Calcio
Il Super Commento della 1ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della prima giornata di Serie A.
Saranno ventidue scemi che rincorrono un pallone, ma quanto ci erano mancati!
Con il fischio d’inizio di Genoa-Inter e Parma-Fiorentina, e il fischio finale di Juventus-Como, è andata in archivio la prima giornata di questa nuova Serie A Enilive 2024/2025. Una giornata all’insegna del segno X, con ben sei pareggi, segno di quanto l’equilibrio e il pragmatismo siano fattori identitari del nostro calcio e del nostro DNA calcistico.
Genoa-Inter
Partendo dai primi due match di sabato pomeriggio , l’Inter non va oltre il 2-2 a Marassi contro il Genoa di Gilardino, mentre la Fiorentina pareggia al Tardini contro il Parma (1-1). A Genova va in scena una partita molto accesa, giocata a viso aperto da entrambe le squadre. Il precampionato dell’Inter aveva palesato una squadra alla ricerca della miglior condizione per cominciare la propria difesa della seconda stella e la corsa al ventunesimo scudetto. Affrontare il Genoa in casa è sempre un’incognita, che si tratti del primo turno oppure no, e la squadra di Gilardino si è confermata un osso duro, nonostante le cessioni di Retegui e Gudmundsson. Il lavoro spalle alla porta di Vitinha e il continuo movimento di Messias tra le linee ha tenuto in costante apprensione la retroguardia nerazzurra, che in questi primi novanta minuti ha palesato un insolito squilibrio tra le due fasi. La vera forza del Genoa però è rappresentata dal centrocampo, dove Frendrup e Badelj hanno garantito a tutta la squadra quantità e qualità, che hanno messo in difficoltà l’Inter nel corso della gara. La gara dei campioni d’Italia vive di fiammate, con un Lautaro Martinez ancora lontano dalla migliore condizione e un centrocampo ancora poco pungente, lontano dal tridente che dettava legge e ritmi in mezzo al campo. Chi è apparso subito in condizione è Marcus Thuram, leader tecnico e autore dei due gol nerazzurri durante la gara. I due gol, uno di testa e uno con lo scavetto, hanno quasi regalato i tre punti alla squadra di Inzaghi. Una partenza a rilento per i campioni d’Italia, ma quest’anno giocare a Marassi sarà difficile per tutti.
Parma-Fiorentina
A Parma la nuova Fiorentina di Palladino scopre quanto può essere cinica e pungente la squadra di Pecchia. Per gran parte del primo tempo, il possesso palla è stato in mano ai viola, con le idee di verticalità e dominio del gioco (veri e propri dogmi del tecnico campano) che iniziano a farsi vedere con le sgroppate di Dodò e Biraghi sulla fascia, e dal gioco tra le linee di Colpani. L’innovazione apportata in difesa ha mostrato le fragilità dei viola, con il Parma che è riuscito a pungere grazie a un recupero alto di Bonny e l’assist per Dennis Man, che inizia fin da subito a mostrare tutta la sua classe e qualità. Nel secondo tempo la Fiorentina alza il ritmo, con un Moise Kean troppo avulso dal gioco e spesso pescato in fuorigioco, e Palladino riesce a mettere ai ferri corti i ducali grazie agli innesti dalla panchina. La scelta di arretrare Dodò e Biraghi nei tre dietro permette ai viola di essere performanti in avanti. Il pareggio di Biraghi rimette in equilibrio la gara, e consegna a Palladino il primo punto della sua nuova esperienza viola.
Milan-Torino
Nei due posticipi del sabato sera arrivano altri due pareggi, completamente opposti per spettacolarità e intensità. A San Siro esordisce il nuovo Milan di Paulo Fonseca, e il Torino di Paolo Vanoli. Per gran parte del primo tempo, il Toro presenta fin da subito le idee verticali e audaci del tecnico ex-Venezia, culminate alla mezz’ora dall’azione che porta Thiaw all’autogol. L’esordio di Saul Coco, roccioso e granitico al centro della difesa, ha permesso ai due braccetti di spingersi oltre la metà campo per creare superiorità in avanti. Il gioco intenso e dinamico di Ricci e Ilic ha messo a soqquadro il centrocampo rossonero, più dediti a inseguire i due giocatori granata piuttosto che prendere l’iniziativa. La forza del Milan nella prima frazione è rappresentata dalle sgroppate di Leao, servito spesso in profondità dai compagni, ma sotto porta il portoghese è stato impreciso e poco lucido, come l’occasione avuta subito dopo il vantaggio granata. Nel secondo tempo la squadra di Vanoli raddoppia con Duvan Zapata, pivot centrale e figura di riferimento dell’attacco. La rincorsa rossonera comincia con l’ingresso in campo di Theo Hernandez, Reijnders e Morata, lasciati fuori dalla formazione titolare. L’ingresso dello spagnolo permette ai rossoneri di avere una figura “viva” e vogliosa al centro dell’attacco, con Jovic che era stato pressoché inerme, ingabbiato dalla marcatura di Coco e dal continuo ripiegamento dei giocatori granata. Dopo nemmeno cinque minuti lo spagnolo realizza il gol del 2-1, ma è annullato per off-side, poi si guadagna un rigore che gli viene -giustamente- revocato e infine riesce a beffare Milinkovic, sporcando la conclusione di Reijnders. Nel finale Okafor si dimostra un fattore e una risorsa preziosa per questa squadra, e la sua volée permette a Fonseca di non steccare l’esordio alla Scala del calcio. Ottimo esordio per il Torino di Vanoli, le idee e i principi sembrano già ben rodati, ma una rosa molto corta nelle seconde linee può essere un problema nel corso della stagione.
Empoli-Monza
Al Castellani Empoli e Monza non vanno oltre lo 0-0, con buoni spunti da parte della squadra di D’Aversa, ma ancora troppo imprecisa per punire e riuscire a essere cinica. In un momento fondamentale della stagione il cinismo degli attaccanti sarà necessario, con i toscani che sono chiamati a disputare un gran campionato per mantenere la categoria. Dopo la sconfitta nel trofeo Berlusconi, il Monza continua a crescere di condizione e le idee di Nesta cominciano a vedersi anche in campo. Le cessioni di Colpani e Di Gregorio hanno indebolito qualitativamente la rosa, ma l’ex difensore campione del mondo sembra aver la situazione in mano. Ottimo esordio in Serie A per il portiere classe 2001 Pizzignacco, all’esordio in massima serie dopo una grande stagione alla Feralpisalò. È solo l’inizio ma questi scontri diretti possono essere già decisivi per la stagione di Empoli e Monza, chiamate a conquistare il prima possibile i punti per la salvezza.
