme, e le due squadre lo dimostrano fin da subito. Il ritmo è basso, l’equilibrio prevale per merito dei bianconeri, mentre la Lazio cerca di sfondare per vie centrali grazie ai movimenti imprevedibili di Dele-Bashiru. La prima occasione della gara è proprio del nigeriano, bravo a defilarsi sulla destra e calciare forte sul primo palo, Di Gregorio chiude bene lo specchio e manda in angolo. Il primo tiro della Juve verso la porta di Mandas arriva dopo quasi dieci minuti di gioco, ed è un calcio di punizione dalla trequarti che Locatelli però indirizza troppo verso il portiere. È la Lazio che nelle prime fasi di gioco si rende più pericolosa, e la velocità di Isaksen coglie impreparato Savona, che mostra qualche difficoltà in più nel ruolo, dopo che a Bologna era stato pressoché perfetto nell’interpretazione e nell’attenzione. Per rivedere la Juve dalle parti di Mandas bisogna arrivate al quarto d’ora, quando Alberto Costa non riesce a superare il muro biancoceleste eretto dai difensori, dopo che Mandas aveva lasciato la porta sguarnita in seguito a un contrasto con Nico Gonzalez. I bianconeri fanno fatica a rendersi pericolosi in avanti, Kolo Muani è spesso isolato contro i difensori di Baroni, McKennie è troppo impegnato nel raddoppiare Isaksen, mentre Nico Gonzalez non è in giornata e lo si evince dai tanti errori tecnici. Nella fase centrale non succede quasi nulla, da sottolineare solo una serie di cartellini gialli, pesantissimi, per Thuram e Savona: entrambi erano diffidati e salteranno l’ultima gara stagionale allo Stadium, contro l’Udinese. Nel secondo tempo Tudor non perde tempo a muovere la panchina: fuori Nico Gonzalez e dentro Conceicao. Un cambio che mira a rinforzare l’attacco e aumentare la qualità nella trequarti. Gli effetti arrivano, ma sulla corsia opposta: McKennie attacca maggiormente l’area laziale, arriva al cross dal vertice sinistro e trova in mezzo Kolo Muani, il cross dell’americano è perfetto, la conclusione del francese un po’ meno, ma basta per battere Mandas, che cerca di intervenire come può ma si butta la palla in rete. La Lazio sembra frastornata dal vantaggio della Juve, e non trova spazio per attaccare la difesa, sempre più bassa, della Juve. Baroni inserisce subito Pedro e Dia, al posto di Dele-Bashiru e Isaksen. A sparigliare le carte, e il copione della gara, ci pensa però un altro francese: al 58′ Castellanos rimane a terra dopo un diverbio con Kalulu. Il VAR richiama Massa all’on-field review e dalle immagini il colpo del francese sul collo dell’argentino è netto. Cartellino rosso e pronta la squalifica di due giornate per Kalulu, di fatto il suo campionato termina qui. L’ingenuità del francese costringe la Juve a una ripresa in completa trincea, mentre la Lazio cerca di attaccare e sfruttare il vuoto lasciato dal difensore bianconero. Nella Lazio Zaccagni non riesce a sfondare lateralmente, mentre tra le linee Guendouzi e Pedro trovano tanto spazio per calciare verso la porta. Tudor inserisce Adzic e Douglas Luiz al posto di Kolo Muani e Alberto Costa, uscito per delle noie fisiche. Il forcing biancoceleste è totale, la Juve soffre e all’86 Savona pasticcia con il pallone, colpisce Pedro e regala la palla a Castellanos in area, Di Gregorio esce e lo stende. Massa assegna il rigore ma la posizione del Taty è irregolare e il rigore viene cancellato. Tudor capisce il bisogno della difesa di maggiori centimetri e i cambi sono terribilmente cinici: fuori Conceicao e