Connect with us

Lifestyle

Musei terapia: luoghi di cura in cui l’ansia e lo stress diminuiscono

Published

on

foto @larepubblica

Un recente studio italiano dell’Università di Milano-Bicocca, dimostra che l’arte riduce ansia e stress fino al 25%, ma i benefici non si limitano a questo.

A trattare la tematica dell’arte come strumento per curare ansia e stress è il progetto ASBA (Anxiety, Stress, Brain-friendly museum, Approach) realizzato dall’Università di Milano-Bicocca che ha coinvolto nel progetto 350 cittadini e decine di operatori museali.

Lo studio in questione, condotto insieme all’Università Statale con la partecipazione di un team multidisciplinare, mostra come alcune attività legate all’arte riescono a ridurre l’ansia e lo stress del 25%, mentre anche solo partecipando con una visita guidata, il calo è del 20%. Trasformando i musei in veri e propri spazi per il benessere psicofisico.

LUOGHI DI CURA PER IL BENESSERE MENTALE

Ideato da Annalisa Banzi del CESPEB (Università di Milano-Bicocca) con la mano del coordinamento del prof. Claudio Lucchiari, psicologo cognitivo dell’Università Statale di Milano, il progetto ASBA dimostra che i musei possono essere luoghi di cura per ansia e stress. La conferma di tale affermazione arriva dai 3 anni di ricerca in cui sono stati misurati proprio i livelli di ansia e stress attraverso questionari standardizzati e strumenti qualitativi, ma anche attraverso dispositivi BCI (Brain-Computer Interface) wireless per monitorare l’attività celebrale. I risultati ci confermano chiaramente che attività come Arteterapia, visite museali e Nature+Art producono benefici significativi.

Lo stesso Claudio Lucchiari ha dichiarato in merito al progetto: “Grazie alla pluralità di dati raccolti, siamo in grado di supportare l’ipotesi che il museo possa essere considerato un luogo privilegiato dove prendersi cura di se stessiL’arte e i musei non solo possono ridurre l’ansia e migliorare il benessere, ma possono farlo in molti modi diversi“. In particolare l’Arteterapia ha raggiunto una riduzione del 20% riuscendo a suscitare vissuti emotivi più intensi.

Il progetto ha avviato un’impresa molto affascinante nel riuscire ad indagare il legame tra cultura e benessere, che attualmente è solo all’inizio, come ha affermato lo psicologo Lucchiari: “Il nostro studio come molti altri simili, condotti sia nei musei che altrove, al momento costituiscono tasselli di un puzzle relativo a come promuovere il benessere in modo sempre più personalizzato, ma anche arricchente rispetto a vari punti di vista, per esempio quello culturale.”

ESPERIENZE EVIDENTI

Le attività proposte, la cui efficacia sulle ripercussioni del benessere è stata indagata dallo studio, includono diverse tecniche tra cui quella di mindfulness, ossia la consapevolezza che nasce quando si presta intenzionalmente attenzione sul momento senza formulare giudizi, vi sono poi le visual thinking strategies, ovvero le discussioni di gruppo davanti ad un oggetto del museo quando si avvia un processo di costruzione del significato dell’opera, seguono l’Arteterapia e la metodica ArtUp, fornendo approfondimenti culturali basati sulla storia dell’arte che contemporaneamente favoriscono il dialogo sulla dimensione affettiva e psicologica che le opere suscitano in chi le usufruisce; infine la Nature+Art, una recente strategia sperimentale che fonde gli stimoli museali con quelli suscitati dalla natura.

arte terapia, foto @vita

mindfulness, foto @marcoperi

visual thinking strategies, foto @museirealitorino

Nature+Art, foto @sortiraparis

Classe 2003. Studentessa in Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Palermo. Aspirante giornalista e graphic designer e appassionata della cultura giapponese, delle riviste della nuova generazione e ogni forma d'arte.

Continue Reading
Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Lifestyle

L’influenza della luna sulla nostra vita quotidiana

Published

on

Foto: Genius

Da secoli è protagonista di miti, rituali e credenze che la collegano direttamente al nostro benessere fisico, mentale e persino emotivo.

Ma quanto c’è di vero? La Luna influenza davvero la nostra vita quotidiana?

La teoria più diffusa è quella che associa la Luna ai cicli naturali: le maree, per esempio, sono influenzate dalla sua gravità. E dato che il nostro corpo è composto in gran parte da acqua (circa il 60%), c’è chi sostiene che la Luna possa influire anche su di noi, in particolare sul nostro umore e sui nostri ritmi biologici.

Alcune persone dichiarano di dormire peggio durante la Luna piena, altre si sentono più energiche o, al contrario, emotivamente instabili. Studi scientifici in merito non sono del tutto concordi, ma alcuni ricercatori hanno effettivamente osservato variazioni nei cicli del sonno in corrispondenza delle fasi lunari.

