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Calcio

Roma, sei magica! Poker al Brighton e quarti ipotecati

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Foto: X AS Roma

Nell’attesissimo match valevole per l’andata degli ottavi di finale di Europa League, la Roma di De Rossi asfalta il Brighton di Roberto De Zerbi e ipoteca i quarti di finale.

È una Roma accesa, viva, quella che approccia la gara all’Olimpico, spingendo fin dall’inizio sull’acceleratore e dopo meno di due minuti sfiora il vantaggio con l’incornata di Lukaku che costringe Steele al miracolo. La reazione del Brighton arriva poco dopo con Adingra che scambia con Buonanotte e crossa in mezzo, la deviazione di Ndicka spedisce la palla sul palo, spaventando i giallorossi che però rimangono lucidi e compatti. All’11’ il Brighton alza il baricentro e la Roma ne approfitta: lancio di Paredes in verticale per lo scatto di Dybala, che si invola verso la porta, scarta Steele e porta in vantaggio la Roma, realizzando il suo quinto gol nelle ultime tre partite. I Seagulls rispondono al 24’ con Adingra che arriva sul fondo e disegna un cross morbido per Welbeck che indirizza verso la porta, ma il riflesso di Svilar gli nega la gioia del pareggio. La Roma si compatta, cerca di chiudere tutti gli spazi al Brighton e intanto prova a punire in contropiede, e su una ripartenza arriva il raddoppio. Paredes riceve palla da Cristante e di prima intenzione lancia in profondità verso Lukaku, con Dunk che arriva in anticipo sul pallone ma tenta di controllare il pallone e l’errore del capitano dei Seagulls spiana la strada a Lukaku che davanti a Steele non può sbagliare. L’ultima occasione di un primo tempo spettacolare è un’altra sgasata di Adingra che trova un altro stacco di testa di Welbeck, ma Svilar anche questa volta è prodigioso nel chiudere lo specchio.

Nella ripresa De Zerbi prova a riaccendere la gara con la panchina, ma il cinismo dei giallorossi tarpa le ali alle Seagulls, che rischiano di affondare dopo meno di tre minuti dalla ripresa, quando Spinazzola arriva sul fondo e crossa verso Lukaku che colpisce di testa, ma Steele in tuffo nega il tris al giocatore belga. La Roma però è in palla, flirta con il terzo gol che arriva al 64’ con El Shaarawy che disegna un cross al bacio per la zampata in tuffo di Mancini. L’Olimpico è una bolgia e sulle ali dell’entusiasmo arriva anche il quarto gol. Dopo nemmeno quattro minuti El Shaarawy dialoga con Spinazzola e arriva sul fondo, disegna il cross con l’esterno e Cristante dalle retrovie si inserisce e fa 4-0. Il quarto gol mette il lucchetto alla partita e probabilmente alla qualificazione, concludendo l’ennesima grande prestazione della Roma sotto la nuova gestione di De Rossi.

La sua Roma è bellissima, rivoltata come un calzino rispetto a quanto visto con Mourinho. La grinta e l’energia, abbinata alle idee tattiche e alle scelte di formazione, hanno riacceso la Roma e adesso, con i quarti praticamente ipotecati, occhio al quarto posto in campionato.

Classe 2005. Studente in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Palermo. Amante del calcio fin da bambino, vivo ogni partita con la stessa passione del primo giorno. Aspirante giornalista con una passione per lo storytelling e gli editoriali.

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Calcio

L’ultimo atto è degli Spurs: il Tottenham vince l’Europa League

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Win Or Go Home

Quattordici partite, nessun fallimento. Manchester United e Tottenham arrivano alla corte di San Mamès con una doppia faccia tipica delle più classiche opere pirandelliane: per entrambe una stagione brillante in Europa, ma totalmente da dimenticare in Premier League. Quindicesimo e sedicesimo posto sono l’emblema della crisi inglese delle inglesi, che con questa finale hanno la possibilità di rialzare il proprio onore per dare una nota di merito a questa stagione, e per guadagnarsi l’accesso di diritto alla prossima Champions League. Sul prato di un San Mamès gremito e probabilmente deluso per l’assenza dell’Athletic Bilbao, eliminato proprio dai Red Devils, Aritz Aduriz porta la coppa per la quale Amorim e Postecoglou si daranno battaglia.

 

Orgoglio Spurs nella prima metà di gara

La gara ha inizio con il Tottenham che preferisce proporre una fase di studio e possesso, con annesso ritorno in campo del proprio quartetto difensivo, il quale fornisce alla squadra di Postecoglou una personalità più rude e rocciosa, messa ancora di più in risalto dallo “schermo” posto da Bissouma e Bentancur appena davanti alla difesa. Sui lati gli Spurs approfittano dell’insicurezza degli uomini di Amorim proprio in quelle zone di campo; la fascia di Dorgu e di Shaw, non del tutto lucidi, viene costantemente assediata dalle galoppate di Brennan Johnson, che spesso portano ad occasioni davvero pericolose e a diversi calci d’angolo. Dopo una prima fase di assestamento, il Manchester United riesce a stabilizzarsi e ad agire con razionalità ed intelligenza. Se dal punto di vista difensivo il suo apporto è pressoché nullo, in fase offensiva Dorgu contribuisce a velocizzare enormemente la manovra dei Red Devils, i quali, a seguito di un suo sprint che ha portato ad un corner, riescono ad arrivare al tiro con Amad Diallo, vicino al gol con una conclusione che attraversa tutto lo specchio della porta e si spegne sul fondo. Alla metà del primo tempo c’è grande fluidità in mezzo al campo, con le due squadre che si interscambiano i possessi palla giungendo nei pressi dell’area di rigore avversaria, senza mai però affondare il colpo. Tra il 27′ e il 31′ Diallo si impossessa letteralmente della fascia destra, Udogie non riesce a seguirlo praticamente mai e l’esterno ivoriano riesce ad entrare in area e ad arrivare al cross, senza trovare però alcuna traiettoria decisiva, sebbene il reparto difensivo degli Spurs sia schierato in maniera non proprio ottimale. Si gioca sulla velocità più che sul fisico, e il Manchester United sembra trovarsi abbastanza a proprio agio nonostante rischi comunque qualcosa sulle ripartenze, potenziale arma letale del Tottenham, che con Richarlison e Johnson si avvicina più volte nei pressi dell’area di rigore avversaria. In mezzo al campo la solidità fornita da Bentancur, Sarr e Bissouma rende praticamente impossibile per il Manchester United passare da lì, e non appena la squadra di Amorim ci prova, i ragazzi di Postecoglou ergono un muro, che grazie ai recuperi palla riesce a far partire un contropiede decisivo: Sarr chiude il campo in orizzontale e recupera un pallone in fase di costruzione dei Red Devils, che, scoperti, e dopo un’azione brillantemente gestita dalla squadra di Postecoglou, lasciano il centrocampista senegalese totalmente libero di crossare, trovando la deviazione decisiva di Luke Shaw (con un braccio), che beffa un imperfetto Onana sul primo palo e porta avanti il Tottenham.

