Calcio
Il Supercommento della 32ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top 11 alla fine, della trentaduesima giornata di Serie a
Udinese-Milan (A cura di Marco Rizzuto)
Troppo Milan per l’Udinese: Conceicao cambia modulo e rilancia i rossoneri verso l’Europa
Per dare una scossa alla classifica, mister Conceição rivoluziona la formazione, passando alla difesa a tre con Theo Hernandez e Jimenez schierati come esterni a tutta fascia. In attacco, Jovic viene preferito ad Abraham come terminale offensivo del tridente. Anche Runjaic cambia qualcosa rispetto alla sfida contro il Genoa: tornano titolari Kristensen e Lovric, mentre Atta agisce alle spalle di Lucca per sostituire l’infortunato Thauvin. L’assenza del francese pesa: l’Udinese arriva da tre sconfitte consecutive e ha segnato appena un gol nel periodo. Al Bluenergy Stadium i rossoneri accendono la gara dopo appena dieci secondi: Bijol e Kristensen pasticciano sul lancio di Pulisic, e il pallone finisce sui piedi di Reijnders, l’olandese calcia in porta a tu per tu con Okoye, che riesce a deviare in corner salvando i ragazzi di Runjaic. Dopo il brivido iniziale, l’equilibrio fa da padrona ad una gara che sembra non voler più decollare, i ritmi si abbassano e le occasioni tardano ad arrivare. Superata la mezz’ora, l’Udinese bussa per la prima volta alla porta di Maignan, Atta avvia il contropiede lanciando la corsa di Ekkelenkamp, che in percussione spezza in due la mediana rossonera, poi serve in corsa Ehizibue sulla fascia di destra, l’olandese col destro incrocia costringendo Maignan a volare, sulla ribattuta Ekkelenkamp calcia al volo e Gabbia è provvidenziale nel murare la conclusione del centrocampista. Quando il primo tempo sembrava essere destinato a terminare a reti bianche, il Milan a sorpresa passa in vantaggio: Fofana strappa il pallone a Lucca e serve Leao al limite dell’area, il portoghese calcia da fermo disegnando una parabola perfetta che si insacca sotto l’incrocio. La rete subita spezza il morale dei friulani che concedono il doppio vantaggio al 45′. Da calcio d’angolo il cross di Pulisic diventa un assist per Pavlovic, che con la spalla buca Okoye sul primo palo, complice una marcatura non perfetta dei difensori bianconeri. Il secondo tempo è sicuramente più vivace, nonostante i due allenatori non abbiano effettuato cambi durante l’intervallo. Al 51’, Maignan è protagonista di uno scontro di gioco col compagno Jimenez, in cui il francese subisce un brutto colpo alla testa. Sacchi ferma immediatamente il gioco per permettere ai medici di soccorrere il portiere rossonero, che esce in barella tra gli applausi del pubblico. Tornando al campo, all’ora di gioco l’Udinese spinge per riaprire i giochi: Lucca serve in area Atta, che calcia di controbalzo col sinistro senza inquadrare lo specchio della porta difesa da Sportiello. Runjaic capisce la necessità di inserire forze fresche per concretizzare le occasioni e manda in campo Iker Bravo e Rui Modesto per Lovric e Kamara, che non hanno brillato. Come contromossa, anche Conceicao effettua un doppio cambio: Tammy Abraham e Riccardo Sottil per Jovic e Jimenez. Le scelte dell’allenatore rossonero si rivelano vincenti: il Milan cala il tris con la rete di Theo Hernandez. Il francese triangola perfettamente con Abraham, che lo serve in profondità sulla fascia sinistra lasciata completamente scoperta dalla difesa friulana, entra in area e batte Okoye sul primo palo con una bordata che vale il triplo vantaggio. Theo Hernandez non segnava dalla 19^ giornata, nel successo contro il Como di Fabregas: anche in quell’occasione aveva segnato attorno al settantesimo minuto. Subito dopo il tris, Runjaic prova a cambiare ancora inserendo Pafundi e Payero, ma l’Udinese ormai spenta spalanca la porta al quarto centro rossonero. Abraham cerca e trova Leao con un traversone a giro splendido: il portoghese in corsa tenta di superare Okoye con uno scavetto, che diventa un assist per Reijnders, il quale deve solo appoggiare in rete. La decima rete in campionato dell’olandese chiude definitivamente i giochi a favore del Milan, che gestisce al meglio gli ultimi minuti di una gara dominata in lungo e in largo. Il nuovo modulo potrebbe rappresentare la chiave per rilanciare i rossoneri in classifica. Dopo settimane altalenanti, Conceicao potrebbe aver finalmente trovato un equilibrio in grado di valorizzare le qualità dei singoli (Theo Hernandez e Leao su tutti). Tuttavia, l’Europa resta ancora lontana: il nono posto non consente passi falsi, e il margine d’errore è ormai al minimo. Serviranno continuità, cinismo e un pizzico di fortuna per provare a riaprire davvero i giochi. Piove sul bagnato per l’Udinese: la squadra di Runjaic non riesce mai a entrare in partita ed esce dal campo con una sonora batosta. L’assenza di Thauvin pesa, ma quattro sconfitte di fila e un solo gol segnato non sono numeri da archiviare con leggerezza, anche se i friulani sono già matematicamente salvi, e l’unico obiettivo rimasto è il piazzamento nella parte sinistra della classifica, al momento occupata dal Torino.
Venezia-Monza (A cura di Dennis Rusignuolo)
La quinta è quella buona! Il Venezia torna in Fila per la salvezza
Il Venezia prepara tutti gli ingredienti per passare un bel pomeriggio: nel prepartita viene ritirata la maglia numero 13 di Marco Modolo e spunta anche l’ex capitano Joel Pohjanpalo nella panchina adiacente a quella di casa. Passano solo quattro minuti e Radu è chiamato subito ad un grande intervento, in risposta alla deviazione fra testa e spalla di Pedro Pereira su corner. Ritmi compassati nei primi 20 minuti, dove il Monza si fa leggermente preferire come atteggiamento, più convinto dei padroni di casa e pulito nelle giocate. Nonostante la spinta del Penzo, la sensazione è che il Monza abbia quella marcia in più che può mettere in difficoltà la retroguardia lagunare, che nei primi minuti di gara si era fatta preferire per l’intensità del pressing sui portatori di palla brianzoli. Al minuto numero 24 punizione che sa di corner corto: Nicolussi Caviglia fa partire un bolide a giro che sembra potersi infilare all’incrocio, Turati salva come può, e spedisce la palla sulla traversa, poi rinviata sulla linea da Akpa Akpro proprio un attimo prima che Oristanio la potesse ribadire in rete. Nesta è costretto a spendere il primo cambio alla mezz’ora, a causa di alcuni problemi fisici per Keita, sostituito al 27′ da Caprari. Prima dell’intervallo altre due occasioni, una per parte, ma sia la conclusione di Marcandalli che quella di Urbanski non spaventano i rispettivi portieri. Nessun cambio all’intervallo, anche se Nesta deve rinunciare a Izzo dopo appena cinque minuti dal fischio di Maresca: problema che sembra serio per il centrale italiano, sostituito da Caldirola. Dopo quindici minuti giocati a basso ritmo dalle due squadre, Di Francesco cerca nuovi stimoli dalla panchina: tre cambi, fuori Marcandalli per Haps, poi la staffetta dei due riferimenti offensivi (fuori Oristanio e Gytkjaer, dentro Yeboah e Fila). La scelta del tecnico dei lagunari si rivela vincente, perché al minuto 72 il Venezia sblocca la gara: lancio verso Ellertsson, seguito da Birindelli che viene buttato giù dal contrasto con la spalla (astuto, ma regolare) dell’islandese, a cui basta appoggiare in mezzo per il tap-in di Fila. Primo gol in Serie A per l’attaccante ceco, una rete dal peso specifico gigantesco. Sulla cresta dell’onda, il Venezia attacca con più leggerezza e velocità, mentre il Monza perde i riferimenti e cerca di usare le maniere forti per fermare le offensive dei lagunari. Pochi minuti dopo il vantaggio serve un grandissimo intervento di Turati per negare il raddoppio ai padroni di casa: punizione morbidissima di Nicolussi Caviglia oltre la barriera, Turati la vede all’ultimo e con un colpo di reni sputa fuori la palla dalla porta. Nel finale il Monza si affida alle palle lunghe, che sono però preda facile per i rocciosi difensori del Venezia. Prima del triplice fischio c’è ancora tempo per un ultimo episodio, perché Fila interviene in ritardo su Palacios e rimedia il secondo giallo della sua gara. Maresca lo espelle e il ceco salterà la sfida contro l’Empoli. Serviva un successo e i tre punti sono arrivati. A questo punto della stagione sindacare sulla prestazione lascia il tempo che trova, così il Venezia si è aggrappato a quell’attacco che in questo 2025 sembrava stregato. Dopo quattro gare consecutive al Penzo, finalmente Fila è riuscito a sfatare il tabù e adesso il Venezia alla salvezza ci crede sul serio. In una settimana decisiva per inquadrare il rush finale, la squadra di Eusebio Di Francesco aggancia l’Empoli (impegnato lunedì sera a Napoli) a quota 24 punti, a una settimana da un altro scontro diretto che sarà terribilmente decisivo. Il Monza, dall’altra parte, comincia a tirare i remi in barca perché la salvezza di fatto si sgretola oggi. La missione proibitiva della salvezza poteva passare solo da un successo in laguna, invece con questa ennesima sconfitta la squadra di Nesta ha ormai prenotato -si fa per dire- il posto per la prossima Serie B.
