Connect with us

Calcio

Guida alla Serie A 24/25: Prima parte

Published

on

Archiviato il turno preliminare di Coppa, si entra nel vivo della settimana che porterà all’inizio della nuova Serie A 24/25. In attesa del fischio di inizio, fissato per sabato alle 18.30,  ecco la prima parte della guida a tutte le squadre che affronteranno la stagione 2024/25.

ATALANTA

Dopo la prestigiosa vittoria dell’Europa League, 3-0 contro il Bayer Leverkusen, l’Atalanta si appresta ad aprire la sua stagione nell’attesissima Supercoppa Europea contro il Real Madrid di Bellingham, Vincius, Mbappé e compagni. Dopo l’ennesima grande stagione alla guida della panchina orobica, nonostante le voci di mercato Gian Piero Gasperini ha rinnovato il suo contratto e si appresta a iniziare la sua nona stagione a Bergamo.

In attesa dell’esordio in campionato, lunedì 19 agosto alle 18.30 a Lecce, la Dea si trova ad affrontare alcune situazioni tutt’altro che piacevoli. L’arrivo di Godfrey dall’Everton ha messo una toppa al tridente difensivo, privo di Scalvini (fuori a causa della rottura del crociato rimediata nell’ultima partita dello scorso campionato contro la Fiorentina), e gli acquisti di Zaniolo e Sulemana, oltre il riscatto di De Ketelaere, avevano rinforzato l’organico bergamasco, ma l’amichevole contro il Parma (sconfitta per 4-1) la Dea ha perso Gianluca Scamacca, vittima di un grave infortunio al ginocchio che lo terrà fuori dal campo per tanti mesi. La risposta della dirigenza atalantina all’infortunio è l’acquisto blitz di Mateo Retegui, arrivato per 25 milioni dal Genoa. Sul lato cessioni, la dirigenza bergamasca si è mossa molto in uscita, con le cessioni di Hateboer, Miranchuk, Cambiaghi, Adopo e Zortea.

Tanti i punti interrogativi per questa nuova stagione dell’Atalanta, a partire dalla gestione dei due portieri, con Musso (impiegato in Europa League e in Coppa Italia) che reclama più spazio in campionato. Le rotazioni difensive rappresenteranno un’incognita a causa della carenza di difensori di ruolo nella rosa orobica e le tante competizioni (Champions League, Coppa Italia, campionato e Supercoppa). A centrocampo e nelle fasce si attendono risvolti dal mercato, a causa della situazione legata a Teun Koopmeiners, in rotta con la società e in procinto di passare alla Juventus. In attacco tutti gli occhi sono puntati su Lookman e De Ketelaere, chiamati a sorreggere il peso dell’attacco bergamasco in attesa di Zaniolo e Retegui, sicuramente indietro nelle gerarchie ai nastri di partenza.

Tanta curiosità per la squadra campione d’Europa in carica, attesa al definitivo salto di qualità per lottare al vertice in campionato.

BOLOGNA

60 anni dopo il Bologna è tornato in Champions League. Il quinto posto conquistato nello scorso campionato ha permesso ai felsinei di tornare nel palcoscenico internazionale per eccellenza dopo l’esperienza singolare del 1964. Un percorso straordinario guidato da Thiago Motta, che ha deciso di lasciare la panchina rossoblù per accettare la proposta della Juventus. Al suo posto è arrivato Vincenzo Italiano, reduce da un percorso triennale alla guida della Fiorentina.

Un’estate turbolenta a Bologna, fatta di radicali cambiamenti e colpi di scena. I protagonisti della scorsa stagione (Thiago Motta in primis) hanno deciso di lasciare il club per palcoscenici più grandi. Le cessioni di Zirkzee e Calafiori (rispettivamente al Manchester United e Arsenal) hanno fruttato un bel gruzzolo alla dirigenza felsinea, che ha cercato di continuare sulla linea adottata negli ultimi anni da Sartori, ossia un mercato ponderato e non troppo esuberante.

Gli acquisti di Holm e  del neo campione olimpico Miranda servono a rinforzare le fasce. Al posto di Calafiori è stato acquistato Erlic dal Sassuolo, mentre in attacco sono arrivati Nicolò Cambiaghi, atteso al salto di qualità mostrato timidamente a Empoli, e Thijs Dallinga, centravanti classe 2000 arrivato per 15 milioni dal Tolosa.

