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Calcio

Il Supercommento della 13ª giornata di Serie A

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Grafica: Julya Marsala

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della tredicesima giornata di Serie A.

Hellas Verona-Inter (A cura di Tommaso Patti)

Nonostante le assenze di due perni fondamentali come Çalhanoğlu e Lautaro, l’Inter esce dal Bentegodi strappando tre punti al Verona con una manita. La gara stupisce tutti partendo a mille, sin dai primi minuti entrambe le squadre attaccano senza paura, colpendo una traversa a testa con il tiro di Tengstedt prima, e il colpo di testa di Correa, schierato a sorpresa da Inzaghi dopo tanti dubbi di formazione dovuti all’infortunio di Lautaro e al turnover di Taremi in vista dell’impegno di Champions contro il Lipsia. Nonostante gli scetticismi alla notizia della sua titolarità, l’argentino firma il gol del vantaggio pochi minuti dopo, frutto di un azione da manuale cominciata da De Vrij, seguita dal velo di Correa e dal filtrante di Thuram, a centro area si fa trovare proprio l’argentino che, con un tocco morbido, supera Montipò e firma il vantaggio. Dopo solo quattro minuti, i nerazzurri raddoppiano con Thuram su assist di Correa, il centravanti francese riesce a scattare in posizione regolare, saltare il portiere, e a chiudere l’azione mettendo il pallone alle spalle del portiere. Il terzo gol dell’Inter non tarda ad arrivare, al 25′ un lancio di Bastoni manda a tu per tu Thuram che replica e, come nel secondo gol, salta Montipò e successivamente insacca in porta il pallone, toccando quota nove reti in campionato. Il Verona rimane imbrigliato all’interno del perfetto gioco della squadra di Inzaghi, incassando il quarto gol alla mezz’ora con De Vrij (subentrato al 15′ a causa dell’infortunio di Acerbi), l’olandese al momento del gol si fa trovare in una posizione insolita all’interno dell’area di rigore avversaria, calciando di prima intenzione come un vero bomber d’area di rigore, mettendo un sigillo alla partita dopo soli trentuno minuti. I nerazzurri non si accontentano e trovano la quinta e ultima rete sul tramonto del primo tempo con Bisseck, il difensore tedesco riesce girarsi e a tenere il controllo del pallone all’interno dell’area di rigore, riuscendo -seppur male- a calciare e firmare la manita nerazzurra. Dopo aver passato il primo tempo ad assaltare l’area di rigore avversaria, l’Inter sfiora la sesta rete con il neo entrato Zielinski per poi abbassare il ritmo, accontentandosi di concedere qualcosa ai padroni di casa dopo un primo tempo vissuto sotto shock. Nonostante il calo dei nerazzurri, il Verona amplifica i propri problemi non riuscendo a rendersi pericolosa per tutta la seconda frazione, rischiando di prendere gol al 91′ con Correa che, dopo aver ritrovato il gol e servito due assist, colpisce anche un secondo legno nel recupero della ripresa. Nonostante le assenze per infortunio e le scelte di turnover n vista della Champions, l’Inter di Inzaghi vince ancora, mantenendo ancora testa al “gruppone delle seconde”, in attesa della sfida di domenica contro la Fiorentina. Continua il momento no del Verona, con quella contro l’Inter sono due le sconfitte di fila, sconfitte che obbliga Zanetti al ritiro nella speranza di poter uscire il prima possibile da questo momento negativo che vede i gialloblu al quattordicesimo posto.

Milan-Juventus (A cura di Dennis Rusignuolo)

Sotto i fischi assordanti di San Siro il big match tra Milan e Juve non produce spettacolo. Fatiche e infortuni, tanto equilibrio, poche occasioni e un pareggio che non fa sorridere nessuno. In attesa delle altre gare, adesso la vetta si allontana vistosamente.

Parma-Atalanta

Parma-Atalanta (A cura di Tommaso Patti)

Continua a vincere e a convincere la macchina da gol di Gasperini, grazie ai gol di Lookman, Retegui ed Ederson. Al Tardini il Parma va subito in svantaggio, al primo tentativo l’Atalanta riesce a portarsi in vantaggio grazie al cross di Bellanova che propizia la dodicesima rete in campionato di Mateo Retegui. Passano i minuti ma i padroni di casa non riescono ad uscire dal limbo imposto dagli uomini di Gasperini, rimanendo intrappolati nella propria area di rigore e subendo all’ottavo minuto di gioco la seconda rete segnata da Lookman, annullata dal direttore di gara dopo una verifica al VAR. Nonostante la rete annullata, alla dea rimane l’ottima azione proposta, sottolineando ancora lo straordinario stato di forma dei singoli, ma soprattutto del gruppo che, rimane unito, e raddoppia ufficialmente al 39′ con Ederson, quest’ultimo viene pescato perfettamente dal cross di Ruggeri che, taglia tutta l’area piccola, e facilita il tap-in di vincente dell’ex centrocampista della Salernitana. Nella ripresa, i ducali riescono a trovare la forza per reagire, accorciando le distanze nei primi minuti grazie al filtrante di Mihăilă per Cancellieri, che riesce a girarsi e superare Toloi per poi calciare di potenza e battere Carnesecchi. Ad un quarto d’ora dalla fine, l’Atalanta riesce a trovare la terza rete con Lookman: il giocatore nigeriano riesce a mettere il suo nome nel tabellino dei marcatori dopo la precedente rete annullata nel primo tempo, segnando stavolta in posizione regolare sul cross di Cuadrado. Continua a vincere l’Atalanta che diventando più che mai vincente e solida: mai come quest’anno gli uomini di Gasperini avevano fatto tutti questi punti in tredici giornate di campionato, registrando la miglior partenza della propria storia in Serie A.

