Calcio
Il Supercommento della 34ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top 11 alla fine, della trentaquattresima giornata di Serie A
Como – Genoa (A cura di Dennis Rusignuolo)
Il mancino di Strefezza chiude il discorso salvezza. Il Como batte il Genoa ed è matematicamente salvo
Dal Via del Mare il Como si regala il match point per la salvezza, ma perde una delle pedine fondamentali nel girone di ritorno. L’infortunio di Assane Diao (intervento al piede, stagione finita) costringe Fabregas a rivedere tutto il versante offensivo del suo Como, e la scelta ricade su Patrick Cutrone e Strefezza oltre agli ormai soliti Nico Paz e Ikoné. Fronte rossoblù Vieira stravolge la sua formazione: giocano dal 1′ Ahanor, Ekhator e Kassa e risposa -un po’ a sorpresa- Andrea Pinamonti, oltre Vitinha e lo squalificato Otoa. La prima grande occasione è per gli ospiti al terzo minuto, dopo una discesa di Norton-Cuffy sulla destra, palla in mezzo pasticciata da Valle e consegnata sui piedi di Kassa, l’israeliano da due passi spara alto. Nonostante la solita parata di vip nelle tribune del Sinigaglia (quest’oggi presenti Pierre Gasly e l’ex Real Madrid Lassane Diarra), i ritmi non molto elevati, il Como ci mette un quarto d’ora per scaldare il motore e comincia ad affacciarsi dalle parti di Leali. Il primo squillo lariano è di Ikoné, che da destra col mancino prova il tiro a giro sul secondo palo, solo sfiorato per una deviazione. Sugli sviluppi dell’angolo Nico Paz calcia dal limite e la sua conclusione non va molto lontana dalla porta. Con il passare dei minuti il Como entra sempre di più dentro il match: in mediana Caqueret e Da Cunha con facilità creano la superiorità numerica per lo scarico sulla trequarti. Come al 16’, con Strefezza innescato sulla sinistra, incursione fermata in corner, su cui Goldaniga di testa manda non di molto a lato. Il Genoa, in modalità d’attesa, va a sprazzi come al 28’: malinteso tra Butez e Vojvoda, la palla arriva nei piedi di Ahanor che si trova con la porta vuota, ma defilato colpisce il palo. Dopo un gol annullato a Thorsby per fuorigioco, il primo tempo si chiude con il Como in costante pressione ma ancora con il piede che non affonda sull’acceleratore. Nella ripresa Wilson (vice di Vieira, squalificato) inserisce subito Messias al posto di Kassa. Dopo un avvio a ritmi piuttosto blandi, stesso copione del primo tempo, il Como trova la fiammata che apre la gara. Minuto 59, l’azione del Como parte dal solito Nico Paz, apertura sulla sinistra per Cutrone, filtrante per la sovrapposizione di Strefezza e sinistro vincente a battere Leali. Dopo il vantaggio lariano, entrano subito Pinamonti e Vitinha, fuori Ahanor e Ekhator. Il Grifone cerca di prendere campo sfruttando i guizzi di Messias, ma la coppia di centrali di Fabregas, Goldaniga-Kempf, non molla un centimetro e non concede particolari spazi all’attacco rossoblù. La girandola di cambi del Como rallenta il ritmo della partita, Fabregas concede minuti preziosi a Gabrielloni, una sostituzione che maschera tutta la narrativa e la letteratura del caso, e i lariani gestiscono il risultato fino al triplice fischio di Arena, il cui triplo sospiro aggiunge un capitolo memorabile alla storia del Como. Per la prima volta dagli anni 50′ i lariani conquistano quattro successi di fila, ma la vera festa del Sinigaglia è data dall’aritmetica salvezza raggiunta dalla squadra di Fabregas. Ci sarà tempo per parlare a quattrocchi della stagione del Como, dalla squadra alla dirigenza, passando per l’allenatore, ma ciò che conta in questo momento è una salvezza raggiunta seguendo un’idea e un principio ben conosciuto e ben definito. Con quattro gare al termine del campionato, la squadra di Fabregas cercherà di continuare a gettare le basi per il futuro, che passa indubbiamente dalla salvezza raggiunta oggi. Sponda Genoa invece continua il momento poco positivo per la squadra di Vieira. Il Grifone sembra aver staccato un po’ la spina, anche se la salvezza è ormai consolidata, anche dalle parti di Genova si cercano basi solide per costruire un progetto che si spinga ben oltre il semplice mantenimento della categoria.
Venezia – Milan (A cura di Tommaso Patti)
Vittoria e sofferenza. Il Milan passa anche al Penzo
Un Milan carico per la vittoria nel derby di Coppa Italia, va a sfidare un Venezia ancora in mezzo alla lotta per non retrocedere. La gara si dimostra molto equilibrata e carica di intensità sin dai istanti. Dopo appena quattro minuti, un errore in fase di impostazione dei padroni di casa, innesca la ripartenza del Milan che porterà al gol di Pulisic, autore dal suo 10º goal in Serie A, arrivato grazie al recupero palla di Jimenez e al filtrante Fofana. La disattenzione del Venezia paga subito dazio contro un Milan che prova a salvare il salvabile in una stagione in cui gli errori sono stati pagati cari. Gli uomini di Di Francesco non si scompongono e, dopo pochi minuti, trovano già la forza di reagire e creare alcuni problemi alla difesa rossonera. La conclusione di Nicolussi Caviglia prima, e l’errore da pochi passi di Yeboah poi, scaldano ancora di più una gara ricca di occasioni. Su un calcio di punizione da una zona molto invitante, è nuovamente Nicolussi Caviglia ad accendere l’entusiasmo, come una conclusione indirizzata nel lato opposto alla barriera, terminata di un soffio a lato la porta di difesa da Maignan. La carica del Penzo accompagna gli arancioneroverdi fino al momentaneo gol del pareggio, arrivato da un cross teso di Haps e finalizzato dalla conclusione di prima di Yeboah, revocato immediatamente dal direttore di gara per un fuorigioco del numero sei statunitense. Nonostante le tante azioni subite, il Milan riesce sempre ad essere lucido e difendere il vantaggio. Nella ripresa, il Venezia scende in campo ancora più carico dei primi quarantacinque minuti, creando un enorme palla gol dopo soli. Dopo una fase di stallo prolungata, il Venezia torna ad attaccare con convinzione l’area di rigore avversaria, affidandosi alle giocate di Oristanio, autore e protagonista di un assist che stava per portare al gol di Zerbin. Esattamente cinque secondi dopo i cinque minuti di recupero concessi dal direttore di gara, il Milan trova la rete che chiude la gara grazie al lancio di Reijnders, che pesca il taglio di Gimenez, abile nel superare Radu con un pallonetto e riscattarsi dopo un periodo buio.
Nonostante una gara giocata ad altissimo livello da parte dei padroni di casa, la sconfitta per due a zero contro il Milan condanna il Venezia ad affrontare le ultime quattro partite con l’obbligo di vincere e sperare in un passo falso delle dirette avversarie. L’enorme iniezione di fiducia arrivata nella vittoria per tre a zero contro l’Inter di mercoledì, trascina il Milan ad una vittoria utile per mantenere le speranze nella qualificazione in una competizione europea per la prossima. La trasferta del Penzo, lascia tante buone notizie a Conceição: la decima rete in campionato di Pulisic e l’ennesima ottima presentazione di Reijnders, sono due ottimi tasselli per far respirare il Milan dopo una stagione con più bassi che alti.
Fiorentina-Empoli (A cura di Dennis Rusignuolo)
Senza Kean, ci pensano Adli e Mandragora. Per la Viola il sogno Champions continua
Dopo la sconfitta in semifinale di Coppa Italia, per mano del Bologna , D’Aversa ritrova Ismaijli al centro della difesa. Il ritorno del centrale albanese è fondamentale per lo scacchiere dell’Empoli, così come il ritorno a pieno regime di Anjorin e Fazzini, subito protagonisti nel match salvezza contro il Venezia. Dall’altra parte Palladino sceglie Adli al posto di Fagioli, mentre Beltran sostituisce un’altra volta Moise Kean, assente per motivi familiari già dalla gara di mercoledì a Cagliari. L’Empoli parte forte e sfiora il vantaggio al quarto minuto, cross forte di Pezzella su cui De Gea smanaccia, come a Cagliari il portiere respinge sui difensori, che questa volta evitano l’autogol. Pochi minuti dopo la Viola va in vantaggio grazie a una serie di movimenti codificati che mandano fuori gioco la difesa dell’Empoli: appoggio verso Beltran, scarico su Gudmundsson e inserimento in profondità di Adli, il francese arriva davanti Vasquez e con freddezza lo supera. Grandissima azione della Fiorentina, che stappa un derby molto teso e spigoloso, e lo fanno grazie a uno dei capisaldi del gioco di Palladino, possesso palla rapido e mobilitato. La rete del centrocampista francese scioglie definitivamente la Fiorentina, abile nel gestire il ritmo e mantenere a distanza la squadra di D’Aversa. Al 24′ i padroni di casa trovano un altro sigillo meraviglioso: Folorunsho allarga su Adli, cross del francese verso Mandragora, bravissimo e rapido nel controllare e coordinarsi in sforbiciata, palo e poi gol. Terzo gol in campionato per il centrocampista italiano, che si aggiungono ai cinque realizzati in Conference, uno dei trascinatori di questa squadra. Appena prima del recupero l’Empoli trova il modo di riaprire la gara, con Fazzini che di testa riesce a battere De Gea, rete prontamente annullata perché prima del cross di Solbakken, la palla aveva superato la linea di fondo. All’intervallo D’Aversa medita due mosse, e sostituisce Anjorin e Solbakken con Henderson e Colombo; Palladino mantiene il suo undici titolare e chiede concentrazione e attenzione. La tenacia e la volontà di non arrendersi dell’Empoli viene finalmente premiata al 57’, con la bella girata al volo di Fazzini, sul cross di Goglichidze, che accorcia le distanze e accende il secondo tempo del derby. Accusato il gol che dimezza il vantaggio, la Fiorentina ritrova coraggio nella spinta e va vicina al terzo gol in almeno un paio di occasioni. La più pericolosa è quella di metà ripresa, capitata a Gudmundsson, ma sulla girata volante dell’islandese Vasquez mette le ali e salva. Col passare del tempo e il risultato sempre in bilico, sale anche la tensione ed episodi sopra le righe vedono coinvolte entrambe le panchine. L’Empoli prende coraggio dopo il mancato colpo del ko e costringe la Fiorentina a un finale di passione e pressione. Nei sei minuti di recupero concessi dall’arbitro Rapuano, gli ospiti sfiorano il pareggio con Kovalenko, l’ucraino vede arrivare la palla al limite dell’area, calcia fortissimo ma trova i pugni di De Gea. Conclusione troppo centrale per impensierire il portierone Viola, che riesce a mettere la sua firma in un successo che pesa parecchio. La Fiorentina continua a fare il suo. Anche se le dirette concorrenti, vedi Roma, corrono eccome se corrono. La squadra di Raffaele Palladino batte la sua bestia nera della stagione l’Empoli (pareggio a Empoli che poi ha eliminato i viola in coppa Italia) con due gol nel primo tempo del rilanciato Adli (tornato titolare) e del solito infaticabile Mandragora, all’ottavo centro stagionale e migliore in campo ancora una volta. In attesa del ritorno di Kean, la Viola continua a macinare punti preziosi per mantenere più che vivo il sogno della Champions, con gli occhi puntanti alla semifinale di Conference League contro il Real Betis. L’Empoli non riesce a reagire all’eliminazione contro il Bologna, anche se la reazione del secondo tempo può essere il giusto monito per affrontare le prossime gare con uno spirito diverso, alla ricerca di punti preziosi per uscire dalla zona retrocessione.
