Calcio
Il Supercommento della 31ª Giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della trentunesima giornata di Serie A.
Genoa-Udinese (A cura di Dennis Rusignuolo)
Fortino rossoblù al Ferraris. Zanoli, e il VAR, ipotecano la salvezza del Genoa
Un ritorno e un’assenza per Vieira: torna Aaron Martin dopo la squalifica scontata contro la Juve, ma da Torino il tecnico francese recupera l’acciaccato Miretti soltanto per la panchina. Al suo posto trova posto Thorsby, impiegato alle spalle di Pinamonti con i soliti compiti equilibratori. Sponda Udinese non recupera Florian Thauvin, così Runjaic affianca Iker Bravo al centravanti Lucca. Tanto agonismo fin dai primi minuti, con il Genoa che cerca di imporsi sul piano fisico a giudicare dall’intensità con cui i difensori rossoblù presentano il conto a Lucca. Nonostante l’Udinese sia una delle squadre più alte del campionato, i centimetri di Thorsby e Pinamonti mettono in difficoltà i friulani. Al quinto minuto Thorsby arriva a rimorchio, riceve un cross da parte di Sabelli e indirizza verso l’incrocio il suo colpo di testa, pronta la risposta di Okoye che rigetta la sfera fuori dai pali. Sono del Genoa le prime occasioni del match, come il contropiede che porta Pinamonti alla conclusione al minuto 9, destro piazzato del centravanti italiano su cui Okoye non soffre particolarmente. Come annunciato già dalle formazioni, la gara è molto fisica e le due squadre non risparmiano alcun colpo. De Winter fa la voce grossa in marcatura su Lucca, non concedendo nessuno spazio all’attaccante bianconero. In avanti la squadra di Vieira cerca lo sviluppo sulle fasce, per poi finalizzare al centro dell’area. I cross pungenti e taglienti degli esterni genoani sono sempre un fattore, e solo un errore di lettura di Pinamonti permette alla gara di mantenersi in equilibrio: cross bellissimo di Thorsby sul secondo palo, brutta invece la conclusione di testa dell’attaccante rossoblù. Nella ripresa l’Udinese ha subito l’occasione per aprire le danze, ma la fallisce in maniera clamorosa con Lucca: Atta si libera di Martin con una magia, arriva sul fondo e apparecchia in mezzo per Lucca, l’attaccante calcia a porta vuota ma manca clamorosamente lo specchio della porta. Pochi minuti dopo Vieira spende il primo cambio, con Onana che rileva uno stremato Masini, mentre Runjaic attende qualche minuto e inserisce Rui Modesto al posto di Ehizibue. L’esterno portoghese ha subito una grande occasione per sbloccare il risultato, ma il suo colpo di testa ravvicinato è centrale e basta un riflesso di Leali per mandare la palla in angolo. La gara si sblocca nell’ultimo quarto di gara, grazie alla freschezza portata dai cambi di Vieira. L’ingresso di Ekuban è decisivo per sparigliare le carte nella difesa dell’Udinese e il giocatore ghanese è prezioso nella giocata che rompe l’equilibrio: al 77′ Frendrup serve in verticale proprio Ekuban, una serie di finte per arrivare sul fondo e crossare forte verso il centro, Pinamonti viene chiuso a un passo dalla porta ma la sfera viene raccolta da Zanoli che calcia benissimo in controbalzo e porta in vantaggio il Grifone. Dopo il vantaggio il Genoa sembra averne decisamente di più, e sfiora subito il 2-0 prima con Ekuban e poi con Thorsby, provvidenziale Okoye in entrambe le occasioni. Nel finale l’Udinese trova il pareggio con una bella combinazione tra Lucca e Bijol, finalizzata dal tiro di esterno di Rui Modesto, tutto vanificato dal VAR che annulla la rete per un fuorigioco di Lucca al momento della prima sponda verso Bijol. Proteste friulane nell’ultima azione della gara per un contatto tra Pafundi e Kasa, ma Perenzoni non concede il penalty e dopo una manciata di secondi chiude definitivamente la gara. Si concretizza in maniera ufficiosa la salvezza del Genoa, che adesso vede l’obiettivo sempre più vicino. Nel fortino del Ferraris, in cui i rossoblù hanno trovato cinque vittorie nelle ultime sei gare, la squadra di Vieira si porta a quasi venti punti di distacco dal terzultimo posto e lo fa con una prestazione tutta corsa e sacrificio, impreziosita dalla rete meravigliosa di Zanoli, primo centro in campionato. Dall’altra parte l’Udinese non sa vincere più. Terza sconfitta consecutiva, un mix di rabbia e rammarico per le poche -ma clamorose- occasioni fallite da Lucca e Rui Modesto, e adesso l’obiettivo di Runjaic è trovare una soluzione che non penda esclusivamente dalla presenza di Thuavin, fattore fondamentale per inquadrare le ultime tre sconfitte dei friulani.
Monza – Como (A cura di Simone Scafidi)
Alta marea Monza, Fabregas torna sulle rive del lago con tre punti
All’U-Power Stadium la squadra di Fabregas annichilisce il Monza e si avvia verso una salvezza sempre più tranquilla. I Lagunari partono, però, in maniera shock: sul lancio di Kyriakopoulos, Dany Mota, sfruttando il grossolano e superficiale errore di Kempf, si infila e batte Butez portando in vantaggio la squadra di Nesta. Con orgoglio il Como reagisce dopo appena dieci minuti e Ikoné riesce, alla sua maniera, a pareggiare i conti con un tiro forte sul secondo palo, su cui non può fare nulla Turati. A pochi istanti dalla fine del primo tempo la partita è ribaltata, stavolta per un errore difensivo del Monza che favorisce Diao e la rete di quest’ultimo, che a tu per tu con Turati non può sbagliare. Pochi minuti dopo sbaglia anche Dany Mota che permette al Como di ripartire con Nico Paz; lo spagnolo mette il pallone in mezzo dove c’è Ikoné che sbaglia, e sulla ribattuta si avventa Douvikas, che spara alto. All’inizio del secondo tempo il Monza spinge e cerca di trovare il pareggio, con il tiro di Keita Balde salvato da Butez, che però sbatte sulla traversa rimanendo in campo e favorendo la conclusione di Mota, spedita in corner da Butez. Al 51’, dal nulla, Vjovoda lascia partire un destro fortissimo da posizione abbastanza defilata, di fronte un impotente Turati, che non vede nemmeno partire la conclusione e che non riesce ad evitare il gol del 3-1. Tra i fischi dello U-Power, il Monza lascia il campo da sconfitta, abbandonando sul terreno di gioco, probabilmente, le ultime speranze di salvezza, mentre il Como torna a casa con consapevolezza e con tre punti molto pesanti, che gli consentono di allungare a +9 sulla zona retrocessione.
