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Calcio

Il Super Commento della 18ª Giornata di Serie A

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Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della diciottesima giornata di Serie A.

Empoli-Genoa (A cura di Tommaso Patti)

Il Genoa ritrova la vittoria dopo tre partite senza successo seppur giocate con personalità, terza sconfitta di fila per gli uomini di d’Aversa. Dopo appena un minuto di gioco, l’Empoli va vicinissimo al gol del vantaggio sull’uscita pericolosa di Leali alla ricerca di fermare Gyasi e difendere la propria porta scoperta, chance sciupata dal giocatore italo-ghanese che, dal limite dell’area e a porta vuota, calcia ma il pallone termina sull’esterno della rete. Dopo l’inizio shock, il Genoa continua a non salire, mantenendo un baricentro bassissimo e senza riuscire a fermare le giocate dei singoli avversari, come accaduto al 32′ durante l’azione in solitaria di Anjorin, conclusa con un tiro del centrocampista inglese nello specchio della porta ma parato da Leali, quest’ultimo protagonista con un altro intervento provvidenziali a pochi minuti dal duplice fischio, parando il potentissimo tiro da lunga distanza di Cacace. Dopo soli ventisei secondi della ripresa e dopo aver passato un’intera frazione a subire occasioni, la squadra di Vieira trova la rete del vantaggio a causa di molteplici errori in fase di impostazione dal basso degli avversari, regalando un enorme chance a Badelj, che approfitta degli errori avversari e porta a sorpresa in vantaggio il grifone. Pochi minuti più tardi, l’Empoli conquista un calcio di rigore inizialmente non visto dal direttore di gara per un fallo di Vasquez su Esposito. Dagli undici metri lo stesso Esposito sbaglia il calcio di rigore, merito soprattutto dell’ennesimo intervento di Leali, aiutato anche dal palo. Sull’uscita bassa e sbagliata di Vasquez, e grazie all’ottimo impatto di due subentrati, il Genoa raddoppia con Ekuban dopo essere stato servito alla perfezione da Miretti. Ad un quarto d’ora dalla fine, Sebastiano Esposito si riscatta e firma di testa la rete che dimezza lo svantaggio su un’altra grande giocata di Anjorin, tra i migliorino campo dell’Empoli. Al terzo dei cinque minuti di recupero, i rossoblu sfiorano la terza rete con Vitinha che calcia alto dopo essere stato lanciato in porta da Ekuban, errore che sancisce la fine della gara. Con il successo del Castellani, il Genoa sale a quota 19 punti, agganciando l’Empoli e metà classifica.

Parma-Monza

Esordio amaro per Bocchetti sulla panchina del Monza. Il Parma la vince all’ultimo secondo e sbaraglia i brianzoli, portandosi  a più quattro sulla zona retrocessione. Al Tardini è però il Monza a partire fortissimo sin dal primo minuto, con una doppia occasione di Maldini, salvata miracolosamente dalla difesa dei padroni di casa, che appena dieci secondi dopo non riesce però ad evitare il gol del vantaggio di Ciurria, che viene però annullato per l’uscita del pallone dal campo, inizialmente non vista dal direttore di gara. Da ciò, la squadra di Pecchia prova a rispondere, con un tiro di Mihaila respinto da Turati, che si mette in mostra, così come fa Suzuki pochi istanti dopo sul tiro a incrociare di Caprari. All’inizio del secondo tempo è invece il Parma a partire forte, con la discesa di Coulibaly fermata fallosamente da Pablo Marí, che causa un calcio di rigore e viene espulso per somma di ammonizioni. Sul dischetto si presenta Hernani, che non spreca la chance che gli è stata data e porta in vantaggio il Parma. Nonostante l’inferiorità numerica, il Monza non molla mai e riesce clamorosamente a trovare il pareggio con Pedro Pereira, che sbuca alle spalle della difesa dei ducali e insacca in porta un pallone vagante. Le emozioni però non sono finite: a recupero scaduto, al 98’, su situazione di calcio d’angolo, Valenti svetta di testa e regala i tre punti ai suoi, con il Tardini che è una bolgia. Le due squadre vanno alla pausa di fine anno con due morali chiaramente diversi: il Parma può finalmente respirare, mentre il Monza deve lavorare duro per cercare riscatto.

Cagliari-Inter (A cura di Tommaso Patti)