Inter – Roma (A cura di Tommaso Patti)
Altra caduta dell’Inter. Soulé inventa e regala i tre punti alla Roma
Dopo le pesanti sconfitte contro Bologna e Milan, i nerazzurri sono chiamato alla vittoria per non dare la possibilità al Napoli conquistare il primo posto. Lo straordinario periodo di forma della Roma, si nota subito nell’approccio degli undici titolari. La scelta di Ranieri nello schierare contemporanea sia Dovbyk che Shomurodov ripaga subito l’allenatore, poiché in fase di costruzione, l’Inter è spesso in difficoltà nei passaggi corti e opta per dei lanci lunghi, neutralizzati perfettamente dalla fisica retroguardia giallorossa. Al 22’, su un tiro di Pellegrini, la sfera carambola prima sul piede di Darmian, e successivamente su quello di Carlos Augusto, che innesca involontariamente la conclusione vincente di Soulé, posizionato al posto giusto e nel momento giusto. L’infortunio alla caviglia di Pavard (costretto a uscire), il periodo negativo e la rete dello svantaggio, demoralizza ancora di più un’Inter spenta e spesso inerme alle manovre avversarie. Esattamente dalla stessa posizione in cui è arrivata la rete di Soulé, Pellegrini serve un cross teso recepito da Cristante, che sbaglia clamorosamente sotto porta e spedisce alto un tiro che poteva valere il raddoppio dopo solamente tre minuto dal gol dell’ex Juventus e Frosinone. Il gioco della Roma, seppur poco reattivo sotto porta, cresce e continua a creare enormi problemi ai nerazzurri, salvati incredibile da un intervento prodigioso di Carlos Augusto, posizionato anche lui al posto giusto e pronto a deviare in corner la conclusione a botta sicura di Shomurodov. Lentamente ed esattamente come accaduto contro Bologna e Milan, l’Inter si spegne ed esce piano piano dalla gara. Se nelle scorse giornate i nerazzurri potessero contare su alcuni innesti a partita in corso in grado di cambiare il risultato, in vista della super. Sfida contro il Barcellona, Inzaghi è ancora più costretto ad affidarsi alla coppia Lautaro-Arnautovic dato l’infortunio di Thuram e il bassissimo rendimento di Taremi. Nella ripresa, il gioco lo tengono principalmente i padroni di casa, creando però poche occasioni pericolose nei primi minuti di ripresa. Con meno di mezz’ora a disposizione, il tecnico nerazzurro cambia gli esterni, inserendo Dumfries (di ritorno dall’infortunio), e Zalewski. La conclusione di testa di Bisseck e il tiro ad incrociare di Barella, sono la fotocopia del pomeriggio vissuto dai nerazzurri, condito da tante idee di gioco offensivo ma con pochissimi risultati. Anche Ranieri nella ripresa si affida alla freschezza di alcuni uomini per chiudere la gara, andandoci vicino al 72’ con Pisilli, pescato perfettamente dal cross di Soulé ma impreciso al momento del tiro. Gli ultimi minuti sono caratterizzati da molte azioni pericolose ma con molte imprecisioni, come nel caso del tiro di Dovbyk, terminato alto a pochi passi dall’area piccola, e la conclusione di Çalhanoğlu, spedita alta dal centrocampista turco. L’ultimo episodio chiave della gara arriva a ridosso del novantesimo, quando su una marcatura stretta di Ndicka su Bisseck, il centrale tedesco reclama a gran voce un calcio di rigore, ma viene totalmente ignorato dal direttore di gara che lascia correre. Con il tiro potente ma centrale di Angelino, termina una sfida accesa e ricca di occasioni da entrambe le squadre ma vinta con merito dai giallorossi, che continuano spediti la proprio volata Champions. Per i nerazzurri invece, gli ultimi ko rischiano di essere fatali per la fine di campionato, che si appresta ad essere sempre più turbolenta in tutte le competizioni.
Juventus-Monza (A cura di Dennis Rusignuolo)
Nico e Kolo, poi l’ingenuità di Yildiz. La Juve batte il Monza e non molla il treno Champions
Con l’infortunio di Vlahovic, Tudor ripropone Kolo Muani dal 1′, stavolta come unico riferimento dell’attacco bianconero. Torna titolare Yildiz, dopo i problemi fisici del pre-Parma, mentre gli altri uomini sono tutti gli stessi. Il Monza cerca di salvare l’onore e posticipare il verdetto della retrocessione, e con la lunga lista di infortuni Nesta si affida al tandem leggero Caprari-Dany Mota. In avvio il Monza cerca subito di approcciare bene la gara. I brianzoli provano a farsi valere nelle seconde palle, e la reattività della squadra di Nesta costringe i bianconeri a un fraseggio molto confusionario e poco pulito. Con l’assenza di Vlahovic, la Juve gioca prevalentemente sull’esterno, dove Yildiz cerca subito di mettersi in moto. Al quarto minuto Kolo Muani scalda i guanti di Turati in rovesciata, il francese raccoglie la rimessa lunga di McKennie ma la sua acrobazia è più estetica che precisa. Il Monza trova grandi spazi in ripartenza, e i giocatori di Nesta sembrano avere la gamba giusta per poter mettere in difficoltà la retroguardia juventina. Birindelli al settimo minuto si fa quasi tutto il campo in allungo, nessun giocatore della Juve lo attacca, e l’esterno arriva alla conclusione dal limite dell’area, mancino flebile che Di Gregorio non ha problemi a intercettare. La Juve cerca di sviluppare con pazienza, e trova il guizzo del vantaggio al 12′: Nico Gonzalez riceve palla, si porta palla verso il centro del campo e scaglia un mancino potente a fil di palo, Turati arriva un istante dopo e non può fare altro che raccogliere il pallone da dentro la porta. Da Monza a Monza riparte lo score bianconero di Nico Gonzalez, il cui gol mancava da dicembre, dal match d’andata contro i brianzoli. Il canovaccio tattico della gara non sembra cambiare, nonostante il vantaggio bianconero, e il Monza lamenta una trattenuta irregolare di Kelly in area su Dany Mota; Perenzoni non assegna il penalty, ma la giocata in verticale alle spalle della difesa continua a essere un fattore per la manovra del Monza. Al 22′ Kolo Muani si divora il 2-0, il francese riceve una palla di Locatelli ma calcia malissimo davanti a Turati, destro piazzato che termina ampiamente fuori. Nonostante la pressione feroce sui portatori di palla, è quel fattore sorpresa che la Juve riesce a trovare nelle giocate che manda fuori giri la difesa del Monza. In più occasioni i bianconeri riescono a concludere dentro l’area, ma sia Kelly che Kolo Muani non riescono a essere precisi per battere Turati. Alla mezz’ora raddoppio della Juve: solita progressione devastante di Thuram, il cui scatto porta con sé due giocatori del Monza che non riescono a fermarlo, filtrante per Kolo Muani che questa volta piazza bene il destro e fa 2-0. Con due gol di vantaggio, la Juve si abbassa e cerca di chiudere il Monza per vie centrali. Prima dell’intervallo la partita della Juve rischia di mettersi in salita, perché nell’ultimo sussulto del primo tempo Yildiz rifila una gomitata a Bianco. Perenzoni inizialmente non concede nemmeno il fallo, poi viene richiamato dal VAR ed espelle il turco per condotta violenta. Sciocchezza di Yildiz, un peccato di gioventù, che mette in salita il secondo tempo della squadra di Tudor, e si esclude da solo dallo scontro Champions in casa del Bologna (in programma domenica prossima), con il rischio di una squalifica ben più lunga di una semplice gara. Nessun cambio all’intervallo, anche se Tudor ovviamente ridisegna in maniera diversa il suo scacchiere per sopperire all’inferiorità numerica. Il Monza cerca di approfittare subito della situazione, e già nei primi minuti il piglio dei brianzoli è diverso. Pressione forsennata, linea molto alta e una serie di occasioni, tutte lette bene dalla difesa o da Di Gregorio. Le prime mosse di Tudor preservano i due diffidati in vista del Bologna: fuori Thuram e Cambiaso, dentro Weah e Savona. Nesta infoltisce l’attacco con Forson e Petagna, ma il ritmo della gara rimane stabile, senza eccedere e senza regalare particolari sussulti al Monza, alla ricerca di un appiglio per poter rialzare la testa e accendere la gara. La gestione dei cambi di Tudor cerca di minimizzare al massimo qualsiasi altro rischio, e si evince dall’ingresso di Alberto Costa a quindici dalla fine, al posto di Nico Gonzalez, visibilmente nervoso nel corso dei minuti antecedenti al cambio per una serie di falli non fischiati da Perenzoni. Nei minuti finali il Monza attacca a testa bassa, approfittando di un blocco molto basso della Juve che di fatto non esce più. All’82’ Caprari colpisce indisturbato di testa, conclusione centrale che non impensierisce Di Gregorio. Tanto nervosismo nel finale, favorito da una gestione non proprio eccellente dell’arbitro Perenzoni, ma il risultato rimane invariato fino al triplice fischio. La brutta sconfitta di Parma lascia qualche strascico anche nel match contro il Monza, ma la vittoria ottenuta dalla squadra di Tudor è fondamentale per rimanere attaccata a quel gruppone che presenta sempre nuove insidie e pretendenti. L’ingenuità di Yildiz rimuove un protagonista d’élite per lo scontro Champions di Bologna (e forse non solo quello), ma nel frattempo Tudor può ripartire dalla buona gestione dell’inferiorità numerica nel secondo tempo, anche se dall’altra parte il Monza sembra ormai non avere altro da dare al campionato. La squadra di Nesta si appresta a retrocedere in Serie B, in attesa del verdetto definitivo, e adesso bisogna capire in che modo la società brianzola si muoverà in vista di un finale di campionato in cui il Monza deve comunque difendere l’onore.