Genoa-Cagliari (A cura di Marco Rizzuto)

Piccoli rovina la rovina la festa al Grifone. Il Cagliari contro-rimonta e strappa un punto al Ferraris. Il lunch match di questa tredicesima giornata regala un avvio scoppiettante, al 7′ l’arbitro viene richiamato al VAR per controllare l’intervento di Thorsby sugli sviluppi di un calcio d’angolo a favore degli ospiti. Il norvegese tocca con un braccio e il direttore concede il penalty, trasformato da Marin. Il Genoa però, dimostra grande personalità e va subito a caccia del gol del pari che arriva dopo soli quattro minuti: Zanoli dalla rimessa laterale batte lungo alla ricerca di Pinamonti, il pallone respinto in modo non perfetto da Mina favorisce l’inserimento di Frendrup che calcia un rigore in movimento pareggiando i conti. le manovre offensive del Grifone sfruttano soprattutto le corsie laterali, in particolare quella di Zanoli. Il Cagliari invece spaventa molto dai calci piazzati, al 19′ il colpo di testa di Mina sorvola di poco la porta difesa da Leali, graziando i padroni di casa. In questo primo tempo assai frenetico, entrambe le squadre giocano un calcio votato all’attacco, creando tanto e impegnando in diverse occasioni gli estremi difensori. Alla ripresa l’andazzo non cambia e si prosegue ad alti ritmi, all’ora di gioco Sabelli trova in profondità Thorsby che è abile nel saltare Luperto senza commettere fallo e nel servire l’assist per Miretti che completa la rimonta a favore del Grifone. Nicola ridisegna la formazione con un assetto molto più offensivo, facendo entrare Pavoletti per Zortea. Questo cambio fa perdere stabilità alla difesa del Cagliari, che in diverse occasioni rischia di subire il terzo gol che potrebbe chiudere la partita. Nel finale di partita il Cagliari prende in mano il pallino del gioco e cerca disperatamente il pareggio. All’86’ Martin e Piccoli si scontrano in area e l’arbitro senza alcun dubbio indica il dischetto. Dagli undici metri stavolta è Piccoli a calciare e a siglare il gol del pari, rovinando quella che poteva essere la prima vittoria del Genoa di Vieira.  Pareggio che non scuote la classifica, Genoa e Cagliari rimangono appaiate una manciata di punti sopra la zona retrocessione.

Como-Fiorentina (A cura di Dennis Rusignuolo)

Sulle sponde del lago la Fiorentina di Palladino rimane in scia delle prime e cala la settima vittoria consecutiva. In avvio ci prova subito il Como, con una conclusione di Cutrone rasoterra su cui De Gea è attento, ma è la Fiorentina a sgasare per prima. Adli e Cataldi prendono possesso del centrocampo, mai pressati, e al primo affondo la Viola passa: al 19’, cross basso di Bove da sinistra, Beltran controlla in area e appoggia indietro per Adli che con un destro di prima secco e violentissimo buca centralmente Audero. Lo svantaggio non scuote il Como, che si ritrae – anche troppo – sul possesso della Fiorentina, che spesso rallenta i ritmi addirittura da fermare il pallone. La crescita della Viola si evince dal dominio, dal controllo del gioco e del pallone. Nel secondo tempo Fabregas cambia subito, con Iovine al posto di Sala e un passaggio al 3-4-2-1 che cerca di dare una scossa ai lariani. L’impulso arriva subito, perché il Como comincia ad alzare il baricentro e al 61′ arriva l’occasione più importante della gara dei padroni di casa: conclusione in spaccata di Goldaniga, su cui De Gea mette lo zampino, ma ciò che rende clamorosa l’occasione è il colpo di reni che l’estremo difensore spagnolo compie sulla conclusione in ribattuta di Barba. Palladino inserisce Ikoné e si schiera a specchio. Con Sottil entrato in precedenza al posto di Cataldi, la Viola gioca sulla profondità e al 68′ lo stesso Sottil sgasa sulla fascia, arriva al limite e aspetta il movimento in area di Kean, il centravanti italiano è in una forma superlativa e si vede anche dalla fame con cui si avventa sul cross del numero 7, un mancino a giro che anticipa Barba e spedisce la palla all’incrocio dei pali. Ikoné va vicino al tris e Cutrone risponde di testa da dentro l’area, con palla che termina di poco a lato, ma nel finale il Como si spegne e non riesce a rientrare in partita, rimanendo in dieci uomini a causa di un rosso a Dossena per una manata ad Adli. 28 punti, terzo posto in classifica alle spalle di Napoli e Atalanta, questa Fiorentina non ha intenzione di fermarsi. Sembra un miraggio la squadra in difficoltà e squilibrata delle prime partite, ma anche questa crescita ha un nome e un cognome: Raffaele Palladino. Il passaggio dalla difesa a tre a una linea da quattro, l’impiego di calciatore totalmente rigenerati come Bove, De Gea e Ranieri. In attesa del rientro di Gudmunsson, con un Kean stellare la Fiorentina continua a sognare. Prossimo banco di prova contro l’Inter di Simone Inzaghi al Franchi.

Napoli-Roma (A cura di Marco Rizzuto)

Non basta l’entusiasmo portato da Ranieri alla Roma, il Napoli vince di misura grazie alla zampata di Lukaku e si riprende la vetta della classifica.

