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Calcio

Il Supercommento della 14ª giornata di Serie A

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Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della quattordicesima giornata di Serie A.

Cagliari-Verona (A cura di Marco Rizzuto)

Tra le mura dell’Unipol Domus la decide Piccoli, il Cagliari vince lo scontro salvezza e torna a vincere dopo sei giornate. Dopo soli cinque minuti i padroni di casa  sfiorano il vantaggio con Mina, ma il colombiano manca la porta per centimetri. L’atmosfera è molto calda ed entrambe le formazioni lottano su ogni pallone. La prima frazione segue un copione di dominio rossoblù in cui i padroni di casa gestiscono il possesso mentre il Verona si chiude in difesa tentando il colpo in contropiede. Sul finale Lazovic si divora il gol del vantaggio a porta vuota, impedendo agli scaligeri di chiudere avanti il primo tempo. Alla ripresa il gioco segue gli stessi ritmi e Nicola tenta di indirizzare la partita con l’ingresso in campo di Felici e Viola, con quest’ultimo col compito di favorire il gioco palla a terra. Ad un quarto d’ora dalla fine, i sardi trovano il gol partita al termine di una splendida manovra condotta da Makoumbou che serve un cioccolatino per Felici, bravo ad innescare Piccoli, che con freddezza buca Montipo’. Dopo il gol subito, il Verona accenna una reazione senza però impensierire troppo la difesa rossoblu’. Nelle battute finali il Cagliari sfiora il raddoppio con Obert, ma nel primo tentativo è bravo Montipò ad opporsi, e nel secondo il difensore colpisce il legno. La vittoria dei ragazzi di Nicola permette al Cagliari di lanciarsi in alto, staccando la zona rossa della classifica.

Como-Monza

Il primo derby in Serie A tra Como e Monza termina in pareggio. Nel gioco delle coppie attuato da Nesta e il suo Monza, Fabregas lascia libero di svariare Nico Paz, cosi da creare l’effetto domino che libera i tre tenori dell’attacco lariano. Il primo squillo è un destro a giro di Fadera, palla fuori di poco alla sinistra di Turati. L’intento dei padroni di casa è quello di appesantire una zona del campo, per poi andare a concludere dall’altro sfruttando i movimenti continui di Cutrone e Strefezza, abili nel non dare punti di riferimento alla difesa del Monza, la cui manovra in avvio si affida esclusivamente al giro palla dei tre centrali. L’ideale non proprio estetista di Nesta trova riscontri con il passare dei minuti, con i brianzoli che giocano molto in verticale e tentano di ribaltare il fronte in pochi passaggi. Alla mezz’ora il primo squillo degli ospiti, con un corner battuto corto verso Bianco, il cui cross a giro trova Caldirola libero sul secondo palo, colpo di testa forte ma non preciso e Reina intercetta. Da corner a corner, perché su palla inattiva il Como sblocca il derby: al 36′ un rimpallo, dopo un tiro a botta sicura di Goldaniga, indirizza la palla verso Engelhardt, abile nel colpire verso il palo opposto e portare in vantaggio la squadra di Fabregas. Nel secondo tempo Nesta rinuncia a Dany Mota per Maldini, chiaro segnale di un bisogno di un maggiore fraseggio nello stretto, piuttosto che una ricerca spasmodica della profondità. In avvio il Como appare più distratto, frutto di un baricentro più alto del Monza. Su uno sviluppo di palla inattiva, il VAR ravvisa un tocco di braccio di Nico Paz, sul colpo di testa di Pablo Marì, e l’arbitro assegna il calcio di rigore. Dagli undici metri il destro di Caprari spiazza Reina e rimette in equilibrio il derby. Nella fase centrale del secondo tempo il Como cerca di sfruttare gli errori in fase di costruzione del Monza, ma la squadra di Nesta, galvanizzata dal pareggio e dagli impulsi del tecnico, gioca sul velluto. La girandola di cambi spariglia le carte in tavola, con Fabregas che aggiunge centimetri all’attacco con Belotti, mentre Nesta rinforza la fascia destra con Birindelli. Nell’ultimo scorcio di gara le due squadre si allungano, si gioca colpo su colpo. A due giri d’orologio dal termine il Monza ha la palla per il vantaggio, ma Djuric in scivolata colpisce il palo esterno, su invito di tacco di Maldini. C’è tempo anche per l’ultimo brivido da parte del Como, con Belotti che sale in cielo e sfiora l’incrocio di testa su cross di Verdi. Un derby avvincente e spettacolare che però non vede alcun vincitore. Pareggio che non soddisfa nessuno, vista la situazione in classifica, con il Como che rimane sopra ai brianzoli ma di un solo punto.

Milan-Empoli (A cura di Simone Scafidi)

Nell’anticipo pomeridiano del sabato, Il Milan cala il tris e batte l’Empoli a San Siro, tornando a vincere in Serie A dopo quasi un mese. Dopo poco meno di un quarto d’ora la squadra di Fonseca comincia a farsi vedere nella zona di Vasquez con un tiro a incrociare di Morata che finisce di poco a lato. Cinque minuti più tardi, l’attaccante spagnolo segna il gol dell’1-0 calciando al volo su una ribattuta di Ismajli e torna al gol nel massimo campionato dopo più di due mesi. Pochi istanti dopo Theo Hernandez, approfittando della distrazione dell’estremo difensore azzurro, cerca una clamorosa conclusione quasi da centrocampo, che però termina sul fondo. L’Empoli è totalmente in confusione e a causa di un errore difensivo di Viti, che perde palla sotto la pressione di Pulisic, rischia di perdere il 2-0, scampato solo grazie all’errore dell’esterno rossonero. Sul finire del primo tempo cala la nebbia su San Siro, e sul cross di Emerson Royal, Reijnders trova la girata vincente e sigla il raddoppio, confermando un momento di forma a dir poco straordinario. Il gioco molto rapido sugli esterni della squadra di Fonseca sembra essere un ottimo antidoto per la muraglia dell’Empoli, che fino a questa partita aveva subito solo 11 gol. La squadra di D’Aversa prova a reagire e al 53’ Maleh spacca la traversa, graziando il Milan. A venti minuti dalla fine, sempre Reijnders pone il sigilli al match, raccogliendo la palla scaricatagli da Fofana e insaccando il pallone del 3-0 dopo una grandissima galoppata al centro del campo. A cinque minuti dalla fine, il neo entrato Camarda prova a cercare un clamoroso primo gol in Serie A, con una rovesciata che si spegne nettamente sul fondo. Può tornare quindi a sorridere il Milan, che guadagna tre punti contro un avversario tutt’altro che semplice, che però è stato autore di una prestazione non all’altezza