Spada e Scudo

La manovra Red Devils fornisce sin da subito un taglio dinamico al secondo tempo, che si apre con un colpo di testa di Hojlund alto sopra la traversa, arrivato in seguito ad un’ottima azione personale di Diallo. Di contro, il Tottenham torna sul rettangolo di gioco con uno stile molto più aggressivo, che da una parte blocca la manovra dello United, ma dall’altra consente alla squadra di Amorim di avere inevitabilmente in mano il pallino del gioco, girando continuamente la palla in cerca di un varco; testimonianza di quanto appena detto sono i cartellini gialli per Richarlison e Van De Ven, autori di interventi duri ma necessari a fermare le ripartenze avversarie. Si palleggia sulla fascia di Mount e Dorgu, enormemente partecipi in fase offensiva e di costruzione, che cercano spesso Hojlund, sempre però braccato da Romero e Van De Ven. Nonostante il pressoché totale dominio del Manchester United, come nel primo tempo gli Spurs si rendono abbastanza pericolosi nelle ripartenze, soprattutto quando lo United sbaglia un altro pallone orizzontale permettendo così ad Udogie di partire in contropiede e servire Solanke, totalmente da solo, che non riesce a trovare la freddezza per agganciare il pallone e spreca una grandissima chance a tu per tu con Onana. Pochissimi istanti dopo l’ingresso in campo di Son, i Red Devils danno il via a quella che è l’azione più pericolosa della propria partita: sulla punizione procurata da Diallo, Hojlund colpisce di testa in seguito all’uscita a vuoto di Vicario, colpendo praticamente a botta sicura ma trovando l’intervento miracoloso di Van De Ven, che vola e in sforbiciata salva la sfera sulla linea, mantenendo invariato il punteggio sul maxi-schermo. In pochi istanti lo United si scioglie e riesce a trovare diversi spiragli, anche grazie agli ingressi di Zirkzee e Garnacho che forniscono una marcia in più al reparto avanzato di Amorim. Al 72′ minuto, in seguito ad un cross di Mazraoui, Bruno Fernandes si tuffa e colpisce di testa praticamente a tu per tu con Vicario, non riuscendo però a trovare lo specchio della porta. Pochi istanti dopo, la velocità di gamba di Garnacho si fa subito sentire, con l’esterno argentino che calcia con il sinistro sul secondo palo, trovando l’intervento decisivo dell’estremo difensore italiano. Nel corso di tutto il secondo tempo gli uomini di Postecoglou escono sempre molto aggressivi sul possesso dello United, per tentare, più volte, di far partire un contropiede mortifero, rallentando di fatti la manovra dei Red Devils, che si vedono spesso costretti a tornare indietro e ad arretrare, compiendo anche dei recuperi difensivi non semplici. Consapevole del forcing rosso, l’allenatore degli Spurs inserisce Danso, per chiudere ancora di più gli spazi passando ad una difesa a cinque con l’obiettivo di bloccare il gioco sulle fasce del Manchester United. L’ultimo quarto d’ora è un totale assedio da parte degli uomini di Amorim, che costruiscono con ogni componente del proprio organico, portando in area di rigore sempre cinque o sei componenti del proprio undici; Maguire si stanzia definitivamente in avanti, cercando di arrivare su ogni cross, accompagnato dal gioco tecnico di Zirkzee, Casemiro e Hojlund all’interno dell’area di rigore, attendendo qualche cross con un gioco fuori dall’area che, però, risulta troppo passivo e privo di movimento. A trenta secondi dalla fine, dai piedi del neo-entrato Dalot parte un cross velenosissimo che cerca e trova Shaw, la cui incornata viene salvata in maniera plastica da Vicario.

Dopo ciò, non c’è più tempo. L’arbitro Zwayer fischia e il Tottenham torna a vincere un trofeo dopo 6265 giorni, mantenendo fede alla leggenda del “secondo anno” di Postecoglou e alzando al cielo di Bilbao una coppa che porta con sé anche il significato del ritorno in Champions League, dopo una stagione totalmente da dimenticare. Porgendo gli occhi verso l’altra sponda, un deluso ma meritevole Manchester United abbandona a testa bassa il rettangolo di gioco, mettendo un punto amaro ad una stagione difficile.

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Calcio

Il Supercommento della 37ª giornata di Serie A

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Dopo l’anticipo del sabato e le nove partite, tutte in contemporanea, il quadro completo della Serie A 24/25 necessita di un ultimo passaggio. Soltanto due verdetti in una delle sere più entusiasmanti degli ultimi anni, mentre in alto -e in basso- rimane tutto ancora apertissimo.

Ecco il commento completo, con la Top 11 alla fine, della penultima giornata di Serie A.

Genoa-Atalanta

Pinamonti guida il Grifone, Retegui lo punisce e scrive la storia. Ritmo e spettacolo al Ferraris