Tris e clean sheet nerazzurro , Cagliari-Inter termina 0-3. All’Unipol Domus la squadra di Simone Inzaghi parte fortissimo e già al terzo minuto sfiora la rete del vantaggio con il tiro di Thuram parato da Schuffet .Con l’attaccante francese reduce da uno splendido stato di forma, l’Inter oltre al ritrovarsi un bomber, si ritrova in squadra un giocatore che crea anche occasioni per i compagni, che si sacrifica e che riesce ad essere all’altezza dell’inizio di stagione anche giocando lontano dalla porta avversaria. Con il passare dei minuti le occasioni degli ospiti continuano ad aumentare, al 14′ l’Inter spreca più occasioni nella stessa azione, con protagonista Barella e Mkhitaryan. Nonostante il dominio interista, il Cagliari si rende pericoloso in più situazioni, dimostrando la propria forza nei momenti di maggiore difficoltà. Nonostante le avance da parte dei sardi, l’Inter continua ad attaccare ma anche a sprecare occasioni nitide, come quella di Lautaro che, al 28′, si divora clamorosamente il gol del vantaggio a porta indifesa, colpendo male il pallone e spedendolo alto. Durante la  prima vera manovra offensiva della ripresa, l’Inter passa in vantaggio con Bastoni: il difensore ex Parma e Atalanta riceve all’interno dell’area di rigore il cross di un ispiratissimo Barella e, di testa, piazza il pallone sul secondo palo, firmando la sua prima rete stagionale. Dal gol del vantaggio di Bastoni, l’Inter cresce sia in attacco, che in difesa. Il reparto offensivo continua a creare occasioni importantissime alla ricerca del secondo gol, mentre il reparto difensivo, si dimostra efficace e compatto come nell’azione in profondità di Piccoli, fermato dall’ottimo uscita di Sommer. Come nell’azione del primo gol, Barella immette un cross, questa volta a centro area si fa trovare pronto Lautaro Martinez che ritrova il gol dopo la rete decisiva firmata contro il Venezia. Sette minuti dopo la rete del capitano nerazzurro, il Cagliari esce dalla partita a causa del fallo di mano di Wieteska (subentrato al posto di Mina al 46′ ), regalando l’opportunità del terzo gol agli avversari. Dal dischetto si presenta il solito e infallibile Çalhanoğlu che spiazza Scuffet e timbra la propria quarta rete in questa Serie A. Prima del triplice fischio, il Cagliari prova ad accorciare le distanze con Felici ma, l’intervento di Sommer, nega la gioia del gol ai sardi. Con il quinto successo di fila, l’Inter continua il testa a testa contro Napoli e Atalanta alla ricerca del primo posto in solitaria. La squadra di Nicola invece, perde la decima partita su diciotto incontri in Serie A, mantenendosi pericolosamente in zona retrocessione.

 

Lazio-Atalanta (A cura di Dennis Rusignuolo)

Un intenso 1-1 chiude il 2024 di Lazio e Atalanta, Brescianini riacciuffa i biancocelesti nel finale. Dele-Bashiru e Tchaouna al posto di Isaksen e Dia, queste le mosse di Baroni per rispondere al 3-4-1-2 ‘leggero’ di Gasperini, che in ogni big match rinuncia a Retegui (oggi nemmeno in panchina per infortunio). In avvio la manovra della squadra di Gasperini è ragionata, molto lucida e poco incisiva verso la profondità, con la Lazio che invece pressa forte fin dall’inizio. Le maggiori sgasate provengono dal binario di sinistra, dove Tavares si getta nello spazio e Bellanova insegue in marcatura, dando vita a uno degli scontri più interessanti della gara, tra due dei giocatori più veloci del campionato. Al decimo minuto la Lazio confeziona tre occasioni in un’unica azione: prima Tchaouna si libera della marcatura e appoggia per Castellanos, respinto da Carnesecchi due volte, prima con le mani e poi con i piedi, poi  sugli sviluppi dell’azione Guendouzi apre il piattone e scheggia l’incrocio dei pali. La prima risposta della Dea arriva dieci minuti dopo, con Zappacosta che riceve un disimpegno di testa di Tchaouna e calcia forte sul primo palo, palla fuori di poco. Rispetto al solito, in fase di palleggio l’Atalanta sbaglia molte giocate, con la Lazio che si fa valere -soprattutto in mezzo al campo- grazie all’intensità messa dai giocatori di Baroni in fase di pressione. In ripartenza la Lazio trova il vantaggio: al 26’Castellanos lavora bene il pallone, portando via Hien dalla linea difensiva, appoggia per Rovella che pennella verso Dele-Bashiru, abile nel calciare forte e battere Carnesecchi. La mossa di Baroni si dimostra vincente, con il nigeriano che sale a quota tre reti in campionato. L’unico sussulto atalantino alla rete subita arriva nel recupero: cross di Zappacosta verso Pasalic, Djimsiti segue l’azione e in scivolata prova a correggere la spizzata del croato, senza riuscire a centrare la porta di Provedel. Al rientro dagli spogliatoi Gasperini cambia subito: fuori Zappacosta e Hien (ammonito), dentro Cuadrado e Kossounou. Rispetto alla prima frazione, la marcatura della difesa bergamasca è più mobile e meno rocciosa, che nel primo tempo era stata presa d’assalto dalla qualità e mobilità di Castellanos. Al 52′ Bellanova disegna un cross verso Cuadrado, da quinto a quinto, ma la conclusione di testa del colombiano non inquadra lo specchio della porta. La fascia destra è quella in cui l’Atalanta trova più spazio in profondità, con Bellanova che alza i giri del motore. L’Atalanta sfiora il pareggio al 61′ con Lookman che calcia a giro sul secondo palo e costringe Provedel al primo grande intervento della sua gara. L’ingresso di Samardzic, subentrato al posto di Pasalic, ricostruisce attivamente l’attacco della Dea, meno equilibrato e più qualitativo. Baroni capisce il momento e inserisce Isaksen e Pellegrini, per garantire freschezza alle fasce, oltre all’ingresso di Boulaye Dia. Nella fase finale di gara l’inerzia è tutta dalla parte dell’Atalanta, che sfiora ripetutamente il pareggio. L’occasione più nitida è al 74’ quando sugli sviluppi di un calcio d’angolo Lookman calcia in porta e trova la deviazione di Pellegrini, miracoloso nella seconda ribattuta a immolarsi con il corpo e negare il pareggio al nigeriano. La Lazio in contropiede ha l’occasione per raddoppiare ma Carnesecchi chiude la porta in faccia Dia. Al minuto 87’ la Dea trova il pareggio grazie alla panchina: Zaniolo sporca un cross di Bellanova, che finisce dalle parti di Lookman, lucidissimo nell’aspettare l’uscita di Provedel e appoggiare al centro verso Brescianini, libero di colpire a porta vuota e pareggiare il match. Si chiude con un pareggio il 2024 dell’Atalanta, probabilmente l’anno migliore della storia del club bergamasco. La banda del Gasp si dimostra capace di rimanere sempre in partita, grazie a delle seconde linee che mantengono alto il livello e sopratutto il ritmo di una squadra che fa dell’intensità il proprio credo. Sponda biancoceleste il rammarico per l’occasione sfumata è tanta, ma dopo il pesante 0-6 subito dall’Inter necessitava una reazione, che è arrivata soprattutto nel primo tempo. Le scelte di Baroni avevano imbrigliato l’Atalanta, ma nel secondo tempo la Dea è riuscita a riacciuffare il pareggio grazie alla gran giocata di Lookman.

