Calcio
L’Inter cade al Mapei Stadium, Laurientè infiamma la lotta salvezza

Il Sassuolo batte i campioni d’Italia grazie al tandem Doig – Laurientè e sogna la salvezza. L’inter cade nuovamente contro i neroverdi, gli unici ad averli battuti due volte questa stagione.
Il Sassuolo sente il pericolo della retrocessione ed approccia nel modo giusto il match contro i campioni d’Italia. Al 20′ l’atteggiamento propositivo dei menoverdi porta i suoi frutti, Laurientè col piattone buca Audero dopo un’ottima percussione di Doig. Poco dopo, i nerazzurri sfiorano il pareggio con una buona triangolazione che mette in porta Dumfries, ma l’olandese non trova la porta. Dopo il gol subito l’Inter torna in partita tenendo con più’ continuità il pallino del gioco. A pochi istanti dall’intervallo, l’inter pareggia grazie alla zampata di Lautaro Martinez ma il VAR annulla tutto per la posizione irregolare dell’argentino.
Alla ripresa, l’Inter prosegue il suo giro palla prolungato senza però risultare veramente pericoloso. In tutto il secondo tempo i campioni d’Italia proseguono il giro palla alla ricerca del pari, ma in zona offensiva manca lucidità ed il Sassuolo respinge tutte iniziative nerazzurre. Gli uomini di Ballardini fanno muro e blindano la vittoria mandando un forte segnale alla lotta salvezza.
Al momento i neroverdi salgono a quota 29 punti aspettando il match salvezza tra Empoli e Frosinone, e l’Udinese che ospiterà il Napoli nel posticipo di lunedì.
Calcio
Il Supercommento della 37ª giornata di Serie A

Dopo l’anticipo del sabato e le nove partite, tutte in contemporanea, il quadro completo della Serie A 24/25 necessita di un ultimo passaggio. Soltanto due verdetti in una delle sere più entusiasmanti degli ultimi anni, mentre in alto -e in basso- rimane tutto ancora apertissimo.
Ecco il commento completo, con la Top 11 alla fine, della penultima giornata di Serie A.
Genoa-Atalanta
Pinamonti guida il Grifone, Retegui lo punisce e scrive la storia. Ritmo e spettacolo al Ferraris
Con nessun obiettivo ancora in corsa, l’Atalanta si presenta a Genova con l’ennesima qualificazione in Champions League ottenuta nell’era Gasperini. Il Genoa ha in pugno la salvezza da mesi, ma dopo la grandissima partita di Napoli cerca l’ennesimo sgambetto a una big nell’ultima apparizione casalinga. Formazioni completamente opposte, perché da una parte Vieira conferma quasi tutto il blocco di Napoli; dall’altra Gasperini ne cambia addirittura otto, rimangono solo De Roon (nei tre di difesa), Kossounou e Retegui in avanti. Marassi non trascura l’ultimo gettone stagionale, e la spinta incessante del tifo genoano permette alla squadra di Vieira di approcciare subito bene la partita. Prova a smorzare l’entusiasmo Daniel Maldini, chiamato a dare un segnale per il suo futuro in maglia nerazzurra, e il trequartista va vicino al vantaggio al quarto minuto, conclusione a giro che non termina di molto a lato della porta di Leali. L’Atalanta cerca geometrie e intesa, visti i tanti volti “nuovi” in campo, e sulla parte destra del campo gli orobici trovano i maggiori corridoi. Palestra è un treno sulla fascia, e sembra avere qualche energia in più rispetto ad Aaron Martin, e anche Samardzic cerca spazio su quel versante per aumentare il peso delle offensive bergamasche. Il Genoa cresce alla distanza, merito di un centrocampo che comincia ad avere sempre più presenza e fisicità, ma non riesce a sfondare centralmente perché Pinamonti viene francobollato da Hien, bravo nel chiudere ogni spiraglio al centravanti rossoblù. Il ritmo è molto alto se consideriamo che siamo alla penultima di campionato ed entrambe hanno raggiunto il loro obiettivo. La vigoria dei contrasti costringe Vieira a utilizzare il primo slot alla mezz’ora, perché Vasquez prende una brutta botta alla caviglia ed è costretto a uscire, al suo posto dentro De Winter. Applausi del Ferraris per il centrale messicano, protagonista al Maradona con il colpo di testa del pareggio e pretoriano fedelissimo di Vieira (35 partite su 37). La difesa genoana non ha nemmeno il tempo di mettersi a posto che la Dea trova la giocata per bucarla alle spalle: Retegui gioca di sponda, Brescianini va in profondità e Maldini arriva davanti a Leali e calcia malissimo, una specie di pallonetto a giro che termina fuori. Conclusione pessima di Maldini, che ancora una volta pecca di killer instict. Chi non pecca di freddezza è cinismo è il Genoa, o meglio Pinamonti. Trenta secondi dopo Norton-Cuffy vince un contrasto aereo, si allarga sulla sinistra e apparecchia per Martin, il mancino dello spagnolo è sinfonico, così come è musicale l’inserimento di Pinamonti tra i centrali della Dea, colpo di testa forte e preciso sul palo opposto, vantaggio Genoa. L’Atalanta cerca di reagire subito, con il solito sviluppo rapido e verticale, ma la difesa rossoblù fa muro e non soffre particolarmente. Non passano nemmeno cinque minuti che Bani trova il colpo del 2-0, zampata vincente dopo un rimpallo con Rui Patricio. Il raddoppio non dura molto perché il VAR annulla la rete per un tocco di mano dello stesso Bani. Dall’intervallo l’Atalanta non cambia interpreti, ma sicuramente cambia atteggiamento. Bastano sessanta secondi ai bergamaschi per rimettere in equilibrio la gara. È la settimana di Ibrahim Sulemana, che meno di sette giorni fa ha regalato alla Dea la Champions con il suo primo gol in maglia nerazzurra. Il centrocampista ghanese riceve un passaggio di testa di Ruggeri, controlla il rimbalzo e calcia splendidamente al volo, il pallone rimbalza sul terreno del Ferraris e diventa imprendibile per Leali. Secondo gol consecutivo per Sulemana e partita rimessa in equilibrio. La partita si equilibra nuovamente, perché l’Atalanta ritrova soluzioni e spazi che rimettono alle strette il Genoa. Gasperini cerca di cavalcare l’onda muovendo per primo la panchina, fuori Ruggeri e dentro Bellanova, con scostamento a sinistra di Palestra. I rossoblù rimangono concentrati e sempre pronti a colpire, e non perdono tempo per riportarsi in avanti: al 58′ Sabelli getta un pallone verso la bandierina, Brescianini e Hien vanno in difesa della sfera ma non si intendono, Pinamonti rimane in agguato e si impossessa del pallone, si accentra e strozza il mancino sul primo palo per il gol numero dieci del suo campionato. Brutta disattenzione della difesa dell’Atalanta, con Brescianini e soprattutto Hien che hanno regalato a Pinamonti il pallone del nuovo vantaggio. Non c’è un attimo di tregua al Ferraris, le due squadre vanno a mille all’ora, e l’Atalanta ci mette tre minuti a pareggiare: filtrante di De Roon verso Retegui, l’attaccante azzurro vede l’inserimento di Maldini e lascia sfilare il pallone, il numero 70 -che nel primo tempo ha fallito clamorosamente un’occasione- calcia a giro e trova il palo lontano. 2-2 e partita nuovamente in parità, ma che spettacolo a Marassi!Vieira a questo punto rintocca la sua formazione con Onana e Zanoli, al posto di Sabelli e un applauditissimo Milan Badelj, all’ultima presenza casalinga della sua avventura in rossoblù. Il croato ha annunciato la sua separazione dal Genoa al termine della stagione, e il pubblico genoano riserva i migliori onori per uno dei senatori degli ultimi anni del Grifone. Gasperini risponde subito con tre mosse, anche perché il Genoa negli ultimi minuti è tornato a giostrare il pallone nella metà campo bergamasca: fuori Maldini, Brescianini e Palestra, dentro Pasalic, De Ketelaere e Zappacosta. Il ritmo rimane stabile, anche se la stanchezza dopo una gara -una stagione- ad altissimo livello, presenta i primi segnali. Vieira chiude le sue sostituzioni con Vitinha e Pinamonti (problemi a una caviglia) che lasciano spazio a Thorsby e Caleb Ekuban. Rimandato l’esordio del giovanissimo Scaglione, classe 2010 che era finito su tutti i giornali per il possibile record di precocità per un esordiente in Serie A (15 anni e 133 giorni), detenuto da Francesco Camarda (che esordì a 15 anni e 260 giorni). C’è ancora tempo per un’altra perla, un momento che segna la storia: minuto 88, De Ketelaere attacca lo spazio, cerca in mezzo Retegui che arriva in scivolata, conclude sul primo palo e arriva a quota 25 gol. Nessuno come Retegui nella storia dell’Atalanta, superato un certo Pippo Inzaghi che si fermò a 24 centri. Proteste del pubblico rossoblù perché De Winter era andato giù nel momento dello scatto di De Ketelaere, e il belga non ha interrotto il gioco ma ha servito Retegui per il gol del 2-3. Non si conclude con applausi e abbracci la partita del Ferraris, nonostante una partita corretta e divertente fino all’occasione del gol di Retegui. Il pubblico insorge, e anche i giocatori non ostentano particolari sorrisi, nonostante la forte emotività, va evidenziato il ritmo e lo spettacolo fornito dalle due squadre nonostante gli obbiettivi raggiunti. È stata la notte dei bomber, perché Pinamonti ha siglato il gol numero 49 e 50 in Serie A, mentre Retegui ha scritto il suo nome nella storia dell’Atalanta e ha messo la parola fine alla contesa per il titolo di capocannoniere. Tanti gol, tanto spettacolo e adesso l’ultimo atto per chiudere al meglio una stagione che rimane di altissimo livello, sia per l’Atalanta che per il Genoa di Vieira.