Inter-Cagliari (A cura di Tommaso Patti)
Arna Letale ancora decisivo. L’Inter supera agevolmente il Cagliari
Grazie alla sorprendente vittoria contro il Bayern Monaco, l’Inter affronta la sfida contro il Cagliari con il morale a mille. Da una parte Nicola schiera dal primo minuto Piccoli, sostenuto da Coman, pronto ad agire da seconda punta nelle situazioni offensive, mentre dall’altra parte Inzaghi decide di provare a vincere la sfida schierando qualche elemento di turnover. La titolarità di Arnautovic ripaga subito la scelta del tecnico nerazzurro: al 12’ un passaggio alto di Çalhanoğlu, apre l’azione offensiva di Carlos Augusto, che controlla di petto e si accentra nel tentativo di servire Lautaro, anticipato da Arnautovic, autore prima di una serpentina tra due avversari, e poi di una conclusione potente e alta che non lascia scampo a Caprile. Nonostante il gol del vantaggio, l’Inter è spesso scoperta e facilmente attaccabile dal Cagliari, come nell’occasione avvenuta al 24’, quando su un recupero palla di Zortea su Barella, Zappa lancia in campo aperto Piccoli, costretto ad arrendersi difronte al provvidenziale intervento di Sommer. Nella stessa azione, l’Inter riesce a ripartire dopo essersi riorganizzata, riuscendo addirittura a colpire il Cagliari per la seconda volta grazie allo spettacolare assist di Arnautovic per Lautaro, che supera con uno scavetto Caprile e segna la rete che vale il raddoppio. Senza alcuna avvisaglia, il Cagliari entra perfettamente in campo nella ripresa, riuscendo a dimezzare lo svantaggio con Piccoli, abile nel colpire il pallone di testa e nel riscattare il brutto errore del primo tempo. La reazione di Inzaghi al gol subito degli ospiti è un mix tra rabbia e paura per i minuti successivi poiché, nelle ultime due gare di campionato, i nerazzurri hanno dimostrato un netto calo di concentrazione tra la fine del primo e l’inizio del secondo tempo, riuscendo anche a subire gol. Il possibile allentamento della prestazione viene però immediatamente smentito dai padroni di casa, che prima ottengono un calcio d’angolo su un tiro ravvicinato di Dimarco deviato da Caprile, per poi trovare la terza rete della giornata sugli sviluppi del calcio d’angolo battuto da Dimarco e finalizzato con l’imperioso colpo di testa di Bisseck. Dopo il terzo gol dell’Inter, il Cagliari esce completamente dalla gara, rendendosi pericoloso solamente con il tiro di Piccoli salvato quasi sulla linea da un intervento di puro istinto conservativo di De Vrij.
Il successo dei nerazzurri permette a Inzaghi di arrivare al meglio alle prossime sfide, dove i nerazzurri sono chiamati a giocarsi tutte le competizioni nel giro di pochi giorni, affrontando rispettivamente Bayern Monaco, Bologna, Milan e Roma. L’ennesima scelta di Inzaghi di schierare dal primo minuto Arnautovic ripaga nuovamente: il serbo in appena ventidue presenze, si è distinto riuscendo a segnare sette gol (alcuni di questi piuttosto pesanti), e due assist. Nonostante la sedicesima sconfitta in trentadue giornate, il Cagliari rimane ampiamente a +6 rispetto al diciottesimo posto. La squadra di Nicola, nelle prossime giornate, è chiamata a invertire questo trend che vede i sardi molto incostanti nei risultati e poco lucidi sotto porta, proprio come accaduto nella sfida contro l’Inter.
Juventus-Lecce (A cura di Dennis Rusignuolo)
Sofferenza nel finale, ma tre punti da zona Champions. Vlahovic, Yildiz e Koop regalano a Tudor il secondo successo casalingo
Sciolti gli ultimi dubbi di formazione, con Tudor che ormai sembra aver trovato i suoi fedelissimi: prosegue la migrazione di Nico Gonzalez, che dopo aver giocato nella trequarti all’Olimpico contro la Roma, torna nella fascia destra al posto di Weah. Ritorna Teun Koopmeiners dal primo minuto, mentre altra chance dal 1′ per Vlahovic. Il Lecce cambia modulo per la prima volta dall’arrivo di Giampaolo: 3-4-3 con Jean insieme ai pilastri Baschirotto e Gaspar, mentre trova spazio Danilo Veiga nella fascia destra. Confermato il tridente Pierotti-Krstovic-Morente. Fin dal primo pallone giocato si vede come la Juve cerchi lo sviluppo sulla fascia sinistra, ed è da sinistra che i bianconeri stappano subito la gara: secondo minuto, palla su Vlahovic, attivo fin dai primi movimenti, filtrante preciso del serbo per l’inserimento di Koopmeiners, l’olandese ha tanto da farsi perdonare e il bel diagonale con cui batte Falcone può essere un primo squillo per una definitiva crescita. La reazione del Lecce non tarda ad arrivare, ovviamente da Nikola Krstovic. Il montenegrino recupera palla al limite dell’area e non esita a calciare forte, palo pieno con Di Gregorio in traiettoria, l’azione prosegue e il numero 9 calcia nuovamente forte verso lo stesso palo, opposizione con i pugni da parte del portiere bianconero. Ormai il dettame tattico di Tudor su questa Juve è chiaro: fraseggio ragionato in fase di impostazione e attacco codificato della profondità, guidato da Vlahovic e seguito da tutti gli incursori. Giampaolo rischia di dover abbandonare subito il piano iniziale della gara a causa dell’infortunio di Jean. Il francese esce addirittura in barella dopo un contrasto con Vlahovic e Pierret (torsione innaturale del ginocchio sinistro); al suo posto Tiago Gabriel, all’esordio in Serie A. Eccezion fatta per le due conclusioni di Krstovic, la Juve è padrona del campo e del possesso del pallone, il Lecce cerca di pressare alto per non farsi schiacciare troppo ma i bianconeri trovano sempre il modo per eludere il pressing. Al 20′ Renato Veiga riceve palla da Yildiz, bravo a sgusciare a Veiga dopo un corner, il portoghese calcia a botta sicura e Gaspar mette un rammento decisivo per negare il raddoppio. Alla mezz’ora i bianconeri vanno in ripartenza, Thuram guida la cavalcata con la sua solita falcata, scambia con Yildiz e va da Vlahovic, altra sponda intelligente del serbo e piazzato del numero 10 alle spalle di Falcone. Particolarmente attivo Dusan Vlahovic, autore dei due assist in 33 minuti. L’attaccante bianconero è sempre pimpante vicino alla porta, dove pecca di precisione, ma è lucido nel gioco con i compagni. Nella parte finale del primo tempo i bianconeri si limitano alla gestione del risultato e delle energie, fino all’intervallo che riserva alla squadra di Tudor applausi scroscianti, come non si sentivano da tanto tempo dalle parti dell’Allianz. Nessun cambio da parte di Tudor; Giampaolo invece ne cambia due: fuori Gallo e a sorpresa chiamato in panchina anche Krstovic, dentro Marco Sala e Rebic. I nuovi interpreti, più congeniali al gioco scelto da Giampaolo, portano più equilibrio e compattezza tra i reparti, tutti fattori che non si erano visti nel primo tempo e che avevano favorito il dominio incontrastato dei bianconeri. Come nel primo tempo, anche nella ripresa la Juve gioca sul velluto. L’idea propositiva e aggressiva di Tudor sembra già ben impiantata in ogni singolo giocatore, e lo si evince dalla voglia con cui recuperano il pallone e dall’insistenza con cui attaccano la porta cercando di scambiarsi ripetutamente il pallone. Il Lecce prova a regalarsi una mezz’ora orgogliosa con due lampi di Veiga e Baschirotto, brava la difesa bianconera nel respingere in entrambi i casi. Tudor decide di giocare le prime sostituzioni: Kolo Muani, Weah e Cambiaso al posto di Vlahovic, Koopmeiners e McKennie. Rinviato l’esperimento del doppio centravanti, già preannunciato da Tudor che in conferenza aveva escluso temporaneamente questa soluzione. Tra i nuovi innesti Weah è quello più cercato, ma è Cambiaso che sfiora il gol, con un mancino a giro che impegna Falcone in tuffo, costretto a usare i pugni per spedire il pallone fuori dalla porta. Prima del corner Tudor sostituisce Nico Gonzalez con Conceicao, emblematici gli applausi dello Stadium per entrambi i giocatori (due componenti che hanno avuto un impatto opposto con Thiago Motta, e anche adesso con Tudor). Con tutte le sostituzioni adoperate dai due allenatori, la gara perde ritmo e questo non fa altro che assecondare l’idea della Juve per gestire il risultato. All’83’ Di Gregorio mette la sua firma alla partita: primo vero errore di Thuram nella partita, che sbaglia in uscita e manda Rebic a tu per tu con il portiere bianconero, bravo a sbarrare la strada con il corpo e negare al Lecce la possibilità di riaprire la gara. Il gol dei salentini è rimandato solamente di qualche minuto, perché al minuto 87 Baschirotto svetta più in alto di tutti, riceve il cross di Helgason e gela lo Stadium. Secondo gol consecutivo per il capitano del Lecce, che nel finale sembra avere una marcia in più dal punto di vista emotivo. Per evitare spiacevoli fantasmi del passato Tudor scegliere di utilizzare l’ultimo cambio per rinforzare la difesa: fuori Yildiz e dentro Savona. Nei tre minuti di recupero la Juve soffre ma riesce a blindare i tre punti, che garantiscono per questa giornata l’ingresso di zona Champions. L’occasione era ghiotta, in vista dello scontro tra Atalanta e Bologna, e grazie a un primo tempo quasi perfetto, la squadra di Tudor mangia due pedine in una sola mossa. I due assist di un ritrovato Vlahovic e i gol di Yildiz e Koopmeiners permettono alla Juve di seguire attivamente il treno della Champions. Si prolunga a otto gare la striscia nera del Lecce. Giampaolo aveva cercato di approcciare la gara in maniera diversa, schierandosi quasi a specchio, ma la partenza sprint dei bianconeri, e l’infortunio di Jean hanno scombinato una soluzione che già era provvisoria. Con la vittoria del Venezia sul Monza, la salvezza diventa accesa oltre ogni limite, e i salentini hanno l’obbligo di interrompere subito questa striscia.