Bologna-Venezia (A cura di Tommaso Patti)

Il Bologna reagisce alla sconfitta europea contro il Monaco, battendo 3-0 il Venezia. Il primo acuto della gara arriva sulla conclusione di Ndoye che taglia tutta l’area di rigore ma senza trovare nessuna deviazione vincente in porta. Al Dall’Ara i padroni di casa la sbloccano sugli sviluppi di un calcio di rigore, procurato da Ndoye per l’eccessiva trattenuta di Haps nel tentativo di fermare la manovra offensiva rossoblu. Dal dischetto si presenta lo stesso Ndoye che spiazza Stankovic e porta il Bologna in vantaggio al ventunesimo minuto. I lagunari provano a rimettere la sfida in parità pochi minuti più avanti, quando Oristanio, dopo una percussione offensiva sulla fascia destra, scarica e serve Nicolussi Caviglia che però spreca l’occasione calciando alto. Nella ripresa il Venezia si spegne, cedendo campo agli avversari che sprecano clamorosamente l’opportunità di raddoppiare sul tiro di Karlsson che termina addosso a Stankovic. Il raddoppio dei felsinei arriva nuovamente dagli undici metri: sul tiro di Odgaard ribattuto dal portiere del Venezia, si carambolano sul pallone Dallinga e Idzes, quest’ultimo nel tentativo di spazzare il pallone colpisce in pieno l’avversario. Dopo una revisione al VAR da parte del direttore di gara, viene concesso il secondo rigore per il Bologna, dal dischetto si presenta Orsolini che, anche in questo caso, spiazza Stankovic e firma il raddoppio. Prima del triplice fischio, c’è tempo anche per la prima doppietta in maglia Bologna per Dan Ndoye che, attacca il primo palo, e anticipando tutti spedisce in porta il pallone servito da Orsolini. Dopo la pesante sconfitta interna in Champions League, e dopo aver perso per 3-0 l’ultima gara di Serie A contro la Lazio, torna a vincere il Bologna grazie ai suoi esterni. Per il Venezia arriva la decima sconfitta stagionale, la quarta di fila.

Udinese-Genoa (A cura di Simone Scafidi)

Il nuovo Genoa di Vieira espugna il Bluenergy Stadium e stacca di ben tre punti la zona retrocessione, rimanendo imbattuto nelle ultime quattro gare di Serie A. Non passano nemmeno due minuti e la partita imbocca una particolare direzione. Per una ingenuità di Isaak Touré, che perde palla al limite della sua area di rigore e stende Zanoli, i friulani rimangono in dieci uomini e sono costretti ad una partita di grande sacrificio. Sulla punizione, Pinamonti calcia direttamente in porta, obbligando Okoye a compiere un grande intervento. Al 12’ minuto arriva il vantaggio rossoblu, grazie alla zampata di Pinamonti che raccoglie il tiro sporco di Badelj e insacca la sfera alle spalle di Okoye. Altra ingenuità dell’Udinese, che per costruire dal basso si espone troppo: Ehizibue, con un retropassaggio troppo debole e impreciso, manda involontariamente in porta Thorsby che salta Okoye ma si vede negare la gioia del gol dal salvataggio provvidenziale di Giannetti, praticamente sulla linea. Con i tiri di Zemura e Thauvin, l’Udinese prova timidamente a reagire, trovando però sempre le mani sicure di Leali. Al 66’ arriva il raddoppio del Genoa, grazie all’ennesima, poderosa discesa di Zanoli sull’out di destra. L’ex Napoli avanza fino in fondo e mette il pallone in mezzo, trovando la deviazione di Giannetti (fino a questo momento migliore in campo nei suoi) che inganna Okoye e stende definitivamente i friulani. Con il vantaggio numerico per praticamente tutta la partita, la squadra di Vieira guadagna tre punti fondamentali. Dall’altra parte, ha poco da rimproverarsi la squadra di Runjaic, che sin dal primo minuto è stata succube del gioco genoano.

Parma-Lazio (A cura di Simone Scafidi)

Il Parma dà spettacolo in casa e batte una Lazio al suo massimo splendore per 3-1, con una prestazione da grande squadra che fa ben sperare i tifosi ducali. A partire forte però è la Lazio, che festeggia già al secondo minuto, grazie ad un gol favoloso di Rovella dai trenta metri, annullato però dopo un check al VAR, proprio a causa di un fallo del numero sei biancoceleste, che ha fermato in maniera irregolare Haj Mohammed. La squadra di Baroni fa i conti con i propri errori, e al 5’ Man recupera palla nell’area di rigore di Provedel e spiazza il portiere italiano, portando avanti il Parma. A quattro minuti dalla fine della prima metà di gara, Valeri compie un salvataggio miracoloso sulla linea, respingendo la conclusione di Isaksen. Dopo un rigore cancellato alla Lazio, si va a riposo sull’1-0. Il secondo tempo si apre con la Lazio che arremba, e su calcio d’angolo Suzuki si mette in mostra con un grande intervento sul colpo di testa di Romagnoli. In pochi secondi, giusto il tempo di superare la metà campo, la Lazio perde nuovamente un pallone in costruzione e ne approfitto Charpentier che serve Haj Mohamed, la cui conclusione di prima, da fuori area, si insacca all’incrocio dei pali portando così il Parma sul 2-0. A dieci minuti dalla fine la prima distrazione della difesa emiliana costa il 2-1 della Lazio, siglato da Castellanos che in agguato raggiunge il pallone e lo insacca in porta. Al 91’ la Lazio è tutta in avanti per cercare il gol del pareggio, e Charpentier e Delprato danno vita al contropiede del definitivo 3-1, siglato dal giocatore italiano, che a tu per tu con Provedel è lucido e non sbaglia. Tre punti fondamentali per il Parma, che arrivano contro una Lazio distratta e superficiale.