Hellas Verona-Napoli
Nella prima domenica di A, il pomeriggio è marchiato dalla clamorosa vittoria dell’Hellas Verona sul nuovo Napoli di Antonio Conte. Il nuovo Verona di Zanetti approccia la Serie A nel migliore dei modi, con una prestazione sontuosa degli scaligeri. Nel corso della gara i partenopei non sono riusciti a dominare agonisticamente la gara, manifestando un evidente difficoltà nella gestione del pallone e dei momenti emotivi della gara. I problemi legati alla vicenda Osimhen non permettono al Napoli di essere prestante in zona offensiva, con Kvara che ha dovuto abbandonare il campo per giramenti di testa. La coppia Raspadori-Politano continua a non offrire segnali incoraggianti, e paradossalmente gli azzurri crollano nel secondo tempo per mano dei due (dei tre) nuovi attaccanti della formazione scaligera: Rocha Livramento, dopo l’ottima prestazione in Coppa Italia, si conferma un jolly per l’attacco gialloblù, mentre l’ingresso di Mosquera fornisce centimetri e fisicità al reparto offensivo. Il vantaggio è una combinazione Lazovic-Livramento, con il capitano che disegna un cross d’esterno per il taglio sul primo palo del capoverdiano. Nella seconda parte della ripresa entra in azione “el Puma”, rapace d’area di rigore. Prima realizza il 2-0 grazie al filtrante di Duda, e nel recupero cala la doppietta correggendo un tiro di Lazovic. Tre punti e una prova di forza importante per la squadra di Zanetti, che comincia la sua lotta alla salvezza con tre gol e un’iniezione di fiducia notevole in vista del prossimo turno, dove arriverà al Bentegodi la nuova Juventus di Thiago Motta. Un altro capolavoro, anche se siamo all’inizio, del direttore sportivo Sean Sogliano. Per il Napoli si continuano a palesare tutti i problemi dell’ultima stagione, con Antonio Conte che continua a lanciare segnali di oggettiva -e comprensibile- insoddisfazione legati al mercato e alla gestione dei giocatori fuori rosa come Gaetano e Folorunsho.
Bologna-Udinese
Al Dall’Ara il nuovo Bologna di Vincenzo Italiano esordisce con un pareggio contro l’Udinese. Dopo i numerosi cambiamenti e stravolgimenti rispetto alla storica stagione 23/24, i felsinei cominciano il nuovo campionato con una grande prestazione, sotto l’aspetto tattico e dell’intensità, ma il risultato finale consegna soltanto un punto a Italiano e i suoi. Per grandi tratti di partita, il completo dominio del pallone è del Bologna, con l’Udinese rintanata nella propria metà campo e pronta a ripartire. Le occasioni per i rossoblù arrivano principalmente dall’out di destra, dove Orsolini continua a dimostrarsi in forma smagliante (dopo l’ultima grande stagione conclusa con 10 gol e 2 assist), ma l’occasione più nitida del primo tempo arriva dalla parte opposta, con Ndoye che viene servito in profondità verso la porta, ma lo svizzero continua a dimostrarsi poco freddo sotto porta e la palla termina a lato della porta di Okoye. L’importanza di Moro e Freuler permettono al Bologna di rimanere sempre in ritmo e in pressione alta sull’Udinese, alla ricerca di supporto dal trio offensivo Thauvin-Brenner-Lucca. Nella ripresa il Bologna trova il vantaggio grazie al rigore procurato da Erlic (fallo di Payero) e realizzato da Orsolini. La risposta dei bianconeri arriva pochi minuti dopo, con Payero che si procura un calcio di rigore dopo aver anticipato Skorupski in uscita. Dal dischetto Thauvin non replica quanto fatto in Coppa contro l’Avellino e si fa ipnotizzare dal polacco. Sul calcio d’angolo seguente Giannetti svetta più in alto di tutti e realizza il definitivo 1-1. Una buona prestazione per la squadra di Italiano, che punta a mantenere alto il ritmo e il livello in vista del big match di Napoli della prossima giornata, e dell’esordio in Champions del prossimo mese.
Nei due match delle 20.45 entrano in scena le due romane, la Lazio vince in rimonta all’Olimpico contro il Venezia, mentre la Roma non va oltre lo 0-0 in Sardegna contro il Cagliari.
Lazio-Venezia
Il match dell’Olimpico comincia con un ritmo forsennato fin dalle prime battute, grazie all’aggressività iniziale dei lagunari. L’idea propositiva e audace di Eusebio Di Francesco permette al Venezia, nonostante le numerose assenze dei giocatori cardine della scorsa stagione (Pojhanpalo e Busio sono ai box per infortunio, Tessmann è al centro di vicende di mercato e fuori dal progetto tecnico), di passare in vantaggio grazie al recupero alto di Ellertson che serve Anderson che disegna un arcobaleno che si insacca all’incrocio dei pali. La reazione dei biancocelesti è furente: al decimo Castellanos soffia palla a Svoboda e batte Joronen. Baroni decide di schierare “El Taty” dal primo minuto per avere una figura di spessore e rilievo in avanti, con Noslin e Zaccagni a ruotare attorno a lui, oltre al dinamismo dell’esordiente Dele-Bashiru. La ‘garra’ di Castellanos mantiene tutto l’attacco biancoceleste in palla per tutto il primo tempo, e il Venezia con il passare dei minuti perde sempre più terreno. Prima dell’intervallo Castellanos si procura un calcio di rigore e dal dischetto il neo capitano Zaccagni completa la rimonta. Nel secondo tempo i padroni di casa si limitano a gestire il risultato e cercare, senza forzare la mano, e riescono a chiudere la partita con la giocata di Lazzari che cerca in mezzo Castellanos, anticipato da Altare che si butta il pallone in porta. Comincia con il piede giusto l’avventura di Baroni, con una partita molto sorniona e allo stesso tempo pulita e lucida. Tanta curiosità per tutti i nuovi acquisti, da Tchaouna a Dele-Bashiru (uno dei migliori in campo) fino al nuovo arrivo Boulaye Dia. Il materiale affidato a Baroni è molto vario e numeroso, e il tecnico saprà sicuramente adattare tutti i nuovi acquisti alle sue idee e al suo calcio.
Cagliari-Roma
In Sardegna il nuovo Cagliari di Nicola pareggia 0-0 contro la Roma. La prima ‘prima giornata’ di De Rossi comincia con tante incognite, legate soprattutto a Paulo Dybala (schierato inizialmente in panchina). Le parole del tecnico durante il precampionato hanno lasciato tanti dubbi e una spiacevole aria di addio, nonostante il malcontento generale dei tifosi vista la centralità e l’importanza della Joya nel gioco dei giallorossi. All’Unipol Domus la partita non brilla per spettacolarità, con l’entusiasmo dei tifosi sardi che spinge la squadra, ma la pericolosità dei giallorossi costringe Nicola a non sbilanciarsi troppo per evitare sanguinose ripartenze. La Roma invece, orfana di Dybala per tutta la prima frazione, cerca rifugio nelle giocate di Soulé, ma la posizione dell’argentino è spesso lontana dalla porta e avulsa dal gioco, e la scelta di giocare la palla diretta su Dovbyk non porta grandi risultati poiché il nuovo bomber ucraino è costantemente inglobato dalla marcatura di reparto dei tre centrali rossoblù. Nella ripresa De Rossi inserisce Dybala, e la Roma comincia a cambiare ritmo. L’occasione più grande della gara dei giallorossi arriva proprio dai piedi di Dybala, che dall’out di destra disegna un cross morbido sul secondo palo per la testa di Dovbyk, che non riesce a battere Scuffet e colpisce la traversa. La reazione dei sardi arriva con Razvan Marin, che arriva al limite dell’area e sgancia un missile diretto sotto la traversa, ma l’intervento di Svilar devia la palla e la fa carambolare sul legno, chiudendo la porta e una partita che lascia l’amaro in bocca ai giallorossi, ancora in fase di rodaggio e di visibile confusione emotivo-tattica. Il futuro di Dybala si deciderà nei prossimi giorni e la stagione della Roma prescinde, e prescinderà, dalla sua scelta.