Atalanta – Lecce (A cura di Marco Rizzuto)
Karlsson e Retegui feriscono dagli undici metri ma a Bergamo nessun vincitore
La gara tra Atalanta e Lecce, rinviata di 48 ore, si carica di commozione e rispetto per la scomparsa prematura di Graziano Fiorita, terapista dei salentini. Al Gewiss Stadium, infatti, la squadra di Giampaolo scende in campo con una maglia diversa, volta a ricordare il loro caro. Passando alla situazione in campo, il primo vero squillo arriva al 5′ a favore dei padroni di casa: Zappacosta, dalla sinistra, rientra sul destro e crossa in mezzo per il colpo di testa di Pasalic. Falcone, però, è attento e blocca nonostante la posizione ravvicinata del croato. Nonostante il brivido iniziale, è il Lecce a creare più pericoli nella prima frazione di gioco, sfiorando il gol con Coulibaly dopo 23 minuti, quando Carnesecchi si rende protagonista con una super chiusura. Pochi minuti più tardi, i ragazzi di Giampaolo sfiorano nuovamente il vantaggio, ma l’estremo difensore bergamasco si impone ancora, dimostrando di essere uno dei portieri migliori del nostro campionato con due interventi decisivi: il primo su Rebic lanciato a rete, il secondo su Karlsson, che aveva provato a calciare in porta direttamente da centrocampo dopo una ribattuta. Alla mezz’ora, il Lecce trova il tanto atteso vantaggio: il direttore di gara La Penna viene richiamato al VAR e assegna un calcio di rigore in favore dei salentini, decisivo il tocco irregolare con la mano di Hien su un traversone dell’azione precedente. Dal dischetto, Karlsson — uno dei più ispirati tra le fila salentine — batte Carnesecchi, indirizzando così la gara. I bergamaschi accennano una reazione poco dopo, ma anche in questo caso Falcone risponde reattivamente alla conclusione dal limite di Pasalic. La prima frazione si chiude così con il vantaggio dei salentini, tra il mormorio del pubblico che si aspettava sicuramente un piglio diverso, soprattutto in zona offensiva, data la grande capacità realizzativa dell’attacco bergamasco. Gasperini comprende la necessità di mettere mano alla panchina e inserisce Cuadrado per dare più rapidità e imprevedibilità alla manovra. Il secondo tempo, però, riprende sulla scia offensiva del Lecce, che manca l’appuntamento col raddoppio per un soffio: Coulibaly, pescato sulla trequarti, serve la corsa di Pierotti, che manca clamorosamente la porta da posizione più che ghiotta. Arrivati all’ora di gioco, le manovre dell’Atalanta continuano a risultare prevedibili per la difesa salentina. Per questo motivo Gasperini opta per un doppio cambio molto offensivo: dentro De Ketelaere e Ruggeri per Pasalic e Kossounou. I risultati iniziano a farsi vedere: la Dea prende più coraggio e riesce a segregare il Lecce nella propria metà campo. Al 67′, sugli sviluppi di un traversone, Cuadrado subisce un calcione da Karlsson dentro l’area e l’arbitro concede il secondo penalty della gara. Dal dischetto, Retegui non sbaglia, pareggiando i conti e siglando il suo ventiquattresimo centro stagionale. Subito dopo il pari, Retegui sfiora la doppietta di testa su assist di Zappacosta, ma il legno vanifica tutto, mantenendo l’equilibrio. Il tramonto del match regala poche emozioni, affievolendo l’iniziale garra dei bergamaschi, alla ricerca della vittoria dopo il rigore trasformato da Retegui. Nonostante il pari, l’Atalanta rimane in solitaria al terzo posto a quota 65 punti, con Juventus e Bologna in agguato in caso di possibili passi falsi. Il Lecce, invece, racimola un buon punto per la sua lotta salvezza, distanziando il Venezia di soli due punti.
Napoli – Torino (A cura di Tommaso Patti)
Vittoria da primato. McTominay manda in estasi il Maradona.
La gara del Maradona, valida per il possibile sorpasso degli azzurri sull’Inter, offre al Napoli un’opportunità importante in virtù di un finale di stagione tutto da vivere. La sfida tra l’allievo Vanoli e il maestro Conte parte subito forte, con il Napoli proiettato in avanti alla ricerca del gol. La prima grande occasione per i padroni di casa arriva al secondo minuto, quando sugli sviluppi di un calcio d’angolo, il pallone non viene allontanato dalla difesa granata e offre al Napoli la possibilità di portarsi avanti. Nella precedente mischia, Olivera reclama un calcio di rigore per un contatto falloso di Coco nei confronti del terzino uruguaiano, intervento giudicato regolare dal direttore di gara. L’aggressività del gioco del Napoli ha subito i suoi frutti: dopo appena sette minuti, Anguissa serve un cross basso ma potente a centro area, spinto in porta da un grandissimo inserimento di Scott McTominay, regalando il vantaggio alla propria squadra e salendo a quota 11 gol in Serie A. Il passo falso dell’Inter nel primo pomeriggio contro la Roma, l’immediato gol del vantaggio e l’immancabile spinta del Maradona, carica maggiormente la squadra di Conte, sottolineandone ancora di più lo straordinario stato di forma. Nonostante lo svantaggio, il Torino riesce a non perdere il controllo della gara, riuscendo a rendersi pericoloso qualche minuto più tardi con Che Adams, impreciso nel concludere in porta il cross di Linetty. Dopo lo scampato pericolo, gli azzurri tornano a dominare il gioco, trascinati da un centrocampo formidabile e in grado di trainare un’intera squadra. Poco prima dell’intervallo, il Napoli trova il meritato gol del raddoppio grazie ad un duello vinto da Politano contro Biraghi, scontro che propizia il secondo gol di McTominay, arrivato da un anticipo del centrocampista scozzese ai danni di Casadei e Linetty. Dopo un generale equilibrio nei primi quindici minuti della ripresa, il Napoli torna a spingere e ad aggredire il Torino, andando vicino al terzo gol con Billing, bravo nell’inserirsi e a prendere posizione al centro dell’area piccola, per poi concludere di testa un tiro che termina sulla traversa. La fase finale di gara è carente di occasioni, con il Napoli che prova a mantenere i due gol di vantaggio, e con il Torino sempre alla ricerca del gol, sbattendo più volte contro l’ottima impostazione della difesa partenopea. Con il successo sul Torino, il Napoli supera l’Inter e si porta al primo posto in solitaria, distanziando i nerazzurri di tre punti. La seconda sconfitta nelle ultime tre gare del Torino, obbliga la squadra di Vanoli ad un cambio di marcia per riuscire a mantenere decimo posto in classifica.
Udinese – Bologna (A cura di Marco Rizzuto)
Udinese e Bologna sparano a salve: Davis e Orsolini fermati dai legni, al Bluenergy termina 0-0
Dopo i forfait arrivati nelle ventiquattr’ore prima di Ndoye e Pedrola, il Bologna approda a Udine per la corsa in Champions League dopo aver eliminato l’Empoli ed aver raggiunto la finale di Coppa Italia dopo ben 51 anni. Anche l’Udinese schiera in campo un undici titolare dall’attacco ‘leggero’, dati gli infortuni di Thauvin e Lucca. Runjaic da quindi fiducia a Davis come unico riferimento in avanti. Tra le fila dei rossoblù Dallinga viene nuovamente preferito a Castro, con Dominguez sulla fascia di sinistra. Dopo pochi attimi è proprio Davis a spaventare la difesa bolognese dopo l’errore di Lucumi, l’attaccante ex Aston Villa calcia dalla distanza colpendo in pieno la traversa. L’organico di mister Italiano che sembrava tanto stellare fino a qualche giorno fa, non riesce ad entrare in partita al Bluenergy Stadium sbagliando diversi palloni in fase di costruzione. Lucumi su tutti, appare sin da subito in difficoltà sbagliando al 13′ una verticale per Odgaard letta benissimo da Karlstrom, il quale avvia un ottimo contropiede non concretizzato dai compagni. Dobbiamo attendere la mezz’ora per vedere il Bologna attaccare pericolosamente l’area avversaria. In questo caso con la giocata individuale di Orsolini, che sfuggendo a Kamara perfora l’out di destra mettendo in mezzo un pallone insidioso ma neutralizzato dall’intervento di Okoye. Poco dopo ritorna pericolosa l’Udinese: cross forte e teso perfetto per l’incornata di Davis, Skorupski in tuffo alza la sfera in calcio d’angolo e Davis, purtroppo per i tifosi non è Lucca. Sul finale della prima frazione Davis fa prendere un ennesimo spavento ai ragazzi di Italiano, che tirano un sospiro di sollievo dopo che il pallone esce a fil di palo. Nei primi 45 minuti l’Udinese sfiora diverse volte il vantaggio ma per Davis non è la giornata fortunata, fermato da una traversa e da un miracolo di Skorupski. Sicuramente l’assenza di Thauvin e Lucca si fa sentire, nonostante l’ottima partita di sacrificio di Payero. Alla ripresa è sempre il numero cinque bianconero a sfiorare la rete del vantaggio su calcio piazzato, terminato di poco al lato. Il secondo tempo non regala particolari azioni palla a terra, ma al 66′ Orsolini pareggia il conto dei legni colpendo l’incrocio pieno su calcio di punizione. Al tramonto della gara, Italiano sostituisce Dallinga e Freuler per Castro e Moro, e proprio la giovane promessa argentina di testa serve un assist al bacio per Orsolini, che in tuffo non riesce ad indirizzare verso la porta. Termina quindi a reti bianche la sfida tra Udinese e Bologna. I ragazzi di Italiano non riescono a dare continuità all’importantissima vittoria contro l’Inter, fermandosi contro un’Udinese molto solida ma anche pericolosa in diversi frangenti. Nessuna delle due squadre avrà alla prossima partita una gara semplice. L’Udinese troverà un Cagliari voglioso di rimanere nelle acque sicure della 14^ posizione, mentre il Bologna si giocherà il piazzamento tra le prime quattro nello scontro diretto con la Juve.