Torino-Napoli (A cura di Tommaso Patti)

Continua l’ottimo momento del Napoli, l’1-0 di Scott McTominay decide la gara dell’Olimpico grande Torino. La sfida tra l’allievo Vanoli, e il maestro Conte, vede come da pronostico favoriti i partenopei, ampiamente superiori sulla carta e favoriti dall’ottimo periodo di forma che incide molto sul piano psicologico della gara. Il Torino si affaccia subito dalle parti di Meret dopo appena quattro minuti, quando sul di cross di Gineitis, Che Adams impatta di testa il pallone spedendolo lontano dalla porta. Il Napoli, dopo un momento di stallo della gara, prova ad ingranare ed ingannare Milinkovic Savic con un colpo di tacco di Lukaku, avvenuto dopo un cross Kvaratskhelia. Sul tiro del belga, nel successivo colpo di Kvaratskhelia e in tante altre occasioni della gara, l’istinto e la reattività del portiere serbo è rilevante sul risultato, che si sblocca però definitivamente 31′ con McTominay, il centrocampista scozzese calcia potente sul primo palo beffando Milinkovic Savic, tutto ciò grazie alla super giocata di Kvaratskhelia, che supera un paio di giocatori in uno spazio ristretto, propiziando il terzo gol dell’ex Manchester United. La risposta granata arriva dal punto di vista del gioco, pecca invece dal punto di vista della conclusione con degli errori fatali, come quello di Coco che, al 37′,  spreca clamorosamente scivolando prima di entrare a contatto con la sfera. Nella ripresa la squadra di Conte prova a chiudere la gara, affidandosi ai cross degli esterni e alle incursioni dei terzini, in questo caso Oliveira, che si posiziona in tempo in area di rigore e di testa prova a raddoppiare la gara, sbattendo però nuovamente contro un miracolo di Milinkovic Savic. Con un attacco che non reagisce e con una difesa non riesce a respingere gli attacchi azzurri, l’unica ancora di salvezza dei padroni di casa è il loro estremo difensore, protagonista di altri interventi provvidenziali sul finale di partita. Prima del triplice fischio, il Napoli riesce a raddoppiare con David Neres, rete annullata immediatamente per il fuorigioco dell’esterno brasiliano. Seppur meritando di più, il Napoli esce dall’Olimpico con tre punti pesantissimi, il Torino invece, continua a non trovare la vittoria, che adesso manca da cinque partite.

Fiorentina-Inter

La gara è stata sospesa in seguito al malore accorso ad Edoardo Bove nel corso del primo tempo. Dopo il grande spavento iniziale, le condizioni del centrocampista italiano sembrano in miglioramento, seguiranno ulteriori aggiornamenti nei prossimi giorni. La partita è stata sospesa dall’arbitro Doveri e rinviata a data da destinarsi.

Lecce-Juventus

L’orgoglio salentino ferma la Juventus nel recupero. Le prime iniziative sono di marca bianconera, con il Lecce inizialmente distratto e slegato tra i reparti. Così come a Birmingham l’intento della banda di Thiago Motta è quello di colpire dalla parte di Conceicao, subito in ritmo e cercato spesso dai compagni. Il Lecce compatta il lato sinistro del campo e allora Locatelli indirizza il possesso dall’altra parte, è su questo aspetto che i bianconeri collezionano la prima grande palla gol della gara: Yildiz viene trovato sulla sinistra, sguscia via a Guilbert e serve in mezzo Thuram, che clamorosamente colpisce il palo. Intorno al decimo la squadra di Giampaolo comincia a uscire dai blocchi con coraggio, ma l’audacia dei salentini aumenta i rischi e la Juve prova ad approfittarne in contropiede, come l’occasione del quarto d’ora di Conceicao, rapido e sgusciante tra le linee, la cui conclusione scheggia in pieno il palo, secondo legno in pochi minuti per la squadra di Thiago Motta. Al 24‘ Conceicao costringe Falcone al grande intervento, e sulla ribattuta Weah trova il vantaggio, vanificato per la posizione di off-side di Locatelli, ritenuto attivo, nel corso dell’azione. Verso la fine della prima frazione la gara si equilibra, con il Lecce che riesce a trovare le misure all’intraprendenza bianconera. Al rientro dagli spogliatoi i salentini giocano con maggior coraggio, con un baricentro molto più alto e con una maggiore energia. Le occasioni del secondo tempo sono tutte di marca giallorossa, con Krstovic e Tete Morente che mandano in tilt la difesa bianconera e sporcano i guanti a Perin, sempre attento e sicuro tra i pali. Thiago Motta mette mano alla panchina e cambia la spina dorsale della sua squadra: fuori Thuram e Gatti e dentro Fagioli e Rouhi. I cambi restituiscono alla Juve maggior qualità nel palleggio e un baricentro più alto. Al 68′ Cambiaso rompe l’equilibrio della gara, il tuttocampista bianconero -sarebbe riduttivo definirlo terzino- dialoga con Koopmeiners e calcia forte verso la porta, la palla cambia traiettoria a causa della deviazione di Gaspar e manda fuori tempo Falcone. Giampaolo prova a cavalcare l’onda di Venezia, aggiungendo la grinta e l’energia di Rebic all’attacco salentino, oltre all’ingresso di Oudin e Pierotti, un chiaro segnale di assedio verso la squadra bianconera. La risposta della Juve arriva dalla Next Gen, con l’esordio in prima squadra di Pugno, attaccante classe 2006. Con tutto il Lecce sbilanciato e propositivo in avanti, la Juve alza la barricata attorno a Perin, che garantisce solidità e sostegno con le sue uscite, in un finale che pende tutto dalla parte dei padroni di casa. Nel primo minuto di recupero Krstovic calcia forte verso la porta e Locatelli si immola con il petto, sul cross successivo Rebic indirizza all’incrocio dei pali ma Perin è monumentale in tuffo, azione vanificata da un fuorigioco iniziale. Il pareggio è rimandato di qualche secondo perché in ripartenza Krstovic trova il filtrante in mezzo dove Rebic insacca alle spalle di Perin. Un pareggio di cuore, di sofferenza ma anche di coraggio e audacia. Il percorso di Giampaolo comincia su queste solide basi. Dopo la vittoria di Venezia, il Lecce ferma anche la Juventus e conquista il quarto punto in due partite. Salentini che salgono al sedicesimo posto a quota 13 punti. Continua la crisi di vittorie della Juventus, che aveva assaporato la vittoria ma ha dovuto fare i conti con il coraggio e l’audacia del Lecce. La vetta si allontana sempre di più, ma la sensazione che in questo frammento di campionato la squadra di Thiago Motta non possa fare più di così. Occhi puntati sul ritorno degli infortunati, che hanno il compito di riaccendere la miccia di un attacco che continua ad avere le polveri bagnate.