Lazio-Bologna

La Lazio non vuole smettere di sognare e in casa contro il Bologna arriva la settima vittoria di fila, con un secco 3-0 che inchioda i biancocelesti alle prime posizioni. Il primo tempo è equilibrato e carente di vere e proprie occasioni. Al 20’, dopo una fulminea discesa di Lazzari, che mette il pallone in mezzo, Castellanos tenta il colpo di tacco, immediatamente neutralizzato da Ravaglia. Molto gioco sulle fasce e grande densità a centrocampo bloccano la squadra di Italiano, che al 34’ rimane in dieci uomini per l’ingenuità di Pobega, che entra (inspiegabilmente) in scivolata su Guendouzi prendendo così il secondo giallo in pochi minuti. Forte del vantaggio numerico, nel secondo tempo la squadra di Baroni scende in campo più determinata e grintosa, sfiorando, al 56’, il vantaggio con il colpo di testa di Castellanos, che termina a pochi centimetri dal palo. A poco più di venti minuti dalla fine l’Olimpico può finalmente gioire. Sul calcio d’angolo battuto da Zaccagni, Gigot trova il colpo di testa vincente e sigla il gol dell’1-0. Dopo la rete del francese la Lazio acquisisce fiducia e prende il largo. Cinque minuti dopo il gol del vantaggio, Zaccagni apre il piattone dal limite dell’area e raddoppia, spezzando le gambe ad un Bologna che aveva retto abbastanza bene fino a pochi minuti prima. Il match si chiude in bellezza per i biancocelesti, con Dele-Bashiru che raccoglie un pallone sfuggito a Isaksen e insacca il gol del definitivo 3-0, che fa volare la Lazio, attaccata al Napoli, che ha un solo punto in più. Delusione per Italiano, che si prepara ad accogliere la sorpresa Lille, al Dall’Ara, nel turno di Champions League.

Empoli-Udinese

Al Castellani Empoli e Udinese si annullano e portano a casa un puntoa testa, che lascia un po’ di rammarico in entrambe le squadre. A fare gioco, per buona parte del primo tempo, è la squadra di D’Aversa, che con Colombo prova a farsi vedere dalla distanza al 14’, con una conclusione che però termina alta sopra la porta di Okoye. Al 23’, dopo un gran recupero di Ismajli e il passaggio di Pezzella, Cacace trova in profondità Pellegri, che dal limite dell’area si gira e trova la soluzione vincente con il destro, battendo l’estremo difensore friulano. La rete degli azzurri sembra dare una scossa all’Udinese, che prova subito a reagire con Thauvin, il cui tiro impegna Vasquez, al primo intervento della sua serata. Un secondo tempo monotono e caratterizzato da grande densità ed equilibrio a centrocampo si accende solamente al 71’. Sul cross di Keinan Davis raccolto da Lucca, Cacace compie una vera e propria parata spedendo la palla in corner, che non viene però giudicata irregolare dall’arbitro. Dagli sviluppi del calcio d’angolo, battuto da Lovric, è proprio Keinan Davis a incornare e riportare l’Udinese sul livello del mare, grazie ad uno stacco imperioso che gli permette di anticipare tutti. La partita prosegue il suo corso e va a concludersi senza altre occasioni, terminando così con un pareggio insapore per entrambe le squadre.

Venezia-Lecce (A cura di Dennis Rusignuolo)

Giampaolo esordisce con una vittoria. Lecce corsaro al Penzo contro un Venezia terribilmente sprecone. Prime impressioni sulle nuove idee apportate da Giampaolo: il Lecce marca a zona negli angoli, e cerca il fraseggio pulito, senza sdegnare il lancio ‘di alleggerimento’ verso l’attacco in situazioni di difficoltà. Di fronte però i salentini trovano un Venezia coraggioso, molto attivo fin dall’inizio e pericoloso in ogni frangente. Oristanio è l’uomo in più della squadra di Di Francesco, sempre al centro del gioco e pericoloso all’ottavo minuto, quando si invola verso Falcone e strozza troppo il mancino sul primo palo. Per arginare la zona salentina il Venezia cerca sempre di muovere i difensori giocando corto ogni angolo, ma è su palla inattiva che i lagunari producono l’occasione principale del primo tempo: cross radente e preciso di Nicolussi Caviglia sul primo palo, Idzes impatta di testa ma la palla sbatte prepotentemente sulla traversa. Una prima frazione in difficoltà per il Lecce, ancora alla ricerca di una nuova identità sotto gli schemi di Giampaolo. Nella ripresa non cambia il copione della gara: c’è solo una squadra in campo. Cinque minuti e Falcone deve chiudere lo specchio, per l’ennesima volta, dopo una combinazione tra Pojhanpalo e Busio. Il numero di occasioni per i lagunari non si contano più nel corso della gara, ma il risultato non sembra schiodarsi grazie agli interventi di Falcone e la poca concretizzazione del Venezia. Il ritmo si abbassa, Giampaolo muove la panchina per scuotere i suoi. In una fase di stasi della gara il Lecce trova il vantaggio: al 70′ il Lecce esce dal pressing del Venezia con un fraseggio lucido e preciso, Gallo arriva al limite dell’area e indirizza il cross verso il palo opposto, dove Dorgu incrocia il destro e porta in vantaggio i salentini. La porta di Falcone sembra stregata nella serata del Penzo, e due minuti dopo il gol di Dorgu, Pojhanpalo non riesce a insaccare, a porta vuota, un diagonale di Ellertsson. Di Francesco non rinuncia a Oristanio per il finale, e si sbilancia prima con Yeboah e Haps, e poi con Gytkjaer e Raimondo. Nel finale si assiste al gioco attacco contro difesa, con tutto il Lecce rannicchiato in pochi metri, e tutto il Venezia sbilanciato in avanti. Nonostante le tante presenze in zona offensiva, il Venezia non cerca mai l’area di rigore, e in ripartenza il Lecce gestisce il risultato con sicurezza e audacia. Torna a sorridere Giampaolo e tornano a sorridere anche i salentini. Il primo gol in trasferta del campionato è un manifesto delle idee del tecnico di Bellinzona, in una delle poche occasioni in cui il Lecce è riuscito a ragionare con il pallone tra i piedi. Serie infinita di rimpianti per il Venezia, a cui continua a mancare la concretezza sotto porta. Troppe occasioni, un blackout tecnico al momento del vantaggio ospite, tutte componenti che aizzano negativamente la tifoseria lagunare, che adesso recrimina punti più che prestazioni.