Atalanta-Bologna (A cura di Tommaso Patti)
Sotto il segno del solito Retegui. La dea vince e allunga sulle pretendenti
Nel tentativo di sfatare il tabù casalingo che vede i nerazzurri non vincitori in campionato dalla sfida contro l’Empoli di fine Dicembre, Gasperini non rinuncia alla contemporanea titolarità di Lookman, Pasalic e Retegui. Quest’ultimo protagonista dell’immediato gol del vantaggio dopo appena due minuti, rete nata dal filtrante di Pasalic per Bellanova, che scatta sulla fascia e pesca a centro area Retegui, al suo ventitreesimo gol in campionato. La rete del capocannoniere accende l’animo del Gewiss, consapevole di non poter vedere più la propria squadra vincere il campionato, ma consapevole anche quest’anno del grandissimo lavoro fatto dalla società, dall’allenatore e dai giocatori. Con il passare dei minuti, il Bologna prova ad alzare la testa, scontrandosi però con un’attenta retroguardia di casa. Al ventesimo minuto, un’altra grandissima giocata di Retegui rimane impressa nel tabellino. L’attaccante azzurro prima lotta e vince il duello contro Lucumi, e poi innesca il cross valido per il tap-in vincente a centro area di Pasalic. La superiorità dei nerazzurri è evidente e l’errore sotto porta di Ederson (nato da un ennesimo duello vinto) ne è la prova. Nonostante il doppio svantaggio, la squadra di Italiano ci ha già più volte dimostrato la tenacia nel lottare soprattutto nei momenti di difficoltà, mettendo in pratica questo concetto a dieci minuti dalla fine del primo tempo, quando su uno schema nato da un calcio di punizione, Ndoye calcia di potenza da fuori area ma trova l’opposizione di Carnesecchi, aiutato anche dal palo. Nella ripresa l’Atalanta abbassa il ritmo, il Bologna cresce ma spesso deve fare i conti con Carnesecchi, che si conferma la miglior sorpresa di questa dea per costanza. La parabola pericolosa di Miranda e il grave errore sotto porta di Casale, descrivono esattamente il pomeriggio del Bologna, cioè una squadra che costruisce tanto ma spreca tutto sotto porta. Nel finale, Gasperini perde per infortunio Kolasinac, uno dei pilastri di questa annata, out per almeno sei mesi data la rottura del crociato. Il pareggio di Roma e Lazio, permette alla dea di avere quasi la certezza di rientrare nei primi quattro posti in campionato, validi per la prossima Champions League. La vittoria della Juve contro il Lecce e il passo falso del Bologna, permette ai bianconeri di superare e andare a +2 sulla squadra di Italiano, che nel prossimo turno affronterà l’Inter.
Fiorentina-Parma
Noia e reti bianche: Fiorentina e Parma non vanno oltre lo 0-0
Messo da parte (momentaneamente) lo Celje, Palladino sposta il focus sulla sfida casalinga con il Parma di Chivu, che sembra essere ritornato sul binario per uno sprint finale con un solo obbiettivo: la salvezza. Sul settore sinistro del campo il Parma inizia sin da subito a spingere con Valeri che fa sua la fascia e indirizza subito un cross al centro dell’area, impattato da Bernabè che trova la grande risposta di De Gea, bravo a bloccare e neutralizzare anche la conclusione di Keita pochi istanti più tardi. Nel primo tempo la Fiorentina risulta essere totalmente assente, con Suzuki spettatore non pagante. Un presunto tocco di mano di Valenti fa scorrere un brivido lungo la schiena della viola, che però tira un sospiro di sollievo in seguito ad un rapido check del VAR che scagiona il giocatore di Palladino. La seconda metà di gara riparte con la Fiorentina in controllo e con una clamorosa occasione per Kean che sfrutta l’imbucata di Mandragora e si trova a tu per tu con Suzuki, con il pallone che però termina fuori di poco. Appena tre minuti più tardi arriva un’altra, enorme, occasione per la squadra di Palladino, che con Fagioli colpisce la traversa, con un tiro su punizione che da posizione defilata impensierisce e non poco l’estremo difensore ducale, che deve appoggiarsi alla traversa per evitare insidiose respinte. La squadra di Chivu, però, non sembra voler mollare e al 62′ si spinge in avanti con il pallone, sui piedi di Bonny, che viene incredibilmente salvato, ancora una volta, da De Gea, migliore in campo. Ad un quarto d’ora dalla fine Richardson riesce effettivamente a battere Suzuki, con il gol che però viene annullato per fuorigioco, nonostante l’iniziale esultanza del centrocampista marocchino. Con questa ultima occasione, e poche altre ababstanza timide, il match termina con un pareggio e le squadre che si sono perfettamente equivalse sul piano del gioco. Il Parma guadagna un punto e allunga sulla zona salvezza, mentre Palladino adesso dovrà concentrarsi sul ritorno di Conference League contro lo Celje.
Torino-Como (A cura di Marco Rizzuto)
Luci e ombre al Sinigaglia: Douvikas firma il successo, il VAR cancella la beffa granata
Il Como scende in campo con una formazione priva della sua stella: Nico Paz parte infatti dalla panchina. Fabregas opta per una maggiore copertura a centrocampo, inserendo Perrone al posto dell’argentino. Sul fronte granata, Vanoli schiera Linetty per sopperire alla squalifica di Ricci. In avanti si torna al doppio centravanti, con Sanabria al fianco di Adams. Dopo un avvio poco entusiasmante, il primo squillo del match arriva al 12’ proprio dai ragazzi di Vanoli, che sfiorano il vantaggio con un colpo di testa di Linetty: il polacco, liberatosi bene da Da Cunha e Vojvoda, non riesce però a inquadrare la porta. Nei minuti successivi si assiste a un dominio crescente del Como. La squadra di Fabregas prende le misure agli avversari, controlla il gioco per gran parte del primo tempo e crea diverse occasioni da gol. Alla mezz’ora, su punizione dal limite, Da Cunha calcia a giro con il mancino e impegna seriamente Milinkovic-Savic, bravo a deviare in angolo. La pressione crescente dei lariani mette in grande difficoltà il Torino, costretto nella propria metà campo e incapace di ripartire. Al 37’ arriva il meritato vantaggio comasco: splendida azione sulla destra, Ikoné serve in corsa Vojvoda che crossa al centro per Douvikas, il quale insacca di testa firmando il suo secondo gol in Serie A. Nonostante i frequenti cambi nel reparto offensivo nelle ultime partite, la squadra di Fabregas mostra una notevole solidità, riuscendo a ruotare efficacemente gli interpreti. Douvikas sembra essersi integrato perfettamente negli schemi dello spagnolo, mettendo pressione su Cutrone, autore di una brillante prima parte di stagione. Anche Ikoné, al momento, appare imprescindibile: l’ex Fiorentina ha scalzato la concorrenza e si è guadagnato un posto fisso tra i titolari, relegando Strefezza alla seconda panchina consecutiva. Il Como chiude il primo tempo in attacco, costringendo Vanoli a riflettere su eventuali cambi per ridare ritmo ai suoi. La ripresa comincia senza sostituzioni, ma si percepisce subito un atteggiamento più deciso da parte del Torino. I primi dieci minuti offrono spettacolo con occasioni da entrambe le parti, e al 57’ il Toro sfiora il pari con Gineitis: imbucata alta che sorprende la difesa, ma il numero 66 non riesce a segnare per via di un tempestivo intervento di piede di Butez. Dal 60’ in poi le gerarchie si ribaltano: il Torino prende in mano la partita e schiaccia il Como nella propria metà campo. Fabregas corre ai ripari, inserendo Strefezza e Sergi Roberto per aggiungere qualità ed esperienza a centrocampo. A un quarto d’ora dal termine, il Como torna a farsi vedere: sul corner battuto da Strefezza, Goldaniga impatta bene di testa, ma Milinkovic-Savic vola a deviare sopra la traversa, tenendo vive le speranze granata. Nel finale, il Como rischia grosso: Elmas, dopo aver recuperato palla in area sul tentativo di Sanabria, salta Butez ma perde l’attimo per calciare, venendo murato da Kempf, decisivo nell’intervento. In pieno recupero il Torino pareggia con una conclusione potente dal limite di Ilic, che fa esplodere il settore ospiti del Sinigaglia. Tuttavia, dopo un controllo al VAR, la rete viene annullata per un doppio tocco irregolare di Biraghi al momento della battuta del corner. Scampato il pericolo, il Como può festeggiare la sua nona vittoria in campionato, portandosi a quota 35 punti e staccando di quattro lunghezze il Verona, quattordicesimo. Il Torino, nonostante un ottimo secondo tempo, cade nuovamente in Serie A: non succedeva dal 14 febbraio, anche in quell’occasione con Ricci assente. Una sconfitta amara ma non troppo per i granata, che restano comunque tranquilli al decimo posto a quota 40 punti, in compagnia dell’Udinese.
