Calcio
E alla fine arriva Gabbia! Il Milan vince il derby della Madonnina

Nel secondo big match della quinta giornata il Milan batte l’Inter 2-1 e si aggiudica il Derby della Madonnina. Al vantaggio iniziale di Pulisic aveva risposto il diagonale di Dimarco, ma nel finale il colpo di testa di Gabbia permette ai rossoneri di tornare alla vittoria in un derby dopo sei sconfitte consecutive.
Nel rovente clima di San Siro le due squadre arrivano al primo, grande, appuntamento del campionato. La scelta di Fonseca di affidarsi alla coppia Abraham-Morata, rinunciando a Loftus-Cheek in mediana, sembra pagare nei primi minuti perché i rossoneri riescono a sorprende la squadra di Inzaghi, con il movimento in mezzo al campo di Pulisic che manda in tilt le marcature dei giocatori dell’Inter, e al 10’ è proprio lo statunitense a sbloccare il derby, con una serpentina in mezzo ai difensori nerazzurri e un tocco di punta che batte Sommer. Il vantaggio sembra spezzare le gambe ai nerazzurri, visti i tanti errori in fase di impostazione e in fase di pressing (a Manchester avevano permesso all’Inter di mettere in gran difficoltà la squadra di Guardiola), però la squadra di Inzaghi non si scompone e comincia a trovare soluzioni nei lanci lunghi da esterno a esterno, per sfruttare la compattezza centrale del Milan che non riesce a seguire i movimenti di Dimarco e Dumfries. Al 28’ Barella cambia gioco verso Dimarco che serve di prima Lautaro, abile nel saltare Gabbia e servire Dimarco, libero di controllare incrociare alle spalle di Maignan, per un pareggio che rimette in gara i nerazzurri ed equilibra un derby che sembra aver cambiato inerzia. Contro ogni pronostico, il centrocampo dell’Inter sembra in difficoltà contro i movimenti continui di Morata e Pulisic, testimoniati dai due cartellini gialli di Mikitharyan e Calhanoglu per falli tattici. Al 41’ l’Inter sfiora il sorpasso, con la sponda di Lautaro per il destro incrociato di Thuram, dove è necessario un intervento strepitoso di Maignan a evitare il quinto sigillo in campionato del numero 9 nerazzurro.
La ripresa si apre subito con un guizzo del Milan, con Emerson Royal che crossa al centro dove Leao incorna di testa ed è provvidenziale Sommer in tuffo. Così come nel primo tempo, anche al rientro dagli spogliatoi il Milan cerca di imporsi sul piano del gioco e sull’agonismo, e l’Inter sembra approcciare nuovamente in maniera ‘pigra’ rispetto alle solite prestazioni accese ed eccelse. Inzaghi sceglie la via del pragmatismo e all’ora di gioco decide di richiamare in panchina Calhanoglu e Mikitharyan, entrambi ammoniti, per inserire Asllani e Frattesi, oltre alla staffetta Dumfries-Darmian. Al 74′ è ancora il Milan a sfiorare il vantaggio, con il contropiede guidato da Abraham e Leao, che conclude verso la porta di Sommer che risponde in tuffo. Al 76′ Reijnders illumina in verticale per l’inserimento di Abraham, sfilato alle spalle di Acerbi, che chiude troppo la conclusione e calcia a un passo dal secondo palo. Nel finale l’Inter, nonostante i cambi di Inzaghi, continua a rimanere compassata al cospetto di un Milan molto audace e coraggioso. All’88’ i rossoneri trovano il vantaggio, con il calcio di punizione di Reijnders che pesca l’incornata di Gabbia sul primo palo, dove Sommer non può arrivare. Nel finale l’Inter si getta completamente in avanti ma la difesa rossonera tiene e in contropiede sfiora il terzo gol, con Okafor che calcia fuori su assist di Chukwueze.
