Calcio
Il Supercommento della 1ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della prima giornata di Serie A.
Saranno ventidue scemi che rincorrono un pallone, ma quanto ci erano mancati!
Con il fischio d’inizio di Genoa-Inter e Parma-Fiorentina, e il fischio finale di Juventus-Como, è andata in archivio la prima giornata di questa nuova Serie A Enilive 2024/2025. Una giornata all’insegna del segno X, con ben sei pareggi, segno di quanto l’equilibrio e il pragmatismo siano fattori identitari del nostro calcio e del nostro DNA calcistico.
Genoa-Inter
Partendo dai primi due match di sabato pomeriggio , l’Inter non va oltre il 2-2 a Marassi contro il Genoa di Gilardino, mentre la Fiorentina pareggia al Tardini contro il Parma (1-1). A Genova va in scena una partita molto accesa, giocata a viso aperto da entrambe le squadre. Il precampionato dell’Inter aveva palesato una squadra alla ricerca della miglior condizione per cominciare la propria difesa della seconda stella e la corsa al ventunesimo scudetto. Affrontare il Genoa in casa è sempre un’incognita, che si tratti del primo turno oppure no, e la squadra di Gilardino si è confermata un osso duro, nonostante le cessioni di Retegui e Gudmundsson. Il lavoro spalle alla porta di Vitinha e il continuo movimento di Messias tra le linee ha tenuto in costante apprensione la retroguardia nerazzurra, che in questi primi novanta minuti ha palesato un insolito squilibrio tra le due fasi. La vera forza del Genoa però è rappresentata dal centrocampo, dove Frendrup e Badelj hanno garantito a tutta la squadra quantità e qualità, che hanno messo in difficoltà l’Inter nel corso della gara. La gara dei campioni d’Italia vive di fiammate, con un Lautaro Martinez ancora lontano dalla migliore condizione e un centrocampo ancora poco pungente, lontano dal tridente che dettava legge e ritmi in mezzo al campo. Chi è apparso subito in condizione è Marcus Thuram, leader tecnico e autore dei due gol nerazzurri durante la gara. I due gol, uno di testa e uno con lo scavetto, hanno quasi regalato i tre punti alla squadra di Inzaghi. Una partenza a rilento per i campioni d’Italia, ma quest’anno giocare a Marassi sarà difficile per tutti.
Parma-Fiorentina
A Parma la nuova Fiorentina di Palladino scopre quanto può essere cinica e pungente la squadra di Pecchia. Per gran parte del primo tempo, il possesso palla è stato in mano ai viola, con le idee di verticalità e dominio del gioco (veri e propri dogmi del tecnico campano) che iniziano a farsi vedere con le sgroppate di Dodò e Biraghi sulla fascia, e dal gioco tra le linee di Colpani. L’innovazione apportata in difesa ha mostrato le fragilità dei viola, con il Parma che è riuscito a pungere grazie a un recupero alto di Bonny e l’assist per Dennis Man, che inizia fin da subito a mostrare tutta la sua classe e qualità. Nel secondo tempo la Fiorentina alza il ritmo, con un Moise Kean troppo avulso dal gioco e spesso pescato in fuorigioco, e Palladino riesce a mettere ai ferri corti i ducali grazie agli innesti dalla panchina. La scelta di arretrare Dodò e Biraghi nei tre dietro permette ai viola di essere performanti in avanti. Il pareggio di Biraghi rimette in equilibrio la gara, e consegna a Palladino il primo punto della sua nuova esperienza viola.
Milan-Torino
Nei due posticipi del sabato sera arrivano altri due pareggi, completamente opposti per spettacolarità e intensità. A San Siro esordisce il nuovo Milan di Paulo Fonseca, e il Torino di Paolo Vanoli. Per gran parte del primo tempo, il Toro presenta fin da subito le idee verticali e audaci del tecnico ex-Venezia, culminate alla mezz’ora dall’azione che porta Thiaw all’autogol. L’esordio di Saul Coco, roccioso e granitico al centro della difesa, ha permesso ai due braccetti di spingersi oltre la metà campo per creare superiorità in avanti. Il gioco intenso e dinamico di Ricci e Ilic ha messo a soqquadro il centrocampo rossonero, più dediti a inseguire i due giocatori granata piuttosto che prendere l’iniziativa. La forza del Milan nella prima frazione è rappresentata dalle sgroppate di Leao, servito spesso in profondità dai compagni, ma sotto porta il portoghese è stato impreciso e poco lucido, come l’occasione avuta subito dopo il vantaggio granata. Nel secondo tempo la squadra di Vanoli raddoppia con Duvan Zapata, pivot centrale e figura di riferimento dell’attacco. La rincorsa rossonera comincia con l’ingresso in campo di Theo Hernandez, Reijnders e Morata, lasciati fuori dalla formazione titolare. L’ingresso dello spagnolo permette ai rossoneri di avere una figura “viva” e vogliosa al centro dell’attacco, con Jovic che era stato pressoché inerme, ingabbiato dalla marcatura di Coco e dal continuo ripiegamento dei giocatori granata. Dopo nemmeno cinque minuti lo spagnolo realizza il gol del 2-1, ma è annullato per off-side, poi si guadagna un rigore che gli viene -giustamente- revocato e infine riesce a beffare Milinkovic, sporcando la conclusione di Reijnders. Nel finale Okafor si dimostra un fattore e una risorsa preziosa per questa squadra, e la sua volée permette a Fonseca di non steccare l’esordio alla Scala del calcio. Ottimo esordio per il Torino di Vanoli, le idee e i principi sembrano già ben rodati, ma una rosa molto corta nelle seconde linee può essere un problema nel corso della stagione.
