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Dalla malinconia all’arte: come poeti e artisti traformavano la tristezza in arte

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Foto: ArtMajeur

Hai mai ascoltato una canzone triste che ti ha fatto sentire meno solo? O guardato un dipinto che sembrava raccontare esattamente ciò che non riuscivi a dire?

Quella sensazione, quella fitta dolceamara, è la malinconia. Non necessariamente una sensazione da combattere o reprimere, ma magari una compagna silenziosa che può evolversi in effettiva fonte d’ispirazione.

Da secoli, artisti e poeti hanno fatto infatti della tristezza un vero e proprio linguaggio universale, e sorprendentemente, da quel “buio” sono nate alcune delle opere più famose della storia.

COSA NE PENSAVA LEOPARDI?

Leopardi, in questo caso scriveva non per distrarsi dal suo malessere, ma per potergli dare una forma.

Scrivere era un modo per affrontare quello che provava e capirlo meglio. E forse anche per comunicarlo a chi, come lui, si sentiva spaesato di fronte alla vita.

La figura di Silvia, in questo caso rappresenta una giovinezza idealizzata, piena di speranze che la realtà spegne prima del tempo, ed è così, che il dolore si ricollega al ricordo e alla perdita delle illusioni.

Questa consapevolezza non lo paralizzava. Al contrario, diventava il motore del suo scrivere.

L’infinito racchiude perfettamente le fasi del cosiddetto pessimismo leopardiano, che, con il suonaufragar dolce in questo mareci mostra che anche il dolore può avere una propria dolcezza, dove la sofferenza provata una volta arrivati alla consapevolezza dei propri limiti, invece di schiacciare l’individuo, lo conduce a un’estasi contemplativa.

Quella di Leopardi è quindi di un tipo di malinconia che non deve in alcun modo rappresentare un ostacolo, ma un punto di partenza (un po’ come la siepe, che pur limitando il campo visivo, suscita ulteriori orizzonti con la mente).

LE SILENZIOSE PENNELLATE DI HOPPER E VAN GOGH

Possiamo dire che Edward Hopper abbia dipinto solitudini moderne: è noto per i suoi quadri che catturano l’alienazione della vita moderna, ed in generale, la sua arte si distingue per il modo in cui esplora l’isolamento urbano e la tristezza silenziosa degli individui in ambienti anonimi e spersonalizzati.

Ha vissuto a New York per gran parte della sua vita, ha osservato la città come un luogo in cui le persone, pur vivendo a stretto contatto, sono spesso profondamente sole.

La famosa Nighthawks (1942), con il suo bar notturno vuoto, è l’esempio perfetto di come usi la solitudine come strumento artistico. I personaggi del dipinto sono isolati nonostante siano fisicamente vicini l’uno all’altro, e l’illuminazione artificiale che invade il locale sembra accentuare il senso di vuoto e silenzio che li circonda. La tristezza qui è invisibile ma palpabile, nascosta sotto l’apparente normalità di una scena notturna.

L’intento di questi dipinti, è quello di suggerire che, nonostante l’incredibile sviluppo della vita urbana e l’apparente connessione sociale, l’individuo rimane spesso intrappolato nella propria solitudine, incapace di trovare un vero senso di comunità o di connessione autentica.

La tristezza qui diventa una riflessione sull’alienazione della modernità.

Vincent Van Gogh, non ha mai nascosto il legame tra la sofferenza e la propria arte. Le sue lettere, (ed in particolare quelle più personali, inviate al fratello Theo) sono piene di riflessioni sul suo stato d’animo, ed è da qui che possiamo notare come il dolore e la depressione, anziché indebolirlo, alimentassero la sua ricerca artistica.

In una di queste lettere, in particolare scrisse, “sono un’anima tormentata in cerca di pace, e sono contento tu sia sempre al mio fianco nel momento del bisogno. Nonostante le critiche e le difficoltà, io continuo a dipingere con tutto il mio cuore e la mia anima

Ed è così, che il pittore olandese donava soggettività alle forme della realtà a lui circostante, personalizzandole in base al proprio stato d’animo (caratteristica tipica dell’impressionismo); la Notte stellata ad esempio dipinta poco prima dell’estremo gesto, rivela una fusione tra l’intensità del dolore e il desiderio di trovare un ordine estetico nel caos della sua mente.

Tuttavia era il colore il suo punto forte.

In un’altra lettera, (scritta ad Arles intorno al 1888), rivelaInvece di cercare di riprodurre esattamente ciò che ho davanti agli occhi, mi servo del colore in modo più arbitrario, per esprimere me stesso con maggiore forza.”