Lecce-Atalanta
Dopo un’estate turbolenta, con situazioni di mercato da risolvere al più presto, la Dea arriva a Lecce con la squadra ridotta a soli quindici nomi (con l’aggiunta di ragazzi del settore giovanile). Gasperini decide di schierare fin da subito Retegui, vista l’assenza di Lookman (contattato dal PSG) e del lungodegente Scamacca, e l’esordiente Brescianini, arrivato mercoledì dopo un blitz degli orobici che lo hanno soffiato al Napoli prima delle visite mediche. La spinta incessante del Via del Mare, il nuovo Lecce di Gotti che ha tanto ben figurato nelle amichevoli, sembravano ostacoli insormontabili per l’Atalanta visto il caos che regna attorno a Bergamo in questi giorni, ma la banda del Gasp è ormai una squadra consolidata, con principi di gioco ben radicati e consolidati. La gara nella prima frazione è molto spigolosa, entrambe le squadre, andando controcorrente con quanto si è visto in questi primi match, cercano di non disunirsi e rimanere compatti e in ritmo. Il vantaggio bergamasco arriva tutto dal mercato, con Retegui che impegna Falcone e Brescianini che in ribattuta inizia la sua esperienza nerazzurra come meglio non si poteva. Il vantaggio è una doccia gelata per i salentini, che prima dell’intervallo subiscono anche il raddoppio, con lo stacco poderoso di Retegui sul cross di Ruggeri. Nel secondo tempo l’Atalanta non si ferma, e continua a spingere a un ritmo forsennato, mettendo in costante difficoltà la retroguardia giallorossa, come in occasione dell’occasione di Ederson, dove Retegui anticipa Coulibaly e si procura il calcio di rigore che chiude virtualmente la gara. La squadra di Gasperini però continua a martellare e dopo nemmeno dieci minuti cala il poker con l’inserimento verticale di Brescianini che apre il destro e fa doppietta. Una prova di forza gigantesca della banda del Gasp, che mette a tacere tutte le vicende di mercato e i problemi della rosa con una prestazione sontuosa. L’esperienza atalantina di Gasperini a Bergamo ha deciso di arricchirsi di un nuovo capitolo dopo la leggendaria notte di Dublino, e il tecnico italiano continua a scrivere la storia di questa società e stupire tutto il calcio italiano e non solo. Allenatore gigantesco!
Juventus-Como
Allo Stadium si preannunciava una serata di grande spettacolo. Il nuovo Como di Fabregas che torna in Serie A dopo 21 anni e la nuova Juve di Thiago Motta, alla ricerca di certezze e sicurezze che il mercato ancora non sta portando. Così come fatto a Bologna e La Spezia, il tecnico italobrasiliano si presenta con le sue idee di calcio propositivo e verticale, ma anche con una certa sicurezza e autorevolezza in panchina, certificato dalle scelte di tenere fuori Danilo e Douglas Luiz per far debuttare il giovane Mbangula, classe 2004 proveniente dalla Next Gen, e Cabal. La partita dello Stadium è pressoché a senso unico, con i bianconeri che prendono in mano il pallino del gioco e cominciano a cercare spazi e situazioni in cui colpire. La posizione di Yildiz, nuovo numero 10, funge da collante tra centrocampo e attacco, e il continuo movimento di Cambiaso insieme ai centrocampisti permette alla Juve di avere sempre una parte del campo semilibera in cui colpire. Il gol del vantaggio è un mix di tutto quello che si era intravisto nei primi minuti: recupero palla e cambio di gioco rapido per liberare Mbangula, che si accentra e calcia sul palo lontano, dove Reina non può arrivare. Il Como non riesce ad alzare il ritmo e rimane in balia dei bianconeri per tutto il primo tempo, dove i bianconeri trovano anche il raddoppio con la giocata di Yildiz, il velo di Vlahovic, e il mancino di Weah che spacca la traversa (con l’arbitro che assegna il gol dopo consulto della goal-line-technology). Nel secondo tempo il Como si spegne completamente nel momento in cui Fabregas è costretto a utilizzare due slot in meno di cinque minuti a causa dell’ingresso, e conseguente infortunio, di Abilgaard. La Juve continua a gestire il gioco e giostrare il movimento del pallone da una parte all’altra del campo e nel finale, quando il Como alza bandiera bianca, colpisce con un tiro a giro meraviglioso di Cambiaso. Un esordio da sogno per Thiago Motta, chiamato a dare delle risposte concrete dopo un precampionato fatto di tanti spunti ma risultati insoddisfacenti. Le scelte del tecnico italo-brasiliano continuano a portare risultati concreti, dopo le esperienze di Bologna e Spezia, e adesso la gara di lunedi prossimo contro l’Hellas promette già spettacolo per quanto visto finora. Comincia male il Como, dopo l’uscita dalla Coppa Italia, Fabregas è già chiamato ad alzare l’asticella per evitare di rimanere risucchiato fin da subito nella lotta per la salvezza, dove già a settembre si comincia a lottare con le unghia e con i denti. La formazione lariana sembra poco incline al gioco sporco, mentre la ricerca di un possesso palla pulito e lucido può essere un problema in occasione di scontri diretti per la salvezza, dove il pragmatismo e la ‘garra’ sono fattori predominanti, e contro le big che cercheranno sempre di avere il dominio del gioco.
LA TOP11 DELLA 1ª GIORNATA

Grafica: Julya Marsala
Calcio
Una ripresa orgogliosa non maschera una figuraccia iniziale. L’Italia è fuori dalla Nations League

Termina ai quarti di finale la Nations League dell’Italia. Dopo la sconfitta nel match d’andata, gli Azzurri cadono anche in Germania al termina di una gara dal doppio volto. La doppietta di Moise Kean e il rigore di Raspadori non bastano a rimontare il risultato dell’andata.
Quattro cambi, annunciati già in precedenza, rispetto alla gara di San Siro: fuori Politano, Rovella, Raspadori e l’infortunato Calafiori per Gatti, Ricci, Daniel Maldini e Buongiorno. Spalletti cerca maggior fisicità e centimetri dopo le due reti subite da Goretzka e Kleindienst. Dall’altra parte Nagelsmann si schiera a specchio, difesa a tre anche per la Mannschaft ma stessi principi e movimenti dell’andata.