Cagliari-Venezia
Un Cagliari superlativo si sbarazza del Venezia e blinda la salvezza. Nicola lo ha fatto ancora!
L’ultima spiaggia per tentare un’impresa, dall’altra parte l’ultimo sforzo per chiudere ogni discorso. Cagliari e Venezia arrivano all’Unipol Domus con lo stesso obiettivo, ma con prospettive e percentuali ben diverse. In campo vanno i migliori possibili: Nicola cambia solo un uomo rispetto alla gara di Como, Deiola sostituisce Viola e aggiunge presenza e quantità in mezzo al campo; il Venezia comincia ancora una volta con l’attacco leggero, formato da Oristanio e Yeboah. Ritmi subito alti fin dall’inizio. Il Cagliari cerca di sfruttare il fattore casa e alza subito il baricentro. Luvumbo si rivela subito incontenibile per la difesa lagunare, a tal punto che Idzes è costretto a spendere un giallo pesantissimo, che lo esclude all’ultima giornata, in casa contro la Juve. Gli sforzi dei sardi pagano subito, dopo solo undici minuti: punizione da sinistra di Augello, il piede educato del terzino italiano cerca il secondo palo e lì c’è la torre vincente di Yerry Mina, il colombiano indirizza sul palo opposto e coglie di sorpresa Radu, vantaggio Cagliari e partita in discesa. Anche dopo aver stappato la gara, i padroni di casa giocano meglio, vanno a una velocità maggiore e il Venezia soffre anche mentalmente la partita. Alla serata nera della squadra di Di Francesco si aggiunge l’infortunio di Oristanio, match-winner contro la Fiorentina, al suo posto dentro Gytkjaer. Bello l’applauso del pubblico sardo per l’ex di giornata, uscito per un problema alla spalla sinistra. Prima dell’intervallo il Cagliari mette in ghiaccio la partita: corner da destra, Zortea si incarica della battuta e anche lui cerca il secondo palo, questa volta non c’è Mina, ma ancora una volta svetta più in alto di tutti Roberto Piccoli, testata vincente e decimo gol in A per il centravanti italiano. Inizialmente l’arbitro annulla la rete perché la palla messa in mezzo da Zortea è uscita dal campo, ma il VAR converte la decisione e suggella il raddoppio della squadra di Nicola, in vantaggio di due all’intervallo. Al rientro dagli spogliatoi nessuna mossa da parte dei due allenatori, anche se il Venezia alza il ritmo e l’intensità, rispetto a un primo tempo compassato e difficoltoso. La scelta coraggiosa dei lagunari, però, spianano la strada alle frecce sarde, e Luvumbo va a un passo dal gol del definitivo 3-0, salvataggio provvidenziale di Candè. L’angolano è costretto ad alzare bianca per un problema muscolare, dopo l’ennesimo scatto bruciante sulla difesa del Venezia, e l’Unipol Domus non fa mancare la standing ovation, per una serata che nel bene, e nel male, sembra essere sempre più in discesa. A mettere la parola “fine” ci pensa il capitano Deiola: minuto 71, azione meravigliosa del Cagliari sulla sinistra, triangolo avviato da Deiola, prosegue Augello verso Makoumbou, tacco splendido del centrocampista congolese e altrettanto meraviglioso è l’arcobaleno a giro che Deiola insacca all’incrocio dei pali. 3-0 e salvezza blindata. Gli ultimi venti minuti sono una formalità, la girandola dei cambi smorza il ritmo della partita e non permette al Venezia di creare pericoli alla porta di Caprile, mentre i padroni di casa gestiscono risultato ed energie e attendono il triplice fischio per scatenare la festa. Al momento dei tre fischi di Pairetto si scatena la festa dell’Unipol Domus, per una salvezza che adesso è matematica. Prestazione maiuscola della squadra di Nicola, che ancora una volta centra l’obiettivo della salvezza e si conferma una garanzia per questo tipo di realtà di bassa classifica. Adesso l’ultimo atto vede i sardi impegnati al Maradona contro il Napoli, nella gara che può consegnare ai partenopei lo scudetto, e la salvezza già conquistata gioca ampiamente a favore della squadra di Conte. Il Venezia esce con le ossa rotte dalla Sardegna, e adesso per evitare la B serve un miracolo, che deve cominciare dal successo in casa contro la Juventus, oltre a una serie concatenata di risultati negativi di Lecce ed Empoli.
Fiorentina-Bologna (A cura di Simone Scafidi)
Fuochi d’artificio al Franchi, Palladino la spunta
Ancora in corsa per la Champions, sia Fiorentina che Bologna arrivano alla penultima di campionato con l’obbligo di vincere, per mettere la ciliegina sulla torta ad una stagione comunque ottima da parte di entrambe. Reduce dalla vittoria in Coppa Italia, la squadra di Italiano appare, sin da subito, leggermente indietro per quanto riguarda la forma fisica, e la Fiorentina non esita a stappare la partita. Parisi recupera un pallone nella zona del centrocampo e, con un’ottima azione personale e molta fortuna nella deviazione della difesa Viola, insacca il gol dell’1-0 al dodicesimo minuto. A due minuti dal termine del primo tempo, Lucumí interviene in maniera molto dura su Fagioli all’interno dell’area di rigore, ma anche dopo il consueto check del VAR si continua a giocare. Nella seconda metà di gara lo spettacolo la fa da padrona: al quarto d’ora, il Bologna pareggia con Dallinga, che svetta e spizza di testa il preciso cross di Orsolini, battendo De Gea, con la Fiorentina che, dal canto suo, impiega appena sette minuti per trovare il nuovo vantaggio con Richardson, che raccoglie la respinta di De Gea e a porta praticamente spalancata non può sbagliare. Il Bologna, subita la botta, reagisce prontamente e continua a spingere, fino ad arrivare al gol del ritrovato pareggio, con un fantastico Ndoye, che, al 79′, sgasa sulla fascia di sinistra in maniera brillante e mette in mezzo il pallone, trovando la deviazione vincente di Orsolini. A dieci minuti dal termine Kean va vicinissimo al gol del 3-2, trovando però di fronte a sé il muro eretto da Skorupski, che respinge in rimessa laterale, ma che, appena tre minuti dopo, viene battuto definitivamente proprio dall’attaccante italiano, che sigla il gol del definitivo vantaggio della Fiorentina. A tre minuti dalla fine, Miranda viene espulso per una manata in faccia a Mandragora, per quello che è l’atto conclusivo di questa penultima giornata di campionato, con la squadra di Palladino protagonista di una vittoria importante fatta di grinta e passione, che tiene accesa ogni speranza in vista dell’ultima di campionato.
Inter-Lazio (A cura di Tommaso Patti)
Un pareggio che sa di sconfitta. L’Inter viene recuperata al novantesimo
Senza la possibilità di avere destino nelle proprie mani, i nerazzurri e i biancocelesti scendono comunque in campo con la voglia di fare risultato e mettere pressione rispettivamente a Napoli e Lazio, per continuare la caccia al primo e al quarto posto. La gara parte subito a ritmi alti, con entrambe le squadre focalizzate sul match del Meazza per provare a credere ancora nei rispettivi obiettivi. Dopo mezz’ora di equilibrio, l’Inter si affaccia nella metà campo avversaria, riuscendo anche a rendersi pericolosa con il tiro al volo di Dimarco, respinto dall’intervento di Mandas. La Lazio aspetta, e pazientemente, contrattacca l’Inter e sfiora la rete del vantaggio con un’azione che parte dal portiere e prosegue dai piedi di Dia, bravo nel trovare Isaksen in corsa e spedito verso la porta in solitaria, quest’ultimo meno bravo nella conclusione che termina tra braccia del portiere svizzero. Durante gli ultimi istanti del primo tempo, l’Inter si conquista un calcio d’angolo. Sul punto di battuta di presenta Calhanoglu che serve a centro area un cross pericoloso, depositato in porta dal mancino vincente di Bisseck dopo una serie di rimpalli. La terza rete del difensore tedesco, manda l’Inter negli spogliatoi in vantaggio in classifica rispetto al Napoli, fermo sullo 0-0 al Tardini.
Dopo un inizio di ripresa in cui l’Inter si limita a difendere e la Lazio prova a manovrare le azioni, una giocata di Vecino ristabilisce la parità. L’azione nasce da un fallo dubbio di mano di Dumfries, e prosegue con il retro passaggio lucido e funzionale del centrocampista uruguaiano per il tap-in vincente di Pedro. Negli ultimi dieci minuti succede di tutto, l’Inter animata dal perenne 0-0 di Parma e ferito dal gol di Pedro, trova il vantaggio su un calcio di punizione di Calhanoglu per Dumfries, agile nel prendere il tempo e anticipare Guendouzi, per trovare di testa la rete del 2-1 e la sesta in questa Serie A. Il successo agevole della Juve sull’Udinese e quello della Roma sul Milan, costringe la Lazio a dare il tutto per tutto per rimettersi in corsa Champions. A cinque minuti dalla fine, la Lazio reclama e riceve un calcio di rigore per il fallo di mano di Bisseck. Dopo un lungo check del Var, l’arbitro assegna il calcio di rigore per la Lazio, intervento che viene punito dal direttore di gara solo verbalmente. Dagli undici metri si presenta Pedro che calcia di potenza e ristabilisce la parità al 90′, realizzando il suo decimo gol in questo campionato. Nel lungo recupero, l’Inter prima si divora il gol del clamoroso 3-2 con l’imprecisa conclusione di Arnautovic, e poi si vede annullare concretamente la terza rete per fuorigioco, sempre con protagonista Arnautovic. Il pareggio di Napoli e Inter, regalerà un’ultima giornata tutta da vivere, sempre con il Napoli in vantaggio di un punto sui nerazzurri.