Verona-Genoa (A cura di Marco Rizzuto)
Occasioni sprecate e assedio sterile: al Verona manca solo il gol
Zanetti ancora privo di Tengstedt e Suslov, riconferma l’undici titolare sceso in campo contro Parma e Torino. Dawidowicz nuovamente adattato al fianco di Duda. Nella trequarti Bernede a supporto del tandem composto da Sarr e Mosquera. Anche il Genoa scende in campo con diverse assenze, su tutti Malinowski e Friendrup. Al loro posto Badelj e Masini fanno coppia nella mediana, con Vitinha che torna nel trio offensivo a supporto di Pinamonti unica punta. Non si assiste ad un avvio particolarmente acceso, la prima occasione arriva al 20′ minuto sponda grifone, con Vitinha che salta Bernede per poi calciare dal limite dell’area senza però impensierire Montipò. L’equilibrio fa da padrone alla prima frazione che fatica a decollare, fin quando Mosquera riesce ad agganciare un pallone complicato scodellato direttamente da Valentini dalla propria metà campo: il numero 35 riesce a controllare la sfera calciando a incrociare, Leali riesce ad evitare il gol dando un po’ di spettacolo a questo incontro giocato a rilento. Arrivati alla ripresa, il mister Zanetti prova a cambiare qualcosa per dare una scossa, e inserisce Livramento per Sarr, autore di una gara dimenticabile. Nessun cambio per il Genoa che rientra in campo con l’undici iniziale. Già dai primi minuti gli scaligeri appaiono molto più offensivi, ai danni di un Genoa molto sciapo. I padroni di casa cercano il vantaggio in diverse occasioni, la più eclatante arriva al 58′: Bradaric riesce a far passare il pallone tra due avversari servendo Bernede, che rapidamente alza la testa e scodella in mezzo per Mosquera. Il colombiano schiaccia troppo con la testa fallendo un’occasione d’oro. Vieira capisce la necessità di cambiare qualcosa data la pericolosità del Verona, inserendo in una botta sola Ekuban, Onana e Messias. La situazione però non cambia, e il secondo tempo è un dominio totale dei ragazzi di Zanetti che non riescono però a bucare la porta di Leali. Al 67′ De Winter e Vasquez pasticciano lasciando sfilare un pallone sanguinoso conquistato da Livramento, che prende il tempo a Leali. Con la punta Livramento non riesce a spedire in rete e il recupero del difensore messicano è provvidenziale ai fini del risultato. Sul finale gli scaligeri assediano l’area di rigore avversaria senza però calciare pericolosamente verso la porta. Il fischio finale chiude una gara quasi soporifera che consegna un punto a testa alle due squadre. Il Genoa guadagna un punto importante per la corsa al decimo posto, accorciando e andando a -1 da Udinese e Torino. Il Verona con un po’ di rammarico sale a quota 32 lunghezze, otto punti sopra la zona rossa della classifica
Lazio-Roma (A cura di Dennis Rusignuolo)
Lazio e Roma si annullano a vicenda e sul campo dell’Olimpico non si va oltre l’1-1. Ranieri chiude la carriera con zero derby persi, e insacca il sedicesimo risultato utile consecutivo, mentre Baroni deve fare di più per acciuffare la zona Champions
Napoli-Empoli
Scottish pride: il Napoli vola sulle ali di McTominay
Conte sorride nel posticipo del lunedì sera, il suo Napoli vince, convince e prova a rimanere attaccato al treno scudetto. I Partenopei, sin da subito, occupano la zona avanzata del terreno di gioco, proponendo una fase offensiva lucida e concreta che, alla fine, porta a trovare la via del gol. Al 17′ minuto, il lavoro sporco di Lukaku, che serve McTominay, viene ripagato dalla rete dello scozzese che calcia, in corsa, dal limite dell’area e buca Vasquez, che avrebbe potuto fare qualcosa in più. L’Empoli, timidamente, prova a reagire, con il cross di Pezzella che pesca a centro area Gyasi, il cui colpo di testa termina alto di molto. Prima Politano, poi Neres, nella seconda metà del primo tempo gli azzurri cercano spasmodicamente il raddoppio, sbattendo doppiamente su un ottimo Vasquez. Al 39′ una sponda di Gyasi, arriva direttamente dal rinvio del portiere, trova Esposito che da lontanissimo calcia al volo, impegnano e non poco Meret. Un Napoli fievole al concludersi del primo tempo si riaccende subito nel secondo e non perde tempo a trovare il raddioppio: al 56′ Olivera trova tra le linee Lukaku, che insacca prodigiosamente il gol del 2-0. Non passano nemmeno quattro minuti, e ancora grazie ad un assist di Lukaku, McTominay colpisce di testa e batte Vasquez per la terza volta, sigillando definitivamente la partita, in un Maradona gremito che impazzisce di gioia. Cinque minuti più tardi, l’asse McTominay-Lukaku rischia di trovare addirittura la terza combinazione, con la sponda del belga che viene sfruttata dalla conclusione a rete dell’ex United, la quale si infrange pienamente sul palo, graziando la squadra di D’Aversa. Senza altre particolari occasioni, si conclude un match a senso unico che ha visto la squadra di Conte dominare sotto ogni punto di vista, mentre la squadra di D’Aversa osserva impotente dal basso del suo, sempre più fisso, diciannovesimo posto.
Calcio
Un successo che rimarrà nella storia. Il Bologna vince la Coppa Italia

Dopo 51 anni di attesa, al Bologna bastano novanta minuti e un super gol di Ndoye per battere il Milan. All’Olimpico i rossoblù festeggiano e scrivono una pagina indelebile della propria storia, sollevando al cielo il trofeo della coppa Italia per la terza volta.
In un match senza appello, in una gara che mette in palio un trofeo e che può determinare tanto anche in ottica futura, Conceição schiera dal primo minuto i titolari, confermando la difesa a tre e Jovic al centro del reparto offensivo. In vista di una sfida che può valere la storia, Italiano si risponde affidandosi ai suoi uomini più in forma, lanciando dal primo minuto Castro e Fabbian.
Tra l’entusiasmo dei 68 mila spettatori e il fascino travolgente delle due tifoserie, la sfida tra Milan e Bologna parte subito forte, con tanta aggressività e con ritmi alti sin dalle prime battute. Dopo un iniziale equilibrio, è il Bologna che prende in mano il pallino del gioco, riuscendo a creare buone occasioni tramite i movimenti di Castro, che crea i giusti spazi per far correre i due esterni. Proprio grazie ad un movimento arretrato di Castro, il Bologna crea lo spazio per lanciare in corsa Orsolini, fermato prima dall’uscita dubbia di Maignan, e dopo dalla segnalazione per fuorigioco del guardalinee. Dopo lo scampato spavento, anche il Milan entra in partita e inizia a creare qualcosa di concreto nella metà campo avversaria, riuscendo anche a rendersi pericoloso al decimo minuto, quando sul cross di Jimenez, Skorupski salva doppiamente i rossoblù dopo l’involontaria deviazione di Beukema e il tentativo di tap-in di Jovic. Esattamente come Castro nella prima azione della gara, alla mezz’ora Jovic riceve palla, arretra e lancia in profondità Rafael Leão, pescato però in fuorigioco dall’attaccante serbo e frettoloso nel concludere. Tra errori di impostazione e i duri interventi che costano il cartellino giallo a Tomori e Ferguson, il finale di primo tempo si accende e il nervosismo rischia di regnare dentro e fuori al rettangolo di gioco. Nel miglior momento del Milan, a cavallo tra la fine del primo e l’inizio del secondo tempo, il Bologna trova impreparata la difesa del Milan e si porta in vantaggio al 53′ con la rete di Dan Ndoye, fortunato nel riceve palla dalla scivolata di Theo Hernandez su Orsolini, e bravo successivamente nell’aspettare l’attimo giusto per spedire verso la porta un tiro forte e angolato che vale l’1-0. Subito dopo il gol subito, il Milan prova subito a riversarsi in avanti, sfiorando due volte la rete dell’immediato pareggio con la rovesciata di Leão, e con il tiro debole e impreciso di Jovic. Conceição non si scomponi e, al minuto sessantadue, effettua un triplo cambio, dando al Milan maggiore esperienza e spinta offensiva con gli innesti di Walker, João Félix e Giménez. Le contromosse scelte da Italiano sorprendono e arrivano qualche minuto più avanti, buttando nella mischia due giocatori fisici come Casale e l’ex Pobega, al posto di Fabbian e Orsolini. Con la prima batteria di cambi effettuati, l’epilogo della gara sembra chiaro, con i rossoneri costantemente rivoltati nella metà campo avversario, e con un Bologna paziente nel difendere ma bravo nel non tirarsi indietro e ripartire nelle situazioni in cui il Milan perde il possesso della sfera. Poco prima della sostituzione, l’autore del gol del Bologna sfiora la rete del raddoppio con un conclusione di sinistro che termina di poco a lato la porta difesa da Maignan. Per gli ultimi dieci minuti di gara, il tecnico dei felsinei esegue gli ultimi due cambi inserendo Dallinga e Odgaard, mosse studiati per dare maggiore fisicità nel reparto offensivo e per mantenere il gol di vantaggio. Nonostante l’inserimento di João Félix e Giménez, il ‘diavolo’ non riesce a imporsi contro una difesa avversaria attenta e precisa nei minimi dettagli, fattore che costringe Conceição a dare il tutto per tutto inserendo altri due attaccanti, Tammy Abraham e Chukwueze. Durante i tanto discussi sei minuti di recupero, il Milan prova in tutti i modi ad affidarsi alle giocate di Reijnders e Leão, ma il nervosismo e tanta imprecisione, finiscono per scavare la fossa ai rossoneri, che si arrendono dopo novantasei minuti di recupero ad un Bologna perfetto dal primo all’ultimo minuto di gioco.
“La sera dei miracoli”
“È la sera dei miracoli, fai attenzione
Qualcuno nei vicoli di Roma Con la bocca fa a pezzi una canzone”La “sera dei miracoli” cantata da Lucio Dalla nel 1980, si rispecchia perfettamente nella serata vissuta dal Bologna. Dopo avere eliminato il Monza agli ottavi, l’Atalanta ai quarti di finale e l’Empoli in semifinale, gli uomini di Italiano trionfano anche nel match finale dell’Olimpico, imponendosi sul Milan per 1-0, laureandosi campioni di coppa Italia per la terza volta, dopo i gloriosi successi del 1970 e del 1974. Dopo aver sofferto e perso tre finali nel giro di tre stagioni, arriva un meritatissimo trionfo per l’ex tecnico di Trapani, Fiorentina e Spezia. Dopo uno straordinario percorso nella passata stagione, il Bologna si ripete e si migliora nella seguente stagione, riuscendo addirittura a sollevare un trofeo importantissimo e a qualificarsi per la prossima final four di Supercoppa Italiana, programmata per il prossimo gennaio. Con questo storico successo che mancava da 51 anni, il Bologna ottiene l’accesso diretto per la prossima fase a gironi dell’Europa League, in attesa di eventuali migliori piazzamenti nelle ultime due gare di campionato, dove il Bologna affronterà Fiorentina e Genoa.