Parma – Inter (A cura di Tommaso Patti)
Il Parma rimonta e ferma l’Inter. Chivu la vince con i cambi
Nonostante le assenze di Dumfries, Pavard e Barella nell’undici titolare, l’Inter schiera in campo una formazione tutt’altro che proiettata al turnover in vista della super sfida di Champions League. La contemporanea titolarità di Asslani e di Çalhanoğlu non vede i nerazzurri puliti e ordinati nei primi minuti di gioco, complice l’attenta e precisa organizzazione della squadra di Chivu. Dopo nove minuti e grazie ad un’azione da manuale, il Parma non trova il gol del vantaggio per un’imprecisione di Bonny nel concludere a botta sicura, tiro che viene murato da un intervento di puro istinto da parte di Sommer. Dopo dei tentativi da parte dell’Inter di attaccare tramite le fasce occupate oggi da Dimarco e Darmian, il gol dell’uno a zero arriva proprio grazie alla combinazione dei due esterni: sul cross di Dimarco, Valeri devia il pallone consegnandolo involontariamente a Darmian, autore della rete del vantaggio con un tiro che beffa Suzuki sul primo palo. Con lo scorrere delle lancette, l’Inter cresce ma deve fare i conti con un Parma abile nello sfruttare gli errori d’impostazione dei nerazzurri, ma poco lucido al momento del tiro, esattamente come nell’occasione avuta al 20′ da Man, che raccoglie l’assist di Bonny, ma calcia male e si arrende ad un altro grande intervento di Sommer. Nonostante la buona occupazione del campo della retroguardia di casa, l’Inter trova spesso dei buchi e rischia di far male in più occasioni. Le occasioni più nitide dei nerazzurri arrivano tra il 23′ e la mezz’ora: prima con il tiro di Lautaro che spreca un enorme occasione calciando addosso a Suzuki, e poi con la conclusione che termina alta di Darmian, dimenticato dalla difesa avversaria e non disturbato al momento della conclusione. Poco prima della fine del primo tempo, in un momento in cui i ritmi si abbassano notevolmente, un tiro di Lautaro in acrobazia fa tremare nuovamente la difesa avversaria, salvata dalla parata del portiere giapponese. Il momento che spegne il positivo primo tempo del Parma arriva a pochi secondi dal duplice fischio e da un’azione nata dal filtrante di Lautaro per Mkhitaryan, altruista nel servire a centro area Thuram, quest’ultimo libero da marcature ma impreciso nel calciare e nel non impattare al meglio il pallone, che si impenna e termina in porta dopo un tentativo di salvataggio sulla linea da parte di Almqvist.
Con il risultato sul due a zero, Farris decide di cambiare e far rifiatare alcuni giocatori in vista dell’importantissima sfida di Champions contro il Bayern ma, esattamente come contro l’Udinese, l’inizio di secondo tempo dei nerazzurri non è dei migliori. Il brutto approccio degli ospiti e i giusti innesti di Chivu a inizio secondo tempo, cambiano notevolmente la partita, che si riapre a mezz’ora dalla fine con un tiro da lontanissimo di Bernabè, che termina in porta e riapre la partita grazie al suo primo goal in questa stagione. Qualche minuto più tardi e grazie ad un altro subentrato, il Parma trova la rete della rimonta con un incredibile azione e portata avanti da Ondrejka, che trova il goal del 2-2 con un sinistro che viene deviato da un duplice tocco di Acerbi e Darmian. Con il morale a terra data la rimonta dei ducali, i nerazzurri non riescono in nessuna occasione ad alzare la testa e riportarsi in vantaggio. Dopo alcuni minuti di fuoco, il Parma ha addirittura l’occasione di vincere la partita con un altro subentrato: dopo un’azione fallita dall’Inter, il Parma riesce a ripartire con Valeri, abile nell’affrontare la difesa nerazzurra e a servire il pallone in mezzo Pellegrino, che però deve ancora fare anche lui i conti contro un Sommer particolarmente in forma. Il punto strappato in rimonta da parte dei ducali, permette al Parma di mantenere le distanze da Venezia, Empoli e Lecce. L’arrivo di Chivu ha rivitalizzato e nettamente trasformato l’ambiente difficile che si era creato nell’ultima parte di stagione con Fabio Pecchia, trasformando tutti i membri della rosa in giocatori importanti ed essenziali per l’obiettivo finale, la salvezza. Il passo falso dei nerazzurri era nell’aria: già dalla vittoria sofferta contro l’Udinese, l’Inter ha dimostrato una stanchezza fisica e mentale. Nelle prossime settimane i campioni d’Italia sono chiamati nuovamente a giocare un grandissimo numero di partite nell’arco di pochi giorni, fattore che può essere fatale ai fini del campionato.
Milan – Fiorentina (A cura di Dennis Rusignuolo)
Quattro gol, VAR e paratissime. Tanto spettacolo ma un pari che non serve a nessuno
Dopo il buon pari nel derby di Coppa Italia, Conceiçao conferma Abraham al centro dell’attacco e Pulisic alle sue spalle. Altra chance per Leão, uno dei migliori contro l’Inter. La Viola arriva a San Siro senza gli infortunati Gosens e Colpani, Palladino conferma il blocco che ha ben figurato contro l’Atalanta. Fin dai primi possessi si vede come la Fiorentina cerchi di dominare il palleggio in mezzo al campo. Il trio disegnato da Palladino è sempre più rodato, sia in fase di impostazione che nel recupero del pallone. La gara si stappa subito, dopo sei minuti: brutto errore di Musah, che perde un pallone sanguinoso a centrocampo, la Viola sviluppa in transizione e va da Gudmundsson, bravissimo nell’ubriacare di finte la difesa del Milan e servire in mezzo Kean, Thiaw va in anticipo per negare il vantaggio all’attaccante italiano ma si trascina il pallone in rete. Altro autogol per il centrale tedesco, alla terza autorete in Serie A. Il Milan sembra non essere sceso in campo, la Fiorentina dall’altra parte gioca in maniera sublime. Al nono minuto il risultato cambia ancora: lancio rapido di Mandragora verso destra, Dodò attacca alle spalle di Theo Hernandez e ha tutto il tempo per appoggiare in mezzo verso Kean, l’attaccante viola quest’anno difficilmente sbaglia e con il destro piazza il sigillo numero 17 del suo meraviglioso campionato. La Viola domina per 20 minuti, poi il Diavolo reagisce d’orgoglio (più di pancia che di testa). Al 23′ Abraham chiede e ottiene il triangolo a Pulisic sul limite dell’area di rigore, calcia forte sul primo palo e non lascia scampo a De Gea. Intanto, Conceiçao boccia Musah e mette dentro già al 25′ un altro attaccante, ovvero l’ex Jovic. La partita è apertissima e la Fiorentina trova pure il 3-1 a ridosso dell’intervallo: Parisi recupera palla su Pulisic e la offre a Ranieri; il capitano viola disegna una traiettoria imparabile per Maignan, ma c’era un fallo precedente dell’ex Empoli e Ayroldi decide quindi di annullare il tutto. Fischi assordanti al momento del ritorno negli spogliatoi, così come al rientro in campo, in cui non si vedono sostituzioni da una parte e dall’altra. Rispetto al primo tempo il Milan sembra avere una marcia in più, dal punto di vista della tenuta mentale e della gestione del possesso. La prima occasione della ripresa rossonera è un colpo di testa di Abraham su cui De Gea non sfigura. Protagonista assoluto del folle match dell’andata, il portiere spagnolo si ripete al 56′ quando prima respinge una conclusione di Reijnders, e poi sbarra la strada in maniera incredibile al tap-in a botta sicura di Pulisic. In mezzo alla serie di parate dell’estremo difensore della Viola, il Milan cambia