Empoli-Monza
Al Castellani Empoli e Monza non vanno oltre lo 0-0, con buoni spunti da parte della squadra di D’Aversa, ma ancora troppo imprecisa per punire e riuscire a essere cinica. In un momento fondamentale della stagione il cinismo degli attaccanti sarà necessario, con i toscani che sono chiamati a disputare un gran campionato per mantenere la categoria. Dopo la sconfitta nel trofeo Berlusconi, il Monza continua a crescere di condizione e le idee di Nesta cominciano a vedersi anche in campo. Le cessioni di Colpani e Di Gregorio hanno indebolito qualitativamente la rosa, ma l’ex difensore campione del mondo sembra aver la situazione in mano. Ottimo esordio in Serie A per il portiere classe 2001 Pizzignacco, all’esordio in massima serie dopo una grande stagione alla Feralpisalò. È solo l’inizio ma questi scontri diretti possono essere già decisivi per la stagione di Empoli e Monza, chiamate a conquistare il prima possibile i punti per la salvezza.
Hellas Verona-Napoli
Nella prima domenica di A, il pomeriggio è marchiato dalla clamorosa vittoria dell’Hellas Verona sul nuovo Napoli di Antonio Conte. Il nuovo Verona di Zanetti approccia la Serie A nel migliore dei modi, con una prestazione sontuosa degli scaligeri. Nel corso della gara i partenopei non sono riusciti a dominare agonisticamente la gara, manifestando un evidente difficoltà nella gestione del pallone e dei momenti emotivi della gara. I problemi legati alla vicenda Osimhen non permettono al Napoli di essere prestante in zona offensiva, con Kvara che ha dovuto abbandonare il campo per giramenti di testa. La coppia Raspadori-Politano continua a non offrire segnali incoraggianti, e paradossalmente gli azzurri crollano nel secondo tempo per mano dei due (dei tre) nuovi attaccanti della formazione scaligera: Rocha Livramento, dopo l’ottima prestazione in Coppa Italia, si conferma un jolly per l’attacco gialloblù, mentre l’ingresso di Mosquera fornisce centimetri e fisicità al reparto offensivo. Il vantaggio è una combinazione Lazovic-Livramento, con il capitano che disegna un cross d’esterno per il taglio sul primo palo del capoverdiano. Nella seconda parte della ripresa entra in azione “el Puma”, rapace d’area di rigore. Prima realizza il 2-0 grazie al filtrante di Duda, e nel recupero cala la doppietta correggendo un tiro di Lazovic. Tre punti e una prova di forza importante per la squadra di Zanetti, che comincia la sua lotta alla salvezza con tre gol e un’iniezione di fiducia notevole in vista del prossimo turno, dove arriverà al Bentegodi la nuova Juventus di Thiago Motta. Un altro capolavoro, anche se siamo all’inizio, del direttore sportivo Sean Sogliano. Per il Napoli si continuano a palesare tutti i problemi dell’ultima stagione, con Antonio Conte che continua a lanciare segnali di oggettiva -e comprensibile- insoddisfazione legati al mercato e alla gestione dei giocatori fuori rosa come Gaetano e Folorunsho.
