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Squid Game 3: rilasciato il primo trailer dell’ultima stagione, Gi-hun giocherà un’ultima volta

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foto @comingsoon

In attesa dell’atto conclusivo della serie sudcoreana che arriverà in streaming il 27 giugno, Netflix ci da un primo assaggio degli ultimi giochi della terza e ultima stagione finale di Squid Game nel primo teaser trailer.

Il finale sanguinoso e devastante della seconda stagione di Squid Game apre le porte alla stagione finale, che grazie alla diffusione del primo trailer pubblicato da Netflix durante la notte italiana, anticipa alcuni eventi di rilievo che i fan non vedono l’ora di scoprire.

L’ultima scena che abbiamo visto della seconda stagione è stata la ribellione in sommossa che però è stata fermata dal Front Man (Lee Byung-hun) il quale è stato sempre presente nei giochi e in mezzo ai giocatori senza mai rivelare la sua vera identità. Dopo avere visto morire sotto i suoi occhi il migliore amico Jung-bae, ad attenderci nella terza stagione ci sarà il protagonista Gi-hun (Lee Jung-jae) che, desideroso di vendicarsi per la morte del suo amico, dovrà fare i conti direttamente con il Front Man. Tra le prime immagini del trailer, si può intravedere proprio Gi-hun ammanettato ad un letto.

TRAILER

Il primo trailer mostra in anteprima dei nuovi giochi che Ghi-yun e gli altri personaggi, sopravvissuti alla fallimentare ribellione contro il Front Man, dovranno affrontare in questa nuova stagione, concludendosi misteriosamente con il lamento di un bebè.

Dunque il teaser trailer ci mostra tra le prime immagini Gi-hun tornare al dormitorio dentro una delle scatole regalo, riservate solitamente ai caduti del gioco. Con questo gesto simbolico appare chiaro che sia Gi-hun che gli altri giocatori rimasti in vita devono continuare a giocare, dal momento che la gara non è ancora terminata e rimangono solo 3 giochi a disposizione a per chi ambisce al montepremi in denaro. Circa a metà video, viene mostrato infatti una prima parte del gioco a cui dovranno sottoporsi composto da una gigantesca macchina di chewing-gum che distribuisce ad ogni giocatore una pallina di colore rosso o blu alternativamente, simboli dei destini che dovranno affrontare nella prossima sfida.

Nonostante il basso umore dovuto alla sua cara perdita e al fallimento della ribellione, Gi-hun non si arrende e si mostra ancora determinato a smantellare i giochi una volta per tutte.

FOTO

foto @squidgamenetflix

 

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Classe 2003. Studentessa in Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Palermo. Aspirante giornalista e graphic designer e appassionata della cultura giapponese, delle riviste della nuova generazione e ogni forma d'arte.

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Ranch è un calcio al petto all’industria musicale

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Il nuovo disco di Salmo è un manifesto di resistenza: niente numeri, solo musica, verità e contenuto.


Quanto può essere liberatorio un disco? Nel caso di
Ranch, l’ultima opera di Salmo, la risposta è: immensamente. Si tratta, con ogni probabilità, di uno dei lavori più intensi e sinceri del panorama musicale recente. Un album che sorprende non solo per la qualità musicale, a cui Salmo ci ha abituati negli anni, ma soprattutto per la sua trasparenza. Ranch è un disco introspettivo, coraggiosamente fuori rotta rispetto alle logiche spietate del mercato odierno, che impongono agli artisti la continua rincorsa al tormentone, destinato a essere cantato fino allo sfinimento… e dimenticato con altrettanta rapidità.

Salmo ha scelto l’isolamento creativo come forma di resistenza. Si è disintossicato da un sistema soffocante, preferendo la solitudine della verità alla compagnia delle mode. Ha dato vita a un progetto che ignora deliberatamente i numeri, le classifiche, le aspettative dell’algoritmo, per rimettere al centro la musica, la parola, la narrazione. “Ho capito l’intenzione, sì, confondere la verità con l’opinione che va per la maggiore / La direzione opposta è sempre la migliore”, canta in Bye Bye, quasi a definire la filosofia che anima l’intero disco: andare controcorrente, anche a costo di alienarsi da un pubblico abituato all’usa e getta.

Un’opera pensata non per le masse, ma per quei pochi — eppure preziosiascoltatori che oggi ancora cercano un significato, un peso, un’identità nei testi. Per chi, in un mondo sempre più rapido e superficiale, sceglie ancora di ascoltare, e non semplicemente di sentire.
Non mi piego, non credo, non mi spezzo nemmeno / Se non fossi sincero, non ti piacerei, spiega in Sincero, riaffermando un’urgenza espressiva che non si piega al compromesso.

In un’epoca in cui artisti e canzoni scorrono via come storie su uno schermo, Ranch si fa roccia: un punto fermo a cui aggrapparsi per non essere travolti dal grande oblio musicale che sta inghiottendo una generazione. L’ironia tagliente di Salmo si fa denuncia: Bravo, ma non ti confermi / State tutti lì come Enrico: fermi — una stoccata contenuta in N€urologia che descrive perfettamente l’immobilismo creativo di molti colleghi, più preoccupati di restare a galla che di lasciare un segno.