I tedeschi cercano subito di mettere in chiaro le cose, e dopo meno di venti secondi si affacciano subito dalle parti di Donnarumma. La giocata è quella già vista e rivista durante l’europeo e nelle ultime gare: pressing altissimo, linea oltre la metà campo e sviluppo centrale finalizzato dagli esterni. Mittlestadt, schierato al posto di Raum sulla sinistra, attacca molto bene la fascia e arriva alla conclusione al volo, pallone in curva ma è subito un ruggito che sembra impaurire la nazionale di Luciano Spalletti. L’idea dell’Italia è un fraseggio rapido e codificato che isoli Maldini e Kean, ingabbiati subito dalla difesa tedesca. La pressione della squadra di Nagelsmann è feroce, un continuo attacco a qualsiasi portatore di palla azzurro e un blocco alto e compatto che non permette alcuno sviluppo dalla metà campo in su. Al 28′ la Germania riparte in contropiede, approfittando della prima pressione alta dell’Italia: Kimmich muove rapidamente verso Stiller (tagliata subito una linea di quattro giocatori a ridosso dell’area tedesca), filtrante per Goretzka, inseritosi alle spalle di Ricci e Barella, e scatto bruciante di Kleindienst su Buongiorno. Il filtrante del centrocampista del Bayern è perfetto e Buongiorno ingenuamente si fa sorprendere alle spalle, ed è costretto a stendere Kleindienst, per Marciniak non ci sono dubbi e il fischietto polacco indica gli undici metri. Kimmich si prende il pallone tra le mani e al cospetto di Donnarumma si mostra terribilmente cinico e freddo, destro forte e piazzato sul palo lontano alle spalle di Gigio. Il vantaggio tedesco, ampiamente meritato, non fa altro che implementare la confusione e il disordine degli Azzurri. I tedeschi giocano sul velluto, nella gestione del ritmo e dell’intensità del fraseggio. Il cinismo e il pragmatismo della squadra di Nagelsmann sono ingestibili per un’Italia che definire spaesata è riduttivo. Al 37′ Donnarumma è miracoloso su un colpo di testa in avvitamento di Kleindienst e spedisce la sfera in corner. Il capitano azzurro si dirige verso l’arbitro, tutta la difesa volta le spalle alla bandierina, e i tedeschi ne approfittano: calcio d’angolo rapido di Kimmich verso il centro, Musiala è da solo e non deve fare altro che spingere in porta il pallone del 2-0, imbarazzante e alquanto clamorosa la disattenzione collettiva della difesa dell’Italia. Il Westfalenstadion -o Signal Iduna Park che dir si voglia, teatro di ben più memorabili imprese azzurre, diventa il palcoscenico per un vero e proprio disastro. Allo scoccare del minuto 45 la Mannschaft sferra il terzo schiaffo: ennesimo errore in fase di impostazione degli Azzurri, favorito dall’ennesima pressione feroce della Germania, tre passaggi che indirizzano la sfera verso Kimmich, cross morbido del tuttocampista del Bayern verso il centro dell’area, Kleindienst è un gigante in mezzo ai difensori azzurri e colpisce di testa, Donnarumma compie una parata sensazionale ma l’intervento dell’estremo difensore è dentro la linea di porta. Tre a zero all’intervallo, un dominio incontrastato e una terribile figuraccia per gli Azzurri.
Spalletti cambia subito al rientro dagli spogliatoi: fuori Gatti e Maldini, dentro Politano (Di Lorenzo arretrato nei tre di difesa) e Frattesi (Barella avanzato alle spalle di Kean). La prima immagine della ripresa è un fraseggio ancora molto confusionario e inconcludente, ma meno passivo al cospetto del solito pressing feroce dei tedeschi. Nel primo vero errore della gara della Mannschaft l’Italia prova a regalarsi un secondo tempo orgoglioso: il minuto è il 48′, Sané e Kimmich sbagliano il fraseggio, palla che arriva tra i piedi di Kean, per la prima volta libero dalla pressione asfissiante di Tah e Rudiger, che non ci pensa su due volte e calcia subito, rasoiata forte e precisa e Baumann battuto. Il ritmo è decisamente più basso, ci sono più spazi dove cercare di imbastire un possesso lucido e ragionato, tutte condizioni su cui l’Italia non ha potuto fare altro che soccombere all’avanzata tedesca nel primo tempo. In una fase poco concitata della gara, la Germania adopera tre sostituzioni, per mantenere alto il livello e la concentrazione: non cambiano i compiti, ma soltanto gli interpreti e pertanto fuori Goretzka, Sané e Stiller e dentro Amiri, Adeyemi e Gross. Spalletti risponde con Raspadori al posto di Tonali, lo spettro del giocatore che a San Siro aveva mandato in tilt il centrocampo della Mannschaft. L’eccezione che conferma la regola: quando lasci spazio e libertà tra le linee l’Italia riesce a colpisce. Minuto 70, Raspadori riceve il filtrante di Ricci, si predispone per calciare ma appoggia per Kean, l’attaccante della Fiorentina mantiene Rudiger a distanza e apre il piatto verso l’incrocio. L’inerzia della gara si ribalta completamente, sembra esser scesa un’altra squadra in campo. Al 75′ gli Azzurri conquistano un calcio di rigore, poi revocato tra mille polemiche da Marciniak. Il contatto tra Schlotterback e Di Lorenzo sembrava simile, in dinamica, al penalty realizzato da Kimmich, e il calcio di rigore poteva regalare un finale ben diverso a una gara che non smette di regalare spettacolo. Nagelsmann sceglie la via della prudenza, rinunciando a Musiala (anche oggi incontenibile) e Rudiger per Andrich e Bisseck (esordio assoluto con la nazionale maggiore). La Mannschaft ha l’occasione per chiudere definitivamente i conti, con una punizione potente e rasoterra di Kimmich, ma ancora una volta Donnaruma risponde bene e ci tiene a galla. Spalletti chiude i cambi con Zaccagni e Lucca, fuori Ricci e Moise Kean, il volto principale dell’Italia nel secondo tempo al di fuori dei due gol. Nel finale gli Azzurri cercano il gol del pareggio, inutile ai fini del risultato finale ma meritato per quanto mostrato nella ripresa. L’episodio arriva al minuto 93, quando Mittlestadt interviene con il pugno in un corner di Zaccagni e il VAR chiama Marciniak che assegna subito il penalty. Raspadori spiazza Baumann, pareggia la gara e regala un brivido collettivo a tutto il Westfalenstadion. Negli ultimi assalti non succede nient’altro
Si chiude con tanti punti interrogativi l’avventura dell’Italia in Nations League. Nella doppia sfida gli Azzurri hanno continuato a mostrare gli stessi limiti delle precedenti gare, evidenziate ulteriormente dai primi 45′ in cui la Germania è stata nettamente superiore in tutti gli aspetti. L’ennesimo gol subito da palla inattiva, condito da una disattenzione ai limiti dell’osceno, e la continua inferiorità numerica in mezzo al campo sono i capisaldi su cui dovrà lavorare Luciano Spalletti nei prossimi appuntamenti. La Germania si conquista un posto tra le migliori quattro, e adesso attende il Portogallo in semifinale per continuare la propria cavalcata in Nations League.
Si delinea il quadro delle qualificazioni per il Mondiale del 2026. Con l’uscita anticipata contro la Mannschaft, il girone degli azzurri si compone insieme a Norvegia, Moldavia, Estonia e Israele. Il viaggio dell’Italia deve ripartire subito per conquistare un posto in quel mondiale che adesso manca da tanto -troppo- tempo.