Parma-Napoli (A cura di Tommaso Patti)
Rigori negati, rossi e tante occasioni dubbie. Il Napoli strappa un punto a Parma e rimane in vetta.
In una sfida che può avere un sapore simile a quella della sfida di Udine datata 2023, il Napoli, ospite a Parma, è chiamato alla vittoria per riuscire a mantenere dietro i nerazzurri. La prima azione della gara è a tinte azzurre, con la classica progressione sulla fascia di Politano che termina con la conclusione a giro dell’esterno partenopeo, conclusione bloccata in tuffo da Suzuki. Il Parma è tutt’altro che assente e riesce a mettere in difficoltà Meret con la pericolosa conclusione di Sohm. Esattamente due minuti dopo, gli uomini di Conte reagiscono e sfiorano il gol del vantaggio con la conclusione ad incrociare di Anguissa, terminata sul palo. Nel primo minuto della ripresa, il Parma bussa nuovamente nella porta di Meret con un’azione che nasce dall’anticipo di Leoni su Lukaku, e prosegue con l’avanzata e la botta mancina di Sohm, terminata con un altro intervento dell’esterno difensore azzurro. La risposta degli ospiti arriva al 57’, quando su un tiro cross di Politano, il pallone si stampa sulla traversa, facendo tremare tutta la squadra di Chivu. Tredici minuti dopo, su un calcio di punizione da ottima posizione, McTominay calcia di potenza e indirizza la palla all’incrocio dei pali, intervento irreale di Suzukiche respinge la conclusione dello scozzese e manda in angolo. Esattamente come a Milano, l’arbitro assegna sette minuti di recupero che generano tanto nervosismo da entrambe le parti, che sfocia con l’espulsione di Chivu e Conte. Qualche minuto più tardi, il direttore di gara assegna un calcio di rigore per il Napoli sul contatto Neres-Lovik, revocato per un precedente fallo del Napoli dopo un lunghissimo consulto con il VAR. Al triplice fischio, le due squadre escono dal terreno di gioco positivamente, con il Parma sempre più sicuro della permanenza in Serie A, e con il Napoli che frena sì, ma rimane comunque con un punto di vantaggio sull’Inter ad una sola giornata dalla fine.
Juventus-Udinese
Un dominio soporifero, poi ci pensano Nico e Vlahovic. La Juve vince con l’Udinese e rimane al quarto posto.
L’ultima casalinga allo Stadium, sold out per la diciassettesima volta su 18, e ci si gioca la Champions League. Di fronte all’Udinese, che non ha più nulla da chiedere al campionato, la Juve espone per la prima volta la maglia della stagione 25/26, mentre gli interpreti sono quelli attesi alla vigilia: ancora assente Koopmeiners, mentre dalla gara con la Lazio Tudor ha perso per squalifica Savona, Thuram e Kalulu. In difesa gioca Cambiaso, impiegato come braccetto a sinistra, mentre nella trequarti giocano Yildiz e Conceição alle spalle di Kolo Muani, ancora panchina per Dusan Vlahovic, che molto probabilmente chiuderà stasera la sua avventura all’Allianz con la Juve. Anche l’Udinese deve fronteggiare a una lunga lista di assenze, Lucca e Thauvin su tutti. In difesa manca il pilastro Bijol, mentre non manca Oumar Solet, regolarmente in campo nonostante le accuse trapelate negli scorsi giorni. La risposta di Runjaic alle assenze è Keinan Davis, unico riferimento dell’attacco friulano, mentre alle spalle dell’inglese agiscono Lovric e Zarraga. Juve subito altissima in pressione, e in riaggressione. Dopo meno di due minuti Ayroldi mette subito mano al taschino per ammonire Kamara, colpevole di aver trattenuto Nico Gonzalez diretto verso la porta. Argomento di interesse è la posizione di Cambiaso, perché l’italiano agisce da braccetto, ma in impostazione è Locatelli ad arretrare nella linea dei difensori, e questo permette all’esterno bianconero di svariare tra le linee. Al minuto 8 Conceição sgasa sulla fascia, arriva sul fondo e appoggia all’indietro, Locatelli arriva in corsa e cerca la soluzione a giro, palla che sfiora l’incrocio dei pali ma termina fuori dallo specchio della porta. L’intensità e la voglia dei bianconeri sono predominanti nell’avvio dello Stadium, e due minuti più tardi Okoye chiude la porta a Kolo Muani, lanciato a rete. L’Udinese prova ad affacciarsi dalle parti di Di Gregorio sfruttando i centimetri di Davis, ma la difesa della Juve non lascia particolare spazio al centravanti inglese. Le sgasate di Conceição mandano in tilt la pressione dei friulani, e i giocatori di Runjaic non vanno per il sottile nei contrasti sul portoghese. Si gioca in spazi strettissimi, Cambiaso tocca un’infinità di palloni nella trequarti e cerca di sparigliare le carte accelerando la manovra con tocchi di prima, ma la difesa dell’Udinese non concede praticamente nessun corridoio, se non quello di sinistra, dove la Juve non sta riuscendo a sfondare. Al 22′ Yildiz cerca di mettersi in proprio, riceve un passaggio da McKennie, parte da sinistra e calcia forte e basso, la palla viene deviata e termina fuori, ma il dieci turco sembra l’unico capace di fare qualche giocata oltre le righe. Al 27′ Kamara alza bandiera bianca per un problema muscolare, al suo posto dentro Zemura, mentre qualche secondo prima Ekkelenkamp aveva spaventato lo Stadium con un destro potente ma non tanto angolato, e questo favorisce la presa bassa di Di Gregorio. I bianconeri si rivedono un paio di minuti più tardi, con Cambiaso che si fa mezzo campo in progressione e calcia al limite dell’area, intervento sicuro di Okoye. La squadra di Runjaic cerca di giocare con il cronometro e lo Stadium comincia subito a rumoreggiare, non solo per le perdite di tempo ma per una manovra -quella juventina- ben ragionata ma poco incisiva nella trequarti. Prima dell’intervallo la Juve sfiora il vantaggio: Conceição continua la sua corsa perpetua sulla destra, apparecchia al limite per Nico Gonzalez, l’argentino carica il mancino e calcia sul primo palo, Okoye non è perfetto nell’intervento ma per sua fortuna il pallone va a sbattere sul palo. È l’ultimo squillo di un primo tempo a senso unico, ma fermo ancora sul risultato di 0-0. Nessun cambio all’intervallo, si riparte dagli stessi 22 che hanno chiuso la prima frazione, anche se adesso lo Stadium si fa sentire, perché oltre al dominio del gioco servono i gol. Ritmi diversi rispetto al primo tempo, il gioco è più lento e frammentato, e questo giova alla gestione dell’Udinese, anche se la Juve cerca di crescere nella partita con qualità e velocità. Al 51′ Conceição si mette in proprio, serpentina tra i difensori friulani e mancino a giro, solo una deviazione miracolosa di Okoye evita al pallone di finire in rete, ma il portoghese si conferma il centro nevralgico dell’attacco bianconero, l’unico in grado di creare qualcosa sulla parte destra del campo. Tanta confusione e imprecisione nelle giocate, e le energie cominciano a scarseggiare. Runjaic muove per primo la panchina, con Rui Modesto che sostituisce Lovric, ma la Juventus sblocca la gara un minuto più tardi: Yildiz ruba palla a Solet, appoggia in mezzo per Nico Gonzalez, l’argentino si prepara il colpo e lo spara sul palo lontano, dove Okoye non può proprio arrivare. È soltanto il terzo gol in campionato per Nico Gonzalez, ma può essere sicuramente il più pesante perché con un successo la Juve blinda, momentaneamente, il quarto posto. Proteste dell’Udinese per la vigoria avuta da Yildiz nel contrasto con Solet, ma per Ayroldi è tutto buono. I friulani reagiscono subito, alzano il baricentro e il pressing sui portatori di palla bianconeri. Ci prova subito Davis da dentro l’area, ma Locatelli si immola con la faccia. Le prime scelte di Tudor sono Vlahovic e Weah, al posto di Kolo Muani e Cambiaso. Applausi per l’uscita dell’italiano, mentre per l’attaccante serbo l’Allianz non concede particolari elogi. Runjaic cambia schieramento inserendo Sanchez e Ginnetti al posto di Ekkelenkamp e Kabasele, il tecnico serbo rinforza la linea difensiva, e aggiunge presenza in attacco al fianco di Davis. La girandola di cambi prosegue con Douglas Luiz, entrato al posto di McKennie, colpito duramente da Kristensen qualche minuto prima. La Juve rimane in gestione del risultato, e trova il gol del raddoppio al minuto 88: ripartenza fulminea dei bianconeri, Yildiz porta palla fino al limite, allarga per Vlahovic, più libero di Conceição a destra, il serbo prepara la conclusione e spara un missile alle spalle di Okoye. Una rete che toglie un peso enorme alla Juve, anche in vista degli altri risultati. Con il risultato in ghiaccio, Tudor chiude i suoi cambi con Mbangula e Adzic per due applauditissimi Conceição e Yildiz. Preziosi i due fantasisti nella trequarti, decisivi nella gestione della gara e nei due assist (Yildiz) per i due gol bianconeri. Nel finale l’Udinese non forza nemmeno la mano, e la Juve conclude la stagione casalinga con una vittoria fondamentale per la Champions. Con il successo della Roma, la Juve fa il suo dovere in casa contro i friulani e adesso il destino per il quarto posto è tutto nelle mani della Juve: con un successo nell’ultima gara stagionale, al Penzo contro il Venezia, la squadra di Tudor sarebbe qualificata in Champions. Prestazione dominante, che più “tudoriana” non si può, anche se i bianconeri hanno trovato più di qualche difficoltà nel sbloccare la gara, ma il sigillo iniziale di Nico Gonzalez ha sciolto la tensione che serpeggiava tra i giocatori bianconeri, e adesso per l’Europa che conta servono i tre punti in laguna. L’Udinese, come detto all’inizio, non ha più nulla da chiedere al campionato, anche se l’ultima gara contro la Fiorentina è utile per tirare le somme in vista della prossima stagione.