La rivoluzione influenzata dal mercato ha portato nuovi volti e un nuovo allenatore, alla prima esperienza in Champions League. Il percorso del Bologna ai gironi condizionerà inevitabilmente il campionato, dove i rossoblù sono chiamati a confermarsi nei piani alti della classifica. Le amichevoli precampionato hanno evidenziato un’ottima condizione fisica, con Italiano che ha deciso di proseguire il lavoro attuato da Thiago Motta. Il 4-2-3-1 sarà il modulo di riferimento del Bologna anche quest’anno, con gli esterni che torneranno a essere molto incisivi anche in zona offensiva, rispetto ai compiti più conservativi e equilibratori affidati da Thiago Motta. La difesa rimane il punto interrogativo principale, poiché è avvenuto il passaggio da una difesa compatta con il baricentro molto basso, a una difesa audace e coraggiosa con il baricentro alto. Le prime amichevoli hanno evidenziato qualche difficoltà in questo cambiamento con i tanti gol subiti che suonano già come campanello d’allarme in vista dell’esordio di domenica pomeriggio, al Dall’Ara contro l’Udinese.

CAGLIARI

Anche in terra sarda quest’anno si è deciso di cambiare radicalmente il progetto. La salvezza della scorsa stagione ha concluso -in via ufficiosa- la carriera da tecnico di Claudio Ranieri, e adesso la dirigenza ha deciso di alzare il livello per puntare a una salvezza più che tranquilla.

Dopo l’ennesimo capolavoro della sua incredibile carriera, con la salvezza agguantata negli ultimi minuti dell’ultima gara contro la Roma, Davide Nicola ha deciso di sposare il progetto del Cagliari. Sul fronte cessioni, hanno salutato la Sardegna figure portanti della scorsa stagione come Dossena (ceduto al Como), Nahitan Nandez (ceduto in Arabia Saudita) e Sulemana (acquistato dall’Atalanta). Nel nuovo Cagliari di Nicola tanti i nuovi acquisti, a partire dall’esperienza e leadership di Sebastiano Luperto, che ha deciso di seguire il tecnico piemontese dopo un’altra stagione di altissimo livello con la maglia dell’Empoli. La cessione di Sulemana ai nerazzurri ha favorito una maxi-operazione tra Atalanta e Cagliari, con Zortea, Piccoli e Adopo che hanno effettuato il percorso opposto e si sono accasati in Sardegna per cercare la definitiva consacrazione nel massimo campionato, dopo stagioni incolori in prestito.

La base si partenza di Nicola sembra essere un solido e compatto 3-5-2 con un tridente difensivo molto roccioso e affidabile, con la presenza di due pilastri come Yerry Mina e Luperto. In mezzo al campo tanta ‘garra’ e  dinamismo, con Marin e Deiola che cercheranno di garantire equilibrio e presenza a centrocampo. In attacco, nonostante l’esperimento di tridente effettuato nella vittoria di ieri in Coppa Italia (3-1 alla Carrarese), la scelta dovrebbe ricadere sulla coppia Piccoli-Luvumbo, con il primo che avrà il compito di sorreggere il peso dell’attacco rossoblù, mentre l’angolano dovrà essere il jolly che collegherà i due reparti.

La brillante vittoria contro la Carrarese ha mostrato un Cagliari già sul pezzo, pronto ad affrontare la Roma, nel match in programma domenica alle 20.45 all’Unipol Domus.

COMO

Uno storico ritorno n Serie A. Dopo più di 21 anni il Como è tornato in Serie A, e lo ha fatto con un percorso e un progetto ambizioso e solido. La scorsa stagione Cesc Fabregas è stato promosso dalla primavera alla prima squadra, e grazie a un calciomercato di altissimo livello (con l’arrivo sulle sponde del lago di Strefezza e Goldaniga) ha chiuso la regular season al secondo posto, conquistando la promozione in Serie A.