Crescita dei capelli, piante e decisioni importanti

Secondo la tradizione popolare, ci sarebbero momenti migliori per tagliare i capelli, seminare o persino iniziare nuovi progetti, a seconda delle fasi lunari. Ad esempio, la Luna crescente sarebbe perfetta per favorire la crescita e il rinnovamento, mentre la Luna calante per eliminare ciò che è vecchio o tossico (inclusi i pensieri negativi!).

Molti agricoltori ancora oggi seguono il calendario lunare per piantare e raccogliere i loro prodotti, basandosi su esperienze tramandate da generazioni.

La luna nel mondo spirituale e astrologico

Per chi crede nell’astrologia, ogni fase lunare ha un significato energetico. La Luna nuova è un momento di introspezione e nuovi inizi, mentre la Luna piena rappresenta la realizzazione, ma anche la necessità di “lasciare andare”. Non a caso, tanti rituali di rilascio si fanno proprio durante la Luna piena — come scrivere ciò che vogliamo eliminare e poi bruciare il foglio (in sicurezza, ovviamente).

Forse allora, non è solo questione di fisica, ma di connessione con qualcosa di più grande e antico.

Continue Reading

Lifestyle

Nuovo trend all’aperto: cucina outdoor e barbecue per rivivere gli esterni

Published

on

Al Brixia Forum di Brescia, nel BBQ Expo, sono protagoniste l’arte del barbecue e della cucina outdoor. Si tratta dell’unica fiera presente in Italia dedicata al fenomeno che sta ridisegnando il modo di vivere negli spazi esterni: un nuovo lifestyle che va ben oltre la semplice cottura su brace.

Si spiazza dalle tecnologie di cottura più sofisticate al design contemporaneo presente nelle cucine en plein air, non dimenticando che il barbecue tradizionale è una cucina che da valore al prodotto nella suo complesso, riuscendo anche a ridurre gli sprechi.

L’ARTE DELLA COTTURA

Il direttore di Area Fiera, Mauro Grandi, commenta l’evento dicendo: “L’obiettivo è democratizzare quest’arte della cottura, dimostrando che la passione per il barbecue non conosce barriere di spazio o di esperienza“.  Come esempi di “tester” del nuovo fenomeno, vi sono al centro dell’attenzione le carni selezionate dai migliori produttori italiani, affiancate dai tagli più pregiati provenienti da tutto il mondo e le birre di qualità grazie alla presenza di produttori, birrifici artigianali e distillerie.

L’ESPANSIONE DELLA CUCINA OUTDOOR

Il nuovo fenomeno della cucina outdoor si sta espandendo sempre di più anche nei mercati, conquistando il cuore di molti italiani. Il tutto è confermato dai numeri che accertano l’interesse di un pubblico sempre più vasto. Lo si nota nei numeri registrati durante l’edizione 2024 del BBQ Expo: 24.000 visitatori in totale, mentre nel 2025 l’80% degli spazi espositivi è già stato prenotato. L’evento vedrà raddoppiare gli spazi espositivi con 300 marchi rappresentati tra cui 60 espositori internazionali.

MASTER’S CHALLANGE: LA SFIDA TRA I MIGLIORI GRIGLIATORI

Uno dei momenti più intensi della fiera è il BBQ Expo Master’s Challenge, una competizione che vedrà sfidarsi 30 team in un entusiasmante battaglia all’ultima griglia. Le categorie in gara saranno:

  • Chicken (pollo)
  • Pork Ribs (costine di maiale)
  • Pork-Boston Butt (collo e spalla di maiale)
  • Brisket (punta di petto di manzo)
Continue Reading

Lifestyle

Dalla malinconia all’arte: come poeti e artisti traformavano la tristezza in arte

Published

on

Foto: ArtMajeur

Hai mai ascoltato una canzone triste che ti ha fatto sentire meno solo? O guardato un dipinto che sembrava raccontare esattamente ciò che non riuscivi a dire?

Quella sensazione, quella fitta dolceamara, è la malinconia. Non necessariamente una sensazione da combattere o reprimere, ma magari una compagna silenziosa che può evolversi in effettiva fonte d’ispirazione.

Da secoli, artisti e poeti hanno fatto infatti della tristezza un vero e proprio linguaggio universale, e sorprendentemente, da quel “buio” sono nate alcune delle opere più famose della storia.

COSA NE PENSAVA LEOPARDI?

Leopardi, in questo caso scriveva non per distrarsi dal suo malessere, ma per potergli dare una forma.

Scrivere era un modo per affrontare quello che provava e capirlo meglio. E forse anche per comunicarlo a chi, come lui, si sentiva spaesato di fronte alla vita.

La figura di Silvia, in questo caso rappresenta una giovinezza idealizzata, piena di speranze che la realtà spegne prima del tempo, ed è così, che il dolore si ricollega al ricordo e alla perdita delle illusioni.