E adesso, rivoluzione
Nonostante gli ultimi importantissimi successi, il Milan esce sconfitto sotto tutti i fronti in una finale che doveva essere approcciata diversamente. Nonostante il successo per tre a uno dell’ultima sfida di campionato in cui rossoneri sono riusciti a trionfare proprio contro il Bologna, il Milan non è riuscito a rispondere al gol subito o quantomeno a prolungare la gara verso i supplementari. Una rosa ricca di campioni, una storia centenaria e ricca di vittorie, sono ormai distanti anni luce dal Milan di oggi. Qualunque scelta prenderà la società per quanto riguarda allenatore giocatori, il Milan quest’estate subirà inevitabilmente una rivoluzione.
Calcio
Il Supercommento della 36ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top 11 alla fine, della trentaseiesima giornata di Serie A
Milan-Bologna (A cura di Marco Rizzuto)
Rossoneri nuovamente in carreggiata per la Champions: Gimenez e Pulisic ribaltano il Bologna dopo l’ennesima situazione di svantaggio
Nella speranza di rientrare nella corsa Champions e nel frattempo studiare da vicino il Bologna prima della finale di Coppa Italia, Conceicao ripropone l’ormai solito 3-4-2-1 con Joao Felix che prende il posto di Loftus-Cheek sulla trequarti. L’inglese si sposta sulla mediana al fianco di Reijnders al posto di Fofana, assente per l’infortunio rimediato contro il Genoa. Italiano invece cambia modulo. Il Bologna si schiera con un 4-3-3, Moro e Pobega accompagnano Freuler sulla mediana mentre Dominguez prende il posto da titolare sulla fascia sinistra completando il tridente al fianco di Dallinga e Orsolini. Dopo neppure sette minuti però, Tomori è costretto ad abbandonare il campo dopo un brutto impatto con la testa contro Dominguez, costringendo Conceição ad effettuare la prima mossa dalla panchina, al suo posto Thiaw. Con una bella manovra i rossoneri spezzano in due il centrocampo bolognese, Pulisic si imbuca alle spalle della difesa ma al momento del tiro viene chiuso da Lykogiannis. Si assiste ad un primo tempo equilibrato in cui il Milan ha sfiorato diverse volte il vantaggio nella prima parte del primo tempo, mentre il Bologna prende coraggio progressivamente. Alla mezz’ora anche Italiano deve fare i conti con un infortunio in difesa, in particolare è Erlic che abbandona il campo facendo spazio a Lucumi. Alla ripresa nessun cambio, ma il Bologna trova la rete del vantaggio dopo appena tre minuti con il solito Orsolini che arriva a quota 13 gol stagionali, il suo miglio bottino: sponda di Dallinga per il numero 7 che prende il tempo a Pavlovic calciando col mancino sul secondo palo dove non arriva Maignan. Ma il Milan non è sconfitto, non lo è mai date le innumerevoli volte in cui i rossoneri hanno ribaltato situazioni di svantaggio in questo campionato. Dopo 5 minuti dal suo ingresso in campo, Santiago Gimenez crea la sua prima occasione da gol al 70′, ma il gol del pari arriva poco dopo: Pulisic in caduta riesce a servire il numero 7 che di piatto insacca sotto le gambe di Skorupski. Il pareggio galvanizza il Milan, e come contro il Genoa, ribalta tutto in poco più di qualche minuto: Joao Felix viene pescato dentro l’area e prova a concludere colpendo direttamente Beukema, il rimpallo favorisce la corsa di Capitan America che buca Skorupski calciando sul secondo palo. Solo sul finale il Bologna sfiora il pareggio, Cambiaghi lascia partire una rasoiata sul primo palo ma Maignan di puro instinto chiude in calcio d’angolo. Sul finale i rossoneri chiudono la gara con la doppietta di Gimenez: contropiede bellissimo guidato da Chukwueze, che rientra sul sinistro e serve sulla sinistra il numero 7. Gimenez dentro l’area è spietato: salta secco De Silvestri e buca Skorupski sul secondo palo, chiudendo i giochi. I rossoneri tornano miracolosamente in corsa per l’Europa che conta, facendo sprofondare il Bologna al settimo posto. Il primo incontro tra Milan e Bologna sorride ai rossoneri, ma la vera sfida si terrà mercoledì, con il Bologna che vorrà prendersi la rivincita puntando al trofeo.
Como-Cagliari
La sesta sinfonia lariana rimanda la salvezza dei sardi. Il Como vince in rimonta e adesso è decimo
Fabregas, che non subisce gol da quattro partite, sceglie di cambiare portiere: non gioca Butez, ma come nel match d’andata il portiere titolare è Pepe Reina. Confermatissimo il blocco delle ultime gare, con le sole sostituzioni rappresentate da Douvikas (al posto di Cutrone), Valle (al posto di Alberto Moreno) e Strefezza (al posto di Ikoné). Il Cagliari presenta un 4-4-2 con Viola che affianca Piccoli. Nelle fasce Nicola sceglie Luvumbo a sinistra, mentre a destra il solito -irremovibile- Zortea. Emergenza in difesa, perché il tecnico dei sardi non rischia Luperto, diffidato e non al meglio, al suo posto Obert, in coppia con Palomino. Con le due situazioni di classifica ben diverse, la gara mostra fin da subito un Como in gestione della gara, e un Cagliari pronto ad approfittare di ogni minimo errore per colpire a sorpresa. I primi minuti di gara tutti a tinte azzurre, subito con Perrone a scaldare i guantoni di Caprile e lanciare un messaggio al Cagliari. La squadra di Nicola non perde compattezza e solidità, cerca di sfruttare i centimetri di Piccoli, ma il numero 91 è costantemente bloccato da Kempf e Goldaniga. Al 22′ il Cagliari trova il vantaggio: azione sulla destra, Adopo dialoga con Zortea e arriva sul fondo, il francese calcia rasoterra verso la porta, la conclusione sembra innocua, ma Reina sbaglia la presa e regala il vantaggio ai sardi. La reazione del Como è immediata, sempre con qualità e pulizia tecnica. Al minuto 41 i lariani rimettono in equilibrio la gara: Douvikas trova Caqueret alle spalle della difesa, l’inserimento del centrocampista francese è perfetto, così come il pallonetto che batte Caprile in uscita. L’arbitro inizialmente annulla, ma il VAR assegna il gol al Como. L’inerzia della gara è completamente ribaltata, il Como grazie alla sua qualità la fa da padrona, e trova il sorpasso ancora prima dell’intervallo: Strefezza riceve palla sulla sinistra, si accentra leggermente e scaglia un mancino a giro che dà un bacio al palo e si insacca alle spalle di Caprile. Rete meravigliosa del centrocampista brasiliano, senza dubbio l’uomo in più nelle ultime partite della squadra di Fabregas. Al rientro dagli spogliatoi il Cagliari ritrova l’equilibrio, perso nell’ultimo quarto del primo tempo dove era stato sovrastato dal Como. La squadra di casa comincia a gestire il risultato, e abbassa il ritmo della pressione e dell’attacco. Ne scaturisce una serie, a tutto campo, di duelli fisici, lanci lunghi e folate del Cagliari, nel tentativo di ritrovare il pareggio. L’occasione più clamorosa per i sardi è quella capitata a Piccoli al minuto 57: Luvumbo riceve sulla sinistra, si libera rapidamente dell’avversario e crossa all’improvviso verso il centro, Piccoli arriva in anticipo ma chiude troppo la sua conclusione verso il secondo palo e spreca un’occasione d’oro per riacciuffare il pari. Da quel momento comincia la girandola di cambi, e il ritmo partita si smorza ulteriormente: Felici per Zappa e Deiola per Viola nel Cagliari; Cutrone, Van der Brempt ed Engelhardt per Douvikas, Vojvoda e Caqueret nel Como. La rotazione voluta da Fabregas ottiene i suoi frutti, perché i nuovi entrati riportano pulizia ed energia nel possesso lariano, e al 77′ il Como mette il lucchetto alla gara: Nico Paz inventa con l’esterno verso Cutrone, sgusciato alle spalle dei difensori, il capitano arriva davanti Caprile e lo batte sul primo palo con il mancino. Il Cagliari allora attacca a testa bassa, cercando di smezzare il vantaggio. Ci va vicino Marin, ma il suo sembra più un assist che un tiro, e la palla termina fuori. Al termine dei sei di recupero, il Sinigaglia si lascia andare all’ennesimo tripudio per un Como che cala la sesta vittoria consecutiva. 48 punti in classifica valgono agli uomini di Fabregas il decimo posto in classifica. Il rendimento dei lariani nel girone del ritorno è stato impressionante, con numeri da Europa, e con la salvezza acquisita è aumentata la qualità e la spensieratezza nelle giocate. Adesso, a due giornate dal termine, Fabregas cerca di allungare la sua serie -già alquanto storica. Il Cagliari rimanda ancora una volta la salvezza matematica, e la prossima gara contro il Venezia diventa decisiva per la salvezza dei sardi, chiamati a blindare l’obbiettivo il prima possibile.
