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Calcio

La testa di Merino porta la Spagna in semifinale. Germania K.O a un minuto dai rigori

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Foto: X EURO2024

Dopo 120 minuti di pura lotta, la “Battaglia di Stoccarda” si conclude con la vittoria della Spagna sulla Germania. La Nazionale di De La Fuente raggiunge la semifinale dopo una gara intensa, spettacolare nel corso dell’intera partita. Nel penultimo atto di questo europeo tedesco, la Spagna affronterà la vincente di Portogallo-Francia.

Fin dalle prime battute le due Nazionali giocano a ritmi molto elevati, con tanto di interventi al limite, come i due ravvicinati di Toni Kroos su Pedri che costringono il centrocampista del Barcellona ad abbandonare il campo per infortunio. All’8′ De La Fuente manda in campo al suo posto Dani Olmo, perdendo uno dei protagonisti della sua squadra. Nonostante il sostanziale equilibrio le occasioni non mancano, con Yamal che manda fuori di poco un calcio di punizione dal limite e Havertz che risponde poco dopo con un colpo di testa bloccato a terra da Unai Simon. Al 35′ ancora Havertz si rende pericoloso, calciando in porta dopo essersi liberato di Le Normand, ma l’estremo difensore iberico blocca senza problemi.  La risposta della Spagna arriva un minuto più tardi, con Nico Williams, lanciato da Dani Olmo, che  trova la grande respinta di Neuer in tuffo sul primo palo.

Nel secondo tempo la Roja stappa subito la gara: Yamal riceve palla sull’esterno e nel convergere viene lasciato libero dai difensori tedeschi, il classe 2007 serve un pallone rasoterra al limite dell’area dove arriva Dani Olmo a concludere sul secondo palo, beffando Neuer e ammutolendo tutta la MHP Arena di Stoccarda. La rete del centrocampista del Lipsia costringe la Mannschaft a sbilanciarsi in avanti, con Nagelsmann che infoltisce l’attacco con gli ingressi di Fullkrug e Wirtz (entrato a inizio ripresa al posto di Emre Can). L’occasione più nitida per la Germania arriva al 69′ quando Fullkrug che riceve palla e scarica al limite dell’area dove Andrich apre il piatto e costringe Unai Simon al miracolo in tuffo sul primo palo. Il c.t. De La Fuente capisce l’antifona e per placare l’entusiasmo tedesco decide di inserire forze fresche, per aumentare l’esperienza in mezzo al campo e in avanti.  Al 76′ Kroos serve Wirtz in profondità, la prima idea del fantasista del Bayer Leverkusen è il centro dell’area, dove Fullkrug arriva in tuffo, anticipa Laporte, e colpisce il palo. All’81’ Unai Simon sbaglia il rinvio e il rimpallo lancia in porta Havertz, l’uscita avventata del portiere iberico lascia lo specchio di porta libero ma il pallonetto di Havertz termina fuori. All’88’ la Germania trova il pareggio: cross di Mittlestadt sul secondo palo, la sponda di Kimmich serve la sfera a Wirtz che incrocia sul secondo palo e rimette tutto in equilibrio. Nel finale la Germania non riesce a trovare il gol qualificazione, e l’arbitro Taylor manda le due squadre ai tempi supplementari.

I supplementari si aprono con la Spagna che torna a premere sull’acceleratore, alzando la qualità del possesso del pallone. Al minuto 103 Oyarzabal conduce palla fino al limite e sgancia un missile diretto sul secondo palo, ma la sfera si allarga verso l’esterno e sfiora il palo. L’ultima azione del primo tempo supplementare è un pase de la muerte di Z verso Wirtz che calcia di sinistro sul secondo palo e sfiora la doppietta. Il secondo tempo supplementare comincia con un brivido per la Spagna, poiché Musiala calcia in porta e la deviazione di braccio di Cucurella fa aizzare tutto il pubblico tedesco della MHP Arena. Per Taylor è tutto regolare e il rigore non viene assegnato. Al 116′ Kimmich disegna il cross per la spizzata di Fullkrug, prodigioso Unai Simon in tuffo. Con lo spettro dei calci di rigore, la Spagna trova il guizzo e vince la partita: passaggio di Cucurella verso Dani Olmo, l’esterno rientra e crossa al centro dell’area dove arriva l’inserimento di Mikel Merino, per una rete che spedisce la Roja in semifinale.  Al 120′ Fullkrug sfiora il pareggio e due minuti più tardi Carvajal si sacrifica e stende Musiala lanciato verso la bandierina, venendo espulso. Nell’ultimo calcio di punizione della sua carriera, Toni Kross non riesce a servire Fullkrug in mezzo, e Taylor chiude una delle partite manifesto di questo europeo, che termina con la vittoria iberica nel manto erboso della MHP Arena di Stoccarda. Continua la maledizione del paese ospitante: da più di 40 anni la squadra ospitante non riesce a vincere l’europeo.

 

Classe 2005. Studente in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Palermo. Amante del calcio fin da bambino, vivo ogni partita con la stessa passione del primo giorno. Aspirante giornalista con una passione per lo storytelling e gli editoriali.

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Calcio

Il Supercommento della 31ª Giornata di Serie A

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Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della trentunesima giornata di Serie A.

Genoa-Udinese (A cura di Dennis Rusignuolo)