Adzic (la cui partita è durata dieci minuti), dentro Vlahovic e Gatti, al rientro dopo il lungo infortunio. Nel recupero si gioca in una sola metà campo, l’esercizio è attacco contro difesa, e la Lazio per poco non sfonda: minuto 92, Lazzari trova un corridoio a destra per Dia, il senegalese riceve in area e calcia forte sul primo palo, Di Gregorio si supera con il pugno sinistro, deviando la palla sul legno, ma la pressione del Lazio comincia a diventare sempre più pericolosa. La corsia è sempre quella destra, e a sessanta secondi dal termine i biancocelesti pareggiano: cross di Lazzari sul secondo palo, Castellanos impegna Di Gregorio in un altro miracolo, ma sulla respinta Vecino arriva per primo e insacca a porta vuota. Un primo tempo di poco e nulla, una ripresa in cui succede di tutto. È la fotografia di Lazio-Juventus, che non lascia felice nessuno nella corsa verso la Champions. 64 punti per entrambe, e adesso la corsa all’Europa che conta passa dagli ultimi due match. La Lazio ha un calendario più pesante (Inter a San Siro e Lecce in casa), ma si gioca punto su punto, e la squadra. di Baroni può dire la sua fino all’ultimo. Dall’altra parte la Juve ha due gare all’apparenza più semplici, con Udinese e Venezia, ma le squalifiche e i tanti infortuni possono presentare qualche insidia nascosta. La gestione della partita dell’Olimpico era stata quasi perfetta, fin quando Kalulu non è caduto nella trappola di Castellanos e ha condizionato la gara. Adesso Tudor è costretto a inventarsi qualcosa per la gara contro i friulani, e con Inter-Lazio e Roma-Milan in programma, la partita può essere il match-point per la Champions.
Empoli-Parma
Fazzini e l’eurogol di Anjorin. L’Empoli torna a vincere e adesso ci crede davvero
La conformazione del Parma di Chivu è ormai la solita: 3-5-2 con Bonny e Pellegrino in avanti. D’Aversa sceglie Fazzini e Cacace sulla trequarti, mentre il centravanti non è Colombo ma Seba Esposito. Dopo una fase di studio il pallino del gioco è in mano all’Empoli. Il Parma attende compatto nella sua metà campo, mentre i toscani cercano di dettare i ritmi e attaccare fin da subito. Dopo dieci minuti i padroni di casa sbloccano la gara: schema dalla bandierina, Henderson calcia basso verso il limite, Fazzini arriva in corsa e sfonda la porta di Suzuki con un missile sotto la traversa. Continua il momento d’oro del numero 10 azzurro, al terzo gol nelle ultime quattro gare. Per Chivu piove sul bagnato, perché Valenti commette due ingenuità e si fa espellere: prima si fa ammonire per una reazione su Henderson (abbastanza lieve) e poi si prende il secondo giallo trattenendo Esposito, che non sarebbe arrivato a prescindere sul pallone. Un’ingenuità che costringe il tecnico crociato a ridisegnare la sua squadra, anche se le maggiori difficoltà arrivano dalla metà campo in su. La mediana va in affanno, con Keita che rompe il gioco ma non imposta, Sohm non riesce a inserirsi agonisticamente nel match e Ondrjeka a girare a vuoto (assente ingiustificato sul gol di Fazzini). Pellegrino continua la sua lotta contro Ismaijli, tornato a governare la difesa e i risultati si vedono eccome. L’argentino ha solo un’occasione di testa, ma non riesce a convertire in rete, e per il resto del primo tempo non riesce a trovare spazio. Nella ripresa, come prevedibile, l’Empoli prova a fare la partita, forte dell’uomo in più. Il Parma di Chivu però non demorde e comincia a trovare sempre più spazio. La crescita dei