Lazio-Juventus
La riprende ancora Vecino! La Lazio ferma la Juve al 96′
Il crocevia per la Champions di Lazio e Juve passa dallo scontro dell’Olimpico, e Baroni sceglie i migliori uomini a disposizione, con Dele-Bashiru che vince il ballottaggio con Dia. Anche la formazione della Juve è la migliore, anche se Tudor si presenta all’Olimpico con tante defezioni: confermato Savona in difesa, scelto Alberto Costa esterno a destra, mentre Nico Gonzalez e McKennie fanno da spalle a Kolo Muani, Vlahovic è recuperato ma solo per la panchina. Partita dal peso enorme, e le due squadre lo dimostrano fin da subito. Il ritmo è basso, l’equilibrio prevale per merito dei bianconeri, mentre la Lazio cerca di sfondare per vie centrali grazie ai movimenti imprevedibili di Dele-Bashiru. La prima occasione della gara è proprio del nigeriano, bravo a defilarsi sulla destra e calciare forte sul primo palo, Di Gregorio chiude bene lo specchio e manda in angolo. Il primo tiro della Juve verso la porta di Mandas arriva dopo quasi dieci minuti di gioco, ed è un calcio di punizione dalla trequarti che Locatelli però indirizza troppo verso il portiere. È la Lazio che nelle prime fasi di gioco si rende più pericolosa, e la velocità di Isaksen coglie impreparato Savona, che mostra qualche difficoltà in più nel ruolo, dopo che a Bologna era stato pressoché perfetto nell’interpretazione e nell’attenzione. Per rivedere la Juve dalle parti di Mandas bisogna arrivate al quarto d’ora, quando Alberto Costa non riesce a superare il muro biancoceleste eretto dai difensori, dopo che Mandas aveva lasciato la porta sguarnita in seguito a un contrasto con Nico Gonzalez. I bianconeri fanno fatica a rendersi pericolosi in avanti, Kolo Muani è spesso isolato contro i difensori di Baroni, McKennie è troppo impegnato nel raddoppiare Isaksen, mentre Nico Gonzalez non è in giornata e lo si evince dai tanti errori tecnici. Nella fase centrale non succede quasi nulla, da sottolineare solo una serie di cartellini gialli, pesantissimi, per Thuram e Savona: entrambi erano diffidati e salteranno l’ultima gara stagionale allo Stadium, contro l’Udinese. Nel secondo tempo Tudor non perde tempo a muovere la panchina: fuori Nico Gonzalez e dentro Conceicao. Un cambio che mira a rinforzare l’attacco e aumentare la qualità nella trequarti. Gli effetti arrivano, ma sulla corsia opposta: McKennie attacca maggiormente l’area laziale, arriva al cross dal vertice sinistro e trova in mezzo Kolo Muani, il cross dell’americano è perfetto, la conclusione del francese un po’ meno, ma basta per battere Mandas, che cerca di intervenire come può ma si butta la palla in rete. La Lazio sembra frastornata dal vantaggio della Juve, e non trova spazio per attaccare la difesa, sempre più bassa, della Juve. Baroni inserisce subito Pedro e Dia, al posto di Dele-Bashiru e Isaksen. A sparigliare le carte, e il copione della gara, ci pensa però un altro francese: al 58′ Castellanos rimane a terra dopo un diverbio con Kalulu. Il VAR richiama Massa all’on-field review e dalle immagini il colpo del francese sul collo dell’argentino è netto. Cartellino rosso e pronta la squalifica di due giornate per Kalulu, di fatto il suo campionato termina qui. L’ingenuità del francese costringe la Juve a una ripresa in completa trincea, mentre la Lazio cerca di attaccare e sfruttare il vuoto lasciato dal difensore bianconero. Nella Lazio Zaccagni non riesce a sfondare lateralmente, mentre tra le linee Guendouzi e Pedro trovano tanto spazio per calciare verso la porta. Tudor inserisce Adzic e Douglas Luiz al posto di Kolo Muani e Alberto Costa, uscito per delle noie fisiche. Il forcing biancoceleste è totale, la Juve soffre e all’86 Savona pasticcia con il pallone, colpisce Pedro e regala la palla a Castellanos in area, Di Gregorio esce e lo stende. Massa assegna il rigore ma la posizione del Taty è irregolare e il rigore viene cancellato. Tudor capisce il bisogno della difesa di maggiori centimetri e i cambi sono terribilmente cinici: fuori Conceicao e Adzic (la cui partita è durata dieci minuti), dentro Vlahovic e Gatti, al rientro dopo il lungo infortunio. Nel recupero si gioca in una sola metà campo, l’esercizio è attacco contro difesa, e la Lazio per poco non sfonda: minuto 92, Lazzari trova un corridoio a destra per Dia, il senegalese riceve in area e calcia forte sul primo palo, Di Gregorio si supera con il pugno sinistro, deviando la palla sul legno, ma la pressione del Lazio comincia a diventare sempre più pericolosa. La corsia è sempre quella destra, e a sessanta secondi dal termine i biancocelesti pareggiano: cross di Lazzari sul secondo palo, Castellanos impegna Di Gregorio in un altro miracolo, ma sulla respinta Vecino arriva per primo e insacca a porta vuota. Un primo tempo di poco e nulla, una ripresa in cui succede di tutto. È la fotografia di Lazio-Juventus, che non lascia felice nessuno nella corsa verso la Champions. 64 punti per entrambe, e adesso la corsa all’Europa che conta passa dagli ultimi due match. La Lazio ha un calendario più pesante (Inter a San Siro e Lecce in casa), ma si gioca punto su punto, e la squadra. di Baroni può dire la sua fino all’ultimo. Dall’altra parte la Juve ha due gare all’apparenza più semplici, con Udinese e Venezia, ma le squalifiche e i tanti infortuni possono presentare qualche insidia nascosta. La gestione della partita dell’Olimpico era stata quasi perfetta, fin quando Kalulu non è caduto nella trappola di Castellanos e ha condizionato la gara. Adesso Tudor è costretto a inventarsi qualcosa per la gara contro i friulani, e con Inter-Lazio e Roma-Milan in programma, la partita può essere il match-point per la Champions.
Empoli-Parma
Fazzini e l’eurogol di Anjorin. L’Empoli torna a vincere e adesso ci crede davvero
La conformazione del Parma di Chivu è ormai la solita: 3-5-2 con Bonny e Pellegrino in avanti. D’Aversa sceglie Fazzini e Cacace sulla trequarti, mentre il centravanti non è Colombo ma Seba Esposito. Dopo una fase di studio il pallino del gioco è in mano all’Empoli. Il Parma attende compatto nella sua metà campo, mentre i toscani cercano di dettare i ritmi e attaccare fin da subito. Dopo dieci minuti i padroni di casa sbloccano la gara: schema dalla bandierina, Henderson calcia basso verso il limite, Fazzini arriva in corsa e sfonda la porta di Suzuki con un missile sotto la traversa. Continua il momento d’oro del numero 10 azzurro, al terzo gol nelle ultime quattro gare. Per Chivu piove sul bagnato, perché Valenti commette due ingenuità e si fa espellere: prima si fa ammonire per una reazione su Henderson (abbastanza lieve) e poi si prende il secondo giallo trattenendo Esposito, che non sarebbe arrivato a prescindere sul pallone. Un’ingenuità che costringe il tecnico crociato a ridisegnare la sua squadra, anche se le maggiori difficoltà arrivano dalla metà campo in su. La mediana va in affanno, con Keita che rompe il gioco ma non imposta, Sohm non riesce a inserirsi agonisticamente nel match e Ondrjeka a girare a vuoto (assente ingiustificato sul gol di Fazzini). Pellegrino continua la sua lotta contro Ismaijli, tornato a governare la difesa e i risultati si vedono eccome. L’argentino ha solo un’occasione di testa, ma non riesce a convertire in rete, e per il resto del primo tempo non riesce a trovare spazio. Nella ripresa, come prevedibile, l’Empoli prova a fare la partita, forte dell’uomo in più. Il Parma di Chivu però non demorde e comincia a trovare sempre più spazio. La crescita dei crociati si evidenzia dalle mosse del tecnico romeno, che inserisce Milan Djuric al posto di Pellegrino, oltre a Hernani e Camara, al posto di Sohm e Ondrejka, non pervenuti. La mossa si rivela, ancora una volta, quella giusta, perché il Parma riacciuffa il pareggio grazie ai subentrati: punizione da centrocampo di Hernani verso il secondo palo, stacco imperioso di Djuric verso la porta, Bonny disturba Vasquez che non interviene e il Parma trova il gol dell’1-1, gelato il Castellani. Prima gioia in maglia crociata per Djuric, che sceglie la notte perfetta per aprire il suo score. L’Empoli, spinto dai suoi tifosi, cerca una reazione e la ottiene anche lei dalla panchina. Stavolta a uscire è Tino Anjorin, uno che nel girone di ritorno si è eclissato, causa problemi fisici. E pure lui sceglie la notte perfetta, anche meglio di Djuric, per fare gol: minuto 85, sponda di Konaté (anche lui subentrato, ad Esposito) Anjorin prende la mira e scaglia una fucilata sotto l’incrocio, una perla che ha un peso enorme per la corsa salvezza, perché il risultato resiste fino al triplice fischio. Serviva una vittoria per non smettere di lottare, e i tre punti sono arrivati. La lotta salvezza si conferma intensissima, e con questo successo anche l’Empoli manda un segnale alle pretendenti. Il gol di un Fazzini rigenerato nelle ultime gare, e di un ritrovato Anjorin, possono dare quella marcia in più in vista degli ultimi due scontri diretti, contro Monza e Verona. Il Parma mantiene quattro punti sulla zona retrocessione, e adesso cerca il sigillo finale alla salvezza.
Udinese-Monza (A cura di Marco Rizzuto)
A Udine prevale l’orgoglio brianzolo: all’ultimo respiro Keita Baldé regala la vittoria al Monza
Il Bluenergy Stadium ospita una gara tra due squadre che conoscono già il loro destino, ma le occasioni fioccano ugualmente. La prima palla gol è dei bianconeri, che sfiorano il vantaggio con l’acrobazia al volo di Kamara ma la sfera termina fuori dallo specchio. Nei primi trenta minuti si assiste ad un dominio bianconero, Solet prima dribbla Castrovilli, poi duetta con Modesto e calcia in porta costringendo Pizzignacco ad un grande intervento. La prima metà di gara giocata a ritmi non troppo bassi termina in parità. L’Udinese ha trovato diverse volte la porta senza mai battere l’estremo difensore. Alla ripresa il tecnico Runjaic effettua due cambi per provare a sbloccare il risultato: dentro Lucca e Lovric per Zarraga e Bijol. Il Monza però passa inaspettatamente in vantaggio al 52′ con il gol altrettanto surreale firmato da Caprari: Birindelli galoppa sulla corsia di destra, si accentra e calcia colpendo in pieno il secondo palo, la sfera carambola sulla spalla di Caprari che si era involato in scivolata ed entra in porta. La gara prosegue con l’Udinese che cerca e trova il pareggio in un modo similmente surreale: Akpa Akpro inciampa sul pallone regalando ai bianconeri il possesso, Karlstrom senza perdere tempo sventaglia in avanti alla ricerca di Lucca, che controlla bene e poi calcia forte sul secondo palo battendo Pizzignacco ad un quarto d’ora dalla fine. Il secondo tempo segue lo stesso copione del primo, l’Udinese spinge per il gol ma alla fine è il Monza che a sorpresa sul finale segna il gol vittoria: Sensi apre sulla sinistra per Zeroli che crossa in mezzo trovando Keita Baldé tutto solo, il senegalese spacca la porta da pochi metri regalando la vittoria al Monza, una vittoria che non si vedeva da quasi quattro mesi.