Roma-Atalanta (A cura di Marco Rizzuto)

De Roon apre i giochi e Zaniolo li chiude, l’Atalanta s’impone a Roma e prosegue la rincorsa al Napoli. Nonostante un buon avvio in cui i giallorossi sfiorano il vantaggio in due frangenti con Paredes e Kone, calciando diverse volte dalla distanza, la Dea riesce a far muro contenendo le iniziative dei padroni di casa, galvanizzati dalla prima di Ranieri all’Olimpico. Pian piano l’Atalanta viene fuori e inizia spaventare la retroguardia capitolina che risponde a tono, blindando la porta nei primi quarantacinque minuti. Il primo tempo non regala grandissime emozioni per via delle due ottime difese intraviste, Lookman per un momento aveva regalato la gioia del vantaggio ai tifosi, gioia cancellata dal direttore di gara che ha annullato il gol per la posizione irregolare del nigeriano. La ripresa segue lo stesso copione d’inizio gara, con la Roma che parte forte e spreca tanto. Dybala con uno scavetto elude l’intera difesa bergamasca e pesca Dovbyk che a tu per tu con Carnesecchi manca il pallone al momento della conclusione vanificando tutto. In dieci minuti Gasperini stravolge l’attacco, inserendo prima Cuadrado e Samardzic e in un secondo momento Brescianini e Zaniolo. Da questo momento la Dea cambia volto e dopo cinque minuti trova la rete che indirizza il match al loro favore. L’azione prolungata dei nerazzurri che cercava il bandolo della matassa per sciogliere il nodo difensivo della Roma trova fortuna nella conclusione dal limite dell’area di De Roon, il pallone sbatte su Celik e finisce in rete beffando Svilar tuffatosi dal lato opposto. I giallorossi reagiscono e per un soffio non pareggiano con Mancini. Servito in area dal bel cross di Saelemaekers, il difensore ex atalantino colpisce male il pallone calciando alle stelle. La fortuna, molto lontana da Roma in questo momento, costringe Ranieri ad un doppio cambio forzato per i problemi fisici di Hummels e Cristante. Con la stanchezza di fine gara ed un gol da recuperare, la Roma tenta il tutto per tutto ma è costretta ad arrendersi ad un minuto dal novantesimo, in cui proprio l’ex di giornata Zaniolo firma la rete che chiude i giochi e consegna i tre punti ai bergamaschi. Il calcio d’angolo battuto sul primo palo a rientrare di Cuadrado trova la deviazione vincente dell’ex Roma che, non si lascia intimidire dai costanti fischi ricevuti e da il via ad un’esultanza ‘leggermente’ provocatoria che infiamma l’intero stadio. Questa vittoria in esterna lancia la Dea all’inseguimento del Napoli, primo in classifica a più uno. Ancora notte fonda per la Roma, quarta sconfitta di fila in campionato, seconda per Ranieri che non ha ancora trovato il gol in Serie A. Questo altro insuccesso condanna oi giallorossi al quindicesimo posto e ora spetta al nuovo tecnico trovare la quadra per invertire la rotta.

LA TOP11 DELLA 14ª GIORNATA:

Classe 2005. Studente in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Palermo. Amante del calcio fin da bambino, vivo ogni partita con la stessa passione del primo giorno. Aspirante giornalista con una passione per lo storytelling e gli editoriali.

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Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Seconda parte)

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Dopo i primi quattro gironi, che sono già tornati in campo per la seconda giornata del torneo, ecco gli altri quattro gironi che hanno fatto il loro esordio negli scorsi giorni. Figurano tante big, oltre alle due italiane in azione, Juventus e Inter.

GIRONE E 

Inter, Monterrey, River Plate, Urawa Reds 

La prima gara del girone è quella tra il River Plate e i giapponesi dell’Urawa Reds. A Seattle le temperature sono più adatte per una grigliata di asado con gli amici piuttosto che una partita di calcio, ma nonostante il caldo torrido alle 12.00 (ore americane) al Lumen Field ci sono un buon numero di tifosi dei Millionarios, che assistono all’esordio vincente della squadra di Gallardo. Un successo che mette ulteriormente in mostra tutte le qualità del gioco del River Plate: gestione lucida del possesso, una buona dose di ‘garra’ e un Mastantuono pronto a prendersi la scena prima di passare al Real Madrid a fine mondiale. Il vantaggio parte proprio da una giocata del classe 2007, proseguita dal solito cross tagliente di Acuna, e da un inserimento brutale di Colidio in mezzo ai difensori. Nella ripresa il raddoppio porta la firma di Driussi, anche se gran parte del gol è regalato dal terrificante retropassaggio del difensore Hoibraten. Driussi si fa anche male nella ricaduta, nel frattempo l’Urawa accorcia le distanze dagli undici metri con Matsuo e comincia a pregustare il sapore della rimonta, subito interrotta dalla zuccata di Meza a dieci dalla fine. Un River che gioca bene e che usa…la testa, viste le tre zuccate che hanno regalato alla banda Gallardo i primi tre punti, e adesso il “set point” contro il Monterrey può regalare già il primo posto aritmetico al River Plate.