Con il chiaro obiettivo della salvezza, ma le idee e ambizioni all’Europa, il Como ha deciso di puntare forte sul calciomercato in entrata, con gli acquisti di Belotti, Audero, Dossena e Mazzitelli che servono a rinforzare l’organico lariano di giocatori di qualità e sacrificio, con una buonissima dose di esperienza in massima serie. Il calciomercato del Como diventa di interesse nazionale quando la dirigenza acquista Pepe Reina, Alberto Moreno, ma soprattutto Raphael Varane. Il centrale francese, campione del mondo e pluricampione d’Europa con il Real Madrid,  approda in Serie A dopo un’esperienza incolore al Manchester United. In uscita il Como ha salutato il capitano Bellemo, acquistato dalla Sampdoria insieme al terzino cipriota Ioannou, oltre al portiere Semper (ceduto al Pisa di Pippo Inzaghi) e Odenthal (acquistato dal Sassuolo).

Fabregas, nonostante i numerosi acquisti, sembra voler proseguire con la sua idea di gioco, basata su un 4-2-3-1 mobile, reso possibile da un continuo movimento e interscambio dei tre giocatori sulla trequarti, Da Cunha, Strefezza e Cutrone. Alle spalle di Belotti, i ‘tre trequartisti’ avranno il compito di fornire il giusto apporto ai due reparti. A centrocampo il dinamismo di Braunoder e la qualità di Mazzitelli serviranno a mantenere equilibrio e possesso palla, che sembra il punto fermo del gioco di Fabregas. In difesa tanti punti interrogativi, rappresentati dalle condizioni fisiche poco ottimali di Varane (uscito malconcio dalla prima apparizione in Coppa Italia contro la Sampdoria), Alberto Moreno e Pepe Reina.

Tutti gli occhi sono puntati su questo Como, che comincerà il suo nuovo ciclo in Serie A lunedì sera, all’Allianz Stadium contro la Juventus. Con la salvezza come obiettivo minimo, il Como è chiamato a diventare una delle sorprese di questa Serie A.

EMPOLI

L’incredibile salvezza della scorsa stagione ha permesso all’Empoli di far parte del campionato di Serie A per la quarta volta consecutiva (record nella storia del club toscano). Dopo la stagione travagliata e turbolenta, l’Empoli si appresta a cominciare un nuovo ciclo, con nuovi volti e nuove figure, a partire dal direttore sportivo (con l’addio del d.s. Accardi). In panchina, dopo l’addio di Nicola, è arrivato Roberto D’Aversa, in cerca di riscatto dopo l’esperienza della scorsa stagione a Lecce. La rosa ha salutato due figure di riferimento dello scorso campionato, come Luperto (ceduto al Cagliari) e Caprile (rientrato a Napoli dopo il prestito). In porta i toscani hanno acquistato il venezuelano Vasquez, in prestito dal Milan. In difesa è tornato a Empoli il difensore Viti, dopo una girandola di esperienze poco soddisfacenti a Nizza e Sassuolo). A centrocampo hanno deciso di ritornare in Toscana due figure centrali degli ultimi anni, come Youssef Maleh e Szymon Zurkowski, mentre in attacco l’Empoli continua a mantenere la propria identità italiana, con i prestiti di Sebastiano Esposito e Lorenzo Colombo. 

Il modulo disegnato in queste prime gare da D’Aversa è un 3-4-2-1 molto fluido e dinamico. La scelta del doppio trequartista alle spalle della punta può garantire al centrocampo e all’attacco azzurro molta qualità. Nella larga vittoria in Coppa Italia (4-1 al Catanzaro) si sono messi in luce i tre tenori dell’attacco toscano, con Fazzini (nuovo numero 10 e autore di una doppietta) ed Esposito e Colombo autori degli altri due gol.

L’attesa per il nuovo Empoli cresce anche in vista dell’esordio in campionato, sabato sera in casa contro il Monza di Alessandro Nesta. Occhi puntati su D’Aversa, chiamato a risollevare la propria immagine dopo stagioni al di sotto delle aspettative e marchiati da episodi bizzarri (come la testata a Henry dello scorso anno).

FIORENTINA

Dopo la seconda sconfitta consecutiva in finale di Conference, la Fiorentina ha deciso di aprire un nuovo ciclo, ricostruendo dalle fondamenta. Dopo la separazione con Vincenzo Italiano, la dirigenza ha puntato su un profilo giovane e in rampa di lancio come Raffaele Palladino, reduce da due anni di alto livello alla guida del Monza.