Hellas Verona-Lecce (A cura di Marco Rizzuto)
Krstovic illude, Coppola punisce: la salvezza del Lecce è appesa a un filo
Dopo il successo dell’Empoli, il Lecce è chiamato a vincere per uscire fuori dalla zona retrocessione. Tra le fila del Verona, Zanetti ritrova Coppola e Valentini dopo il turno di squalifica, torna titolare anche Tengstedt che si posiziona al fianco di Sarr per guidare l’attacco scaligero. I salentini rispondono col solito 4-2-3-1, Krstovic riesce a recuperare partendo titolare. Alle sue spalle N’Dri, Helgason e Tete Morente. La squadra di Giampaolo non vince addirittura dal 31 gennaio e la vittoria deve essere l’unico risultato accettabile. Il Lecce prende in mano le redini della gara, passando in vantaggio dopo 22 minuti di dominio: Tete Morente imbucail pallone alle spalle della difesa perfetto per Krstovic, il bomber salentino batte Montipò inaugurando la gara. Dopo lo svantaggio, il Verona cerca di rialzare la testa e riesce a pareggiare a cinque minuti dalla fine del primo tempo: Suslov scodella in mezzo il pallone trasformato in gol dalla testata di Coppola, che si insacca perfettamente sul secondo palo dove Falcone non può arrivare. Sul finale Krstovic prova a prendersi la squadra sulle spalle cercando l’eurogol dalla distanza, ma la sfera esce a fil di palo. Alla ripresa entrambi gli allenatori mettono mano alla panchina: dentro Serdar per Suslov nel Verona, mentre Veiga subentra per Guilbert nei salentini. Il secondo tempo mostra un Verona molto più propositivo, la squadra di Zanetti tenta di sfruttare i cross, punto debole del Lecce come visto nella prima frazione. All’ora di gioco il Lecce va vicinissima al vantaggio, ma Banda non riesce ad indirizzare a porta vuota sullo splendido assist di Veiga. Da questo momento in poi i ritmi calano vertiginosamente, il fischio finale conferma l’1-1 del primo tempo lasciando in bilico il destino di entrambe le squadre. Il Verona momentaneamente ricopre la quindicesima posizione, ma la salvezza non è ancora confermata. Con questo pari la squadra di Giampaolo rischia grosso, a sole due giornate dal termine i salentini sono diciottesimi, a -1 dal Venezia momentaneamente salvo.
Torino-Inter (A cura di Tommaso Patti)
Nerazzurri sulla cresta dell’onda. Il primato adesso dista solo un punto
Nel miglior momento della stagione, subito dopo le due quasi fatali sconfitte in campionato, l’Inter è costretta a fare risultato a Torino per impedire agli azzurri di allungare sul secondo posto. Inzaghi schiera in campo nove cambi rispetto alla sfida contro il Barcellona, lasciando in campo solamente Bisseck e Bastoni. Dopo una decina di minuti giocati interamente nella metà campo dei padroni di casa, la mossa di Simone Inzaghi risulta vincente e porta l’Inter in vantaggio: posizionato da mezza’ala, Zalewski si crea, con un colpo di tacco, lo spazio per aggredire il campo e calciare a giro sul secondo palo, conclusione che trova impreparata la difesa granata e che non lascia scampo Milinkovic Savic. La prima rete in maglia nerazzurra dell’esterno polacco, permette all’Inter non solo di procedere con una marcia in più la gara, ma anche la gioia di aver portato in gol tutti i giocatori di movimento (appartenenti alla prima squadra). La nuova posizione di Zalewski e il tanto sacrificio di Correa, permette all’Inter di trovare spazi liberi e portare palla indisturbatamente nell’area di rigore avversaria, come accaduto al 26’ con l’avanzata di Bisseck conclusa con il filtrante per Darmian, autore di un tiro in diagonale salvato miracolosamente da Masina. Dall’occasione dell’ex difensore del Toro, la gara subisce un calo drastico di azioni, fattore alimentato soprattutto dalle forti precipitazioni avvenuta a Torino, che costringono le squadre a giocare con cautela date le incognite del campo dopo un breve stop per testare il terreno di gioco da parte di La Penna. Nel pieno dei sei minuti di recupero, una prodezza di Josep Martinez salva l’Inter sul colpo di testa di Che Adams, che riceve palla da Biraghi ma non riesce ad angolare il pallone in modo tale da battere l’estremo difensore spagnolo. Dopo un secondo test per capire se la gara potesse riprendere dato il forte temporale verificatosi durante l’intervallo, la sfida prosegue regolarmente. La prima occasione della ripresa arriva dopo poco più di un minuto, quando sullo scatto di Taremi, Milinkovic–Savic interviene in maniera irregolare sull’iraniano, commettendo fallo dentro l’area di rigore. Per ottenere continuità e fiducia, dal dischetto si presenta nuovamente Asllani che spiazza il portiere serbo, e trasforma in gol il secondo rigore di fila dopo quello segnato nell’ultima sfida contro il Verona. Il doppio vantaggio e l’evidente stanchezza dovuta all’estenuante impegno contro il Barcellona, il ritmo dei nerazzurri è più conservativo. Nonostante il fallo che ha regalato il penalty agli ospiti, Milinkovic-Savic salva la propria squadra in diverse circostanze grazie a degli interventi importanti e che tengono a galla la squadra di Vanoli. Durante il secondo dei tre minuti di recupero, la rovesciata di Masina riapre la partita, rete annullata immediatamente dal direttore di gara per un fallo in attacco del centrale marocchino ai danni di Asllani. La rete che avrebbe accorciato le distanze, illude un Torino poco creativo e succube per tutti i novanta minuti dell’Inter. La dodicesima sconfitta in campionato, non danneggia però in nessun modo un Torino già salvo e saldamente a metà classifica. Dopo le turbolenti due settimane in cui l’Inter ha visto quasi scappare via tutti gli obiettivi, la vittoria di misura contro il Verona e la grande prestazione in Champions, regala ai nerazzurri un finale di stagione tutto da vivere, soprattutto dopo il passo falso del Napoli contro il Genoa.
Napoli-Genoa (A cura di Tommaso Patti)
Il Genoa sorprende e pareggia al Maradona. Conte “spreca il bonus”.
La voglia di continuare a sognare degli azzurri e la frase “andiamo a Napoli per vincere” di Vieira, sono la combo perfetta per una sfida elettrizzante. Al Maradona, il Napoli prova subito a rompere la difesa avversaria dopo pochi minuti con la classica conclusione di Politano, terminata di poco a lato la porta difesa da Siegrist. Dieci minuti dopo il gol sfiorato dall’esterno azzurro, il Napoli -come in gran parte della stagione- si affida alla devastante forza di Lukaku, che si carica la squadra sulle spalle, e sblocca il risultato grazie all’assist di McTominay. La dodicesima rete in campionato di Lukaku, spinge ancora di più un Maradona carico e voglioso di trionfare. Successivamente alla conclusione di Raspadori murata da Siegrist, il Napoli trema sulla traversa colpita da Pinamonti, bravo nel vincere il duello contro Politano e a impattare di testa il cross servito da Vitinha. Su un’altra iniziativa nata dai piedi di Messias, il Genoa trova la rete del pareggio grazie all’errore di Meret sul colpo di testa di Ahanor. La reazione dei partenopei non arriva e il Genoa prova a prendere il sopravvento, sbattendo più volte contro una difesa del Napoli attenta e rapida nel bloccare le manovre offensive avversarie. Nella ripresa, il Napoli scende il campo provando subito ad assediare l’area del Genoa, affidandosi alle solite ed efficaci incursioni di Di Lorenzo. Dopo un primo tempo opaco, il “Jack” del Napoli si accende e riporta in vantaggio la squadra di Conte, azione nata dall’ennesimo assist di McTominay e da un’altra imbucata vincente di Raspadori. Nel momento migliore del Napoli, il cross di Aaron Martin è inatteso dalla retroguardia azzurra, che lascia libero di saltare e impattare in porta la conclusione di testa di Vasquez. Il gol del difensore messicano gela il Maradona, che spinge comunque la squadra nel tentativo di raddrizzare una sfida non giocata al meglio da parte dei padroni di casa. Prima del triplice fischio, il Napoli sfiora il gol del nuovo vantaggio in due occasioni: prima con il sinistro a giro di uno stremato Politano, e successivamente con l’azione pericolosa costruita da Neres per il colpo di testa largo di Billing. Con il successo dell’Inter, il Napoli ha sì il destino nelle proprie mani, ma ha comunque visto svanire l’opportunità di andare a +3 a sole due giornate dal termine, distanza che adesso è di una sola lunghezza sulla squadra di Inzaghi. Nelle prossime sfide, la squadra di Conte affronterà Parma e Cagliari, due squadre ancora non certe della permanenza in Serie A nella prossima stagione, a differenza del Genoa, salvo, senza obiettivi ma in grado di strappare un punto prezioso al Maradona.