Fortino rossoblù al Ferraris. Zanoli, e il VAR, ipotecano la salvezza del Genoa

Un ritorno e un’assenza per Vieira: torna Aaron Martin dopo la squalifica scontata contro la Juve, ma da Torino il tecnico francese recupera l’acciaccato Miretti soltanto per la panchina. Al suo posto trova posto Thorsby, impiegato alle spalle di Pinamonti con i soliti compiti equilibratori. Sponda Udinese non recupera Florian Thauvin, così Runjaic affianca Iker Bravo al centravanti Lucca. Tanto agonismo fin dai primi minuti, con il Genoa che cerca di imporsi sul piano fisico a giudicare dall’intensità con cui i difensori rossoblù presentano il conto a Lucca. Nonostante l’Udinese sia una delle squadre più alte del campionato, i centimetri di Thorsby e Pinamonti mettono in difficoltà i friulani. Al quinto minuto Thorsby arriva a rimorchio, riceve un cross da parte di Sabelli e indirizza verso l’incrocio il suo colpo di testa, pronta la risposta di Okoye che rigetta la sfera fuori dai pali. Sono del Genoa le prime occasioni del match, come il contropiede che porta Pinamonti alla conclusione al minuto 9, destro piazzato del centravanti italiano su cui Okoye non soffre particolarmente. Come annunciato già dalle formazioni, la gara è molto fisica e le due squadre non risparmiano alcun colpo. De Winter fa la voce grossa in marcatura su Lucca, non concedendo nessuno spazio all’attaccante bianconero. In avanti la squadra di Vieira cerca lo sviluppo sulle fasce, per poi finalizzare al centro dell’area. I cross pungenti e taglienti degli esterni genoani sono sempre un fattore, e solo un errore di lettura di Pinamonti permette alla gara di mantenersi in equilibrio: cross bellissimo di Thorsby sul secondo palo, brutta invece la conclusione di testa dell’attaccante rossoblù. Nella ripresa l’Udinese ha subito l’occasione per aprire le danze, ma la fallisce in maniera clamorosa con Lucca: Atta si libera di Martin con una magia, arriva sul fondo e apparecchia in mezzo per Lucca, l’attaccante calcia a porta vuota ma manca clamorosamente lo specchio della porta. Pochi minuti dopo Vieira spende il primo cambio, con Onana che rileva uno stremato Masini, mentre Runjaic attende qualche minuto e inserisce Rui Modesto al posto di Ehizibue. L’esterno portoghese ha subito una grande occasione per sbloccare il risultato, ma il suo colpo di testa ravvicinato è centrale e basta un riflesso di Leali per mandare la palla in angolo. La gara si sblocca nell’ultimo quarto di gara, grazie alla freschezza portata dai cambi di Vieira. L’ingresso di Ekuban è decisivo per sparigliare le carte nella difesa dell’Udinese e il giocatore ghanese è prezioso nella giocata che rompe l’equilibrio: al 77′ Frendrup serve in verticale proprio Ekuban, una serie di finte per arrivare sul fondo e crossare forte verso il centro, Pinamonti viene chiuso a un passo dalla porta ma la sfera viene raccolta da Zanoli che calcia benissimo in controbalzo e porta in vantaggio il Grifone. Dopo il vantaggio il Genoa sembra averne decisamente di più, e sfiora subito il 2-0 prima con Ekuban e poi con Thorsby, provvidenziale Okoye in entrambe le occasioni. Nel finale l’Udinese trova il pareggio con una bella combinazione tra Lucca e Bijol, finalizzata dal tiro di esterno di Rui Modesto, tutto vanificato dal VAR che annulla la rete per un fuorigioco di Lucca al momento della prima sponda verso Bijol. Proteste friulane nell’ultima azione della gara per un contatto tra Pafundi e Kasa, ma Perenzoni non concede il penalty e dopo una manciata di secondi chiude definitivamente la gara. Si concretizza in maniera ufficiosa la salvezza del Genoa, che adesso vede l’obiettivo sempre più vicino. Nel fortino del Ferraris, in cui i rossoblù hanno trovato cinque vittorie nelle ultime sei gare, la squadra di Vieira si porta a quasi venti punti di distacco dal terzultimo posto e lo fa con una prestazione tutta corsa e sacrificio, impreziosita dalla rete meravigliosa di Zanoli, primo centro in campionato. Dall’altra parte l’Udinese non sa vincere più. Terza sconfitta consecutiva, un mix di rabbia e rammarico per le poche -ma clamorose- occasioni fallite da Lucca e Rui Modesto, e adesso l’obiettivo di Runjaic è trovare una soluzione che non penda esclusivamente dalla presenza di Thuavin, fattore fondamentale per inquadrare le ultime tre sconfitte dei friulani.

Monza – Como (A cura di Simone Scafidi)

Alta marea Monza, Fabregas torna sulle rive del lago con tre punti

All’U-Power Stadium la squadra di Fabregas annichilisce il Monza e si avvia verso una salvezza sempre più tranquilla. I Lagunari partono, però, in maniera shock: sul lancio di Kyriakopoulos, Dany Mota, sfruttando il grossolano e superficiale errore di Kempf, si infila e batte Butez portando in vantaggio la squadra di Nesta. Con orgoglio il Como reagisce dopo appena dieci minuti e Ikoné riesce, alla sua maniera, a pareggiare i conti con un tiro forte sul secondo palo, su cui non può fare nulla Turati. A pochi istanti dalla fine del primo tempo la partita è ribaltata, stavolta per un errore difensivo del Monza che favorisce Diao e la rete di quest’ultimo, che a tu per tu con Turati non può sbagliare. Pochi minuti dopo sbaglia anche Dany Mota che permette al Como di ripartire con Nico Paz; lo spagnolo mette il pallone in mezzo dove c’è Ikoné che sbaglia, e sulla ribattuta si avventa Douvikas, che spara alto. All’inizio del secondo tempo il Monza spinge e cerca di trovare il pareggio, con il tiro di Keita Balde salvato da Butez, che però sbatte sulla traversa rimanendo in campo e favorendo la conclusione di Mota, spedita in corner da Butez. Al 51’, dal nulla, Vjovoda lascia partire un destro fortissimo da posizione abbastanza defilata, di fronte un impotente Turati, che non vede nemmeno partire la conclusione e che non riesce ad evitare il gol del 3-1. Tra i fischi dello U-Power, il Monza lascia il campo da sconfitta, abbandonando sul terreno di gioco, probabilmente, le ultime speranze di salvezza, mentre il Como torna a casa con consapevolezza e con tre punti molto pesanti, che gli consentono di allungare a +9 sulla zona retrocessione.