il centravanti: fuori Abraham e dentro Santi Gimenez. Palladino risponde con Beltran e Ndour al posto di Gudmundsson e Cataldi, un chiaro segnale inviato alla sua squadra dopo un approccio di secondo tempo conservativo e troppo rinunciatario. L’argentino ha subito una grande occasione per segnare il 3-1 ma Maignan gli chiude lo specchio sul più bello. Dal suo ingresso, Jovic sembra il giocatore capace di mettere più in difficoltà la difesa della Fiorentina, con il suo continuo movimento tra le linee, ed è proprio il serbo a pareggiare la gara al minuto 64: filtrante di Tomori verso Gimenez, il pallone è fuori giri ma diventa buono per Jovic, bravo a leggere la traiettoria del pallone e freddo nel piazzare il mancino alle spalle di De Gea. L’impressione, dopo la reazione d’orgoglio dei rossoneri, è che la partita possa essere decisa in qualsiasi momento e in qualsiasi occasione. La Fiorentina sfiora il nuovo vantaggio con la specialità della casa: il lancio verso Kean. L’italiano riceve un lancio bellissimo di Fagioli, prende il tempo a Thiaw e arrivato davanti a Maignan mastica la conclusione per scavalcare il portiere francese, che rimane in piedi fino all’ultimo e manda in angolo. A ridosso dell’ultimo quarto di gara si rivede ancora una volta De Gea, questa volta su Hernandez, che percorre tutta la fascia fino ad arrivare faccia a faccia col portiere: angolo di tiro abbastanza scarso, ma i riflessi del portiere sono eccellenti. Conceiçao chiude i cambi con tre mosse, Bondo, João Félix e Chukwueze al posto di Fofana, Gimenez (uscito malconcio da uno scontro con De Gea) e Pulisic. Il duello tra Kean e Maignan si impreziosisce di altri due atti, e in entrambi i casi il portiere del Milan si fa trovare pronto alle conclusioni del centravanti della Viola. Nella serie di occasioni la Fiorentina mostra di averne nettamente di più rispetto al Milan, al minuto 88 Dodò trova il gol del 2-3 grazie a un’altra giocata splendida di Fagioli, uno dei migliori in campo, ma la posizione del terzino brasiliano è irregolare e la rete viene annullata da Ayroldi. Nel recupero viene espulso un nervosissimo Palladino e per il resto non succede nient’altro. Un match decisamente spettacolare, giocato al massimo da entrambe le squadre. Non è bastata al Milan la reazione nel secondo tempo, in una delle ultime occasioni per riaccendere una stagione tremenda. Il pareggio non cambia la brutta classifica dei rossoneri, che continuano a mostrare segni di evidente fragilità tattica e mentale, soprattutto nell’approccio iniziale della gara. La Fiorentina rimane stabile in zona Europa, la situazione del club di Palladino rimane positiva e adesso si prepara all’andata del play-off di Conference League contro il Celje; il Milan ha praticamente perso l’ultimo treno per la Champions League, e adesso la conquista di un posto in Europa League diventa l’obiettivo prioritario per il futuro del club rossonero.
Lecce – Venezia (A cura di Marco Rizzuto)
Il Lecce ci prova, il Venezia resiste: lotta salvezza ancora tutta da vivere
Lo scontro salvezza del Via del Mare si conclude in parità: Baschirotto rimedia all’autorete di Gallo, ma che sofferenza. Giampaolo conferma la stessa formazione titolare, eccezion fatta per Karlsson, sostituito da Tete Moriente. Diversi cambi invece per Di Francesco, che ridisegna completamente gli undici titolari dopo l’insuccesso casalingo contro il Bologna. L’allenatore ex Frosinone punta su Gytkjaer dopo la prestazione insufficiente di Fila. Nonostante le modifiche dei Lagunari, il Lecce domina gran parte del primo tempo, senza però riuscire a concretizzare negli ultimi metri. Il più ispirato tra i salentini è senza dubbio Tete Moriente: lo spagnolo arriva alla conclusione in diverse occasioni nel corso della gara, ma Radu si dimostra un portiere più che affidabile, vanificando i tentativi del numero sette. Superata la mezz’ora, anche il Venezia riesce a trovare il modo di scavalcare la difesa del Lecce, fino a quel momento poco sollecitata: Zerbin sfugge a Gallo sulla fascia e crossa in mezzo per Gytkjaer, che manca la sfera a pochi metri da Falcone. L’attaccante danese non fa in tempo a disperarsi che si alza la bandierina dell’assistente per segnalare la posizione irregolare. Progressivamente i ragazzi di Di Francesco prendono coraggio, spaventando i padroni di casa nel finale della prima frazione. L’uomo più pericoloso è Yeboah, che al 40’ calcia di poco alto dal limite dell’area su assist di Busio. Alla ripresa Di Francesco richiama l’ammonito Carboni, inserendo Haps. Nessun cambio per i padroni di casa. I Lagunari proseguono nella ripresa sulla scia offensiva vista negli ultimi minuti del primo tempo, sfiorando il vantaggio con Gytkjaer su schema da calcio di punizione: il danese viene servito al limite e lascia partire un tiro che termina però fuori dallo specchio della porta. Al 50’ il Venezia passa in vantaggio su calcio piazzato: Zerbin crossa in area dalla destra, Gallo prova ad anticipare tutti ma colpisce distrattamente con la tibia, spedendo il pallone direttamente nella propria porta beffando Falcone. Per rimediare allo svantaggio, Giampaolo corre subito ai ripari smuovendo la panchina: dentro Pierret, N’Dri e Berisha per Coulibaly, Pierotti e Ramadani. Grazie alle sostituzioni, i pugliesi tornano a fare la partita e il pareggio non tarda ad arrivare. Al minuto 65, il calcio d’angolo battuto da Helgason viene insaccato da Baschirotto, che da capitano si prende la squadra sulle spalle e infiamma il tifo del Via del Mare. Nel finale, il Lecce spinge per tornare alla vittoria. Al 78’ Krstovic, da vero assistman, serve un pallone tagliente al centro dell’area: N’Dri la piazza col mancino ma colpisce il palo interno, con la sfera che rotola sulla linea senza oltrepassarla. Gli ultimi minuti di questo infuocato scontro salvezza regalano spettacolo e tensione: i giallorossi danno il tutto per tutto, prendendo d’assalto la metà campo avversaria. Un successo oggi garantirebbe tranquillità e speranza, cancellando la lunga striscia di sconfitte delle ultime giornate. Nel finale si azzerano i ruoli: Gaspar e Baschirotto, come due centravanti, attaccano il centro dell’area cercando di sfruttare i centimetri nel gioco aereo. Berisha scodella in area per Gaspar, che fa da sponda verso il capitano giallorosso: Baschirotto incorna verso la porta, prendendo il tempo ai difensori avversari, ma Radu compie un miracolo, slanciandosi in tuffo e deviando la sfera a lato. Il match salvezza termina in parità tra i fischi dei tifosi casalinghi. Il risultato finale è 1-1, come i punti che le squadre portano a casa. I giallorossi mettono fine alla striscia negativa, salendo a quota 26, solamente a +2 sull’Empoli terzultimo. Ogni risultato da adesso peserà: alla prossima, i ragazzi di Giampaolo affronteranno la Juventus, non certo la miglior cliente. Prosegue il momento difficile in zona gol per i giocatori del Venezia, anche oggi a secco, graziati solo dall’autorete di Gallo. Tuttavia, si sono visti sprazzi positivi che dovranno rappresentare la base da cui ripartire. La salvezza lagunare si deciderà nelle prossime settimane e, ora più che mai, serviranno i gol degli attaccanti. Il Venezia, al momento diciannovesimo, affronterà Monza ed Empoli nei prossimi turni: scontri diretti da dentro o fuori.