LA TOP11 DELLA 13ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala

 

Classe 2004. Studente in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Palermo. Aspirante giornalista sportivo e grande appassionato di sport

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Calcio

Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Seconda parte)

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Dopo i primi quattro gironi, che sono già tornati in campo per la seconda giornata del torneo, ecco gli altri quattro gironi che hanno fatto il loro esordio negli scorsi giorni. Figurano tante big, oltre alle due italiane in azione, Juventus e Inter.

GIRONE E 

Inter, Monterrey, River Plate, Urawa Reds 

La prima gara del girone è quella tra il River Plate e i giapponesi dell’Urawa Reds. A Seattle le temperature sono più adatte per una grigliata di asado con gli amici piuttosto che una partita di calcio, ma nonostante il caldo torrido alle 12.00 (ore americane) al Lumen Field ci sono un buon numero di tifosi dei Millionarios, che assistono all’esordio vincente della squadra di Gallardo. Un successo che mette ulteriormente in mostra tutte le qualità del gioco del River Plate: gestione lucida del possesso, una buona dose di ‘garra’ e un Mastantuono pronto a prendersi la scena prima di passare al Real Madrid a fine mondiale. Il vantaggio parte proprio da una giocata del classe 2007, proseguita dal solito cross tagliente di Acuna, e da un inserimento brutale di Colidio in mezzo ai difensori. Nella ripresa il raddoppio porta la firma di Driussi, anche se gran parte del gol è regalato dal terrificante retropassaggio del difensore Hoibraten. Driussi si fa anche male nella ricaduta, nel frattempo l’Urawa accorcia le distanze dagli undici metri con Matsuo e comincia a pregustare il sapore della rimonta, subito interrotta dalla zuccata di Meza a dieci dalla fine. Un River che gioca bene e che usa…la testa, viste le tre zuccate che hanno regalato alla banda Gallardo i primi tre punti, e adesso il “set point” contro il Monterrey può regalare già il primo posto aritmetico al River Plate.

Foto: X Inter

Nell’altra gara del girone l’Inter fa il suo esordio contro il Monterrey. Dalla finale di Champions League di venti giorni fa l’Inter ha cambiato molto, ridimensionato dopo la batosta subita dal PSG. In panchina non siede più Simone Inzaghi, che è rimasto comunque nel giro del Mondiale per Club, ma Christian Chivu. Il tecnico romeno arriva da Parma e nel suo primo match cerca di non effettuare particolari rivoluzioni tecnico/tattiche. Si riparte dal 3-5-2 con Seba Esposito che affianca Lautaro Martinez. L’approccio della gara da parte dell’Inter non è prorompente come avevano abituati i nerazzurri in questi anni, ma la pressione e il fraseggio sono comunque apprezzabili. Si cerca di catturare qualsiasi strategia attuata da Chivu rispetto al precedente ciclo di Inzaghi, ma l’unica vera soluzione che si nota è la marcatura a zona nelle palle inattive, e la dimostrazione porta al vantaggio il Monterrey: la difesa dell’Inter cerca di ostruire il centro dell’area di rigore da potenziali attacchi, ma nessuno segue il taglio dell’eterno Sergio Ramos, lo spagnolo è micidiale sotto pressione, figuriamoci senza marcatura… incornata che sbatte sul terreno e beffa Sommer, non proprio impeccabile. L’Inter ci mette qualche minuto a pareggiare, e lo fa con uno schema su punizione che culmina con il tap-in vincente di Lautaro Martinez. Nel secondo tempo si vedono le cose interessanti, perché il Monterrey traccia un solco a metà campo e non lo oltrepassa quasi mai, ma soprattutto Chivu decide di inserire i nuovi arrivati Luis Henrique e Sucic, oltre a Thuram per Esposito. Il tecnico nerazzurro cambia modulo e alza il raggio d’azione di Mkhitaryan, anche se i messicani non soffrono particolarmente, merito di una gestione della linea difensiva da generale romano da parte di Sergio Ramos. Tra luci e ombre Chivu marchia il suo esordio con un pari, e adesso la gara contro l’Urawa diventa un passaggio decisivo per le sorti dell’Inter nel Mondiale per Club, in attesa di una crescita generale dell’ambiente nerazzurro, ancora troppo arrugginito dopo le fatiche di fine stagione.