Parma – Inter (A cura di Tommaso Patti)

Il Parma rimonta e ferma l’Inter. Chivu la vince con i cambi

Nonostante le assenze di Dumfries, Pavard e Barella nell’undici titolare, l’Inter schiera in campo una formazione tutt’altro che proiettata al turnover in vista della super sfida di Champions League. La contemporanea titolarità di Asslani e di Çalhanoğlu non vede i nerazzurri puliti e ordinati nei primi minuti di gioco, complice l’attenta e precisa organizzazione della squadra di Chivu. Dopo nove minuti e grazie ad un’azione da manuale, il Parma non trova il gol del vantaggio per un’imprecisione di Bonny nel concludere a botta sicura, tiro che viene murato da un intervento di puro istinto da parte di Sommer. Dopo dei tentativi da parte dell’Inter di attaccare tramite le fasce occupate oggi da Dimarco e Darmian, il gol dell’uno a zero arriva proprio grazie alla combinazione dei due esterni: sul cross di Dimarco, Valeri devia il pallone consegnandolo involontariamente a Darmian, autore della rete del vantaggio con un tiro che beffa Suzuki sul primo palo. Con lo scorrere delle lancette, l’Inter cresce ma deve fare i conti con un Parma abile nello sfruttare gli errori d’impostazione dei nerazzurri, ma poco lucido al momento del tiro, esattamente come nell’occasione avuta al 20′ da Man, che raccoglie l’assist di Bonny, ma calcia male e si arrende ad un altro grande intervento di Sommer. Nonostante la buona occupazione del campo della retroguardia di casa, l’Inter trova spesso dei buchi e rischia di far male in più occasioni. Le occasioni più nitide dei nerazzurri arrivano tra il 23′ e la mezz’ora: prima con il tiro di Lautaro che spreca un enorme occasione calciando addosso a Suzuki, e poi con la conclusione che termina alta di Darmian, dimenticato dalla difesa avversaria e non disturbato al momento della conclusione. Poco prima della fine del primo tempo, in un momento in cui i ritmi si abbassano notevolmente, un tiro di Lautaro in acrobazia fa tremare nuovamente la difesa avversaria, salvata dalla parata del portiere giapponese. Il momento che spegne il positivo primo tempo del Parma arriva a pochi secondi dal duplice fischio e da un’azione nata dal filtrante di Lautaro per Mkhitaryan, altruista nel servire a centro area Thuram, quest’ultimo libero da marcature ma impreciso nel calciare e nel non impattare al meglio il pallone, che si impenna e termina in porta dopo un tentativo di salvataggio sulla linea da parte di Almqvist.

Con il risultato sul due a zero, Farris decide di cambiare e far rifiatare alcuni giocatori in vista dell’importantissima sfida di Champions contro il Bayern ma, esattamente come contro l’Udinese, l’inizio di secondo tempo dei nerazzurri non è dei migliori. Il brutto approccio degli ospiti e i giusti innesti di Chivu a inizio secondo tempo, cambiano notevolmente la partita, che si riapre a mezz’ora dalla fine con un tiro da lontanissimo di Bernabè, che termina in porta e riapre la partita grazie al suo primo goal in questa stagione. Qualche minuto più tardi e grazie ad un altro subentrato, il Parma trova la rete della rimonta con un incredibile azione e portata avanti da Ondrejka, che trova il goal del 2-2 con un sinistro che viene deviato da un duplice tocco di Acerbi e Darmian. Con il morale a terra data la rimonta dei ducali, i nerazzurri non riescono in nessuna occasione ad alzare la testa e riportarsi in vantaggio. Dopo alcuni minuti di fuoco, il Parma ha addirittura l’occasione di vincere la partita con un altro subentrato: dopo un’azione fallita dall’Inter, il Parma riesce a ripartire con Valeri, abile nell’affrontare la difesa nerazzurra e a servire il pallone in mezzo Pellegrino, che però deve ancora fare anche lui i conti contro un Sommer particolarmente in forma. Il punto strappato in rimonta da parte dei ducali, permette al Parma di mantenere le distanze da Venezia, Empoli e Lecce. L’arrivo di Chivu ha rivitalizzato e nettamente trasformato l’ambiente difficile che si era creato nell’ultima parte di stagione con Fabio Pecchia, trasformando tutti i membri della rosa in giocatori importanti ed essenziali per l’obiettivo finale, la salvezza. Il passo falso dei nerazzurri era nell’aria: già dalla vittoria sofferta contro l’Udinese, l’Inter ha dimostrato una stanchezza fisica e mentale. Nelle prossime settimane i campioni d’Italia sono chiamati nuovamente a giocare un grandissimo numero di partite nell’arco di pochi giorni, fattore che può essere fatale ai fini del campionato.

Milan – Fiorentina (A cura di Dennis Rusignuolo)

Quattro gol, VAR e paratissime. Tanto spettacolo ma un pari che non serve a nessuno