Lecce-Torino (A cura di Marco Rizzuto)
Ramadani regala un’altra speranza al Lecce. Vittoria d’orgoglio dei salentini all’ultima casalinga
L’ultimo treno per giocarsi la salvezza all’ultima giornata costringe il Lecce dover vincere contro il Torino. Dopo la partenza di Dorgu nel mercato di gennaio, i salentini non hanno più vinto. Al Via del Mare la squadra di Giampaolo gioca in modo propositivo e consapevole trovando la prima occasione al 22′ con la conclusione di poco al lato di Krstovic. Nonostante un Torino non troppo competitivo, il Lecce non riesce a sbloccare la gara nel primo tempo. Nella ripresa Giampaolo effettua subito tre cambi: Pierotti per Helgason, Rebic per N’Dri e Ramadani per Pierret. A quest’ultimo basta solamente un minuto per mandare in estasi i tifosi del Via del Mare con un eurogol: Krstovic con una palla arretrata al limite dell’aerea serve il numero 20 che calcia di prima intenzione togliendo la ragnatela dall’incrocio. La rete galvanizza i salentini che sfiorano il raddoppio con Krstovic, ma Milinkovic s’impone negando la rete. Il secondo tempo non regala troppe occasioni e il Lecce si aggiudica la vittoria dopo tredici giornate. Tre punti importantissimi che tengono in vita le speranze dei salentini, che dovranno affrontare la Lazio all’Olimpico in una gara da dentro o fuori.
Hellas Verona-Como (A cura di Marco Rizzuto)
Il Como sfiora la settima, ma Lazovic riacciuffa i lariani nella ripresa. Hellas a un passo dalla salvezza
Dopo l’ultimo pareggio contro il Lecce, il Verona cerca la quinta salvezza consecutiva in Serie A contro un Como che d’altro canto non ha più niente da giocarsi, se non proseguire la striscia di vittorie. Zanetti in avanti sceglie nuovamente il tandem Sarr – Tengstedt. Al Bentegodi però è il Como a spaventare i tifosi casalinghi con Nico Paz, che conclude da posizione ravvicinata su assist di Douvikas, ma Ghilardi si invola riuscendo a deviare il tiro. La squadra di Fabregas continua a fare la partita costringendo il Verona nella propria metà campo. A due minuti dalla mezz’ora i lariani trovano il meritato vantaggio con Douvikas che inventa un assist meraviglioso per Caqueret che conclude da centro area alle spalle di Montipò. Al 33′ il Verona prova a bussare per la prima volta alla porta di Butez, Tchatchoua si accentra e calcia dal limite ma la sfera termina di poco sopra la traversa. Il primo tempo si chiude col vantaggio lagunare. Alla ripresa la situazione non cambia fino al 69′ quando Lazovic, entrato da pochi minuti, sigla il gol del pari: Bradaric dalla fascia sinistra crossa in mezzo per la testata di Sarr che spacca la traversa, e di tap-in Lazovic insacca da pochi passi. La gara si infiamma successivamente solo sul recupero finale, al 92′ Mosquera colpisce da posizione defilata sul primo palo, Butez respinge nuovamente su Lazovic che di tap-in rischia di raddoppio colpendo però un difensore. Quasi allo scadere il Como rischia di inguaiare il Verona con Da Cunha che calcia al volo impegnando Montipò. La gara termina in parità con il Verona che si giocherà tutto ad Empoli, sul quale ha tre punti di vantaggio. La salvezza dipenderà soprattutto anche dai risultati degli altri campi.
Roma-Milan (A cura di Simone Scafidi)
L’Olimpico omaggia Ranieri, Ranieri omaggia l’Olimpico, Milan battuto
Per quello che è l’ultimo e definitivo addio di Claudio Ranieri alla Roma e al mondo del calcio, l’Olimpico si veste a festa ed omaggia il tecnico di Testaccio con una coreografia da brividi, con l’augurio che egli possa ripagare in campo, riportando finalmente la Roma dove, almeno seguendo questa seconda parte di stagione, merita di stare. Passano due minuti, e le aspettative non vengono deluse: su situazione di corner, con il cross di Soulè, Mancini incorna e batte Maignan, portando in vantaggio la Roma. Il numero 23 è protagonista in questi primi minuti, e, dopo il tentativo rasente al palo di Alex Gimenez, il capitano giallorosso riceve una gomitata in pieno petto da Santiago Gimenez, che, dopo il check al VAR, viene espulso dopo nemmeno venti minuti. Nonostante la Roma sembri essere in gestione sul piano del possesso palla, il Milan riesce a pareggiare con Joao Felix, che si trova la porta spalancata e batte Svilar. Nel secondo tempo l’Olimpico spinge come mai fatto prima, e al 58’ i giallorossi riescono a trovare nuovamente il vantaggio, con una punizione di Paredes da lontanissimo che becca impreparato Maignan e porta avanti la Roma. Al 79’ un imbucata abbastanza rocambolesca del Milan pesca Leao tutto solo, che si vede però ribattere il pallone da un ottimo Svilar. Passano appena sette minuti, e la Roma chiude il match: dopo i tentativi di Angelino ed El Shaarawy respinti da Maignan, sul pallone si avventa Bryan Cristante, che dal limite dell’aria fa partire il destro e chiude la partita, con il definitivo 3-1. Adesso, all’ultima giornata di campionato, la Roma ha la chance di giocarsi un’importante fetta di Europa, mentre il Milan mette un punto pressoché definitivo ad una stagione molto deludente.
Monza-Empoli (A cura di Marco Rizzuto)
L’Empoli rimonta in trasferta e continua a sperare. Per la salvezza sarà una finale contro il Verona
All’U-Power Stadium l’Empoli è obbligato a vincere per continuare a credere alla salvezza. Contro un Monza ormai matematicamente fuori dai giochi, l’Empoli parte forte nei primi minuti col destro potente di Fazzini sventato in tuffo da Pizzignacco. Al 7′ i toscani sfiorano il vantaggio con Cacace, “liberato” dal cross in mezzo di Gyasi che aveva preso bene il tempo alla difesa, il numero 13 però non riesce ad inquadrare la porta. Dopo trenta minuti di dominio azzurro, il Monza trova il gol del vantaggio in contropiede: Henderson viene steso in modo regolare, Caprari verticalizza immediatamente per la corsa di Birindelli che buca Vasquez e sblocca la gara. Il gol galvanizza i brianzoli che per poco non raddoppiano con Keita Balde in un’azione infinita nell’area piccola. Alla ripresa l’Empoli deve necessariamente trovare il modo di invertire la rotta e ci riesce dopo soli quattro minuti dal fischio d’inizio: Fazzini serve Colombo in centro area che si gira da vero attaccante e calcia bucando Pizzignacco. L’Empoli adesso preme sull’acceleratore e ribalta tutto in pochi minuti con Viti che insacca dal primo palo. Al 58′ l’Empoli chiude i giochi con il terzo gol propiziato da Gyasi: la conclusione dell’ex Spezia colpisce il palo e dopo aver carambolato sulla schiena dello sfortunato Pizzignacco, il pallone entra in portaassicurando i tre punti alla squadra di D’Aversa. Il triplice fischio decreta la vittoria dell’Empoli, che potrà giocarsi le ultime carte nello scontro salvezza contro il Verona. I brianzoli invece saluteranno la Serie A giocando contro il Milan a San Siro.
LA TOP11 DELLA 37ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala
Calcio
Un successo che rimarrà nella storia. Il Bologna vince la Coppa Italia

Dopo 51 anni di attesa, al Bologna bastano novanta minuti e un super gol di Ndoye per battere il Milan. All’Olimpico i rossoblù festeggiano e scrivono una pagina indelebile della propria storia, sollevando al cielo il trofeo della coppa Italia per la terza volta.
In un match senza appello, in una gara che mette in palio un trofeo e che può determinare tanto anche in ottica futura, Conceição schiera dal primo minuto i titolari, confermando la difesa a tre e Jovic al centro del reparto offensivo. In vista di una sfida che può valere la storia, Italiano si risponde affidandosi ai suoi uomini più in forma, lanciando dal primo minuto Castro e Fabbian.