Foto: X Inter

Nell’altra gara del girone l’Inter fa il suo esordio contro il Monterrey. Dalla finale di Champions League di venti giorni fa l’Inter ha cambiato molto, ridimensionato dopo la batosta subita dal PSG. In panchina non siede più Simone Inzaghi, che è rimasto comunque nel giro del Mondiale per Club, ma Christian Chivu. Il tecnico romeno arriva da Parma e nel suo primo match cerca di non effettuare particolari rivoluzioni tecnico/tattiche. Si riparte dal 3-5-2 con Seba Esposito che affianca Lautaro Martinez. L’approccio della gara da parte dell’Inter non è prorompente come avevano abituati i nerazzurri in questi anni, ma la pressione e il fraseggio sono comunque apprezzabili. Si cerca di catturare qualsiasi strategia attuata da Chivu rispetto al precedente ciclo di Inzaghi, ma l’unica vera soluzione che si nota è la marcatura a zona nelle palle inattive, e la dimostrazione porta al vantaggio il Monterrey: la difesa dell’Inter cerca di ostruire il centro dell’area di rigore da potenziali attacchi, ma nessuno segue il taglio dell’eterno Sergio Ramos, lo spagnolo è micidiale sotto pressione, figuriamoci senza marcatura… incornata che sbatte sul terreno e beffa Sommer, non proprio impeccabile. L’Inter ci mette qualche minuto a pareggiare, e lo fa con uno schema su punizione che culmina con il tap-in vincente di Lautaro Martinez. Nel secondo tempo si vedono le cose interessanti, perché il Monterrey traccia un solco a metà campo e non lo oltrepassa quasi mai, ma soprattutto Chivu decide di inserire i nuovi arrivati Luis Henrique e Sucic, oltre a Thuram per Esposito. Il tecnico nerazzurro cambia modulo e alza il raggio d’azione di Mkhitaryan, anche se i messicani non soffrono particolarmente, merito di una gestione della linea difensiva da generale romano da parte di Sergio Ramos. Tra luci e ombre Chivu marchia il suo esordio con un pari, e adesso la gara contro l’Urawa diventa un passaggio decisivo per le sorti dell’Inter nel Mondiale per Club, in attesa di una crescita generale dell’ambiente nerazzurro, ancora troppo arrugginito dopo le fatiche di fine stagione.

  • Inter-Urawa Reds
  • River Plate-Monterrey 

GIRONE F

Borussia Dortmund, Fluminense, Mamelodi Sundowns, Ulsan HD 

Foto: X Fifa Club World Cup

Il calendario mette a confronto subito Borussia Dortmund e Fluminense, le due squadre favorite per il passaggio del turno. Il Fluminense si presenta con una squadra di figure pittoresche per molteplici motivi: spicca il giovanissimo portiere Fabio, 44 anni e 171 giorni, e il centrocampista Hercules, infaticabile mezzala, oltre all’ancora frizzante Thiago Silva. Il Borussia Dortmund si ricorda di scendere in campo solo a tratti, perché per il resto la partita è un dominio costante del Fluminense. I brasiliani attaccano la porta di Kobel da qualsiasi angolazione possibile, poi però devono fare i conti con il portiere svizzero, che francamente ha deciso che la partita debba finire in parità. Dell’attacco del Borussia non c’è alcuna traccia, e quando i gialloneri si affacciano in avanti, Fabio e Thiago Silva non hanno nemmeno bisogno di calare a referto qualche gemma gloriosa del loro passato, perché pericoli concreti non ne arrivano. Nella ripresa l’occasione più grossa capita nei piedi dei giocatori del Fluminense, ma Kobel risponde alla grande su un primo tiro di Everaldo, e alla grandissima sulla ribattuta di Nonato, che già stava per correre sotto la curva occupata dai tifosi brasiliani. Nel frattempo il Borussia accoglie un altro Bellingham in mezzo al campo, non più Jude ma il fratello minore Jobe, ma quasi nessuno se ne accorge perché il Dortmund non riesce nemmeno a costruire un’azione degna di nota. Termina 0-0, come aveva deciso Kobel, ma il Borussia Dortmund adesso deve accendersi per evitare brutte sorprese in corso d’opera. Altra grande prestazione per una sudamericana, con il Fluminense che ai punti meritava più di un gol e la vittoria finale, ma la dea bendata -e Kobel- riescono a mantenere il punteggio fermo sul pari. Altra menzione per Hercules, che non sembra nemmeno male in mezzo al campo, ma il suo nome lo precede, e onestamente è clamoroso.

L’altro match del girone è l’emblema del mistero e dell’incertezza che veleggia attorno ad alcune realtà del mondo calcistico. La gara tra Ulsan HD e Mamelodi Sundowns comincia in ritardo a causa della pioggia, e se già era difficile registrare un sold out per questa gara, le condizioni meteo decimano ulteriormente gli spettatori di questo match che può nascondere la magia di una finale dei mondiali, o la sonnolenza di uno spareggio di metà agosto in Lituania. I sudafricani (Mamelodi) giocano bene e sostanzialmente dominano, Rayners ne segnerebbe anche tre, ma due di questi vengono annullati dal VAR, con tanto di decisione spiegata a tutto lo stadio dall’arbitro, una delle tante novità sperimentate in questo torneo dalla FIFA -al momento ampiamente promossa. Finisce soltanto 1-0, anche perché il centrocampista dell’Ulsan Bojanic va a calciare due volte e tira fuori dal cilindro due tiri orribili, incredibilmente per motivi opposti: uno altissimo, uno molle e centrale. Occasionissima per il Mamelodi, che adesso può sognare in grande visto l’ottimo esordio, anche se adesso arrivano le “big”.

Seconda giornata:
  • Mamelodi-Borussia Dortmund 
  • Fluminense-Ulsan HD

GIRONE G 

Al-Ain, Juventus, Manchester City, Wydad Casablanca

A Philadelphia il Manchester City comincia il suo mondiale contro il Wydad Casablanca. Guardiola ha accolto tra le sue braccia altri due gioielli provenienti dal mercato, tali Reijnders e Cherki -non proprio sconosciuti- e non perde tempo a gettarli in campo, a costo di rinunciare ad Haaland e il pallone d’oro Rodri. Non c’è bisogno di spiegare le motivazioni su questa scelta, perché bastano i primi due minuti per capire che il Manchester City potrebbe dominare il palleggio anche con Liam e Noah Gallagher degli Oasis. Al secondo minuto Foden la schiaffa in porta, tornando ad assaporare la gioia del gol che gli mancava da quasi sei mesi. Il Wydad prova anche a spingersi in avanti, ma a parte una serie di giocate del fantasista Lorch -che va menzionato solo per la quantità innumerevole di sombreri e la quattro sulle spalle- non si registrano particolari pericoli per Ederson. Prima dell’intervallo i marocchini riescono a far passare Doku come un predatore d’area, lasciandolo completamente da solo in mezzo all’area al momento del corner di Foden. Di fatto, la partita termina nella prima frazione, e gli ingressi di Haaland e Rodri -insieme ad altre figure- non fanno altro che accentuare il dominio dei Citizens, che hanno talmente tanto la situazione sotto controllo che trovano il tempo per sborsare 20 mila euro di multa (la FIFA ha introdotto una penale per ogni sanzione, e l’espulsione corrisponde a circa 20 mila franchi svizzeri) per una tacchettata in faccia a un avversario da parte di Rico Lewis. 