La sconfitta di Atene ha fatto venire al pettine tutti quei nodi che le qualificazioni in Conference League avevano mascherato, seppur con pochi risultati. La sterilità dell’attacco, insieme a un complesso generale di mediocrità della rosa, hanno portato la dirigenza viola a un radicale cambiamento della squadra. I viola sono stati molto attivi sul mercato, sia in entrata che in uscita.

In uscita le cessioni di Milenkovic e Nzola hanno permesso alla dirigenza di racimolare un buon budget da investire nelle entrate, mentre hanno salutato Firenze a parametro zero Giacomo Bonaventura, Castrovilli e  Duncan. In entrata la Fiorentina ha cercato di consegnare a Palladino nuovi giocatori, molto duttili e allo stesso tempo congeniali alle sue idee di gioco. L’acquisto di Colpani dal Monza e di Moise Kean dalla Juventus servono a ringiovanire l’attacco, con giocatori in cerca di riscatto o della consacrazione definitiva. A centrocampo Amrabat è rientrato dal prestito al Manchester United e può essere una risorsa a stagione in corso, mentre dal Reims è arrivato il centrocampista brasiliano Richardson. In difesa con l’addio di Milenkovic è arrivato Marin Pongracic, difensore croato acquistato per 15 milioni dal Lecce. In porta il grande colpo, con l’arrivo dello svincolato De Gea, uno dei migliori portieri dell’ultimo decennio in cerca di riscatto dopo la fine della sua decennale esperienza al Manchester United.

In attesa dell’esordio di sabato pomeriggio al Tardini contro il Parma, Palladino continua a lavorare sul suo 3-4-2-1. Occhi puntati sul reparto offensivo, chiamato a dare una scossa dopo le stagioni piuttosto incolori con Italiano. Moise Kean dovrebbe essere il riferimento centrale dell’attacco viola, e nelle amichevoli precampionato si è messo in mostra a suon di gol. Occhio anche alle corsie laterali, dove Dodò e Parisi (Biraghi in amichevole è stato impiegato come braccetto di sinistra) hanno mostrato grande gamba e un costante apporto offensivo. La Conference rimane l’obiettivo principale della Fiorentina, che proverà in tutti i modi a inseguire la zona Europa, con il sogno della Champions League

Classe 2005. Studente in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Palermo. Amante del calcio fin da bambino, vivo ogni partita con la stessa passione del primo giorno. Aspirante giornalista con una passione per lo storytelling e gli editoriali.

Continue Reading
Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Calcio

Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

Published

on

L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.

Le scelte per l’ultima di Spalletti

Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.

ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui. 

Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.

Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.

Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e  sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.

Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…

Continue Reading

Calcio

Tracollo Azzurro in Norvegia, a Oslo termina 3-0. Mondiale subito a rischio?

Published

on

Disastro Azzurro sotto la pioggia di Oslo. L’Italia cade rovinosamente contro la Norvegia e complica subito il proprio percorso verso il mondiale. Ancora una volta gli Azzurri subiscono tre gol nel primo tempo, e nel secondo tempo non riescono a reagire.

La formazione degli Azzurri è ritoccata in quasi ogni reparto, principalmente in difesa dove mancano quasi tutti i centrali regolarmente utilizzati dal c.t. La scelta di Spalletti è l’esordiente Diego Coppola al centro della retroguardia, affiancato da Di Lorenzo e Bastoni. Sugli esterni giocano Zappacosta e Udogie, mentre in avanti ancora una volta giocano Retegui e Raspadori.

