Cronaca
Guerra in Medio Oriente, continua il conflitto tra Iran e Israele: gli ultimi sviluppi

Cronaca
Ferrara, 16enne si tuffa per salvare due bagnanti: muore annegato

Un salvataggio eroico che, però, si è trasformato in tragedia. È quello che è capitato ad Aymane Ed Dafali, 16enne, annegato poco dopo essersi tuffato da un pedalò per salvare due bagnanti nel canale di Logonovo, a Ferrara.
LA RICOSTRUZIONE
La tragedia è avvenuta sabato pomeriggio, intorno alle 18: Aymane si trovava su un pedalò con i suoi amici quando hanno visto una coppia in difficoltà e in procinto di annegare, in cerca di attirare l’attenzione del bagnino.
Nonostante l’intervento imminente dei soccorritori, il ragazzo non ha esitato a tuffarsi per aiutare.
Mentre la coppia veniva tratta in salvo, gli amici sul pedalò hanno improvvisamente perso di vista Aymane.
Il personale di salvataggio si è tuffato di nuovo per cercarlo ma, poco dopo, il corpo del sedicenne è stato individuato in acqua, privo di sensi.
Riportato sulla battigia, sono iniziate le manovre di rianimazione. È atterrato anche un elicottero del 118 da Ravenna, ma per il ragazzo non c’era più nulla da fare: la morte è stata constatata poco dopo. Sul posto sono intervenuti anche la Capitaneria di porto di Porto Garibaldi e i carabinieri.
La notizia è stata accolta con grande tristezza dagli amici del giovane e dai suoi genitori, allertati dalle forze dell’ordine, giunti da Rovigo.

Foto: Il resto del Carlino
LA TESTIMONIANZA
Straziante il racconto di un turista che ha assistito alla tragedia: “Quei ragazzi si sono tuffati per salvare una coppia, che era intrappolata dalle forti correnti del canale maledetto. Uno di quei giovani è stato ritrovato a pelo d’acqua ad almeno 500 metri da dove era scomparso. Siamo tutti molto scossi. Parliamo di un ragazzino, che aveva tutta la vita davanti”.
I PRECEDENTI NELLO STESSO CANALE A FERRARA
Il canale di Logonovo, che separa Lido Estensi da Lido Spina, è noto per essere una zona con divieto di balneazione. Le acque, seppur apparentemente tranquille, nascondono correnti insidiose e fondali irregolari.
“Sono anni che segnaliamo – spiega un proprietario di uno stabilimento balneare – che servirebbe un bagnino anche in queste zone, affinché la sicurezza venga assicurata. Oppure bisognerebbe recintare tutto e installare i cartelli che vietino la balneazione. In qualche modo è necessario intervenire perché la spiaggia libera è molto pericolosa: ci sono delle forti correnti. Anche i nuotatori più bravi rischiano di finire intrappolati – continua l’imprenditore –. E tutte le volte ci troviamo ad affrontare una tragedia. Stavolta parliamo di un ragazzino che si stava divertendo con i propri amici. La giornata di festa, invece, si è trasformata in una tragedia”.
Cronaca
Processo Puff Daddy, al termine la quarta settimana di procedimento: ecco gli ultimi aggiornamenti

Venerdì si è conclusa la quarta settimana del seguitissimo processo di New York, che dovrebbe terminare i primi giorni di luglio, in cui il celebre rapper statunitense Sean “Diddy” Combs, in arte Puff Daddy, è accusato di tratta di esseri umani e di essere a capo di un’organizzazione criminale volta allo sfruttamento sessuale di decine di persone.
In un mese sono stati ascoltati ben 25 testimoni, confermando le 78 denunce per abusi sessuali ricevute dal rapper da 86 persone, tra cui la sua ex compagna Cassie Ventura, il produttore Kid Cudi, e alcune sue amanti ed ex dipendenti di lavoro.
POSSIBILE TESTIMONIANZA DI PUFF DADDY
Al momento non è chiaro quando e se Puff Daddy testimonierà: alcuni esperti legali hanno ipotizzato che alla fine potrebbe decidere di non farlo, per evitare di esporsi a un interrogatorio che rischierebbe di peggiorare ulteriormente la sua posizione.
Sebbene non abbia ancora preso la parola, i suoi atteggiamenti in aula sono stati estesamente raccontati dai giornalisti che seguono il processo, anche per alcune condotte sopra le righe che hanno indispettito il giudice e i presenti: giovedì scorso, per esempio, Arun Subramanian, il giudice che presiede il procedimento, ha minacciato di espellerlo dall’aula dopo averlo visto “annuire vigorosamente” e fare espressioni contrite verso la giuria popolare durante la pausa pranzo dell’udienza, accusandolo di tentare di influenzarla.

In foto: una delle testimonianze del processo
Foto: AP
LE PAROLE DI CAPRICON CLARK E EDDY GARCIA
Negli ultimi giorni ha testimoniato in aula anche Capricon Clark, ex collaboratrice di Puff Daddy, raccontando di essere stata costretta ad accompagnare il rapper, armato di pistola, a casa di Kid Cudi per parlare con lui e “ucciderlo“.
Una volta arrivati, Combs e una sua guardia del corpo, sarebbero entrati nella casa di Mescudi, la quale però era vuota.
Al ritorno, Puff Daddy ha ordinato a Clark di chiamare Ventura con un cellulare acquistato a questo scopo, dicendole che non l’avrebbe lasciata andare fino quando non si fosse presentata.
Secondo Clark, una volta tornati a casa, Combs avrebbe aggredito Ventura e intimato a entrambe di non far sapere nulla alla polizia.