Hellas Verona – Cagliari (A cura di Marco Rizzuto)
Il Cagliari sbanca il Bentegodi e vede la salvezza, Verona k.o.
Per provare a ipotecare la salvezza, il Verona si affida al consueto 3-1-4-2: Duda agisce da metronomo davanti alla difesa, favorendo il ritorno in campo di Suslov, assente nel match contro la Roma. In attacco è intoccabile il tandem Sarr-Mosquera.Tra le fila isolane, pesano le assenze di Mina e Piccoli: il primo è out per infortunio rimediato nella gara contro la Fiorentina, il secondo sconta una squalifica. Mister Nicola risponde rilanciando Palomino al centro della difesa e rispolverando Pavoletti, alla prima da titolare, al fianco di Zito. Nonostante le defezioni, il Cagliari domina gran parte del primo tempo, impegnando Montipò con le conclusioni pericolose di Zito e Marin. Al 28′ Suslov è costretto a uscire per un problema fisico: Zanetti effettua il primo cambio, inserendo Bernede. Al Bentegodi piove sul bagnato, e pochi minuti dopo il dominio rossoblù si concretizza grazie a un pasticcio difensivo del Verona. Zito sterza sul mancino e crossa un pallone apparentemente innocuo: Coppola liscia clamorosamente, mandando fuori tempo Ghilardi che non riesce a intervenire. Pavoletti, ben appostato, raccoglie e insacca da pochi passi, sbloccando la gara. L’unico sussulto gialloblù prima dell’intervallo è una punizione insidiosa di Duda, neutralizzata senza affanni da Caprile. Nella ripresa nessun cambio, ma i ritmi calano drasticamente. Il Cagliari è abile a spegnere il gioco, controllando il vantaggio nonostante i cambi operati da Zanetti. La noia prende piede al Bentegodi e il cronometro scorre inesorabile. All’81’ ci prova Sarr con un aggancio volante seguito da un tiro al volo, ma la palla sorvola la traversa. Nel finale, un guizzo di tensione: Ghilardi controlla male e, nel tentativo di rimediare, stende Gaetano con un intervento sconsiderato. L’arbitro non ha dubbi ed estrae il rosso diretto. Con l’uomo in più e un gol di vantaggio, i rossoblù si chiudono nella propria metà campo, aspettando il triplice fischio. Ma c’è tempo per il colpo del ko: un’altra disattenzione della difesa veronese spalanca la porta al contropiede. Mutandwa innesca la corsa di Gaetano, che entra in area, finta il tiro e serve l’accorrente Deiola, il quale deve solo appoggiare in rete il definitivo 0-2. Il triplice fischio dà il via a una pioggia di fischi per Zanetti e i suoi, mentre Nicola esulta: il Cagliari torna al successo in trasferta, cosa che non accadeva dal 5 gennaio contro il Monza, e vede la salvezza sempre più vicina.
Lazio – Parma (A cura di Marco Rizzuto)
Lazio e Parma si dividono la posta: Ondrejka illumina, Pedro la riprende
Una Lazio fatta di luci e ombre insegue il sogno Champions ospitando il Parma, ma i numeri sono impietosi: una sola vittoria nelle ultime nove partite casalinghe. I gialloblù, invece, approdano all’Olimpico con la forza del “punticino dopo punticino”, cercando di allontanarsi dalle zone più pericolose della classifica. Dopo appena due minuti, arriva il lampo ospite: Valeri sfonda a sinistra e serve un filtrante perfetto per Ondrejka, che piazza il pallone a fil di palo battendo Mandas. Stupore e silenzio tra i tifosi biancocelesti. I primi dieci minuti vedono una Lazio spenta, mentre il Parma prova a sfruttare l’inerzia della partenza fulminante. Superato il ventesimo, i padroni di casa iniziano a crescere, prendendo progressivamente il controllo del gioco. Al 37’ Castellanos trova il gol su splendida imbucata di Gila, ma l’esultanza viene strozzata dal fuorigioco segnalato dall’assistente: tutto da rifare. A inizio ripresa, il Parma colpisce ancora. Keita scappa via alla gabbia formata da Rovella e Guendouzi e serve nuovamente Ondrejka: il rimpallo lo favorisce e l’attaccante non sbaglia, firmando la doppietta dello 0-2. Poco dopo Gila e Guendouzi non si intendono e spalancano un’autostrada a Pellegrino, che però si fa ipnotizzare da Mandas, bravo a tenere a galla i suoi. Baroni cambia: fuori un impalpabile Dia, dentro Pedro. La mossa si rivela decisiva. È proprio lo spagnolo, al 78’, ad accorciare le distanze, approfittando di una dormita difensiva sul tiro di Tchaouna deviato da Suzuki. L’Olimpico si infiamma, la Lazio prende fiducia e continua a spingere. All’84’, Pedro completa la rimonta: sul cross di Pellegrini lo spagnolo impatta di testa da vero attaccante agguantando il pareggio diventando l’eroe della serata. Nel finale, i biancocelesti vogliono completare l’opera, ma rischiano grosso al 93’: Sohm lancia in profondità Man, che brucia Pellegrini nell’uno contro uno ma calcia male col sinistro. Brivido e sospiro di sollievo per tutto lo stadio. Con il triplice fischio di Sacchi, le due squadre si dividono la posta, ma resta l’amaro in bocca per entrambe. La Lazio viene sommersa dai fischi: serve una svolta se si vuole restare in corsa per la Champions. Il Parma, invece, si fa sfuggire tre punti fondamentali nella corsa salvezza: la squadra di Chivu dovrà lottare fino alla fine per restare fuori dalla zona rossa.
LA TOP11 DELLA 34ª GIORNATA

Grafica: Julya Marsala
Calcio
Un successo che rimarrà nella storia. Il Bologna vince la Coppa Italia

Dopo 51 anni di attesa, al Bologna bastano novanta minuti e un super gol di Ndoye per battere il Milan. All’Olimpico i rossoblù festeggiano e scrivono una pagina indelebile della propria storia, sollevando al cielo il trofeo della coppa Italia per la terza volta.
In un match senza appello, in una gara che mette in palio un trofeo e che può determinare tanto anche in ottica futura, Conceição schiera dal primo minuto i titolari, confermando la difesa a tre e Jovic al centro del reparto offensivo. In vista di una sfida che può valere la storia, Italiano si risponde affidandosi ai suoi uomini più in forma, lanciando dal primo minuto Castro e Fabbian.
Tra l’entusiasmo dei 68 mila spettatori e il fascino travolgente delle due tifoserie, la sfida tra Milan e Bologna parte subito forte, con tanta aggressività e con ritmi alti sin dalle prime battute. Dopo un iniziale equilibrio, è il Bologna che prende in mano il pallino del gioco, riuscendo a creare buone occasioni tramite i movimenti di Castro, che crea i giusti spazi per far correre i due esterni. Proprio grazie ad un movimento arretrato di Castro, il Bologna crea lo spazio per lanciare in corsa Orsolini, fermato prima dall’uscita dubbia di Maignan, e dopo dalla segnalazione per fuorigioco del guardalinee. Dopo lo scampato spavento, anche il Milan entra in partita e inizia a creare qualcosa di concreto nella metà campo avversaria, riuscendo anche a rendersi pericoloso al decimo minuto, quando sul cross di Jimenez, Skorupski salva doppiamente i rossoblù dopo l’involontaria deviazione di Beukema e il tentativo di tap-in di Jovic. Esattamente come Castro nella prima azione della gara, alla mezz’ora Jovic riceve palla, arretra e lancia in profondità Rafael Leão, pescato però in fuorigioco dall’attaccante serbo e frettoloso nel concludere. Tra errori di impostazione e i duri interventi che costano il cartellino giallo a Tomori e Ferguson, il finale di primo tempo si accende e il nervosismo rischia di regnare dentro e fuori al rettangolo di gioco. Nel miglior momento del Milan, a cavallo tra la fine del primo e l’inizio del secondo tempo, il Bologna trova impreparata la difesa del Milan e si porta in vantaggio al 53′ con la rete di Dan Ndoye, fortunato nel riceve palla dalla scivolata di Theo Hernandez su Orsolini, e bravo successivamente nell’aspettare l’attimo giusto per spedire verso la porta un tiro forte e angolato che vale l’1-0. Subito dopo il gol subito, il Milan prova subito a riversarsi in avanti, sfiorando due volte la rete dell’immediato pareggio con la rovesciata di Leão, e con il tiro debole e impreciso di Jovic. Conceição non si scomponi e, al minuto sessantadue, effettua un triplo cambio, dando al Milan maggiore esperienza e spinta offensiva con gli innesti di Walker, João Félix e Giménez. Le contromosse scelte da Italiano sorprendono e arrivano qualche minuto più avanti, buttando nella mischia due giocatori fisici come Casale e l’ex Pobega, al posto di Fabbian e Orsolini. Con la prima batteria di cambi effettuati, l’epilogo della gara sembra chiaro, con i rossoneri costantemente rivoltati nella metà campo avversario, e con un Bologna paziente nel difendere ma bravo nel non tirarsi indietro e ripartire nelle situazioni in cui il Milan perde il possesso della sfera. Poco prima della sostituzione, l’autore del gol del Bologna sfiora la rete del raddoppio con un conclusione di sinistro che termina di poco a lato la porta difesa da Maignan. Per gli ultimi dieci minuti di gara, il tecnico dei felsinei esegue gli ultimi due cambi inserendo Dallinga e Odgaard, mosse studiati per dare maggiore fisicità nel reparto offensivo e per mantenere il gol di vantaggio. Nonostante l’inserimento di João Félix e Giménez, il ‘diavolo’ non riesce a imporsi contro una difesa avversaria attenta e precisa nei minimi dettagli, fattore che costringe Conceição a dare il tutto per tutto inserendo altri due attaccanti, Tammy Abraham e Chukwueze. Durante i tanto discussi sei minuti di recupero, il Milan prova in tutti i modi ad affidarsi alle giocate di Reijnders e Leão, ma il nervosismo e tanta imprecisione, finiscono per scavare la fossa ai rossoneri, che si arrendono dopo novantasei minuti di recupero ad un Bologna perfetto dal primo all’ultimo minuto di gioco.