Con nessun obiettivo ancora in corsa, l’Atalanta si presenta a Genova con l’ennesima qualificazione in Champions League ottenuta nell’era Gasperini. Il Genoa ha in pugno la salvezza da mesi, ma dopo la grandissima partita di Napoli cerca l’ennesimo sgambetto a una big nell’ultima apparizione casalinga. Formazioni completamente opposte, perché da una parte Vieira conferma quasi tutto il blocco di Napoli; dall’altra Gasperini ne cambia addirittura otto, rimangono solo De Roon (nei tre di difesa), Kossounou e Retegui in avanti. Marassi non trascura l’ultimo gettone stagionale, e la spinta incessante del tifo genoano permette alla squadra di Vieira di approcciare subito bene la partita. Prova a smorzare l’entusiasmo Daniel Maldini, chiamato a dare un segnale per il suo futuro in maglia nerazzurra, e il trequartista va vicino al vantaggio al quarto minuto, conclusione a giro che non termina di molto a lato della porta di Leali. L’Atalanta cerca geometrie e intesa, visti i tanti volti “nuovi” in campo, e sulla parte destra del campo gli orobici trovano i maggiori corridoi. Palestra è un treno sulla fascia, e sembra avere qualche energia in più rispetto ad Aaron Martin, e anche Samardzic cerca spazio su quel versante per aumentare il peso delle offensive bergamasche.  Il Genoa cresce alla distanza, merito di un centrocampo che comincia ad avere sempre più presenza e fisicità, ma non riesce a sfondare centralmente perché Pinamonti viene francobollato da Hien, bravo nel chiudere ogni spiraglio al centravanti rossoblù. Il ritmo è molto alto se consideriamo che siamo alla penultima di campionato ed entrambe hanno raggiunto il loro obiettivo. La vigoria dei contrasti costringe Vieira a utilizzare il primo slot alla mezz’ora, perché Vasquez prende una brutta botta alla caviglia ed è costretto a uscire, al suo posto dentro De Winter. Applausi del Ferraris per il centrale messicano, protagonista al Maradona con il colpo di testa del pareggio e pretoriano fedelissimo di Vieira (35 partite su 37). La difesa genoana non ha nemmeno il tempo di mettersi a posto che la Dea trova la giocata per bucarla alle spalle: Retegui gioca di sponda, Brescianini va in profondità e Maldini arriva davanti a Leali e calcia malissimo, una specie di pallonetto a giro che termina fuori. Conclusione pessima di Maldini, che ancora una volta pecca di killer instict. Chi non pecca di freddezza è cinismo è il Genoa, o meglio Pinamonti. Trenta secondi dopo Norton-Cuffy vince un contrasto aereo, si allarga sulla sinistra e apparecchia per Martin, il mancino dello spagnolo è sinfonico, così come è musicale l’inserimento di Pinamonti tra i centrali della Dea, colpo di testa forte e preciso sul palo opposto, vantaggio Genoa. L’Atalanta cerca di reagire subito, con il solito sviluppo rapido e verticale, ma la difesa rossoblù fa muro e non soffre particolarmente. Non passano nemmeno cinque minuti che Bani trova il colpo del 2-0, zampata vincente dopo un rimpallo con Rui Patricio. Il raddoppio non dura molto perché il VAR annulla la rete per un tocco di mano dello stesso Bani. Dall’intervallo l’Atalanta non cambia interpreti, ma sicuramente cambia atteggiamento. Bastano sessanta secondi ai bergamaschi per rimettere in equilibrio la gara. È la settimana di Ibrahim Sulemana, che meno di sette giorni fa ha regalato alla Dea la Champions con il suo primo gol in maglia nerazzurra. Il centrocampista ghanese riceve un passaggio di testa di Ruggeri, controlla il rimbalzo e calcia splendidamente al volo, il pallone rimbalza sul terreno del Ferraris e diventa imprendibile per Leali. Secondo gol consecutivo per Sulemana e partita rimessa in equilibrio. La partita si equilibra nuovamente, perché l’Atalanta ritrova soluzioni e spazi che rimettono alle strette il Genoa. Gasperini cerca di cavalcare l’onda muovendo per primo la panchina, fuori Ruggeri e dentro Bellanova, con scostamento a sinistra di Palestra. I rossoblù rimangono concentrati e sempre pronti a colpire, e non perdono tempo per riportarsi in avanti: al 58′ Sabelli getta un pallone verso la bandierina, Brescianini e Hien vanno in difesa della sfera ma non si intendono, Pinamonti rimane in agguato e si impossessa del pallone, si accentra e strozza il mancino sul primo palo per il gol numero dieci del suo campionato. Brutta disattenzione della difesa dell’Atalanta, con Brescianini e soprattutto Hien che hanno regalato a Pinamonti il pallone del nuovo vantaggio. Non c’è un attimo di tregua al Ferraris, le due squadre vanno a mille all’ora, e l’Atalanta ci mette tre minuti a pareggiare: filtrante di De Roon verso Retegui, l’attaccante azzurro vede l’inserimento di Maldini e lascia sfilare il pallone, il numero 70 -che nel primo tempo ha fallito clamorosamente un’occasione- calcia a giro e trova il palo lontano. 2-2 e partita nuovamente in parità, ma che spettacolo a Marassi!Vieira a questo punto rintocca la sua formazione con Onana e Zanoli, al posto di Sabelli e un applauditissimo Milan Badelj, all’ultima presenza casalinga della sua avventura in rossoblù. Il croato ha annunciato la sua separazione dal Genoa al termine della stagione, e il pubblico genoano riserva i migliori onori per uno dei senatori degli ultimi anni del Grifone. Gasperini risponde subito con tre mosse, anche perché il Genoa negli ultimi minuti è tornato a giostrare il pallone nella metà campo bergamasca: fuori Maldini, Brescianini e Palestra, dentro Pasalic, De Ketelaere e Zappacosta. Il ritmo rimane stabile, anche se la stanchezza dopo una gara -una stagione- ad altissimo livello, presenta i primi segnali. Vieira chiude le sue sostituzioni con Vitinha e Pinamonti (problemi a una caviglia) che lasciano spazio a Thorsby e Caleb Ekuban. Rimandato l’esordio del giovanissimo Scaglione, classe 2010 che era finito su tutti i giornali per il possibile record di precocità per un esordiente in Serie A (15 anni e 133 giorni), detenuto da Francesco Camarda (che esordì a 15 anni e 260 giorni). C’è ancora tempo per un’altra perla, un momento che segna la storia: minuto 88, De Ketelaere attacca lo spazio, cerca in mezzo Retegui che arriva in scivolata, conclude sul primo palo e arriva a quota 25 gol. Nessuno come Retegui nella storia dell’Atalanta, superato un certo Pippo Inzaghi che si fermò a 24 centri. Proteste del pubblico rossoblù perché De Winter era andato giù nel momento dello scatto di De Ketelaere, e il belga non ha interrotto il gioco ma ha servito Retegui per il gol del 2-3. Non si conclude con applausi e abbracci la partita del Ferraris, nonostante una partita corretta e divertente fino all’occasione del gol di Retegui. Il pubblico insorge, e anche i giocatori non ostentano particolari sorrisi, nonostante la forte emotività, va evidenziato il ritmo e lo spettacolo fornito dalle due squadre nonostante gli obbiettivi raggiunti. È stata la notte dei bomber, perché Pinamonti ha siglato il gol numero 49 e 50 in Serie A, mentre Retegui ha scritto il suo nome nella storia dell’Atalanta e ha messo la parola fine alla contesa per il titolo di capocannoniere. Tanti gol, tanto spettacolo e adesso l’ultimo atto per chiudere al meglio una stagione che rimane di altissimo livello, sia per l’Atalanta che per il Genoa di Vieira.

Cagliari-Venezia

Un Cagliari superlativo si sbarazza del Venezia e blinda la salvezza. Nicola lo ha fatto ancora!

