Calcio
Polemiche e discussioni da palcoscenico. Atalanta e Milan steccano l’andata dei playoff

Continua dalle sconfitte di Atalanta e Milan il Festival della Champions League. Nella seconda serata del festival di Sanremo, le italiane cadono contro Brugge e Feyenoord e adesso sono obbligate a rimontare le situazioni di svantaggio per approdare agli ottavi di finale.
Club Brugge – Atalanta (A cura di Dennis Rusignuolo)
Tanti gli indisponibili per Gasp, soprattutto in difesa dove Posch trova i primi minuti con la maglia della Dea in Champions League. Il Brugge risponde con lo stesso blocco che fermò la Juventus meno di un mese fa (unico cambio nella fascia destra, con ). In contropiede il Brugge sa come pungere, Hien perde banalmente il pallone, Jutglà parte in contropiede, non serve i compagni lateralmente e calcia forte, blocca Rui Patricio senza troppi patemi. Ritmi altissimi in avvio, l’Atalanta perde palla in maniera superficiale, e la difesa atalantina entra subito in partita per fronteggiare le offensive dei belgi. Il gioco della Dea si sviluppa dal lato destro, indirizzando la pressione verso Bellanova e De Ketelaere, prima volta da ex nel club che lo ha lanciato. La squadra di Hayen si muove bene, costruisce il gioco con lucidità e armonia nello scambio continuo di posizioni, soluzione che i belgi cercano continuamente per eludere il pressing asfissiante dell’Atalanta. La squadra di Gasperini è in netta difficoltà nel primo quarto di gara, soprattutto sulla sinistra dove Posch mostra qualche difficoltà nell’adattamento alla zona sinistra del campo. Al 14′ il Brugge passa meritatamente in vantaggio: altra palla persa in costruzione dall’Atalanta, sempre dal lato sinistro in cui Posch attende troppo l’arrivo del pallone, Talbi legge la traiettoria in anticipo e recupera il pallone, porta palla e cerca subito in mezzo Jutglà, lo spagnolo controlla bene e si costruisce il tiro, forte e potente, dove Rui Patricio non può arrivare. Un avvio shock dei bergamaschi, sconnessi e soprattutto sorpresi dalla trappola tattica costruita dal Brugge. La reazione dell’Atalanta è più entropica che altro, Retegui prova ad alzare il baricentro della squadra scontrandosi con l’intera difesa belga, e la pressione nerazzurra comincia a ottenere qualche risvolto, anche se il possesso del Brugge rimane molto ragionato e cinico, Hayen ha preparato la gara in maniera magistrale. La manovra del Brugge è una vera e propria armonia fiamminga: qualità nel possesso, gestione lucida delle energie e sopratutto fluidità e imprevedibilità dei movimenti. Tutte componenti che stanno mandando in completa confusione la Dea. La prima vera occasione dell’Atalanta arriva a cinque dall’intervallo, il Brugge comincia ad accusare segni di cedimento, Retegui si costruisce il tiro, cerca il primo palo ma è impreciso, palla fuori di poco ma è un primo vero segnale di crescita. Il vento cambia subito, perché non passa nemmeno un minuto, la Dea pressa forte e si conquista una rimessa in zona bandierina, Zappacosta crossa in mezzo, Pasalic si inserisce e approfitta della presenza di Retegui (marcato da Ordonez) per colpire indisturbato e indirizzare sul palo opposto, Mignolet immobile e partita in equilibrio.
Nessuna mossa all’intervallo, una sorpresa considerando le abitudini di Gasperini. La crescita vista nel corso dell’ultimo quarto del primo tempo è bastata al tecnico italiano per non stravolgere la formazione. Anche al rientro dagli spogliatoi il Brugge continua a fare la sua partita solida e organizzata, con i terzini in costante spinta offensiva e un gioco che cerca sempre di scardinare i blocchi della Dea con il solito interscambio di posizione. Al 51′ cross bellissimo di Talbi all’indietro, Tzolis e Jutglà si ostacolano e favoriscono l’intervento dei difensori, ci riprova Onyedika ma anche lui viene murato, la palla arriva verso sinistra e De Cuyper si coordina benissimo con il mancino, palla che rimbalza sul terreno e sfiora il palo. Anche in questa fase l’Atalanta sbaglia tanto, ritorna a subire la spinta del Brugge, e anche per questo motivo Gasperini pensa a qualche mossa per scuotere notevolmente una squadra stranamente spaventata e confusa, e le mosse sono a ruolo su ruolo: Cuadrado e Samardzic per Pasalic e Bellanova. Le mosse della panchina riaccendono la fiamma nell’Atalanta, che torna ad affacciarsi dalle parti di Mignolet con un colpo di testa di Zappacosta, su cross di Cuadrado, e un diagonale mancino di Samardzic, brutta conclusione del serbo che non riesce a inquadrare la porta di parecchio. A venti dalla fine entrambi gli allenatori muovono la panchina, Hayen rinforza l’attacco con Nilsson al posto di Tzolis (5 gol nelle ultime 5 gare per l’attaccante svedese), mentre Gasperini richiama Retegui e Posch, dentro Brescianini e Toloi. Ritmi molto più bassi nel finale, con le due squadre visibilmente stanche dopo settanta minuti giocati ad un’intensità pazzesca. De Ketelaere prova ad accendersi all’improvviso, scambia con Samardzic e calcia forte sul secondo palo, attento Mignolet in tuffo. Le ultime due mosse sono conservative, da una parte (dentro il giovane Palestra al posto di Zappacosta) e dall’altra (Siquet -terzino- e Vetlesen al posto di Jutglà e Talbi). Cambi finiti e rush finale che si gioca