Ma non è solo un discorso tecnico o musicale. C’è anche una presa di posizione culturale. In Beatcoin, Salmo smaschera l’apparenza che domina la scena, e lo fa senza mezzi termini: Meno male che non me la meno, me ne frego / Perché almeno io non nego che potremmo farne a meno / Della moda di ’sti rapper che si vestono come le zie / Che vanno a far la spesa la domenica a Natale. Il bersaglio non è tanto il look, quanto il vuoto d’identità che dilaga, l’ansia di visibilità che cancella ogni traccia di autenticità. Chi non vuole apparire alla fine scompare, ti sembra normale?” — una domanda che diventa accusa, ma anche invito a riflettere.

Salmo, o forse sarebbe più giusto dire Maurizio, ha abbattuto ogni filtro, scegliendo la nudità come unica estetica possibile. Si è esposto senza riserve, senza mediazioni, con la forza e la fragilità di chi sa che l’arte non è mai compromesso, ma verità.

Ora sta a noi decidere se accogliere questa scelta. Se concedere un ascolto autentico, un tempo dilatato e consapevole a un disco che non cerca l’approvazione, ma offre una possibilità: quella di ritrovare, nella musica, un rifugio. O forse, finalmente, una direzione.

Foto: Radio Clodia

“Titoli di coda”: sette minuti contro il sistema

Il brano che chiude Ranch, Titoli di coda, è un manifesto satirico contro le regole non scritte dell’industria musicale. L’idea richiama quella di Peyote (nota anche come Mr Thunder su YouTube): Salmo inscena un confronto surreale con un manager discografico, interpretato da sé stesso, che incarna la voce della pressione commerciale.

Si parte con un ringraziamento: Salmo, in chiave rap, parla a cuore aperto con chi ha ascoltato l’intero disco. Ringrazia tutti — amici, famiglia, haters di ieri e forse anche di oggi. E infine, ringrazia soprattutto sé stesso:

A chi si è ritrovato, a chi si è perso / A chi è cambiato, a chi è lo stesso / A chi ha dato tutto e chi si tiene il resto / Ma soprattutto grazie a me stesso.

Poi il gioco parte davvero. Il manager lo interrompe: vuole una canzone da stadio, “una di quelle che cantano tutti”. Salmo accetta la sfida con una parodia tanto assurda quanto credibile, che suona come un tormentone costruito a tavolino:

È una canzone da stadio, uoh, uoh / Quella che cantano tutti, proprio tutti, proprio tutti.

Un colpo secco e sarcastico al cuore dell’omologazione.

Ma non basta. Serve una hit. E allora Salmo prova anche quella, con un ritmo incalzante e una metariflessione costante:

Tu vuoi il beef, hai capito il trick / Ma io volevo fare l’OG / E questi qui mi chiedono la hit […] Tutti vogliono una hit.”

Una presa in giro così precisa che — ironia della sorte — ha davvero l’energia di una hit.

Infine, l’ultima carta: un dissing, ma stavolta contro se stesso. Salmo si autoaccusa, si prende in giro, si espone, e lo fa con un’autoironia spietata:

Sono uno stupido, nonostante il successo sono rimasto umido / Se scopo questo mondo, vengo subito / Alla gara dei coglioni per fortuna arrivo ultimo.

Il tono è provocatorio, ma anche lucidissimo. Un attacco all’artista, all’industria, e a tutto ciò che di finto ruota attorno alla musica.

Titoli di coda dura sette minuti ma vale un intero manifesto. È il riassunto perfetto del disco: spiazzante, diretto, libero.

In un unico brano, Salmo ha messo in scena tre pezzi diversi — un ringraziamento sincero, una parodia da stadio, una hit commerciale e un dissing — dimostrando che l’unico vero potere dell’artista è restare imprevedibile.

Ed è proprio così che, ancora una volta, Salmo mette a tappeto il sistema: con un sorriso amaro e una penna affilata.

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I Fantastici 4: Gli inizi, svelati i poster retrò di presentazione dei protagonisti

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Il profilo ufficiale della Marvel Studios ha svelato cinque nuovi character poster in stile retrò del nuovo reboot de I fantastici 4: Gli inizi, offrendo un primo sguardo della nuova incarnazione della prima famiglia Marvel.

Marvel Studios ha pubblicato 5 nuovi character poster dedicati ognuno a I Fantastici 4: Gli inizi, caratterizzati da un’estetica che richiama molto lo stile vintage delle carte degli anni 60′. Le immagini in questione, insieme a un video di presentazione, offrono un primo sguardo approfondito al nuovo team.

NUOVE IMMAGINI

I poster qua sotto riportati, mostrano Pedro Pascal nei panni di Reed Richards alias Mr. Fantastic, Vanessa Kirby ricopre il ruolo di Sue Storm, ossia la Donna Invisibile, Joseph Quinn invece lo troviamo nei panni di Johnny Storm, la Torcia Umana, infine Ebon Moss-Bachrach sarà Ben Grimm, la Cosa.