Tra l’entusiasmo dei 68 mila spettatori e il fascino travolgente delle due tifoserie, la sfida tra Milan e Bologna parte subito forte, con tanta aggressività e con ritmi alti sin dalle prime battute. Dopo un iniziale equilibrio, è il Bologna che prende in mano il pallino del gioco, riuscendo a creare buone occasioni tramite i movimenti di Castro, che crea i giusti spazi per far correre i due esterni. Proprio grazie ad un movimento arretrato di Castro, il Bologna crea lo spazio per lanciare in corsa Orsolini, fermato prima dall’uscita dubbia di Maignan, e dopo dalla segnalazione per fuorigioco del guardalinee. Dopo lo scampato spavento, anche il Milan entra in partita e inizia a creare qualcosa di concreto nella metà campo avversaria, riuscendo anche a rendersi pericoloso al decimo minuto, quando sul cross di Jimenez, Skorupski salva doppiamente i rossoblù dopo l’involontaria deviazione di Beukema e il tentativo di tap-in di Jovic. Esattamente come Castro nella prima azione della gara, alla mezz’ora Jovic riceve palla, arretra e lancia in profondità Rafael Leão, pescato però in fuorigioco dall’attaccante serbo e frettoloso nel concludere. Tra errori di impostazione e i duri interventi che costano il cartellino giallo a Tomori e Ferguson, il finale di primo tempo si accende e il nervosismo rischia di regnare dentro e fuori al rettangolo di gioco. Nel miglior momento del Milan, a cavallo tra la fine del primo e l’inizio del secondo tempo, il Bologna trova impreparata la difesa del Milan e si porta in vantaggio al 53′ con la rete di Dan Ndoye, fortunato nel riceve palla dalla scivolata di Theo Hernandez su Orsolini, e bravo successivamente nell’aspettare l’attimo giusto per spedire verso la porta un tiro forte e angolato che vale l’1-0. Subito dopo il gol subito, il Milan prova subito a riversarsi in avanti, sfiorando due volte la rete dell’immediato pareggio con la rovesciata di Leão, e con il tiro debole e impreciso di Jovic. Conceição non si scomponi e, al minuto sessantadue, effettua un triplo cambio, dando al Milan maggiore esperienza e spinta offensiva con gli innesti di Walker, João Félix e Giménez. Le contromosse scelte da Italiano sorprendono e arrivano qualche minuto più avanti, buttando nella mischia due giocatori fisici come Casale e l’ex Pobega, al posto di Fabbian e Orsolini. Con la prima batteria di cambi effettuati, l’epilogo della gara sembra chiaro, con i rossoneri costantemente rivoltati nella metà campo avversario, e con un Bologna paziente nel difendere ma bravo nel non tirarsi indietro e ripartire nelle situazioni in cui il Milan perde il possesso della sfera. Poco prima della sostituzione, l’autore del gol del Bologna sfiora la rete del raddoppio con un conclusione di sinistro che termina di poco a lato la porta difesa da Maignan. Per gli ultimi dieci minuti di gara, il tecnico dei felsinei esegue gli ultimi due cambi inserendo Dallinga e Odgaard, mosse studiati per dare maggiore fisicità nel reparto offensivo e per mantenere il gol di vantaggio. Nonostante l’inserimento di João Félix e Giménez, il ‘diavolo’ non riesce a imporsi contro una difesa avversaria attenta e precisa nei minimi dettagli, fattore che costringe Conceição a dare il tutto per tutto inserendo altri due attaccanti, Tammy Abraham e Chukwueze. Durante i tanto discussi sei minuti di recupero, il Milan prova in tutti i modi ad affidarsi alle giocate di Reijnders e Leão, ma il nervosismo e tanta imprecisione, finiscono per scavare la fossa ai rossoneri, che si arrendono dopo novantasei minuti di recupero ad un Bologna perfetto dal primo all’ultimo minuto di gioco.
“La sera dei miracoli”
“È la sera dei miracoli, fai attenzione
Qualcuno nei vicoli di Roma Con la bocca fa a pezzi una canzone”La “sera dei miracoli” cantata da Lucio Dalla nel 1980, si rispecchia perfettamente nella serata vissuta dal Bologna. Dopo avere eliminato il Monza agli ottavi, l’Atalanta ai quarti di finale e l’Empoli in semifinale, gli uomini di Italiano trionfano anche nel match finale dell’Olimpico, imponendosi sul Milan per 1-0, laureandosi campioni di coppa Italia per la terza volta, dopo i gloriosi successi del 1970 e del 1974. Dopo aver sofferto e perso tre finali nel giro di tre stagioni, arriva un meritatissimo trionfo per l’ex tecnico di Trapani, Fiorentina e Spezia. Dopo uno straordinario percorso nella passata stagione, il Bologna si ripete e si migliora nella seguente stagione, riuscendo addirittura a sollevare un trofeo importantissimo e a qualificarsi per la prossima final four di Supercoppa Italiana, programmata per il prossimo gennaio. Con questo storico successo che mancava da 51 anni, il Bologna ottiene l’accesso diretto per la prossima fase a gironi dell’Europa League, in attesa di eventuali migliori piazzamenti nelle ultime due gare di campionato, dove il Bologna affronterà Fiorentina e Genoa.
E adesso, rivoluzione
Nonostante gli ultimi importantissimi successi, il Milan esce sconfitto sotto tutti i fronti in una finale che doveva essere approcciata diversamente. Nonostante il successo per tre a uno dell’ultima sfida di campionato in cui rossoneri sono riusciti a trionfare proprio contro il Bologna, il Milan non è riuscito a rispondere al gol subito o quantomeno a prolungare la gara verso i supplementari. Una rosa ricca di campioni, una storia centenaria e ricca di vittorie, sono ormai distanti anni luce dal Milan di oggi. Qualunque scelta prenderà la società per quanto riguarda allenatore giocatori, il Milan quest’estate subirà inevitabilmente una rivoluzione.
Calcio
Il Supercommento della 36ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top 11 alla fine, della trentaseiesima giornata di Serie A
Milan-Bologna (A cura di Marco Rizzuto)
Rossoneri nuovamente in carreggiata per la Champions: Gimenez e Pulisic ribaltano il Bologna dopo l’ennesima situazione di svantaggio
Nella speranza di rientrare nella corsa Champions e nel frattempo studiare da vicino il Bologna prima della finale di Coppa Italia, Conceicao ripropone l’ormai solito 3-4-2-1 con Joao Felix che prende il posto di Loftus-Cheek sulla trequarti. L’inglese si sposta sulla mediana al fianco di Reijnders al posto di Fofana, assente per l’infortunio rimediato contro il Genoa. Italiano invece cambia modulo. Il Bologna si schiera con un 4-3-3, Moro e Pobega accompagnano Freuler sulla mediana mentre Dominguez prende il posto da titolare sulla fascia sinistra completando il tridente al fianco di Dallinga e Orsolini. Dopo neppure sette minuti però, Tomori è costretto ad abbandonare il campo dopo un brutto impatto con la testa contro Dominguez, costringendo Conceição ad effettuare la prima mossa dalla panchina, al suo posto Thiaw. Con una bella manovra i rossoneri spezzano in due il centrocampo bolognese, Pulisic si imbuca alle spalle della difesa ma al momento del tiro viene chiuso da Lykogiannis. Si assiste ad un primo tempo equilibrato in cui il Milan ha sfiorato diverse volte il vantaggio nella prima parte del primo tempo, mentre il Bologna prende coraggio progressivamente. Alla mezz’ora anche Italiano deve fare i conti con un infortunio in difesa, in particolare è Erlic che abbandona il campo facendo spazio a Lucumi. Alla ripresa nessun cambio, ma il Bologna trova la rete del vantaggio dopo appena tre minuti con il solito Orsolini che arriva a quota 13 gol stagionali, il suo miglio bottino: sponda di Dallinga per il numero 7 che prende il tempo a Pavlovic calciando col mancino sul secondo palo dove non arriva Maignan. Ma il Milan non è sconfitto, non lo è mai date le innumerevoli volte in cui i rossoneri hanno ribaltato situazioni di svantaggio in questo campionato. Dopo 5 minuti dal suo ingresso in campo, Santiago Gimenez crea la sua prima occasione da gol al 70′, ma il gol del pari arriva poco dopo: Pulisic in caduta riesce a servire il numero 7 che di piatto insacca sotto le gambe di Skorupski. Il pareggio galvanizza il Milan, e come contro il Genoa, ribalta tutto in poco più di qualche minuto: Joao Felix viene pescato dentro l’area e prova a concludere colpendo direttamente Beukema, il rimpallo favorisce la corsa di Capitan America che buca Skorupski calciando sul secondo palo. Solo sul finale il Bologna sfiora il pareggio, Cambiaghi lascia partire una rasoiata sul primo palo ma Maignan di puro instinto chiude in calcio d’angolo. Sul finale i rossoneri chiudono la gara con la doppietta di Gimenez: contropiede bellissimo guidato da Chukwueze, che rientra sul sinistro e serve sulla sinistra il numero 7. Gimenez dentro l’area è spietato: salta secco De Silvestri e buca Skorupski sul secondo palo, chiudendo i giochi. I rossoneri tornano miracolosamente in corsa per l’Europa che conta, facendo sprofondare il Bologna al settimo posto. Il primo incontro tra Milan e Bologna sorride ai rossoneri, ma la vera sfida si terrà mercoledì, con il Bologna che vorrà prendersi la rivincita puntando al trofeo.