più sulla strategia che sull’offensiva. Nel primo dei tre minuti di recupero un lampo riaccende la gara: Hien anticipa Nilsson che va giù e recrimina una manata dello svedese. Il contatto è lieve, la manata è fortuita e inattesa, ma il direttore di gara indica il dischetto e comincia ad ammonire una serie di giocatori bergamaschi. Dal dischetto si presenta lo stesso Nilsson, calcia forte e centrale e batte Rui Patricio. Un finale tra mille polemiche, giuste per l’episodio che rischia di compromettere il percorso dell’Atalanta. Il calcio di rigore assegnato ai belgi, autori comunque di una partita di altissimo livello, non fa altro che rianimare le polemiche sul VAR e sul suo utilizzo. Il protocollo necessita di un cambiamento e di un chiarimento uniforme e omogeneo, e le proteste feroci di Gasperini e dei giocatori sono più che comprensibili. Secondo atto a Bergamo, e adesso servirà una grande Atalanta, serviranno calma e lucidità ma soprattutto “Anema e Core”.
Feyenoord – Milan (A cura di Tommaso Patti)
I rossoneri, per fronteggiare un Feyenoord che sta vivendo una drastica rivoluzione sia in panchina che in campo, schierano una formazione offensiva con Leão e Pulisic sulle fasce e con il compito di continuare ad essere i pilastri di una squadra in netta ripresa. A completare il pacchetto offensivo, Conceição schiera per la prima volta dal primo minuto i nuovi innesti del mercato invernale: João Félix e Santiago Giménez. Il forte avvio dei padroni di casa destabilizza immediatamente l’avvio poco attento del Milan infatti, dopo una ripartenza rossonera non finalizzata, gli olandesi contrattaccano e trovano il gol che sblocca la gara con Igor Paixao, grazie ad una rete nata da un mix composto dalla bravura dell’esterno brasiliano e il grave errore di Maignan. L’entusiasmo del gol del vantaggio, spinge i biancorossi a continuare ad attaccare con fiducia, spinti da una voglia di riscatto dopo il turbolento caos che ha visto l’esonero di Brian Priske, sostituito dall’allenatore dell’Under 21 Pascal Bosschaart, oggi all’esordio sulla panchina dei “grandi“. Successivamente all’assedio degli olandesi, il Milan respira, pressa e tenta di reagire al gol dello svantaggio, provando a sfruttare gli inserimenti di João Félix, che comincia le manovre offensive sulla linea dei due centrocampisti per poi attaccare la profondità. Al 30′ minuto, gli uomini di Conceição reclamano un calcio di rigore per un presunto contatto falloso da parte di Thomas Beelen ai danni di Leão, intervento giudicato regolare da parte del direttore di gara. Nel giro di cento secondi, anche il Feyenoord protesta per un fallo in area di rigore di Pavlovic ai danni di Paixao ma, anche questo caso, l’intervento viene giudicato regolare da José María Sánchez. I minuti passano e il Feyenoord continua a dimostrare di essere in fiducia, trascinata soprattutto da Paixao, autore di una grande azione al 37′ conclusa con il tiro a giro del brasiliano che sbatte contro la traversa, negando il raddoppio alla formazione olandese. Sul tramonto del primo tempo, il Milan spreca un’importantissima occasioni con protagonista Leão, che viene lanciato in ripartenza da Thiaw ma spreca sotto porta un’occasione che poteva cambiare la gara.
La ripresa segue lo stesso copione del primo tempo, con il Feyenoord che domina nel gioco, cercando di palleggiare all’interno della metà campo avversaria, e con il Milan che si limita a difendere e a sfruttare la velocità dei suoi attaccanti per ripartire e cogliere alla sprovvista la difesa olandese. Dopo una decina di minuti equilibrati, i biancorossi salgono in cattedra e sfiorano il gol del raddoppio in due occasioni, con protagonista Beelen e il suo colpo di testa bloccato da Maignan, e la conclusione terminata di poco fuori di Carranza, subentrato a inizio ripresa al posto di Ueda. Le sostituzioni fatte da Conceição non cambiano il copione della gara, nonostante gli ingressi di Chukwueze e Tomori, i rossoneri continuano a soffrire le avance olandesi, che più volte mettono in pericolo il Diavolo, come nell’occasione nata da un duello vinto di Paixao contro Walker, azione conclusa con il tiro da metà campo del brasiliano che per poco non beffa Maignan. Sul finale di partita, il Milan trova la forza di reagire, ma va solo vicino al gol del pareggio con la conclusione potente ma centrale di Chukwueze, bloccata da Wellenreuther. A meno di dieci minuti dal triplice fischio, il Milan prova a riprendere in mano la gara affidandosi al momento di forma di Tammy Abraham, e la grinta del sedicenne Camarda, “Incoscienti giovani“. Nei minuti finali, il De Kuip capisce il momento di sofferenza della propria squadra dovuta all’assedio rossonero, incitando i giocatori con applausi d’incoraggiamento. Le conclusioni di João Félix e di Camarda avvenute nei minuti finali di gara, non bastano al Milan per pareggiare una sfida giocata al di sotto delle aspettative.
Dopo questa pesante ma non decisiva sconfitta, al Milan servirà una grande rimonta nella gara di ritorno, una prestazione ben diversa da quella vista questa sera al De Kuip. Luci a San Siro, dove il Diavolo è chiamato a rievocare un momento “Amarcord” della gestione Conceição.
Calcio
Succede tutto nella ripresa. Il Derby della Capitale termina senza vincitori