L’ultima spiaggia per tentare un’impresa, dall’altra parte l’ultimo sforzo per chiudere ogni discorso. Cagliari e Venezia arrivano all’Unipol Domus con lo stesso obiettivo, ma con prospettive e percentuali ben diverse. In campo vanno i migliori possibili: Nicola cambia solo un uomo rispetto alla gara di Como, Deiola sostituisce Viola e aggiunge presenza e quantità in mezzo al campo; il Venezia comincia ancora una volta con l’attacco leggero, formato da Oristanio e Yeboah. Ritmi subito alti fin dall’inizio. Il Cagliari cerca di sfruttare il fattore casa e alza subito il baricentro. Luvumbo si rivela subito incontenibile per la difesa lagunare, a tal punto che Idzes è costretto a spendere un giallo pesantissimo, che lo esclude all’ultima giornata, in casa contro la Juve. Gli sforzi dei sardi pagano subito, dopo solo undici minuti: punizione da sinistra di Augello, il piede educato del terzino italiano cerca il secondo palo e lì c’è la torre vincente di Yerry Mina, il colombiano indirizza sul palo opposto e coglie di sorpresa Radu, vantaggio Cagliari e partita in discesa. Anche dopo aver stappato la gara, i padroni di casa giocano meglio, vanno a una velocità maggiore e il Venezia soffre anche mentalmente la partita. Alla serata nera della squadra di Di Francesco si aggiunge l’infortunio di Oristanio, match-winner contro la Fiorentina, al suo posto dentro Gytkjaer. Bello l’applauso del pubblico sardo per l’ex di giornata, uscito per un problema alla spalla sinistra. Prima dell’intervallo il Cagliari mette in ghiaccio la partita: corner da destra, Zortea si incarica della battuta e anche lui cerca il secondo palo, questa volta non c’è Mina, ma ancora una volta svetta più in alto di tutti Roberto Piccoli, testata vincente e decimo gol in A per il centravanti italiano. Inizialmente l’arbitro annulla la rete perché la palla messa in mezzo da Zortea è uscita dal campo, ma il VAR converte la decisione e suggella il raddoppio della squadra di Nicola, in vantaggio di due all’intervallo. Al rientro dagli spogliatoi nessuna mossa da parte dei due allenatori, anche se il Venezia alza il ritmo e l’intensità, rispetto a un primo tempo compassato e difficoltoso. La scelta coraggiosa dei lagunari, però, spianano la strada alle frecce sarde, e Luvumbo va a un passo dal gol del definitivo 3-0, salvataggio provvidenziale di Candè. L’angolano è costretto ad alzare bianca per un problema muscolare, dopo l’ennesimo scatto bruciante sulla difesa del Venezia, e l’Unipol Domus non fa mancare la standing ovation, per una serata che nel bene, e nel male, sembra essere sempre più in discesa. A mettere la parola “fine” ci pensa il capitano Deiola: minuto 71, azione meravigliosa del Cagliari sulla sinistra, triangolo avviato da Deiola, prosegue Augello verso Makoumbou, tacco splendido del centrocampista congolese e altrettanto meraviglioso è l’arcobaleno a giro che Deiola insacca all’incrocio dei pali. 3-0 e salvezza blindata. Gli ultimi venti minuti sono una formalità, la girandola dei cambi smorza il ritmo della partita e non permette al Venezia di creare pericoli alla porta di Caprile, mentre i padroni di casa gestiscono risultato ed energie e attendono il triplice fischio per scatenare la festa. Al momento dei tre fischi di Pairetto si scatena la festa dell’Unipol Domus, per una salvezza che adesso è matematica. Prestazione maiuscola della squadra di Nicola, che ancora una volta centra l’obiettivo della salvezza e si conferma una garanzia per questo tipo di realtà di bassa classifica. Adesso l’ultimo atto vede i sardi impegnati al Maradona contro il Napoli, nella gara che può consegnare ai partenopei lo scudetto, e la salvezza già conquistata gioca ampiamente a favore della squadra di Conte. Il Venezia esce con le ossa rotte dalla Sardegna, e adesso per evitare la B serve un miracolo, che deve cominciare dal successo in casa contro la Juventus, oltre a una serie concatenata di risultati negativi di Lecce ed Empoli.

Fiorentina-Bologna (A cura di Simone Scafidi)

Fuochi d’artificio al Franchi, Palladino la spunta

Ancora in corsa per la Champions, sia Fiorentina che Bologna arrivano alla penultima di campionato con l’obbligo di vincere, per mettere la ciliegina sulla torta ad una stagione comunque ottima da parte di entrambe. Reduce dalla vittoria in Coppa Italia, la squadra di Italiano appare, sin da subito, leggermente indietro per quanto riguarda la forma fisica, e la Fiorentina non esita a stappare la partita. Parisi recupera un pallone nella zona del centrocampo e, con un’ottima azione personale e molta fortuna nella deviazione della difesa Viola, insacca il gol dell’1-0 al dodicesimo minuto. A due minuti dal termine del primo tempo, Lucumí interviene in maniera molto dura su Fagioli all’interno dell’area di rigore, ma anche dopo il consueto check del VAR si continua a giocare. Nella seconda metà di gara lo spettacolo la fa da padrona: al quarto d’ora, il Bologna pareggia con Dallinga, che svetta e spizza di testa il preciso cross di Orsolini, battendo De Gea, con la Fiorentina che, dal canto suo, impiega appena sette minuti per trovare il nuovo vantaggio con Richardson, che raccoglie la respinta di De Gea e a porta praticamente spalancata non può sbagliare. Il Bologna, subita la botta, reagisce prontamente e continua a spingere, fino ad arrivare al gol del ritrovato pareggio, con un fantastico Ndoye, che, al 79′, sgasa sulla fascia di sinistra in maniera brillante e mette in mezzo il pallone, trovando la deviazione vincente di Orsolini. A dieci minuti dal termine Kean va vicinissimo al gol del 3-2, trovando però di fronte a sé il muro eretto da Skorupski, che respinge in rimessa laterale, ma che, appena tre minuti dopo, viene battuto definitivamente proprio dall’attaccante italiano, che sigla il gol del definitivo vantaggio della Fiorentina. A tre minuti dalla fine, Miranda viene espulso per una manata in faccia a Mandragora, per quello che è l’atto conclusivo di questa penultima giornata di campionato, con la squadra di Palladino protagonista di una vittoria importante fatta di grinta e passione, che tiene accesa ogni speranza in vista dell’ultima di campionato.