Udinese-Torino (A cura di Marco Rizzuto

Al Bluenergy Udinese e Torino danno spettacolo, quattro gol e un punto a testa. Il primo tempo da vita ad un match molto equilibrato ma scarno in termini di occasioni da gol. Superata la mezz’ora, il Torino va vicino al vantaggio con Karamoh che, una volta servito da Borna Sosa, si accentra in area e calcia sul primo palo col pallone che esce di qualche centimetro. A cinque minuti dall’intervallo l’Udinese trova la rete che stappa il risultato: il corner calciato da Thauvin pesca la deviazione di Bijol che diventa un assist per la zampata vincente di Toure, che manda avanti i suoi al primo vero tiro in porta dei bianconeri. Sul finale della prima frazione, Ricci calcia da lontanissimo in porta, ma Sava attento manda a lato. Nella ripresa Vanoli effettua un doppio cambio, inserendo Ilic e Lazaro al posto di Pedersen e Gineitis. Al 49′ l’Udinese raddoppia col solito Lucca. Altro corner di Thauvin, perfetto per il gigante bianconero che di testa è infallibile e buca Milinkovic-Savic. Con questa rete Lucca tocca quota sette centri stagionali. La squadra di Runjaic però non riesce a mantenere il doppio vantaggio per più di qualche minuto e proprio su calcio d’angolo il Torino riapre i giochi con Adams, che riaccende la fiamma della speranza per i granata. Il buon momento del Torino si concretizza col gol che vale la rimonta: al 63′ Lazaro crossa in mezzo trovando la deviazione molto imprecisa di Ehizibue, Adams aggancia il pallone vagante e serve Ricci che da centro area buca Sava. Nella fase restante del match non ci sono occasioni degne di nota, e la sfida termina in parità. Udinese e Torino ricoprono la zona centrale della classifica, distanziate da sole quattro lunghezze.

Napoli-Venezia (A cura di Marco Rizzuto)

Il lampo Raspadori trascina il Napoli in testa alla classifica al pari con la Dea. Dopo soli tre minuti di gioco, il Napoli sfiora il vantaggio con uno schema da calcio d’angolo dove, Neres imbuca per Rrahmani che da posizione ravvicinata calcia verso la porta trovando la risposta reattiva di Stankovic che nega il gol. Con un Venezia molto chiuso e attento ed un Napoli dominante nel possesso, si assiste ad un gioco a ritmi bassi, molto tattico, come di consueto la Serie A ci ha abituati. Al 19′ il Venezia fa rabbrividire per un attimo il pubblico partenopeo: triangolazione perfetta tra Yeboah e Zampano, con il numero dieci lasciato solo che calcia serrato sul primo palo, Meret riesce a sventare in corner prendendosi gli applausi di tutto lo stadio. Al 35′ il Napoli torna nuovamente a bussare alla retroguardia veneta in seguito ai risvolti di un calcio d’angolo, Anguissa di tacco libera la corsa di Olivera che perfora l’area avversaria e calcia verso Stankovic che si fa trovare pronto, secondo l’arbitro c’è stato un contatto irregolare ai danni dell’uruguagio perciò concede calcio di rigore a favore dei padroni di casa. Stankovic si distende e riesce a negare il gol a Lukaku, dando prova di una prestazione superlativa. La prima frazione vede i ritmi alzarsi progressivamente, col Napoli che comanda il pallino del gioco senza riuscire a sbloccare il risultato. Alla ripresa, l’occasione più nitida arriva all’ora di gioco. Nicolussi Caviglia di punizione calcia direttamente in porta da posizione molto defilata, Meret attento alza in calcio d’angolo. I padroni di casa rispondono subito con Lukaku che, di sfondamento entra in ara passando tre giocatori avversari, incrocia di forza sul secondo palo ma Stankovic non vuole saperne di subire gol e riesce a toccare quel che basta per mandare la sfera sul palo esterno. A venti dalla fine Antonio Conte punta tutto su Raspadori, che subentra per Anguissa. I padroni di casa alla disperata ricerca del gol del vantaggio, prendono sotto assedio l’area di rigore avversaria. Al 79′: Di Lorenzo tenta un traversone dalla destra, smanacciato da Stankovic, il pallone spiove nella zona di Neres che non perde tempo e ributta il pallone in mezzo, Candela manca l’intervento per allontanare il pallone che carambola nella zona di Raspadori, il subentrato con un rigore in movimento batte Stankovic mandando in estasi il Maradona. Il Napoli una volta indirizzata la partita, vola sulle ali dell’entusiasmo e sfiora il raddoppio con Olivera che incrocia sul secondo palo dopo una percussione dalla sinistra, ancora una volta è Stankovic a vincere il duello. Il triplice fischio sorride alla squadra di Conte che conclude il 2024 con una vittoria, ottenuta grazie alla carta del jolly, Raspadori, che permette ai partenopei di agganciare l’Atalanta sul tetto della classifica. Torna a perdere il Venezia, che non riesce a dare continuità dopo la vittoria col Cagliari rimanendo al diciannovesimo posto.