Como-Cagliari
La sesta sinfonia lariana rimanda la salvezza dei sardi. Il Como vince in rimonta e adesso è decimo
Fabregas, che non subisce gol da quattro partite, sceglie di cambiare portiere: non gioca Butez, ma come nel match d’andata il portiere titolare è Pepe Reina. Confermatissimo il blocco delle ultime gare, con le sole sostituzioni rappresentate da Douvikas (al posto di Cutrone), Valle (al posto di Alberto Moreno) e Strefezza (al posto di Ikoné). Il Cagliari presenta un 4-4-2 con Viola che affianca Piccoli. Nelle fasce Nicola sceglie Luvumbo a sinistra, mentre a destra il solito -irremovibile- Zortea. Emergenza in difesa, perché il tecnico dei sardi non rischia Luperto, diffidato e non al meglio, al suo posto Obert, in coppia con Palomino. Con le due situazioni di classifica ben diverse, la gara mostra fin da subito un Como in gestione della gara, e un Cagliari pronto ad approfittare di ogni minimo errore per colpire a sorpresa. I primi minuti di gara tutti a tinte azzurre, subito con Perrone a scaldare i guantoni di Caprile e lanciare un messaggio al Cagliari. La squadra di Nicola non perde compattezza e solidità, cerca di sfruttare i centimetri di Piccoli, ma il numero 91 è costantemente bloccato da Kempf e Goldaniga. Al 22′ il Cagliari trova il vantaggio: azione sulla destra, Adopo dialoga con Zortea e arriva sul fondo, il francese calcia rasoterra verso la porta, la conclusione sembra innocua, ma Reina sbaglia la presa e regala il vantaggio ai sardi. La reazione del Como è immediata, sempre con qualità e pulizia tecnica. Al minuto 41 i lariani rimettono in equilibrio la gara: Douvikas trova Caqueret alle spalle della difesa, l’inserimento del centrocampista francese è perfetto, così come il pallonetto che batte Caprile in uscita. L’arbitro inizialmente annulla, ma il VAR assegna il gol al Como. L’inerzia della gara è completamente ribaltata, il Como grazie alla sua qualità la fa da padrona, e trova il sorpasso ancora prima dell’intervallo: Strefezza riceve palla sulla sinistra, si accentra leggermente e scaglia un mancino a giro che dà un bacio al palo e si insacca alle spalle di Caprile. Rete meravigliosa del centrocampista brasiliano, senza dubbio l’uomo in più nelle ultime partite della squadra di Fabregas. Al rientro dagli spogliatoi il Cagliari ritrova l’equilibrio, perso nell’ultimo quarto del primo tempo dove era stato sovrastato dal Como. La squadra di casa comincia a gestire il risultato, e abbassa il ritmo della pressione e dell’attacco. Ne scaturisce una serie, a tutto campo, di duelli fisici, lanci lunghi e folate del Cagliari, nel tentativo di ritrovare il pareggio. L’occasione più clamorosa per i sardi è quella capitata a Piccoli al minuto 57: Luvumbo riceve sulla sinistra, si libera rapidamente dell’avversario e crossa all’improvviso verso il centro, Piccoli arriva in anticipo ma chiude troppo la sua conclusione verso il secondo palo e spreca un’occasione d’oro per riacciuffare il pari. Da quel momento comincia la girandola di cambi, e il ritmo partita si smorza ulteriormente: Felici per Zappa e Deiola per Viola nel Cagliari; Cutrone, Van der Brempt ed Engelhardt per Douvikas, Vojvoda e Caqueret nel Como. La rotazione voluta da Fabregas ottiene i suoi frutti, perché i nuovi entrati riportano pulizia ed energia nel possesso lariano, e al 77′ il Como mette il lucchetto alla gara: Nico Paz inventa con l’esterno verso Cutrone, sgusciato alle spalle dei difensori, il capitano arriva davanti Caprile e lo batte sul primo palo con il mancino. Il Cagliari allora attacca a testa bassa, cercando di smezzare il vantaggio. Ci va vicino Marin, ma il suo sembra più un assist che un tiro, e la palla termina fuori. Al termine dei sei di recupero, il Sinigaglia si lascia andare all’ennesimo tripudio per un Como che cala la sesta vittoria consecutiva. 48 punti in classifica valgono agli uomini di Fabregas il decimo posto in classifica. Il rendimento dei lariani nel girone del ritorno è stato impressionante, con numeri da Europa, e con la salvezza acquisita è aumentata la qualità e la spensieratezza nelle giocate. Adesso, a due giornate dal termine, Fabregas cerca di allungare la sua serie -già alquanto storica. Il Cagliari rimanda ancora una volta la salvezza matematica, e la prossima gara contro il Venezia diventa decisiva per la salvezza dei sardi, chiamati a blindare l’obbiettivo il prima possibile.
Lazio-Juventus
La riprende ancora Vecino! La Lazio ferma la Juve al 96′
Il crocevia per la Champions di Lazio e Juve passa dallo scontro dell’Olimpico, e Baroni sceglie i migliori uomini a disposizione, con Dele-Bashiru che vince il ballottaggio con Dia. Anche la formazione della Juve è la migliore, anche se Tudor si presenta all’Olimpico con tante defezioni: confermato Savona in difesa, scelto Alberto Costa esterno a destra, mentre Nico Gonzalez e McKennie fanno da spalle a Kolo Muani, Vlahovic è recuperato ma solo per la panchina. Partita dal peso enorme, e le due squadre lo dimostrano fin da subito. Il ritmo è basso, l’equilibrio prevale per merito dei bianconeri, mentre la Lazio cerca di sfondare per vie centrali grazie ai movimenti imprevedibili di Dele-Bashiru. La prima occasione della gara è proprio del nigeriano, bravo a defilarsi sulla destra e calciare forte sul primo palo, Di Gregorio chiude bene lo specchio e manda in angolo. Il primo tiro della Juve verso la porta di Mandas arriva dopo quasi dieci minuti di gioco, ed è un calcio di punizione dalla trequarti che Locatelli però indirizza troppo verso il portiere. È la Lazio che nelle prime fasi di gioco si rende più pericolosa, e la velocità di Isaksen coglie impreparato Savona, che mostra qualche difficoltà in più nel ruolo, dopo che a Bologna era stato pressoché perfetto nell’interpretazione e nell’attenzione. Per rivedere la Juve dalle parti di Mandas bisogna arrivate al quarto d’ora, quando Alberto Costa non riesce a superare il muro biancoceleste eretto dai difensori, dopo che Mandas aveva lasciato la porta sguarnita in seguito a un contrasto con Nico Gonzalez. I bianconeri fanno fatica a rendersi pericolosi in avanti, Kolo Muani è spesso isolato contro i difensori di Baroni, McKennie è troppo impegnato nel raddoppiare Isaksen, mentre Nico Gonzalez non è in giornata e lo si evince dai tanti errori tecnici. Nella fase centrale non succede quasi nulla, da sottolineare solo una serie di cartellini gialli, pesantissimi, per Thuram e Savona: entrambi erano diffidati e salteranno l’ultima gara stagionale allo Stadium, contro l’Udinese. Nel secondo tempo Tudor non perde tempo a muovere la panchina: fuori Nico Gonzalez e dentro Conceicao. Un cambio che mira a rinforzare l’attacco e aumentare la qualità nella trequarti. Gli effetti arrivano, ma sulla corsia opposta: McKennie attacca maggiormente l’area laziale, arriva al cross dal vertice sinistro e trova in mezzo Kolo Muani, il cross dell’americano è perfetto, la conclusione del francese un po’ meno, ma basta per battere Mandas, che cerca di intervenire come può ma si butta la palla in rete. La Lazio sembra frastornata dal vantaggio della Juve, e non trova spazio per attaccare la difesa, sempre più bassa, della Juve. Baroni inserisce subito Pedro e Dia, al posto di Dele-Bashiru e Isaksen. A sparigliare le carte, e il copione della gara, ci pensa però un altro francese: al 58′ Castellanos rimane a terra dopo un diverbio con Kalulu. Il VAR richiama Massa all’on-field review e dalle immagini il colpo del francese sul collo dell’argentino è netto. Cartellino rosso e pronta la squalifica di due giornate per Kalulu, di fatto il suo campionato termina qui. L’ingenuità del francese costringe la Juve a una ripresa in completa trincea, mentre la Lazio cerca di attaccare e sfruttare il vuoto lasciato dal difensore bianconero. Nella Lazio Zaccagni non riesce a sfondare lateralmente, mentre tra le linee Guendouzi e Pedro trovano tanto spazio per calciare verso la porta. Tudor inserisce Adzic e Douglas Luiz al posto di Kolo Muani e Alberto Costa, uscito per delle noie fisiche. Il forcing biancoceleste è totale, la Juve soffre e all’86 Savona pasticcia con il pallone, colpisce Pedro e regala la palla a Castellanos in area, Di Gregorio esce e lo stende. Massa assegna il rigore ma la posizione del Taty è irregolare e il rigore viene cancellato. Tudor capisce il bisogno della difesa di maggiori centimetri e i cambi sono terribilmente cinici: fuori Conceicao e Adzic (la cui partita è durata dieci minuti), dentro Vlahovic e Gatti, al rientro dopo il lungo infortunio. Nel recupero si gioca in una sola metà campo, l’esercizio è attacco contro difesa, e la Lazio per poco non sfonda: minuto 92, Lazzari trova un corridoio a destra per Dia, il senegalese riceve in area e calcia forte sul primo palo, Di Gregorio si supera con il pugno sinistro, deviando la palla sul legno, ma la pressione del Lazio comincia a diventare sempre più pericolosa. La corsia è sempre quella destra, e a sessanta secondi dal termine i biancocelesti pareggiano: cross di Lazzari sul secondo palo, Castellanos impegna Di Gregorio in un altro miracolo, ma sulla respinta Vecino arriva per primo e insacca a porta vuota. Un primo tempo di poco e nulla, una ripresa in cui succede di tutto. È la fotografia di Lazio-Juventus, che non lascia felice nessuno nella corsa verso la Champions. 64 punti per entrambe, e adesso la corsa all’Europa che conta passa dagli ultimi due match. La Lazio ha un calendario più pesante (Inter a San Siro e Lecce in casa), ma si gioca punto su punto, e la squadra. di Baroni può dire la sua fino all’ultimo. Dall’altra parte la Juve ha due gare all’apparenza più semplici, con Udinese e Venezia, ma le squalifiche e i tanti infortuni possono presentare qualche insidia nascosta. La gestione della partita dell’Olimpico era stata quasi perfetta, fin quando Kalulu non è caduto nella trappola di Castellanos e ha condizionato la gara. Adesso Tudor è costretto a inventarsi qualcosa per la gara contro i friulani, e con Inter-Lazio e Roma-Milan in programma, la partita può essere il match-point per la Champions.