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Italia sconfitta a San Siro, la Germania si aggiudica il primo atto rimontando nel secondo tempo

L’andata dei quarti di Nations League sorride alla Germania, che trova la vittoria in rimonta grazie ai colpi di testa vincenti di Kleindienst e Goretzka.
Un San Siro stracolmo e carico ospita il ritorno della nazionale italiana guidata da Spalletti. L’undici iniziale rivede Di Lorenzo utilizzato da braccetto, mentre invece a centrocampo Rovella si piazza al centro tra Barella e Tonali. Sulle fasce spazio ad Udogie e Politano, con Raspadori che fa da supporto a Moise Kean da unica punta. Si nota subito l’importante strategia offensiva messa in atto dei tedeschi, una manovra avvolgente con diversi giocatori che attaccano l’area di rigore azzurra. Nonostante il possesso palla prevalentemente avversario, l’Italia passa avanti dopo nove minuti: Bastoni sventaglia nella zona di Barella che con un filtrante illuminante favorisce l’inserimento di Politano. L’esterno azzurro sfugge a Raum e libera verso il centro dell’area, il pallone deviato dalla difesa raggiunge Tonali che calcia in rete aprendo le danze nella sua ex casa. Anche dopo il vantaggio dei ragazzi di Spalletti, il piano offensivo tedesco non cambia. La squadra di Nagelsmann cerca sempre il traversone per sfruttare la mole fisica dei giocatori teutonici tuttavia, è l’Italia ad avere le occasioni più nitide. Sui risvolti di un calcio di punizione, Barella con l’esterno appoggia indietro per la stoccata dalla distanza di Tonali che impegna Baumann. Alla mezz’ora, Politano di prima intenzione pesca Moise Kean, l’attaccante in forza alla Fiorentina sfugge a Rudiger e Tah e con una sassata da posizione ravvicinata costringe nuovamente al miracolo Baumann. Nella seconda metà del primo tempo si assiste ad una fase di gara molto spezzettata, a causa dei numerosi interventi irregolari da parte dei tedeschi. Al termine della prima metà di gara, risalta la completezza del centrocampo azzurro che è riuscito a combinare qualità e quantità nell’avviare rapidamente le ripartenze che hanno fatto tremare la retroguardia teutonica non rinunciando ad una compattezza in fase di copertura. Alla ripresa Nagelsmann si rende conto della necessità di cambiare qualcosa e decide di inserire Schlotterbeck e Kleindienst. La differenza dei cambi si nota subito e la Germania pareggia i conti dopo appena quattro minuti di gioco: Kimmich alza la testa e dalla trequarti crossa al centro dell’area dove Kleindienst -tutto solo- imbuca Donnarumma con un colpo di testa. Col risultato tornato in parità il livello agonistico sale ulteriormente e l’arbitro è costretto a mettere mano ai cartellini per la prima volta, ammonendo Rovella e Amiri. Superata l’ora di gioco anche Spalletti mette mano alla panchina inserendo Bellanova e Ricci per Politano e Rovella. Nel corso del secondo tempo l’Italia rimpiange due grandi occasioni, nate entrambe dal genio di Sandro Tonali, vero uomo in più per gli azzurri quest’oggi. Prima Moise Kean di controbalzo non riesce ad inquadrare la porta mandando la sfera di poco sopra la traversa. In successione il centrocampista del Newcastle serve Raspadori con un tocco d’esterno, la conclusione però viene sventata dall’uscita di Baumann. Al 70′ l’allenatore azzurro da spazio anche a Maldini per Raspadori. Ma il secondo tempo sorride alla Germania che, a quindici minuti dalla fine completa la rimonta da calcio d’angolo: il corner di Kimmich sul primo palo trova Goretzka che spizza quanto basta per concludere a rete nel palo opposto. I tedeschi si dimostrano ancora una volta letali nel gioco aereo, confermando la fragilità azzurra del difendere negli scenari di palla inattiva. A cinque minuti dalla fine Spalletti termina i cambi inserendo Frattesi e Lucca per Barella e Kean senza però riuscire a cambiare la rotta. Sul finale Calafiori è costretto ad uscire per infortunio lasciando i suoi compagni con l’uomo in meno. Il triplice fischio mette in salita la partita di ritorno che verrà disputata al Westfalenstadion di Dortmund questa domenica.
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Il Supercommento della 29ª giornata di Serie A

Con la pausa delle nazionali in avvicinamento, ecco il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della ventinovesima giornata di Serie A.
Genoa-Lecce (A cura di Tommaso Patti)
La prima doppietta di Miretti in A regala tre punti al Genoa
Il primo match point salvezza di quest’ultima parte di stagione parte da Marassi, con il Genoa che gioca un grandissimo calcio sin dai primi minuti, dimostrando la solita tenacia nell’affrontare con la giusta testa gli scontri diretti decisivi. Dopo il bruttissimo infortunio subito a settembre, Vieira schiera per la prima volta dal primo minuto Malinovskyi, subito decisivo con un assist per Miretti che, al quarto d’ora, riesce a cogliere il filtrante del centrocampista ucraino e siglare la sua seconda rete in campionato con una conclusione precisa che termina alle spalla dalla porta difesa da Falcone. È proprio l’ex centrocampista della Juve a rendersi pericoloso al 26′ con una conclusione velenosa che termina di poco sul fondo. La reazione del Lecce arriva ma fa poco male: sugli sviluppi di un calcio di punizione dalla metà campo battuto da Berisha, la sfera viene allontanata dalla difesa genoana, regalando però un’opportunità a Tete Morente di concludere da fuori area, tiro che però viene sprecato dall’esterno giallorosso. Pochi secondi prima della fine del primo tempo, sempre da un’azione nata dai piedi di un ispiratissimo Malinovskyi, il Genoa raddoppia grazie alla prima doppietta in Serie A di Miretti, che si imbuca perfettamente in area di rigore, supera Guilbert e buca Falcone con un tiro che termina all’angolino. Nella ripresa, un Genoa forte di due gol di vantaggio, si permette il lusso di lasciare il pallino del gioco in mano ai salentini, che nei primi minuti di frazione non riescono a far male alla difesa di casa. Al 65′, a causa di due possibili tocchi di mano da parte di due giocatori del Genoa, il direttore di gara viene richiamato al VAR per decidere l’esito del contatto, giudicato subito irregolare dopo un breve check. L’intervento di mano del neo entrato Maturro, manda dal dischetto Krstovic che, spiazza Leali, e riapre la sfida. Gli ultimi minuti vedono ovviamente il Lecce prendere d’assalto l’area di rigore avversaria, anche se l’unica occasione pericolosa degli uomini di Giampaolo arriva all’83’ con Karlsson, che calcia di potenza da lunga distanza ma si vede negare la gioia del gol a causa di una grande parata di Leali. La vittoria per 2-1 sul Lecce permette al Genoa allungare sul Como e su tutta la zona retrocessione, garantendosi un buon vantaggio sulle avversarie nelle ultime nove giornate di Serie A. La sconfitta di Marassi non porta buone notizie alla formazione salentina. Con un solo punto nelle ultime cinque giornate, il Lecce è costretto a invertire la marcia se vuole mantenere la categoria anche nella prossima stagione.