Juventus-Fiorentina (A cura di Dennis Rusignuolo)

All’Allianz Stadium, Juventus e Fiorentina danno spettacolo e inscenano un roboante pareggio per 2-2 che non lascia contento nessuno, soprattutto Thiago Motta, che sembra non riuscire ad uscire da questa “pareggiomania”

Milan-Roma

 Dopo il vantaggio iniziale siglato da Reijnders, il pareggio di Dybala condanna Fonseca, costretto a lasciare la panchina dei rossoneri in favore di Sergio Conceicao. L’approccio dei giallorossi pare sin da subito aggressivo e caratterizzato da rapidi scambi tra i componenti della formazione di Ranieri. Al 10’ Saelemekers, Dybala e Dovbyk danno origine ad un’azione precisa, che mette l’attaccante ucraino a tu per tu con Maignan, salvato dal palo esterno che spedisce la sfera sul fondo. La Roma si espone, forse troppo, e il Milan punisce in contropiede: dopo una lunga discesa, Morata serve Fofana, che vede dall’altro lato Reijnders totalmente da solo, lo serve e l’olandese ringrazia con il gol del vantaggio, confermandosi il migliore del Milan fino ad oggi. Appena due minuti più tardi un’azione molto simile si conclude con il tiro di Morata, che però termina sul fondo. Al 22’ arriva, fulminea, la reazione dei giallorossi, grazie all’assist visionario di Dovbyk, che con il tacco serve Dybala, il quale non esista e con il destro al volo insacca Maignan. A poco meno di cinque minuti dall’intervallo ha luogo l’ennesimo episodio dubbio di questo campionato: nell’area di rigore giallorossa, Reijnders viene steso da Pisilli con una scivolata, giudicata regolare dal direttore di gara, che non concede il penalty e che espelle subito dopo Fonseca per proteste. All’inizio del secondo tempo la Roma prova a fare male in contropiede, ancora con Dovbyk, fermato nuovamente dall’estremo difensore rossonero. Pochi secondi dopo ci prova nuovamente il Milan, con il tiro dalla distanza di Bennacer, respinto prontamente da Svilar, che si ripete anche sul successivo, insidioso, tiro di Chukwueze. L’ultima azione della partita è clamorosa ed è della Roma, con Dybala che con un precisissimo passaggio trova Pellegrini, praticamente solo contro Maignan, il cui tiro però, probabilmente a causa della stanchezza, termina molto a lato della porta rossonera. Al termine del match continua la timida ripresa della Roma, mentre gli scarsi risultati obbligano il Milan ad un nuovo inizio, sotto la guida di un acclamato Sergio Conceicao.

Como-Lecce

Al Sinigaglia vince il Como e sprofonda il Lecce, la squadra di Fabregas si allontana dalla zona rossa della classifica e condanna i salentini a sprofondare sempre di più. Partono immediatamente forti i padroni di casa, e al 4’ un rinato Cutrone colpisce la traversa interna, con il pallone che rimbalza lontano dalla linea di porta. Il primo tempo è caratterizzato dal continuo duello tra Nico Paz e Falcone, l’argentino cerca più volte la soluzione dalla distanza, trovando sempre pronte le mani del portiere giallorosso, che si supera in molteplici occasioni. Al 29’ però, proprio sulla respinta di Falcone, Cutrone cerca di raccogliere il pallone, venendo steso in maniera fallosa da Baschirotto, che causa il penalty per i lagunari. Sul dischetto si presenta proprio Nico Paz, il cui tiro viene però neutralizzato, ancora una volta, da un brillante Falcone. All’inizio della ripresa, finalmente, Nico Paz riesce a battere l’estremo difensore del Lecce, con un tiro rasoterra, preciso, che colpisce il palo e poi si insacca, mettendo fuori dai giochi la totale difesa salentina e portando in vantaggio i suoi. Appena cinque minuti dopo, Fadera approfitta dell’errore di Dorgu e si trova praticamente a campo aperto, serve Cutrone e l’attaccante italiano ringrazia siglando il gol del 2-0, per la gioia del pubblico di casa. Nonostante la grande esultanza, però, il gol viene annullato per la posizione irregolare proprio di Fadera, partitoleggermente al di là della difesa del Lecce. A quindici minuti dal termine, Coulibaly, con un salvataggio clamoroso sulla linea su un tiro di Strefezza, evita il definitivo colpo di grazia per i suoi, che arriverà appena 4 minuti dopo con il gol, stavolta valido, di Patrick Cutrone, che raccoglie il tiro di Van Der Brempt respinto da Falcone. Il match prosegue in maniera molto monotona e va così a spegnersi sul risultato di 2-0, con Fabregas che può festeggiare, di fronte a Giampaolo, la cui squadra è apparsa passiva e priva di idee.