Inter-Lazio (A cura di Tommaso Patti)

Un pareggio che sa di sconfitta. L’Inter viene recuperata al novantesimo

Senza la possibilità di avere destino nelle proprie mani, i nerazzurri e i biancocelesti scendono comunque in campo con la voglia di fare risultato e mettere pressione rispettivamente a Napoli e Lazio, per continuare la caccia al primo e al quarto posto. La gara parte subito a ritmi alti, con entrambe le squadre focalizzate sul match del Meazza per provare a credere ancora nei rispettivi obiettivi. Dopo mezz’ora di equilibrio, l’Inter si affaccia nella metà campo avversaria, riuscendo anche a rendersi pericolosa con il tiro al volo di Dimarco, respinto dall’intervento di Mandas. La Lazio aspetta, e pazientemente, contrattacca l’Inter e sfiora la rete del vantaggio con un’azione che parte dal portiere e prosegue dai piedi di Dia, bravo nel trovare Isaksen in corsa e spedito verso la porta in solitaria, quest’ultimo meno bravo nella conclusione che termina tra braccia del portiere svizzero. Durante gli ultimi istanti del primo tempo, l’Inter si conquista un calcio d’angolo. Sul punto di battuta di presenta Calhanoglu che serve a centro area un cross pericoloso, depositato in porta dal mancino vincente di Bisseck dopo una serie di rimpalli. La terza rete del difensore tedesco, manda l’Inter negli spogliatoi in vantaggio in classifica rispetto al Napoli, fermo sullo 0-0 al Tardini.
Dopo un inizio di ripresa in cui l’Inter si limita a difendere e la Lazio prova a manovrare le azioni, una giocata di Vecino ristabilisce la parità. L’azione nasce da un fallo dubbio di mano di Dumfries, e prosegue con il retro passaggio lucido e funzionale del centrocampista uruguaiano per il tap-in vincente di Pedro. Negli ultimi dieci minuti succede di tutto, l’Inter animata dal perenne 0-0 di Parma e ferito dal gol di Pedro, trova il vantaggio su un calcio di punizione di Calhanoglu per Dumfries, agile nel prendere il tempo e anticipare Guendouzi, per trovare di testa la rete del 2-1 e la sesta in questa Serie A. Il successo agevole della Juve sull’Udinese e quello della Roma sul Milan, costringe la Lazio a dare il tutto per tutto per rimettersi in corsa Champions. A cinque minuti dalla fine, la Lazio reclama e riceve un calcio di rigore per il fallo di mano di Bisseck. Dopo un lungo check del Var, l’arbitro assegna il calcio di rigore per la Lazio, intervento che viene punito dal direttore di gara solo verbalmente. Dagli undici metri si presenta Pedro che calcia di potenza e ristabilisce la parità al 90′, realizzando il suo decimo gol in questo campionato. Nel lungo recupero, l’Inter prima si divora il gol del clamoroso 3-2 con l’imprecisa conclusione di Arnautovic, e poi si vede annullare concretamente la terza rete per fuorigioco, sempre con protagonista Arnautovic. Il pareggio di Napoli e Inter, regalerà un’ultima giornata tutta da vivere, sempre con il Napoli in vantaggio di un punto sui nerazzurri.

Parma-Napoli (A cura di Tommaso Patti)

Rigori negati, rossi e tante occasioni dubbie. Il Napoli strappa un punto a Parma e rimane in vetta.

In una sfida che può avere un sapore simile a quella della sfida di Udine datata 2023, il Napoli, ospite a Parma, è chiamato alla vittoria per riuscire a mantenere dietro i nerazzurri. La prima azione della gara è a tinte azzurre, con la classica progressione sulla fascia di Politano che termina con la conclusione a giro dell’esterno partenopeo, conclusione bloccata in tuffo da Suzuki. Il Parma è tutt’altro che assente e riesce a mettere in difficoltà Meret con la pericolosa conclusione di Sohm. Esattamente due minuti dopo, gli uomini di Conte reagiscono e sfiorano il gol del vantaggio con la conclusione ad incrociare di Anguissa, terminata sul palo. Nel primo minuto della ripresa, il Parma bussa nuovamente nella porta di Meret con un’azione che nasce dall’anticipo di Leoni su Lukaku, e prosegue con l’avanzata e la botta mancina di Sohm, terminata con un altro intervento dell’esterno difensore azzurro. La risposta degli ospiti arriva al 57’, quando su un tiro cross di Politano, il pallone si stampa sulla traversa, facendo tremare tutta la squadra di Chivu. Tredici minuti dopo, su un calcio di punizione da ottima posizione, McTominay calcia di potenza e indirizza la palla all’incrocio dei pali, intervento irreale di Suzukiche respinge la conclusione dello scozzese e manda in angolo. Esattamente come a Milano, l’arbitro assegna sette minuti di recupero che generano tanto nervosismo da entrambe le parti, che sfocia con l’espulsione di Chivu e Conte. Qualche minuto più tardi, il direttore di gara assegna un calcio di rigore per il Napoli sul contatto Neres-Lovik, revocato per un precedente fallo del Napoli dopo un lunghissimo consulto con il VAR. Al triplice fischio, le due squadre escono dal terreno di gioco positivamente, con il Parma sempre più sicuro della permanenza in Serie A, e con il Napoli che frena sì, ma rimane comunque con un punto di vantaggio sull’Inter ad una sola giornata dalla fine.

Juventus-Udinese

Un dominio soporifero, poi ci pensano Nico e Vlahovic. La Juve vince con l’Udinese e rimane al quarto posto.