Dopo le scintille dell’andata, il derby capitolino tra Lazio e Roma regala meno emozioni e un risultato equilibrato. Nonostante le solite scaramucce da derby, le due squadre si annullano e portano a casa un punto ciascuno. Al gol di Romagnoli risponde il capolavoro di Soulé, tutto nel secondo tempo.
Defezioni da una parte e dall’altra: Ranieri, senza Dybala, si affida a Pellegrini e Soulé alle spalle di Dovbyk. La Joya ha chiuso anticipatamente la sua stagione, ma siede in panchina per supportare al massimo i compagni. Torna Saelemaekers dalla squalifica, e si riprende il suo posto nell’out di destra. La vera sorpresa è nei tre di difesa, perché Ranieri schiera Celik come braccetto di destra al fianco dei soliti Mancini e Ndicka. Sponda biancoceleste si deve smaltire il brutto colpo subito in Norvegia dal Bodø/Glimt, e Baroni allora si affida a Castellanos. Il Taty torna a vestire una maglia da titolare dopo quasi un mese di assenza, fondamentale la sua presenza per le geometrie e le offensive dell’attacco laziale. Confermato Mandas tra i pali (il greco è stato il migliore dei biancocelesti contro il Bodo) mentre Luca Pellegrini sostituisce l’infortunato Tavares, alle prese con l’ennesimo infortunio muscolare della sua stagione.
Davanti alle solite coreografie meravigliose delle due tifoserie, la contrapposizione tra due credi calcistici tanto vicini quanto opposti, il derby comincia con la Roma in possesso palla. Non ci sono particolari tatticismi, le due squadre cercano di non scoprirsi troppo e concedere occasioni. Per alzare i toni agonistici Paredes commette una delle sue solite ingenuità e regala una punizione insidiosa alla Lazio, Cartellino giallo per l’argentino, reo di aver colpito con una manata Zaccagni; sugli sviluppi del piazzato gran cross verso Romagnoli, bravo a sventare più in alto di tutti ma è ancora più bravo Svilar a respingere con le mani. A fare la partita è sempre e soprattutto la formazione di Baroni, mentre Sozza sceglie un metro di giudizio piuttosto duro per evitare che la serata si accenda. La Roma fatica a entrare in partita, e il solito Isaksen comincia ad accendersi con il passare dei minuti. Il danese sfiora un gran gol al 22′, quando manda a vuoto Ndicka e Angelino, arriva davanti a Svilar ma ancora una volta trova la grande opposizione del portiere della Roma. La fascia sinistra dei giallorossi va in difficoltà contro l’elettricità di Isaksen, e su quella zona la Lazio trova sempre spazio per costruire occasioni importanti. Il duello è ormai il consueto, Isaksen contro Svilar, e al 37′ il portiere belga sventa un’altra conclusione insidiosa dell’attaccante laziale. Il ritmo non si accende nonostante qualche piccola scintilla tra i giocatori in campo, e all’intervallo l’Olimpico fischia a causa del poco spettacolo regalato dalle due squadre nei primi 45′. Da segnalare l’ammonizione di Isaksen nel recupero, il danese -diffidato- salterà la prossima gara dei biancocelesti, a Marassi contro il Genoa di Vieira.
Al rientro dagli spogliatoi Ranieri sostituisce subito l’ammonito Paredes con Cristante, mentre Baroni non cambia il proprio scacchiere. La partita si apre dopo nemmeno sessanta secondi: punizione dalla linea laterale per la Lazio, Luca Pellegrini mette in mezzo un cioccolatino che viene scartato dall’incornata di Romagnoli. Vantaggio meritato per quanto visto nel primo tempo, in cui la Lazio ha oggettivamente creato di più rispetto a una Roma piuttosto compassata. L’agonismo che si era visto saltuariamente si accende subito dopo il vantaggio dei biancocelesti, con Saelemaekers e Gigot che si scambiano alcuni colpi poco consentiti, da cui si accende una piccola rissa, placata subito dalla gestione della partita da parte dell’arbitro Sozza. Il primo vero sussulto della gara della Roma arriva su calcio d’angolo, al 53′ cross profondo di Saelemaekers verso Mancini, il centrale indirizza verso il secondo palo ma Mandas riesce a salvare la porta biancoceleste, bravo il portiere greco a slanciare sulle gambe e distendersi bene. Ranieri capisce il m0mento di difficoltà e cerca di restituire nuova linfa con Shomurodov al posto di Pellegrini. La soluzione è la stessa che aveva permesso ai giallorossi di pareggiare la Juventus: doppio centravanti, con Shomurodov incaricato di roteare attorno a Dovbyk. La Lazio continua a creare pericoli grazie alle palle inattive, con Pellegrini che diventa sempre più pungente con i suoi cross forti e precisi. Al 64′ Zaccagni sfiora il raddoppio con la sua solita giocata, il capitano biancoceleste sfrutta la sovrapposizione di Pellegrini per costruirsi il tiro a giro, palla che termina di poco a lato ma Svilar sembrava in controllo della traiettoria. Nonostante l’occasione la squadra di Baroni comincia a tirare un po’ il fiato, e la Roma comincia a sviluppare con più intensità nella metà campo laziale, anche se l’abnegazione e il sacrificio dei giocatori della Lazio è lodevole. Il pareggio della Roma arriva con un capolavoro di Soulé: senza Dybala in campo, ci pensa l’altro argentino a regalare un gioiello al pubblico dell’Olimpico. Al 68′ Saelemaekers appoggia verso Cristante, Soulé arriva in anticipo e calcia subito, la palla sbatte due volte sulla traversa ma l’orologio dell’arbitro (con la goal-line-technology) vibra e rimette in parità la gara. Ancora una volta i cambi di Ranieri sono riusciti a ribaltare l’inerzia della gara, e la stanchezza della Lazio comincia a diventare un fattore. Baroni pensa anche al ritorno dei quarti di finale di Europa League, e sostituisce Castellanos e Isaksen con Pedro e Dia. Cambi che arrivano in un momento in cui i biancocelesti sono in evidente difficoltà, e Pedro prova subito a scuotere la squadra. Al 74′ conclusione potente dal limite dell’area dello spagnolo, ma ancora una volta Svilar non si fa sorprendere e chiude in angolo. Un minuto dopo la Lazio ha un’altra occasione: palla in mezzo alla ricerca di Boulaye Dia, Ndicka rischia l’autogol in scivolata ma trova ancora l’ennesima chiusura di Svilar, fondamentale nella risposta sul centrale ivoriano e nella chiusura su Dia, che cerca di convertire in rete il pallone vagante rimasto nei pressi dell’area piccola. Grazie alle sostituzioni, la Lazio riottiene energia e qualità e Baroni adopera altre due mosse: fuori uno stremato Zaccagni e un evanescente Dele-Bashiru, dentro Noslin e Belahyane. Ranieri invece risponde con Baldanzi al posto di Dovbyk, mettendo fine alla soluzione del doppio centravanti, che anche questa volta ha permesso alla Roma di rimettere in equilibrio una gara dopo l’iniziale svantaggio, e poi con Rensch ed El Shaarawy per Saelemaekers e Soulé. Nel recupero la Lazio sfiora in due occasioni il nuovo vantaggio, ma la difesa giallorossa riesce a chiudere la porta e alzare il baricentro per negare qualsiasi altra occasione.
Un pareggio che per la classifica non da una grande spinta a nessuna delle due. La Lazio rimane al sesto posto, a quota 56 punti e a caccia della zona Champions che dista soli tre punti. La Roma fallisce l’occasione di superare i rivali di sempre, e adesso necessita un cambio di passo importante per sognare una rimonta europea. Ranieri ancora una volta riesce a ribaltare l’inerzia della partita grazie ai cambi, anche se il pareggio è firmato da Saelemaekers e Soulé che erano in campo dall’inizio. Se il derby si chiude in parità, tanti sono i meriti dei due portieri, perché Mandas ha chiuso la porta su Mancini, mentre Svilar ha chiuso praticamente qualsiasi offensiva della Lazio. Occhi puntati sulla squadra di Baroni, adesso chiamata a rimontare il 2-0 subito in Europa League. Una gran fetta della stagione dei biancocelesti si decide giovedì sera all’Olimpico, anche in vista delle prossime gare.
Calcio
Europa e Conference, quarti di andata: Lazio freddata, cuore Viola in Slovenia