Foto: X Juventus FC

La gara che chiude la prima giornata è l’esordio della Juventus di Igor Tudor. L’avversario dei bianconeri è l’Al-Ain, che presenta il 5-3-2 delle grandi occasioni, con un sempreverde Rui Patricio in porta. I bianconeri sono reduci dalla visita alla Casa Bianca, dove sono stati costretti ad ascoltare Trump mentre parlava ai giornalisti della guerra e del calcio femminile, in uno dei momenti più surreali della storia recente del calcio, ma in campo mettono subito le cose in chiaro, come fa l’America quando subentra nei grandi conflitti: all’intervallo il risultato è sul 4-0 per la squadra di Tudor, con la doppietta di Kolo Muani, il gol di Conceição e la gemma di Yildiz (che ancora una volta segna all’esordio in qualche torneo), nel secondo tempo arriverà anche il quinto gol di Chico Conceição. Se nel corso della stagione i giocatori della Juve sembravano spaventati anche da un fiammifero, a Washington i ragazzi di Tudor sembrano una banda di potenziali piromani: vanno a duemila, recuperano il pallone velocemente, si cercano e si trovano anche a occhi chiusi. In attesa dei recuperi di alcune pedine fondamentali (contro l’Al-Ain hanno riassaporato il campo Gatti e Koopmeiners), Tudor spinge sul blocco visto nel rush finale, con un Kelly in netto miglioramento con l’approccio al ruolo, e Alberto Costa in versione treno merci. Il portoghese è un’iradiddio sulla fascia destra e confeziona anche due assist, mentre l’enigma principale riguarda Conceição e Kolo Muani, entrambi in prestito ma sempre più incisivi nell’ecosistema bianconero. Sorrisi e sacrificio, il primo posto in classifica e la voglia di spingersi oltre. La Juventus di Tudor parte alla grande in America, e già nel prossimo turno può ipotecare il passaggio del turno.

Seconda giornata:

  • Juventus-Wydad Casablanca
  • Manchester City-Al Ain

GIRONE H 

Al-Hilal, Pachuca, Real Madrid, Salisburgo

Esordio a tutto tondo per Real e Al-Hilal, che accolgono nelle loro rispettive panchine Xabi Alonso e Simone Inzaghi. Ne viene fuori un match spettacolare, soprattutto per merito del coraggio e del dinamismo del club saudita. Senza Mbappé, Xabi Alonso sceglie il giovane Gonzalo Garcia, mentre dietro giocano subito i nuovi arrivati, Huijsen e Alexander-Arnold. Inzaghi ci ha messo poco a dare un’impronta decisa all’Al-Hilal, e la mezz’ora iniziale è quasi un monologo dei sauditi, più vivi e spigliati rispetto a un Madrid alla ricerca di geometrie. A Renan Lodi viene anche annullato un gol per fuorigioco, Inzaghi comincia a dispensare urla a qualsiasi oggetto vestito di blu, e nel frattempo il Real Madrid rispolvera la ripartenza all’italiana, finalizzata da Gonzalo Garcia su assist di Rodrygo. L’Al-Hilal ci mette poco a pareggiare la gara, grazie al calcio di rigore realizzato da Ruben Neves. Xabi Alonso non stravolge i suoi Blancos rispetto a quanto visto lo scorso anno, e sceglie la via della continuità anche nelle sostituzioni, con Tchouameni che continua il suo viaggio da nomade nella parte arretrata del campo mentre Asencio lascia il posto a Guler. Il turco da quella marcia in più al Madrid, e nel frattempo il ritmo dei sauditi è calato notevolmente, prevedibile considerando il dispendio enorme di energie del primo tempo e il caldo asfissiante di Miami. Nel finale il VAR assegna un rigore al Real Madrid per una manata di Al-Qahtani su Fran Garcia. Dal dischetto Valverde incrocia il destro ma Bonou azzecca l’angolo e mette il sigillo finale al pareggio. Due cantieri ancora in fase di avvio, ma arrivano già i primi segnali da una parte e dall’altra. Se Inzaghi può ritenersi soddisfatto per qualità e ritmo messo in campo, Xabi Alonso attende il ritorno di Mbappé per cercare di nascondere le difficoltà evidenziate in questo primo match, fotocopie dell’ultima stagione blanca. 

Foto: fifa.com

Altrettanto divertente è la gara tra Pachuca Red Bull Salisburgo. A Cincinnati trionfano gli austriaci dopo un match durato quattro ore (sospeso per un’ora e quaranta per l’acquazzone che ha colpito la città durante il secondo tempo). Gara divertente e frizzante fin dai primi minuti, con i messicani che rispolverano un centravanti d’area di rigore come Salomon Rondon, stranamente poco freddo e lucido contro l’estremo difensore del Salisburgo, l’impronunciabile Zawieschitzky. A ridosso dell’intervallo gli austriaci trovano il vantaggio grazie alla perla di Oscar Gloukh, l’israeliano lascia a terra Pedraza e batte Moreno con un destro a giro di pregevole fattura. Nella ripresa la gara si interrompe per quasi due ore per il temporale, poi riparte e i fulmini lasciano spazio ai fuochi d’artificio. Il Pachuca trova il pareggio grazie a una punizione di Gonzalez, su cui barriera e portiere non fanno una bella figura; Rondon continua la sua ricerca spasmodica del gol ma non riesce a segnare. Chi riesce a gonfiare la rete è l’altro centravanti, il neo-entrato Onisiwo, che sale in cielo e riesce a indirizzare e colpire forte il pallone, per un vantaggio che spedisce il Salisburgo in vetta alla classifica. In attesa della gara contro l’Al-Hilal gli austriaci provano a inserirsi di soppiatto in alto alla classifica.