Bologna-Verona

Il Verona scaccia gli incubi ed espugna il dall’Ara, in seguito ad una partita folle, decisa da un autogol. Il primo quarto d’ora del match risulta essere privo di vere emozioni, con il Bologna che riesce a togliere il lucchetto alla partita al 18’ minuto: dopo un’azione abbastanza confusa, Castro riesce a servire di testa Dominguez, che si aggiusta il pallone alla perfezione e riesce a battere Montipò. Al 35’ la squadra di Italiano va vicinissima al raddoppio, con il palo colpito da Odgaard che gli nega la gioia del gol. Appena due minuti dopo un inaspettato errore di Lucumí lancia Tengstedt e Sarr a campo aperto, con il primo che serve il secondo, il quale incrocia il pallone in maniera molto precisa e sigla il gol dell’1-1, ringraziando il difensore del Bologna. Meno di dieci minuti più tardi, nel recupero del primo tempo, va incredibilmente in vantaggio l’Hellas grazie al gol di Tengstedt, che non spreca l’assist di Serdar e buca Skorupski. Cade la notte sul Bologna, che al 50’ rimane anche in dieci uomini per la gomitata a palla lontana di Pobega su Duda. Quando tutto sembra andare per il peggio, un raggio di luce illumina il buio rossoblú: sulla punizione battuta da Odgaard, che sbatte contro il palo, arriva Benji Dominguez, che ribadisce in porta e pareggia i conti, mettendo a segno addirittura una doppietta. Il numero 30 va addirittura vicino ad una clamorosa tripletta, negatagli solamente da un grande intervento di Montipò, che spedisce sul fondo il tiro dalla distanza del giocatore argentino. Negli ultimi minuti però le energie del Bologna si esauriscono, ed è il Verona a farla da padrone. Gli scaligeri, all’88’, riescono a trovare il gol del vantaggio: sulla punizione battuta da Duda, una sfortunata deviazione del Toto Castro batte Skourpski e sigla il definitivo 3-2 in favore dei gialloblù, che possono festeggiare. Al fischio finale, il giocatore del Bologna scoppia in lacrime, consolato dai compagni. Il Verona, seppur con un po’ di fortuna, riesce così a mettere la testa fuori dal vaso, in seguito ad un periodo veramente complicato, fermando un Bologna la cui campagna, finora, non sta affatto deludendo le aspettative.

LA TOP 11 DELLA 18ª GIORNATA

Classe 2004. Studente in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Palermo. Aspirante giornalista sportivo e grande appassionato di sport

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Calcio

Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

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L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.

Le scelte per l’ultima di Spalletti

Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.

ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui. 

Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.

Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.

Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e  sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.

Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…

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Calcio

Tracollo Azzurro in Norvegia, a Oslo termina 3-0. Mondiale subito a rischio?

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Disastro Azzurro sotto la pioggia di Oslo. L’Italia cade rovinosamente contro la Norvegia e complica subito il proprio percorso verso il mondiale. Ancora una volta gli Azzurri subiscono tre gol nel primo tempo, e nel secondo tempo non riescono a reagire.

La formazione degli Azzurri è ritoccata in quasi ogni reparto, principalmente in difesa dove mancano quasi tutti i centrali regolarmente utilizzati dal c.t. La scelta di Spalletti è l’esordiente Diego Coppola al centro della retroguardia, affiancato da Di Lorenzo e Bastoni. Sugli esterni giocano Zappacosta e Udogie, mentre in avanti ancora una volta giocano Retegui e Raspadori.

Nei primi minuti l’Italia prova a gestire il possesso del pallone, cercando di sfruttare anche la velocità di circolazione della sfera grazie alla pioggia che si abbatte su Oslo. I norvegesi sono uniti e compatti, e il blocco disegnato da Solbakken non lascia particolari spazi agli Azzurri. Fin dalla vigilia tutta l’attenzione mediatica si è concentrata sul potenziale duello Coppola-Haaland, ma nessuno ha preso in considerazione gli altri due attaccanti della Norvegia. Già, perché fin dal primo scatto in avanti, la sensazione è che sia Nusa da una parte, che Sorloth dall’altra, siano un pericolo di gigantesca dimensione per i difensori italiani. Al primo affondo la Norvegia va in vantaggio: Nusa è un treno sulla fascia sinistra, il classe 2005 si accentra e trova un gran passante alle spalle dei difensori azzurri, Sorloth raccoglie l’invito, si presenta davanti a Donnarumma e lo batte in uscita. Vantaggio per i padroni di casa, e la gara si mette subito in salita. Ed è una strada che diventa sempre più insormontabile, perché gli affondi dell’Italia, principalmente dei lanci lunghi verso Retegui, sono preda facile dei due pilastri difensivi norvegesi, Heggem e Ajer, ed è sui centimetri dei propri giocatori che la Norvegia trova grandi spazi e vantaggi per colpire un’Italia che non sembra particolarmente in giornata. Il più ispirato di tutti è sicuramente Antonio Nusa, e dopo aver regalato un grande assist per il vantaggio, mette anche il suo sigillo a un primo tempo a senso unico. Minuto 34, rinvio di Nyland verso Thorsby che controlla agevolmente la sfera, a causa di una marcatura leggera di Rovella, la palla rimane vicino al giocatore del Genoa e diventa di possesso di Nusa, serpentina tra Rovella e Di Lorenzo e destro potente alle spalle di Donnarumma. Una rete meravigliosa di una gemma assoluta della scuola calcistica norvegese, che sta seminando il panico tra le maglie azzurre. Il primo tempo è unicamente a tinte rosso e blu, i colori della Norvegia, e i ragazzi di Solbakken trovano anche il terzo sigillo di giornata, con la stessa giocata che l’Italia sembra non riuscire a leggere: la palla in verticale tra i due difensori. A due minuti dall’intervallo Tonali perde palla in mezzo al campo, Odgaard porta palla e pesca il taglio di Haaland tra Coppola e Bastoni, il bomber del Manchester City è solo davanti Donnarumma e non ha particolari difficoltà nel superare il capitano azzurro e depositare in rete il pallone del 3-0.

