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I bambini di Gaza: il nuovo film del regista italo-americano Loris Lai

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Ispirato al romanzo Sulle onde della libertà di Nicoletta Bortolotti, racconta dell’amicizia fra Mahmud, ragazzo palestinese, e Alon, israeliano, accomunati dalla passione per il surf. Il film è in arrivo il 28 marzo. 

Quella tra Mahmud e Al0n è un amicizia particolare, sono infatti i protagonisti del film I bambini di Gaza, in cui la striscia è presente sullo sfondo durante la seconda Intifada nel 2003.

Il primo Palestinese e Israeliano il secondo, sono uniti dall’amicizia grazie alle passioni che le accomunano: il mare e il surf. La prima opera del regista italo-americano ispirata al romanzo per ragazzi Sulle onde della libertà di Nicoletta Bortolotti, citando precedentemente il filo rosso dello opera.  Il film, che presenta la colonna sonora dell’Oscar di Nicola Piovani, arriverà in tutte le sale il 28 Marzo, distribuito Eagle Pictures.

La Trama del film: Mahmud ha 11 anni ed è come tutti gli altri bambini palestinese, va a scuola e aiuta la giovane madre Farah, che come le altre madri spera per lui un avita diversa e migliore. Gioca a “israeliani contro palestinesi” con gli amici, ma la sua grande passione è il surf. Per lui io surf rappresenta l’unico momento di gioia e libertà, allontanandolo dalla realtà che lo circonda tra bombardamenti e sparatorie marcata di paure e pericolo. Insieme a lui però c’è anche un bambino che condivide la stessa passione per il suo sport, Alon.

I due ragazzi si incontrano in spiaggia, e nasce subito una curiosità reciproca che potrebbe diventare amicizia, nonostante le complesse difficoltà del contesto. Ma le cose cambiano quando i due ragazzi incontrano Dan, un uomo di 30 anni ex campione della propria carriera, finita a causa di un infortunio.

L’uomo, è dipendente da antidolorifici, accompagnato da uno stato d’animo pessimo a causa del lutto per la morte della sorella, vittima di un bombardamento mentre il fratello lavorava come medico volontario sulla striscia di Gaza. Ma l’incontro con i 2 ragazzi e la decisione di prendere lezioni di surf perché possano inseguire i loro sogni darà una svolta sorprendente alla sua vita. Allo stesso tempo, Mahmud e Alon a causa della loro amicizia si troveranno a compiere scelte ribelli, in grado di sconvolgere le loro esistente.

Classe 2003. Studentessa in Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Palermo. Aspirante giornalista e graphic designer e appassionata della cultura giapponese, delle riviste della nuova generazione e ogni forma d'arte.

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Decreto Salvini bocciato: la Cassazione mantiene “genitore” sui documenti

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Per la Corte sarebbe discriminatorio e illegittimo privare il minore di un documento d’identità che non rappresenti a pieno la sua reale famiglia, il contrario di ciò che voleva raggiungere Salvini.

E’ deciso, non ci saranno più né “padre” né “madre” sui documenti dei figli, ma un generico “genitori”. La Cassazione a tal proposito, ha respinto il ricorso del ministero dell’Interno affermando che, privare un minore di un documento d’identità che non rappresenti al sua vera famiglia, sia un atto discriminatorio e illegittimo.

COSA COMPORTA

Ciò significa che è legittima la disapplicazione del decreto del Viminale del 2019, che consente unicamente di indicare sul documento i due genitori come padre e madre. Dunque la Corte d’Appello dice “” alla modifica in “genitore 1” e “genitore 2” sulla carta d’identità, bocciando così il decreto Salvini.

LE PAROLE DEI GIUDICI

I giudici della Corte Suprema, il collegio coordinato da a Maria Acierno e composto dai consiglieri Laura Tricomi, Giulia Iofrida, Alessandra Dal Moro e Alberto Pazzi come consigliere estensore, scrivono sulla modifica approvata: “L’effetto finale, irragionevole e discriminatorio dell’assunto del ministero sarebbe stato quello di precludere al minore una carta d’identità valida per l’espatrio, solo perché figlio naturale di un genitore naturale e di uno adottivo dello stesso sesso“.

La Cassazione ricorda di aver riconosciuto “rispetto a una coppia omoaffettiva femminile, che l’adozione in casi particolari si presta a realizzare a pieno il preminente interesse del minore alla creazione di legami parentali con la famiglia del genitore adottivo, senza che siano esclusi quelli con la famiglia del genitore biologico“.

Ormai sono da anni che continua la battaglia tra Viminale e vari Comuni che hanno trascritto all’anagrafe i due genitori di coppia omosessuale come due madri o due padri, ora la Cassazione ha dato il via libera e bocciato il decreto Salvini.

 

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KFC vende carne umana? Web indignato dopo il nuovo spot pubblicitario – Video

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Foto: The Grocer

KFC, (acronimo di KFC CORPORATION), presente dal 1952 con il nome di KENTUCKY FRIED CHICKEN, ad oggi risulta essere una delle più famose catene alimentari statunitensi, specializzata soprattutto in pollo fritto e con un menù che comprende panini burger, patatine e wrap di ogni genere.

Il breve cortometraggio pubblicitario uscito a marzo per promuovere le portate, progettato recentemente dalla Mother London, sembra invece scatenare sui clienti l’effetto opposto, sollevando una serie di interrogativi e audaci teorie complottiste riguardo la provenienza degli ingredienti utilizzati.