Dopo il buon pari nel derby di Coppa Italia, Conceiçao conferma Abraham al centro dell’attacco e Pulisic alle sue spalle. Altra chance per Leão, uno dei migliori contro l’Inter. La Viola arriva a San Siro senza gli infortunati Gosens e Colpani, Palladino conferma il blocco che ha ben figurato contro l’Atalanta. Fin dai primi possessi si vede come la Fiorentina cerchi di dominare il palleggio in mezzo al campo. Il trio disegnato da Palladino è sempre più rodato, sia in fase di impostazione che nel recupero del pallone. La gara si stappa subito, dopo sei minuti: brutto errore di Musah, che perde un pallone sanguinoso a centrocampo, la Viola sviluppa in transizione e va da Gudmundsson, bravissimo nell’ubriacare di finte la difesa del Milan e servire in mezzo Kean, Thiaw va in anticipo per negare il vantaggio all’attaccante italiano ma si trascina il pallone in rete. Altro autogol per il centrale tedesco, alla terza autorete in Serie A. Il Milan sembra non essere sceso in campo, la Fiorentina dall’altra parte gioca in maniera sublime. Al nono minuto il risultato cambia ancora: lancio rapido di Mandragora verso destra, Dodò attacca alle spalle di Theo Hernandez e ha tutto il tempo per appoggiare in mezzo verso Kean, l’attaccante viola quest’anno difficilmente sbaglia e con il destro piazza il sigillo numero 17 del suo meraviglioso campionato. La Viola domina per 20 minuti, poi il Diavolo reagisce d’orgoglio (più di pancia che di testa). Al 23′ Abraham chiede e ottiene il triangolo a Pulisic sul limite dell’area di rigore, calcia forte sul primo palo e non lascia scampo a De Gea. Intanto, Conceiçao boccia Musah e mette dentro già al 25′ un altro attaccante, ovvero l’ex Jovic. La partita è apertissima e la Fiorentina trova pure il 3-1 a ridosso dell’intervallo: Parisi recupera palla su Pulisic e la offre a Ranieri; il capitano viola disegna una traiettoria imparabile per Maignan, ma c’era un fallo precedente dell’ex Empoli e Ayroldi decide quindi di annullare il tutto. Fischi assordanti al momento del ritorno negli spogliatoi, così come al rientro in campo, in cui non si vedono sostituzioni da una parte e dall’altra. Rispetto al primo tempo il Milan sembra avere una marcia in più, dal punto di vista della tenuta mentale e della gestione del possesso. La prima occasione della ripresa rossonera è un colpo di testa di Abraham su cui De Gea non sfigura. Protagonista assoluto del folle match dell’andata, il portiere spagnolo si ripete al 56′ quando prima respinge una conclusione di Reijnders, e poi sbarra la strada in maniera incredibile al tap-in a botta sicura di Pulisic. In mezzo alla serie di parate dell’estremo difensore della Viola, il Milan cambia il centravanti: fuori Abraham e dentro Santi Gimenez. Palladino risponde con Beltran e Ndour al posto di Gudmundsson e Cataldi, un chiaro segnale inviato alla sua squadra dopo un approccio di secondo tempo conservativo e troppo rinunciatario. L’argentino ha subito una grande occasione per segnare il 3-1 ma Maignan gli chiude lo specchio sul più bello. Dal suo ingresso, Jovic sembra il giocatore capace di mettere più in difficoltà la difesa della Fiorentina, con il suo continuo movimento tra le linee, ed è proprio il serbo a pareggiare la gara al minuto 64: filtrante di Tomori verso Gimenez, il pallone è fuori giri ma diventa buono per Jovic, bravo a leggere la traiettoria del pallone e freddo nel piazzare il mancino alle spalle di De Gea. L’impressione, dopo la reazione d’orgoglio dei rossoneri, è che la partita possa essere decisa in qualsiasi momento e in qualsiasi occasione. La Fiorentina sfiora il nuovo vantaggio con la specialità della casa: il lancio verso Kean. L’italiano riceve un lancio bellissimo di Fagioli, prende il tempo a Thiaw e arrivato davanti a Maignan mastica la conclusione per scavalcare il portiere francese, che rimane in piedi fino all’ultimo e manda in angolo. A ridosso dell’ultimo quarto di gara si rivede ancora una volta De Gea, questa volta su Hernandez, che percorre tutta la fascia fino ad arrivare faccia a faccia col portiere: angolo di tiro abbastanza scarso, ma i riflessi del portiere sono eccellenti. Conceiçao chiude i cambi con tre mosse, Bondo, João Félix e Chukwueze al posto di Fofana, Gimenez (uscito malconcio da uno scontro con De Gea) e Pulisic. Il duello tra Kean e Maignan si impreziosisce di altri due atti, e in entrambi i casi il portiere del Milan si fa trovare pronto alle conclusioni del centravanti della Viola. Nella serie di occasioni la Fiorentina mostra di averne nettamente di più rispetto al Milan, al minuto 88 Dodò trova il gol del 2-3 grazie a un’altra giocata splendida di Fagioli, uno dei migliori in campo, ma la posizione del terzino brasiliano è irregolare e la rete viene annullata da Ayroldi. Nel recupero viene espulso un nervosissimo Palladino e per il resto non succede nient’altro. Un match decisamente spettacolare, giocato al massimo da entrambe le squadre. Non è bastata al Milan la reazione nel secondo tempo, in una delle ultime occasioni per riaccendere una stagione tremenda. Il pareggio non cambia la brutta classifica dei rossoneri, che continuano a mostrare segni di evidente fragilità tattica e mentale, soprattutto nell’approccio iniziale della gara. La Fiorentina rimane stabile in zona Europa, la situazione del club di Palladino rimane positiva e adesso si prepara all’andata del play-off di Conference League contro il Celje; il Milan ha praticamente perso l’ultimo treno per la Champions League, e adesso la conquista di un posto in Europa League diventa l’obiettivo prioritario per il futuro del club rossonero.

Lecce – Venezia (A cura di Marco Rizzuto)

Il Lecce ci prova, il Venezia resiste: lotta salvezza ancora tutta da vivere

Lo scontro salvezza del Via del Mare si conclude in parità: Baschirotto rimedia all’autorete di Gallo, ma che sofferenza. Giampaolo conferma la stessa formazione titolare, eccezion fatta per Karlsson, sostituito da Tete Moriente. Diversi cambi invece per Di Francesco, che ridisegna completamente gli undici titolari dopo l’insuccesso casalingo contro il Bologna. L’allenatore ex Frosinone punta su Gytkjaer dopo la prestazione insufficiente di Fila. Nonostante le modifiche dei Lagunari, il Lecce domina gran parte del primo tempo, senza però riuscire a concretizzare negli ultimi metri. Il più ispirato tra i salentini è senza dubbio Tete Moriente: lo spagnolo arriva alla conclusione in diverse occasioni nel corso della gara, ma Radu si dimostra un portiere più che affidabile, vanificando i tentativi del numero sette. Superata la mezz’ora, anche il Venezia riesce a trovare il modo di scavalcare la difesa del Lecce, fino a quel momento poco sollecitata: Zerbin sfugge a Gallo sulla fascia e crossa in mezzo per Gytkjaer, che manca la sfera a pochi metri da Falcone. L’attaccante danese non fa in tempo a disperarsi che si alza la bandierina dell’assistente per segnalare la posizione irregolare. Progressivamente i ragazzi di Di Francesco prendono coraggio, spaventando i padroni di casa nel finale della prima frazione. L’uomo più pericoloso è Yeboah, che al 40’ calcia di poco alto dal limite dell’area su assist di Busio. Alla ripresa Di Francesco richiama l’ammonito Carboni, inserendo Haps. Nessun cambio per i padroni di casa. I Lagunari proseguono nella ripresa sulla scia offensiva vista negli ultimi minuti del primo tempo, sfiorando il vantaggio con Gytkjaer su schema da calcio di punizione: il danese viene servito al limite e lascia partire un tiro che termina però fuori dallo specchio della porta. Al 50’ il Venezia passa in vantaggio su calcio piazzato: Zerbin crossa in area dalla destra, Gallo prova ad anticipare tutti ma colpisce distrattamente con la tibia, spedendo il pallone direttamente nella propria porta beffando Falcone. Per rimediare allo svantaggio, Giampaolo corre subito ai ripari smuovendo la panchina: dentro Pierret, N’Dri e Berisha per Coulibaly, Pierotti e Ramadani. Grazie alle sostituzioni, i pugliesi tornano a fare la partita e il pareggio non tarda ad arrivare. Al minuto 65, il calcio d’angolo battuto da Helgason viene insaccato da Baschirotto, che da capitano si prende la squadra sulle spalle e infiamma il tifo del Via del Mare. Nel finale, il Lecce spinge per tornare alla vittoria. Al 78’ Krstovic, da vero assistman, serve un pallone tagliente al centro dell’area: N’Dri la piazza col mancino ma colpisce il palo interno, con la sfera che rotola sulla linea senza oltrepassarla. Gli ultimi minuti di questo infuocato scontro salvezza regalano spettacolo e tensione: i giallorossi danno il tutto per tutto, prendendo d’assalto la metà campo avversaria. Un successo oggi garantirebbe tranquillità e speranza, cancellando la lunga striscia di sconfitte delle ultime giornate. Nel finale si azzerano i ruoli: Gaspar e Baschirotto, come due centravanti, attaccano il centro dell’area cercando di sfruttare i centimetri nel gioco aereo. Berisha scodella in area per Gaspar, che fa da sponda verso il capitano giallorosso: Baschirotto incorna verso la porta, prendendo il tempo ai difensori avversari, ma Radu compie un miracolo, slanciandosi in tuffo e deviando la sfera a lato. Il match salvezza termina in parità tra i fischi dei tifosi casalinghi. Il risultato finale è 1-1, come i punti che le squadre portano a casa. I giallorossi mettono fine alla striscia negativa, salendo a quota 26, solamente a +2 sull’Empoli terzultimo. Ogni risultato da adesso peserà: alla prossima, i ragazzi di Giampaolo affronteranno la Juventus, non certo la miglior cliente. Prosegue il momento difficile in zona gol per i giocatori del Venezia, anche oggi a secco, graziati solo dall’autorete di Gallo. Tuttavia, si sono visti sprazzi positivi che dovranno rappresentare la base da cui ripartire. La salvezza lagunare si deciderà nelle prossime settimane e, ora più che mai, serviranno i gol degli attaccanti. Il Venezia, al momento diciannovesimo, affronterà Monza ed Empoli nei prossimi turni: scontri diretti da dentro o fuori.