Dagli spogliatoi Spalletti sceglie Frattesi al posto di Rovella, uno dei giocatori più in difficoltà sul piano fisico. Anche Solbakken effettua un cambio, con Berg che sostituisce l’ammonito Thorsby. Nessun cambio di modulo, stesso schieramento con il solo cambio in regia, con Barella che viene arretrato in cabina di regina. Non cambia di una virgola il copione della partita, e questo è un pessimo scenario per l’Italia, che non riesce a sviluppare una manovra offensiva degna di nota. Retegui è sempre isolato tra i giocatori norvegesi, e ogni cross è preda facile dei difensori di Solbakken. Al 65′ i padroni di casa vanno vicini addirittura al poker, con uno schema che parte dalla bandierina e termina dall’arcobaleno a giro di Berge, destro di prima intenzione che colpisce in pieno il palo. Verso il settantesimo arrivano le prime vere mosse dei due allenatori, perché Solbakken sostituisce Heggem con Ostigard, ma Spalletti rinfoltisce -finalmente- l’attacco: vanno fuori Zappacosta e Retegui, e al loro posto entrano Orsolini e Lucca. Appena entrati nell’ultimo quarto di gara l’Ullevaal Stadion si sfrega le mani per riservare la meritata standing ovation ad Antonio Nusa, sostituito da un altro gioiello della nuova scuola norvegese, Oscar Bobb. Applausi scroscianti per l’ala del Lipsia, sicuramente il migliore in campo per la qualità messa in campo e per l’incisività avuta, con un gol e un assist. Gli “olè” del pubblico norvegese al possesso ipnotico, e gli applausi al pressing asfissiante, sono le due diapositive del finale di partita, in cui l’Italia non solo non alza il baricentro, ma rischia di concedere altri corridoi ai padroni di casa, che non hanno assolutamente intenzione di fermarsi. Il primo tiro in porta dell’Italia arriva al secondo minuto di recupero, un colpo di testa di Lucca su cui Nyland non ha problemi, intervento plastico per i fotografi e prima parata della sua gara.

Si mette subito in terribile salita il cammino verso il mondiale

La partita di Oslo si mostrava complicata per una serie di molteplici motivi, ma la prestazione -se così si può definire- attuata dagli Azzurri non è all’altezza di una nazionale che ha l’obiettivo di vincere il raggruppamento e raggiungere l’America. In difficoltà dal primo all’ultimo minuto e sotto ogni punto di vista. Tatticamente i norvegesi hanno avuto l’astuzia di sfruttare una linea alta e sconnessa da parte dell’Italia, e grazie ai guizzi frizzanti di Nusa, Solbakken ha potuto contare su una scheggia impazzita che non poteva non fare male. Altro punto da analizzare è la tenuta fisica delle due nazionali, perché la Norvegia ha viaggiato a ritmi e velocità nettamente superiori, e adesso la tenuta fisico-mentale della nazionale di Spalletti è sotto banco in vista della prossima partita.

Dall’Italia…all’Italia

Contro l’Italia si è chiuso l’ultimo gettone mondiale della Norvegia, e dall’Italia può ripartire la corsa per tornare a quel mondiale che manca dal 1998. Con questo successo la nazionale di Solbakken è in cima al raggruppamento a punteggio pieno. 9 punti per Haaland e compagni, mentre l’Italia comincia il suo cammino con uno 0, e adesso ha l’obbligo di ripartire subito e rimettersi in scia per evitare l’ennesimo disastro mondiale.

Lunedì il match con la Moldavia a Reggio Emilia, con la vittoria che a questo punto diventa un imperativo!

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Calcio

Una manita che vale il triplete. il PSG schianta l’Inter e vince la Champions League

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Il Paris Saint-Germain vince la prima Champions League della sua storia. A Monaco di Baviera la squadra di Luis Enrique si sbarazza dell’Inter e domina dal primo all’ultimo minuto.