  • Inter-Urawa Reds
  • River Plate-Monterrey 

GIRONE F

Borussia Dortmund, Fluminense, Mamelodi Sundowns, Ulsan HD 

Foto: X Fifa Club World Cup

Il calendario mette a confronto subito Borussia Dortmund e Fluminense, le due squadre favorite per il passaggio del turno. Il Fluminense si presenta con una squadra di figure pittoresche per molteplici motivi: spicca il giovanissimo portiere Fabio, 44 anni e 171 giorni, e il centrocampista Hercules, infaticabile mezzala, oltre all’ancora frizzante Thiago Silva. Il Borussia Dortmund si ricorda di scendere in campo solo a tratti, perché per il resto la partita è un dominio costante del Fluminense. I brasiliani attaccano la porta di Kobel da qualsiasi angolazione possibile, poi però devono fare i conti con il portiere svizzero, che francamente ha deciso che la partita debba finire in parità. Dell’attacco del Borussia non c’è alcuna traccia, e quando i gialloneri si affacciano in avanti, Fabio e Thiago Silva non hanno nemmeno bisogno di calare a referto qualche gemma gloriosa del loro passato, perché pericoli concreti non ne arrivano. Nella ripresa l’occasione più grossa capita nei piedi dei giocatori del Fluminense, ma Kobel risponde alla grande su un primo tiro di Everaldo, e alla grandissima sulla ribattuta di Nonato, che già stava per correre sotto la curva occupata dai tifosi brasiliani. Nel frattempo il Borussia accoglie un altro Bellingham in mezzo al campo, non più Jude ma il fratello minore Jobe, ma quasi nessuno se ne accorge perché il Dortmund non riesce nemmeno a costruire un’azione degna di nota. Termina 0-0, come aveva deciso Kobel, ma il Borussia Dortmund adesso deve accendersi per evitare brutte sorprese in corso d’opera. Altra grande prestazione per una sudamericana, con il Fluminense che ai punti meritava più di un gol e la vittoria finale, ma la dea bendata -e Kobel- riescono a mantenere il punteggio fermo sul pari. Altra menzione per Hercules, che non sembra nemmeno male in mezzo al campo, ma il suo nome lo precede, e onestamente è clamoroso.

L’altro match del girone è l’emblema del mistero e dell’incertezza che veleggia attorno ad alcune realtà del mondo calcistico. La gara tra Ulsan HD e Mamelodi Sundowns comincia in ritardo a causa della pioggia, e se già era difficile registrare un sold out per questa gara, le condizioni meteo decimano ulteriormente gli spettatori di questo match che può nascondere la magia di una finale dei mondiali, o la sonnolenza di uno spareggio di metà agosto in Lituania. I sudafricani (Mamelodi) giocano bene e sostanzialmente dominano, Rayners ne segnerebbe anche tre, ma due di questi vengono annullati dal VAR, con tanto di decisione spiegata a tutto lo stadio dall’arbitro, una delle tante novità sperimentate in questo torneo dalla FIFA -al momento ampiamente promossa. Finisce soltanto 1-0, anche perché il centrocampista dell’Ulsan Bojanic va a calciare due volte e tira fuori dal cilindro due tiri orribili, incredibilmente per motivi opposti: uno altissimo, uno molle e centrale. Occasionissima per il Mamelodi, che adesso può sognare in grande visto l’ottimo esordio, anche se adesso arrivano le “big”.

Seconda giornata:
  • Mamelodi-Borussia Dortmund 
  • Fluminense-Ulsan HD

GIRONE G 

Al-Ain, Juventus, Manchester City, Wydad Casablanca

A Philadelphia il Manchester City comincia il suo mondiale contro il Wydad Casablanca. Guardiola ha accolto tra le sue braccia altri due gioielli provenienti dal mercato, tali Reijnders e Cherki -non proprio sconosciuti- e non perde tempo a gettarli in campo, a costo di rinunciare ad Haaland e il pallone d’oro Rodri. Non c’è bisogno di spiegare le motivazioni su questa scelta, perché bastano i primi due minuti per capire che il Manchester City potrebbe dominare il palleggio anche con Liam e Noah Gallagher degli Oasis. Al secondo minuto Foden la schiaffa in porta, tornando ad assaporare la gioia del gol che gli mancava da quasi sei mesi. Il Wydad prova anche a spingersi in avanti, ma a parte una serie di giocate del fantasista Lorch -che va menzionato solo per la quantità innumerevole di sombreri e la quattro sulle spalle- non si registrano particolari pericoli per Ederson. Prima dell’intervallo i marocchini riescono a far passare Doku come un predatore d’area, lasciandolo completamente da solo in mezzo all’area al momento del corner di Foden. Di fatto, la partita termina nella prima frazione, e gli ingressi di Haaland e Rodri -insieme ad altre figure- non fanno altro che accentuare il dominio dei Citizens, che hanno talmente tanto la situazione sotto controllo che trovano il tempo per sborsare 20 mila euro di multa (la FIFA ha introdotto una penale per ogni sanzione, e l’espulsione corrisponde a circa 20 mila franchi svizzeri) per una tacchettata in faccia a un avversario da parte di Rico Lewis. 

Foto: X Juventus FC

La gara che chiude la prima giornata è l’esordio della Juventus di Igor Tudor. L’avversario dei bianconeri è l’Al-Ain, che presenta il 5-3-2 delle grandi occasioni, con un sempreverde Rui Patricio in porta. I bianconeri sono reduci dalla visita alla Casa Bianca, dove sono stati costretti ad ascoltare Trump mentre parlava ai giornalisti della guerra e del calcio femminile, in uno dei momenti più surreali della storia recente del calcio, ma in campo mettono subito le cose in chiaro, come fa l’America quando subentra nei grandi conflitti: all’intervallo il risultato è sul 4-0 per la squadra di Tudor, con la doppietta di Kolo Muani, il gol di Conceição e la gemma di Yildiz (che ancora una volta segna all’esordio in qualche torneo), nel secondo tempo arriverà anche il quinto gol di Chico Conceição. Se nel corso della stagione i giocatori della Juve sembravano spaventati anche da un fiammifero, a Washington i ragazzi di Tudor sembrano una banda di potenziali piromani: vanno a duemila, recuperano il pallone velocemente, si cercano e si trovano anche a occhi chiusi. In attesa dei recuperi di alcune pedine fondamentali (contro l’Al-Ain hanno riassaporato il campo Gatti e Koopmeiners), Tudor spinge sul blocco visto nel rush finale, con un Kelly in netto miglioramento con l’approccio al ruolo, e Alberto Costa in versione treno merci. Il portoghese è un’iradiddio sulla fascia destra e confeziona anche due assist, mentre l’enigma principale riguarda Conceição e Kolo Muani, entrambi in prestito ma sempre più incisivi nell’ecosistema bianconero. Sorrisi e sacrificio, il primo posto in classifica e la voglia di spingersi oltre. La Juventus di Tudor parte alla grande in America, e già nel prossimo turno può ipotecare il passaggio del turno.