Empoli – Cagliari (A cura di Simone Scafidi)
Reti bianche e amarezza, Empoli e Cagliari si annullano al Castellani
Nei primi minuti sono i toscani a fare la partita, con possesso e spinta sulle fasce, dalla quale nasce la prima vera occasione con Henderson che calcia di prima un pallone vagante al limite dell’area, sfiorando il palo. Su situazione di corner pochi istanti dopo, sempre Henderson, direttamente dalla bandierina, costringe Caprile (man of the match rossoblù) a smanacciare il pallone fuori dall’area. Al 25’ il Cagliari prova a prendere coraggio e ci prova con il tentativo di Piccoli che viene subito bloccato da Vasquez. Il secondo tempo riparte a tinte rossoblù con la punizione di Viola che sfiora l’incrocio dei pali impensierendo la difesa dell’Empoli. Su una leggerezza di Augello l’Empoli riesce di nuovo a proporsi in avanti, con il tiro di Esposito respinto ancora da Caprile. I toscani continuano a spingere, stavolta con una insidiosissima punizione di Sambia che sfiora un gol clamoroso dalla lunga distanza e con il tiro di Cacace respinto alla grande, ancora una volta, da Caprile. Al 79’ il neo-entrato Ebuehi colpisce di testa per quella che è forse l’occasione più clamorosa dell’Empoli, salvata, ancora una volta, dall’estremo difensore del Cagliari che vola e leva il pallone dallo specchio della porta. Con un ultimo quarto d’ora abbastanza monotono si conclude Empoli-Cagliari, con entrambe le squadre, ancora in piena corsa per evitare la retrocessione, che ne escono con dell’amaro in bocca che a fine stagione può fare davvero male.
Torino – Hellas Verona (A cura di Marco Rizzuto)
Fa tutto il Toro: Elmas risolve dopo gli errori di Milinkovic-Savic e Adams
All’Olimpico Grande Torino, Vanoli suona la carica per spingere la squadra verso un piazzamento tra le prime dieci del campionato, ma la partita, almeno inizialmente, è completamente in mano al Verona. Il tandem d’attacco Mosquera-Sarr mette in seria difficoltà la retroguardia granata, che si salva solo grazie a conclusioni imprecise dei due attaccanti. Dopo venti minuti di dominio scaligero, il Toro riesce finalmente a entrare in partita con un’iniziativa personale di Elmas: l’ex Napoli si crea lo spazio per concludere dal limite, ma non impensierisce particolarmente Montipò. Superata la mezz’ora, emergono le difficoltà dei padroni di casa nel velocizzare la manovra, al contrario dei ragazzi di Zanetti, che mostrano grande intensità nei recuperi e nelle ripartenze. Poco dopo, Bradaric interrompe una ripartenza granata cogliendo di sorpresa Walukiewicz: il numero 12 serve in verticale Sarr, che prende il tempo a Maripan, ma Milinkovic-Savic è provvidenziale in uscita e gli strappa il pallone dai piedi. Il primo tempo si chiude con un assedio totale del Verona, che riesce a leggere alla perfezione i pochi e prevedibili movimenti del centrocampo granata, spezzando la squadra in due nella fase di costruzione. In superiorità numerica, gli scaligeri ripartono continuamente, mettendo a dura prova la retroguardia torinese. Tuttavia, gli attaccanti sprecano diverse occasioni, mancando di lucidità sotto porta. Nonostante un primo tempo quasi nullo, Vanoli cambia solo Walukiewicz con Pedersen. Nessuna sostituzione per il Verona. Al 60’ arriva l’occasione più ghiotta per i padroni di casa: Biraghi batte un calcio d’angolo, Sarr respinge con il braccio largo e, dopo il check del VAR, l’arbitro assegna il rigore. Dal dischetto, Adams calcia male: palla a mezza altezza e poco angolata, Montipò si distende e respinge. Nel momento migliore del Torino, arriva la beffa: Sarr pressa alto Milinkovic-Savic, che tarda nel rinvio; il numero 9 respinge la palla e la devia in rete, lasciando attoniti i tifosi di casa. L’errore clamoroso del portiere serbo, però, scuote i compagni, che trovano il pari appena cinque minuti dopo con un eurogol di Elmas. Il macedone scambia con Vlasic e poi, col mancino, calcia a giro sul secondo palo, battendo Montipò dopo aver colpito il palo interno. Dopo il pareggio, le squadre calano vistosamente, nonostante i cambi da entrambi i fronti. A cinque minuti dal termine, il Toro perde un brutto pallone a metà campo e Ricci è costretto a fermare Ajayi con un fallo duro, che gli costa il rosso diretto. Il match si chiude sull’1-1: ottimo approccio del Verona, che però si spegne dopo il gol del vantaggio. Il Torino resta comunque decimo, a pari punti con l’Udinese, undicesima. Il Verona può tirare un sospiro di sollievo grazie al pareggio tra Cagliari ed Empoli, che consente agli uomini di Zanetti di rimanere al 14° posto. Ma servirà ben altro per centrare una salvezza tranquilla: il calendario propone numerosi scontri diretti e partite delicate da affrontare con la massima concentrazione.
Atalanta – Lazio (A cura di Marco Rizzuto)
Gasperini e Baroni si danno battaglia per la corsa alla Champions League, ma nonostante le grandi capacità offensive di entrambe le squadre, bisogna aspettare la mezz’ora di gioco per vedere occasioni nitide. La Lazio prova a graffiare direttamente dal rinvio lungo di Mandas, ma il pallone viene malamente ribattuto da Djimsiti, che involontariamente serve Zaccagni. Il capitano biancoceleste, lasciato solo in mezzo al campo, verticalizza alle spalle di Kolasinac, dove si inserisce Dele-Bashiru. Quest’ultimo, con un tocco preciso, cerca di servire Dia in area, ma grazie al provvidenziale recupero di Kolasinac, il pallone viene spedito in corner. L’Atalanta, intanto, fatica a costruire gioco in zona offensiva: la poca imprevedibilità e precisione rendono facile il compito della Lazio, che al minuto 32 riparte dopo aver sottratto palla a Retegui (praticamente un fantasma in questo primo tempo). Zaccagni apre a sinistra per la falcata di Nuno Tavares, ma il terzino è costretto a fermarsi a causa di un altro ennesimo infortunio che sta caratterizzando il suo girone di ritorno. Il portoghese non riesce a continuare, e Baroni lo sostituisce con Luca Pellegrini. L’unico squillo atalantino arriva allo scadere del primo tempo, direttamente dalla bandierina: Lookman batte corto per Zappacosta, che scodella verso Kolasinac. Il bosniaco prolunga con la nuca sul secondo palo, ma nessuno accompagna l’azione. Questa occasione rappresenta al meglio la prova insufficiente dei ragazzi di Gasperini, che sembrano far fatica a trovare sintonia in campo, mentre la Lazio è pronta a colpire al momento giusto. Alla ripresa, Baroni effettua il suo secondo cambio: Isaksen per Tchaouna, che non ha inciso come sperato. Al 50′ la Dea ha finalmente una grandissima palla gol, ma Mandas compie un riflesso miracoloso: Lookman, vicino alla bandierina, serve Kolasinac in area con un passaggio che passa in mezzo a tre giocatori biancocelesti. Il bosniaco alza la testa e cerca un compagno al centro dell’area, e arriva il capocannoniere del campionato: Retegui, col mancino da vero centravanti, prende il tempo alla difesa e calcia verso la porta, ma Mandas compie un miracolo deviando di corpo in calcio d’angolo. Proprio quando sembrava che la Dea fosse tornata in partita, la Lazio affonda il colpo e trova il gol del vantaggio con Isaksen. Azione a tre tocchi iniziata dal rinvio lungo di Mandas: Hien e Kolasinac pasticciano e la sfera raggiunge Dele-Bashiru, che prolunga di testa liberando Isaksen. Il danese, in scivolata, prende il tempo a Carnesecchi e spedisce in rete sotto l’incredulità dei tifosi bergamaschi. Dopo lo svantaggio, la Dea cerca di reagire d’orgoglio: Gasperini prima inserisce De Ketelaere e successivamente tenta il tutto per tutto con Samardzic, Maldini e Brescianini, ma la situazione non cambia. La squadra di Baroni riesce a gestire alla perfezione il possesso palla, mantenendo il controllo del gioco e facendo correre a vuoto gli avversari. Negli ultimi minuti, la Lazio capisce che è il momento di resistere, lasciando il pallino del gioco all’Atalanta, che cerca disperatamente il pareggio, ma senza riuscirci. Al triplice fischio, la squadra di Baroni festeggia un risultato fondamentale che rilancia la Lazio nella corsa alla Champions, ora tutta da vivere in questo finale di stagione. L’Atalanta, d’altro canto, non riesce più a vincere, e soprattutto a segnare. Dopo i quattro gol che sono valsi la vittoria con la Juventus all’Allianz Stadium, la Dea non ha più segnato, uscendo sconfitta nelle ultime tre giornate. Il sogno scudetto, infranto dopo la sconfitta con l’Inter a Milano, sembra essersi trasformato in un incubo ad occhi aperti, e la qualificazione in Champions è ora più incerta che mai.