Empoli – Cagliari (A cura di Simone Scafidi)

Reti bianche e amarezza, Empoli e Cagliari si annullano al Castellani

Nei primi minuti sono i toscani a fare la partita, con possesso e spinta sulle fasce, dalla quale nasce la prima vera occasione con Henderson che calcia di prima un pallone vagante al limite dell’area, sfiorando il palo. Su situazione di corner pochi istanti dopo, sempre Henderson, direttamente dalla bandierina, costringe Caprile (man of the match rossoblù) a smanacciare il pallone fuori dall’area. Al 25’ il Cagliari prova a prendere coraggio e ci prova con il tentativo di Piccoli che viene subito bloccato da Vasquez. Il secondo tempo riparte a tinte rossoblù con la punizione di Viola che sfiora l’incrocio dei pali impensierendo la difesa dell’Empoli. Su una leggerezza di Augello l’Empoli riesce di nuovo a proporsi in avanti, con il tiro di Esposito respinto ancora da Caprile. I toscani continuano a spingere, stavolta con una insidiosissima punizione di Sambia che sfiora un gol clamoroso dalla lunga distanza e con il tiro di Cacace respinto alla grande, ancora una volta, da Caprile. Al 79’ il neo-entrato Ebuehi colpisce di testa per quella che è forse l’occasione più clamorosa dell’Empoli, salvata, ancora una volta, dall’estremo difensore del Cagliari che vola e leva il pallone dallo specchio della porta. Con un ultimo quarto d’ora abbastanza monotono si conclude Empoli-Cagliari, con entrambe le squadre, ancora in piena corsa per evitare la retrocessione, che ne escono con dell’amaro in bocca che a fine stagione può fare davvero male.

Torino – Hellas Verona (A cura di Marco Rizzuto)

Fa tutto il Toro: Elmas risolve dopo gli errori di Milinkovic-Savic e Adams

All’Olimpico Grande Torino, Vanoli suona la carica per spingere la squadra verso un piazzamento tra le prime dieci del campionato, ma la partita, almeno inizialmente, è completamente in mano al Verona. Il tandem d’attacco Mosquera-Sarr mette in seria difficoltà la retroguardia granata, che si salva solo grazie a conclusioni imprecise dei due attaccanti. Dopo venti minuti di dominio scaligero, il Toro riesce finalmente a entrare in partita con un’iniziativa personale di Elmas: l’ex Napoli si crea lo spazio per concludere dal limite, ma non impensierisce particolarmente Montipò. Superata la mezz’ora, emergono le difficoltà dei padroni di casa nel velocizzare la manovra, al contrario dei ragazzi di Zanetti, che mostrano grande intensità nei recuperi e nelle ripartenze. Poco dopo, Bradaric interrompe una ripartenza granata cogliendo di sorpresa Walukiewicz: il numero 12 serve in verticale Sarr, che prende il tempo a Maripan, ma Milinkovic-Savic è provvidenziale in uscita e gli strappa il pallone dai piedi. Il primo tempo si chiude con un assedio totale del Verona, che riesce a leggere alla perfezione i pochi e prevedibili movimenti del centrocampo granata, spezzando la squadra in due nella fase di costruzione. In superiorità numerica, gli scaligeri ripartono continuamente, mettendo a dura prova la retroguardia torinese. Tuttavia, gli attaccanti sprecano diverse occasioni, mancando di lucidità sotto porta. Nonostante un primo tempo quasi nullo, Vanoli cambia solo Walukiewicz con Pedersen. Nessuna sostituzione per il Verona. Al 60’ arriva l’occasione più ghiotta per i padroni di casa: Biraghi batte un calcio d’angolo, Sarr respinge con il braccio largo e, dopo il check del VAR, l’arbitro assegna il rigore. Dal dischetto, Adams calcia male: palla a mezza altezza e poco angolata, Montipò si distende e respinge. Nel momento migliore del Torino, arriva la beffa: Sarr pressa alto Milinkovic-Savic, che tarda nel rinvio; il numero 9 respinge la palla e la devia in rete, lasciando attoniti i tifosi di casa. L’errore clamoroso del portiere serbo, però, scuote i compagni, che trovano il pari appena cinque minuti dopo con un eurogol di Elmas. Il macedone scambia con Vlasic e poi, col mancino, calcia a giro sul secondo palo, battendo Montipò dopo aver colpito il palo interno. Dopo il pareggio, le squadre calano vistosamente, nonostante i cambi da entrambi i fronti. A cinque minuti dal termine, il Toro perde un brutto pallone a metà campo e Ricci è costretto a fermare Ajayi con un fallo duro, che gli costa il rosso diretto. Il match si chiude sull’1-1: ottimo approccio del Verona, che però si spegne dopo il gol del vantaggio. Il Torino resta comunque decimo, a pari punti con l’Udinese, undicesima. Il Verona può tirare un sospiro di sollievo grazie al pareggio tra Cagliari ed Empoli, che consente agli uomini di Zanetti di rimanere al 14° posto. Ma servirà ben altro per centrare una salvezza tranquilla: il calendario propone numerosi scontri diretti e partite delicate da affrontare con la massima concentrazione.