Venezia-Fiorentina (A cura di Simone Scafidi)
C’è luce per il Venezia, frenata Viola
Nel commovente spettacolo di un Penzo sorprendentemente pieno, che omaggia tutte le mamme in occasione della loro festa, Venezia e Fiorentina arrivano con due obbiettivi ben diversi: la salvezza per i Lagunari, l’Europa per Palladino. La prima metà del primo tempo risulta monotona, con le due squadre che si studiano, temendo di sbilanciarsi ed evitando di subire eventuali ripartenze. La prima occasione è per la Fiorentina con Fagioli, che calcia sul secondo palo trovando la bella parata di Radu, che sventa il pericolo. Allo scadere del primo tempo è invece il Venezia ad andare vicino al vantaggio, con una serpentina di Yeboah in area di rigore che termina sul fondo. Al 59′ è invece Oristanio a sfiorare l’1-0, sparando la sfera sull’esterno della rete da due passi. Dopo appena tre minuti, sul cross di Kike Perez si avventa Candé, che buca De Gea e porta in vantaggio la squadra di Di Francesco, in un Penzo che esplode di gioia. La difesa Viola sale malissimo e il due del Venezia rimane totalmente indisturbato nel calciare. Pochi istanti dopo la Fiorentina reagisce, con il tiro di Ranieri che, in seguito ad un miracolo di Radu, si infrange sul palo, innescando la ripartenza del Venezia che arriva fino in fondo con Oristanio, autore del gol del 2-0, tornando in rete dopo ben cinque mesi. A quindici minuti dal termine la riapre uno dei migliori giocatori della stagione viola, Rolando Mandragora, che si gira in un fazzoletto all’interno dell’area di rigore e batte Radu, insaccando la sfera praticamente all’incrocio dei pali. Dopo sette lunghi minuti di recupero, Marchetti fischia tre volte e il Venezia può tirare un sospiro di sollievo, con due partite rimaste in cui dovrà mettere l’anima per riuscire ad accaparrarsi un’insperata salvezza.
Atalanta-Roma (A cura di Simone Scafidi)
Il Passato può tornare: Sulemana gela Ranieri
Le ultime battute di questo campionato saranno fondamentali per definire l’accesso agli ultimi posti disponibili per l’Europa. Al Gewiss Stadium, con i tre punti, la squadra di Gasperini si assicura la partecipazione alla prossima Champions, mentre la squadra di Ranieri, sconfitta dopo 19 risultati utili consecutivi, dovrà per forza trovare due vittorie nelle ultime due giornate. I giallorossi, in tenuta da trasferta, partono arrembanti con Cristante, ingranaggio a centrocampo che dopo appena sette minuti impensierisce Carnesecchi con un tiro dalla distanza abbastanza insidioso. Nella ripartenza immediatamente successiva, sull’assist di De Ketelaere, Lookman buca Svilar sul secondo palo con il più classico dei suoi gol e porta avanti la Dea, in mezzo alla nebbia di Bergamo. Dopo appena due minuti l’Atalanta va vicina al raddoppio con Ederson, che in seguito ad una giocata da brividi calcia alto sopra la porta giallorossa. Al 17′, un errore di Kossounou spalanca il campo a Koné, che tenta la conclusione dalla lunga distanza, deviata in calcio d’angolo non lontana dalla porta di Carnesecchi. Cinque minuti più tardi è proprio Manu Koné a spalancare il campo alla Dea, che arriva al tiro prima con De Ketelaere, murato da Svilar e successivamente con Retegui, autore di una conclusione potente ma imprecisa. Ad un quarto d’ora dal termine del primo tempo, Cristante sigla il gol del pareggio, incornando di testa su una palla precisa di Soulé, che il centrocampista italiano non deve far altro che appoggiare in porta, per il gol dell’1-1. Nel secondo tempo, quantomeno all’inizio, la Roma sembra scendere in campo più consapevole dei propri mezzi, arrivando spesso dentro l’area di rigore avversaria. Al 63′ Koné sfonda e viene buttato giù da Pasalic, con l’arbitro che indica il dischetto, per poi annullare, solo successivamente, il calcio di rigore, con il sospiro di sollievo di Gasperini. Da questo episodio l’Atalanta riesce a trovare la forza per riprendere in mano la partita, e al 76′, in seguito ad una meravigliosa azione corale, il neo-entrato Sulemana arriva alla conclusione dalla distanza, che batte Svilar per il definitivo 2-1. La mossa di Gasperini si rivela (ovviamente) vincente, e al triplice fischio dell’arbitro l’Atalanta esplode in una grande festa per l’ennesima qualificazione in Champions League, arrivata con due giornate di anticipo. Ranieri, apparso leggermente nervoso nelle interviste post-gara, dovrà invece motivare la squadra per rimanere attaccato al treno Champions, che arriverà a destinazione con un solo vagone conteso da diversi passeggeri.
LA TOP11 DELLA 36ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala
Calcio
Europa e Conference, semifinali di ritorno: Europa all’inglese, Fiorentina nel baratro

Con il triplice fischio che pone il sigillo anche alle semifinali di ritorno di Europa e Conference League, abbiamo finalmente un disegno definitivo di quelle che sono le quattro contendenti che scenderanno in campo per aggiudicarsi le due finali. A San Mamès si contenderanno il titolo Tottenham e Manchester United, per una finale tutta all’inglese che mette in palio non solo la coppa, ma anche la dignità persa durante una stagione pessima. A Breslavia, per la finale di Conference, andranno il Chelsea, che già aveva ipotecato il passaggio del turno nella gara di andata, e il Betis, che riesce a scavalcare un’audace Fiorentina e accede all’ultimo atto di questa stagione.
EUROPA LEAGUE
Wavin’ Flag
Nello stadio San Mamès di Bilbao, il 21 maggio, sventolerà una ed una sola bandiera, la Union Jack. Con andata e ritorno giocate magistralmente, sia Manchester United che Tottenham annichiliscono i propri avversari e strappano il ticket per la finale in Spagna. Nonostante le temperature polari del maggio norvegese, e i tifosi avversari che arrecano disturbo nel cuore della notte con fuochi d’artificio e fumogeni, il Tottenham scavalca il fortino del Bodo e non si fa sorprendere, arrecando una pesante sconfitta alla sorpresa di questo torneo, che prende due gol senza realizzarne, per il risultato totale di 5-1. Il gol di Solanke e l’improbabile rete di Pedro Porro scacciano, in poco più di sei minuti, ogni possibile timore degli Spurs, che tornano a giocarsi una finale Europea dopo quella di Champions League persa contro il Liverpool nel 2019. Sei anni fa, in un Wanda Metropolitano gremito, la squadra del Nord di Londra si trovava ad affrontare dei Reds apparentemente inarrestabili. Ironia della sorte, nella prossima finale, la squadra di Postecoglou si troverà ad afffrontare degli altri “reds”, sempre inglesi, autori però di una stagione tutt’altro che da protagonisti; il Manchester United di Amorim, molto sottotono in campionato, sembra cambiare totalmente faccia in Europa, e contro l’Athletic Bilbao tappa ogni possibile buco, non lasciando spazio agli spagnoli di costruire e al contempo attaccando senza sosta per arrivare al risultato finale di 4-1, che unito a quello dell’andata dà origine al totale di 7-1. La doppietta di Mount, ultimamente in forma, e i gol di Hojlund e Casemiro spezzano il sogno basco (inizialmente riacceso dal gol di Mikel) di giocare una finale in casa, e ipotecano di fatto il lasciapassare per la compagine di Manchester, che torna a giocare una finale europea dopo l’Europa League vinta nel 2017 contro l’Ajax.
Un ateniese a Londra
A dicembre, in un’intervista, lo aveva detto, e per come stava procedendo la stagione, vennero considerate parole al vento. “Al secondo anno con una squadra vinco sempre qualcosa“, è successo con il Brisbane, con gli Yokohama Mariners, con l’Australia e con il Celtic, ma stavolta sembrava che le cose potessero andare diversamente: un campionato buttato e l’eliminazione da quasi tutte le competizioni hanno spento la speranza nei tifosi degli Spurs, che anche un pò inaspettatamente si sono ritrovati in finale di Europa League, con la concreta possibilità di dover chiedere scusa, per non essersi fidati delle parole di Ange Postecoglou.
CONFERENCE LEAGUE
Fiorentina – Real Betis
La spinta del Franchi e il morale alle stelle non basta alla Fiorentina per fermare un Betis audace e aggressivo, che con una prestazione non stellare ma concreta riesce ad accedere alla finale di Breslavia. Nel primo tempo gli Spagnoli sembrano averne di più, ma a spaventare per prima è la squadra di Palladino, che con Comuzzo va due volte vicina al gol nel giro di pochissimi istanti, con il difensore italiano che incorna di testa su situazione di calcio d’angolo e si vede negare sulla linea per entrambe le volte la gioia del gol. Nonostante ciò, i biancoverdi non si scompongono e al 30′ trovano il gol del vantaggio con una magistrale punizione di Antony, che beffa De Gea colpendo anche il palo e confermando un periodo di forma assolutamente straordinario. Dopo appena tre minuti la Viola reagisce con grinta, e su calcio d’angolo Gosens colpisce di testa e trova il pareggio per poi raddoppiare, con un gol praticamente identico, a tre minuti dalla fine della prima metà di gara. Dopo aver capito i propri errori, il Betis si chiude anche per tutto il secondo tempo, che prosegue praticamente spoglio di vere occasioni per poi concludersi con un duplice fischio che porta tutto ai tempi supplementari. Proprio nell’extra-time, nonostante i diversi interventi prodigiosi di De Gea, El Zazzouli viene lassciato totalmente solo di progredire in area, e ricevendo palla da Antony non deve far altro che appoggiarla in porta, siglando un gol analogo a quello segnato nella gara di andata, che archivia definitivamente la finale per la squadra di Pellegrini, la quale si troverà faccia a faccia con il Chelsea di Maresca, passato all’ultimo atto a discapito del Djurgarden.
Prima volta biancoverde
Dopo il passaggio del turno a discapito della Fiorentina, il Real Betis si aggiudica, per la prima volta nella sua storia, il diritto di giocarsi una finale europea. La qualificazione al match di Breslavia è solo la punta dell’iceberg di una stagione condotta magistralmente dalla squadra di Pellegrini, che sotto la guida dell’allenatore cileno ha trovato il coraggio di proporre un gioco iper-offensivo sia in campionato che in Europa, risultando, da gennaio in poi, uno dei club più in forma al mondo. La finale contro il Chelsea sarà probabilmente la partita più importante della stagione, con un peso specifico non indifferente e che significherebbe, in caso di vittoria, la partecipazione diretta alla prossima Europa League.
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