Vittoria di morale per il Milan, al termine di una settimana contraddistinta dal k.o in Champions contro il Liverpool. La scelta di cambiare modulo ha dato ragione a Fonseca che è riuscito a imbrigliare l’Inter, in continua difficoltà soprattutto a centrocampo. La squadra di Inzaghi confeziona la prima sconfitta stagionale, e la prestazione altamente incolore apre un dibattito sulla titolarità e la centralità di alcuni giocatori, apparsi fuori condizione. Il pareggio di Manchester sembrava indirizzare definitivamente la stagione dei campioni d’Italia, che adesso sono chiamati a dare un segnale forte al campionato e alla propria stagione. Tre punti che permettono al Milan di agganciare l’Inter a quota 8 punti e adesso il campionato ha una nuova capolista, con il Torino di Vanoli che rimane saldo al primo posto in classifica.
Calcio
Agli azzurri non basta il gol di Anguissa. Una magia di Ndoye frena il Napoli

La cavalcata di Anguissa e la prodezza di tacco di Ndoye regalano spettacolo al Dall’Ara. La super sfida valida sia per la lotta scudetto, sia per la corsa Champions, termina in parità.
Un Napoli privo di Conte, Buongiorno e Meret, affronta nel posticipo della trentunesima giornata la squadra più in forma dell’ultimo periodo di campionato. Con la finale di Coppa Italia già in tasca dopo il netto tris rifilato all’Empoli, il Bologna passa i primi minuti di gioco limitandosi costruire. Tutt’altro invece l’approccio del Napoli, che inizia la gara aggredendo gli avversari. Il brutto e rischioso intervento di Lukaku su Orsolini, i tre corner consecutivi del Bologna e il contropiede di Neres stoppato dall’intervento di Holm, caratterizzano i primi quindici minuti di una gara equilibrata ma ricca di intensità. Con il passare dei minuti, cresce il gioco del Napoli, che approfitta di un disimpegno errato di Ndoye per attaccare la difesa avversaria tramite il colpo di tacco di Lukaku, il filtrante di Scott McTominay propizia la conclusione di Neres, che termina alta. La ‘garra‘ napoletana trova successo al 18’, quando Anguissa sgomita tra Lucumi e Holm e scatta verso la prta, riuscendo anche a superare Skorupski e appoggiare in porta il tiro che vale il gol del vantaggio. Durante l’uno contro uno tra il centrocampista camerunese e il portiere polacco, il Bologna è costretto a fare il primo cambio a causa dell’infortunio di Skorupski, sostituito da Ravaglia al 25′. Forte del gol del vantaggio e consapevole dell’importanza della sfida, il Napoli non abbassa il ritmo del gioco, sfruttando in più occasioni gli spazi lasciati liberi dalla difesa di casa. A rendersi protagonista nella seconda parte del primo tempo è proprio il neo entrato Ravaglia, autore di una parata miracolosa sulla conclusione di McTominay e di un intervento che trattiene il risultato sull’uno a zero nell’occasione a tu per tu tra il portiere rossoblù e Politano. Nell’ultima azione prima del duplice fischio, il Bologna assedia l’area di rigore avversaria, sfiorando il gol del pareggio con la conclusione di Aebischer, terminata di poco alta sopra la porta difesa da Scuffet.
Nella ripresa, a partire meglio è il Bologna, che riesce a rendersi pericoloso in più situazioni grazie all’efficacia degli esterni, alla spinta dei terzini e alla fisicita di Odgaard e Dallinga. Nel momento del bisogno, il Dall’Ara prende le vesti del dodicesimo uomo in campo, incitando e sostenendo la squadra. A mezz’ora dalla fine, l’intervento di Scuffet salva il Napoli con un’intervento che arriva dopo un corner battuto a rientrare da Miranda e raccolto con una spizzata da Lucumi. Il forcing dei padroni di casa continua grazie ad Orsolini, reduce da una serie di prestazioni eccezionali e protagonista di una conclusione mancina al volo che spaventa tutta la retroguardia del Napoli. Dopo le grandissime occasioni di Lucumi e Orsolini, i felsinei trovano il meritato gol del pareggio grazie ad una magia di tacco di Ndoye, azione nata da un filtrante di Miranda per Odgaard che serve un cross basso e preciso per il