crociati si evidenzia dalle mosse del tecnico romeno, che inserisce Milan Djuric al posto di Pellegrino, oltre a Hernani e Camara, al posto di Sohm e Ondrejka, non pervenuti. La mossa si rivela, ancora una volta, quella giusta, perché il Parma riacciuffa il pareggio grazie ai subentrati: punizione da centrocampo di Hernani verso il secondo palo, stacco imperioso di Djuric verso la porta, Bonny disturba Vasquez che non interviene e il Parma trova il gol dell’1-1, gelato il Castellani. Prima gioia in maglia crociata per Djuric, che sceglie la notte perfetta per aprire il suo score. L’Empoli, spinto dai suoi tifosi, cerca una reazione e la ottiene anche lei dalla panchina. Stavolta a uscire è Tino Anjorin, uno che nel girone di ritorno si è eclissato, causa problemi fisici. E pure lui sceglie la notte perfetta, anche meglio di Djuric, per fare gol: minuto 85, sponda di Konaté (anche lui subentrato, ad Esposito) Anjorin prende la mira e scaglia una fucilata sotto l’incrocio, una perla che ha un peso enorme per la corsa salvezza, perché il risultato resiste fino al triplice fischio. Serviva una vittoria per non smettere di lottare, e i tre punti sono arrivati. La lotta salvezza si conferma intensissima, e con questo successo anche l’Empoli manda un segnale alle pretendenti. Il gol di un Fazzini rigenerato nelle ultime gare, e di un ritrovato Anjorin, possono dare quella marcia in più in vista degli ultimi due scontri diretti, contro Monza e Verona. Il Parma mantiene quattro punti sulla zona retrocessione, e adesso cerca il sigillo finale alla salvezza.
Udinese-Monza (A cura di Marco Rizzuto)
A Udine prevale l’orgoglio brianzolo: all’ultimo respiro Keita Baldé regala la vittoria al Monza
Il Bluenergy Stadium ospita una gara tra due squadre che conoscono già il loro destino, ma le occasioni fioccano ugualmente. La prima palla gol è dei bianconeri, che sfiorano il vantaggio con l’acrobazia al volo di Kamara ma la sfera termina fuori dallo specchio. Nei primi trenta minuti si assiste ad un dominio bianconero, Solet prima dribbla Castrovilli, poi duetta con Modesto e calcia in porta costringendo Pizzignacco ad un grande intervento. La prima metà di gara giocata a ritmi non troppo bassi termina in parità. L’Udinese ha trovato diverse volte la porta senza mai battere l’estremo difensore. Alla ripresa il tecnico Runjaic effettua due cambi per provare a sbloccare il risultato: dentro Lucca e Lovric per Zarraga e Bijol. Il Monza però passa inaspettatamente in vantaggio al 52′ con il gol altrettanto surreale firmato da Caprari: Birindelli galoppa sulla corsia di destra, si accentra e calcia colpendo in pieno il secondo palo, la sfera carambola sulla spalla di Caprari che si era involato in scivolata ed entra in porta. La gara prosegue con l’Udinese che cerca e trova il pareggio in un modo similmente surreale: Akpa Akpro inciampa sul pallone regalando ai bianconeri il possesso, Karlstrom senza perdere tempo sventaglia in avanti alla ricerca di Lucca, che controlla bene e poi calcia forte sul secondo palo battendo Pizzignacco ad un quarto d’ora dalla fine. Il secondo tempo segue lo stesso copione del primo, l’Udinese spinge per il gol ma alla fine è il Monza che a sorpresa sul finale segna il gol vittoria: Sensi apre sulla sinistra per Zeroli che crossa in mezzo trovando Keita Baldé tutto solo, il senegalese spacca la porta da pochi metri regalando la vittoria al Monza, una vittoria che non si vedeva da quasi quattro mesi.