Empoli-Parma
Fazzini e l’eurogol di Anjorin. L’Empoli torna a vincere e adesso ci crede davvero
La conformazione del Parma di Chivu è ormai la solita: 3-5-2 con Bonny e Pellegrino in avanti. D’Aversa sceglie Fazzini e Cacace sulla trequarti, mentre il centravanti non è Colombo ma Seba Esposito. Dopo una fase di studio il pallino del gioco è in mano all’Empoli. Il Parma attende compatto nella sua metà campo, mentre i toscani cercano di dettare i ritmi e attaccare fin da subito. Dopo dieci minuti i padroni di casa sbloccano la gara: schema dalla bandierina, Henderson calcia basso verso il limite, Fazzini arriva in corsa e sfonda la porta di Suzuki con un missile sotto la traversa. Continua il momento d’oro del numero 10 azzurro, al terzo gol nelle ultime quattro gare. Per Chivu piove sul bagnato, perché Valenti commette due ingenuità e si fa espellere: prima si fa ammonire per una reazione su Henderson (abbastanza lieve) e poi si prende il secondo giallo trattenendo Esposito, che non sarebbe arrivato a prescindere sul pallone. Un’ingenuità che costringe il tecnico crociato a ridisegnare la sua squadra, anche se le maggiori difficoltà arrivano dalla metà campo in su. La mediana va in affanno, con Keita che rompe il gioco ma non imposta, Sohm non riesce a inserirsi agonisticamente nel match e Ondrjeka a girare a vuoto (assente ingiustificato sul gol di Fazzini). Pellegrino continua la sua lotta contro Ismaijli, tornato a governare la difesa e i risultati si vedono eccome. L’argentino ha solo un’occasione di testa, ma non riesce a convertire in rete, e per il resto del primo tempo non riesce a trovare spazio. Nella ripresa, come prevedibile, l’Empoli prova a fare la partita, forte dell’uomo in più. Il Parma di Chivu però non demorde e comincia a trovare sempre più spazio. La crescita dei crociati si evidenzia dalle mosse del tecnico romeno, che inserisce Milan Djuric al posto di Pellegrino, oltre a Hernani e Camara, al posto di Sohm e Ondrejka, non pervenuti. La mossa si rivela, ancora una volta, quella giusta, perché il Parma riacciuffa il pareggio grazie ai subentrati: punizione da centrocampo di Hernani verso il secondo palo, stacco imperioso di Djuric verso la porta, Bonny disturba Vasquez che non interviene e il Parma trova il gol dell’1-1, gelato il Castellani. Prima gioia in maglia crociata per Djuric, che sceglie la notte perfetta per aprire il suo score. L’Empoli, spinto dai suoi tifosi, cerca una reazione e la ottiene anche lei dalla panchina. Stavolta a uscire è Tino Anjorin, uno che nel girone di ritorno si è eclissato, causa problemi fisici. E pure lui sceglie la notte perfetta, anche meglio di Djuric, per fare gol: minuto 85, sponda di Konaté (anche lui subentrato, ad Esposito) Anjorin prende la mira e scaglia una fucilata sotto l’incrocio, una perla che ha un peso enorme per la corsa salvezza, perché il risultato resiste fino al triplice fischio. Serviva una vittoria per non smettere di lottare, e i tre punti sono arrivati. La lotta salvezza si conferma intensissima, e con questo successo anche l’Empoli manda un segnale alle pretendenti. Il gol di un Fazzini rigenerato nelle ultime gare, e di un ritrovato Anjorin, possono dare quella marcia in più in vista degli ultimi due scontri diretti, contro Monza e Verona. Il Parma mantiene quattro punti sulla zona retrocessione, e adesso cerca il sigillo finale alla salvezza.
Udinese-Monza (A cura di Marco Rizzuto)
A Udine prevale l’orgoglio brianzolo: all’ultimo respiro Keita Baldé regala la vittoria al Monza
Il Bluenergy Stadium ospita una gara tra due squadre che conoscono già il loro destino, ma le occasioni fioccano ugualmente. La prima palla gol è dei bianconeri, che sfiorano il vantaggio con l’acrobazia al volo di Kamara ma la sfera termina fuori dallo specchio. Nei primi trenta minuti si assiste ad un dominio bianconero, Solet prima dribbla Castrovilli, poi duetta con Modesto e calcia in porta costringendo Pizzignacco ad un grande intervento. La prima metà di gara giocata a ritmi non troppo bassi termina in parità. L’Udinese ha trovato diverse volte la porta senza mai battere l’estremo difensore. Alla ripresa il tecnico Runjaic effettua due cambi per provare a sbloccare il risultato: dentro Lucca e Lovric per Zarraga e Bijol. Il Monza però passa inaspettatamente in vantaggio al 52′ con il gol altrettanto surreale firmato da Caprari: Birindelli galoppa sulla corsia di destra, si accentra e calcia colpendo in pieno il secondo palo, la sfera carambola sulla spalla di Caprari che si era involato in scivolata ed entra in porta. La gara prosegue con l’Udinese che cerca e trova il pareggio in un modo similmente surreale: Akpa Akpro inciampa sul pallone regalando ai bianconeri il possesso, Karlstrom senza perdere tempo sventaglia in avanti alla ricerca di Lucca, che controlla bene e poi calcia forte sul secondo palo battendo Pizzignacco ad un quarto d’ora dalla fine. Il secondo tempo segue lo stesso copione del primo, l’Udinese spinge per il gol ma alla fine è il Monza che a sorpresa sul finale segna il gol vittoria: Sensi apre sulla sinistra per Zeroli che crossa in mezzo trovando Keita Baldé tutto solo, il senegalese spacca la porta da pochi metri regalando la vittoria al Monza, una vittoria che non si vedeva da quasi quattro mesi.
Hellas Verona-Lecce (A cura di Marco Rizzuto)
Krstovic illude, Coppola punisce: la salvezza del Lecce è appesa a un filo
Dopo il successo dell’Empoli, il Lecce è chiamato a vincere per uscire fuori dalla zona retrocessione. Tra le fila del Verona, Zanetti ritrova Coppola e Valentini dopo il turno di squalifica, torna titolare anche Tengstedt che si posiziona al fianco di Sarr per guidare l’attacco scaligero. I salentini rispondono col solito 4-2-3-1, Krstovic riesce a recuperare partendo titolare. Alle sue spalle N’Dri, Helgason e Tete Morente. La squadra di Giampaolo non vince addirittura dal 31 gennaio e la vittoria deve essere l’unico risultato accettabile. Il Lecce prende in mano le redini della gara, passando in vantaggio dopo 22 minuti di dominio: Tete Morente imbucail pallone alle spalle della difesa perfetto per Krstovic, il bomber salentino batte Montipò inaugurando la gara. Dopo lo svantaggio, il Verona cerca di rialzare la testa e riesce a pareggiare a cinque minuti dalla fine del primo tempo: Suslov scodella in mezzo il pallone trasformato in gol dalla testata di Coppola, che si insacca perfettamente sul secondo palo dove Falcone non può arrivare. Sul finale Krstovic prova a prendersi la squadra sulle spalle cercando l’eurogol dalla distanza, ma la sfera esce a fil di palo. Alla ripresa entrambi gli allenatori mettono mano alla panchina: dentro Serdar per Suslov nel Verona, mentre Veiga subentra per Guilbert nei salentini. Il secondo tempo mostra un Verona molto più propositivo, la squadra di Zanetti tenta di sfruttare i cross, punto debole del Lecce come visto nella prima frazione. All’ora di gioco il Lecce va vicinissima al vantaggio, ma Banda non riesce ad indirizzare a porta vuota sullo splendido assist di Veiga. Da questo momento in poi i ritmi calano vertiginosamente, il fischio finale conferma l’1-1 del primo tempo lasciando in bilico il destino di entrambe le squadre. Il Verona momentaneamente ricopre la quindicesima posizione, ma la salvezza non è ancora confermata. Con questo pari la squadra di Giampaolo rischia grosso, a sole due giornate dal termine i salentini sono diciottesimi, a -1 dal Venezia momentaneamente salvo.