Bologna-Udinese
Al Dall’Ara il nuovo Bologna di Vincenzo Italiano esordisce con un pareggio contro l’Udinese. Dopo i numerosi cambiamenti e stravolgimenti rispetto alla storica stagione 23/24, i felsinei cominciano il nuovo campionato con una grande prestazione, sotto l’aspetto tattico e dell’intensità, ma il risultato finale consegna soltanto un punto a Italiano e i suoi. Per grandi tratti di partita, il completo dominio del pallone è del Bologna, con l’Udinese rintanata nella propria metà campo e pronta a ripartire. Le occasioni per i rossoblù arrivano principalmente dall’out di destra, dove Orsolini continua a dimostrarsi in forma smagliante (dopo l’ultima grande stagione conclusa con 10 gol e 2 assist), ma l’occasione più nitida del primo tempo arriva dalla parte opposta, con Ndoye che viene servito in profondità verso la porta, ma lo svizzero continua a dimostrarsi poco freddo sotto porta e la palla termina a lato della porta di Okoye. L’importanza di Moro e Freuler permettono al Bologna di rimanere sempre in ritmo e in pressione alta sull’Udinese, alla ricerca di supporto dal trio offensivo Thauvin-Brenner-Lucca. Nella ripresa il Bologna trova il vantaggio grazie al rigore procurato da Erlic (fallo di Payero) e realizzato da Orsolini. La risposta dei bianconeri arriva pochi minuti dopo, con Payero che si procura un calcio di rigore dopo aver anticipato Skorupski in uscita. Dal dischetto Thauvin non replica quanto fatto in Coppa contro l’Avellino e si fa ipnotizzare dal polacco. Sul calcio d’angolo seguente Giannetti svetta più in alto di tutti e realizza il definitivo 1-1. Una buona prestazione per la squadra di Italiano, che punta a mantenere alto il ritmo e il livello in vista del big match di Napoli della prossima giornata, e dell’esordio in Champions del prossimo mese.
Nei due match delle 20.45 entrano in scena le due romane, la Lazio vince in rimonta all’Olimpico contro il Venezia, mentre la Roma non va oltre lo 0-0 in Sardegna contro il Cagliari.
Lazio-Venezia
Il match dell’Olimpico comincia con un ritmo forsennato fin dalle prime battute, grazie all’aggressività iniziale dei lagunari. L’idea propositiva e audace di Eusebio Di Francesco permette al Venezia, nonostante le numerose assenze dei giocatori cardine della scorsa stagione (Pojhanpalo e Busio sono ai box per infortunio, Tessmann è al centro di vicende di mercato e fuori dal progetto tecnico), di passare in vantaggio grazie al recupero alto di Ellertson che serve Anderson che disegna un arcobaleno che si insacca all’incrocio dei pali. La reazione dei biancocelesti è furente: al decimo Castellanos soffia palla a Svoboda e batte Joronen. Baroni decide di schierare “El Taty” dal primo minuto per avere una figura di spessore e rilievo in avanti, con Noslin e Zaccagni a ruotare attorno a lui, oltre al dinamismo dell’esordiente Dele-Bashiru. La ‘garra’ di Castellanos mantiene tutto l’attacco biancoceleste in palla per tutto il primo tempo, e il Venezia con il passare dei minuti perde sempre più terreno. Prima dell’intervallo Castellanos si procura un calcio di rigore e dal dischetto il neo capitano Zaccagni completa la rimonta. Nel secondo tempo i padroni di casa si limitano a gestire il risultato e cercare, senza forzare la mano, e riescono a chiudere la partita con la giocata di Lazzari che cerca in mezzo Castellanos, anticipato da Altare che si butta il pallone in porta. Comincia con il piede giusto l’avventura di Baroni, con una partita molto sorniona e allo stesso tempo pulita e lucida. Tanta curiosità per tutti i nuovi acquisti, da Tchaouna a Dele-Bashiru (uno dei migliori in campo) fino al nuovo arrivo Boulaye Dia. Il materiale affidato a Baroni è molto vario e numeroso, e il tecnico saprà sicuramente adattare tutti i nuovi acquisti alle sue idee e al suo calcio.
Cagliari-Roma
In Sardegna il nuovo Cagliari di Nicola pareggia 0-0 contro la Roma. La prima ‘prima giornata’ di De Rossi comincia con tante incognite, legate soprattutto a Paulo Dybala (schierato inizialmente in panchina). Le parole del tecnico durante il precampionato hanno lasciato tanti dubbi e una spiacevole aria di addio, nonostante il malcontento generale dei tifosi vista la centralità e l’importanza della Joya nel gioco dei giallorossi. All’Unipol Domus la partita non brilla per spettacolarità, con l’entusiasmo dei tifosi sardi che spinge la squadra, ma la pericolosità dei giallorossi costringe Nicola a non sbilanciarsi troppo per evitare sanguinose ripartenze. La Roma invece, orfana di Dybala per tutta la prima frazione, cerca rifugio nelle giocate di Soulé, ma la posizione dell’argentino è spesso lontana dalla porta e avulsa dal gioco, e la scelta di giocare la palla diretta su Dovbyk non porta grandi risultati poiché il nuovo bomber ucraino è costantemente inglobato dalla marcatura di reparto dei tre centrali rossoblù. Nella ripresa De Rossi inserisce Dybala, e la Roma comincia a cambiare ritmo. L’occasione più grande della gara dei giallorossi arriva proprio dai piedi di Dybala, che dall’out di destra disegna un cross morbido sul secondo palo per la testa di Dovbyk, che non riesce a battere Scuffet e colpisce la traversa. La reazione dei sardi arriva con Razvan Marin, che arriva al limite dell’area e sgancia un missile diretto sotto la traversa, ma l’intervento di Svilar devia la palla e la fa carambolare sul legno, chiudendo la porta e una partita che lascia l’amaro in bocca ai giallorossi, ancora in fase di rodaggio e di visibile confusione emotivo-tattica. Il futuro di Dybala si deciderà nei prossimi giorni e la stagione della Roma prescinde, e prescinderà, dalla sua scelta.