E così, la pace interiore si traduceva con  l’azzurro, mentre, se si sentiva agitato o preso da impulsi intensi, ricorreva al rosso, (spesso contrastato da verdi acidi o blu profondi). Addirittura, in alcuni autoritratti, si dipinge con sfumature rossastre nella pelle, quasi a voler includere i tratti dell’ energia nervosa provata.

Il giallo, invece nei suoi quadri diventava il colore del sole e della vita, associato pertanto alla felicità e rinascita (non a caso ricollegato poi al fiore della luce e allegria per eccellenza).
Il suo uso quasi accecante, ne rifletteva un’energia frenetica e a tratti ossessiva, come se cercasse disperatamente una luce che gli sfuggiva.

La malinconia, in questo caso è per per Van Gogh una caratteristica della vita, ed espressa poi attraverso il colore, la forma e la luce.

MALINCONIA CONTEMPORANEA: DAI QUADRI A SPOTIFY

La malinconia non è rimasta nei musei o nelle pagine ingiallite. La troviamo anche oggi nelle canzoni di Lana Del Rey e persino nei post nostalgici condivisi all’alba su Instagram.

Trasformare la malinconia in arte è un gesto rivoluzionario: significa accettare la propria vulnerabilità e condividerla.

E allora, la prossima volta che avrai l’impressione di provare una sensazione simile, non respingerla immediatamente.

Potrebbe essere il primo passo verso qualcosa di bello.

Classe 2004. Studentessa in Lettere all’Università degli studi di Palermo. Aspirante editor e giornalista. Appassionata di musica, vintage e letteratura.

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Adolescence: l’importanza sul tema del disagio giovanile

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La nota miniserie britannica targata Netflix, in pochi giorni è diventata la miniserie più vista in così poco tempo. Girata ad un’unica ripresa, Adolescence tratta temi delicati indirizzati non solo ai giovani, ma anche ai genitori, se non soprattutto.

L’enorme impatto positivo ricevuto dalla serie, non è stato reso solo alla tecnica innovativa che ha tenuto incollati gli spettatori fino all’ultimo, ma dalla realizzazione delle scene con un tratto crudamente reale e che colpisce subito a primo impatto.

PARLA UNO PSICHIATRA

La serie inglese, ha inoltre provocato un enorme dibattito sul tema degli adolescenti di oggi. A riguardo, si è espresso in un’intervista all’ANSA, lo psichiatra supervisore scientifico della serie Rai sui disturbi alimentari Fame d’amore, Leonardo Mendolicchio, dicendo: “Con la sua narrazione frammentata e affettivamente satura, è molto più che una serie su ‘giovani problematici ” aggiungendo: “È rivelatrice di quanto poco il mondo adulto sappia — o voglia — comprendere l’universo psichico delle nuove generazioni. Il linguaggio degli adolescenti di oggi è profondamente mutato, deformato e rifondato dall’ambiente digitale in cui sono immersi fin dalla nascita. La loro grammatica affettiva non passa più (solo) per la parola detta, ma si manifesta in un codice visivo, performativo, accelerato: stories, meme, silenzi prolungati, corpi esposti, emoji che condensano un intero vissuto.”

DISAGI INVISIBILI AI GENITORI

Non a caso, c’è un collegamento tra la miniserie Adolescence e i vari casi di cronaca accaduti in Italia nell’ultimo anno: ad esempio, il suicidio del giovane studente universitario Andrea Prospero a Perugia, l’omicidio familiare di avvenuto a Paderno Dugnano nel 2023 ad agosto, in cui un ragazzo di 18 anni ha ucciso sia entrambi i genitori che il fratellino di soli 10 anni. Due casi estremi legati da un elemento in comune: l’invisibilità del disagio adolescenziale agli occhi degli adulti.

Il giovane di Perugia, Andrea Prospero, si è tolto la vita a causa di un istigazione da un presunto ‘amico‘ di chat, che gli dettava le istruzioni uccidersi. Un atto estremo e apparentemente senza preavviso, che con molta probabilità parlava da tempo, solo tramite canali che nessuno è riuscito a decifrare in tempo.

UN NUOVO LINGUAGGIO

In diversi luoghi, dalla scuola, alla famiglia, ai servizi educativi, la lingua che si continua ad usare è quella di un mondo lineare e principale, basato sulla razionalità dell’adulto. Ma i ragazzi oggi, parlano una lingua diversa, spesso muta, fatta da gesti criptici, comportamenti eccentrici e  di presenze e assenze sui social che valgono più di mille parole.