colpo di tacco vincente dell’esterno svizzero. Ferito dal goal del pareggio, il Napoli prova a reagire, sbattendo però più volte contro un Bologna che non si accontenta. La stanchezza fisica e mentale degli azzurri è evidente, infatti al settantesimo minuto, Stellini sostituisce unacciaccato McTominay per Gilmour, nel tentativo di rivitalizzare un centrocampo che si è spento gradualmente nel secondo tempo. Oltre al Napoli, anche Vincenzo Italiano decide di mettere mano alla panchina, buttando nella mischia Castro, in campo al posto di Dallinga. Qualche istante dopo, l’intervento irregolare di Olivera su Cambiaghi viene giudicato irregolare dal direttore di gara, che è costretto a estrarre il cartellino giallo per il terzino uruguaiano. Sugli sviluppi del calcio di punizione, il Bologna sfiora il gol del vantaggio con Miranda, che calcia direttamente da calcio piazzato e spaventa la difesa avversaria con una traiettoria insidiosa, respinta con un pugno da Scuffet. Le ultime mosse di Italiano sono gli ingressi di Fabbian e Dominguez, quest’ultimo autore di un numero su Anguissa che costringe il centrocampista azzurro ad effettuare un fallo tattico, che gli costa il giallo. A trenta secondi dall’assegnazione del recupero, Castro va vicinissimo al gol del 2-1 mancando la porta dopo la respinta di Scuffet sul colpo di testa di Holm. Prima del fischio finale, il Napoli ha l’opportunità di raggiungere la vittoria con la conclusione di Raspadori deviata verso la porta da Olivera, tiro che non viene bloccato da Ravaglia e che offre a Rrahmani la possibilità di ribattere in porta, sprecando però clamorosamente l’occasione calciando malissimo.
Con questo pareggio, sia il Napoli che il Bologna sprecano l’opportunità di accorciare sulle rivali. Il pareggio di Fiorentina, Milan, Juve e Roma, poteva offrire al Bologna la possibilità di diventare una delle pretendenti principali per un posto in Champions, sfida che adesso si fa più viva che mai. Dopo il pareggio dei nerazzurri a Parma, il Napoli spreca un enorme possibilità di avvicinarsi pericolosamente ai nerazzurri, impegnati sia in Champions League che in Coppa Italia.
Calcio
Shomurodov replica a Locatelli. Ranieri riacciuffa la Juve grazie alla panchina

La Juventus di Igor Tudor ferma la Roma di Claudio Ranieri. Dopo il successo sul Genoa, i bianconeri ritrovano il pareggio, risultato fin troppo abituale nell’era di Thiago Motta. A fare notizia, però, è la striscia di vittorie dei giallorossi, che si ferma a sette successi consecutivi.
Trova conferme il blocco visto nell’esordio contro il Genoa ad eccezione di Koopmeiners, sostituito da Weah sull’esterno di destra, con conseguente avanzamento di Nico Gonzalez. Ranieri è costretto a rinunciare allo squalificato Saelemaekers, rimpiazzato da Celik, mentre in avanti El Shaarawy rileva capitan Pellegrini.
Fin dalle prime giocate, il ritmo è molto alto da entrambe le parti. Le prime indicazioni mostrate contro il Genoa si confermano anche nell’avvio di gara dell’Olimpico: un continuo scambio di posizioni, e soprattutto una riaggressione rapida e feroce sui portatori di palla giallorossi. L’ago della bilancia della manovra bianconera è Nico Gonzalez, molto vivace e movimentato alle spalle di Vlahovic, ed è la sua posizione che crea confusione nella difesa giallorossa. Le due squadre giocano a specchio, entrambe giocano a uomo e le offensive si sviluppano in un fazzoletto, con gli attaccanti bianconeri che cercano di muovere le pedine giallorosse con qualità e velocità. La Roma si affida alla giocata codificata verso Dovbyk, inizialmente marcato senza troppe difficoltà da Renato Veiga, ma con il passare dei minuti la squadra di Ranieri trova spazio nelle incursioni laterali di Celik e Soulé. La prima vera occasione è proprio dei padroni di casa, con Dovbyk che protegge la palla all’interno dell’area e apparecchia sulla sinistra per l’arrivo di Cristante, il centrocampista calcia di prima intenzione ma trova l’opposizione provvidenziale di Kalulu. Dopo la