“La sera dei miracoli”
“È la sera dei miracoli, fai attenzione
Qualcuno nei vicoli di Roma Con la bocca fa a pezzi una canzone”La “sera dei miracoli” cantata da Lucio Dalla nel 1980, si rispecchia perfettamente nella serata vissuta dal Bologna. Dopo avere eliminato il Monza agli ottavi, l’Atalanta ai quarti di finale e l’Empoli in semifinale, gli uomini di Italiano trionfano anche nel match finale dell’Olimpico, imponendosi sul Milan per 1-0, laureandosi campioni di coppa Italia per la terza volta, dopo i gloriosi successi del 1970 e del 1974. Dopo aver sofferto e perso tre finali nel giro di tre stagioni, arriva un meritatissimo trionfo per l’ex tecnico di Trapani, Fiorentina e Spezia. Dopo uno straordinario percorso nella passata stagione, il Bologna si ripete e si migliora nella seguente stagione, riuscendo addirittura a sollevare un trofeo importantissimo e a qualificarsi per la prossima final four di Supercoppa Italiana, programmata per il prossimo gennaio. Con questo storico successo che mancava da 51 anni, il Bologna ottiene l’accesso diretto per la prossima fase a gironi dell’Europa League, in attesa di eventuali migliori piazzamenti nelle ultime due gare di campionato, dove il Bologna affronterà Fiorentina e Genoa.
E adesso, rivoluzione
Nonostante gli ultimi importantissimi successi, il Milan esce sconfitto sotto tutti i fronti in una finale che doveva essere approcciata diversamente. Nonostante il successo per tre a uno dell’ultima sfida di campionato in cui rossoneri sono riusciti a trionfare proprio contro il Bologna, il Milan non è riuscito a rispondere al gol subito o quantomeno a prolungare la gara verso i supplementari. Una rosa ricca di campioni, una storia centenaria e ricca di vittorie, sono ormai distanti anni luce dal Milan di oggi. Qualunque scelta prenderà la società per quanto riguarda allenatore giocatori, il Milan quest’estate subirà inevitabilmente una rivoluzione.
Calcio
Il Supercommento della 36ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top 11 alla fine, della trentaseiesima giornata di Serie A
Milan-Bologna (A cura di Marco Rizzuto)
Rossoneri nuovamente in carreggiata per la Champions: Gimenez e Pulisic ribaltano il Bologna dopo l’ennesima situazione di svantaggio
Nella speranza di rientrare nella corsa Champions e nel frattempo studiare da vicino il Bologna prima della finale di Coppa Italia, Conceicao ripropone l’ormai solito 3-4-2-1 con Joao Felix che prende il posto di Loftus-Cheek sulla trequarti. L’inglese si sposta sulla mediana al fianco di Reijnders al posto di Fofana, assente per l’infortunio rimediato contro il Genoa. Italiano invece cambia modulo. Il Bologna si schiera con un 4-3-3, Moro e Pobega accompagnano Freuler sulla mediana mentre Dominguez prende il posto da titolare sulla fascia sinistra completando il tridente al fianco di Dallinga e Orsolini. Dopo neppure sette minuti però, Tomori è costretto ad abbandonare il campo dopo un brutto impatto con la testa contro Dominguez, costringendo Conceição ad effettuare la prima mossa dalla panchina, al suo posto Thiaw. Con una bella manovra i rossoneri spezzano in due il centrocampo bolognese, Pulisic si imbuca alle spalle della difesa ma al momento del tiro viene chiuso da Lykogiannis. Si assiste ad un primo tempo equilibrato in cui il Milan ha sfiorato diverse volte il vantaggio nella prima parte del primo tempo, mentre il Bologna prende coraggio progressivamente. Alla mezz’ora anche Italiano deve fare i conti con un infortunio in difesa, in particolare è Erlic che abbandona il campo facendo spazio a Lucumi. Alla ripresa nessun cambio, ma il Bologna trova la rete del vantaggio dopo appena tre minuti con il solito Orsolini che arriva a quota 13 gol stagionali, il suo miglio bottino: sponda di Dallinga per il numero 7 che prende il tempo a Pavlovic calciando col mancino sul secondo palo dove non arriva Maignan. Ma il Milan non è sconfitto, non lo è mai date le innumerevoli volte in cui i rossoneri hanno ribaltato situazioni di svantaggio in questo campionato. Dopo 5 minuti dal suo ingresso in campo, Santiago Gimenez crea la sua prima occasione da gol al 70′, ma il gol del pari arriva poco dopo: Pulisic in caduta riesce a servire il numero 7 che di piatto insacca sotto le gambe di Skorupski. Il pareggio galvanizza il Milan, e come contro il Genoa, ribalta tutto in poco più di qualche minuto: Joao Felix viene pescato dentro l’area e prova a concludere colpendo direttamente Beukema, il rimpallo favorisce la corsa di Capitan America che buca Skorupski calciando sul secondo palo. Solo sul finale il Bologna sfiora il pareggio, Cambiaghi lascia partire una rasoiata sul primo palo ma Maignan di puro instinto chiude in calcio d’angolo. Sul finale i rossoneri chiudono la gara con la doppietta di Gimenez: contropiede bellissimo guidato da Chukwueze, che rientra sul sinistro e serve sulla sinistra il numero 7. Gimenez dentro l’area è spietato: salta secco De Silvestri e buca Skorupski sul secondo palo, chiudendo i giochi. I rossoneri tornano miracolosamente in corsa per l’Europa che conta, facendo sprofondare il Bologna al settimo posto. Il primo incontro tra Milan e Bologna sorride ai rossoneri, ma la vera sfida si terrà mercoledì, con il Bologna che vorrà prendersi la rivincita puntando al trofeo.
Como-Cagliari
La sesta sinfonia lariana rimanda la salvezza dei sardi. Il Como vince in rimonta e adesso è decimo
Fabregas, che non subisce gol da quattro partite, sceglie di cambiare portiere: non gioca Butez, ma come nel match d’andata il portiere titolare è Pepe Reina. Confermatissimo il blocco delle ultime gare, con le sole sostituzioni rappresentate da Douvikas (al posto di Cutrone), Valle (al posto di Alberto Moreno) e Strefezza (al posto di Ikoné). Il Cagliari presenta un 4-4-2 con Viola che affianca Piccoli. Nelle fasce Nicola sceglie Luvumbo a sinistra, mentre a destra il solito -irremovibile- Zortea. Emergenza in difesa, perché il tecnico dei sardi non rischia Luperto, diffidato e non al meglio, al suo posto Obert, in coppia con Palomino. Con le due situazioni di classifica ben diverse, la gara mostra fin da subito un Como in gestione della gara, e un Cagliari pronto ad approfittare di ogni minimo errore per colpire a sorpresa. I primi minuti di gara tutti a tinte azzurre, subito con Perrone a scaldare i guantoni di Caprile e lanciare un messaggio al Cagliari. La squadra di Nicola non perde compattezza e solidità, cerca di sfruttare i centimetri di Piccoli, ma il numero 91 è costantemente bloccato da Kempf e Goldaniga. Al 22′ il Cagliari trova il vantaggio: azione sulla destra, Adopo dialoga con Zortea e arriva sul fondo, il francese calcia rasoterra verso la porta, la conclusione sembra innocua, ma Reina sbaglia la presa e regala il vantaggio ai sardi. La reazione del Como è immediata, sempre con qualità e pulizia tecnica. Al minuto 41 i lariani rimettono in equilibrio la gara: Douvikas trova Caqueret alle spalle della difesa, l’inserimento del centrocampista francese è perfetto, così come il pallonetto che batte Caprile in uscita. L’arbitro inizialmente annulla, ma il VAR assegna il gol al Como. L’inerzia della gara è completamente ribaltata, il Como grazie alla sua qualità la fa da padrona, e trova il sorpasso ancora prima dell’intervallo: Strefezza riceve palla sulla sinistra, si accentra leggermente e scaglia un mancino a giro che dà un bacio al palo e si insacca alle spalle di Caprile. Rete meravigliosa del centrocampista brasiliano, senza dubbio l’uomo in più nelle ultime partite della squadra di Fabregas. Al rientro dagli spogliatoi il Cagliari ritrova l’equilibrio, perso nell’ultimo quarto del primo tempo dove era stato sovrastato dal Como. La squadra di casa comincia a gestire il risultato, e abbassa il ritmo della pressione e dell’attacco. Ne scaturisce una serie, a tutto campo, di duelli fisici, lanci lunghi e folate del Cagliari, nel tentativo di ritrovare il pareggio. L’occasione più clamorosa per i sardi è quella capitata a Piccoli al minuto 57: Luvumbo riceve sulla sinistra, si libera rapidamente dell’avversario e crossa all’improvviso verso il centro, Piccoli arriva in anticipo ma chiude troppo la sua conclusione verso il secondo palo e spreca un’occasione d’oro per riacciuffare il pari. Da quel momento comincia la girandola di cambi, e il ritmo partita si smorza ulteriormente: Felici per Zappa e Deiola per Viola nel Cagliari; Cutrone, Van der Brempt ed Engelhardt per Douvikas, Vojvoda e Caqueret nel Como. La rotazione voluta da Fabregas ottiene i suoi frutti, perché i nuovi entrati riportano pulizia ed energia nel possesso lariano, e al 77′ il Como mette il lucchetto alla gara: Nico Paz inventa con l’esterno verso Cutrone, sgusciato alle spalle dei difensori, il capitano arriva davanti Caprile e lo batte sul primo palo con il mancino. Il Cagliari allora attacca a testa bassa, cercando di smezzare il vantaggio. Ci va vicino Marin, ma il suo sembra più un assist che un tiro, e la palla termina fuori. Al termine dei sei di recupero, il Sinigaglia si lascia andare all’ennesimo tripudio per un Como che cala la sesta vittoria consecutiva. 48 punti in classifica valgono agli uomini di Fabregas il decimo posto in classifica. Il rendimento dei lariani nel girone del ritorno è stato impressionante, con numeri da Europa, e con la salvezza acquisita è aumentata la qualità e la spensieratezza nelle giocate. Adesso, a due giornate dal termine, Fabregas cerca di allungare la sua serie -già alquanto storica. Il Cagliari rimanda ancora una volta la salvezza matematica, e la prossima gara contro il Venezia diventa decisiva per la salvezza dei sardi, chiamati a blindare l’obbiettivo il prima possibile.