Europa e Conference League sono ormai arrivate ai quarti di finale, con le gare di andata che hanno già fornito i loro verdetti. Serata dolceamara per le italiane, mentre negli altri match in giro per l’Europa gol e spettacolo non sono affatto mancati.
EUROPA LEAGUE
L’Italiana
La terra novergese, si sa, e soprattutto per le italiane, è un campo che ormai diventa un fortino molto complicato da sormontare. Ce lo dimostrano, su tutto, i numeri in casa del Bodo, che in Europa, in casa, nelle ultime dieci partite ha collezionato ben nove vittorie. La squadra di Baroni arriva in terra scandinava consapevole di ciò che l’avrebbe aspettata: zero gradi ad aprile, freddo e una squadra che sa mettere in difficoltà anche le compagini più quotate, e il campo lo dimostra sin da subito. La prima metà di gara non tarda a dimostrare quanto detto, il Bodo tiene sempre e costantemente il pallino del gioco in mano, possesso palla, palleggio, dominio assoluto del centrocampo, portano in scena un primo tempo senza interpretazioni che vede la squadra di Baroni totalmente assente sul piano del gioco, per quanto un pò più solida nelle retrovie. Nel secondo tempo, inevitabilmente, la storia cambia, con i biancocelesti che dopo appena un minuto vengono gelati dal gol di Saltnes arrivato a seguito di un’azione costruita magistralmente dai norvegesi, che riescono ad arrivare serenamente a tu per tu con Mandas, insaccando la sfera. La Lazio, dopo il gol, non prova nemmeno a reagire, e paradossalmente si sottomette ancora di più all’assalto giallonero, tentando di difendere il difendibile per provare una possibile rimonta all’Olimpico, ma il Bodo non è della stessa idea e a venti minuti dalla fine, ancora con Saltnes, che con un tocco sotto supera Mandas e trova il raddoppio che annichilisce definitivamente gli uomini di Baroni, autori di un disperato (e vano) tentativo di salvataggio sulla linea. Da qui in poi, il dominio dei padroni di casa è totale, a centrocampo si vedono solo frecce giallonere che trafiggono lo scudo celeste, arrivando, ancora una volta troppo facilmente, a tu per tu con Mandas, autore di una parata fondamentale sul tentativo di Saltnes che avrebbe siglato la tripletta personale. A un minuto dallo scadere la Lazio rischia ancora di subire la terza rete, negata, ancora una volta, e stavolta clamorosamente sulla linea, dal portiere greco. Giovedì prossimo, all’Olimpico, la Lazio sarà chiamata ad attuare una clamorosa e (per quanto visto ieri) insperata rimonta, cercando di approdare alle semifinali, dopo aver chiuso il girone iniziale al primo posto.

