Connect with us

Attualità

Cecilia Sala: il racconto del ritorno in patria dal carcere dell’Iran

Published

on

Cecilia Sala, la giornalista italiana di 29 anni, dopo 21 giorni trascorsi nel carcere di Evin a Teheran, in Iran è finalmente arrivata in Italia, l’incubo iniziato il 19 dicembre è adesso finito.

Romana e 29 enne, Cecilia Sala è una giornalista italiana che ha trascorso tre settimane nel carcere di Evin a Teheran, in Iran, prima di essere liberata ufficialmente l’8 gennaio.

Ripercorrendo la vicenda, la reporter è stata arrestata lo scorso 19 dicembre, ma la notizia è stata diffusa solo dopo le vacanze natalizie per non ostacolare le trattative tra il governo italiano e quello iraniano per compiere con successo il salvataggio della giovane.

MOTIVO DELL’ARRESTO

Nonostante Sala si fosse recata in Iran per lavoro mostrando con sé il proprio permesso di soggiorno giornalistico per raccontare un’altra storia nel suo podcast Stories presso Chora Media, è stata accusata di aver violato le leggi della Repubblica Islamica.

La giornalista si trovava in Iran dove aveva a raccolto diverse informazioni per il suo podcast Stories di Chora Media, che quasi ogni giorno racconta una storia diversa dal mondo. In più qualche giorno prima dell’arresto, il 16 dicembre, Sala aveva pubblicato un podcast intitolato “Una conversazione sul patriarcato a Teheran” raccontando la conversazione con una 21enne iraniana, Diba, parlando anche della nuova legge sull’hijab. Dopo tre lunghe settimane di prigionia, torna in Italia l’8 gennaio 2025.

LA RIUSCITA DEL GOVERNO ITALIANO

Dopo che Sala è atterrata sul territorio italiano accolta dalla gioia dei propri genitori e del compagno, la prima domanda della conferenza stampa di Giorgia Meloni riguarda proprio il suo caso, in cui la stessa premier ha dichiarato: “Avvisare la famiglia è stata l’emozione provata ieri più grande da quando sono a Chigi“, con queste parole la premier ha espresso il suo ringraziamento speciale al sottosegretario Alfredo Mantovano e il ministro degli Esteri Antonio Tajani per il lavoro svolto, descrivendolo di “complessa triangolazione diplomatica tra Italia, Iran e Stati Uniti.

L’ESPERIENZA NEL CARCERE A TEHERAN

Dopo l’arrivo a Roma e gli abbracci dei suoi cari, Cecilia Sala ha brevemente raccontato riguardo ciò che l’è accaduto nel carcere iraniano, dicendo: “Avevo perso il senso del tempo, non sapevo più quando era giorno e quando era notte” confermando di essere stata in una cella “stretta e alta, senza letto, con una lampada sempre accesa e una piccola finestrella sul soffitto da cui passava l’aria ma che neanche riuscivo a vedere“. Dopo un po’ di tempo però: “mi hanno spostato in una cella più grande e mi hanno portato gli occhiali. Ero insieme a una donna iraniana che non parlava una parola di inglese, quindi indicavamo gli oggetti nella stanza, lei ne diceva il nome in farsi e io in inglese” aggiungendo che durante le poche telefonate che ha fatto alla sua famiglia: “Ero costretta a leggere un messaggio, i miei mi facevano delle domande ma io non potevo dire di più perché avevo paura che mi facessero interrompere la conversazione.” Infine ha dichiarato: “Ho chiesto una Bibbia. Presumevo che potesse essere un libro che ad Evin avevano in inglese. E perché comunque la Bibbia è un libro molto lungo…“.

LA PUNTATA PODCAST DOPO L’ACCADUTO

Sala ha raccontato la sua esperienza nella puntata del podcast Stories. Questa volta da intervistare è il suo direttore, Mario Calabresi, ascoltando il racconto della giovane, si percepisce subito l’emozione nella sua voce.