Nei primi minuti l’Italia prova a gestire il possesso del pallone, cercando di sfruttare anche la velocità di circolazione della sfera grazie alla pioggia che si abbatte su Oslo. I norvegesi sono uniti e compatti, e il blocco disegnato da Solbakken non lascia particolari spazi agli Azzurri. Fin dalla vigilia tutta l’attenzione mediatica si è concentrata sul potenziale duello Coppola-Haaland, ma nessuno ha preso in considerazione gli altri due attaccanti della Norvegia. Già, perché fin dal primo scatto in avanti, la sensazione è che sia Nusa da una parte, che Sorloth dall’altra, siano un pericolo di gigantesca dimensione per i difensori italiani. Al primo affondo la Norvegia va in vantaggio: Nusa è un treno sulla fascia sinistra, il classe 2005 si accentra e trova un gran passante alle spalle dei difensori azzurri, Sorloth raccoglie l’invito, si presenta davanti a Donnarumma e lo batte in uscita. Vantaggio per i padroni di casa, e la gara si mette subito in salita. Ed è una strada che diventa sempre più insormontabile, perché gli affondi dell’Italia, principalmente dei lanci lunghi verso Retegui, sono preda facile dei due pilastri difensivi norvegesi, Heggem e Ajer, ed è sui centimetri dei propri giocatori che la Norvegia trova grandi spazi e vantaggi per colpire un’Italia che non sembra particolarmente in giornata. Il più ispirato di tutti è sicuramente Antonio Nusa, e dopo aver regalato un grande assist per il vantaggio, mette anche il suo sigillo a un primo tempo a senso unico. Minuto 34, rinvio di Nyland verso Thorsby che controlla agevolmente la sfera, a causa di una marcatura leggera di Rovella, la palla rimane vicino al giocatore del Genoa e diventa di possesso di Nusa, serpentina tra Rovella e Di Lorenzo e destro potente alle spalle di Donnarumma. Una rete meravigliosa di una gemma assoluta della scuola calcistica norvegese, che sta seminando il panico tra le maglie azzurre. Il primo tempo è unicamente a tinte rosso e blu, i colori della Norvegia, e i ragazzi di Solbakken trovano anche il terzo sigillo di giornata, con la stessa giocata che l’Italia sembra non riuscire a leggere: la palla in verticale tra i due difensori. A due minuti dall’intervallo Tonali perde palla in mezzo al campo, Odgaard porta palla e pesca il taglio di Haaland tra Coppola e Bastoni, il bomber del Manchester City è solo davanti Donnarumma e non ha particolari difficoltà nel superare il capitano azzurro e depositare in rete il pallone del 3-0.

Dagli spogliatoi Spalletti sceglie Frattesi al posto di Rovella, uno dei giocatori più in difficoltà sul piano fisico. Anche Solbakken effettua un cambio, con Berg che sostituisce l’ammonito Thorsby. Nessun cambio di modulo, stesso schieramento con il solo cambio in regia, con Barella che viene arretrato in cabina di regina. Non cambia di una virgola il copione della partita, e questo è un pessimo scenario per l’Italia, che non riesce a sviluppare una manovra offensiva degna di nota. Retegui è sempre isolato tra i giocatori norvegesi, e ogni cross è preda facile dei difensori di Solbakken. Al 65′ i padroni di casa vanno vicini addirittura al poker, con uno schema che parte dalla bandierina e termina dall’arcobaleno a giro di Berge, destro di prima intenzione che colpisce in pieno il palo. Verso il settantesimo arrivano le prime vere mosse dei due allenatori, perché Solbakken sostituisce Heggem con Ostigard, ma Spalletti rinfoltisce -finalmente- l’attacco: vanno fuori Zappacosta e Retegui, e al loro posto entrano Orsolini e Lucca. Appena entrati nell’ultimo quarto di gara l’Ullevaal Stadion si sfrega le mani per riservare la meritata standing ovation ad Antonio Nusa, sostituito da un altro gioiello della nuova scuola norvegese, Oscar Bobb. Applausi scroscianti per l’ala del Lipsia, sicuramente il migliore in campo per la qualità messa in campo e per l’incisività avuta, con un gol e un assist. Gli “olè” del pubblico norvegese al possesso ipnotico, e gli applausi al pressing asfissiante, sono le due diapositive del finale di partita, in cui l’Italia non solo non alza il baricentro, ma rischia di concedere altri corridoi ai padroni di casa, che non hanno assolutamente intenzione di fermarsi. Il primo tiro in porta dell’Italia arriva al secondo minuto di recupero, un colpo di testa di Lucca su cui Nyland non ha problemi, intervento plastico per i fotografi e prima parata della sua gara.