Monza-Parma (A cura di Marco Rizzuto)
Bonny inventa la rete del pareggio. All’U-Power Stadium termina 1-1
All’U-Power Stadium non ci sono vincitori. Sin dai primi minuti i brianzoli dimostrano un atteggiamento propositivo sfruttando le falcate sulla fascia di Kyriakopoulos. La prima mezz’ora vede un dominio biancorosso senza però particolari occasioni pericolose. Nella seconda metà della prima frazione Keita impegna per la prima volta Turati: nei risvolti di un calcio di punizione, la sfera allontanata dalla difesa padrona di casa raggiunge il belga che calcia di potenza verso la porta con Turati che blocca. L’ultima occasione del primo tempo è a favore dei crociati, Man perfora l’area di rigore lateralmente per poi servire Almqvist che tenta la conclusione a giro col mancino che termina sul fondo di pochi centimetri. Dopo pochi minuti dalla ripresa Turati si rende protagonista di una super parata su Pellegrino deviando in angolo la sfera destinata in rete. All’ora di gioco il Monza sblocca il risultato che sembrava destinato allo 0-0: da calcio d’angolo il cross di Castrovilli carambola su D’Ambrosio, favorendo la conclusione a botta sicura di Izzo che torna al gol in Serie A dopo due anni. Al tramonto del match Bonny la pareggia da solo con un eurogol pazzesco: il francese parte in velocità dalla metà campo superando Pereira, arriva al limite dell’area, sterza sul destro e pennella sul secondo palo bucando sotto al sette Turati. La rete del numero tredici mette fine alla gara che termina 1-1. Risultato che non smuove i bassifondi della classifica, il Monza resta in ultima posizione a cinque punti dal Venezia penultimo. Anche il Parma non esce dalle acque pericolose dei bassifondi, rimanendo alla diciassettesima posizione a +3 dall’Empoli.
Udinese-Hellas Verona
Il diamante di Duda vale tre punti all’Hellas. Scaligeri corsari in terra friulana
Assenze pesanti da una parte e dall’altra. Zanetti presenta il tandem Mosquera-Sarr senza poter contare su Casper Tengstedt, fuori per un problema muscolare (il danese era tornato in campo nello scorso turno). Tra le fila friulane l’assenza più rumorosa è quella di Florian Thauvin, in tribuna a causa di un problema alla pianta del piede. Nel ricordo di un friulano doc come Bruno Pizzul, la gara comincia con l’Udinese che cerca subito di imporsi nella metà campo scaligera. Il Verona, disegnata da Zanetti con un solido 3-4-1-2 con Suslov dietro le punte, sceglie la via dell’equilibrio, rafforza la linea centrale e prova a ripartire con la massima velocità sfruttando la cilindrata di due motori come Tchatchoua e Bradaric. Nella prima fase di gara, ma anche per tutto il corso del match, il gioco è particolarmente spezzettato. Le due squadre sono molto compatte e schierate, e ogni giocata che rompe l’equilibrio della linea viene stroncata sul nascere. Rispetto alle ultime gare la manovra dell’Udinese è meno fluida, l’assenza di Thuavin (rimpiazzato da Sanchez) sembra togliere alla squadra di Runjaic quel collante che metta in collegamento diretto il centravanti (Lucca ndr.) con il centrocampo, e la ricerca della profondità verso Lucca è ostruita dall’ottimo lavoro della difesa, e della mediana, del Verona. Poche le occasioni nella prima frazione, la maggior parte a tinte bianconere: prima una conclusione di Payero, poi un destro potente ma centrale di Solet, su cui Montipò deve solo mettere le mani. Il ritmo non è alto, anche se i toni agonistici con cui le due squadre si affrontano dimostrano ben altro. Alla mezz’ora Kristensen viene ammonito per un fallo su Suslov, e il danese rischia l’espulsione a ridosso dell’intervallo, quando interviene in ritardo e fa riversare tutta la panchina scaligera a ridosso della linea di campo. Runjaic decide di muovere subito la panchina, evitando rischi: fuori Kristensen e Sanchez, dentro Ekkelenkamp ed Ehizibue. L’ingresso dell’olandese infoltisce il centrocampo ma isola ancora di più Lucca nella morsa dei difensori del Verona. L’esperimento dura meno di un quarto d’ora, perché nel frattempo la squadra di Zanetti trova la contromisura e non permette ai friulani di rendersi pericolosi dalle parti di Montipò. Iker Bravo rileva Payero, passaggio al doppio attaccante che però non inverte l’inerzia della gara, piuttosto comincia a pendere dalle parti del Verona. Suslov e Duda cominciano a trovare sempre più spazio in mezzo al campo e tra le linee. Al 70′ Duda riceve in posizione defilata, si porta la palla sul destro e cerca il palo lontano con una conclusione a giro, il Bluenergy tira un sospiro di sollievo quando la sfera termina di poco al lato, ma l’occasione dello slovacco è solo un assaggio, perché al minuto 72 Suslov approfitta di un errore di Solet e conquista un calcio di punizione ai trenta metri. Duda si prende in mano il pallone, osserva il piazzamento della barriera e la supera con una soluzione potente e precisa, palla sotto il sette e Okoye battuto. Nel finale l’Udinese cerca qualsiasi appiglio utile su cui aggrapparsi per riacciuffare il pareggio, Runjaic inserisce Pafundi al posto di Lovric ma il copione non cambia dal minuto 73 fino al triplice fischio. Si interrompe a sei la striscia di risultati utili consecutivi dell’Udinese, mentre il Verona si regala un successo prezioso in chiave salvezza in uno dei campi più ostici del campionato. Una prestazione equilibrata e composta della squadra di Zanetti, che riesce a tornare a Verona con la vittoria grazie alla perla su punizione del proprio metronomo. All’Udinese è mancato terribilmente Thauvin, figura chiave delle ultime grandi prestazioni dei friulani. Sconfitta che non altera la grande stagione della squadra di Runjaic, ben salda al decimo posto della classifica; Verona che invece scavalca il Cagliari e si piazza momentaneamente al quattordicesimo posto.