Lecce-Atalanta
Dopo un’estate turbolenta, con situazioni di mercato da risolvere al più presto, la Dea arriva a Lecce con la squadra ridotta a soli quindici nomi (con l’aggiunta di ragazzi del settore giovanile). Gasperini decide di schierare fin da subito Retegui, vista l’assenza di Lookman (contattato dal PSG) e del lungodegente Scamacca, e l’esordiente Brescianini, arrivato mercoledì dopo un blitz degli orobici che lo hanno soffiato al Napoli prima delle visite mediche. La spinta incessante del Via del Mare, il nuovo Lecce di Gotti che ha tanto ben figurato nelle amichevoli, sembravano ostacoli insormontabili per l’Atalanta visto il caos che regna attorno a Bergamo in questi giorni, ma la banda del Gasp è ormai una squadra consolidata, con principi di gioco ben radicati e consolidati. La gara nella prima frazione è molto spigolosa, entrambe le squadre, andando controcorrente con quanto si è visto in questi primi match, cercano di non disunirsi e rimanere compatti e in ritmo. Il vantaggio bergamasco arriva tutto dal mercato, con Retegui che impegna Falcone e Brescianini che in ribattuta inizia la sua esperienza nerazzurra come meglio non si poteva. Il vantaggio è una doccia gelata per i salentini, che prima dell’intervallo subiscono anche il raddoppio, con lo stacco poderoso di Retegui sul cross di Ruggeri. Nel secondo tempo l’Atalanta non si ferma, e continua a spingere a un ritmo forsennato, mettendo in costante difficoltà la retroguardia giallorossa, come in occasione dell’occasione di Ederson, dove Retegui anticipa Coulibaly e si procura il calcio di rigore che chiude virtualmente la gara. La squadra di Gasperini però continua a martellare e dopo nemmeno dieci minuti cala il poker con l’inserimento verticale di Brescianini che apre il destro e fa doppietta. Una prova di forza gigantesca della banda del Gasp, che mette a tacere tutte le vicende di mercato e i problemi della rosa con una prestazione sontuosa. L’esperienza atalantina di Gasperini a Bergamo ha deciso di arricchirsi di un nuovo capitolo dopo la leggendaria notte di Dublino, e il tecnico italiano continua a scrivere la storia di questa società e stupire tutto il calcio italiano e non solo. Allenatore gigantesco!
Juventus-Como
Allo Stadium si preannunciava una serata di grande spettacolo. Il nuovo Como di Fabregas che torna in Serie A dopo 21 anni e la nuova Juve di Thiago Motta, alla ricerca di certezze e sicurezze che il mercato ancora non sta portando. Così come fatto a Bologna e La Spezia, il tecnico italobrasiliano si presenta con le sue idee di calcio propositivo e verticale, ma anche con una certa sicurezza e autorevolezza in panchina, certificato dalle scelte di tenere fuori Danilo e Douglas Luiz per far debuttare il giovane Mbangula, classe 2004 proveniente dalla Next Gen, e Cabal. La partita dello Stadium è pressoché a senso unico, con i bianconeri che prendono in mano il pallino del gioco e cominciano a cercare spazi e situazioni in cui colpire. La posizione di Yildiz, nuovo numero 10, funge da collante tra centrocampo e attacco, e il continuo movimento di Cambiaso insieme ai centrocampisti permette alla Juve di avere sempre una parte del campo semilibera in cui colpire. Il gol del vantaggio è un mix di tutto quello che si era intravisto nei primi minuti: recupero palla e cambio di gioco rapido per liberare Mbangula, che si accentra e calcia sul palo lontano, dove Reina non può arrivare. Il Como non riesce ad alzare il ritmo e rimane in balia dei bianconeri per tutto il primo tempo, dove i bianconeri trovano anche il raddoppio con la giocata di Yildiz, il velo di Vlahovic, e il mancino di Weah che spacca la traversa (con l’arbitro che assegna il gol dopo consulto della goal-line-technology). Nel secondo tempo il Como si spegne completamente nel momento in cui Fabregas è costretto a utilizzare due slot in meno di cinque minuti a causa dell’ingresso, e conseguente infortunio, di Abilgaard. La Juve continua a gestire il gioco e giostrare il movimento del pallone da una parte all’altra del campo e nel finale, quando il Como alza bandiera bianca, colpisce con un tiro a giro meraviglioso di Cambiaso. Un esordio da sogno per Thiago Motta, chiamato a dare delle risposte concrete dopo un precampionato fatto di tanti spunti ma risultati insoddisfacenti. Le scelte del tecnico italo-brasiliano continuano a portare risultati concreti, dopo le esperienze di Bologna e Spezia, e adesso la gara di lunedi prossimo contro l’Hellas promette già spettacolo per quanto visto finora. Comincia male il Como, dopo l’uscita dalla Coppa Italia, Fabregas è già chiamato ad alzare l’asticella per evitare di rimanere risucchiato fin da subito nella lotta per la salvezza, dove già a settembre si comincia a lottare con le unghia e con i denti. La formazione lariana sembra poco incline al gioco sporco, mentre la ricerca di un possesso palla pulito e lucido può essere un problema in occasione di scontri diretti per la salvezza, dove il pragmatismo e la ‘garra’ sono fattori predominanti, e contro le big che cercheranno sempre di avere il dominio del gioco.