Atalanta – Lazio (A cura di Marco Rizzuto)

Gasperini e Baroni si danno battaglia per la corsa alla Champions League, ma nonostante le grandi capacità offensive di entrambe le squadre, bisogna aspettare la mezz’ora di gioco per vedere occasioni nitide. La Lazio prova a graffiare direttamente dal rinvio lungo di Mandas, ma il pallone viene malamente ribattuto da Djimsiti, che involontariamente serve Zaccagni. Il capitano biancoceleste, lasciato solo in mezzo al campo, verticalizza alle spalle di Kolasinac, dove si inserisce Dele-Bashiru. Quest’ultimo, con un tocco preciso, cerca di servire Dia in area, ma grazie al provvidenziale recupero di Kolasinac, il pallone viene spedito in corner. L’Atalanta, intanto, fatica a costruire gioco in zona offensiva: la poca imprevedibilità e precisione rendono facile il compito della Lazio, che al minuto 32 riparte dopo aver sottratto palla a Retegui (praticamente un fantasma in questo primo tempo). Zaccagni apre a sinistra per la falcata di Nuno Tavares, ma il terzino è costretto a fermarsi a causa di un altro ennesimo infortunio che sta caratterizzando il suo girone di ritorno. Il portoghese non riesce a continuare, e Baroni lo sostituisce con Luca Pellegrini. L’unico squillo atalantino arriva allo scadere del primo tempo, direttamente dalla bandierina: Lookman batte corto per Zappacosta, che scodella verso Kolasinac. Il bosniaco prolunga con la nuca sul secondo palo, ma nessuno accompagna l’azione. Questa occasione rappresenta al meglio la prova insufficiente dei ragazzi di Gasperini, che sembrano far fatica a trovare sintonia in campo, mentre la Lazio è pronta a colpire al momento giusto. Alla ripresa, Baroni effettua il suo secondo cambio: Isaksen per Tchaouna, che non ha inciso come sperato. Al 50′ la Dea ha finalmente una grandissima palla gol, ma Mandas compie un riflesso miracoloso: Lookman, vicino alla bandierina, serve Kolasinac in area con un passaggio che passa in mezzo a tre giocatori biancocelesti. Il bosniaco alza la testa e cerca un compagno al centro dell’area, e arriva il capocannoniere del campionato: Retegui, col mancino da vero centravanti, prende il tempo alla difesa e calcia verso la porta, ma Mandas compie un miracolo deviando di corpo in calcio d’angolo. Proprio quando sembrava che la Dea fosse tornata in partita, la Lazio affonda il colpo e trova il gol del vantaggio con Isaksen. Azione a tre tocchi iniziata dal rinvio lungo di Mandas: Hien e Kolasinac pasticciano e la sfera raggiunge Dele-Bashiru, che prolunga di testa liberando Isaksen. Il danese, in scivolata, prende il tempo a Carnesecchi e spedisce in rete sotto l’incredulità dei tifosi bergamaschi. Dopo lo svantaggio, la Dea cerca di reagire d’orgoglio: Gasperini prima inserisce De Ketelaere e successivamente tenta il tutto per tutto con Samardzic, Maldini e Brescianini, ma la situazione non cambia. La squadra di Baroni riesce a gestire alla perfezione il possesso palla, mantenendo il controllo del gioco e facendo correre a vuoto gli avversari. Negli ultimi minuti, la Lazio capisce che è il momento di resistere, lasciando il pallino del gioco all’Atalanta, che cerca disperatamente il pareggio, ma senza riuscirci. Al triplice fischio, la squadra di Baroni festeggia un risultato fondamentale che rilancia la Lazio nella corsa alla Champions, ora tutta da vivere in questo finale di stagione. L’Atalanta, d’altro canto, non riesce più a vincere, e soprattutto a segnare. Dopo i quattro gol che sono valsi la vittoria con la Juventus all’Allianz Stadium, la Dea non ha più segnato, uscendo sconfitta nelle ultime tre giornate. Il sogno scudetto, infranto dopo la sconfitta con l’Inter a Milano, sembra essersi trasformato in un incubo ad occhi aperti, e la qualificazione in Champions è ora più incerta che mai.

Roma – Juventus (A cura di Dennis Rusignuolo)

La Juventus di Igor Tudor ferma la Roma di Claudio Ranieri. Dopo il successo sul Genoa, i bianconeri ritrovano il pareggio, risultato fin troppo abituale nell’era di Thiago Motta. A fare notizia, però, è la striscia di vittorie dei giallorossi, che si ferma a sette successi consecutivi.

Napoli – Bologna (A cura di Tommaso Patti)

Agli azzurri non basta il gol di Anguissa. Una magia di Ndoye frena il Napoli

La cavalcata di Anguissa e la prodezza di tacco di Ndoye regalano spettacolo al Dall’Ara. La super sfida valida sia per la lotta scudetto, sia per la corsa Champions, termina in parità.

LA TOP 11 DELLA 31* GIORNATA

Grafica: Julya Marsala

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Agli azzurri non basta il gol di Anguissa. Una magia di Ndoye frena il Napoli

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La cavalcata di Anguissa e la prodezza di tacco di Ndoye regalano spettacolo al Dall’Ara. La super sfida valida sia per la lotta scudetto, sia per la corsa Champions, termina in parità.