Lazio-Juventus
La riprende ancora Vecino! La Lazio ferma la Juve al 96′
Il crocevia per la Champions di Lazio e Juve passa dallo scontro dell’Olimpico, e Baroni sceglie i migliori uomini a disposizione, con Dele-Bashiru che vince il ballottaggio con Dia. Anche la formazione della Juve è la migliore, anche se Tudor si presenta all’Olimpico con tante defezioni: confermato Savona in difesa, scelto Alberto Costa esterno a destra, mentre Nico Gonzalez e McKennie fanno da spalle a Kolo Muani, Vlahovic è recuperato ma solo per la panchina. Partita dal peso enorme, e le due squadre lo dimostrano fin da subito. Il ritmo è basso, l’equilibrio prevale per merito dei bianconeri, mentre la Lazio cerca di sfondare per vie centrali grazie ai movimenti imprevedibili di Dele-Bashiru. La prima occasione della gara è proprio del nigeriano, bravo a defilarsi sulla destra e calciare forte sul primo palo, Di Gregorio chiude bene lo specchio e manda in angolo. Il primo tiro della Juve verso la porta di Mandas arriva dopo quasi dieci minuti di gioco, ed è un calcio di punizione dalla trequarti che Locatelli però indirizza troppo verso il portiere. È la Lazio che nelle prime fasi di gioco si rende più pericolosa, e la velocità di Isaksen coglie impreparato Savona, che mostra qualche difficoltà in più nel ruolo, dopo che a Bologna era stato pressoché perfetto nell’interpretazione e nell’attenzione. Per rivedere la Juve dalle parti di Mandas bisogna arrivate al quarto d’ora, quando Alberto Costa non riesce a superare il muro biancoceleste eretto dai difensori, dopo che Mandas aveva lasciato la porta sguarnita in seguito a un contrasto con Nico Gonzalez. I bianconeri fanno fatica a rendersi pericolosi in avanti, Kolo Muani è spesso isolato contro i difensori di Baroni, McKennie è troppo impegnato nel raddoppiare Isaksen, mentre Nico Gonzalez non è in giornata e lo si evince dai tanti errori tecnici. Nella fase centrale non succede quasi nulla, da sottolineare solo una serie di cartellini gialli, pesantissimi, per Thuram e Savona: entrambi erano diffidati e salteranno l’ultima gara stagionale allo Stadium, contro l’Udinese. Nel secondo tempo Tudor non perde tempo a muovere la panchina: fuori Nico Gonzalez e dentro Conceicao. Un cambio che mira a rinforzare l’attacco e aumentare la qualità nella trequarti. Gli effetti arrivano, ma sulla corsia opposta: McKennie attacca maggiormente l’area laziale, arriva al cross dal vertice sinistro e trova in mezzo Kolo Muani, il cross dell’americano è perfetto, la conclusione del francese un po’ meno, ma basta per battere Mandas, che cerca di intervenire come può ma si butta la palla in rete. La Lazio sembra frastornata dal vantaggio della Juve, e non trova spazio per attaccare la difesa, sempre più bassa, della Juve. Baroni inserisce subito Pedro e Dia, al posto di Dele-Bashiru e Isaksen. A sparigliare le carte, e il copione della gara, ci pensa però un altro francese: al 58′ Castellanos rimane a terra dopo un diverbio con Kalulu. Il VAR richiama Massa all’on-field review e dalle immagini il colpo del francese sul collo dell’argentino è netto. Cartellino rosso e pronta la squalifica di due giornate per Kalulu, di fatto il suo campionato termina qui. L’ingenuità del francese costringe la Juve a una ripresa in completa trincea, mentre la Lazio cerca di attaccare e sfruttare il vuoto lasciato dal difensore bianconero. Nella Lazio Zaccagni non riesce a sfondare lateralmente, mentre tra le linee Guendouzi e Pedro trovano tanto spazio per calciare verso la porta. Tudor inserisce Adzic e Douglas Luiz al posto di Kolo Muani e Alberto Costa, uscito per delle noie fisiche. Il forcing biancoceleste è totale, la Juve soffre e all’86 Savona pasticcia con il pallone, colpisce Pedro e regala la palla a Castellanos in area, Di Gregorio esce e lo stende. Massa assegna il rigore ma la posizione del Taty è irregolare e il rigore viene cancellato. Tudor capisce il bisogno della difesa di maggiori centimetri e i cambi sono terribilmente cinici: fuori Conceicao e Adzic (la cui partita è durata dieci minuti), dentro Vlahovic e Gatti, al rientro dopo il lungo infortunio. Nel recupero si gioca in una sola metà campo, l’esercizio è attacco contro difesa, e la Lazio per poco non sfonda: minuto 92, Lazzari trova un corridoio a destra per Dia, il senegalese riceve in area e calcia forte sul primo palo, Di Gregorio si supera con il pugno sinistro, deviando la palla sul legno, ma la pressione del Lazio comincia a diventare sempre più pericolosa. La corsia è sempre quella destra, e a sessanta secondi dal termine i biancocelesti pareggiano: cross di Lazzari sul secondo palo, Castellanos impegna Di Gregorio in un altro miracolo, ma sulla respinta Vecino arriva per primo e insacca a porta vuota. Un primo tempo di poco e nulla, una ripresa in cui succede di tutto. È la fotografia di Lazio-Juventus, che non lascia felice nessuno nella corsa verso la Champions. 64 punti per entrambe, e adesso la corsa all’Europa che conta passa dagli ultimi due match. La Lazio ha un calendario più pesante (Inter a San Siro e Lecce in casa), ma si gioca punto su punto, e la squadra. di Baroni può dire la sua fino all’ultimo. Dall’altra parte la Juve ha due gare all’apparenza più semplici, con Udinese e Venezia, ma le squalifiche e i tanti infortuni possono presentare qualche insidia nascosta. La gestione della partita dell’Olimpico era stata quasi perfetta, fin quando Kalulu non è caduto nella trappola di Castellanos e ha condizionato la gara. Adesso Tudor è costretto a inventarsi qualcosa per la gara contro i friulani, e con Inter-Lazio e Roma-Milan in programma, la partita può essere il match-point per la Champions.
Empoli-Parma
Fazzini e l’eurogol di Anjorin. L’Empoli torna a vincere e adesso ci crede davvero
La conformazione del Parma di Chivu è ormai la solita: 3-5-2 con Bonny e Pellegrino in avanti. D’Aversa sceglie Fazzini e Cacace sulla trequarti, mentre il centravanti non è Colombo ma Seba Esposito. Dopo una fase di studio il pallino del gioco è in mano all’Empoli. Il Parma attende compatto nella sua metà campo, mentre i toscani cercano di dettare i ritmi e attaccare fin da subito. Dopo dieci minuti i padroni di casa sbloccano la gara: schema dalla bandierina, Henderson calcia basso verso il limite, Fazzini arriva in corsa e sfonda la porta di Suzuki con un missile sotto la traversa. Continua il momento d’oro del numero 10 azzurro, al terzo gol nelle ultime quattro gare. Per Chivu piove sul bagnato, perché Valenti commette due ingenuità e si fa espellere: prima si fa ammonire per una reazione su Henderson (abbastanza lieve) e poi si prende il secondo giallo trattenendo Esposito, che non sarebbe arrivato a prescindere sul pallone. Un’ingenuità che costringe il tecnico crociato a ridisegnare la sua squadra, anche se le maggiori difficoltà arrivano dalla metà campo in su. La mediana va in affanno, con Keita che rompe il gioco ma non imposta, Sohm non riesce a inserirsi agonisticamente nel match e Ondrjeka a girare a vuoto (assente ingiustificato sul gol di Fazzini). Pellegrino continua la sua lotta contro Ismaijli, tornato a governare la difesa e i risultati si vedono eccome. L’argentino ha solo un’occasione di testa, ma non riesce a convertire in rete, e per il resto del primo tempo non riesce a trovare spazio. Nella ripresa, come prevedibile, l’Empoli prova a fare la partita, forte dell’uomo in più. Il Parma di Chivu però non demorde e comincia a trovare sempre più spazio. La crescita dei crociati si evidenzia dalle mosse del tecnico romeno, che inserisce Milan Djuric al posto di Pellegrino, oltre a Hernani e Camara, al posto di Sohm e Ondrejka, non pervenuti. La mossa si rivela, ancora una volta, quella giusta, perché il Parma riacciuffa il pareggio grazie ai subentrati: punizione da centrocampo di Hernani verso il secondo palo, stacco imperioso di Djuric verso la porta, Bonny disturba Vasquez che non interviene e il Parma trova il gol dell’1-1, gelato il Castellani. Prima gioia in maglia crociata per Djuric, che sceglie la notte perfetta per aprire il suo score. L’Empoli, spinto dai suoi tifosi, cerca una reazione e la ottiene anche lei dalla panchina. Stavolta a uscire è Tino Anjorin, uno che nel girone di ritorno si è eclissato, causa problemi fisici. E pure lui sceglie la notte perfetta, anche meglio di Djuric, per fare gol: minuto 85, sponda di Konaté (anche lui subentrato, ad Esposito) Anjorin prende la mira e scaglia una fucilata sotto l’incrocio, una perla che ha un peso enorme per la corsa salvezza, perché il risultato resiste fino al triplice fischio. Serviva una vittoria per non smettere di lottare, e i tre punti sono arrivati. La lotta salvezza si conferma intensissima, e con questo successo anche l’Empoli manda un segnale alle pretendenti. Il gol di un Fazzini rigenerato nelle ultime gare, e di un ritrovato Anjorin, possono dare quella marcia in più in vista degli ultimi due scontri diretti, contro Monza e Verona. Il Parma mantiene quattro punti sulla zona retrocessione, e adesso cerca il sigillo finale alla salvezza.