Foto: X BeFootball
Le altre sfide
Oltre alla debacle biancoceleste, il giovedì sera ci regala altri tre risultati, tre pareggi che renderanno i quarti di ritorno della prossima settimana ancora più entusiasmanti. Nel nord di Londra, due giorni dopo la maestosa impresa dell’Arsenal contro il Real, il Tottenham non va oltre il pareggio con un ottimo Eintracht Francoforte, che apre le marcature con il gol fulmineo di Ekitike per poi farsi pareggiare da Pedro Porro. Sempre nella terra del re, stavolta il Scozia, i Glasgow Rangers, in dieci per quasi ottanta minuti, riescono ad inchiodare sullo 0-0 l’Athletic Bilbao, “killer” della Roma agli ottavi. Ultimo, ma non per importanza, il match tra Lione e Manchester United, preceduto da diversi battibecchi, in particolare tra Matic e Onana, con il primo che accusa quest’ultimo di essere il portiere più scarso della storia dei Red Devils, probabilmente non sbagliando, dal momento che due gravi errori dell’ex Inter permettono ai francesi prima di andare in vantaggio e poi di pareggiare all’ultimo secondo con i gol di Thiago Almada e di Cherki, compensati, nella compagine inglese, dalle marcature di Yoro e Zirkzee.
Il protagonista
Quattordici anni al Bodo, una doppietta nel gelo della Norvegia che condanna gli avversari, dominio assoluto, leadership nel reparto avanzato della sua squadra e vantaggio di due gol nella gara di ritorno: Saltnes non può che essere il protagonista di questa settimana, con i due gol probabilmente più importanti della sua carriera che potrebbero far sognare in grande il Bodo/Glimt, unica squadra dei quarti di andata ad uscire vincitrice dalla propria gara. Aspettando di vederlo sul campo dell’Olimpico, Saltnes ha mandato un messaggio chiaro a tutta l’Europa, dimostrando che, in corsa per questa competizione, non bisogna dare per spacciato mai nessuno.