Seconda giornata:

  • Juventus-Wydad Casablanca
  • Manchester City-Al Ain

GIRONE H 

Al-Hilal, Pachuca, Real Madrid, Salisburgo

Esordio a tutto tondo per Real e Al-Hilal, che accolgono nelle loro rispettive panchine Xabi Alonso e Simone Inzaghi. Ne viene fuori un match spettacolare, soprattutto per merito del coraggio e del dinamismo del club saudita. Senza Mbappé, Xabi Alonso sceglie il giovane Gonzalo Garcia, mentre dietro giocano subito i nuovi arrivati, Huijsen e Alexander-Arnold. Inzaghi ci ha messo poco a dare un’impronta decisa all’Al-Hilal, e la mezz’ora iniziale è quasi un monologo dei sauditi, più vivi e spigliati rispetto a un Madrid alla ricerca di geometrie. A Renan Lodi viene anche annullato un gol per fuorigioco, Inzaghi comincia a dispensare urla a qualsiasi oggetto vestito di blu, e nel frattempo il Real Madrid rispolvera la ripartenza all’italiana, finalizzata da Gonzalo Garcia su assist di Rodrygo. L’Al-Hilal ci mette poco a pareggiare la gara, grazie al calcio di rigore realizzato da Ruben Neves. Xabi Alonso non stravolge i suoi Blancos rispetto a quanto visto lo scorso anno, e sceglie la via della continuità anche nelle sostituzioni, con Tchouameni che continua il suo viaggio da nomade nella parte arretrata del campo mentre Asencio lascia il posto a Guler. Il turco da quella marcia in più al Madrid, e nel frattempo il ritmo dei sauditi è calato notevolmente, prevedibile considerando il dispendio enorme di energie del primo tempo e il caldo asfissiante di Miami. Nel finale il VAR assegna un rigore al Real Madrid per una manata di Al-Qahtani su Fran Garcia. Dal dischetto Valverde incrocia il destro ma Bonou azzecca l’angolo e mette il sigillo finale al pareggio. Due cantieri ancora in fase di avvio, ma arrivano già i primi segnali da una parte e dall’altra. Se Inzaghi può ritenersi soddisfatto per qualità e ritmo messo in campo, Xabi Alonso attende il ritorno di Mbappé per cercare di nascondere le difficoltà evidenziate in questo primo match, fotocopie dell’ultima stagione blanca. 

Foto: fifa.com

Altrettanto divertente è la gara tra Pachuca Red Bull Salisburgo. A Cincinnati trionfano gli austriaci dopo un match durato quattro ore (sospeso per un’ora e quaranta per l’acquazzone che ha colpito la città durante il secondo tempo). Gara divertente e frizzante fin dai primi minuti, con i messicani che rispolverano un centravanti d’area di rigore come Salomon Rondon, stranamente poco freddo e lucido contro l’estremo difensore del Salisburgo, l’impronunciabile Zawieschitzky. A ridosso dell’intervallo gli austriaci trovano il vantaggio grazie alla perla di Oscar Gloukh, l’israeliano lascia a terra Pedraza e batte Moreno con un destro a giro di pregevole fattura. Nella ripresa la gara si interrompe per quasi due ore per il temporale, poi riparte e i fulmini lasciano spazio ai fuochi d’artificio. Il Pachuca trova il pareggio grazie a una punizione di Gonzalez, su cui barriera e portiere non fanno una bella figura; Rondon continua la sua ricerca spasmodica del gol ma non riesce a segnare. Chi riesce a gonfiare la rete è l’altro centravanti, il neo-entrato Onisiwo, che sale in cielo e riesce a indirizzare e colpire forte il pallone, per un vantaggio che spedisce il Salisburgo in vetta alla classifica. In attesa della gara contro l’Al-Hilal gli austriaci provano a inserirsi di soppiatto in alto alla classifica.

Seconda giornata:

  • Salisburgo-Al-Hilal 
  • Real Madrid-Pachuca
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Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Prima parte)

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Polemico, esagerato e curioso, proprio come sa essere l’America. Il nuovo Mondiale per Club voluto dalla FIFA rispecchia i canoni degli Stati Uniti, che si preparano al mondiale tra nazionali (in programma il prossimo anno) con una parata di stelle e altri elementi celesti più misteriosi, ma intensi e curiosi. Tante le novità in esperimento, numerosi argomenti di valutazione, ma nel frattempo la prima giornata è terminata nella notte, e tra poco il mondiale riparte con la seconda giornata. Allora ecco la prima parte dell’analisi delle prime gare del Mondiale per Club, girone per girone.

GIRONE A 

Al-Ahly, Inter Miami, Porto, Palmeiras 

Uno dei raggruppamenti più intriganti dell’intero mondiale, non tanto per la quantità elevata di “big” al suo interno, ma per l’alone di mistero e curiosità che circola attorno a Messi e avversari. Dopo le prime due partite la classifica è rimasta la stessa dello scorso venerdì, quando ancora il torneo non era cominciato. L’ordine rimane quello alfabetico, la differenza reti pari ai gol realizzati dalle quattro squadre, ossia zero, ma le due gare sono state tutt’altro che noiose.