Si mette subito in terribile salita il cammino verso il mondiale

La partita di Oslo si mostrava complicata per una serie di molteplici motivi, ma la prestazione -se così si può definire- attuata dagli Azzurri non è all’altezza di una nazionale che ha l’obiettivo di vincere il raggruppamento e raggiungere l’America. In difficoltà dal primo all’ultimo minuto e sotto ogni punto di vista. Tatticamente i norvegesi hanno avuto l’astuzia di sfruttare una linea alta e sconnessa da parte dell’Italia, e grazie ai guizzi frizzanti di Nusa, Solbakken ha potuto contare su una scheggia impazzita che non poteva non fare male. Altro punto da analizzare è la tenuta fisica delle due nazionali, perché la Norvegia ha viaggiato a ritmi e velocità nettamente superiori, e adesso la tenuta fisico-mentale della nazionale di Spalletti è sotto banco in vista della prossima partita.

Dall’Italia…all’Italia

Contro l’Italia si è chiuso l’ultimo gettone mondiale della Norvegia, e dall’Italia può ripartire la corsa per tornare a quel mondiale che manca dal 1998. Con questo successo la nazionale di Solbakken è in cima al raggruppamento a punteggio pieno. 9 punti per Haaland e compagni, mentre l’Italia comincia il suo cammino con uno 0, e adesso ha l’obbligo di ripartire subito e rimettersi in scia per evitare l’ennesimo disastro mondiale.

Lunedì il match con la Moldavia a Reggio Emilia, con la vittoria che a questo punto diventa un imperativo!

Continue Reading

Calcio

Una manita che vale il triplete. il PSG schianta l’Inter e vince la Champions League

Published

on

Il Paris Saint-Germain vince la prima Champions League della sua storia. A Monaco di Baviera la squadra di Luis Enrique si sbarazza dell’Inter e domina dal primo all’ultimo minuto.

Il racconto della finale di Champions League 2024/2025

Triplete e tabù

Numeri e intrecci con la storia fanno da contraltare a una finale che si preannuncia scoppiettante per gli attori, pronti a prendersi la scena nel palcoscenico più importante di tutti, la finale di Champions League. Inter e Paris Saint-Germain arrivano in Baviera per aggiungere il capitolo finale alla stagione, senza dubbio il più importante. Se da una parte l’Inter deve reagire a un finale di stagione che ha sorriso al Napoli, nella lotta al campionato, il PSG va a caccia del terzo successo in tre competizioni.

Sia Inter e PSG cercano di reagire a una delusione abbastanza recente in finale di Champions, perché entrambe hanno assaporato la vetta ma si erano fermate al gradino più basso, dovendosi arrendere a Manchester City (Istanbul 2023 nel caso dell’Inter) e Bayern Monaco (Lisbona 2020 nel caso dei parigini). L’Inter, inoltre, cerca di sfatare un tabù legato alla città di Monaco di Baviera: in terra bavarese si sono disputate quattro finali -tra Coppa dei Campioni e Champions League- e tutte e quattro hanno visto trionfare una squadra al primo successo nella propria storia (va ricordato lo score del PSG in Champions League, la cui voce “titoli” al momento recita “zero”).

Le scelte

Pochissimi dubbi alla vigilia, nessuna sorpresa al momento della comunicazione delle formazioni: Inzaghi sceglie i suoi uomini migliori, tutti gli artisti che hanno contribuito a questo quadro che cerca l’ultima pennellata. L’unico ballottaggio attivo riguardava il braccetto di destra, al fianco di Acerbi e Bastoni, sciolto da Inzaghi con Pavard. Il francese, uno dei volti con più esperienza e leadership nel roster nerazzurro, scalza Bisseck e parte dal primo minuto. Tra i parigini invece il testa a testa riguardava due delle gemme più preziose sgrezzate da Luis Enrique nell’ultimo anno, Doué e Barcola. Il primo vince il duello con il connazionale e si affianca a Dembélé e Kvaratskhelia.

PSG: Donnarumma, Hakimi, Marquinhos, Pacho, Nuno Mendes, Vitinha, João Neves, Fabian Ruiz, Doué, Dembélé, Kvaratskhelia; 

INTER: Sommer, Pavard, Acerbi, Bastoni, Dumfries, Barella, Calhanoglu, Mkhitaryan, Dimarco, Thuram, Lautaro Martinez

Due generazioni a confronto, una per blindare un ciclo sempre più crescente, l’altra per avviarne uno nuovo. Il Paris Saint-Germain vanta la squadra più giovane di tutta la competizione (età media di 24 anni e 262 giorni), mentre l’Inter la squadra più anziana (età media di 30 anni e 19 giorni).