LA PUBBLICITÀ

Lo spot si apre in una foresta dall’atmosfera enigmatica e dai toni quasi glaciali.

Qui, un ragazzo, dopo un breve contatto visivo con un pollo, viene coinvolto in una sorta di rituale di sacrificazione; condotto prima da un’orda all’interno un fiume, per poi finire immerso in acqua, che poi scopriamo essere olio bollente.

Una volta tirato fuori dall’ olio per frittura, assume le caratteristiche di un gigantesco pezzo di pollo, la stessa forma del pollo del KFC.

LA TEORIA

Gli utenti dopo l’uscita della campagna pubblicitaria, con legittimo sconcerto si sono chiesti che tipo di allocuzione possa mai suggerire la realizzazione della clip, e per quale motivo scegliere proprio un essere umano immerso nell’olio bollente invece che un pollo.

Cosi, alcuni influencer e persino una vasta gamma di consumatori abituali, sono arrivati ad ipotizzare possa trattarsi di un vero e proprio messaggio subliminale che faccia riferimento al cannibalismo, mostrando pertanto, senza necessariamente dichiararlo apertamente, l’ambigua provenienza della componente degli ingredienti utilizzati (che si traduce in vera e propria carne umana, insomma.)

Ma perché utilizzare carne umana invece che animale? Qual’è la base di questa teoria?

Si tratterebbe, stando agli ideatori del complotto, di una decisione determinata dall’assenza del  numero dei polli per le 18 mila catene di ristoranti distribuite in ben 115 paesi.

Numeri molto alti ovviamente, ma che possono essere spiegati grazie alla precedente inchiesta sotto copertura in quattro allevamenti intensivi per un fornitore del marchio in Italia, realizzata dall’associazione Essere Animali, a sua volta contattata da Fanpage.

Nei filmati  era emerso come venisse modificato il normale ritmo di crescita per far sì che in circa 40 giorni i polli possano arrivare al peso di macellazione, potendo cosi raggiungere il numero di oltre 500 milioni di polli solo in Italia, (condizione che ovviamente provoca gravi problematiche agli animali; quindi, se l’indagine può effettivamente chiarire come il pollo venduto dal KFC possa bastare per 8 milioni di clienti, finisce per sollevare ulteriori dubbi sul benessere animale.)

Ma allora perché mai realizzare uno spot pubblicitario del genere?

LA REALIZZAZIONE DEL CORTOMETRAGGIO

Che fosse un’alternativa strategia di marketing o meno,  i responsabili della campagna pubblicitaria hanno rilasciato delle dichiarazioni che, implicano e sottointendono, a discapito della vivace teoria, la realizzazione del progetto sia ben distante dallobiettivo di voler divulgare un messaggio subliminale riferito al cannibalismo.

Il direttore è tralaltro Vedran Rupic, già noto per la la particolarità dei suoi contenuti… non c’è quindi da sorprendersi se abbia optato per una satira dai toni onirici che mixa elementi di cultura e religione.

Monica Silic, responsabile delle attività di Marketing di KFC UK e Irlanda, spiega quale fosse l’effettivo intento dell’azienda “è il nostro modo di condividere la nostra ossessione per il pollo, offrendo al pubblico qualcosa di divertente in cui credere

Il direttore creativo ed esecutivo di Mother London, nonchè Martin Rose, chiarisce “KFC è un’icona, tutto il nostro lavoro la rispetta e rispetta anche il pubblico, che dovrebbe capire che la logica va messa da parte per quei 120 secondi.”

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Settantacinque coltellate e nessuna crudeltà? Il paradosso del processo Turetta

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Foto: Il messaggero

Nel teso silenzio di un’aula di tribunale, dove si dovrebbe cercare giustizia per una vita spezzata troppo presto, è invece risuonata una verità giudiziaria che ha fatto rabbrividire molti.

Settantacinque coltellate. Un numero che pesa come piombo, e che graffia la coscienza collettiva.

Eppure, secondo il giudice, non sono il riflesso di una crudeltà feroce, ma piuttosto il segno di un’inabilità emotiva, di un ragazzo che “non sapeva gestire il rifiuto”.

Filippo Turetta, imputato per l’omicidio di Giulia Cecchettin, ha colpito la sua ex ragazza con un accanimento che lascia senza fiato, esattamente 75 volte.

Eppure, il processo ha preso una piega che ha spiazzato l’opinione pubblica: quelle coltellate non sarebbero, tecnicamente parlando, prova di crudeltà. (Non agli occhi della legge, almeno). L’accento, invece, è stato posto sulla sua fragilità psicologica, sulla sua incapacità di elaborare l’abbandono, sull’inesperienza relazionale.

Ma dove finisce l’incapacità e dove inizia la responsabilità?

Giulia non è morta “per caso”, nè tanto meno ”in un momento di confusione”. È stata inseguita, aggredita e massacrata.

E ora, mentre il dibattito si infiamma fuori dalle aule, c’è chi si chiede se la legge, così com’è, sia davvero in grado di proteggere, di punire e soprattutto di saper educare.

Questo processo è un simbolo, e non solo della violenza di genere, ma anche delle crepe nella nostra giustizia, della fatica di dare un nome esatto al dolore… si tratta, per la giustizia, di “inabilità.

Ma se questa è solo inabilità, allora cos’è la crudeltà?

Intanto, fuori dal tribunale, c’è una famiglia distrutta, una sorella che grida per “tutte le altre Giulia”, e una società che guarda e si chiede: chi sta davvero pagando il prezzo di questa sentenza?

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