L’ultima casalinga allo Stadium, sold out per la diciassettesima volta su 18, e ci si gioca la Champions League. Di fronte all’Udinese, che non ha più nulla da chiedere al campionato, la Juve espone per la prima volta la maglia della stagione 25/26, mentre gli interpreti sono quelli attesi alla vigilia: ancora assente Koopmeiners, mentre dalla gara con la Lazio Tudor ha perso per squalifica Savona, Thuram e Kalulu. In difesa gioca Cambiaso, impiegato come braccetto a sinistra, mentre nella trequarti giocano Yildiz e Conceição alle spalle di Kolo Muani, ancora panchina per Dusan Vlahovic, che molto probabilmente chiuderà stasera la sua avventura all’Allianz con la Juve. Anche l’Udinese deve fronteggiare a una lunga lista di assenze, Lucca e Thauvin su tutti. In difesa manca il pilastro Bijol, mentre non manca Oumar Solet, regolarmente in campo nonostante le accuse trapelate negli scorsi giorni. La risposta di Runjaic alle assenze è Keinan Davis, unico riferimento dell’attacco friulano, mentre alle spalle dell’inglese agiscono Lovric e Zarraga. Juve subito altissima in pressione, e in riaggressione. Dopo meno di due minuti Ayroldi mette subito mano al taschino per ammonire Kamara, colpevole di aver trattenuto Nico Gonzalez diretto verso la porta. Argomento di interesse è la posizione di Cambiaso, perché l’italiano agisce da braccetto, ma in impostazione è Locatelli ad arretrare nella linea dei difensori, e questo permette all’esterno bianconero di svariare tra le linee. Al minuto 8 Conceição sgasa sulla fascia, arriva sul fondo e appoggia all’indietro, Locatelli arriva in corsa e cerca la soluzione a giro, palla che sfiora l’incrocio dei pali ma termina fuori dallo specchio della porta. L’intensità e la voglia dei bianconeri sono predominanti nell’avvio dello Stadium, e due minuti più tardi Okoye chiude la porta a Kolo Muani, lanciato a rete. L’Udinese prova ad affacciarsi dalle parti di Di Gregorio sfruttando i centimetri di Davis, ma la difesa della Juve non lascia particolare spazio al centravanti inglese. Le sgasate di Conceição mandano in tilt la pressione dei friulani, e i giocatori di Runjaic non vanno per il sottile nei contrasti sul portoghese. Si gioca in spazi strettissimi, Cambiaso tocca un’infinità di palloni nella trequarti e cerca di sparigliare le carte accelerando la manovra con tocchi di prima, ma la difesa dell’Udinese non concede praticamente nessun corridoio, se non quello di sinistra, dove la Juve non sta riuscendo a sfondare. Al 22′ Yildiz cerca di mettersi in proprio, riceve un passaggio da McKennie, parte da sinistra e calcia forte e basso, la palla viene deviata e termina fuori, ma il dieci turco sembra l’unico capace di fare qualche giocata oltre le righe. Al 27′ Kamara alza bandiera bianca per un problema muscolare, al suo posto dentro Zemura, mentre qualche secondo prima Ekkelenkamp aveva spaventato lo Stadium con un destro potente ma non tanto angolato, e questo favorisce la presa bassa di Di Gregorio. I bianconeri si rivedono un paio di minuti più tardi, con Cambiaso che si fa mezzo campo in progressione e calcia al limite dell’area, intervento sicuro di Okoye. La squadra di Runjaic cerca di giocare con il cronometro e lo Stadium comincia subito a rumoreggiare, non solo per le perdite di tempo ma per una manovra -quella juventina- ben ragionata ma poco incisiva nella trequarti. Prima dell’intervallo la Juve sfiora il vantaggio: Conceição continua la sua corsa perpetua sulla destra, apparecchia al limite per Nico Gonzalez, l’argentino carica il mancino e calcia sul primo palo, Okoye non è perfetto nell’intervento ma per sua fortuna il pallone va a sbattere sul palo. È l’ultimo squillo di un primo tempo a senso unico, ma fermo ancora sul risultato di 0-0. Nessun cambio all’intervallo, si riparte dagli stessi 22 che hanno chiuso la prima frazione, anche se adesso lo Stadium si fa sentire, perché oltre al dominio del gioco servono i gol. Ritmi diversi rispetto al primo tempo, il gioco è più lento e frammentato, e questo giova alla gestione dell’Udinese, anche se la Juve cerca di crescere nella partita con qualità e velocità. Al 51′ Conceição si mette in proprio, serpentina tra i difensori friulani e mancino a giro, solo una deviazione miracolosa di Okoye evita al pallone di finire in rete, ma il portoghese si conferma il centro nevralgico dell’attacco bianconero, l’unico in grado di creare qualcosa sulla parte destra del campo. Tanta confusione e imprecisione nelle giocate, e le energie cominciano a scarseggiare. Runjaic muove per primo la panchina, con Rui Modesto che sostituisce Lovric, ma la Juventus sblocca la gara un minuto più tardi: Yildiz ruba palla a Solet, appoggia in mezzo per Nico Gonzalez, l’argentino si prepara il colpo e lo spara sul palo lontano, dove Okoye non può proprio arrivare. È soltanto il terzo gol in campionato per Nico Gonzalez, ma può essere sicuramente il più pesante perché con un successo la Juve blinda, momentaneamente, il quarto posto. Proteste dell’Udinese per la vigoria avuta da Yildiz nel contrasto con Solet, ma per Ayroldi è tutto buono. I friulani reagiscono subito, alzano il baricentro e il pressing sui portatori di palla bianconeri. Ci prova subito Davis da dentro l’area, ma Locatelli si immola con la faccia. Le prime scelte di Tudor sono Vlahovic e Weah, al posto di Kolo Muani e Cambiaso. Applausi per l’uscita dell’italiano, mentre per l’attaccante serbo l’Allianz non concede particolari elogi. Runjaic cambia schieramento inserendo Sanchez e Ginnetti al posto di Ekkelenkamp e Kabasele, il tecnico serbo rinforza la linea difensiva, e aggiunge presenza in attacco al fianco di Davis. La girandola di cambi prosegue con Douglas Luiz, entrato al posto di McKennie, colpito duramente da Kristensen qualche minuto prima. La Juve rimane in gestione del risultato, e trova il gol del raddoppio al minuto 88: ripartenza fulminea dei bianconeri, Yildiz porta palla fino al limite, allarga per Vlahovic, più libero di Conceição a destra, il serbo prepara la conclusione e spara un missile alle spalle di Okoye. Una rete che toglie un peso enorme alla Juve, anche in vista degli altri risultati. Con il risultato in ghiaccio, Tudor chiude i suoi cambi con Mbangula e Adzic per due applauditissimi Conceição e Yildiz. Preziosi i due fantasisti nella trequarti, decisivi nella gestione della gara e nei due assist (Yildiz) per i due gol bianconeri. Nel finale l’Udinese non forza nemmeno la mano, e la Juve conclude la stagione casalinga con una vittoria fondamentale per la Champions. Con il successo della Roma, la Juve fa il suo dovere in casa contro i friulani e adesso il destino per il quarto posto è tutto nelle mani della Juve: con un successo nell’ultima gara stagionale, al Penzo contro il Venezia, la squadra di Tudor sarebbe qualificata in Champions. Prestazione dominante, che più “tudoriana” non si può, anche se i bianconeri hanno trovato più di qualche difficoltà nel sbloccare la gara, ma il sigillo iniziale di Nico Gonzalez ha sciolto la tensione che serpeggiava tra i giocatori bianconeri, e adesso per l’Europa che conta servono i tre punti in laguna. L’Udinese, come detto all’inizio, non ha più nulla da chiedere al campionato, anche se l’ultima gara contro la Fiorentina è utile per tirare le somme in vista della prossima stagione.