LA TOP11 DELLA 1ª GIORNATA

Grafica: Julya Marsala
Calcio
Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.
Le scelte per l’ultima di Spalletti
Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.
ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui.
Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.
Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.
Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.
Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…
Calcio
Tracollo Azzurro in Norvegia, a Oslo termina 3-0. Mondiale subito a rischio?

Disastro Azzurro sotto la pioggia di Oslo. L’Italia cade rovinosamente contro la Norvegia e complica subito il proprio percorso verso il mondiale. Ancora una volta gli Azzurri subiscono tre gol nel primo tempo, e nel secondo tempo non riescono a reagire.
La formazione degli Azzurri è ritoccata in quasi ogni reparto, principalmente in difesa dove mancano quasi tutti i centrali regolarmente utilizzati dal c.t. La scelta di Spalletti è l’esordiente Diego Coppola al centro della retroguardia, affiancato da Di Lorenzo e Bastoni. Sugli esterni giocano Zappacosta e Udogie, mentre in avanti ancora una volta giocano Retegui e Raspadori.
Nei primi minuti l’Italia prova a gestire il possesso del pallone, cercando di sfruttare anche la velocità di circolazione della sfera grazie alla pioggia che si abbatte su Oslo. I norvegesi sono uniti e compatti, e il blocco disegnato da Solbakken non lascia particolari spazi agli Azzurri. Fin dalla vigilia tutta l’attenzione mediatica si è concentrata sul potenziale duello Coppola-Haaland, ma nessuno ha preso in considerazione gli altri due attaccanti della Norvegia. Già, perché fin dal primo scatto in avanti, la sensazione è che sia Nusa da una parte, che Sorloth dall’altra, siano un pericolo di gigantesca dimensione per i difensori italiani. Al primo affondo la Norvegia va in vantaggio: Nusa è un treno sulla fascia sinistra, il classe 2005 si accentra e trova un gran passante alle spalle dei difensori azzurri, Sorloth raccoglie l’invito, si presenta davanti a Donnarumma e lo batte in uscita. Vantaggio per i padroni di casa, e la gara si mette subito in salita. Ed è una strada che diventa sempre più insormontabile, perché gli affondi dell’Italia, principalmente dei lanci lunghi verso Retegui, sono preda facile dei due pilastri difensivi norvegesi, Heggem e Ajer, ed è sui centimetri dei propri giocatori che la Norvegia trova grandi spazi e vantaggi per colpire un’Italia che non sembra particolarmente in giornata. Il più ispirato di tutti è sicuramente Antonio Nusa, e dopo aver regalato un grande assist per il vantaggio, mette anche il suo sigillo a un primo tempo a senso unico. Minuto 34, rinvio di Nyland verso Thorsby che controlla agevolmente la sfera, a causa di una marcatura leggera di Rovella, la palla rimane vicino al giocatore del Genoa e diventa di possesso di Nusa, serpentina tra Rovella e Di Lorenzo e destro potente alle spalle di Donnarumma. Una rete meravigliosa di una gemma assoluta della scuola calcistica norvegese, che sta seminando il panico tra le maglie azzurre. Il primo tempo è unicamente a tinte rosso e blu, i colori della Norvegia, e i ragazzi di Solbakken trovano anche il terzo sigillo di giornata, con la stessa giocata che l’Italia sembra non riuscire a leggere: la palla in verticale tra i due difensori. A due minuti dall’intervallo Tonali perde palla in mezzo al campo, Odgaard porta palla e pesca il taglio di Haaland tra Coppola e Bastoni, il bomber del Manchester City è solo davanti Donnarumma e non ha particolari difficoltà nel superare il capitano azzurro e depositare in rete il pallone del 3-0.