Roma – Juventus (A cura di Dennis Rusignuolo)
La Juventus di Igor Tudor ferma la Roma di Claudio Ranieri. Dopo il successo sul Genoa, i bianconeri ritrovano il pareggio, risultato fin troppo abituale nell’era di Thiago Motta. A fare notizia, però, è la striscia di vittorie dei giallorossi, che si ferma a sette successi consecutivi.
Napoli – Bologna (A cura di Tommaso Patti)
Agli azzurri non basta il gol di Anguissa. Una magia di Ndoye frena il Napoli
La cavalcata di Anguissa e la prodezza di tacco di Ndoye regalano spettacolo al Dall’Ara. La super sfida valida sia per la lotta scudetto, sia per la corsa Champions, termina in parità.
LA TOP 11 DELLA 31* GIORNATA

Grafica: Julya Marsala
Calcio
Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Seconda parte)

Dopo i primi quattro gironi, che sono già tornati in campo per la seconda giornata del torneo, ecco gli altri quattro gironi che hanno fatto il loro esordio negli scorsi giorni. Figurano tante big, oltre alle due italiane in azione, Juventus e Inter.
GIRONE E
Inter, Monterrey, River Plate, Urawa Reds
La prima gara del girone è quella tra il River Plate e i giapponesi dell’Urawa Reds. A Seattle le temperature sono più adatte per una grigliata di asado con gli amici piuttosto che una partita di calcio, ma nonostante il caldo torrido alle 12.00 (ore americane) al Lumen Field ci sono un buon numero di tifosi dei Millionarios, che assistono all’esordio vincente della squadra di Gallardo. Un successo che mette ulteriormente in mostra tutte le qualità del gioco del River Plate: gestione lucida del possesso, una buona dose di ‘garra’ e un Mastantuono pronto a prendersi la scena prima di passare al Real Madrid a fine mondiale. Il vantaggio parte proprio da una giocata del classe 2007, proseguita dal solito cross tagliente di Acuna, e da un inserimento brutale di Colidio in mezzo ai difensori. Nella ripresa il raddoppio porta la firma di Driussi, anche se gran parte del gol è regalato dal terrificante retropassaggio del difensore Hoibraten. Driussi si fa anche male nella ricaduta, nel frattempo l’Urawa accorcia le distanze dagli undici metri con Matsuo e comincia a pregustare il sapore della rimonta, subito interrotta dalla zuccata di Meza a dieci dalla fine. Un River che gioca bene e che usa…la testa, viste le tre zuccate che hanno regalato alla banda Gallardo i primi tre punti, e adesso il “set point” contro il Monterrey può regalare già il primo posto aritmetico al River Plate.

Foto: X Inter
Nell’altra gara del girone l’Inter fa il suo esordio contro il Monterrey. Dalla finale di Champions League di venti giorni fa l’Inter ha cambiato molto, ridimensionato dopo la batosta subita dal PSG. In panchina non siede più Simone Inzaghi, che è rimasto comunque nel giro del Mondiale per Club, ma Christian Chivu. Il tecnico romeno arriva da Parma e nel suo primo match cerca di non effettuare particolari rivoluzioni tecnico/tattiche. Si riparte dal 3-5-2 con Seba Esposito che affianca Lautaro Martinez. L’approccio della gara da parte dell’Inter non è prorompente come avevano abituati i nerazzurri in questi anni, ma la pressione e il fraseggio sono comunque apprezzabili. Si cerca di catturare qualsiasi strategia attuata da Chivu rispetto al precedente ciclo di Inzaghi, ma l’unica vera soluzione che si nota è la marcatura a zona nelle palle inattive, e la dimostrazione porta al vantaggio il Monterrey: la difesa dell’Inter cerca di ostruire il centro dell’area di rigore da potenziali attacchi, ma nessuno segue il taglio dell’eterno Sergio Ramos, lo spagnolo è micidiale sotto pressione, figuriamoci senza marcatura… incornata che sbatte sul terreno e beffa Sommer, non proprio impeccabile. L’Inter ci mette qualche minuto a pareggiare, e lo fa con uno schema su punizione che culmina con il tap-in vincente di Lautaro Martinez. Nel secondo tempo si vedono le cose interessanti, perché il Monterrey traccia un solco a metà campo e non lo oltrepassa quasi mai, ma soprattutto Chivu decide di inserire i nuovi arrivati Luis Henrique e Sucic, oltre a Thuram per Esposito. Il tecnico nerazzurro cambia modulo e alza il raggio d’azione di Mkhitaryan, anche se i messicani non soffrono particolarmente, merito di una gestione della linea difensiva da generale romano da parte di Sergio Ramos. Tra luci e ombre Chivu marchia il suo esordio con un pari, e adesso la gara contro l’Urawa diventa un passaggio decisivo per le sorti dell’Inter nel Mondiale per Club, in attesa di una crescita generale dell’ambiente nerazzurro, ancora troppo arrugginito dopo le fatiche di fine stagione.