Lecce-Torino (A cura di Marco Rizzuto)

Ramadani regala un’altra speranza al Lecce. Vittoria d’orgoglio dei salentini all’ultima casalinga

L’ultimo treno per giocarsi la salvezza all’ultima giornata costringe il Lecce dover vincere contro il Torino. Dopo la partenza di Dorgu nel mercato di gennaio, i salentini non hanno più vinto. Al Via del Mare la squadra di Giampaolo gioca in modo propositivo e consapevole trovando la prima occasione al 22′ con la conclusione di poco al lato di Krstovic. Nonostante un Torino non troppo competitivo, il Lecce non riesce a sbloccare la gara nel primo tempo. Nella ripresa Giampaolo effettua subito tre cambi: Pierotti per Helgason, Rebic per N’Dri e Ramadani per Pierret. A quest’ultimo basta solamente un minuto per mandare in estasi i tifosi del Via del Mare con un eurogol: Krstovic con una palla arretrata al limite dell’aerea serve il numero 20 che calcia di prima intenzione togliendo la ragnatela dall’incrocio. La rete galvanizza i salentini che sfiorano il raddoppio con Krstovic, ma Milinkovic s’impone negando la rete. Il secondo tempo non regala troppe occasioni e il Lecce si aggiudica la vittoria dopo tredici giornate. Tre punti importantissimi che tengono in vita le speranze dei salentini, che dovranno affrontare la Lazio all’Olimpico in una gara da dentro o fuori.

Hellas Verona-Como (A cura di Marco Rizzuto)

Il Como sfiora la settima, ma Lazovic riacciuffa i lariani nella ripresa. Hellas a un passo dalla salvezza

Dopo l’ultimo pareggio contro il Lecce, il Verona cerca la quinta salvezza consecutiva in Serie A contro un Como che d’altro canto non ha più niente da giocarsi, se non proseguire la striscia di vittorie. Zanetti in avanti sceglie nuovamente il tandem Sarr – Tengstedt. Al Bentegodi però è il Como a spaventare i tifosi casalinghi con Nico Paz, che conclude da posizione ravvicinata su assist di Douvikas, ma Ghilardi si invola riuscendo a deviare il tiro. La squadra di Fabregas continua a fare la partita costringendo il Verona nella propria metà campo. A due minuti dalla mezz’ora i lariani trovano il meritato vantaggio con Douvikas che inventa un assist meraviglioso per Caqueret che conclude da centro area alle spalle di Montipò. Al 33′ il Verona prova a bussare per la prima volta alla porta di Butez, Tchatchoua si accentra e calcia dal limite ma la sfera termina di poco sopra la traversa. Il primo tempo si chiude col vantaggio lagunare. Alla ripresa la situazione non cambia fino al 69′ quando Lazovic, entrato da pochi minuti, sigla il gol del pari: Bradaric dalla fascia sinistra crossa in mezzo per la testata di Sarr che spacca la traversa, e di tap-in Lazovic insacca da pochi passi. La gara si infiamma successivamente solo sul recupero finale, al 92′ Mosquera colpisce da posizione defilata sul primo palo, Butez respinge nuovamente su Lazovic che di tap-in rischia di raddoppio colpendo però un difensore. Quasi allo scadere il Como rischia di inguaiare il Verona con Da Cunha che calcia al volo impegnando Montipò. La gara termina in parità con il Verona che si giocherà tutto ad Empoli, sul quale ha tre punti di vantaggio. La salvezza dipenderà soprattutto anche dai risultati degli altri campi.

Roma-Milan (A cura di Simone Scafidi)

L’Olimpico omaggia Ranieri, Ranieri omaggia l’Olimpico, Milan battuto

Per quello che è l’ultimo e definitivo addio di Claudio Ranieri alla Roma e al mondo del calcio, l’Olimpico si veste a festa ed omaggia il tecnico di Testaccio con una coreografia da brividi, con l’augurio che egli possa ripagare in campo, riportando finalmente la Roma dove, almeno seguendo questa seconda parte di stagione, merita di stare. Passano due minuti, e le aspettative non vengono deluse: su situazione di corner, con il cross di Soulè, Mancini incorna e batte Maignan, portando in vantaggio la Roma. Il numero 23 è protagonista in questi primi minuti, e, dopo il tentativo rasente al palo di Alex Gimenez, il capitano giallorosso riceve una gomitata in pieno petto da Santiago Gimenez, che, dopo il check al VAR, viene espulso dopo nemmeno venti minuti. Nonostante la Roma sembri essere in gestione sul piano del possesso palla, il Milan riesce a pareggiare con Joao Felix, che si trova la porta spalancata e batte Svilar. Nel secondo tempo l’Olimpico spinge come mai fatto prima, e al 58’ i giallorossi riescono a trovare nuovamente il vantaggio, con una punizione di Paredes da lontanissimo che becca impreparato Maignan e porta avanti la Roma. Al 79’ un imbucata abbastanza rocambolesca del Milan pesca Leao tutto solo, che si vede però ribattere il pallone da un ottimo Svilar. Passano appena sette minuti, e la Roma chiude il match: dopo i tentativi di Angelino ed El Shaarawy respinti da Maignan, sul pallone si avventa Bryan Cristante, che dal limite dell’aria fa partire il destro e chiude la partita, con il definitivo 3-1. Adesso, all’ultima giornata di campionato, la Roma ha la chance di giocarsi un’importante fetta di Europa, mentre il Milan mette un punto pressoché definitivo ad una stagione molto deludente.

Monza-Empoli (A cura di Marco Rizzuto)

L’Empoli rimonta in trasferta e continua a sperare. Per la salvezza sarà una finale contro il Verona

All’U-Power Stadium l’Empoli è obbligato a vincere per continuare a credere alla salvezza. Contro un Monza ormai matematicamente fuori dai giochi, l’Empoli parte forte nei primi minuti col destro potente di Fazzini sventato in tuffo da Pizzignacco. Al 7′ i toscani sfiorano il vantaggio con Cacace, “liberato” dal cross in mezzo di Gyasi che aveva preso bene il tempo alla difesa, il numero 13 però non riesce ad inquadrare la porta. Dopo trenta minuti di dominio azzurro, il Monza trova il gol del vantaggio in contropiede: Henderson viene steso in modo regolare, Caprari verticalizza immediatamente per la corsa di Birindelli che buca Vasquez e sblocca la gara. Il gol galvanizza i brianzoli che per poco non raddoppiano con Keita Balde in un’azione infinita nell’area piccola. Alla ripresa l’Empoli deve necessariamente trovare il modo di invertire la rotta e ci riesce dopo soli quattro minuti dal fischio d’inizio: Fazzini serve Colombo in centro area che si gira da vero attaccante e calcia bucando Pizzignacco. L’Empoli adesso preme sull’acceleratore e ribalta tutto in pochi minuti con Viti che insacca dal primo palo. Al 58′ l’Empoli chiude i giochi con il terzo gol propiziato da Gyasi: la conclusione dell’ex Spezia colpisce il palo e dopo aver carambolato sulla schiena dello sfortunato Pizzignacco, il pallone entra in portaassicurando i tre punti alla squadra di D’Aversa. Il triplice fischio decreta la vittoria dell’Empoli, che potrà giocarsi le ultime carte nello scontro salvezza contro il Verona. I brianzoli invece saluteranno la Serie A giocando contro il Milan a San Siro.