Lo stesso vale per il caso di Paderno Gugnano, in cui un ragazzo compie un massacro familiare. Tale gesto non può essere compreso solo tramite categorie penali o psicopatologiche. Il ragazzo non ha solo ucciso, ha agito furiosamente in silenzio, un’esplosione il cui contesto simbolico in cui era immerso debba essere analizzato. La mancanza di parola e di simbolizzazione, sono fattori che sorgono in un contesto in cui l’adulto non c’è o è incapace di “intercettare” perché rimane saldo al proprio linguaggio, non approfondendo l’ascolto autentico.

MOLTO PIU’ DI UNA SERIE

Adolescence, come in questi due casi sopra citati, manifesta l‘immagine di una generazione sola in mezzo al resto della folla, connessa ma al contempo non capita, esposta ma non riconosciuta. Il dolore dei ragazzi di oggi non viene mostrato tramite le vie del passato: non viene detto, viene postato; non si dichiara: si manifesta attraverso il corpo, il silenzio e il l’acting-out.

Ciò non significa che non c’è più bisogno di cura o ascolto, ma che serve reinventare la modalità dell’incontro. Non bastano le parole, servono nuovi alfabeti. Allora, prosegue Mendolicchio, la vera domanda è: siamo disposti, come adulti, a disimparare il nostro modo di capire, per imparare a leggere quello altrui? Oppure continueremo a interpretare ogni gesto giovanile con le nostre categorie esauste, finché l’urlo non diventa tragedia?

Nell’epoca della comunicazione totale, siamo più che mai incapaci di ascoltare davveroAdolescence ci mette davanti a questa contraddizione e ci obbliga a fare un passo indietro: per tornare, forse, a guardare negli occhi chi, nel loro silenzio più acuto, ci sta chiedendo aiuto.

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Creare una skincare routine personalizzata in pochi semplici passi

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Foto: pinterest

Prendersi cura della propria pelle è un gesto quotidiano di amore verso sé stessi, ma con la vasta gamma di prodotti disponibili oggi, creare una skincare routine efficace può sembrare complicato. In realtà, bastano cinque semplici passi per ottenere una pelle sana e luminosa, personalizzando la routine in base alle esigenze specifiche della tua pelle.

Identifica il tipo di pelle che hai

Il primo passo per creare una skincare routine su misura è capire che tipo di pelle hai.
Osserva attentamente il tuo viso al naturale, senza prodotti applicati (è fondamentale proprio per scegliere prodotti che rispondano alle sue necessità.)

  • Pelle Secca: Tesa, ruvida, con tendenza a desquamarsi.
  • Pelle Grassa: Lucida, con pori dilatati e frequenti imperfezioni.
  • Pelle Mista: Grassa nella zona T (fronte, naso e mento) e secca o normale altrove.
  • Pelle Sensibile: Si arrossa facilmente, prurito o irritazioni frequenti.
  • Pelle Normale: Equilibrata, senza problematiche evidenti.

Detergi a fondo mattina e sera

La detersione rimuove impurità, sebo e residui di trucco che possono ostruire i pori. Utilizza un detergente specifico per il tuo tipo di pelle:

  • Pelle Secca e sensibile: Opta per un detergente delicato e idratante.
  • Pelle Grassa/Mista: Scegli un prodotto purificante ma non aggressivo.
  • Pelle Normale: Un detergente leggero che mantenga l’equilibrio naturale.

La doppia detersione, primossa soprattutto in corea (prima un olio o balsamo struccante e poi un detergente schiumogeno) è ideale la sera per una pulizia più profonda.

Tonifica

Il tonico è spesso trascurato ma fondamentale per riequilibrare il pH della pelle dopo la detersione e prepararla ai trattamenti successivi. Evita i tonici a base di alcol e scegli formule idratanti, lenitive o purificanti

Idrata la pelle!

Applica sempre la crema idratante per sigillare i principi attivi e mantenere la pelle morbida e protetta. Anche chi ha la pelle grassa dovrebbe idratare, scegliendo però una crema leggera e opacizzante.


La chiave per ottenere risultati visibili è la
costanza. Ripeti la tua routine ogni giorno, mattina e sera, per proteggere e mantenere la salute della pelle nel tempo.

Al mattino, aggiungi sempre una protezione solare con SPF 30 o superiore per difenderti dai raggi UV e prevenire invecchiamento precoce e macchie solari.

Con il passare del tempo, la tua pelle ti ringrazierà: apparirà più sana, luminosa e ben curata. Quindi,  questa routine un momento speciale della tua giornata, un rituale di benessere e relax che ti permetta di prenderti cura di te stesso/a.

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Fenomeno Pop Mart charms: più che un semplice pupazzetto

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I Labubu charms approdati anche in Italia dalla moda pop asiatica, stanno spopolando sempre di più, sia sui social che nelle borse e zaini di molti giovani, anche come semplice collezione. 