Hellas Verona-Lecce (A cura di Marco Rizzuto)
Krstovic illude, Coppola punisce: la salvezza del Lecce è appesa a un filo
Dopo il successo dell’Empoli, il Lecce è chiamato a vincere per uscire fuori dalla zona retrocessione. Tra le fila del Verona, Zanetti ritrova Coppola e Valentini dopo il turno di squalifica, torna titolare anche Tengstedt che si posiziona al fianco di Sarr per guidare l’attacco scaligero. I salentini rispondono col solito 4-2-3-1, Krstovic riesce a recuperare partendo titolare. Alle sue spalle N’Dri, Helgason e Tete Morente. La squadra di Giampaolo non vince addirittura dal 31 gennaio e la vittoria deve essere l’unico risultato accettabile. Il Lecce prende in mano le redini della gara, passando in vantaggio dopo 22 minuti di dominio: Tete Morente imbucail pallone alle spalle della difesa perfetto per Krstovic, il bomber salentino batte Montipò inaugurando la gara. Dopo lo svantaggio, il Verona cerca di rialzare la testa e riesce a pareggiare a cinque minuti dalla fine del primo tempo: Suslov scodella in mezzo il pallone trasformato in gol dalla testata di Coppola, che si insacca perfettamente sul secondo palo dove Falcone non può arrivare. Sul finale Krstovic prova a prendersi la squadra sulle spalle cercando l’eurogol dalla distanza, ma la sfera esce a fil di palo. Alla ripresa entrambi gli allenatori mettono mano alla panchina: dentro Serdar per Suslov nel Verona, mentre Veiga subentra per Guilbert nei salentini. Il secondo tempo mostra un Verona molto più propositivo, la squadra di Zanetti tenta di sfruttare i cross, punto debole del Lecce come visto nella prima frazione. All’ora di gioco il Lecce va vicinissima al vantaggio, ma Banda non riesce ad indirizzare a porta vuota sullo splendido assist di Veiga. Da questo momento in poi i ritmi calano vertiginosamente, il fischio finale conferma l’1-1 del primo tempo lasciando in bilico il destino di entrambe le squadre. Il Verona momentaneamente ricopre la quindicesima posizione, ma la salvezza non è ancora confermata. Con questo pari la squadra di Giampaolo rischia grosso, a sole due giornate dal termine i salentini sono diciottesimi, a -1 dal Venezia momentaneamente salvo.
Torino-Inter (A cura di Tommaso Patti)
Nerazzurri sulla cresta dell’onda. Il primato adesso dista solo un punto
Nel miglior momento della stagione, subito dopo le due quasi fatali sconfitte in campionato, l’Inter è costretta a fare risultato a Torino per impedire agli azzurri di allungare sul secondo posto. Inzaghi schiera in campo nove cambi rispetto alla sfida contro il Barcellona, lasciando in campo solamente Bisseck e Bastoni. Dopo una decina di minuti giocati interamente nella metà campo dei padroni di casa, la mossa di Simone Inzaghi risulta vincente e porta l’Inter in vantaggio: posizionato da mezza’ala, Zalewski si crea, con un colpo di tacco, lo spazio per aggredire il campo e calciare a giro sul secondo palo, conclusione che trova impreparata la difesa granata e che non lascia scampo Milinkovic Savic. La prima rete in maglia nerazzurra dell’esterno polacco, permette all’Inter non solo di procedere con una marcia in più la gara, ma anche la gioia di aver portato in gol tutti i giocatori di movimento (appartenenti alla prima squadra). La nuova posizione di Zalewski e il tanto sacrificio di Correa, permette all’Inter di trovare spazi liberi e portare palla indisturbatamente nell’area di rigore avversaria, come accaduto al 26’ con l’avanzata di Bisseck conclusa con il filtrante per Darmian, autore di un tiro in diagonale salvato miracolosamente da Masina. Dall’occasione dell’ex difensore del Toro, la gara subisce un calo drastico di azioni, fattore alimentato soprattutto dalle forti precipitazioni avvenuta a Torino, che costringono le squadre a giocare con cautela date le incognite del campo dopo un breve stop per testare il terreno di gioco da parte di La Penna. Nel pieno dei sei minuti di recupero, una prodezza di Josep Martinez salva l’Inter sul colpo di testa di Che Adams, che riceve palla da Biraghi ma non riesce ad angolare il pallone in modo tale da battere l’estremo difensore spagnolo. Dopo un secondo test per capire se la gara potesse riprendere dato il forte temporale verificatosi durante l’intervallo, la sfida prosegue regolarmente. La prima occasione