Dagli spogliatoi Spalletti sceglie Frattesi al posto di Rovella, uno dei giocatori più in difficoltà sul piano fisico. Anche Solbakken effettua un cambio, con Berg che sostituisce l’ammonito Thorsby. Nessun cambio di modulo, stesso schieramento con il solo cambio in regia, con Barella che viene arretrato in cabina di regina. Non cambia di una virgola il copione della partita, e questo è un pessimo scenario per l’Italia, che non riesce a sviluppare una manovra offensiva degna di nota. Retegui è sempre isolato tra i giocatori norvegesi, e ogni cross è preda facile dei difensori di Solbakken. Al 65′ i padroni di casa vanno vicini addirittura al poker, con uno schema che parte dalla bandierina e termina dall’arcobaleno a giro di Berge, destro di prima intenzione che colpisce in pieno il palo. Verso il settantesimo arrivano le prime vere mosse dei due allenatori, perché Solbakken sostituisce Heggem con Ostigard, ma Spalletti rinfoltisce -finalmente- l’attacco: vanno fuori Zappacosta e Retegui, e al loro posto entrano Orsolini e Lucca. Appena entrati nell’ultimo quarto di gara l’Ullevaal Stadion si sfrega le mani per riservare la meritata standing ovation ad Antonio Nusa, sostituito da un altro gioiello della nuova scuola norvegese, Oscar Bobb. Applausi scroscianti per l’ala del Lipsia, sicuramente il migliore in campo per la qualità messa in campo e per l’incisività avuta, con un gol e un assist. Gli “olè” del pubblico norvegese al possesso ipnotico, e gli applausi al pressing asfissiante, sono le due diapositive del finale di partita, in cui l’Italia non solo non alza il baricentro, ma rischia di concedere altri corridoi ai padroni di casa, che non hanno assolutamente intenzione di fermarsi. Il primo tiro in porta dell’Italia arriva al secondo minuto di recupero, un colpo di testa di Lucca su cui Nyland non ha problemi, intervento plastico per i fotografi e prima parata della sua gara.
Si mette subito in terribile salita il cammino verso il mondiale
La partita di Oslo si mostrava complicata per una serie di molteplici motivi, ma la prestazione -se così si può definire- attuata dagli Azzurri non è all’altezza di una nazionale che ha l’obiettivo di vincere il raggruppamento e raggiungere l’America. In difficoltà dal primo all’ultimo minuto e sotto ogni punto di vista. Tatticamente i norvegesi hanno avuto l’astuzia di sfruttare una linea alta e sconnessa da parte dell’Italia, e grazie ai guizzi frizzanti di Nusa, Solbakken ha potuto contare su una scheggia impazzita che non poteva non fare male. Altro punto da analizzare è la tenuta fisica delle due nazionali, perché la Norvegia ha viaggiato a ritmi e velocità nettamente superiori, e adesso la tenuta fisico-mentale della nazionale di Spalletti è sotto banco in vista della prossima partita.
Dall’Italia…all’Italia
Contro l’Italia si è chiuso l’ultimo gettone mondiale della Norvegia, e dall’Italia può ripartire la corsa per tornare a quel mondiale che manca dal 1998. Con questo successo la nazionale di Solbakken è in cima al raggruppamento a punteggio pieno. 9 punti per Haaland e compagni, mentre l’Italia comincia il suo cammino con uno 0, e adesso ha l’obbligo di ripartire subito e rimettersi in scia per evitare l’ennesimo disastro mondiale.
Lunedì il match con la Moldavia a Reggio Emilia, con la vittoria che a questo punto diventa un imperativo!
Calcio
Una manita che vale il triplete. il PSG schianta l’Inter e vince la Champions League

Il Paris Saint-Germain vince la prima Champions League della sua storia. A Monaco di Baviera la squadra di Luis Enrique si sbarazza dell’Inter e domina dal primo all’ultimo minuto.
Il racconto della finale di Champions League 2024/2025
Triplete e tabù
Numeri e intrecci con la storia fanno da contraltare a una finale che si preannuncia scoppiettante per gli attori, pronti a prendersi la scena nel palcoscenico più importante di tutti, la finale di Champions League. Inter e Paris Saint-Germain arrivano in Baviera per aggiungere il capitolo finale alla stagione, senza dubbio il più importante. Se da una parte l’Inter deve reagire a un finale di stagione che ha sorriso al Napoli, nella lotta al campionato, il PSG va a caccia del terzo successo in tre competizioni.
Sia Inter e PSG cercano di reagire a una delusione abbastanza recente in finale di Champions, perché entrambe hanno assaporato la vetta ma si erano fermate al gradino più basso, dovendosi arrendere a Manchester City (Istanbul 2023 nel caso dell’Inter) e Bayern Monaco (Lisbona 2020 nel caso dei parigini). L’Inter, inoltre, cerca di sfatare un tabù legato alla città di Monaco di Baviera: in terra bavarese si sono disputate quattro finali -tra Coppa dei Campioni e Champions League- e tutte e quattro hanno visto trionfare una squadra al primo successo nella propria storia (va ricordato lo score del PSG in Champions League, la cui voce “titoli” al momento recita “zero”).