Udinese-Monza (A cura di Marco Rizzuto)
A Udine prevale l’orgoglio brianzolo: all’ultimo respiro Keita Baldé regala la vittoria al Monza
Il Bluenergy Stadium ospita una gara tra due squadre che conoscono già il loro destino, ma le occasioni fioccano ugualmente. La prima palla gol è dei bianconeri, che sfiorano il vantaggio con l’acrobazia al volo di Kamara ma la sfera termina fuori dallo specchio. Nei primi trenta minuti si assiste ad un dominio bianconero, Solet prima dribbla Castrovilli, poi duetta con Modesto e calcia in porta costringendo Pizzignacco ad un grande intervento. La prima metà di gara giocata a ritmi non troppo bassi termina in parità. L’Udinese ha trovato diverse volte la porta senza mai battere l’estremo difensore. Alla ripresa il tecnico Runjaic effettua due cambi per provare a sbloccare il risultato: dentro Lucca e Lovric per Zarraga e Bijol. Il Monza però passa inaspettatamente in vantaggio al 52′ con il gol altrettanto surreale firmato da Caprari: Birindelli galoppa sulla corsia di destra, si accentra e calcia colpendo in pieno il secondo palo, la sfera carambola sulla spalla di Caprari che si era involato in scivolata ed entra in porta. La gara prosegue con l’Udinese che cerca e trova il pareggio in un modo similmente surreale: Akpa Akpro inciampa sul pallone regalando ai bianconeri il possesso, Karlstrom senza perdere tempo sventaglia in avanti alla ricerca di Lucca, che controlla bene e poi calcia forte sul secondo palo battendo Pizzignacco ad un quarto d’ora dalla fine. Il secondo tempo segue lo stesso copione del primo, l’Udinese spinge per il gol ma alla fine è il Monza che a sorpresa sul finale segna il gol vittoria: Sensi apre sulla sinistra per Zeroli che crossa in mezzo trovando Keita Baldé tutto solo, il senegalese spacca la porta da pochi metri regalando la vittoria al Monza, una vittoria che non si vedeva da quasi quattro mesi.
Hellas Verona-Lecce (A cura di Marco Rizzuto)
Krstovic illude, Coppola punisce: la salvezza del Lecce è appesa a un filo
Dopo il successo dell’Empoli, il Lecce è chiamato a vincere per uscire fuori dalla zona retrocessione. Tra le fila del Verona, Zanetti ritrova Coppola e Valentini dopo il turno di squalifica, torna titolare anche Tengstedt che si posiziona al fianco di Sarr per guidare l’attacco scaligero. I salentini rispondono col solito 4-2-3-1, Krstovic riesce a recuperare partendo titolare. Alle sue spalle N’Dri, Helgason e Tete Morente. La squadra di Giampaolo non vince addirittura dal 31 gennaio e la vittoria deve essere l’unico risultato accettabile. Il Lecce prende in mano le redini della gara, passando in vantaggio dopo 22 minuti di dominio: Tete Morente imbucail pallone alle spalle della difesa perfetto per Krstovic, il bomber salentino batte Montipò inaugurando la gara. Dopo lo svantaggio, il Verona cerca di rialzare la testa e riesce a pareggiare a cinque minuti dalla fine del primo tempo: Suslov scodella in mezzo il pallone trasformato in gol dalla testata di Coppola, che si insacca perfettamente sul secondo palo dove Falcone non può arrivare. Sul finale Krstovic prova a prendersi la squadra sulle spalle cercando l’eurogol dalla distanza, ma la sfera esce a fil di palo. Alla ripresa entrambi gli allenatori mettono mano alla panchina: dentro Serdar per Suslov nel Verona, mentre Veiga subentra per Guilbert nei salentini. Il secondo tempo mostra un Verona molto più propositivo, la squadra di Zanetti tenta di sfruttare i cross, punto debole del Lecce come visto nella prima frazione. All’ora di gioco il Lecce va vicinissima al vantaggio, ma Banda non riesce ad indirizzare a porta vuota sullo splendido assist di Veiga. Da questo momento in poi i ritmi calano vertiginosamente, il fischio finale conferma l’1-1 del primo tempo lasciando in bilico il destino di entrambe le squadre. Il Verona momentaneamente ricopre la quindicesima posizione, ma la salvezza non è ancora confermata. Con questo pari la squadra di Giampaolo rischia grosso, a sole due giornate dal termine i salentini sono diciottesimi, a -1 dal Venezia momentaneamente salvo.
Torino-Inter (A cura di Tommaso Patti)
Nerazzurri sulla cresta dell’onda. Il primato adesso dista solo un punto
Nel miglior momento della stagione, subito dopo le due quasi fatali sconfitte in campionato, l’Inter è costretta a fare risultato a Torino per impedire agli azzurri di allungare sul secondo posto. Inzaghi schiera in campo nove cambi rispetto alla sfida contro il Barcellona, lasciando in campo solamente Bisseck e Bastoni. Dopo una decina di minuti giocati interamente nella metà campo dei padroni di casa, la mossa di Simone Inzaghi risulta vincente e porta l’Inter in vantaggio: posizionato da mezza’ala, Zalewski si crea, con un colpo di tacco, lo spazio per aggredire il campo e calciare a giro sul secondo palo, conclusione che trova impreparata la difesa granata e che non lascia scampo Milinkovic Savic. La prima rete in maglia nerazzurra dell’esterno polacco, permette all’Inter non solo di procedere con una marcia in più la gara, ma anche la gioia di aver portato in gol tutti i giocatori di movimento (appartenenti alla prima squadra). La nuova posizione di Zalewski e il tanto sacrificio di Correa, permette all’Inter di trovare spazi liberi e portare palla indisturbatamente nell’area di rigore avversaria, come accaduto al 26’ con l’avanzata di Bisseck conclusa con il filtrante per Darmian, autore di un tiro in diagonale salvato miracolosamente da Masina. Dall’occasione dell’ex difensore del Toro, la gara subisce un calo drastico di azioni, fattore alimentato soprattutto dalle forti precipitazioni avvenuta a Torino, che costringono le squadre a giocare con cautela date le incognite del campo dopo un breve stop per testare il terreno di gioco da parte di La Penna. Nel pieno dei sei minuti di recupero, una prodezza di Josep Martinez salva l’Inter sul colpo di testa di Che Adams, che riceve palla da Biraghi ma non riesce ad angolare il pallone in modo tale da battere l’estremo difensore spagnolo. Dopo un secondo test per capire se la gara potesse riprendere dato il forte temporale verificatosi durante l’intervallo, la sfida prosegue regolarmente. La prima occasione della ripresa arriva dopo poco più di un minuto, quando sullo scatto di Taremi, Milinkovic–Savic interviene in maniera irregolare sull’iraniano, commettendo fallo dentro l’area di rigore. Per ottenere continuità e fiducia, dal dischetto si presenta nuovamente Asllani che spiazza il portiere serbo, e trasforma in gol il secondo rigore di fila dopo quello segnato nell’ultima sfida contro il Verona. Il doppio vantaggio e l’evidente stanchezza dovuta all’estenuante impegno contro il Barcellona, il ritmo dei nerazzurri è più conservativo. Nonostante il fallo che ha regalato il penalty agli ospiti, Milinkovic-Savic salva la propria squadra in diverse circostanze grazie a degli interventi importanti e che tengono a galla la squadra di Vanoli. Durante il secondo dei tre minuti di recupero, la rovesciata di Masina riapre la partita, rete annullata immediatamente dal direttore di gara per un fallo in attacco del centrale marocchino ai danni di Asllani. La rete che avrebbe accorciato le distanze, illude un Torino poco creativo e succube per tutti i novanta minuti dell’Inter. La dodicesima sconfitta in campionato, non danneggia però in nessun modo un Torino già salvo e saldamente a metà classifica. Dopo le turbolenti due settimane in cui l’Inter ha visto quasi scappare via tutti gli obiettivi, la vittoria di misura contro il Verona e la grande prestazione in Champions, regala ai nerazzurri un finale di stagione tutto da vivere, soprattutto dopo il passo falso del Napoli contro il Genoa.
Napoli-Genoa (A cura di Tommaso Patti)
Il Genoa sorprende e pareggia al Maradona. Conte “spreca il bonus”.
La voglia di continuare a sognare degli azzurri e la frase “andiamo a Napoli per vincere” di Vieira, sono la combo perfetta per una sfida elettrizzante. Al Maradona, il Napoli prova subito a rompere la difesa avversaria dopo pochi minuti con la classica conclusione di Politano, terminata di poco a lato la porta difesa da Siegrist. Dieci minuti dopo il gol sfiorato dall’esterno azzurro, il Napoli -come in gran parte della stagione- si affida alla devastante forza di Lukaku, che si carica la squadra sulle spalle, e sblocca il risultato grazie all’assist di McTominay. La dodicesima rete in campionato di Lukaku, spinge ancora di più un Maradona carico e voglioso di trionfare. Successivamente alla conclusione di Raspadori murata da Siegrist, il Napoli trema sulla traversa colpita da Pinamonti, bravo nel vincere il duello contro Politano e a impattare di testa il cross servito da Vitinha. Su un’altra iniziativa nata dai piedi di Messias, il Genoa trova la rete del pareggio grazie all’errore di Meret sul colpo di testa di Ahanor. La reazione dei partenopei non arriva e il Genoa prova a prendere il sopravvento, sbattendo più volte contro una difesa del Napoli attenta e rapida nel bloccare le manovre offensive avversarie. Nella ripresa, il Napoli scende il campo provando subito ad assediare l’area del Genoa, affidandosi alle solite ed efficaci incursioni di Di Lorenzo. Dopo un primo tempo opaco, il “Jack” del Napoli si accende e riporta in vantaggio la squadra di Conte, azione nata dall’ennesimo assist di McTominay e da un’altra imbucata vincente di Raspadori. Nel momento migliore del Napoli, il cross di Aaron Martin è inatteso dalla retroguardia azzurra, che lascia libero di saltare e impattare in porta la conclusione di testa di Vasquez. Il gol del difensore messicano gela il Maradona, che spinge comunque la squadra nel tentativo di raddrizzare una sfida non giocata al meglio da parte dei padroni di casa. Prima del triplice fischio, il Napoli sfiora il gol del nuovo vantaggio in due occasioni: prima con il sinistro a giro di uno stremato Politano, e successivamente con l’azione pericolosa costruita da Neres per il colpo di testa largo di Billing. Con il successo dell’Inter, il Napoli ha sì il destino nelle proprie mani, ma ha comunque visto svanire l’opportunità di andare a +3 a sole due giornate dal termine, distanza che adesso è di una sola lunghezza sulla squadra di Inzaghi. Nelle prossime sfide, la squadra di Conte affronterà Parma e Cagliari, due squadre ancora non certe della permanenza in Serie A nella prossima stagione, a differenza del Genoa, salvo, senza obiettivi ma in grado di strappare un punto prezioso al Maradona.