della ripresa arriva dopo poco più di un minuto, quando sullo scatto di Taremi, Milinkovic–Savic interviene in maniera irregolare sull’iraniano, commettendo fallo dentro l’area di rigore. Per ottenere continuità e fiducia, dal dischetto si presenta nuovamente Asllani che spiazza il portiere serbo, e trasforma in gol il secondo rigore di fila dopo quello segnato nell’ultima sfida contro il Verona. Il doppio vantaggio e l’evidente stanchezza dovuta all’estenuante impegno contro il Barcellona, il ritmo dei nerazzurri è più conservativo. Nonostante il fallo che ha regalato il penalty agli ospiti, Milinkovic-Savic salva la propria squadra in diverse circostanze grazie a degli interventi importanti e che tengono a galla la squadra di Vanoli. Durante il secondo dei tre minuti di recupero, la rovesciata di Masina riapre la partita, rete annullata immediatamente dal direttore di gara per un fallo in attacco del centrale marocchino ai danni di Asllani. La rete che avrebbe accorciato le distanze, illude un Torino poco creativo e succube per tutti i novanta minuti dell’Inter. La dodicesima sconfitta in campionato, non danneggia però in nessun modo un Torino già salvo e saldamente a metà classifica. Dopo le turbolenti due settimane in cui l’Inter ha visto quasi scappare via tutti gli obiettivi, la vittoria di misura contro il Verona e la grande prestazione in Champions, regala ai nerazzurri un finale di stagione tutto da vivere, soprattutto dopo il passo falso del Napoli contro il Genoa.
Napoli-Genoa (A cura di Tommaso Patti)
Il Genoa sorprende e pareggia al Maradona. Conte “spreca il bonus”.
La voglia di continuare a sognare degli azzurri e la frase “andiamo a Napoli per vincere” di Vieira, sono la combo perfetta per una sfida elettrizzante. Al Maradona, il Napoli prova subito a rompere la difesa avversaria dopo pochi minuti con la classica conclusione di Politano, terminata di poco a lato la porta difesa da Siegrist. Dieci minuti dopo il gol sfiorato dall’esterno azzurro, il Napoli -come in gran parte della stagione- si affida alla devastante forza di Lukaku, che si carica la squadra sulle spalle, e sblocca il risultato grazie all’assist di McTominay. La dodicesima rete in campionato di Lukaku, spinge ancora di più un Maradona carico e voglioso di trionfare. Successivamente alla conclusione di Raspadori murata da Siegrist, il Napoli trema sulla traversa colpita da Pinamonti, bravo nel vincere il duello contro Politano e a impattare di testa il cross servito da Vitinha. Su un’altra iniziativa nata dai piedi di Messias, il Genoa trova la rete del pareggio grazie all’errore di Meret sul colpo di testa di Ahanor. La reazione dei partenopei non arriva e il Genoa prova a prendere il sopravvento, sbattendo più volte contro una difesa del Napoli attenta e rapida nel bloccare le manovre offensive avversarie. Nella ripresa, il Napoli scende il campo provando subito ad assediare l’area del Genoa, affidandosi alle solite ed efficaci incursioni di Di Lorenzo. Dopo un primo tempo opaco, il “Jack” del Napoli si accende e riporta in vantaggio la squadra di Conte, azione nata dall’ennesimo assist di McTominay e da un’altra imbucata vincente di Raspadori. Nel momento migliore del Napoli, il cross di Aaron Martin è inatteso dalla retroguardia azzurra, che lascia libero di saltare e impattare in porta la conclusione di testa di Vasquez. Il gol del difensore messicano gela il Maradona, che spinge comunque la squadra nel tentativo di raddrizzare una sfida non giocata al meglio da parte dei padroni di casa. Prima del triplice fischio, il Napoli sfiora il gol del nuovo vantaggio in due occasioni: prima con il sinistro a giro di uno stremato Politano, e successivamente con l’azione pericolosa costruita da Neres per il colpo di testa largo di Billing. Con il successo dell’Inter, il Napoli ha sì il destino nelle proprie mani, ma ha comunque visto svanire l’opportunità di andare a +3 a sole due giornate dal termine, distanza che adesso è di una sola lunghezza sulla squadra di Inzaghi. Nelle prossime sfide, la squadra di Conte affronterà Parma e Cagliari, due squadre ancora non certe della permanenza in Serie A nella prossima stagione, a differenza del Genoa, salvo, senza obiettivi ma in grado di strappare un punto prezioso al Maradona.