Seconda giornata:

  • Salisburgo-Al-Hilal 
  • Real Madrid-Pachuca
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Calcio

Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Prima parte)

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Polemico, esagerato e curioso, proprio come sa essere l’America. Il nuovo Mondiale per Club voluto dalla FIFA rispecchia i canoni degli Stati Uniti, che si preparano al mondiale tra nazionali (in programma il prossimo anno) con una parata di stelle e altri elementi celesti più misteriosi, ma intensi e curiosi. Tante le novità in esperimento, numerosi argomenti di valutazione, ma nel frattempo la prima giornata è terminata nella notte, e tra poco il mondiale riparte con la seconda giornata. Allora ecco la prima parte dell’analisi delle prime gare del Mondiale per Club, girone per girone.

GIRONE A 

Al-Ahly, Inter Miami, Porto, Palmeiras 

Uno dei raggruppamenti più intriganti dell’intero mondiale, non tanto per la quantità elevata di “big” al suo interno, ma per l’alone di mistero e curiosità che circola attorno a Messi e avversari. Dopo le prime due partite la classifica è rimasta la stessa dello scorso venerdì, quando ancora il torneo non era cominciato. L’ordine rimane quello alfabetico, la differenza reti pari ai gol realizzati dalle quattro squadre, ossia zero, ma le due gare sono state tutt’altro che noiose.

Foto: fifa.com

La gara tra AlAhly e l‘Inter Miami apre il mondiale. Nel primo tempo gli egiziani dominano in lungo e in largo, come non si vedeva probabilmente da Cleopatra e family. La retorica storica però non è casuale, perché nell’assedio costante dell’Al-Ahly verso la porta avversaria emerge un altro reperto di notevole importanza nella gara: il portiere dell’Inter Miami, tale Oscar Ustari, 38 anni compiuti. Il portiere argentino è il protagonista della prima frazione perché mette a referto una serie di parate sensazionali, e mette la ciliegina al minuto 43 quando ipnotizza Trezeguet dal dischetto. Nel secondo tempo l’Inter Miami prova a giocare con maggior qualità, e la modalità è quella nota a tutti: palla a Messi e poi si vede. Al minuto 63 tutto lo stadio trattiene il fiato per la punizione di Messi, l’argentino cerca la soluzione a effetto e spedisce la palla in rete. Peccato che la palla non giri abbastanza e si vada a incastrare nella parte esterna della porta, regalando soltanto l’illusione ottica di un grande gol. Nel finale emerge anche l’altro estremo difensore, l’egiziano El-Sheenawy, anche lui ben navigato grazie alle sue 36 primavere. Le sue parate chiudono la porta, e dove non arriva El-Sheenawy ci pensano i legni, come quello colpito all’ultimo istante da un tiro-cross di Messi. Finisce 0-0.

Nell’altra gara del girone Porto e Palmeiras giocano talmente a viso aperto che si devono arrendere a uno 0-0 che suona come un oltraggio al calcio, per la mole di occasioni avute da entrambe le squadre. Due gemme per parte, Estêvão per i brasiliani e Rodrigo Mora per i portoghesi, ma le due squadre presentano un parco giocatori talmente completo da poter andare in guerra e a una sfilata a Hollywood allo stesso tempo. Tante, tantissime, troppe, occasioni e in questo teatro emergono artisti incompresi, o magari talmente sconosciuti a sé stessi da essere perfetti per dominare la scena. È il caso del portiere del Porto, Claudio Ramos, provvidenziale con una serie di parate tanto efficaci quanto qualitativamente orrende. Il Palmeiras ai punti meriterebbe almeno un gol, ma il palo e le parate sconsiderate di un Ramos in giornata di grazia non cambiano il risultato. Anche l’altra gara finisce 0-0.

Seconda giornata:

  • Palmeiras-Al-Ahly
  • Inter Miami-Porto 

GIRONE B 

Atletico Madrid, Botafogo, PSG, Seattle Sounders

Dopo aver schiantato l’Inter in finale di Champions League, il Paris Saint-Germain arriva al Mondiale per Club con i favori del pronostico. L’armata di Luis Enrique fa il suo esordio a Pasadena contro l’Atletico Madrid, al cospetto di un caldo torrido e ottantamila persone, a cui vanno aggiungi i sedici giocatori impiegati da Simeone nel corso della gara. Si prospettava come il match di cartello di questa prima giornata, e invece termina con un PSG che passeggia e domina per 4-0. Al momento i parigini viaggiano a una cilindrata nettamente superiore rispetto alla concorrenza, e anche senza due pilastri offensivi fondamentali, come Dembelé e Barcola, ci pensano gli altri diamanti che Parigi sta conservando, Fabian Ruiz e soprattutto Vitinha. Il centrocampista portoghese continua il suo mostruoso dominio del gioco e adesso si comincia a comprendere al meglio la sua leadership. Le altre due firme sono di Kang-In Lee e Mayulu, che in questo ultimo mese sta cercando di rinominare la celebre zona Cesarini. Per la banda del Cholo si mette subito in salita, anche se la qualificazione non sembra in discussione.

Foto: fifa.com

Nell’altro match i meno quotati Botafogo e Seattle Sounders regalano comunque un match intenso e spettacolare, vinto dai brasiliani grazie a due sigilli nel primo tempo. Il Botafogo va in vantaggio grazie a un colpo di testa dell’altissimo Jair Cunha (1.98m), poi raddoppia con un’altra incornata, questa volta del centravanti Igor Jesus. Nel secondo tempo gli statunitensi accorciano le distanze con Roldan, e nel rush finale sfiorano più volte il pareggio, ma il Botafogo decide di affidarsi a due, non troppo vecchie, meteore della nostra Serie A come Arthur Cabral e Joaquin Correa. Il risultato non cambia, anche se il Tucu sfiora subito il primo gol con la maglia del Fogão, stoppato da un grande intervento del portiere Frei. Successo che può rilanciare il Botafogo, che può approfittare della pesante sconfitta dell’Atletico Madrid, a patto che non si arrendano anche loro a un’imbarcata dai parigini, che negli ultimi tempi sembra l’unica soluzione percorribile.