Questa consapevolezza non lo paralizzava. Al contrario, diventava il motore del suo scrivere.

L’infinito racchiude perfettamente le fasi del cosiddetto pessimismo leopardiano, che, con il suonaufragar dolce in questo mareci mostra che anche il dolore può avere una propria dolcezza, dove la sofferenza provata una volta arrivati alla consapevolezza dei propri limiti, invece di schiacciare l’individuo, lo conduce a un’estasi contemplativa.

Quella di Leopardi è quindi di un tipo di malinconia che non deve in alcun modo rappresentare un ostacolo, ma un punto di partenza (un po’ come la siepe, che pur limitando il campo visivo, suscita ulteriori orizzonti con la mente).

LE SILENZIOSE PENNELLATE DI HOPPER E VAN GOGH

Possiamo dire che Edward Hopper abbia dipinto solitudini moderne: è noto per i suoi quadri che catturano l’alienazione della vita moderna, ed in generale, la sua arte si distingue per il modo in cui esplora l’isolamento urbano e la tristezza silenziosa degli individui in ambienti anonimi e spersonalizzati.

Ha vissuto a New York per gran parte della sua vita, ha osservato la città come un luogo in cui le persone, pur vivendo a stretto contatto, sono spesso profondamente sole.

La famosa Nighthawks (1942), con il suo bar notturno vuoto, è l’esempio perfetto di come usi la solitudine come strumento artistico. I personaggi del dipinto sono isolati nonostante siano fisicamente vicini l’uno all’altro, e l’illuminazione artificiale che invade il locale sembra accentuare il senso di vuoto e silenzio che li circonda. La tristezza qui è invisibile ma palpabile, nascosta sotto l’apparente normalità di una scena notturna.

L’intento di questi dipinti, è quello di suggerire che, nonostante l’incredibile sviluppo della vita urbana e l’apparente connessione sociale, l’individuo rimane spesso intrappolato nella propria solitudine, incapace di trovare un vero senso di comunità o di connessione autentica.

La tristezza qui diventa una riflessione sull’alienazione della modernità.

Vincent Van Gogh, non ha mai nascosto il legame tra la sofferenza e la propria arte. Le sue lettere, (ed in particolare quelle più personali, inviate al fratello Theo) sono piene di riflessioni sul suo stato d’animo, ed è da qui che possiamo notare come il dolore e la depressione, anziché indebolirlo, alimentassero la sua ricerca artistica.

In una di queste lettere, in particolare scrisse, “sono un’anima tormentata in cerca di pace, e sono contento tu sia sempre al mio fianco nel momento del bisogno. Nonostante le critiche e le difficoltà, io continuo a dipingere con tutto il mio cuore e la mia anima

Ed è così, che il pittore olandese donava soggettività alle forme della realtà a lui circostante, personalizzandole in base al proprio stato d’animo (caratteristica tipica dell’impressionismo); la Notte stellata ad esempio dipinta poco prima dell’estremo gesto, rivela una fusione tra l’intensità del dolore e il desiderio di trovare un ordine estetico nel caos della sua mente.

Tuttavia era il colore il suo punto forte.

In un’altra lettera, (scritta ad Arles intorno al 1888), rivelaInvece di cercare di riprodurre esattamente ciò che ho davanti agli occhi, mi servo del colore in modo più arbitrario, per esprimere me stesso con maggiore forza.”

E così, la pace interiore si traduceva con  l’azzurro, mentre, se si sentiva agitato o preso da impulsi intensi, ricorreva al rosso, (spesso contrastato da verdi acidi o blu profondi). Addirittura, in alcuni autoritratti, si dipinge con sfumature rossastre nella pelle, quasi a voler includere i tratti dell’ energia nervosa provata.

Il giallo, invece nei suoi quadri diventava il colore del sole e della vita, associato pertanto alla felicità e rinascita (non a caso ricollegato poi al fiore della luce e allegria per eccellenza).
Il suo uso quasi accecante, ne rifletteva un’energia frenetica e a tratti ossessiva, come se cercasse disperatamente una luce che gli sfuggiva.

La malinconia, in questo caso è per per Van Gogh una caratteristica della vita, ed espressa poi attraverso il colore, la forma e la luce.

MALINCONIA CONTEMPORANEA: DAI QUADRI A SPOTIFY

La malinconia non è rimasta nei musei o nelle pagine ingiallite. La troviamo anche oggi nelle canzoni di Lana Del Rey e persino nei post nostalgici condivisi all’alba su Instagram.

Trasformare la malinconia in arte è un gesto rivoluzionario: significa accettare la propria vulnerabilità e condividerla.

E allora, la prossima volta che avrai l’impressione di provare una sensazione simile, non respingerla immediatamente.

Potrebbe essere il primo passo verso qualcosa di bello.

Continue Reading

Facebook

Altri articoli in ‘Lifestyle’

Trending

Copyright © 2024 - by Exit Web Systems

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità.
Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001.