Milan-Como (A cura di Tommaso Patti)
Anima e cuore. Il Milan ribalta il Como nel secondo tempo
A San Siro l’avvio di partita, si svolge ad altissimi livelli, con il Milan che attacca bene lo spazio e prova a sfruttare la velocità di Theo Hernández per prendere campo e attaccare l’aria avversaria. Dopo pochissimi minuti, è proprio il terzino francese a rendersi pericoloso con un tentativo di pallonetto da distanza siderale, terminato con il blocco della sfera da parte di Butez. Nonostante il clima attorno a San Siro non è dei migliori (a causa dello sciopero della curva sud dovuta agli scarsi risultati ottenuti dalla squadra), lo spettacolo in campo non manca. Al quarto minuto di gioco, dopo il sorprendente scambio tra Theo Hernández e Jimenez, Musah si ritrova a tu per tu contro Butez, ma sbaglia completamente la conclusione verso la porta, nonostante fosse riuscito a superare il portiere avversario con una finta. Dopo il pericolo scampato, anche il Como inizia ad entrare in partita, ciò grazie a due conclusioni di Nico Paz terminate di poco al lato dalla porta di difesa da Maignan. L’approccio coraggioso del Como costringe il Milan a rifugiarsi più volte nella propria metà campo per riuscire a mantenere le avances degli uomini di Fabregas. La prima vera fiammata del Como si trasforma in gol, che arriva dai piedi di Da Cunha dopo una grande giocata di Strefezza e una sponda sublime di Nico Paz, che appoggiare la sfera per la conclusione radente e precisa del centrocampista francese. A due minuti dalla fine della prima frazione, i lariani vanno addirittura vicini alla rete del raddoppio con Kempf, che coglie il lancio di Caqueret ma calcia addosso a Maignan, provvidenziale nell’uscita e nell’intervento. Nella ripresa gli uomini di Fabregas continuano a tenere alto il ritmo del gioco, trovando sempre con Da Cunha la rete del raddoppio, che viene immediatamente messa in “stand-by” e poi successivamente revocata dal VAR per un fuorigioco millimetrico del numero 33 comasco. Dal possibile due a zero a favore del Como, il Milan risponde in maniera perfetta e pareggia la sfida con un grandissimo tiro in diagonale di Pulisicche riceve un grande assist da Reijnders. Da un’azione nata dai piedi di João Félix, proseguita per Abraham che lancia di tacco Reijnders, il Milan trova il gol del raddoppio al minuto 76 grazie alla nona rete in campionato del centrocampista olandese, sempre più protagonista del suo Milan. Nel tentativo di pareggiare la sfida, Fabregas butta in campo Delle Alli, facendogli ritrovare il campo dopo due anni dalla sua ultima presenza. Qualche istante prima del triplice fischio però, proprio l’ex stella del Tottenham si rende protagonista in negativo per un fallo su Loftus Cheeck, intervento inizialmente sanziono con il cartellino giallo dal direttore di gara, e successivamente giudicato come un intervento da rosso dal VAR. Continua a convincere ma senza vincere un Como che staziona in maniera fissa tra il dodicesimo e il quattordicesimo posto. Arrivano tre punti d’oro per risanare il morale per i rossoneri, che trovano l’undicesima vittoria in campionato e si mantengono vivi alla ricerca di un posto in Europa.
Torino-Empoli (A cura di Simone Scafidi)
Vlasic rilancia il Toro, Empoli ancora una volta k.o
Il Toro si impone sin dai primi minuti, con una cavalcata di Vlasic che si conclude con la parata sicura di Silvestri. In risposta, la manovra azzurra arriva alla conclusione con Gyasi, che calcia sul palo di Milinkovic-Savic, che agilmente scampa il pericolo. Al 27′, su situazione di corner, Coco colpisce al volo, spedendo però il pallone sull’esterno della rete. Allo scadere del primo tempo, Silvestri salva l’Empoli, su una conclusione insidiosissima deviata un paio di volte, che per poco non beffava l’estremo difensore azzurro. La prima metà del secondo tempo risulta abbastanza monotona, con una fase di stallo che non vede alcuna delle due squadre affondare il colpo. Al 70′ il Torino la sblocca, con Vlasic che raccoglie la sponda di Elmas e dopo un po’ di bagarre con Marianucci piazza il pallone sul secondo palo, battendo Silvestri, che non arriva all’angolino. Pochi minuti dopo, sempre su punizione di Vlasic e successiva ribattuta di Silvestri, Masina insacca il gol del raddoppio, immediatamente annullato a causa della posizione irregolare del difensore italo-marocchino. Dopo questa azione e poco altro, si conclude un match deciso da un episodio lampo, che consente al Torino di portare a casa i tre punti e che invece condanna l’Empoli ad un buio sempre più scuro.
Venezia-Napoli
Il Napoli non ingrana in laguna. 0-0 al Penzo, DiFra ferma un’altra big
Una mossa a sorpresa da parte di Di Francesco: fuori Oristanio e Gytkjaer, dentro Fila e Maric e passaggio al doppio centravanti. La domenica del Napoli si apre con un’ocassionissima capitata sui piedi di ‘Jack’ Raspadori. Al quarto minuto l’attaccante azzurro riceve palla in zona dischetto, controlla in mischia e calcia a giro con il mancino, palla che colpisce il palo e sibila nella linea di porta. Il Venezia cerca di non farsi schiacciare nella propria metà campo, e si costruisce una doppia occasione, con Kike Perez e Nicolussi Caviglia, entrambe le conclusioni però terminano alte sopra la traversa di Meret. Da quel momento comincia il Radu show: il portiere ex Inter si supera due volte su McTominay, al 19′ e alla mezz’ora. Poi è il Venezia ad andare a centimetri dal vantaggio: Kike Perez spara addosso a Meret a tu per tu, sulla respinta Fila calcia a porta quasi sguarnita, ma c’è Rrahmani a salvare sulla linea. Prima dell’intervallo, ancora Radu protagonista su Lukaku: la palla entra per tre/quarti ma non varca interamente la linea grazie alla prontezza del portiere romeno, protagonista assoluto del primo tempo e delle ultime uscite della squadra di Di Francesco. La ripresa si apre con il Napoli che alza la pressione a caccia del gol. Spinazzola spinge a sinistra, il suo cross diventa un tiro, ma è ancora reattivo Radu a mandare in corner. Al 67′ Politano si mette in proprio e conclude, però centralmente. Dopo il problema fisico di Maric (costretto ad abbandonare il terreno di gioco nel primo tempo, sostituito da Oristanio), problemi anche per i partenopei, con Rrahmani costretto a lasciare il campo al 76′, sostituto da Juan Jesus. Le offensive del Napoli diventano sempre più piatte e prevedibili, e sorprendentemente la squadra di Conte sembra in difficoltà nel dominare la gara a centrocampo, merito della prestazione incredibile di Kike Perez e Nicolussi Caviglia. Nel finale sono due le occasioni che rischiano di modificare il risultato, una per parte: sponda Venezia l’occasione capita tra i piedi di Zerbin, abile nello sgusciare sulla destra, dopo un recupero alto dei lagunari su Anguissa (rientrato in campo dopo un mese dall’infortunio muscolare), il cross del giocatore italiano non trova per un soffio Gytkjaer sul secondo palo, a cui sarebbe bastato un tocco per convertire il cross in rete. Nei minuti di recupero il Napoli sfiora il vantaggio con Okafor e Simeone, inseriti pochi minuti prima da Conte, alla ricerca dell’assalto disperato. Il giocatore svizzero si defila a sinistra, attende il movimento di Simeone in mezzo e lo serve con un gran cross con il mancino, l’argentino arriva in corsa, vede il pallone all’ultimo e non riesce a indirizzare verso la porta di Radu, palla che termina in curva. Sembra l’ultima scintilla della gara, ma il Venezia si regala un’ultima -clamorosa- occasione: il Napoli è riversato in avanti, Oristanio guida il contropiede fino all’area di rigore, appoggia per Nicolussi Caviglia che scaglia un missile con il destro, Meret risponde in tuffo e blinda la porta. solo 0-0 degli azzurri allo Stadio Penzo contro un ottimo Venezia: gli uomini di Di Francesco dopo Lazio, Atalanta e Como trovano il quarto pari consecutivo dimostrando di credere eccome alla salvezza. Le chance per vincerla gli azzurri le hanno avute, ma come anche quelle per capitolare, come quando nel finale Meret ha salvato i suoi sulla conclusione di Nicolussi Caviglia. Adesso Conte ha il compito di rimettere in carreggiata un Napoli che sembra fisicamente in riserva, e la pausa arriva nel momento migliore per recuperare alcuni giocatori fondamentali per lo scacchiere partenopeo.