Venezia-Fiorentina (A cura di Simone Scafidi)
C’è luce per il Venezia, frenata Viola
Nel commovente spettacolo di un Penzo sorprendentemente pieno, che omaggia tutte le mamme in occasione della loro festa, Venezia e Fiorentina arrivano con due obbiettivi ben diversi: la salvezza per i Lagunari, l’Europa per Palladino. La prima metà del primo tempo risulta monotona, con le due squadre che si studiano, temendo di sbilanciarsi ed evitando di subire eventuali ripartenze. La prima occasione è per la Fiorentina con Fagioli, che calcia sul secondo palo trovando la bella parata di Radu, che sventa il pericolo. Allo scadere del primo tempo è invece il Venezia ad andare vicino al vantaggio, con una serpentina di Yeboah in area di rigore che termina sul fondo. Al 59′ è invece Oristanio a sfiorare l’1-0, sparando la sfera sull’esterno della rete da due passi. Dopo appena tre minuti, sul cross di Kike Perez si avventa Candé, che buca De Gea e porta in vantaggio la squadra di Di Francesco, in un Penzo che esplode di gioia. La difesa Viola sale malissimo e il due del Venezia rimane totalmente indisturbato nel calciare. Pochi istanti dopo la Fiorentina reagisce, con il tiro di Ranieri che, in seguito ad un miracolo di Radu, si infrange sul palo, innescando la ripartenza del Venezia che arriva fino in fondo con Oristanio, autore del gol del 2-0, tornando in rete dopo ben cinque mesi. A quindici minuti dal termine la riapre uno dei migliori giocatori della stagione viola, Rolando Mandragora, che si gira in un fazzoletto all’interno dell’area di rigore e batte Radu, insaccando la sfera praticamente all’incrocio dei pali. Dopo sette lunghi minuti di recupero, Marchetti fischia tre volte e il Venezia può tirare un sospiro di sollievo, con due partite rimaste in cui dovrà mettere l’anima per riuscire ad accaparrarsi un’insperata salvezza.