Torino-Inter (A cura di Tommaso Patti)
Nerazzurri sulla cresta dell’onda. Il primato adesso dista solo un punto
Nel miglior momento della stagione, subito dopo le due quasi fatali sconfitte in campionato, l’Inter è costretta a fare risultato a Torino per impedire agli azzurri di allungare sul secondo posto. Inzaghi schiera in campo nove cambi rispetto alla sfida contro il Barcellona, lasciando in campo solamente Bisseck e Bastoni. Dopo una decina di minuti giocati interamente nella metà campo dei padroni di casa, la mossa di Simone Inzaghi risulta vincente e porta l’Inter in vantaggio: posizionato da mezza’ala, Zalewski si crea, con un colpo di tacco, lo spazio per aggredire il campo e calciare a giro sul secondo palo, conclusione che trova impreparata la difesa granata e che non lascia scampo Milinkovic Savic. La prima rete in maglia nerazzurra dell’esterno polacco, permette all’Inter non solo di procedere con una marcia in più la gara, ma anche la gioia di aver portato in gol tutti i giocatori di movimento (appartenenti alla prima squadra). La nuova posizione di Zalewski e il tanto sacrificio di Correa, permette all’Inter di trovare spazi liberi e portare palla indisturbatamente nell’area di rigore avversaria, come accaduto al 26’ con l’avanzata di Bisseck conclusa con il filtrante per Darmian, autore di un tiro in diagonale salvato miracolosamente da Masina. Dall’occasione dell’ex difensore del Toro, la gara subisce un calo drastico di azioni, fattore alimentato soprattutto dalle forti precipitazioni avvenuta a Torino, che costringono le squadre a giocare con cautela date le incognite del campo dopo un breve stop per testare il terreno di gioco da parte di La Penna. Nel pieno dei sei minuti di recupero, una prodezza di Josep Martinez salva l’Inter sul colpo di testa di Che Adams, che riceve palla da Biraghi ma non riesce ad angolare il pallone in modo tale da battere l’estremo difensore spagnolo. Dopo un secondo test per capire se la gara potesse riprendere dato il forte temporale verificatosi durante l’intervallo, la sfida prosegue regolarmente. La prima occasione della ripresa arriva dopo poco più di un minuto, quando sullo scatto di Taremi, Milinkovic–Savic interviene in maniera irregolare sull’iraniano, commettendo fallo dentro l’area di rigore. Per ottenere continuità e fiducia, dal dischetto si presenta nuovamente Asllani che spiazza il portiere serbo, e trasforma in gol il secondo rigore di fila dopo quello segnato nell’ultima sfida contro il Verona. Il doppio vantaggio e l’evidente stanchezza dovuta all’estenuante impegno contro il Barcellona, il ritmo dei nerazzurri è più conservativo. Nonostante il fallo che ha regalato il penalty agli ospiti, Milinkovic-Savic salva la propria squadra in diverse circostanze grazie a degli interventi importanti e che tengono a galla la squadra di Vanoli. Durante il secondo dei tre minuti di recupero, la rovesciata di Masina riapre la partita, rete annullata immediatamente dal direttore di gara per un fallo in attacco del centrale marocchino ai danni di Asllani. La rete che avrebbe accorciato le distanze, illude un Torino poco creativo e succube per tutti i novanta minuti dell’Inter. La dodicesima sconfitta in campionato, non danneggia però in nessun modo un Torino già salvo e saldamente a metà classifica. Dopo le turbolenti due settimane in cui l’Inter ha visto quasi scappare via tutti gli obiettivi, la vittoria di misura contro il Verona e la grande prestazione in Champions, regala ai nerazzurri un finale di stagione tutto da vivere, soprattutto dopo il passo falso del Napoli contro il Genoa.
Napoli-Genoa (A cura di Tommaso Patti)
Il Genoa sorprende e pareggia al Maradona. Conte “spreca il bonus”.
La voglia di continuare a sognare degli azzurri e la frase “andiamo a Napoli per vincere” di Vieira, sono la combo perfetta per una sfida elettrizzante. Al Maradona, il Napoli prova subito a rompere la difesa avversaria dopo pochi minuti con la classica conclusione di Politano, terminata di poco a lato la porta difesa da Siegrist. Dieci minuti dopo il gol sfiorato dall’esterno azzurro, il Napoli -come in gran parte della stagione- si affida alla devastante forza di Lukaku, che si carica la squadra sulle spalle, e sblocca il risultato grazie all’assist di McTominay. La dodicesima rete in campionato di Lukaku, spinge ancora di più un Maradona carico e voglioso di trionfare. Successivamente alla conclusione di Raspadori murata da Siegrist, il Napoli trema sulla traversa colpita da Pinamonti, bravo nel vincere il duello contro Politano e a impattare di testa il cross servito da Vitinha. Su un’altra iniziativa nata dai piedi di Messias, il Genoa trova la rete del pareggio grazie all’errore di Meret sul colpo di testa di Ahanor. La reazione dei partenopei non arriva e il Genoa prova a prendere il sopravvento, sbattendo più volte contro una difesa del Napoli attenta e rapida nel bloccare le manovre offensive avversarie. Nella ripresa, il Napoli scende il campo provando subito ad assediare l’area del Genoa, affidandosi alle solite ed efficaci incursioni di Di Lorenzo. Dopo un primo tempo opaco, il “Jack” del Napoli si accende e riporta in vantaggio la squadra di Conte, azione nata dall’ennesimo assist di McTominay e da un’altra imbucata vincente di Raspadori. Nel momento migliore del Napoli, il cross di Aaron Martin è inatteso dalla retroguardia azzurra, che lascia libero di saltare e impattare in porta la conclusione di testa di Vasquez. Il gol del difensore messicano gela il Maradona, che spinge comunque la squadra nel tentativo di raddrizzare una sfida non giocata al meglio da parte dei padroni di casa. Prima del triplice fischio, il Napoli sfiora il gol del nuovo vantaggio in due occasioni: prima con il sinistro a giro di uno stremato Politano, e successivamente con l’azione pericolosa costruita da Neres per il colpo di testa largo di Billing. Con il successo dell’Inter, il Napoli ha sì il destino nelle proprie mani, ma ha comunque visto svanire l’opportunità di andare a +3 a sole due giornate dal termine, distanza che adesso è di una sola lunghezza sulla squadra di Inzaghi. Nelle prossime sfide, la squadra di Conte affronterà Parma e Cagliari, due squadre ancora non certe della permanenza in Serie A nella prossima stagione, a differenza del Genoa, salvo, senza obiettivi ma in grado di strappare un punto prezioso al Maradona.
Venezia-Fiorentina (A cura di Simone Scafidi)
C’è luce per il Venezia, frenata Viola
Nel commovente spettacolo di un Penzo sorprendentemente pieno, che omaggia tutte le mamme in occasione della loro festa, Venezia e Fiorentina arrivano con due obbiettivi ben diversi: la salvezza per i Lagunari, l’Europa per Palladino. La prima metà del primo tempo risulta monotona, con le due squadre che si studiano, temendo di sbilanciarsi ed evitando di subire eventuali ripartenze. La prima occasione è per la Fiorentina con Fagioli, che calcia sul secondo palo trovando la bella parata di Radu, che sventa il pericolo. Allo scadere del primo tempo è invece il Venezia ad andare vicino al vantaggio, con una serpentina di Yeboah in area di rigore che termina sul fondo. Al 59′ è invece Oristanio a sfiorare l’1-0, sparando la sfera sull’esterno della rete da due passi. Dopo appena tre minuti, sul cross di Kike Perez si avventa Candé, che buca De Gea e porta in vantaggio la squadra di Di Francesco, in un Penzo che esplode di gioia. La difesa Viola sale malissimo e il due del Venezia rimane totalmente indisturbato nel calciare. Pochi istanti dopo la Fiorentina reagisce, con il tiro di Ranieri che, in seguito ad un miracolo di Radu, si infrange sul palo, innescando la ripartenza del Venezia che arriva fino in fondo con Oristanio, autore del gol del 2-0, tornando in rete dopo ben cinque mesi. A quindici minuti dal termine la riapre uno dei migliori giocatori della stagione viola, Rolando Mandragora, che si gira in un fazzoletto all’interno dell’area di rigore e batte Radu, insaccando la sfera praticamente all’incrocio dei pali. Dopo sette lunghi minuti di recupero, Marchetti fischia tre volte e il Venezia può tirare un sospiro di sollievo, con due partite rimaste in cui dovrà mettere l’anima per riuscire ad accaparrarsi un’insperata salvezza.
Atalanta-Roma (A cura di Simone Scafidi)
Il Passato può tornare: Sulemana gela Ranieri
Le ultime battute di questo campionato saranno fondamentali per definire l’accesso agli ultimi posti disponibili per l’Europa. Al Gewiss Stadium, con i tre punti, la squadra di Gasperini si assicura la partecipazione alla prossima Champions, mentre la squadra di Ranieri, sconfitta dopo 19 risultati utili consecutivi, dovrà per forza trovare due vittorie nelle ultime due giornate. I giallorossi, in tenuta da trasferta, partono arrembanti con Cristante, ingranaggio a centrocampo che dopo appena sette minuti impensierisce Carnesecchi con un tiro dalla distanza abbastanza insidioso. Nella ripartenza immediatamente successiva, sull’assist di De Ketelaere, Lookman buca Svilar sul secondo palo con il più classico dei suoi gol e porta avanti la Dea, in mezzo alla nebbia di Bergamo. Dopo appena due minuti l’Atalanta va vicina al raddoppio con Ederson, che in seguito ad una giocata da brividi calcia alto sopra la porta giallorossa. Al 17′, un errore di Kossounou spalanca il campo a Koné, che tenta la conclusione dalla lunga distanza, deviata in calcio d’angolo non lontana dalla porta di Carnesecchi. Cinque minuti più tardi è proprio Manu Koné a spalancare il campo alla Dea, che arriva al tiro prima con De Ketelaere, murato da Svilar e successivamente con Retegui, autore di una conclusione potente ma imprecisa. Ad un quarto d’ora dal termine del primo tempo, Cristante sigla il gol del pareggio, incornando di testa su una palla precisa di Soulé, che il centrocampista italiano non deve far altro che appoggiare in porta, per il gol dell’1-1. Nel secondo tempo, quantomeno all’inizio, la Roma sembra scendere in campo più consapevole dei propri mezzi, arrivando spesso dentro l’area di rigore avversaria. Al 63′ Koné sfonda e viene buttato giù da Pasalic, con l’arbitro che indica il dischetto, per poi annullare, solo successivamente, il calcio di rigore, con il sospiro di sollievo di Gasperini. Da questo episodio l’Atalanta riesce a trovare la forza per riprendere in mano la partita, e al 76′, in seguito ad una meravigliosa azione corale, il neo-entrato Sulemana arriva alla conclusione dalla distanza, che batte Svilar per il definitivo 2-1. La mossa di Gasperini si rivela (ovviamente) vincente, e al triplice fischio dell’arbitro l’Atalanta esplode in una grande festa per l’ennesima qualificazione in Champions League, arrivata con due giornate di anticipo. Ranieri, apparso leggermente nervoso nelle interviste post-gara, dovrà invece motivare la squadra per rimanere attaccato al treno Champions, che arriverà a destinazione con un solo vagone conteso da diversi passeggeri.
LA TOP11 DELLA 36ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala
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