- Inter-Urawa Reds
- River Plate-Monterrey
GIRONE F
Borussia Dortmund, Fluminense, Mamelodi Sundowns, Ulsan HD

Foto: X Fifa Club World Cup
Il calendario mette a confronto subito Borussia Dortmund e Fluminense, le due squadre favorite per il passaggio del turno. Il Fluminense si presenta con una squadra di figure pittoresche per molteplici motivi: spicca il giovanissimo portiere Fabio, 44 anni e 171 giorni, e il centrocampista Hercules, infaticabile mezzala, oltre all’ancora frizzante Thiago Silva. Il Borussia Dortmund si ricorda di scendere in campo solo a tratti, perché per il resto la partita è un dominio costante del Fluminense. I brasiliani attaccano la porta di Kobel da qualsiasi angolazione possibile, poi però devono fare i conti con il portiere svizzero, che francamente ha deciso che la partita debba finire in parità. Dell’attacco del Borussia non c’è alcuna traccia, e quando i gialloneri si affacciano in avanti, Fabio e Thiago Silva non hanno nemmeno bisogno di calare a referto qualche gemma gloriosa del loro passato, perché pericoli concreti non ne arrivano. Nella ripresa l’occasione più grossa capita nei piedi dei giocatori del Fluminense, ma Kobel risponde alla grande su un primo tiro di Everaldo, e alla grandissima sulla ribattuta di Nonato, che già stava per correre sotto la curva occupata dai tifosi brasiliani. Nel frattempo il Borussia accoglie un altro Bellingham in mezzo al campo, non più Jude ma il fratello minore Jobe, ma quasi nessuno se ne accorge perché il Dortmund non riesce nemmeno a costruire un’azione degna di nota. Termina 0-0, come aveva deciso Kobel, ma il Borussia Dortmund adesso deve accendersi per evitare brutte sorprese in corso d’opera. Altra grande prestazione per una sudamericana, con il Fluminense che ai punti meritava più di un gol e la vittoria finale, ma la dea bendata -e Kobel- riescono a mantenere il punteggio fermo sul pari. Altra menzione per Hercules, che non sembra nemmeno male in mezzo al campo, ma il suo nome lo precede, e onestamente è clamoroso.
L’altro match del girone è l’emblema del mistero e dell’incertezza che veleggia attorno ad alcune realtà del mondo calcistico. La gara tra Ulsan HD e Mamelodi Sundowns comincia in ritardo a causa della pioggia, e se già era difficile registrare un sold out per questa gara, le condizioni meteo decimano ulteriormente gli spettatori di questo match che può nascondere la magia di una finale dei mondiali, o la sonnolenza di uno spareggio di metà agosto in Lituania. I sudafricani (Mamelodi) giocano bene e sostanzialmente dominano, Rayners ne segnerebbe anche tre, ma due di questi vengono annullati dal VAR, con tanto di decisione spiegata a tutto lo stadio dall’arbitro, una delle tante novità sperimentate in questo torneo dalla FIFA -al momento ampiamente promossa. Finisce soltanto 1-0, anche perché il centrocampista dell’Ulsan Bojanic va a calciare due volte e tira fuori dal cilindro due tiri orribili, incredibilmente per motivi opposti: uno altissimo, uno molle e centrale. Occasionissima per il Mamelodi, che adesso può sognare in grande visto l’ottimo esordio, anche se adesso arrivano le “big”.
- Mamelodi-Borussia Dortmund
- Fluminense-Ulsan HD
GIRONE G
Al-Ain, Juventus, Manchester City, Wydad Casablanca
A Philadelphia il Manchester City comincia il suo mondiale contro il Wydad Casablanca. Guardiola ha accolto tra le sue braccia altri due gioielli provenienti dal mercato, tali Reijnders e Cherki -non proprio sconosciuti- e non perde tempo a gettarli in campo, a costo di rinunciare ad Haaland e il pallone d’oro Rodri. Non c’è bisogno di spiegare le motivazioni su questa scelta, perché bastano i primi due minuti per capire che il Manchester City potrebbe dominare il palleggio anche con Liam e Noah Gallagher degli Oasis. Al secondo minuto Foden la schiaffa in porta, tornando ad assaporare la gioia del gol che gli mancava da quasi sei mesi. Il Wydad prova anche a spingersi in avanti, ma a parte una serie di giocate del fantasista Lorch -che va menzionato solo per la quantità innumerevole di sombreri e la quattro sulle spalle- non si registrano particolari pericoli per Ederson. Prima dell’intervallo i marocchini riescono a far passare Doku come un predatore d’area, lasciandolo completamente da solo in mezzo all’area al momento del corner di Foden. Di fatto, la partita termina nella prima frazione, e gli ingressi di Haaland e Rodri -insieme ad altre figure- non fanno altro che accentuare il dominio dei Citizens, che hanno talmente tanto la situazione sotto controllo che trovano il tempo per sborsare 20 mila euro di multa (la FIFA ha introdotto una penale per ogni sanzione, e l’espulsione corrisponde a circa 20 mila franchi svizzeri) per una tacchettata in faccia a un avversario da parte di Rico Lewis.

Foto: X Juventus FC
La gara che chiude la prima giornata è l’esordio della Juventus di Igor Tudor. L’avversario dei bianconeri è l’Al-Ain, che presenta il 5-3-2 delle grandi occasioni, con un sempreverde Rui Patricio in porta. I bianconeri sono reduci dalla visita alla Casa Bianca, dove sono stati costretti ad ascoltare Trump mentre parlava ai giornalisti della guerra e del calcio femminile, in uno dei momenti più surreali della storia recente del calcio, ma in campo mettono subito le cose in chiaro, come fa l’America quando subentra nei grandi conflitti: all’intervallo il risultato è sul 4-0 per la squadra di Tudor, con la doppietta di Kolo Muani, il gol di Conceição e la gemma di Yildiz (che ancora una volta segna all’esordio in qualche torneo), nel secondo tempo arriverà anche il quinto gol di Chico Conceição. Se nel corso della stagione i giocatori della Juve sembravano spaventati anche da un fiammifero, a Washington i ragazzi di Tudor sembrano una banda di potenziali piromani: vanno a duemila, recuperano il pallone velocemente, si cercano e si trovano anche a occhi chiusi. In attesa dei recuperi di alcune pedine fondamentali (contro l’Al-Ain hanno riassaporato il campo Gatti e Koopmeiners), Tudor spinge sul blocco visto nel rush finale, con un Kelly in netto miglioramento con l’approccio al ruolo, e Alberto Costa in versione treno merci. Il portoghese è un’iradiddio sulla fascia destra e confeziona anche due assist, mentre l’enigma principale riguarda Conceição e Kolo Muani, entrambi in prestito ma sempre più incisivi nell’ecosistema bianconero. Sorrisi e sacrificio, il primo posto in classifica e la voglia di spingersi oltre. La Juventus di Tudor parte alla grande in America, e già nel prossimo turno può ipotecare il passaggio del turno.
Seconda giornata:
- Juventus-Wydad Casablanca
- Manchester City-Al Ain
GIRONE H
Al-Hilal, Pachuca, Real Madrid, Salisburgo
Esordio a tutto tondo per Real e Al-Hilal, che accolgono nelle loro rispettive panchine Xabi Alonso e Simone Inzaghi. Ne viene fuori un match spettacolare, soprattutto per merito del coraggio e del dinamismo del club saudita. Senza Mbappé, Xabi Alonso sceglie il giovane Gonzalo Garcia, mentre dietro giocano subito i nuovi arrivati, Huijsen e Alexander-Arnold. Inzaghi ci ha messo poco a dare un’impronta decisa all’Al-Hilal, e la mezz’ora iniziale è quasi un monologo dei sauditi, più vivi e spigliati rispetto a un Madrid alla ricerca di geometrie. A Renan Lodi viene anche annullato un gol per fuorigioco, Inzaghi comincia a dispensare urla a qualsiasi oggetto vestito di blu, e nel frattempo il Real Madrid rispolvera la ripartenza all’italiana, finalizzata da Gonzalo Garcia su assist di Rodrygo. L’Al-Hilal ci mette poco a pareggiare la gara, grazie al calcio di rigore realizzato da Ruben Neves. Xabi Alonso non stravolge i suoi Blancos rispetto a quanto visto lo scorso anno, e sceglie la via della continuità anche nelle sostituzioni, con Tchouameni che continua il suo viaggio da nomade nella parte arretrata del campo mentre Asencio lascia il posto a Guler. Il turco da quella marcia in più al Madrid, e nel frattempo il ritmo dei sauditi è calato notevolmente, prevedibile considerando il dispendio enorme di energie del primo tempo e il caldo asfissiante di Miami. Nel finale il VAR assegna un rigore al Real Madrid per una manata di Al-Qahtani su Fran Garcia. Dal dischetto Valverde incrocia il destro ma Bonou azzecca l’angolo e mette il sigillo finale al pareggio. Due cantieri ancora in fase di avvio, ma arrivano già i primi segnali da una parte e dall’altra. Se Inzaghi può ritenersi soddisfatto per qualità e ritmo messo in campo, Xabi Alonso attende il ritorno di Mbappé per cercare di nascondere le difficoltà evidenziate in questo primo match, fotocopie dell’ultima stagione blanca.