Un Napoli privo di Conte, Buongiorno e Meret, affronta nel posticipo della trentunesima giornata la squadra più in forma dell’ultimo periodo di campionato. Con la finale di Coppa Italia già in tasca dopo il netto tris rifilato all’Empoli, il Bologna passa i primi minuti di gioco limitandosi costruire. Tutt’altro invece l’approccio del Napoli, che inizia la gara aggredendo gli avversari. Il brutto e rischioso intervento di Lukaku su Orsolini, i tre corner consecutivi del Bologna e il contropiede di Neres stoppato dall’intervento di Holm, caratterizzano i primi quindici minuti di una gara equilibrata ma ricca di intensità. Con il passare dei minuti, cresce il gioco del Napoli, che approfitta di un disimpegno errato di Ndoye per attaccare la difesa avversaria tramite il colpo di tacco di Lukaku, il filtrante di Scott McTominay propizia la conclusione di Neres, che termina alta. La ‘garra‘ napoletana trova successo al 18’, quando Anguissa sgomita tra Lucumi e Holm e scatta verso la prta, riuscendo anche a superare Skorupski e appoggiare in porta il tiro che vale il gol del vantaggio. Durante l’uno contro uno tra il centrocampista camerunese e il portiere polacco, il Bologna è costretto a fare il primo cambio a causa dell’infortunio di Skorupski, sostituito da Ravaglia al 25′. Forte del gol del vantaggio e consapevole dell’importanza della sfida, il Napoli non abbassa il ritmo del gioco, sfruttando in più occasioni gli spazi lasciati liberi dalla difesa di casa. A rendersi protagonista nella seconda parte del primo tempo è proprio il neo entrato Ravaglia, autore di una parata miracolosa sulla conclusione di McTominay e di un intervento che trattiene il risultato sull’uno a zero nell’occasione a tu per tu tra il portiere rossoblù e Politano. Nell’ultima azione prima del duplice fischio, il Bologna assedia l’area di rigore avversaria, sfiorando il gol del pareggio con la conclusione di Aebischer, terminata di poco alta sopra la porta difesa da Scuffet.

Nella ripresa, a partire meglio è il Bologna, che riesce a rendersi pericoloso in più situazioni grazie all’efficacia degli esterni, alla spinta dei terzini e alla fisicita di Odgaard e Dallinga. Nel momento del bisogno, il Dall’Ara prende le vesti del dodicesimo uomo in campo, incitando e sostenendo la squadra. A mezz’ora dalla fine, l’intervento di Scuffet salva il Napoli con un’intervento che arriva dopo un corner battuto a rientrare da Miranda e raccolto con una spizzata da Lucumi. Il forcing dei padroni di casa continua grazie ad Orsolini, reduce da una serie di prestazioni eccezionali e protagonista di una conclusione mancina al volo che spaventa tutta la retroguardia del Napoli. Dopo le grandissime occasioni di Lucumi e Orsolini, i felsinei trovano il meritato gol del pareggio grazie ad una magia di tacco di Ndoye, azione nata da un filtrante di Miranda per Odgaard che serve un cross basso e preciso per il colpo di tacco vincente dell’esterno svizzero. Ferito dal goal del pareggio, il Napoli prova a reagire, sbattendo però più volte contro un Bologna che non si accontenta. La stanchezza fisica e mentale degli azzurri è evidente, infatti al settantesimo minuto, Stellini sostituisce unacciaccato McTominay per Gilmour, nel tentativo di rivitalizzare un centrocampo che si è spento gradualmente nel secondo tempo. Oltre al Napoli, anche Vincenzo Italiano decide di mettere mano alla panchina, buttando nella mischia Castro, in campo al posto di Dallinga. Qualche istante dopo, l’intervento irregolare di Olivera su Cambiaghi viene giudicato irregolare dal direttore di gara, che è costretto a estrarre il cartellino giallo per il terzino uruguaiano. Sugli sviluppi del calcio di punizione, il Bologna sfiora il gol del vantaggio con Miranda, che calcia direttamente da calcio piazzato e spaventa la difesa avversaria con una traiettoria insidiosa, respinta con un pugno da Scuffet. Le ultime mosse di Italiano sono gli ingressi di Fabbian e Dominguez, quest’ultimo autore di un numero su Anguissa che costringe il centrocampista azzurro ad effettuare un fallo tattico, che gli costa il giallo. A trenta secondi dall’assegnazione del recupero, Castro va vicinissimo al gol del 2-1 mancando la porta dopo la respinta di Scuffet sul colpo di testa di Holm. Prima del fischio finale, il Napoli ha l’opportunità di raggiungere la vittoria con la conclusione di Raspadori deviata verso la porta da Olivera, tiro che non viene bloccato da Ravaglia e che offre a Rrahmani la possibilità di ribattere in porta, sprecando però clamorosamente l’occasione calciando malissimo.

Con questo pareggio, sia il Napoli che il Bologna sprecano l’opportunità di accorciare sulle rivali. Il pareggio di Fiorentina, Milan, Juve e Roma, poteva offrire al Bologna la possibilità di diventare una delle pretendenti principali per un posto in Champions, sfida che adesso si fa più viva che mai. Dopo il pareggio dei nerazzurri a Parma, il Napoli spreca un enorme possibilità di avvicinarsi pericolosamente ai nerazzurri, impegnati sia in Champions League che in Coppa Italia.

 

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Shomurodov replica a Locatelli. Ranieri riacciuffa la Juve grazie alla panchina

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La Juventus di Igor Tudor ferma la Roma di Claudio Ranieri. Dopo il successo sul Genoa, i bianconeri ritrovano il pareggio, risultato fin troppo abituale nell’era di Thiago Motta. A fare notizia, però, è la striscia di vittorie dei giallorossi, che si ferma a sette successi consecutivi.

Trova conferme il blocco visto nell’esordio contro il Genoa ad eccezione di Koopmeiners, sostituito da Weah sull’esterno di destra, con conseguente avanzamento di Nico Gonzalez. Ranieri è costretto a rinunciare allo squalificato Saelemaekers, rimpiazzato da Celik, mentre in avanti El Shaarawy rileva capitan Pellegrini.