Foto: fifa.com

La gara tra AlAhly e l‘Inter Miami apre il mondiale. Nel primo tempo gli egiziani dominano in lungo e in largo, come non si vedeva probabilmente da Cleopatra e family. La retorica storica però non è casuale, perché nell’assedio costante dell’Al-Ahly verso la porta avversaria emerge un altro reperto di notevole importanza nella gara: il portiere dell’Inter Miami, tale Oscar Ustari, 38 anni compiuti. Il portiere argentino è il protagonista della prima frazione perché mette a referto una serie di parate sensazionali, e mette la ciliegina al minuto 43 quando ipnotizza Trezeguet dal dischetto. Nel secondo tempo l’Inter Miami prova a giocare con maggior qualità, e la modalità è quella nota a tutti: palla a Messi e poi si vede. Al minuto 63 tutto lo stadio trattiene il fiato per la punizione di Messi, l’argentino cerca la soluzione a effetto e spedisce la palla in rete. Peccato che la palla non giri abbastanza e si vada a incastrare nella parte esterna della porta, regalando soltanto l’illusione ottica di un grande gol. Nel finale emerge anche l’altro estremo difensore, l’egiziano El-Sheenawy, anche lui ben navigato grazie alle sue 36 primavere. Le sue parate chiudono la porta, e dove non arriva El-Sheenawy ci pensano i legni, come quello colpito all’ultimo istante da un tiro-cross di Messi. Finisce 0-0.

Nell’altra gara del girone Porto e Palmeiras giocano talmente a viso aperto che si devono arrendere a uno 0-0 che suona come un oltraggio al calcio, per la mole di occasioni avute da entrambe le squadre. Due gemme per parte, Estêvão per i brasiliani e Rodrigo Mora per i portoghesi, ma le due squadre presentano un parco giocatori talmente completo da poter andare in guerra e a una sfilata a Hollywood allo stesso tempo. Tante, tantissime, troppe, occasioni e in questo teatro emergono artisti incompresi, o magari talmente sconosciuti a sé stessi da essere perfetti per dominare la scena. È il caso del portiere del Porto, Claudio Ramos, provvidenziale con una serie di parate tanto efficaci quanto qualitativamente orrende. Il Palmeiras ai punti meriterebbe almeno un gol, ma il palo e le parate sconsiderate di un Ramos in giornata di grazia non cambiano il risultato. Anche l’altra gara finisce 0-0.

Seconda giornata:

  • Palmeiras-Al-Ahly
  • Inter Miami-Porto 

GIRONE B 

Atletico Madrid, Botafogo, PSG, Seattle Sounders

Dopo aver schiantato l’Inter in finale di Champions League, il Paris Saint-Germain arriva al Mondiale per Club con i favori del pronostico. L’armata di Luis Enrique fa il suo esordio a Pasadena contro l’Atletico Madrid, al cospetto di un caldo torrido e ottantamila persone, a cui vanno aggiungi i sedici giocatori impiegati da Simeone nel corso della gara. Si prospettava come il match di cartello di questa prima giornata, e invece termina con un PSG che passeggia e domina per 4-0. Al momento i parigini viaggiano a una cilindrata nettamente superiore rispetto alla concorrenza, e anche senza due pilastri offensivi fondamentali, come Dembelé e Barcola, ci pensano gli altri diamanti che Parigi sta conservando, Fabian Ruiz e soprattutto Vitinha. Il centrocampista portoghese continua il suo mostruoso dominio del gioco e adesso si comincia a comprendere al meglio la sua leadership. Le altre due firme sono di Kang-In Lee e Mayulu, che in questo ultimo mese sta cercando di rinominare la celebre zona Cesarini. Per la banda del Cholo si mette subito in salita, anche se la qualificazione non sembra in discussione.

Foto: fifa.com

Nell’altro match i meno quotati Botafogo e Seattle Sounders regalano comunque un match intenso e spettacolare, vinto dai brasiliani grazie a due sigilli nel primo tempo. Il Botafogo va in vantaggio grazie a un colpo di testa dell’altissimo Jair Cunha (1.98m), poi raddoppia con un’altra incornata, questa volta del centravanti Igor Jesus. Nel secondo tempo gli statunitensi accorciano le distanze con Roldan, e nel rush finale sfiorano più volte il pareggio, ma il Botafogo decide di affidarsi a due, non troppo vecchie, meteore della nostra Serie A come Arthur Cabral e Joaquin Correa. Il risultato non cambia, anche se il Tucu sfiora subito il primo gol con la maglia del Fogão, stoppato da un grande intervento del portiere Frei. Successo che può rilanciare il Botafogo, che può approfittare della pesante sconfitta dell’Atletico Madrid, a patto che non si arrendano anche loro a un’imbarcata dai parigini, che negli ultimi tempi sembra l’unica soluzione percorribile.