Il racconto della finale di Champions League 2024/2025

Triplete e tabù

Numeri e intrecci con la storia fanno da contraltare a una finale che si preannuncia scoppiettante per gli attori, pronti a prendersi la scena nel palcoscenico più importante di tutti, la finale di Champions League. Inter e Paris Saint-Germain arrivano in Baviera per aggiungere il capitolo finale alla stagione, senza dubbio il più importante. Se da una parte l’Inter deve reagire a un finale di stagione che ha sorriso al Napoli, nella lotta al campionato, il PSG va a caccia del terzo successo in tre competizioni.

Sia Inter e PSG cercano di reagire a una delusione abbastanza recente in finale di Champions, perché entrambe hanno assaporato la vetta ma si erano fermate al gradino più basso, dovendosi arrendere a Manchester City (Istanbul 2023 nel caso dell’Inter) e Bayern Monaco (Lisbona 2020 nel caso dei parigini). L’Inter, inoltre, cerca di sfatare un tabù legato alla città di Monaco di Baviera: in terra bavarese si sono disputate quattro finali -tra Coppa dei Campioni e Champions League- e tutte e quattro hanno visto trionfare una squadra al primo successo nella propria storia (va ricordato lo score del PSG in Champions League, la cui voce “titoli” al momento recita “zero”).

Le scelte

Pochissimi dubbi alla vigilia, nessuna sorpresa al momento della comunicazione delle formazioni: Inzaghi sceglie i suoi uomini migliori, tutti gli artisti che hanno contribuito a questo quadro che cerca l’ultima pennellata. L’unico ballottaggio attivo riguardava il braccetto di destra, al fianco di Acerbi e Bastoni, sciolto da Inzaghi con Pavard. Il francese, uno dei volti con più esperienza e leadership nel roster nerazzurro, scalza Bisseck e parte dal primo minuto. Tra i parigini invece il testa a testa riguardava due delle gemme più preziose sgrezzate da Luis Enrique nell’ultimo anno, Doué e Barcola. Il primo vince il duello con il connazionale e si affianca a Dembélé e Kvaratskhelia.

PSG: Donnarumma, Hakimi, Marquinhos, Pacho, Nuno Mendes, Vitinha, João Neves, Fabian Ruiz, Doué, Dembélé, Kvaratskhelia; 

INTER: Sommer, Pavard, Acerbi, Bastoni, Dumfries, Barella, Calhanoglu, Mkhitaryan, Dimarco, Thuram, Lautaro Martinez

Due generazioni a confronto, una per blindare un ciclo sempre più crescente, l’altra per avviarne uno nuovo. Il Paris Saint-Germain vanta la squadra più giovane di tutta la competizione (età media di 24 anni e 262 giorni), mentre l’Inter la squadra più anziana (età media di 30 anni e 19 giorni).

Arbitra il rumeno Kovacs, che negli ultimi anni ha arbitrato due finali che hanno fatto sorridere il calcio italiano (il fischietto rumeno ha diretto la vittoria della Roma in Conference League e l’Atalanta nella notte di Dublino, contro il Leverkusen).

Alle 21.01 il fischietto di Kovacs emette il primo suono, comincia la finale!

||PRIMO TEMPO ||

Curiosa la battuta dei parigini, che lanciano in rimessa laterale il primo pallone della gara. Subito chiaro l’intento della squadra di Luis Enrique, quello di non far sviluppare dal basso l’Inter. Il possesso è in mano ai parigini, soprattutto nelle fasi iniziali della gara. La squadra di Inzaghi cerca di giocare sulle lunghe leve di Dumfries, in netto vantaggio fisico su Nuno Mendes, ma il recupero palla del Paris è molto efficace. Non vi erano dubbi sul coraggio e sulla qualità dei francesi, ciò che risalta comunque all’occhio è l’approccio della gara da parte dei campioni di Francia, padroni assoluti del possesso. Il primo squillo è proprio di Doué, un destro potente e angolato su cui Sommer non ha difficoltà. Il dominio è evidente e il vantaggio arriva al minuto 11. Il gioco si sviluppa prevalentemente a destra, ma al primo affondo a sinistra il Paris sfonda: palla magica di Vitinha alle spalle della difesa, Doué è pronto per calciare verso la porta ma il francese è bravissimo nel servire in mezzo Hakimi, il marocchino ha la porta spalancata e non può fallire il più classico dei gol dell’ex. Vantaggio francese e finale subito in salita per la squadra di Inzaghi. Lo svantaggio appesantisce le gambe dei giocatori dell’Inter, e la corsa interminabile dei parigini non lascia respirare i nerazzurri, che cercano rifugio in Sommer. Le difficoltà dell’Inter sono evidenti, così come emerge l’agonismo e la freschezza dei francesi. Al 20′ arriva il raddoppio: l’azione comincia nell’area francese, con Barella troppo leggero nella protezione di un corner, in cui l’Inter sa sempre rendersi pericolosa; Pacho evita il giro dalla bandierina e il PSG va subito in contropiede: Dembélé chiama a sé la difesa nerazzurra e poi cambia gioco, Doué controlla e spara il destro verso la porta, convertito in rete dalla deviazione di Dimarco che manda fuori giri Sommer. Venti minuti maestosi della squadra di Luis Enrique, ma dall’altra parte l’Inter non sembra essere scesa in campo. Non si registrano occasioni per la squadra di Inzaghi, anche se la pressione del PSG si affievolisce leggermente dopo il doppio vantaggio, e questo favorisce una crescita -timida- dei nerazzurri. I movimenti dei francesi sono di un’armonia e una pulizia a dir poco pregevole, e la lettura difensiva dell’Inter soffre terribilmente questo continuo scambio di posizioni, in ogni zona del campo. Al 37′, dalla bandierina l’Inter si costruisce la prima -vera- occasione della sua gara, con il solito cross preciso di Calhanoglu indirizzato sul secondo palo, lì Thuram prende il tempo su Kvaratskhelia ma il suo colpo di testa termina di poco a lato. È il momento di spinta massima dell’Inter, favorito da una piccola fase di allentamento del Paris, subito richiamato a voce alta da Luis Enrique, che impone lucidità e maggior qualità. All’ultimo pallone del primo tempo Kvaratskhelia impensierisce ancora una volta Sommer. È l’ultimo squillo di un primo tempo a tinte uniche blu e rosse, con il Paris Saint Germain meritatamente in vantaggio. Un dominio schiacciante nel primo tempo, ma occhio a mantenere la partita in bilico, perché l’Inter si può riaccendere da un momento all’altro.