Seconda giornata:

  • Paris Saint-Germain-Botafogo
  • Seattle Sounders-Atletico Madrid

GIRONE C 

Auckland City, Bayern Monaco, Benfica, Boca Juniors

Sulla carta sarebbe il girone più equilibrato del Mondiale, ma dopo la gara del Bayern Monaco ovviamente questa analisi va rivisitata. Contro i dilettanti dell’Auckland City i bavaresi non vanno per il sottile, confermando la freddezza e il cinismo che distingue il tedesco medio: termina 10-0, sei a zero all’intervallo. Troppa la differenza tra le due squadre per buttare giù una qualsiasi cronaca, anche se le storie extra-calcistiche dei dilettanti di Auckland sono manna dal cielo per le pagine romantiche di calcio. Il campo però non lascia spazio a interpretazioni: neozelandesi con un 5-5-0 non troppo compatto, i bavaresi lasciano Neuer in mezzo al campo a riscaldarsi seduto sul prato di Cincinnati e nel frattempo disintegrano la porta di Tracey, che nella vita fa il magazziniere. Qualificazione praticamente ipotecata, anche se adesso comincia a tutti gli effetti il mondiale di Kompany e…company;

Foto: fifa.com

L’equilibrio del gruppo C è rappresentato da Boca Juniors e Benfica, che scendono in campo all’Hard Rock Stadium di Miami. Senza troppi indugi è una delle partite più belle del primo turno di match. Ruvido, qualitativamente entusiasmante e ricco di calcio e calci, come impone la tradizione. Il Benfica sembra essere favorito dopo i primi minuti, ma gli argentini in dieci minuti mettono in scena tutto il loro calcio: vantaggio di Merentiel su assist di Blanco, che si concede il lusso di un tunnel prima del pallone per l’attaccante argentino, e raddoppio su palla inattiva con la testata vincente di Battaglia. Prima dell’intervallo il Boca completa il proprio manifesto sudamericano, quando a ridosso dell’intervallo il Benfica conquista un rigore per un calcio di Palacios su Otamendi. L’arbitro va al VAR e Ander Herrera -uscito anzitempo per infortunio- decide di farsi espellere per proteste. Di Maria accorcia le distanze dal dischetto e al rientro dagli spogliatoi Bruno Lage alza i toni dell’attacco con Belotti. L’ingresso del “Gallo” è agonisticamente impattante, forse troppo, perché al minuto 72 Belotti viene espulso per un calcio alla nuca di un avversario. La partita è tesa come una corda di violino, lo spettacolo ha lasciato spazio a un’intensità che sembra più da finale dei mondiali, che da fase a gironi, e parlando di mondiali non può che emergere un argentino, anche se veste la maglia del Benfica. Otamendi si stacca sul primo palo, impatta violentemente la sfera e pareggia la partita. Prima del triplice fischio c’è ancora tempo per un ultimo assaggio di calcio selvaggio, offerto da Figal: pestone da ergastolo sullo stinco di Florentino e cartellino rosso diretto. Finisce in parità, e il cammino di Boca e Benfica passerà dalla gara contro Auckland, in cui servono tanti gol per la differenza reti.

Seconda giornata:

  • Bayern Monaco-Boca Juniors
  • Benfica-Auckland City

GIRONE D

Chelsea, Esperance Tunis, Flamengo, Los Angeles FC

Il gruppo D diventa subito di dominio di Chelsea e Flamengo, come da pronostico. I londinesi cominciano la propria competizione contro il Los Angeles Fc di Giroud (inizialmente in panchina) e Lloris, e vincono con qualche difficoltà grazie a un gol per tempo. Forti del successo in Conference League, Maresca schiera la miglior formazione per evitare di incappare in qualche inconveniente in stile Italia a USA94′. La gara comincia con un colpo d’occhio agghiacciante, con le tribune dello stadio di Atlanta semi-vuote. Per fortuna gli spalti si riempiono leggermente nel corso della gara, e il Chelsea ingrana anch’esso alla distanza, per poi vincere senza evidenti fatiche. Il vantaggio è siglato da un ottimo Pedro Neto, frizzante nella fascia destra fin dall’inizio, incontenibile per il lussemburghese Chanot. Nel secondo tempo fanno il loro esordio in maglia Blues i due nuovi acquisti, Essugo e Delap, mentre sponda L.A. entra Giroud. L’ingresso del francese alza notevolmente il peso dell’attacco statunitense, e la difesa del Chelsea comincia a concedere qualche occasione, poi però viene fuori nuovamente il livello tecnico della banda Maresca, che chiude i discorsi a dieci dal termine. Delap pennella un ottimo cross in mezzo, Enzo Fernandez si avventa sulla sfera e mette il sigillo finale. Non un esordio da sogno per il Chelsea, che riesce comunque a conquistare i tre punti che gli servivano. La qualificazione è un duello con il Flamengo, prossimo avversario dei Blues. Occhio però a considerare fuori dai giochi il Los Angeles FC.

Foto: fifa.com

Nell’altro match il Flamengo fa il suo esordio in grande stile contro l’Esperance Tunisi. La differenza tecnica tra le due squadre è evidente, ma i brasiliani giocano un gran match sotto ogni punto di vista. Sigla il vantaggio uno dei simboli del Fla, il fantasista uruguaiano De Arrascaeta. L’ex Fiorentina Pedro ha l’occasione per raddoppiare, ma decide che per il momento non è il caso di segnare. La formazione del Flamengo è un’ode alla nostalgia calcistica, data la vasta presenza di ex Serie A come Pulgar, Gerson, Pedro e il nuovo arrivato Jorginho. Nel secondo tempo è proprio Jorginho a mettersi in mostra, grazie a un filtrante no-look verso Luiz Araujo, che aggiunge il suo tocco di classe con un mancino a giro che si insacca alle spalle del portiere Ben Said. Nell’Esperance Tunisi, a parte un’ottima presenza di tifosi nelle tribune, da segnalare una delle figure più pittoresche di questo mondiale, l’attaccante Rodrigo Rodrigues.

Seconda giornata:

  • Flamengo-Chelsea
  • Los Angeles FC-Esperance Tunisi 
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Calcio

Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

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L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.

Le scelte per l’ultima di Spalletti

Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.

ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui. 

Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.

Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.

Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e  sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.

Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…

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