       

tutte le foto da @fantasticfourupdates

Tra i dettagli mostrati dalle foto, si nota che vi è una nuova occhiata al robot H.E.R.B.I.E., la cui voce rimane ancora un mistero da momento che il doppiatore non è stato ancora annunciato. Il cast del reboot è composto anche da Natasha Lyonne, Paul Walter Hauser e John Malkovich, i cui ruoli però rimangono ancora avvolti nel mistero.

COLLEGAMENTI AD ALTRI MCU?

Secondo quanto detto da Kevin Feige, la storia sarà ambientata in un universo alternativo rispetto alla continuity principale del MCU. Tuttavia i Fantastici 4 non appariranno solo in questo film, bensì anche nel nei prossimi titoli di Avengers: Doomsday e Avengers: Secret Wars. Anticipando la conferma di un futuro incontro con la timeline principale del Multiverso Marvel.

TRAILER

Il film sarà ambientato in un mondo retro-futuristico ispirato alle origini dei fumetti degli anni 60′ e presenta una nuova versione della prima famiglia Marvel. Le scene che scorrono ci mostrano Reed, Sue, Johnny e Ben che dovranno affrontare una minaccia mai vista prima: il distruttore dei mondi Galactus (Ralph Ineson) accompagnato dal misterioso Silver Surfer (Julia Garner). Ma dal momento che la battaglia diventa personale, la posta in gioco si alza vertiginosamente, mettendo alla prova il legame familiare tra i 4 oltre ogni limite.

DATA DI USCITA

Il nuovo film targato Marvel diretto da Matt Shakman, arriverà nelle sale italiane il 25 luglio 2025.

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Caught Stealing: Auastin Butler e Zoë Kravitz protagonisti del nuovo film di Aronfsky con primo sguardo sul set

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Il regista Darren Aronofsky torna sul set con la nuova pellicola Caught Stealing, con le star di maggior rilievo come Austin Butler, Zoë Kravitz, Matt Smith e altri. Le prime foto scattate direttamente dal set ci mostrano chi sono i protagonisti e i secondari, questi ultimi non da meno.

A permetterci di dare una prima occhiata a ciò che il regista Aronofsky sta lavorando, è Vanity Fair, che ha condiviso le prime immagini del film Cught Stealing, in arrivo nei cinema americani il 27 agosto grazie a Sony. Il nuovo film pone al centro dei riflettori l’attore Austin Butler nel ruolo di un ex giocatore di baseball alle prese con il mondo del crimine nella New York degli anni 90′.

FOTO

foto @vanityfair

 

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LA NUOVA PELLICOLA DI ARONOFSKY

Il nuovo film in arrivo, è tratto dal romanzo di Charlie Huston, nonché autore dello script. Il cast è composto oltre che alla star in primo piano Austir Butler, da Zoë Kravitz, Matt Smith,  Regina King, Vincent D’Onofrio, Liev Schreiber, Bad Bunny e Griffin Dunne.

Il regista ha spiegato: “Questo film è pieno di personaggi stravaganti. Fanno parte della mia esperienza personale ed il motivo per cui amo così tanto l’East Village. È ancora oggi un magnete per tipi fuori dal comune“, ha poi aggiunto: “Tutti pensano che l’East Village appartenga a loro. Ed è buffo, perché io credo che l’East Village appartenga a me. Ci vado da quando ero al liceo. Ero un ragazzino di Brooklyn e quello era il posto più cool in assoluto, anche perché era uno dei pochi quartieri dove servivano alcolici anche ai minorenni. Finivamo sempre lì a combinarne di tutti i colori“.

TRAMA

Caught Stealing si focalizza molto sulla storia del personaggio interpretato da Austin Butler: Hank Thompson, che ha visto sfumare la sua carriera sportiva e ora lavora come barista in un locale malfamato. Il giovane inizia poi una relazione con Yvonne ( Zoë Kravitz) che lavora nel settore della medicina d’urgenza. Hank con l’intento di dimostrarle di essere affidabile accetta di prendersi cura del gatto del vicino di casa Russ (Matt Smith) che deve partire, ma viene scambiato per il punk rocker da due scagnozzi convinti che sappia dove sono stati nascosti 4 milioni di dollari sottratti alla mafia.

Inoltre Butler ha evidenziato il fatto che ha accettato subito la parte dicendo: “Avevo 11 o 12 anni e il regista del primo provino a cui partecipai – si chiamava Jacob Chase – mi scelse per un cortometraggio studentesco. Ricordo che gli chiesi, da ragazzino, “Chi è il tuo regista preferito?”. Cercavo un mentore, in qualche modo. E lui mi rispose: “Darren Aronofsky. Dovresti guardare Requiem for a Dream”. È diventato subito il mio film preferito. Totalmente inadatto alla mia età, ma mi aprì un mondo. Non avevo idea che il cinema potesse essere così inventivo, così viscerale. Da lì è iniziato il mio culto per Darren: ho visto tutti i suoi film e ho sempre sperato di lavorare con lui. Quando l’ho incontrato di persona, mi sono detto: “È davvero Darren Aronofsky!“.

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