Le scelte
Pochissimi dubbi alla vigilia, nessuna sorpresa al momento della comunicazione delle formazioni: Inzaghi sceglie i suoi uomini migliori, tutti gli artisti che hanno contribuito a questo quadro che cerca l’ultima pennellata. L’unico ballottaggio attivo riguardava il braccetto di destra, al fianco di Acerbi e Bastoni, sciolto da Inzaghi con Pavard. Il francese, uno dei volti con più esperienza e leadership nel roster nerazzurro, scalza Bisseck e parte dal primo minuto. Tra i parigini invece il testa a testa riguardava due delle gemme più preziose sgrezzate da Luis Enrique nell’ultimo anno, Doué e Barcola. Il primo vince il duello con il connazionale e si affianca a Dembélé e Kvaratskhelia.
PSG: Donnarumma, Hakimi, Marquinhos, Pacho, Nuno Mendes, Vitinha, João Neves, Fabian Ruiz, Doué, Dembélé, Kvaratskhelia;
INTER: Sommer, Pavard, Acerbi, Bastoni, Dumfries, Barella, Calhanoglu, Mkhitaryan, Dimarco, Thuram, Lautaro Martinez
Due generazioni a confronto, una per blindare un ciclo sempre più crescente, l’altra per avviarne uno nuovo. Il Paris Saint-Germain vanta la squadra più giovane di tutta la competizione (età media di 24 anni e 262 giorni), mentre l’Inter la squadra più anziana (età media di 30 anni e 19 giorni).
Arbitra il rumeno Kovacs, che negli ultimi anni ha arbitrato due finali che hanno fatto sorridere il calcio italiano (il fischietto rumeno ha diretto la vittoria della Roma in Conference League e l’Atalanta nella notte di Dublino, contro il Leverkusen).
Alle 21.01 il fischietto di Kovacs emette il primo suono, comincia la finale!
||PRIMO TEMPO ||
Curiosa la battuta dei parigini, che lanciano in rimessa laterale il primo pallone della gara. Subito chiaro l’intento della squadra di Luis Enrique, quello di non far sviluppare dal basso l’Inter. Il possesso è in mano ai parigini, soprattutto nelle fasi iniziali della gara. La squadra di Inzaghi cerca di giocare sulle lunghe leve di Dumfries, in netto vantaggio fisico su Nuno Mendes, ma il recupero palla del Paris è molto efficace. Non vi erano dubbi sul coraggio e sulla qualità dei francesi, ciò che risalta comunque all’occhio è l’approccio della gara da parte dei campioni di Francia, padroni assoluti del possesso. Il primo squillo è proprio di Doué, un destro potente e angolato su cui Sommer non ha difficoltà. Il dominio è evidente e il vantaggio arriva al minuto 11. Il gioco si sviluppa prevalentemente a destra, ma al primo affondo a sinistra il Paris sfonda: palla magica di Vitinha alle spalle della difesa, Doué è pronto per calciare verso la porta ma il francese è bravissimo nel servire in mezzo Hakimi, il marocchino ha la porta spalancata e non può fallire il più classico dei gol dell’ex. Vantaggio francese e finale subito in salita per la squadra di Inzaghi. Lo svantaggio appesantisce le gambe dei giocatori dell’Inter, e la corsa interminabile dei parigini non lascia respirare i nerazzurri, che cercano rifugio in Sommer. Le difficoltà dell’Inter sono evidenti, così come emerge l’agonismo e la freschezza dei francesi. Al 20′ arriva il raddoppio: l’azione comincia nell’area francese, con Barella troppo leggero nella protezione di un corner, in cui l’Inter sa sempre rendersi pericolosa; Pacho evita il giro dalla bandierina e il PSG va subito in contropiede: Dembélé chiama a sé la difesa nerazzurra e poi cambia gioco, Doué controlla e spara il destro verso la porta, convertito in rete dalla deviazione di Dimarco che manda fuori giri Sommer. Venti minuti maestosi della squadra di Luis Enrique, ma dall’altra parte l’Inter non sembra essere scesa in campo. Non si registrano occasioni per la squadra di Inzaghi, anche se la pressione del PSG si affievolisce leggermente dopo il doppio vantaggio, e questo favorisce una crescita -timida- dei nerazzurri. I movimenti dei francesi sono di un’armonia e una pulizia a dir poco pregevole, e la lettura difensiva dell’Inter soffre terribilmente questo continuo scambio di posizioni, in ogni zona del campo. Al 37′, dalla bandierina l’Inter si costruisce la prima -vera- occasione della sua gara, con il solito cross preciso di Calhanoglu indirizzato sul secondo palo, lì Thuram prende il tempo su Kvaratskhelia ma il suo colpo di testa termina di poco a lato. È il momento di spinta massima dell’Inter, favorito da una piccola fase di allentamento del Paris, subito richiamato a voce alta da Luis Enrique, che impone lucidità e maggior qualità. All’ultimo pallone del primo tempo Kvaratskhelia impensierisce ancora una volta Sommer. È l’ultimo squillo di un primo tempo a tinte uniche blu e rosse, con il Paris Saint Germain meritatamente in vantaggio. Un dominio schiacciante nel primo tempo, ma occhio a mantenere la partita in bilico, perché l’Inter si può riaccendere da un momento all’altro.