Atalanta-Roma (A cura di Simone Scafidi)
Il Passato può tornare: Sulemana gela Ranieri
Le ultime battute di questo campionato saranno fondamentali per definire l’accesso agli ultimi posti disponibili per l’Europa. Al Gewiss Stadium, con i tre punti, la squadra di Gasperini si assicura la partecipazione alla prossima Champions, mentre la squadra di Ranieri, sconfitta dopo 19 risultati utili consecutivi, dovrà per forza trovare due vittorie nelle ultime due giornate. I giallorossi, in tenuta da trasferta, partono arrembanti con Cristante, ingranaggio a centrocampo che dopo appena sette minuti impensierisce Carnesecchi con un tiro dalla distanza abbastanza insidioso. Nella ripartenza immediatamente successiva, sull’assist di De Ketelaere, Lookman buca Svilar sul secondo palo con il più classico dei suoi gol e porta avanti la Dea, in mezzo alla nebbia di Bergamo. Dopo appena due minuti l’Atalanta va vicina al raddoppio con Ederson, che in seguito ad una giocata da brividi calcia alto sopra la porta giallorossa. Al 17′, un errore di Kossounou spalanca il campo a Koné, che tenta la conclusione dalla lunga distanza, deviata in calcio d’angolo non lontana dalla porta di Carnesecchi. Cinque minuti più tardi è proprio Manu Koné a spalancare il campo alla Dea, che arriva al tiro prima con De Ketelaere, murato da Svilar e successivamente con Retegui, autore di una conclusione potente ma imprecisa. Ad un quarto d’ora dal termine del primo tempo, Cristante sigla il gol del pareggio, incornando di testa su una palla precisa di Soulé, che il centrocampista italiano non deve far altro che appoggiare in porta, per il gol dell’1-1. Nel secondo tempo, quantomeno all’inizio, la Roma sembra scendere in campo più consapevole dei propri mezzi, arrivando spesso dentro l’area di rigore avversaria. Al 63′ Koné sfonda e viene buttato giù da Pasalic, con l’arbitro che indica il dischetto, per poi annullare, solo successivamente, il calcio di rigore, con il sospiro di sollievo di Gasperini. Da questo episodio l’Atalanta riesce a trovare la forza per riprendere in mano la partita, e al 76′, in seguito ad una meravigliosa azione corale, il neo-entrato Sulemana arriva alla conclusione dalla distanza, che batte Svilar per il definitivo 2-1. La mossa di Gasperini si rivela (ovviamente) vincente, e al triplice fischio dell’arbitro l’Atalanta esplode in una grande festa per l’ennesima qualificazione in Champions League, arrivata con due giornate di anticipo. Ranieri, apparso leggermente nervoso nelle interviste post-gara, dovrà invece motivare la squadra per rimanere attaccato al treno Champions, che arriverà a destinazione con un solo vagone conteso da diversi passeggeri.
LA TOP11 DELLA 36ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala
Calcio
Europa e Conference, semifinali di ritorno: Europa all’inglese, Fiorentina nel baratro

Con il triplice fischio che pone il sigillo anche alle semifinali di ritorno di Europa e Conference League, abbiamo finalmente un disegno definitivo di quelle che sono le quattro contendenti che scenderanno in campo per aggiudicarsi le due finali. A San Mamès si contenderanno il titolo Tottenham e Manchester United, per una finale tutta all’inglese che mette in palio non solo la coppa, ma anche la dignità persa durante una stagione pessima. A Breslavia, per la finale di Conference, andranno il Chelsea, che già aveva ipotecato il passaggio del turno nella gara di andata, e il Betis, che riesce a scavalcare un’audace Fiorentina e accede all’ultimo atto di questa stagione.
EUROPA LEAGUE
Wavin’ Flag
Nello stadio San Mamès di Bilbao, il 21 maggio, sventolerà una ed una sola bandiera, la Union Jack. Con andata e ritorno giocate magistralmente, sia Manchester United che Tottenham annichiliscono i propri avversari e strappano il ticket per la finale in Spagna. Nonostante le temperature polari del maggio norvegese, e i tifosi avversari che arrecano disturbo nel cuore della notte con fuochi d’artificio e fumogeni, il Tottenham scavalca il fortino del Bodo e non si fa sorprendere, arrecando una pesante sconfitta alla sorpresa di questo torneo, che prende due gol senza realizzarne, per il risultato totale di 5-1. Il gol di Solanke e l’improbabile rete di Pedro Porro scacciano, in poco più di sei minuti, ogni possibile timore degli Spurs, che tornano a giocarsi una finale Europea dopo quella di Champions League persa contro il Liverpool nel 2019. Sei anni fa, in un Wanda Metropolitano gremito, la squadra del Nord di Londra si trovava ad affrontare dei Reds apparentemente inarrestabili. Ironia della sorte, nella prossima finale, la squadra di Postecoglou si troverà ad afffrontare degli altri “reds”, sempre inglesi, autori però di una stagione tutt’altro che da protagonisti; il Manchester United di Amorim, molto sottotono in campionato, sembra cambiare totalmente faccia in Europa, e contro l’Athletic Bilbao tappa ogni possibile buco, non lasciando spazio agli spagnoli di costruire e al contempo attaccando senza sosta per arrivare al risultato finale di 4-1, che unito a quello dell’andata dà origine al totale di 7-1. La doppietta di Mount, ultimamente in forma, e i gol di Hojlund e Casemiro spezzano il sogno basco (inizialmente riacceso dal gol di Mikel) di giocare una finale in casa, e ipotecano di fatto il lasciapassare per la compagine di Manchester, che torna a giocare una finale europea dopo l’Europa League vinta nel 2017 contro l’Ajax.