Foto: fifa.com
Altrettanto divertente è la gara tra Pachuca e Red Bull Salisburgo. A Cincinnati trionfano gli austriaci dopo un match durato quattro ore (sospeso per un’ora e quaranta per l’acquazzone che ha colpito la città durante il secondo tempo). Gara divertente e frizzante fin dai primi minuti, con i messicani che rispolverano un centravanti d’area di rigore come Salomon Rondon, stranamente poco freddo e lucido contro l’estremo difensore del Salisburgo, l’impronunciabile Zawieschitzky. A ridosso dell’intervallo gli austriaci trovano il vantaggio grazie alla perla di Oscar Gloukh, l’israeliano lascia a terra Pedraza e batte Moreno con un destro a giro di pregevole fattura. Nella ripresa la gara si interrompe per quasi due ore per il temporale, poi riparte e i fulmini lasciano spazio ai fuochi d’artificio. Il Pachuca trova il pareggio grazie a una punizione di Gonzalez, su cui barriera e portiere non fanno una bella figura; Rondon continua la sua ricerca spasmodica del gol ma non riesce a segnare. Chi riesce a gonfiare la rete è l’altro centravanti, il neo-entrato Onisiwo, che sale in cielo e riesce a indirizzare e colpire forte il pallone, per un vantaggio che spedisce il Salisburgo in vetta alla classifica. In attesa della gara contro l’Al-Hilal gli austriaci provano a inserirsi di soppiatto in alto alla classifica.
Seconda giornata:
- Salisburgo-Al-Hilal
- Real Madrid-Pachuca
Calcio
Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Prima parte)

Polemico, esagerato e curioso, proprio come sa essere l’America. Il nuovo Mondiale per Club voluto dalla FIFA rispecchia i canoni degli Stati Uniti, che si preparano al mondiale tra nazionali (in programma il prossimo anno) con una parata di stelle e altri elementi celesti più misteriosi, ma intensi e curiosi. Tante le novità in esperimento, numerosi argomenti di valutazione, ma nel frattempo la prima giornata è terminata nella notte, e tra poco il mondiale riparte con la seconda giornata. Allora ecco la prima parte dell’analisi delle prime gare del Mondiale per Club, girone per girone.
GIRONE A
Al-Ahly, Inter Miami, Porto, Palmeiras
Uno dei raggruppamenti più intriganti dell’intero mondiale, non tanto per la quantità elevata di “big” al suo interno, ma per l’alone di mistero e curiosità che circola attorno a Messi e avversari. Dopo le prime due partite la classifica è rimasta la stessa dello scorso venerdì, quando ancora il torneo non era cominciato. L’ordine rimane quello alfabetico, la differenza reti pari ai gol realizzati dalle quattro squadre, ossia zero, ma le due gare sono state tutt’altro che noiose.

Foto: fifa.com
La gara tra Al–Ahly e l‘Inter Miami apre il mondiale. Nel primo tempo gli egiziani dominano in lungo e in largo, come non si vedeva probabilmente da Cleopatra e family. La retorica storica però non è casuale, perché nell’assedio costante dell’Al-Ahly verso la porta avversaria emerge un altro reperto di notevole importanza nella gara: il portiere dell’Inter Miami, tale Oscar Ustari, 38 anni compiuti. Il portiere argentino è il protagonista della prima frazione perché mette a referto una serie di parate sensazionali, e mette la ciliegina al minuto 43 quando ipnotizza Trezeguet dal dischetto. Nel secondo tempo l’Inter Miami prova a giocare con maggior qualità, e la modalità è quella nota a tutti: palla a Messi e poi si vede. Al minuto 63 tutto lo stadio trattiene il fiato per la punizione di Messi, l’argentino cerca la soluzione a effetto e spedisce la palla in rete. Peccato che la palla non giri abbastanza e si vada a incastrare nella parte esterna della porta, regalando soltanto l’illusione ottica di un grande gol. Nel finale emerge anche l’altro estremo difensore, l’egiziano El-Sheenawy, anche lui ben navigato grazie alle sue 36 primavere. Le sue parate chiudono la porta, e dove non arriva El-Sheenawy ci pensano i legni, come quello colpito all’ultimo istante da un tiro-cross di Messi. Finisce 0-0.
Nell’altra gara del girone Porto e Palmeiras giocano talmente a viso aperto che si devono arrendere a uno 0-0 che suona come un oltraggio al calcio, per la mole di occasioni avute da entrambe le squadre. Due gemme per parte, Estêvão per i brasiliani e Rodrigo Mora per i portoghesi, ma le due squadre presentano un parco giocatori talmente completo da poter andare in guerra e a una sfilata a Hollywood allo stesso tempo. Tante, tantissime, troppe, occasioni e in questo teatro emergono artisti incompresi, o magari talmente sconosciuti a sé stessi da essere perfetti per dominare la scena. È il caso del portiere del Porto, Claudio Ramos, provvidenziale con una serie di parate tanto efficaci quanto qualitativamente orrende. Il Palmeiras ai punti meriterebbe almeno un gol, ma il palo e le parate sconsiderate di un Ramos in giornata di grazia non cambiano il risultato. Anche l’altra gara finisce 0-0.
Seconda giornata:
- Palmeiras-Al-Ahly
- Inter Miami-Porto
GIRONE B
Atletico Madrid, Botafogo, PSG, Seattle Sounders
Dopo aver schiantato l’Inter in finale di Champions League, il Paris Saint-Germain arriva al Mondiale per Club con i favori del pronostico. L’armata di Luis Enrique fa il suo esordio a Pasadena contro l’Atletico Madrid, al cospetto di un caldo torrido e ottantamila persone, a cui vanno aggiungi i sedici giocatori impiegati da Simeone nel corso della gara. Si prospettava come il match di cartello di questa prima giornata, e invece termina con un PSG che passeggia e domina per 4-0. Al momento i parigini viaggiano a una cilindrata nettamente superiore rispetto alla concorrenza, e anche senza due pilastri offensivi fondamentali, come Dembelé e Barcola, ci pensano gli altri diamanti che Parigi sta conservando, Fabian Ruiz e soprattutto Vitinha. Il centrocampista portoghese continua il suo mostruoso dominio del gioco e adesso si comincia a comprendere al meglio la sua leadership. Le altre due firme sono di Kang-In Lee e Mayulu, che in questo ultimo mese sta cercando di rinominare la celebre zona Cesarini. Per la banda del Cholo si mette subito in salita, anche se la qualificazione non sembra in discussione.