||SECONDO TEMPO ||
Nessun cambio all’intervallo, i riparte dagli stessi ventidue. L’Inter appare subito più coraggiosa e intraprendente, anche se era prevedibile visto il brutto primo tempo. Kvara prova a chiudere subito i conti ma il suo mancino termina in curva. In quel momento l’Inter capisce che per riaccendere la miccia serve maggiore qualità e incisività da destra, e lo sviluppo dell’Inter verte sempre dalla parte di Dumfries, favorito da un maggiore apporto alla manovra da parte di Thuram. Inzaghi è il primo a muovere la panchina con Bisseck e Zalewski al posto di Pavard e Dimarco. Il polacco viene subito ammonito per un fallo in attacco, ma il segnale è quello di alzare l’agonismo e il ritmo. Dopo pochi minuti la panchina dell’Inter viene mobilitata nuovamente perché Bisseck cade male a terra ed è costretto a uscire subito per un problema al flessore. Al suo posto Carlos Augusto, oltre a Darmian per Mkhitaryan. In mezzo alle sostituzioni il PSG mette il lucchetto alla finale: ancora una volta Dembélé domina il gioco a suo piacimento, e attira a sé i difensori dell’Inter, il francese imbuca per Vitinha che porta palla per metà campo, prima di appoggiare verso Doué, destro piazzato sul primo palo e discorso archiviato. Prestazione totale del gioiello francese, che esce qualche minuto dopo, accompagnato dalla standing ovation del suo pubblico e dal cinque di Barcola, pronto a seminare ulteriormente il panico tra le maglie nerazzurre. Inzaghi termina le sostituzioni con Asllani al posto di Calhanoglu, uscito acciaccato per un problema fisico. L’Inter si sgretola con il passare dei minuti, e il nervosismo comincia a prevalere sulla ragione, a tal punto che Kovacs mette mano al taschino più volte. Al 73′ i parigini debordano con Kvaratskhelia: l’azione parte dal basso, e il fraseggio porta fuori la linea di difesa dell’Inter -stranamente alta, il solito Dembélé dipinge calcio a tutto tondo, filtrante per Kvara che arriva fino all’area piccola, il mancino del georgiano buca Sommer sul primo palo. 4-0 PSG, dominio assoluto. L’Inter cerca il gol della bandiera, e in quel momento emerge l’altro top player del roster parigino: Gigio Donnarumma. Il portiere italiano mette i suoi guanti su un destro piazzato di Thuram, e nega il gol della bandiera al francese. Nelle retrovie l’Inter fa sempre più acqua, a tal punto che Barcola semina i difensori come se fossero birilli, ma davanti a Sommer calcia clamorosamente fuori, a due passi dalla porta. Con la gara in cassaforte -già dal decimo minuto in verità- Luis Enrique adopera tre cambi, che ancora una volta danno frutti meravigliosi. A cinque dal termine i parigini muovono palla attorno all’area, Barcola imbuca per il neo-entrato Mayulu che calcia forte e batte Sommer per la quinta volta. CINQUE a zero, un risultato clamoroso.
Un dominio incontrastato, dal primo all’ultimo minuto. Il PSG è stato superiore in tutto, dalla gestione tattica al controllo emotivo della gara. Con la forza delle idee, coordinato da un’insieme di perle preziose, Luis Enrique si conferma ancora una volta una garanzia per questa competizione. Il tecnico spagnolo non ha mai perso una finale in carriera, e il modo con cui il Paris Saint-Germain si è sbarazzato dell’Inter rimarrà negli annali della Champions League. Prima coppa in bacheca per il club francese, che quest’anno chiude la stagione con il triplete, dopo i successi in Ligue 1 e Coupe De France. Dall’altra parte l’Inter esce fracassata dal prato di Monaco di Baviera, per una sconfitta che peserà tantissimo per le modalità e per l’approccio alla partita. Un’Inter irriconoscibile, che però si è dovuto arrendere di fronte alla freschezza e alla qualità incredibile del Paris Saint-Germain. Stagione da zero tituli, per dirla alla Mourinho, per la squadra di Inzaghi, che adesso dovrà sciogliere le riserve sul proprio futuro. Sipario per un’altra grande stagione di calcio europeo, con la nuova edizione della Champions che ha aggiunto all’albo un nuovo vincitore e uno spettacolo sempre più appassionante.
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