Un ateniese a Londra
A dicembre, in un’intervista, lo aveva detto, e per come stava procedendo la stagione, vennero considerate parole al vento. “Al secondo anno con una squadra vinco sempre qualcosa“, è successo con il Brisbane, con gli Yokohama Mariners, con l’Australia e con il Celtic, ma stavolta sembrava che le cose potessero andare diversamente: un campionato buttato e l’eliminazione da quasi tutte le competizioni hanno spento la speranza nei tifosi degli Spurs, che anche un pò inaspettatamente si sono ritrovati in finale di Europa League, con la concreta possibilità di dover chiedere scusa, per non essersi fidati delle parole di Ange Postecoglou.
CONFERENCE LEAGUE
Fiorentina – Real Betis
La spinta del Franchi e il morale alle stelle non basta alla Fiorentina per fermare un Betis audace e aggressivo, che con una prestazione non stellare ma concreta riesce ad accedere alla finale di Breslavia. Nel primo tempo gli Spagnoli sembrano averne di più, ma a spaventare per prima è la squadra di Palladino, che con Comuzzo va due volte vicina al gol nel giro di pochissimi istanti, con il difensore italiano che incorna di testa su situazione di calcio d’angolo e si vede negare sulla linea per entrambe le volte la gioia del gol. Nonostante ciò, i biancoverdi non si scompongono e al 30′ trovano il gol del vantaggio con una magistrale punizione di Antony, che beffa De Gea colpendo anche il palo e confermando un periodo di forma assolutamente straordinario. Dopo appena tre minuti la Viola reagisce con grinta, e su calcio d’angolo Gosens colpisce di testa e trova il pareggio per poi raddoppiare, con un gol praticamente identico, a tre minuti dalla fine della prima metà di gara. Dopo aver capito i propri errori, il Betis si chiude anche per tutto il secondo tempo, che prosegue praticamente spoglio di vere occasioni per poi concludersi con un duplice fischio che porta tutto ai tempi supplementari. Proprio nell’extra-time, nonostante i diversi interventi prodigiosi di De Gea, El Zazzouli viene lassciato totalmente solo di progredire in area, e ricevendo palla da Antony non deve far altro che appoggiarla in porta, siglando un gol analogo a quello segnato nella gara di andata, che archivia definitivamente la finale per la squadra di Pellegrini, la quale si troverà faccia a faccia con il Chelsea di Maresca, passato all’ultimo atto a discapito del Djurgarden.
Prima volta biancoverde
Dopo il passaggio del turno a discapito della Fiorentina, il Real Betis si aggiudica, per la prima volta nella sua storia, il diritto di giocarsi una finale europea. La qualificazione al match di Breslavia è solo la punta dell’iceberg di una stagione condotta magistralmente dalla squadra di Pellegrini, che sotto la guida dell’allenatore cileno ha trovato il coraggio di proporre un gioco iper-offensivo sia in campionato che in Europa, risultando, da gennaio in poi, uno dei club più in forma al mondo. La finale contro il Chelsea sarà probabilmente la partita più importante della stagione, con un peso specifico non indifferente e che significherebbe, in caso di vittoria, la partecipazione diretta alla prossima Europa League.
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