Le parole registrate per il podcast dalla giornalista: “Sono confusa ma felicissima di essere tornata a casa. Mi devo abituare, non ho riposato questa notte per la gioia e quella prima ancora per l’angoscia però sto bene e sono molto contenta”. Sala ha poi ricordato che sull’arresto avvenuto in Iran, è in corso un’inchiesta, dicendo: “Non mi è stato spiegato perché mi trovavo in carcere o perché fossi in quella cella. Io in Iran volevo tornare da tanto tempo perché ci sono persone alle quali sono affezionata. Questo lavoro ti permette di conoscere tanta gente e alcune persone bucano lo scudo che ci si crea per evitare di essere investiti dalla sofferenza altrui. Queste ‘fonti’ diventano amici ed ero felicissima di poterli rivedere.”

DICHIARAZIONI

Per di più la reporter ha dichiarato che proprio il giorno prima dell’arresto aveva realizzato per il suo Podcast un’intervista in merito proprio al carcere di Evin e alla condizione di isolamento, dichiarando: “Quella puntata non è mai uscita. Probabilmente verrà pubblicata, un giorno o l’altro“. In più Sala ha raccontato la storia di una comica antiregime che proprio in una cella del carcere di Evin, era riuscita a ridere in un paio di occasioni. Aggiungendo: “Ricordare quel racconto mi ha dato tanta forza nei giorni successivi. Anche io sono riuscita a ridere un paio di volte. La prima è stata quando ho visto il cielo nel cortile della prigione, la seconda quando ho sentito il canto buffo di un uccellino fuori da una finestra. Per scandire le giornate mi davo delle scadenze, mi ripetevo ogni giorno che forse quel pomeriggio mi avrebbero portato in cortile. Cercavo di darmi uno scopo. La cosa che rende più difficile la permanenza in carcere, infatti, è il silenzio. Alcuni giorni mi contavo le dita per passare il tempo o leggevo gli ingredienti del pane, l’unica cosa in inglese che potevo leggere.”

Classe 2003. Studentessa in Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Palermo. Aspirante giornalista e graphic designer e appassionata della cultura giapponese, delle riviste della nuova generazione e ogni forma d'arte.

Continue Reading
Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Attualità

Vera scoperta dell’America: smentito Colombo, i primi furono i Vichinghi

Published

on

Contrariamente a ciò che sappiamo sul primo uomo a scoprire l’America nei libri di storia, in realtà non andò tutto secondo la sequenza temporale che sappiamo. Ebbene sì, in realtà non fu Colombo a scoprire l’America per primo, bensì i Vichinghi.

Uno studio ha dimostrato quanto si ipotizzava da tempo: la presenza europea in America risale a ben prima di Cristoforo Colombo, perché furono i Vichinghi nell’anno 1021, con 471 anni di anticipo da Colombo, ad essere i primi ad approdare sul continente americano.

LA SVOLTA DELLA VERITA’

La sorprendente verità è emersa grazie ad una scoperta incredibile in Canada. Gli scienziati Michael Dee, dell’Università di Groeningen, nei Paesi Bassi e colleghi di un’ampia collaborazione internazionale, sulla base della datazione di alcuni resti archeologici scoperti nel sito, hanno analizzato dei campioni di legno trovati a Terranova e hanno trovato al di sopra segni di un’ascia, ma non una qualunque, un’ascia vichinga.

Grazie all’utilizzo di tecniche di datazione avanzatissime, gli scienziati sono riusciti a stabilire l’anno esatto in cui quell’ascia ha intagliato quel pezzo di legno, dunque non un periodo generico, ma l’anno preciso: 1021 d.C.

Nonostante fosse noto già da tempo che i primi europei a raggiungere le coste americane fosse quel popolo noto per le sue spedizioni verso mete che ai tempi erano i margini del mondo conosciuto, ossia dal Mar Caspio alle coste remote della Groenlandia, ora per la prima volta, i ricercatori ci hanno fornito una data precisa per il primo sbarco nelle Americhe: il 1021.