Arbitra il rumeno Kovacs, che negli ultimi anni ha arbitrato due finali che hanno fatto sorridere il calcio italiano (il fischietto rumeno ha diretto la vittoria della Roma in Conference League e l’Atalanta nella notte di Dublino, contro il Leverkusen).

Alle 21.01 il fischietto di Kovacs emette il primo suono, comincia la finale!

||PRIMO TEMPO ||

Curiosa la battuta dei parigini, che lanciano in rimessa laterale il primo pallone della gara. Subito chiaro l’intento della squadra di Luis Enrique, quello di non far sviluppare dal basso l’Inter. Il possesso è in mano ai parigini, soprattutto nelle fasi iniziali della gara. La squadra di Inzaghi cerca di giocare sulle lunghe leve di Dumfries, in netto vantaggio fisico su Nuno Mendes, ma il recupero palla del Paris è molto efficace. Non vi erano dubbi sul coraggio e sulla qualità dei francesi, ciò che risalta comunque all’occhio è l’approccio della gara da parte dei campioni di Francia, padroni assoluti del possesso. Il primo squillo è proprio di Doué, un destro potente e angolato su cui Sommer non ha difficoltà. Il dominio è evidente e il vantaggio arriva al minuto 11. Il gioco si sviluppa prevalentemente a destra, ma al primo affondo a sinistra il Paris sfonda: palla magica di Vitinha alle spalle della difesa, Doué è pronto per calciare verso la porta ma il francese è bravissimo nel servire in mezzo Hakimi, il marocchino ha la porta spalancata e non può fallire il più classico dei gol dell’ex. Vantaggio francese e finale subito in salita per la squadra di Inzaghi. Lo svantaggio appesantisce le gambe dei giocatori dell’Inter, e la corsa interminabile dei parigini non lascia respirare i nerazzurri, che cercano rifugio in Sommer. Le difficoltà dell’Inter sono evidenti, così come emerge l’agonismo e la freschezza dei francesi. Al 20′ arriva il raddoppio: l’azione comincia nell’area francese, con Barella troppo leggero nella protezione di un corner, in cui l’Inter sa sempre rendersi pericolosa; Pacho evita il giro dalla bandierina e il PSG va subito in contropiede: Dembélé chiama a sé la difesa nerazzurra e poi cambia gioco, Doué controlla e spara il destro verso la porta, convertito in rete dalla deviazione di Dimarco che manda fuori giri Sommer. Venti minuti maestosi della squadra di Luis Enrique, ma dall’altra parte l’Inter non sembra essere scesa in campo. Non si registrano occasioni per la squadra di Inzaghi, anche se la pressione del PSG si affievolisce leggermente dopo il doppio vantaggio, e questo favorisce una crescita -timida- dei nerazzurri. I movimenti dei francesi sono di un’armonia e una pulizia a dir poco pregevole, e la lettura difensiva dell’Inter soffre terribilmente questo continuo scambio di posizioni, in ogni zona del campo. Al 37′, dalla bandierina l’Inter si costruisce la prima -vera- occasione della sua gara, con il solito cross preciso di Calhanoglu indirizzato sul secondo palo, lì Thuram prende il tempo su Kvaratskhelia ma il suo colpo di testa termina di poco a lato. È il momento di spinta massima dell’Inter, favorito da una piccola fase di allentamento del Paris, subito richiamato a voce alta da Luis Enrique, che impone lucidità e maggior qualità. All’ultimo pallone del primo tempo Kvaratskhelia impensierisce ancora una volta Sommer. È l’ultimo squillo di un primo tempo a tinte uniche blu e rosse, con il Paris Saint Germain meritatamente in vantaggio. Un dominio schiacciante nel primo tempo, ma occhio a mantenere la partita in bilico, perché l’Inter si può riaccendere da un momento all’altro.