Foto: fifa.com
Nell’altro match i meno quotati Botafogo e Seattle Sounders regalano comunque un match intenso e spettacolare, vinto dai brasiliani grazie a due sigilli nel primo tempo. Il Botafogo va in vantaggio grazie a un colpo di testa dell’altissimo Jair Cunha (1.98m), poi raddoppia con un’altra incornata, questa volta del centravanti Igor Jesus. Nel secondo tempo gli statunitensi accorciano le distanze con Roldan, e nel rush finale sfiorano più volte il pareggio, ma il Botafogo decide di affidarsi a due, non troppo vecchie, meteore della nostra Serie A come Arthur Cabral e Joaquin Correa. Il risultato non cambia, anche se il Tucu sfiora subito il primo gol con la maglia del Fogão, stoppato da un grande intervento del portiere Frei. Successo che può rilanciare il Botafogo, che può approfittare della pesante sconfitta dell’Atletico Madrid, a patto che non si arrendano anche loro a un’imbarcata dai parigini, che negli ultimi tempi sembra l’unica soluzione percorribile.
Seconda giornata:
- Paris Saint-Germain-Botafogo
- Seattle Sounders-Atletico Madrid
GIRONE C
Auckland City, Bayern Monaco, Benfica, Boca Juniors
Sulla carta sarebbe il girone più equilibrato del Mondiale, ma dopo la gara del Bayern Monaco ovviamente questa analisi va rivisitata. Contro i dilettanti dell’Auckland City i bavaresi non vanno per il sottile, confermando la freddezza e il cinismo che distingue il tedesco medio: termina 10-0, sei a zero all’intervallo. Troppa la differenza tra le due squadre per buttare giù una qualsiasi cronaca, anche se le storie extra-calcistiche dei dilettanti di Auckland sono manna dal cielo per le pagine romantiche di calcio. Il campo però non lascia spazio a interpretazioni: neozelandesi con un 5-5-0 non troppo compatto, i bavaresi lasciano Neuer in mezzo al campo a riscaldarsi seduto sul prato di Cincinnati e nel frattempo disintegrano la porta di Tracey, che nella vita fa il magazziniere. Qualificazione praticamente ipotecata, anche se adesso comincia a tutti gli effetti il mondiale di Kompany e…company;

Foto: fifa.com
L’equilibrio del gruppo C è rappresentato da Boca Juniors e Benfica, che scendono in campo all’Hard Rock Stadium di Miami. Senza troppi indugi è una delle partite più belle del primo turno di match. Ruvido, qualitativamente entusiasmante e ricco di calcio e calci, come impone la tradizione. Il Benfica sembra essere favorito dopo i primi minuti, ma gli argentini in dieci minuti mettono in scena tutto il loro calcio: vantaggio di Merentiel su assist di Blanco, che si concede il lusso di un tunnel prima del pallone per l’attaccante argentino, e raddoppio su palla inattiva con la testata vincente di Battaglia. Prima dell’intervallo il Boca completa il proprio manifesto sudamericano, quando a ridosso dell’intervallo il Benfica conquista un rigore per un calcio di Palacios su Otamendi. L’arbitro va al VAR e Ander Herrera -uscito anzitempo per infortunio- decide di farsi espellere per proteste. Di Maria accorcia le distanze dal dischetto e al rientro dagli spogliatoi Bruno Lage alza i toni dell’attacco con Belotti. L’ingresso del “Gallo” è agonisticamente impattante, forse troppo, perché al minuto 72 Belotti viene espulso per un calcio alla nuca di un avversario. La partita è tesa come una corda di violino, lo spettacolo ha lasciato spazio a un’intensità che sembra più da finale dei mondiali, che da fase a gironi, e parlando di mondiali non può che emergere un argentino, anche se veste la maglia del Benfica. Otamendi si stacca sul primo palo, impatta violentemente la sfera e pareggia la partita. Prima del triplice fischio c’è ancora tempo per un ultimo assaggio di calcio selvaggio, offerto da Figal: pestone da ergastolo sullo stinco di Florentino e cartellino rosso diretto. Finisce in parità, e il cammino di Boca e Benfica passerà dalla gara contro Auckland, in cui servono tanti gol per la differenza reti.
Seconda giornata:
- Bayern Monaco-Boca Juniors
- Benfica-Auckland City
GIRONE D
Chelsea, Esperance Tunis, Flamengo, Los Angeles FC
Il gruppo D diventa subito di dominio di Chelsea e Flamengo, come da pronostico. I londinesi cominciano la propria competizione contro il Los Angeles Fc di Giroud (inizialmente in panchina) e Lloris, e vincono con qualche difficoltà grazie a un gol per tempo. Forti del successo in Conference League, Maresca schiera la miglior formazione per evitare di incappare in qualche inconveniente in stile Italia a USA94′. La gara comincia con un colpo d’occhio agghiacciante, con le tribune dello stadio di Atlanta semi-vuote. Per fortuna gli spalti si riempiono leggermente nel corso della gara, e il Chelsea ingrana anch’esso alla distanza, per poi vincere senza evidenti fatiche. Il vantaggio è siglato da un ottimo Pedro Neto, frizzante nella fascia destra fin dall’inizio, incontenibile per il lussemburghese Chanot. Nel secondo tempo fanno il loro esordio in maglia Blues i due nuovi acquisti, Essugo e Delap, mentre sponda L.A. entra Giroud. L’ingresso del francese alza notevolmente il peso dell’attacco statunitense, e la difesa del Chelsea comincia a concedere qualche occasione, poi però viene fuori nuovamente il livello tecnico della banda Maresca, che chiude i discorsi a dieci dal termine. Delap pennella un ottimo cross in mezzo, Enzo Fernandez si avventa sulla sfera e mette il sigillo finale. Non un esordio da sogno per il Chelsea, che riesce comunque a conquistare i tre punti che gli servivano. La qualificazione è un duello con il Flamengo, prossimo avversario dei Blues. Occhio però a considerare fuori dai giochi il Los Angeles FC.

Foto: fifa.com
Nell’altro match il Flamengo fa il suo esordio in grande stile contro l’Esperance Tunisi. La differenza tecnica tra le due squadre è evidente, ma i brasiliani giocano un gran match sotto ogni punto di vista. Sigla il vantaggio uno dei simboli del Fla, il fantasista uruguaiano De Arrascaeta. L’ex Fiorentina Pedro ha l’occasione per raddoppiare, ma decide che per il momento non è il caso di segnare. La formazione del Flamengo è un’ode alla nostalgia calcistica, data la vasta presenza di ex Serie A come Pulgar, Gerson, Pedro e il nuovo arrivato Jorginho. Nel secondo tempo è proprio Jorginho a mettersi in mostra, grazie a un filtrante no-look verso Luiz Araujo, che aggiunge il suo tocco di classe con un mancino a giro che si insacca alle spalle del portiere Ben Said. Nell’Esperance Tunisi, a parte un’ottima presenza di tifosi nelle tribune, da segnalare una delle figure più pittoresche di questo mondiale, l’attaccante Rodrigo Rodrigues.
Seconda giornata:
- Flamengo-Chelsea
- Los Angeles FC-Esperance Tunisi
Calcio
Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.
Le scelte per l’ultima di Spalletti
Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.
ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui.
Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.
Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.
Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.
Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…
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