Foto: X Play Spor
La conferma
Nessuna conferma, se non l’equilibrio e lo spettacolo che questa competizione riesce a mettere in scena ad ogni giornata. Tre pareggi e un risultato a sorpresa confermano quanto l’Europa League risulti, ogni anno, sempre più equilibrata e a tratti anche meglio della Champions, dove non mancano, ancora ai quarti di finale, risultati altisonanti come il 4-0 del Barcellona e dove sembrano esserci squadre con la strada spianata.

Foto: DAZN
La delusione
Parlare della Lazio sarebbe scontato e anche ripetitivo, per questo non si può non parlare dell’Athletic Bilbao. Dopo aver eliminato la Roma con una prestazione pressoché magistrale, nonostante il vantaggio numerico, i Baschi si trovano nuovamente sopra di un uomo contro i Rangers per quasi tutta la partita, non riuscendo però ad incidere e ad insaccare nemmeno un gol. Le statistiche parlano chiaro: 71% di possesso palla ma solo tre tiri in porta, decisamente troppo poco per una squadra che, sul piano offensivo, ha uno dei migliori reparti della competizione. Al ritorno, seppur in casa, la squadra di Valverde dovrà fare in modo che questa mancata e necessaria vittoria non gli costi caro.

Foto: X Athletic Bilbao
CONFERENCE LEAGUE
L’Italiana
Una partita semplice, quantomeno sulla carta, nel secondo tempo mette alle strette la Fiorentina, che con cuore, grinta, e un super De Gea, si porta a casa il quarto di finale di andata contro un Celje ostico spinto da un pubblico di casa tutt’altro che sereno. Il primo tempo arride alla viola, che sembra tenere in mano il pallino del gioco, eccezion fatta per i primi minuti di partita in cui i padroni di casa, spinti dall’entusiasmo del pubblico casalingo, riecsono a rendersi pericolosi in un paio di occasioni che culminano sull’esterno della rete. La costruzione della squadra di Palladino, favorita a centrocampo dall’immensa qualità di Adli, Cataldi e Mandragora, riesce a dare il via a moltissime occasioni pericolose che impensieriscono la difesa slovena. Nelle retrovie, Ranieri e Matìas Moreno riescono a dare una sicurezza, sia difensiva che nel palleggio, fuori dal comune, compensando le prestazioni tutt’altro che perfette di Comuzzo e Pongracic. Sulle fasce la spinta è poderosa, e poco dopo la metà del primo tempo, Ranieri sigla il gol dell’1-0, saltando due avversari e, con un pò di fortuna e complicità da parte di Ricardo Silva, insaccando il gol dell’1-0, che permette alla viola di portare avanti un primo tempo in gestione totale del gioco, tenendo a bada il potenziale offensivo del Celje. Nel secondo tempo, quantomeno durante le prime battute, la storia non cambia, e il gioco viola la fa da padrone per buona parte della frazione. Verso il sessantesimo, un rilancio di De Gea, prolungato dal tocco di Folorunsho, arriva nei piedi di Mandragora che in mezzo a tre avversari viene steso con un pestone da Karnicnik, capitano avversario, il cui gesto viene sanzionato con un calcio di rigore in seguito alla consueta on-field review. Sul dischetto si presenta proprio Mandragora, che corona una prestazione pressoché impeccabile con il gol del 2-0. In questa stagione, come ormai noto, la Fiorentina mostra però un rendimento altalenante, che si rende manifesto proprio nei risultati in trasferta in Conference, in cui è arrivata una sola vittoria, contro il San Gallo. Appreso ciò, non stupisce che il Celje, per la mezz’ora finale, si svegli e domini il piano del gioco, trovando anche il gol del 2-1 su situazione di penalty, causato da Pongracic che entra in maniera abbastanza dura su Matko, venendo sanzionato con il fallo e venendo graziato con l’estrazione solo del cartellino giallo, nonostante il giocatore avversario stesse colpendo a botta sicura da solo davanti alla porta spalancata di De Gea. Dal dischetto Delaurier Chaubet non sbaglia e negli ultimi venti minuti il Celje le tenta tutte per pareggiare, sbattendo sempre sul muro alzato da un maestoso De Gea, che mette il sigillo al match con una parata formidabile all’ultimo secondo.