||SECONDO TEMPO ||

Nessun cambio all’intervallo, i riparte dagli stessi ventidue. L’Inter appare subito più coraggiosa e intraprendente, anche se era prevedibile visto il brutto primo tempo. Kvara prova a chiudere subito i conti ma il suo mancino termina in curva. In quel momento l’Inter capisce che per riaccendere la miccia serve maggiore qualità e incisività da destra, e lo sviluppo dell’Inter verte sempre dalla parte di Dumfries, favorito da un maggiore apporto alla manovra da parte di Thuram. Inzaghi è il primo a muovere la panchina con Bisseck e Zalewski al posto di Pavard e Dimarco. Il polacco viene subito ammonito per un fallo in attacco, ma il segnale è quello di alzare l’agonismo e il ritmo. Dopo pochi minuti la panchina dell’Inter viene mobilitata nuovamente perché Bisseck cade male a terra ed è costretto a uscire subito per un problema al flessore. Al suo posto Carlos Augusto, oltre a Darmian per Mkhitaryan. In mezzo alle sostituzioni il PSG mette il lucchetto alla finale: ancora una volta Dembélé domina il gioco a suo piacimento, e attira a sé i difensori dell’Inter, il francese imbuca per Vitinha che porta palla per metà campo, prima di appoggiare verso Doué, destro piazzato sul primo palo e discorso archiviato. Prestazione totale del gioiello francese, che esce qualche minuto dopo, accompagnato dalla standing ovation del suo pubblico e dal cinque di Barcola, pronto a seminare ulteriormente il panico tra le maglie nerazzurre. Inzaghi termina le sostituzioni con Asllani al posto di Calhanoglu, uscito acciaccato per un problema fisico. L’Inter si sgretola con il passare dei minuti, e il nervosismo comincia a prevalere sulla ragione, a tal punto che Kovacs mette mano al taschino più volte. Al 73′ i parigini debordano con Kvaratskhelia: l’azione parte dal basso, e il fraseggio porta fuori la linea di difesa dell’Inter -stranamente alta, il solito Dembélé dipinge calcio a tutto tondo, filtrante per Kvara che arriva fino all’area piccola, il mancino del georgiano buca Sommer sul primo palo. 4-0 PSG, dominio assoluto. L’Inter cerca il gol della bandiera, e in quel momento emerge l’altro top player del roster parigino: Gigio Donnarumma. Il portiere italiano mette i suoi guanti su un destro piazzato di Thuram, e nega il gol della bandiera al francese. Nelle retrovie l’Inter fa sempre più acqua, a tal punto che Barcola semina i difensori come se fossero birilli, ma davanti a Sommer calcia clamorosamente fuori, a due passi dalla porta. Con la gara in cassaforte -già dal decimo minuto in verità- Luis Enrique adopera tre cambi, che ancora una volta danno frutti meravigliosi. A cinque dal termine i parigini muovono palla attorno all’area, Barcola imbuca per il neo-entrato Mayulu che calcia forte e batte Sommer per la quinta volta. CINQUE a zero, un risultato clamoroso.

Un dominio incontrastato, dal primo all’ultimo minuto. Il PSG è stato superiore in tutto, dalla gestione tattica al controllo emotivo della gara. Con la forza delle idee, coordinato da un’insieme di perle preziose, Luis Enrique si conferma ancora una volta una garanzia per questa competizione. Il tecnico spagnolo non ha mai perso una finale in carriera, e il modo con cui il Paris Saint-Germain si è sbarazzato dell’Inter rimarrà negli annali della Champions League. Prima coppa in bacheca per il club francese, che quest’anno chiude la stagione con il triplete, dopo i successi in Ligue 1 e Coupe De France. Dall’altra parte l’Inter esce fracassata dal prato di Monaco di Baviera, per una sconfitta che peserà tantissimo per le modalità e per l’approccio alla partita. Un’Inter irriconoscibile, che però si è dovuto arrendere di fronte alla freschezza e alla qualità incredibile del Paris Saint-Germain. Stagione da zero tituliper dirla alla Mourinho, per la squadra di Inzaghi, che adesso dovrà sciogliere le riserve sul proprio futuro. Sipario per un’altra grande stagione di calcio europeo, con la nuova edizione della Champions che ha aggiunto all’albo un nuovo vincitore e uno spettacolo sempre più appassionante.

 

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