Bologna-Lazio (A cura di Simone Scafidi)
Apoteosi rossoblù. Lazio umiliata al Dall’Ara
In un pomeriggio da sogno, la squadra di Vincenzo Italiano spazza via i biancocelesti, reduci dalla recente qualificazione ai quarti di finale di Europa League. Sin dai primi minuti il Bologna crea gioco e arriva facilmente al gol al minuto quindici, con un cross dall’out di sinistra di Miranda che viene spedito in porta dalla spaccata volante di Odgaard, lasciato totalmente libero di agire da Gila. La Lazio continua a girare a vuoto e il Bologna ne approfitta, dominando il centrocampo e facendo volare sulle fasce le loro ali, come Orsolini, che con la sua solita giocata a rientrare calcia in porta e, complice anche il tocco di Provedel, spacca la traversa. Su questi ritmi si conclude il primo tempo, per lasciare spazio ad una seconda frazione decisamente più movimentata. A riprova di ciò, passano nemmeno due minuti e al 48′, sull’imbucata geniale e precisa di Ndoye, Orsolini scavalca Provedel e sigla il gol del 2-0, immediatamente seguito dal 3-0 proprio dell’esterno svizzero, che calcia di prima sul cross rasoterra di Ferguson e batte ancora Provedel. Al 56′ tuona anche la Lazio, con Zaccagni che calcia in porta da fuori area e colpisce il palo, ma appena quindici minuti dopo il Bologna chiude definitivamente i conti con Castro, che arriva rapidamente sul cross di Odgaard e batte Provedel, anche grazie ad un rimpallo fortunato. A sette minuti dalla fine c’è gloria anche per Fabbian, che colpisce di testa dopo un’azione magistrale costruita da Dominguez, Cambiaghi e Miranda, e sigla il gol del definitivo 5-0. Con questi tre punti, il Bologna scavalca Juve e Lazio, lanciandosi al quarto posto in classifica e in zona Champions.
Roma-Cagliari (A cura di Marco Rizzuto)
Dovbyk risponde alla chiamata di Ranieri e guida la Roma alla vittoria
Dopo la sconfitta amara di Bilbao la Roma alza la testa e prosegue la straordinaria rincorsa guidata da Ranieri. Nonostante un avvio lento e un Cagliari attento nelle retrovie è la Roma a comandare il pallino del gioco. La prima occasione passa da Dovbyk che conclude alto sopra la traversa dalla lunga distanza. Alla mezz’ora arriva la prima vera palla gol per i giallorossi: dalla bandierina Paredes pesca Mancini che calcia al volo da vero attaccante, la sfera però termina di poco al lato graziando Caprile. Solo agli sgoccioli della prima frazione il Cagliari riesce a spaventare la difesa dei giallorossi. Prati sterza su Cristante e imbuca in profondità per l’inserimento perfetto di Zortea che non riesce a tenere basso il pallone al momento del tiro. L’ultima e unica palla gol cagliaritana del primo tempo suona la carica ai ragazzi di Nicola che, nella ripresa prendono confidenza con la metà campo avversaria attaccando con convinzione. Al 51′ Zortea legge in anticipo il taglio di Piccoli sul primo palo e lo serve con un cross insidioso, la zampata dell’attaccante viene sventata dalla grandissima prodezza di Svilar che, come un gatto, devia la conclusione prendendosi gli applausi dei suoi tifosi. Scoccata l’ora di gioco, Dovbyk lanciato dal filtrante illuminante di Baldanzi si divora il gol del vantaggio. Ma il rammarico dura poco, anzi pochissimo: nel calcio d’angolo successivo Paredes scodella nuovamente nella zona di Mancini, la sfera carambola verso l’ucraino che spedisce in porta da pochi passi sbloccando definitivamente la gara. Con trenta minuti al termine il Cagliari non si scoraggia e cerca il pari con tutte le proprie forze. Al 67′ si rinnova il duello Piccoli – Svilar, ma anche in questo caso l’estremo difensore ne esce vittorioso deviando con la manona la conclusione non irresistibile dell’avversario. La squadra di Nicola da il massimo per pareggiarla, ma la sfida con l’orologio viene complicata dal portiere che, da ultimo baluardo tra i pali nega la rete agli avversari con le unghie e con i denti compiendo un altro miracolo sul colpo di testa di Mina diretto in rete. Dopo una manciata di minuti la Roma perde un pezzo fondamentale: Dybala dopo essere entrato al 64′ è costretto ad uscire per infortunio dopo neanche dieci minuti. Questo problema fisico costringe Ranieri ad optare per Pisilli che subentra al posto della Joya che abbandona il campo in lacrime. L’ultimo tentativo dei rossoblù arriva allo scadere dei minuti di recupero. Luperto aspetta che i compagni arrivino in area di rigore e sventaglia alla disperata ricerca della deviazione vincente. Il pallone viene pizzicato da Pavoletti ma Svilar prende anche questa con tranquillità spegnendo le speranze del Cagliari. Il triplice fischio sancisce la sesta vittoria consecutiva dei ragazzi di Ranieri che proseguono l’inseguimento verso l’Europa. In questo momento la Roma settima in classifica vede concentrata le sue contendenti, sono solo due le lunghezze che separano i giallorossi dai cugini della Lazio e sono solo quattro i punti di distacco dal quarto posto occupato dal Bologna. In questo momento di stagione ogni punto pesa e Ranieri lo sa bene. Il passo falso del Cagliari impedisce ai ragazzi di Nicola di ‘respirare’, Lecce e Parma sono lì a -1 pronte ad approfittarne.
Fiorentina-Juventus (A cura di Tommaso Patti)
Continua il periodo nero della Juventus. Dopo la pesante batosta subita domenica scorsa dall’Atalanta, la squadra di Thiago Motta sbanda anche al Franchi e viene annientata dalla Fiorentina. Classifica che si compatta sempre di più, mentre la Juve continua a faticare parecchio…
Atalanta-Inter
Al Gewiss Stadium si chiude la 29ª giornata, con una capolista che adesso cerca di prendere il largo. L’Inter vince e convince contro l’Atalanta grazie alle reti di Carlos Augusto e Lautaro Martinez. Con la pausa nazionali che imperversa, la squadra di Inzaghi si gode il primo posto e un distacco di tre punti sul Napoli.
LA TOP11 DELLA 29ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala
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