Seconda giornata:

  • Paris Saint-Germain-Botafogo
  • Seattle Sounders-Atletico Madrid

GIRONE C 

Auckland City, Bayern Monaco, Benfica, Boca Juniors

Sulla carta sarebbe il girone più equilibrato del Mondiale, ma dopo la gara del Bayern Monaco ovviamente questa analisi va rivisitata. Contro i dilettanti dell’Auckland City i bavaresi non vanno per il sottile, confermando la freddezza e il cinismo che distingue il tedesco medio: termina 10-0, sei a zero all’intervallo. Troppa la differenza tra le due squadre per buttare giù una qualsiasi cronaca, anche se le storie extra-calcistiche dei dilettanti di Auckland sono manna dal cielo per le pagine romantiche di calcio. Il campo però non lascia spazio a interpretazioni: neozelandesi con un 5-5-0 non troppo compatto, i bavaresi lasciano Neuer in mezzo al campo a riscaldarsi seduto sul prato di Cincinnati e nel frattempo disintegrano la porta di Tracey, che nella vita fa il magazziniere. Qualificazione praticamente ipotecata, anche se adesso comincia a tutti gli effetti il mondiale di Kompany e…company;

Foto: fifa.com

L’equilibrio del gruppo C è rappresentato da Boca Juniors e Benfica, che scendono in campo all’Hard Rock Stadium di Miami. Senza troppi indugi è una delle partite più belle del primo turno di match. Ruvido, qualitativamente entusiasmante e ricco di calcio e calci, come impone la tradizione. Il Benfica sembra essere favorito dopo i primi minuti, ma gli argentini in dieci minuti mettono in scena tutto il loro calcio: vantaggio di Merentiel su assist di Blanco, che si concede il lusso di un tunnel prima del pallone per l’attaccante argentino, e raddoppio su palla inattiva con la testata vincente di Battaglia. Prima dell’intervallo il Boca completa il proprio manifesto sudamericano, quando a ridosso dell’intervallo il Benfica conquista un rigore per un calcio di Palacios su Otamendi. L’arbitro va al VAR e Ander Herrera -uscito anzitempo per infortunio- decide di farsi espellere per proteste. Di Maria accorcia le distanze dal dischetto e al rientro dagli spogliatoi Bruno Lage alza i toni dell’attacco con Belotti. L’ingresso del “Gallo” è agonisticamente impattante, forse troppo, perché al minuto 72 Belotti viene espulso per un calcio alla nuca di un avversario. La partita è tesa come una corda di violino, lo spettacolo ha lasciato spazio a un’intensità che sembra più da finale dei mondiali, che da fase a gironi, e parlando di mondiali non può che emergere un argentino, anche se veste la maglia del Benfica. Otamendi si stacca sul primo palo, impatta violentemente la sfera e pareggia la partita. Prima del triplice fischio c’è ancora tempo per un ultimo assaggio di calcio selvaggio, offerto da Figal: pestone da ergastolo sullo stinco di Florentino e cartellino rosso diretto. Finisce in parità, e il cammino di Boca e Benfica passerà dalla gara contro Auckland, in cui servono tanti gol per la differenza reti.

Seconda giornata:

  • Bayern Monaco-Boca Juniors
  • Benfica-Auckland City

GIRONE D

Chelsea, Esperance Tunis, Flamengo, Los Angeles FC

Il gruppo D diventa subito di dominio di Chelsea e Flamengo, come da pronostico. I londinesi cominciano la propria competizione contro il Los Angeles Fc di Giroud (inizialmente in panchina) e Lloris, e vincono con qualche difficoltà grazie a un gol per tempo. Forti del successo in Conference League, Maresca schiera la miglior formazione per evitare di incappare in qualche inconveniente in stile Italia a USA94′. La gara comincia con un colpo d’occhio agghiacciante, con le tribune dello stadio di Atlanta semi-vuote. Per fortuna gli spalti si riempiono leggermente nel corso della gara, e il Chelsea ingrana anch’esso alla distanza, per poi vincere senza evidenti fatiche. Il vantaggio è siglato da un ottimo Pedro Neto, frizzante nella fascia destra fin dall’inizio, incontenibile per il lussemburghese Chanot. Nel secondo tempo fanno il loro esordio in maglia Blues i due nuovi acquisti, Essugo e Delap, mentre sponda L.A. entra Giroud. L’ingresso del francese alza notevolmente il peso dell’attacco statunitense, e la difesa del Chelsea comincia a concedere qualche occasione, poi però viene fuori nuovamente il livello tecnico della banda Maresca, che chiude i discorsi a dieci dal termine. Delap pennella un ottimo cross in mezzo, Enzo Fernandez si avventa sulla sfera e mette il sigillo finale. Non un esordio da sogno per il Chelsea, che riesce comunque a conquistare i tre punti che gli servivano. La qualificazione è un duello con il Flamengo, prossimo avversario dei Blues. Occhio però a considerare fuori dai giochi il Los Angeles FC.

Foto: fifa.com

Nell’altro match il Flamengo fa il suo esordio in grande stile contro l’Esperance Tunisi. La differenza tecnica tra le due squadre è evidente, ma i brasiliani giocano un gran match sotto ogni punto di vista. Sigla il vantaggio uno dei simboli del Fla, il fantasista uruguaiano De Arrascaeta. L’ex Fiorentina Pedro ha l’occasione per raddoppiare, ma decide che per il momento non è il caso di segnare. La formazione del Flamengo è un’ode alla nostalgia calcistica, data la vasta presenza di ex Serie A come Pulgar, Gerson, Pedro e il nuovo arrivato Jorginho. Nel secondo tempo è proprio Jorginho a mettersi in mostra, grazie a un filtrante no-look verso Luiz Araujo, che aggiunge il suo tocco di classe con un mancino a giro che si insacca alle spalle del portiere Ben Said. Nell’Esperance Tunisi, a parte un’ottima presenza di tifosi nelle tribune, da segnalare una delle figure più pittoresche di questo mondiale, l’attaccante Rodrigo Rodrigues.

Seconda giornata:

  • Flamengo-Chelsea
  • Los Angeles FC-Esperance Tunisi 
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Calcio

Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

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L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.

Le scelte per l’ultima di Spalletti

Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.

ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui. 

Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.

Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.

Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e  sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.

Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…

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