Gli adorabili pupazzetti di Pop Mart, dal design distintivo e giocoso con colori e tratti molto coinvolgenti sono diventati l’accessorio irresistibile per tutti coloro che vogliono esprimere la propria personalità utilizzando gadget originali e sfiziosi. Ma come hanno conquistato così velocemente il cuore dei fashion addicted?

DA HONG KONG AL MONDO CON I SOCIAL

Questi simpatici e adorabili pupazzetti nascono dalla mente originale e creativa di Kasing Lung, un artista di Hong Kong che ha dato vita dapprima a un personaggio peloso e divertente: Labubu, corpo di peluche, orecchie a punta e un sorriso malizioso. Questi pupazzetti non rappresentano dei semplici giocattoli, ma incarnano personalità e divertimento allo stesso tempo, destinati a diventare dei must-have di chi ama esprimere la propria identità.

La loro popolarità inizia con grande impatto quando un membro del gruppo k-pop Blackpink, la rapper Lisa, ha condiviso sui social un post in cui appariva uno di questi charm (termine usato per indicare brevemente questi pupazzetti) appeso ad una borsa. Questa foto apparentemente innocua, ha fatto in modo che il simpatico peluche diventasse in brevissimo tempo un fenomeno virale, che ha suscitato l’interesse della recente Milano Fashon Week, tra cui anche Chiara Ferragni ha postato sulle stories del suo profilo Instagram una foto del suo Labubu preferito.

L’ASPETTO MAGICO DEI LABUBU

Questa nuova tendenza riesce a unire l’aspetto della moda con la personalizzazione e l’ironia. Proprio grazie al loro aspetto buffo, i colori vivaci, le forme giocose e la loro versatilità, i Labubu charms possono essere abbinati molto facilmente con qualsiasi tipo di borsa, dallo zaino sportivo alla borsetta casual, consentendo a chiunque di aggiungere quel tocco di creatività al proprio outfit.

Non dimentichiamoci che negli anni 90′ il fenomeno creativo virale di quei tempi erano i ciondoli per le sneakers, così come negli anni 2000 le spillette per gli zaini, rappresentando forme di libera espressione personale simili a queste contemporanee di oggi con i Labubu charms, che rinnovano una tradizione con uno spirito più fresco.

COME ABBINARLI

Questi simpaticissimi peluche sono molto facili da abbinare ad ogni tipo stile, offrendo infinite possibilità di abbinamento. Inizialmente è consigliabile iniziare con un singolo Labubu del un colore che si preferisce, per poi ampliare la propria collezione per dare vita ad un vero e proprio insieme di pupazzi da poter appendere sulla propria borsa o da utilizzare come semplice decorazione per la casa. Aggiungendo uno di questi charms ad una classica borsa si genera a primo impatto un contrasto accattivante che non passa inosservato, se appeso ad uno zaino invece diventa automaticamente unico e personale.

DOVE ACQUISTARLI

Per fortuna è molto facile trovarli in commercio, poiché con la loro popolarità sono ormai disponibili sulle grandi piattaforme e-commerce come Amazon, in cui il modello base si può trovare con diverse varianti di colore. Ma non si si fermano al mondo online, perché molte boutique e negozi di moda stanno iniziando a includerli all’interno delle loro collezioni, rendendo accessibile a tutti la possibilità di possederne uno.

Dopo l’enorme successo che hanno riscontrato in Italia grazie a vari profili Tik Tok che pubblicavano video unboxing e blinbox in cui si mostravano le diverse variabili dei Lubu charms, ha aperto da poco in Italia il negozio fisico e online di Pop Mart, in cui è possibile acquistare questi pupazzetti del colore che si vuole, del modello che più si abbina ai propri gusti e personalità, permettendo di scegliere tra l’acquisto singolo o tutta la box, con tantissime novità in arrivo dato che il fenomeno è in continuo aumento ogni giorno.

Tra le novità vi sono edizioni limitate dei Labubu charms in collaborazione con Marvel, Harry Potter, Il Signore degli Anelli e molto altro ancora.

FENOMENO GLOBALE

L’ascesa dei Labubu Charms va inserita nel contesto ampio delle tendenze di moda che abbracciano l’ironia e la personalizzazione. Perché da un lato abbiamo la moda street style che celebra il massimalismo, mentre dall’altra abbiamo la cultura pop che riesce a creare una connessione emotiva tra i consumatori e i prodotti. Questi peluche sono diventati un nuovo mezzo con cui le persone possono affermare la propria identità, perfetti per chi ama esprimersi e divertirsi con il proprio stile.

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