Venezia-Fiorentina (A cura di Simone Scafidi)
C’è luce per il Venezia, frenata Viola
Nel commovente spettacolo di un Penzo sorprendentemente pieno, che omaggia tutte le mamme in occasione della loro festa, Venezia e Fiorentina arrivano con due obbiettivi ben diversi: la salvezza per i Lagunari, l’Europa per Palladino. La prima metà del primo tempo risulta monotona, con le due squadre che si studiano, temendo di sbilanciarsi ed evitando di subire eventuali ripartenze. La prima occasione è per la Fiorentina con Fagioli, che calcia sul secondo palo trovando la bella parata di Radu, che sventa il pericolo. Allo scadere del primo tempo è invece il Venezia ad andare vicino al vantaggio, con una serpentina di Yeboah in area di rigore che termina sul fondo. Al 59′ è invece Oristanio a sfiorare l’1-0, sparando la sfera sull’esterno della rete da due passi. Dopo appena tre minuti, sul cross di Kike Perez si avventa Candé, che buca De Gea e porta in vantaggio la squadra di Di Francesco, in un Penzo che esplode di gioia. La difesa Viola sale malissimo e il due del Venezia rimane totalmente indisturbato nel calciare. Pochi istanti dopo la Fiorentina reagisce, con il tiro di Ranieri che, in seguito ad un miracolo di Radu, si infrange sul palo, innescando la ripartenza del Venezia che arriva fino in fondo con Oristanio, autore del gol del 2-0, tornando in rete dopo ben cinque mesi. A quindici minuti dal termine la riapre uno dei migliori giocatori della stagione viola, Rolando Mandragora, che si gira in un fazzoletto all’interno dell’area di rigore e batte Radu, insaccando la sfera praticamente all’incrocio dei pali. Dopo sette lunghi minuti di recupero, Marchetti fischia tre volte e il Venezia può tirare un sospiro di sollievo, con due partite rimaste in cui dovrà mettere l’anima per riuscire ad accaparrarsi un’insperata salvezza.
Atalanta-Roma (A cura di Simone Scafidi)
Il Passato può tornare: Sulemana gela Ranieri
Le ultime battute di questo campionato saranno fondamentali per definire l’accesso agli ultimi posti disponibili per l’Europa. Al Gewiss Stadium, con i tre punti, la squadra di Gasperini si assicura la partecipazione alla prossima Champions, mentre la squadra di Ranieri, sconfitta dopo 19 risultati utili consecutivi, dovrà per forza trovare due vittorie nelle ultime due giornate. I giallorossi, in tenuta da trasferta, partono arrembanti con Cristante, ingranaggio a centrocampo che dopo appena sette minuti impensierisce Carnesecchi con un tiro dalla distanza abbastanza insidioso. Nella ripartenza immediatamente successiva, sull’assist di De Ketelaere, Lookman buca Svilar sul secondo palo con il più classico dei suoi gol e porta avanti la Dea, in mezzo alla nebbia di Bergamo. Dopo appena due minuti l’Atalanta va vicina al raddoppio con Ederson, che in seguito ad una giocata da brividi calcia alto sopra la porta giallorossa. Al 17′, un errore di Kossounou spalanca il campo a Koné, che tenta la conclusione dalla lunga distanza, deviata in calcio d’angolo non lontana dalla porta di Carnesecchi. Cinque minuti più tardi è proprio Manu Koné a spalancare il campo alla Dea, che arriva al tiro prima con De Ketelaere, murato da Svilar e successivamente con Retegui, autore di una conclusione potente ma imprecisa. Ad un quarto d’ora dal termine del primo tempo, Cristante sigla il gol del pareggio, incornando di testa su una palla precisa di Soulé, che il centrocampista italiano non deve far altro che appoggiare in porta, per il gol dell’1-1. Nel secondo tempo, quantomeno all’inizio, la Roma sembra scendere in campo più consapevole dei propri mezzi, arrivando spesso dentro l’area di rigore avversaria. Al 63′ Koné sfonda e viene buttato giù da Pasalic, con l’arbitro che indica il dischetto, per poi annullare, solo successivamente, il calcio di rigore, con il sospiro di sollievo di Gasperini. Da questo episodio l’Atalanta riesce a trovare la forza per riprendere in mano la partita, e al 76′, in seguito ad una meravigliosa azione corale, il neo-entrato Sulemana arriva alla conclusione dalla distanza, che batte Svilar per il definitivo 2-1. La mossa di Gasperini si rivela (ovviamente) vincente, e al triplice fischio dell’arbitro l’Atalanta esplode in una grande festa per l’ennesima qualificazione in Champions League, arrivata con due giornate di anticipo. Ranieri, apparso leggermente nervoso nelle interviste post-gara, dovrà invece motivare la squadra per rimanere attaccato al treno Champions, che arriverà a destinazione con un solo vagone conteso da diversi passeggeri.
LA TOP11 DELLA 36ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala
Calcio
Europa e Conference, semifinali di ritorno: Europa all’inglese, Fiorentina nel baratro

Con il triplice fischio che pone il sigillo anche alle semifinali di ritorno di Europa e Conference League, abbiamo finalmente un disegno definitivo di quelle che sono le quattro contendenti che scenderanno in campo per aggiudicarsi le due finali. A San Mamès si contenderanno il titolo Tottenham e Manchester United, per una finale tutta all’inglese che mette in palio non solo la coppa, ma anche la dignità persa durante una stagione pessima. A Breslavia, per la finale di Conference, andranno il Chelsea, che già aveva ipotecato il passaggio del turno nella gara di andata, e il Betis, che riesce a scavalcare un’audace Fiorentina e accede all’ultimo atto di questa stagione.
EUROPA LEAGUE
Wavin’ Flag
Nello stadio San Mamès di Bilbao, il 21 maggio, sventolerà una ed una sola bandiera, la Union Jack. Con andata e ritorno giocate magistralmente, sia Manchester United che Tottenham annichiliscono i propri avversari e strappano il ticket per la finale in Spagna. Nonostante le temperature polari del maggio norvegese, e i tifosi avversari che arrecano disturbo nel cuore della notte con fuochi d’artificio e fumogeni, il Tottenham scavalca il fortino del Bodo e non si fa sorprendere, arrecando una pesante sconfitta alla sorpresa di questo torneo, che prende due gol senza realizzarne, per il risultato totale di 5-1. Il gol di Solanke e l’improbabile rete di Pedro Porro scacciano, in poco più di sei minuti, ogni possibile timore degli Spurs, che tornano a giocarsi una finale Europea dopo quella di Champions League persa contro il Liverpool nel 2019. Sei anni fa, in un Wanda Metropolitano gremito, la squadra del Nord di Londra si trovava ad affrontare dei Reds apparentemente inarrestabili. Ironia della sorte, nella prossima finale, la squadra di Postecoglou si troverà ad afffrontare degli altri “reds”, sempre inglesi, autori però di una stagione tutt’altro che da protagonisti; il Manchester United di Amorim, molto sottotono in campionato, sembra cambiare totalmente faccia in Europa, e contro l’Athletic Bilbao tappa ogni possibile buco, non lasciando spazio agli spagnoli di costruire e al contempo attaccando senza sosta per arrivare al risultato finale di 4-1, che unito a quello dell’andata dà origine al totale di 7-1. La doppietta di Mount, ultimamente in forma, e i gol di Hojlund e Casemiro spezzano il sogno basco (inizialmente riacceso dal gol di Mikel) di giocare una finale in casa, e ipotecano di fatto il lasciapassare per la compagine di Manchester, che torna a giocare una finale europea dopo l’Europa League vinta nel 2017 contro l’Ajax.
Un ateniese a Londra
A dicembre, in un’intervista, lo aveva detto, e per come stava procedendo la stagione, vennero considerate parole al vento. “Al secondo anno con una squadra vinco sempre qualcosa“, è successo con il Brisbane, con gli Yokohama Mariners, con l’Australia e con il Celtic, ma stavolta sembrava che le cose potessero andare diversamente: un campionato buttato e l’eliminazione da quasi tutte le competizioni hanno spento la speranza nei tifosi degli Spurs, che anche un pò inaspettatamente si sono ritrovati in finale di Europa League, con la concreta possibilità di dover chiedere scusa, per non essersi fidati delle parole di Ange Postecoglou.
CONFERENCE LEAGUE
Fiorentina – Real Betis
La spinta del Franchi e il morale alle stelle non basta alla Fiorentina per fermare un Betis audace e aggressivo, che con una prestazione non stellare ma concreta riesce ad accedere alla finale di Breslavia. Nel primo tempo gli Spagnoli sembrano averne di più, ma a spaventare per prima è la squadra di Palladino, che con Comuzzo va due volte vicina al gol nel giro di pochissimi istanti, con il difensore italiano che incorna di testa su situazione di calcio d’angolo e si vede negare sulla linea per entrambe le volte la gioia del gol. Nonostante ciò, i biancoverdi non si scompongono e al 30′ trovano il gol del vantaggio con una magistrale punizione di Antony, che beffa De Gea colpendo anche il palo e confermando un periodo di forma assolutamente straordinario. Dopo appena tre minuti la Viola reagisce con grinta, e su calcio d’angolo Gosens colpisce di testa e trova il pareggio per poi raddoppiare, con un gol praticamente identico, a tre minuti dalla fine della prima metà di gara. Dopo aver capito i propri errori, il Betis si chiude anche per tutto il secondo tempo, che prosegue praticamente spoglio di vere occasioni per poi concludersi con un duplice fischio che porta tutto ai tempi supplementari. Proprio nell’extra-time, nonostante i diversi interventi prodigiosi di De Gea, El Zazzouli viene lassciato totalmente solo di progredire in area, e ricevendo palla da Antony non deve far altro che appoggiarla in porta, siglando un gol analogo a quello segnato nella gara di andata, che archivia definitivamente la finale per la squadra di Pellegrini, la quale si troverà faccia a faccia con il Chelsea di Maresca, passato all’ultimo atto a discapito del Djurgarden.
Prima volta biancoverde
Dopo il passaggio del turno a discapito della Fiorentina, il Real Betis si aggiudica, per la prima volta nella sua storia, il diritto di giocarsi una finale europea. La qualificazione al match di Breslavia è solo la punta dell’iceberg di una stagione condotta magistralmente dalla squadra di Pellegrini, che sotto la guida dell’allenatore cileno ha trovato il coraggio di proporre un gioco iper-offensivo sia in campionato che in Europa, risultando, da gennaio in poi, uno dei club più in forma al mondo. La finale contro il Chelsea sarà probabilmente la partita più importante della stagione, con un peso specifico non indifferente e che significherebbe, in caso di vittoria, la partecipazione diretta alla prossima Europa League.
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