||SECONDO TEMPO ||

Nessun cambio all’intervallo, i riparte dagli stessi ventidue. L’Inter appare subito più coraggiosa e intraprendente, anche se era prevedibile visto il brutto primo tempo. Kvara prova a chiudere subito i conti ma il suo mancino termina in curva. In quel momento l’Inter capisce che per riaccendere la miccia serve maggiore qualità e incisività da destra, e lo sviluppo dell’Inter verte sempre dalla parte di Dumfries, favorito da un maggiore apporto alla manovra da parte di Thuram. Inzaghi è il primo a muovere la panchina con Bisseck e Zalewski al posto di Pavard e Dimarco. Il polacco viene subito ammonito per un fallo in attacco, ma il segnale è quello di alzare l’agonismo e il ritmo. Dopo pochi minuti la panchina dell’Inter viene mobilitata nuovamente perché Bisseck cade male a terra ed è costretto a uscire subito per un problema al flessore. Al suo posto Carlos Augusto, oltre a Darmian per Mkhitaryan. In mezzo alle sostituzioni il PSG mette il lucchetto alla finale: ancora una volta Dembélé domina il gioco a suo piacimento, e attira a sé i difensori dell’Inter, il francese imbuca per Vitinha che porta palla per metà campo, prima di appoggiare verso Doué, destro piazzato sul primo palo e discorso archiviato. Prestazione totale del gioiello francese, che esce qualche minuto dopo, accompagnato dalla standing ovation del suo pubblico e dal cinque di Barcola, pronto a seminare ulteriormente il panico tra le maglie nerazzurre. Inzaghi termina le sostituzioni con Asllani al posto di Calhanoglu, uscito acciaccato per un problema fisico. L’Inter si sgretola con il passare dei minuti, e il nervosismo comincia a prevalere sulla ragione, a tal punto che Kovacs mette mano al taschino più volte. Al 73′ i parigini debordano con Kvaratskhelia: l’azione parte dal basso, e il fraseggio porta fuori la linea di difesa dell’Inter -stranamente alta, il solito Dembélé dipinge calcio a tutto tondo, filtrante per Kvara che arriva fino all’area piccola, il mancino del georgiano buca Sommer sul primo palo. 4-0 PSG, dominio assoluto. L’Inter cerca il gol della bandiera, e in quel momento emerge l’altro top player del roster parigino: Gigio Donnarumma. Il portiere italiano mette i suoi guanti su un destro piazzato di Thuram, e nega il gol della bandiera al francese. Nelle retrovie l’Inter fa sempre più acqua, a tal punto che Barcola semina i difensori come se fossero birilli, ma davanti a Sommer calcia clamorosamente fuori, a due passi dalla porta. Con la gara in cassaforte -già dal decimo minuto in verità- Luis Enrique adopera tre cambi, che ancora una volta danno frutti meravigliosi. A cinque dal termine i parigini muovono palla attorno all’area, Barcola imbuca per il neo-entrato Mayulu che calcia forte e batte Sommer per la quinta volta. CINQUE a zero, un risultato clamoroso.

Un dominio incontrastato, dal primo all’ultimo minuto. Il PSG è stato superiore in tutto, dalla gestione tattica al controllo emotivo della gara. Con la forza delle idee, coordinato da un’insieme di perle preziose, Luis Enrique si conferma ancora una volta una garanzia per questa competizione. Il tecnico spagnolo non ha mai perso una finale in carriera, e il modo con cui il Paris Saint-Germain si è sbarazzato dell’Inter rimarrà negli annali della Champions League. Prima coppa in bacheca per il club francese, che quest’anno chiude la stagione con il triplete, dopo i successi in Ligue 1 e Coupe De France. Dall’altra parte l’Inter esce fracassata dal prato di Monaco di Baviera, per una sconfitta che peserà tantissimo per le modalità e per l’approccio alla partita. Un’Inter irriconoscibile, che però si è dovuto arrendere di fronte alla freschezza e alla qualità incredibile del Paris Saint-Germain. Stagione da zero tituliper dirla alla Mourinho, per la squadra di Inzaghi, che adesso dovrà sciogliere le riserve sul proprio futuro. Sipario per un’altra grande stagione di calcio europeo, con la nuova edizione della Champions che ha aggiunto all’albo un nuovo vincitore e uno spettacolo sempre più appassionante.

 

Continue Reading

Facebook

Altri articoli in ‘Calcio’

Trending

Copyright © 2024 - by Exit Web Systems

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità.
Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001.