LA TOP11 DELLA 37ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala

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Calcio

Un successo che rimarrà nella storia. Il Bologna vince la Coppa Italia

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Dopo 51 anni di attesa, al Bologna bastano novanta minuti e un super gol di Ndoye per battere il Milan. All’Olimpico i rossoblù festeggiano e scrivono una pagina indelebile della propria storia, sollevando al cielo il trofeo della coppa Italia per la terza volta.

In un match senza appello, in una gara che mette in palio un trofeo e che può determinare tanto anche in ottica futura, Conceição schiera dal primo minuto i titolari, confermando la difesa a tre e Jovic al centro del reparto offensivo. In vista di una sfida che può valere la storia, Italiano si risponde affidandosi ai suoi uomini più in forma, lanciando dal primo minuto Castro e Fabbian.

Tra l’entusiasmo dei 68 mila spettatori e il fascino travolgente delle due tifoserie, la sfida tra Milan e Bologna parte subito forte, con tanta aggressività e con ritmi alti sin dalle prime battute. Dopo un iniziale equilibrio, è il Bologna che prende in mano il pallino del gioco, riuscendo a creare buone occasioni tramite i movimenti di Castro, che crea i giusti spazi per far correre i due esterni. Proprio grazie ad un movimento arretrato di Castro, il Bologna crea lo spazio per lanciare in corsa Orsolini, fermato prima dall’uscita dubbia di Maignan, e dopo dalla segnalazione per fuorigioco del guardalinee. Dopo lo scampato spavento, anche il Milan entra in partita e inizia a creare qualcosa di concreto nella metà campo avversaria, riuscendo anche a rendersi pericoloso al decimo minuto, quando sul cross di Jimenez, Skorupski salva doppiamente i rossoblù dopo l’involontaria deviazione di Beukema e il tentativo di tap-in di Jovic. Esattamente come Castro nella prima azione della gara, alla mezz’ora Jovic riceve palla, arretra e lancia in profondità Rafael Leão, pescato però in fuorigioco dall’attaccante serbo e frettoloso nel concludere. Tra errori di impostazione e i duri interventi che costano il cartellino giallo a Tomori e Ferguson, il finale di primo tempo si accende e il nervosismo rischia di regnare dentro e fuori al rettangolo di gioco. Nel miglior momento del Milan, a cavallo tra la fine del primo e l’inizio del secondo tempo, il Bologna trova impreparata la difesa del Milan e si porta in vantaggio al 53′ con la rete di Dan Ndoye, fortunato nel riceve palla dalla scivolata di Theo Hernandez su Orsolini, e bravo successivamente nell’aspettare l’attimo giusto per spedire verso la porta un tiro forte e angolato che vale l’1-0. Subito dopo il gol subito, il Milan prova subito a riversarsi in avanti, sfiorando due volte la rete dell’immediato pareggio con la rovesciata di Leão, e con il tiro debole e impreciso di JovicConceição non si scomponi e, al minuto sessantadue, effettua un triplo cambio, dando al Milan maggiore esperienza e spinta offensiva con gli innesti di Walker, João Félix e Giménez. Le contromosse scelte da Italiano sorprendono e arrivano qualche minuto più avanti, buttando nella mischia due giocatori fisici come Casale e l’ex Pobega, al posto di Fabbian e Orsolini. Con la prima batteria di cambi effettuati, l’epilogo della gara sembra chiaro, con i rossoneri costantemente rivoltati nella metà campo avversario, e con un Bologna paziente nel difendere ma bravo nel non tirarsi indietro e ripartire nelle situazioni in cui il Milan perde il possesso della sfera. Poco prima della sostituzione, l’autore del gol del Bologna sfiora la rete del raddoppio con un conclusione di sinistro che termina di poco a lato la porta difesa da Maignan. Per gli ultimi dieci minuti di gara, il tecnico dei felsinei esegue gli ultimi due cambi inserendo Dallinga e Odgaard, mosse studiati per dare maggiore fisicità nel reparto offensivo e per mantenere il gol di vantaggio. Nonostante l’inserimento di João Félix e Giménez, il ‘diavolo’ non riesce a imporsi contro una difesa avversaria attenta e precisa nei minimi dettagli, fattore che costringe Conceição a dare il tutto per tutto inserendo altri due attaccanti, Tammy Abraham e Chukwueze. Durante i tanto discussi sei minuti di recupero, il Milan prova in tutti i modi ad affidarsi alle giocate di Reijnders e Leão, ma il nervosismo e tanta imprecisione, finiscono per scavare la fossa ai rossoneri, che si arrendono dopo novantasei minuti di recupero ad un Bologna perfetto dal primo all’ultimo minuto di gioco.

“La sera dei miracoli”

“È la sera dei miracoli, fai attenzioneQualcuno nei vicoli di RomaCon la bocca fa a pezzi una canzone”

La “sera dei miracoli” cantata da Lucio Dalla nel 1980, si rispecchia perfettamente nella serata vissuta dal Bologna. Dopo avere eliminato il Monza agli ottavi, l’Atalanta ai quarti di finale e l’Empoli in semifinale, gli uomini di Italiano trionfano anche nel match finale dell’Olimpico, imponendosi sul Milan per 1-0, laureandosi campioni di coppa Italia per la terza volta, dopo i gloriosi successi del 1970 e del 1974. Dopo aver sofferto e perso tre finali nel giro di tre stagioni, arriva un meritatissimo trionfo per l’ex tecnico di Trapani, Fiorentina e Spezia. Dopo uno straordinario percorso nella passata stagione, il Bologna si ripete e si migliora nella seguente stagione, riuscendo addirittura a sollevare un trofeo importantissimo e a qualificarsi per la prossima final four di Supercoppa Italiana, programmata per il prossimo gennaio. Con questo storico successo che mancava da 51 anni, il Bologna ottiene l’accesso diretto per la prossima fase a gironi dell’Europa League, in attesa di eventuali migliori piazzamenti nelle ultime due gare di campionato, dove il Bologna affronterà Fiorentina e Genoa.

E adesso, rivoluzione

Nonostante gli ultimi importantissimi successi, il Milan esce sconfitto sotto tutti i fronti in una finale che doveva essere approcciata diversamente. Nonostante il successo per tre a uno dell’ultima sfida di campionato in cui rossoneri sono riusciti a trionfare proprio contro il Bologna, il Milan non è riuscito a rispondere al gol subito o quantomeno a prolungare la gara verso i supplementari. Una rosa ricca di campioni, una storia centenaria e ricca di vittorie, sono ormai distanti anni luce dal Milan di oggi. Qualunque scelta prenderà la società per quanto riguarda allenatore giocatori, il Milan quest’estate subirà inevitabilmente una rivoluzione.

 

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