In foto: Elizabeth Williams
Foto: AP
Dopo la donna, si è aggiunto anche Eddy Garcia, ex addetto della sicurezza all’Hotel InterContinental di Los Angeles, parlando di quando Diddy diede 100mila dollari in contanti all’uomo per farsi dare un video delle telecamere di sorveglianza che mostrava un’aggressione del rapper ai danni di Cassie Ventura.
Nel filmato, che è stato mostrato anche nel corso del processo, Combs colpisce ripetutamente con mani e piedi Ventura mentre lei è a terra, e poi la trascina per il corridoio.
Garcia ha aggiunto di aver firmato un accordo di riservatezza su carta intestata della società di Combs e una dichiarazione che attestava l’assenza di altre copie del video.
LA TESTIMONIANZA CHIAVE DI “JANE” CONTRO PUFF DADDY
Il racconto risale a giovedì 5 giugno quando, sul banco dei testimoni, è salita “Jane” (pseudonimo per non dichiarare il nome e rimanere anonima) in quanto ex fidanzata di Combs dal 2021 al 2024, confermando e raccontando una storia simile a quella di Cassie Ventura.
La donna racconta di aver più volte detto a Diddy di non voler far sesso con altri uomini, ma quest’ultimo la obbligava a partecipare ai suoi festini poligami che duravano in alcuni casi anche più di 24 ore, durante le quali veniva costretta a fare sesso con prostitute mentre il rapper dava indicazioni, filmava tutto e si masturbava.
Quello che sembrava essere una semplice e pura fantasia sessuale, si è trasformata in un vero e proprio incubo: “È stata una porta che non sono riuscita a chiudere, facevo sesso con altri uomini mentre lui guardava“.
“Jane” ha detto anche che lei e Combs avevano stipulato una sorta di “contratto d’amore“, in base al quale lei si impegnava a garantire la sua partecipazione ai festini illegali, e in cambio lui accettava di versarle per due anni un assegno mensile di 10mila dollari.
Secondo “Jane“, Combs minacciò in più occasioni di interrompere i finanziamenti nel caso in cui si fosse rifiutata di prendere parte agli incontri.
La donna, come da lei stessa dichiarato, veniva anche coinvolta nell’organizzazione dei festini (dal rapper chiamati “Freak Off“) occupandosi del trasporto della droga, l’ingaggio dei sex worker e la prenotazioni delle stanze: l’ultimo al quale partecipò fu nel 2023 al Trump International Hotel di New York.
Un’esperienza che ha traumatizzato “Jane” sia mentalmente sia fisicamente, causandole più volte numerose infezioni vaginali.
Attualità
Israele aggredisce la Freedom Flotilla, gli attivisti sono stati sequestrati in acque internazionali: c’è anche Greta Thunberg

Durante la scorsa notte, lo Stato di Israele ha sequestrato la Freedom Flotilla, una nave che trasportava aiuti umanitari per la popolazione palestinese, la quale sta affrontando una grave crisi umanitaria.
LE PAROLE DI GRETA THUNBERG
All’interno della nave vi erano degli attivisti, tra cui Greta Thunberg. Quest’ultima in un video, che sarebbe stato pubblicato su Instagram (@gazafreedomflotilla) solo in caso di emergenza, ha dichiarato “Siamo stati rapiti e intercettati dalle forze di occupazione israeliane o forze che sostengono Israele”.
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LA DINAMICA
Inizialmente, gli attivisti sono stati circondati, successivamente minacciati e, prima di essere rapiti, sono stati colpiti da sostanze chimiche. Inoltre, Israele ha pure ostacolato i loro segnali radio al fine di non permettere loro di comunicare ciò che stava accadendo.
Tutto questo è avvenuto in acque internazionali, dove Israele non ha nessuna giurisdizione.
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In rete circola una foto, l’ultima che si ha a disposizione perché poco dopo si sono persi totalmente i segnali, che mostra gli attivisti a bordo senza armi e con le mani ben in vista, non rappresentando minaccia alcuna; se non quella di arrivare a Gaza e aiutare la gente del posto, rompendo l’assedio.

Foto: La Repubblica
UNA POLITICA CHE NON RISPONDE?
Molta gente riflette sull’operato di Israele, che non é solo frutto dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, bensì risale a decenni prima. Molti si domandando come mai lo Stato israeliano possa commettere tutti questi crimini di guerra e non essere realmente sanzionato, dopo aver più volte violato molte leggi del diritto internazionale, come si farebbe per qualsiasi altro Stato del mondo.
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Attualmente, secondo quanto riportato dall’ANSA, Il Ministero degli Esteri israeliano ha dichiarato oggi che la barca umanitaria Madleen, diretta a Gaza, è stata dirottata e sta per attraccare in Israele da dove i suoi passeggeri dovranno “tornare nei loro Paesi”.
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