Fin dalle prime giocate, il ritmo è molto alto da entrambe le parti. Le prime indicazioni mostrate contro il Genoa si confermano anche nell’avvio di gara dell’Olimpico: un continuo scambio di posizioni, e soprattutto una riaggressione rapida e feroce sui portatori di palla giallorossi. L’ago della bilancia della manovra bianconera è Nico Gonzalez, molto vivace e movimentato alle spalle di Vlahovic, ed è la sua posizione che crea confusione nella difesa giallorossa. Le due squadre giocano a specchio, entrambe giocano a uomo e le offensive si sviluppano in un fazzoletto, con gli attaccanti bianconeri che cercano di muovere le pedine giallorosse con qualità e velocità. La Roma si affida alla giocata codificata verso Dovbyk, inizialmente marcato senza troppe difficoltà da Renato Veiga, ma con il passare dei minuti la squadra di Ranieri trova spazio nelle incursioni laterali di Celik e Soulé. La prima vera occasione è proprio dei padroni di casa, con Dovbyk che protegge la palla all’interno dell’area e apparecchia sulla sinistra per l’arrivo di Cristante, il centrocampista calcia di prima intenzione ma trova l’opposizione provvidenziale di Kalulu. Dopo la prima fase di sostanziale equilibrio, le due squadre cominciano a concedere molto spazio, ed è su questo fondamentale che la Juve sembra costruire le occasioni principali, come quella capitata a Nico Gonzalez alla mezz’ora: Yildiz allarga verso Weah, lo statunitense si porta il pallone sul destro e crossa sul primo palo, Nico Gonzalez rientra dal fuorigioco e colpisce benissimo in avvitamento, riflesso sensazionale di Svilar che allunga il pallone sul palo. Al 36′ Dovbyk mantiene a distanza Veiga, appoggia per Soulé che crossa subito in mezzo, El Shaarawy prende il tempo a Kalulu e impatta di testa, palla che si stampa sulla parte esterna del palo. Tre minuti più tardi la Juve trova il vantaggio: Vlahovic pulisce benissimo un pallone a centrocampo, allarga su McKennie che velocizza l’azione verso Kalulu, il cross del francese viene respinto dalla difesa e al limite Locatelli arriva in corsa, si coordina a meraviglia e buca Svilar. Olimpico che si rivela fertile per il centrocampista italiano, che nel 2023 aveva già timbrato il cartellino nella rimonta rocambolesca dei bianconeri (da 3-1 a 3-4, Locatelli segnò il gol del 3-2). Nel recupero la Roma si riversa in avanti, ma non riesce a impensierire Di Gregorio. Prima del fischio di Colombo, proteste giallorosse per un fallo di mano di Kelly su una conclusione di El Shaarawy, ma il tocco del difensore bianconero avviene con il braccio attaccato alla figura, pertanto non punibile.

Nella ripresa Ranieri cambia subito il volto della sua Roma: fuori Hummels, dentro Shomurodov e passaggio alla difesa a quattro. Termina all’intervallo lo schieramento a specchio, che aveva concesso troppi spazi agli attaccanti della Juve, soprattutto nelle fasce, in cui si sono sviluppati tutti gli episodi tra cui il vantaggio di Locatelli. Le squadre si allungano subito al rientro dagli spogliatoi, ci sono tanti spazi  in mezzo al campo e tutte e due le squadre cercano di approfittarne. Al 48′ la Roma pareggia subito: corner di Soulé verso Ndicka, lasciato completamente solo dalla difesa della Juve, il colpo di testa dell’ivoriano viene respinto da Di Gregorio che non può nulla sulla ribattuta vincente di Shomurodov. La mossa di Ranieri paga subito, anche se la difesa della Juve ha più di qualche colpa per la troppa libertà concessa a Ndicka. Di colpo l’Olimpico si riaccende, e di conseguenza anche la Roma, che cerca di cavalcare l’onda emotiva e sfruttare la prima vera fase di confusione dei bianconeri, richiamati più volte da Tudor a causa della poca lucidità nel momento della gestione del pallone. Nonostante il buon momento, Ranieri decide di muovere ancora la propria panchina, e il cambio -doppio- è tutt’altro che scontato: fuori Cristante e El Shaarawy, dentro Paredes e Gourna-Douath. La mossa del tecnico giallorosso mira a rimpolpare il centrocampo con un metronomo (Paredes) e un mastino (Douath), in modo tale da avere la superiorità numerica in mezzo al campo. Tudor risponde con tre cambi: Koopmeiners, Cambiaso e Kolo Muani al posto di Nico Gonzalez, Weah e Vlahovic. Con le tre mosse il baricentro dei bianconeri torna a essere alto, forse anche troppo vista l’occasione che stava per mandare Gourna-Douath a tu per tu con Di Gregorio (chiusura preziosa di Kalulu). Lo scacchiere giallorosso viene ritoccato nuovamente poiché Celik abbandona il campo per un problema fisico e Ranieri sceglie Nelsson; Sponda bianconera invece Tudor sostituisce Locatelli con Savona e accentra McKennie al fianco di Thuram. Il ritmo rimane stabile nonostante la girandola di cambi, e la sensazione è che la gara possa prendere qualsiasi strada. L’ultima mossa di Ranieri è l’inserimento di Baldanzi al posto di Dovbyk per passare a un 5-4-1 compatto e unito. Nei tre minuti di recupero non succede nulla.

Replicato il pareggio dell’andata, anche se in questi mesi è cambiato praticamente tutto. Prosegue la striscia di risultati utili della Roma di Ranieri, anche se si ferma a sette la serie di successi consecutivi dei capitolini. Una vittoria sulla Juve avrebbe portato i giallorossi a pari punti con i bianconeri e la Lazio, che oggi ha vinto a Bergamo. La settimana del derby capitolino si preannuncia decisivo per le speranze Champions di Roma e Lazio. Dall’altra parte la Juve fallisce il sorpasso momentaneo sul Bologna, impegnato domani al Dall’Ara contro il Napoli, ma rimane al quinto posto a quota 56 punti, proprio a pari punti con la squadra di Vincenzo Italiano.

Pareggio che per quanto visto in campo è il risultato corretto. Gara intensa ed equilibrata, dove le due squadre si sono prima annullate e poi colpite grazie alle reti di Locatelli e Shomurodov. Dopo un ottimo primo tempo, in cui la Juve era riuscita a essere dominante nel possesso del pallone e nella riannessione del pallone stesso, la Roma rinasce grazie alla solita lettura precisa ed efficiente di Ranieri, che prima cambia modulo e poi trova il guizzo vincente con Shomurodov. Le assenze di Dybala e Saelemaekers hanno tolto qualità alla manovra giallorossa, allora il coraggio e l’astuzia del più romano dei romani ha permesso alla Roma di mantenere l’occhio sul quarto posto, distante al momento tre punti. Buoni segnali per la seconda Juve di Tudor, con l’unica pecca contrassegnata dalla poca attenzione nella marcatura in occasione del pareggio di Shomurodov. Sul piano agonistico la gara dei bianconeri è stata intensa, a tratti dominante, ma adesso è richiesta maggiore qualità nella trequarti, specialmente nell’ultimo passaggio.

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