Foto: X ACF Fiorentina
Le altre sfide
Il giovedì di Conference non delude le aspettative, portando in campo risultati che ci si poteva aspettare e che vanno a favore delle quattro “big” rimaste in gara. Nell’anticipo del pomeriggio, il Chelsea schianta, fuori casa, il Legia Varsavia grazie alla doppietta di Madueke e al gol del diciannovenne George, assicurandosi la qualificazione già ai quarti di andata con il compito di andare a Stamford Bridge per chiudere definitivamente la pratica. Vince abbastanza agilmente anche il Betis contro la sorpresa Jagiellonia, che si deve arrendere ai colpi di Bakambu e di Jesus Rodriguez e che, in Polonia, combatterà fino alla fine per ribaltare il proprio destino. Infine, vince in esterna anche il Rapid Vienna che batte il Djurgarden di misura grazie all’autogol di Finndeli.
Il protagonista
Quindici minuti per archiviare, probabilmente, la qualificazione in semifinale. Noni Madueke si prende sempre di più il Chelsea, con l’ultimo anno, e in particolare questa stagione, che ha visto alzarsi vertiginosamente il livello delle sue prestazioni, sempre più fondamentali per la squadra di Maresca, anche e soprattutto in Europa. Sulle ali dell’entusiasmo e dei suoi giovani, il Chelsea si sta facendo strada, trovando nell’esterno inglese uno dei suoi maggiori interpreti, con le conferme che arrivano partita dopo partita.

Foto: X Chelsea Photos
La conferma
Il 2025 è a tinte biancoverdi: il Betis, con l’arrivo dell’anno nuovo, sembra aver cambiato mentalità. In campionato è probabilmente la squadra più in forma del momento, e le grandi prestazioni arrivano anche in Conference. Due gol, una vittoria pulita e nessuna rete subita, i numeri della serata di ieri degli spagnoli sono l’emblema del meraviglioso periodo della squadra. C’è chi ironizza (oppure chi è serio) e dice che l’arrivo di Antony abbia svoltato la squadra, ma in realtà, oltre ciò, dietro i risultati della compagine biancoverde c’è il meraviglioso lavoro di Manuel Pellegrini, che sta mettendo sù un Betis formato europeo, che mai si era visto prima e che si candida seriamente alla vittoria finale dopo la vittoria sullo Jagiellonia, sorpresa di quest’anno.

Foto: X Real Betis
La delusione
Poco minutaggio in campionato, gioca in Europa e combina disastri, così come in quei pochi minuti che gli vengono concessi in Serie A. Marin Pongracic è arrivato a Firenze con il compito di diventare il leader della difesa viola, ma quando c’è lui in campo la squadra di Palladino sembra non avere punti di riferimento lì dietro. Nonostante la vittoria dei suoi, la prestazione del centrale croato è tutt’altro che da incorniciare. Il Celjie torna in partita grazie ad un rigore causato da lui, che viene graziato dall’arbitro non venendo espulso. Dopo la prestazione di ieri, c’è da capire se Palladino intende dargli ancora fiducia o preferirà correre ai ripari puntando ad una soluzione più solida.

Foto: X ACF Fiorentina
Calcio
Champions League, quarti di andata: Barcellona a valanga, spettacolo all’Emirates

I primi atti dei quarti di finale sono tutti in archivio. Tra calcoli cervellotici per il ranking e un mix di sorprese, abbinata alla solita parata di stelle, la Champions continua a non perdere quel fascino e quello smalto delle serate di grande, grandissimo, calcio.
L’Italiana
Va all’Inter il primo atto dei quarti di finale. In casa del Bayern Monaco la squadra di Inzaghi gioca una partita strepitosa sotto tutti i punti di vista e torna da Monaco di Baviera con la consapevolezza di poter mettere in difficoltà chiunque. Precisi, lucidi, compatti fino all’osso e terribilmente cinici ed estetici. Al cospetto del più quotato Bayern (nonostante le assenze) la squadra di Inzaghi ha saputo sfruttare al meglio le occasioni capitate tra i piedi dei nerazzurri. Con un pizzico di fortuna, che grazia la retroguardia interista dalla conclusione pessima di Kane, che in quella posizione difficilmente sbaglia, l’Inter mette in campo quei movimenti codificati che mandano in tilt qualsiasi squadra. Alla vigilia il rebus principale era legato alla gestione spasmodica del pallone, e il prato dell’Allianz non ha tradito le attese: tanto possesso dei bavaresi, ma transizioni rapide e pungenti dei nerazzurri. La difesa del Bayern, completamente rivisitata dai tanti infortuni, non è riuscita a prevalere nel duello individuale contro i riferimenti nerazzurri, sempre molto bravi a divincolarsi dalla pressione e scombinare qualsiasi castello difensivo. Il vantaggio di Lautaro Martinez è un manifesto dell’ideologia di Simone Inzaghi: un possesso ragionato, ma molto preciso e rapido, che parte da sinistra e poi si conclude al centro dell’area con il solito gioco delle coppie. Il lavoro sporco, si fa per dire, dell’assistente per la finalizzazione del capitano; l’incredibile sponda di tacco di Thuram per l’arrivo di Lautaro Martinez, lucidissimo nel freddare Urbig con l’esterno del piede destro. Nel secondo tempo il Bayern alza il pressing, cementa la linea di centrocampo con un Goretzka sempre più presente in mezzo al campo, mentre l’Inter comincia a tirare il fiato. Kompany riacciuffa il pari grazie alla fame e alla grinta del più bavarese di tutta la rosa, e il pari dell’eterno Thomas Muller sembra mettere una toppa alla prestazione opaca del Bayern. L’Inter non si scompone, anzi trova paradossalmente la scintilla per piazzare la scossa decisiva: solita costruzione dal basso, sempre mirata a cacciar fuori i difensori bavaresi, Lautaro e Barella muovono velocemente la palla e spianano il campo a Carlos Augusto, lucido nel servire Frattesi che quando attacca l’area sa sempre come punire. In attesa del ritorno di mercoledì prossimo, l’Inter ci tiene a ribadire la crescita e la pulizia che Inzaghi ormai ha impiantato nel dna della squadra. Occhio però a sottovalutare il Bayern, i tedeschi sanno sempre come rimettersi in corsa anche nelle situazioni più improbabili.