PRIME TESTIMONIANZE

Risalgono agli anni Sessanta le prime testimonianze della presenza del popolo Vichingo sul continente americano. Le prime scoperte riguardano i resti della colonia di l’Anse aux Meadows, ma non c’era alcuna certezza circa la sua datazione, la cui stima è stata poi raggiunta solo oggi grazie a uno studio avanzato. Tutto partì grazie alla scoperta di resti lignei lavorati in modo inconfondibile con il ferro, materiale che era sconosciuto ai nativi americani.

@Focus

 

Continue Reading

Attualità

Guerra in Medio Oriente, possibile accordo tra Israele e Hamas entro 1-2 settimane: ecco gli eventuali scenari

Published

on

Medio Oriente

Arrivano nuove notizie in merito ad una possibile tregua in Medio Oriente tra Israele e Hamas, che prevederebbe un accordo sul cessate il fuoco con eventuale rilascio degli ostaggi.
Dialoghi che, però, si prevede andranno avanti nel lungo termine per circa una o due settimane.

POSSIBILE TREGUA IN MEDIO ORIENTE

Israele e Hamas potrebbero raggiungere un accordo per il cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi entro una o due settimane, ma non si prevede che possa succedere in un giorno.
Lo ha dichiarato un alto funzionario israeliano a Reuters, durante la visita del premier Benjamin Netanyahu a Washington, che finora non ha prodotto annunci.

Secondo la fonte, se le due parti dovessero accettare una tregua di 60 giorni, Israele userebbe quel tempo per offrire un cessate il fuoco permanente che richiederebbe il disarmo del gruppo militante palestinese. Se Hamas rifiuta, “procederemo” con le operazioni militari, ha sottolineato il funzionario.

Il Qatar e altri Paesi potranno iniziare a destinare risorse e fondi alla ricostruzione della Striscia di Gaza già. durante il cessate il fuoco. E’ quanto ha accordato Israele nell’ambito dei negoziati in corso a Doha, come richiesto da Hamas per dimostrare serietà di intenzioni.

Lo Stato ebraico da parte sua insiste che non sia solo Doha a dare fondi, ma anche altri Paesi. Gli Stati della regione, tra cui l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, si rifiutano di impegnarsi a fornire aiuti per la ricostruzione se prima Israele non si impegna a porre fine alla guerra.

IL BILANCIO DEI MORTI SI AGGRAVA IN MEDIO ORIENTE

Almeno 24 persone, tra cui molte donne e bambini, sono stati uccisi dall’alba di oggi al centro e al sud di Gaza. Lo riferisce Al Jazeera, citando fonti ospedaliere.  Allarme a Tel Aviv e Gerusalemme per il lancio di missili dallo Yemen. Le forze israeliane hanno intensificato gli attacchi aerei su Gaza, mentre proseguono faticosamente i negoziati a Doha.

Intanto, il primo ministro israeliano Netanyahu ha dichiarato che lui e Donald Trump condividono pienamente la strategia per giungere a un accordo sulla liberazione degli ostaggi detenuti da Hamas, ma ha chiarito che Israele non firmerà alcun patto “a ogni costo“.

Medio Oriente

Foto: Il Corriere della Sera

DOMANI RITORNO IN ISRAELE DI NETANYAHU

E’ previsto per domani mattina il rientro in Israele da Washington del premier Benjamin Netanyahu. Lo scrive il giornale israeliano Haaretz. Netanyahu è negli Stati Uniti da domenica.

Nelle scorse ore il premier israeliano ha incontrato al Pentagono il segretario alla Difesa, Pete Hegseth, con il quale – ha reso noto l’ufficio di Netanyahu – ha parlato di questioni relative alla sicurezza, anche il “contrasto alle minacce dall’Iran“, dopo i 12 giorni di guerra a giugno tra Israele e la Repubblica Islamica, e il “rafforzamento dell’alleanza strategica tra Israele e Usa“.