Foto: gameofgoals.it
Le altre sfide
Oltre al successo dell’Inter in Baviera, il martedì si impreziosisce con una vittoria maestosa dell’Arsenal di Arteta sui campioni del Real Madrid. Un successo schiacciante, certificato dal 3-0 con cui i Gunners andranno a Madrid a difendere il pass per la semifinale, che in questo momento sembra indirizzato verso Londra. Nelle altre due gare che chiudono i quarti, regalano spettacolo sia Barcellona che Paris Saint Germain. I blaugrana schiantano per 4-0 il Borussia Dortmund a Montjuic, mentre i ragazzi di Luis Enrique, freschi campioni di Francia, vincono e si divertono contro l’Aston Villa. 3-1 al Parco dei Principi sotto i colpi di Doué, Kvaratskhelia e Nuno Mendes, una rete più bella dell’altra; per i Villans a segno il solito Morgan Rogers.
Il protagonista
Più di 300 gare senza riuscire a insaccare un piazzato alle spalle del portiere. La magia della Champions si racchiude anche nell’imprevedibilità con cui certi eventi si verificano. Declan Rice ad oggi si può considerare tranquillamente uno dei centrocampisti più completi al mondo, e la prestazione contro il Real Madrid non verrà di certo dimenticata. L’astuzia e la precisione del centrocampista inglese si racchiudono nella punizione con cui stappa la gara, conclusione molto potente e molto effettata che batte Courtois -non proprio impeccabile. La serata del centrocampista dei Gunners assume quella parvenza di magia quando dopo dieci minuti piazza un’altra punizione alle spalle di Courtois, questa volta all’incrocio dei pali. La foto della sfera che si adagia sotto i legni è una delle immagini più belle e suggestive dell’intera stagione calcistica.

Foto: X Champions League
La conferma
Questo Barcellona adesso comincia a fare seriamente paura. In soccorso a questa teoria arrivano i numeri offensivi della squadra di Flick: 145 gol in 47 partite, una media di più di tre reti per gara. Numeri spaventosi, che mostrano quanto il club catalano abbia trovato un’alchimia in campo che non lascia scampo agli avversari. Il 4-0 casalingo contro il Borussia Dortmund è una prova di forza totale dei blaugrana: la doppietta del solito, meraviglioso, Robert Lewandowski, che quando vede giallo e nero si scatena (il Borussia Dortmund è la sua vittima preferita, 29 gol in 28 partite), e i sigilli dei due esterni più forti d’Europa, Raphinha (12 gol in 11 gare di Champions) e Lamine Yamal, permettono alla banda di Flick di ipotecare la semifinale già nel primo atto dei quarti. Il calcio sa sempre regalare imprese e rimonte leggendarie, ma al cospetto di questo Barcellona non sembra esserci trippa per gatti. La strada verso Monaco di Baviera ha trovato l’auto di punta…

Foto: X FC Barcelona
La delusione
Nonostante il ritorno da giocare -e vivere- al Bernabeù, il Real Madrid esce dall’Emirates con le ossa rotte. Il percorso della squadra di Ancelotti in questa Champions continua a mostrare difficoltà e brutte battute d’arresto. Dinanzi a un Arsenal decisamente più in palla, i Blancos non sono riusciti a far valere i gradi di campioni d’Europa in carica. In vista del ritorno di mercoledì prossimo, se l’irreale dovesse concretizzarsi nuovamente al Santiago Bernabeù, il Real Madrid dovrà ereggere un monumento a Thibaut Courtois. Nonostante l’errore in occasione della prima punizione di Rice, le parate dell’estremo difensore belga sono state preziose per evitare un parziale peggiore. Assenti ingiustificati tutti gli Avengers in avanti, ingabbiati dalla freschezza e dall’intensità messa in campo dalla squadra di Arteta. Mbappé e Vinicius sono chiamati a dare un segnale feroce dinanzi al pubblico che più di ogni altro è riuscito a trasformare l’impossibile in possibile. Job not finished!
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