Continue Reading

Attualità

Processo Puff Daddy, è terminato ufficialmente il processo: ecco l’esito

Published

on

Puff Daddy

È giunto finalmente al termine, nella giornata di ieri, il processo a “Puff Daddy” che ha tenuto sulle spine tutta l’America, e non solo, per tantissime settimane. Subito dopo il termine del procedimento è giunto anche l’esito: Puff Daddy è stato ritenuto colpevole solo di due capi di imputazione su cinque e, di conseguenza, non rischia l’ergastolo.

In un verdetto misto, i giurati del processo penale federale a Sean Diddy Combs lo hanno dichiarato colpevole di due capi d’imputazione per trasporto a fini di prostituzione, ma lo hanno assolto dalle accuse più gravi: associazione a delinquere e traffico sessuale. Il verdetto, annunciato nella tarda serata del 1° luglio (ora statunitense), è stato confermato da più fonti, tra cui CNN, AP News e The Guardian.

IL VERDETTO A PUFF DADDY

La decisione arriva dopo circa 14 ore di deliberazioni. Combs era accusato di aver preso parte a una rete di sfruttamento sessuale e di aver promosso un sistema organizzato a scopo criminale: due capi d’imputazione gravi, che avrebbero potuto comportare l’ergastolo.

La giuria, però, l’ha assolto da queste accuse. Diversa, invece, la posizione per quanto riguarda i due capi d’imputazione minori, che lo accusavano di aver organizzato e finanziato spostamenti di donne a fini di prostituzione. In questi casi, Combs è stato dichiarato colpevole.

Il giudice Arun Subramanian ha ringraziato i giurati per il loro “enorme sacrificio” nel corso del processo: “Voglio che sappiate che è fonte di ispirazione per tutti noi. Avete ascoltato, avete lavorato insieme, siete stati qui ogni giorno, con la pioggia o con il sole. Lo avete fatto senza alcuna ricompensa, se non quella che deriva dal rispondere alla chiamata del servizio pubblico. Questo dovrebbe dare speranza a tutti noi“, ha detto.

 

Puff Daddy

Foto: Il Post

QUANTO RISCHIA ADESSO PUFF DADDY

Il rapper, che si è dichiarato non colpevole di tutte le accuse, ora rischia una pena fino a 10 anni di carcere per le condanne per trasporto. Se fosse stato condannato per uno qualsiasi degli altri capi d’accusa, il 55enne avrebbe potuto affrontare fino all’ergastolo.

Ma Combs resterà in carcere: il giudice Arun Subramanian ha negato infatti al re dell’hip hop di uscire di carcere sotto cauzione, argomentando che i reati di traffico di persone a scopo prostituzione di cui è stato riconosciuto colpevole impongono che il condannato resti dietro le sbarre in attesa della sentenza.

LA REAZIONE DELL’AULA

Prima di essere accompagnato fuori dall’aula del tribunale dagli ufficiali giudiziari, Sean “Diddy” Combs si è inginocchiato davanti alla sedia e ha chinato la testa. Successivamente, rivolto alla tribuna, ha applaudito, spingendo anche il pubblico a farlo.

Combs ha guardato la famiglia con il viso raggiante, dicendo: “Grazie. Vi voglio bene, mamma.”.
In seguito i familiari hanno iniziato a gridare dream team agli avvocati, che si sono dati pacche sulle spalle e si sono abbracciati.

Sono numerosi, invece, i video di tutti i supporters di Puff Daddy che, fuori dal tribunale, hanno accolto la sentenza con felicità e divertimento.
Continue Reading

Facebook

Altri articoli in ‘Attualità’

Trending

Copyright © 2024 - by Exit Web Systems

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità.
Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001.