prima fase di sostanziale equilibrio, le due squadre cominciano a concedere molto spazio, ed è su questo fondamentale che la Juve sembra costruire le occasioni principali, come quella capitata a Nico Gonzalez alla mezz’ora: Yildiz allarga verso Weah, lo statunitense si porta il pallone sul destro e crossa sul primo palo, Nico Gonzalez rientra dal fuorigioco e colpisce benissimo in avvitamento, riflesso sensazionale di Svilar che allunga il pallone sul palo. Al 36′ Dovbyk mantiene a distanza Veiga, appoggia per Soulé che crossa subito in mezzo, El Shaarawy prende il tempo a Kalulu e impatta di testa, palla che si stampa sulla parte esterna del palo. Tre minuti più tardi la Juve trova il vantaggio: Vlahovic pulisce benissimo un pallone a centrocampo, allarga su McKennie che velocizza l’azione verso Kalulu, il cross del francese viene respinto dalla difesa e al limite Locatelli arriva in corsa, si coordina a meraviglia e buca Svilar. Olimpico che si rivela fertile per il centrocampista italiano, che nel 2023 aveva già timbrato il cartellino nella rimonta rocambolesca dei bianconeri (da 3-1 a 3-4, Locatelli segnò il gol del 3-2). Nel recupero la Roma si riversa in avanti, ma non riesce a impensierire Di Gregorio. Prima del fischio di Colombo, proteste giallorosse per un fallo di mano di Kelly su una conclusione di El Shaarawy, ma il tocco del difensore bianconero avviene con il braccio attaccato alla figura, pertanto non punibile.
Nella ripresa Ranieri cambia subito il volto della sua Roma: fuori Hummels, dentro Shomurodov e passaggio alla difesa a quattro. Termina all’intervallo lo schieramento a specchio, che aveva concesso troppi spazi agli attaccanti della Juve, soprattutto nelle fasce, in cui si sono sviluppati tutti gli episodi tra cui il vantaggio di Locatelli. Le squadre si allungano subito al rientro dagli spogliatoi, ci sono tanti spazi in mezzo al campo e tutte e due le squadre cercano di approfittarne. Al 48′ la Roma pareggia subito: corner di Soulé verso Ndicka, lasciato completamente solo dalla difesa della Juve, il colpo di testa dell’ivoriano viene respinto da Di Gregorio che non può nulla sulla ribattuta vincente di Shomurodov. La mossa di Ranieri paga subito, anche se la difesa della Juve ha più di qualche colpa per la troppa libertà concessa a Ndicka. Di colpo l’Olimpico si riaccende, e di conseguenza anche la Roma, che cerca di cavalcare l’onda emotiva e sfruttare la prima vera fase di confusione dei bianconeri, richiamati più volte da Tudor a causa della poca lucidità nel momento della gestione del pallone. Nonostante il buon momento, Ranieri decide di muovere ancora la propria panchina, e il cambio -doppio- è tutt’altro che scontato: fuori Cristante e El Shaarawy, dentro Paredes e Gourna-Douath. La mossa del tecnico giallorosso mira a rimpolpare il centrocampo con un metronomo (Paredes) e un mastino (Douath), in modo tale da avere la superiorità numerica in mezzo al campo. Tudor risponde con tre cambi: Koopmeiners, Cambiaso e Kolo Muani al posto di Nico Gonzalez, Weah e Vlahovic. Con le tre mosse il baricentro dei bianconeri torna a essere alto, forse anche troppo vista l’occasione che stava per mandare Gourna-Douath a tu per tu con Di Gregorio (chiusura preziosa di Kalulu). Lo scacchiere giallorosso viene ritoccato nuovamente poiché Celik abbandona il campo per un problema fisico e Ranieri sceglie Nelsson; Sponda bianconera invece Tudor sostituisce Locatelli con Savona e accentra McKennie al fianco di Thuram. Il ritmo rimane stabile nonostante la girandola di cambi, e la sensazione è che la gara possa prendere qualsiasi strada. L’ultima mossa di Ranieri è l’inserimento di Baldanzi al posto di Dovbyk per passare a un 5-4-1 compatto e unito. Nei tre minuti di recupero non succede nulla.
Replicato il pareggio dell’andata, anche se in questi mesi è cambiato praticamente tutto. Prosegue la striscia di risultati utili della Roma di Ranieri, anche se si ferma a sette la serie di successi consecutivi dei capitolini. Una vittoria sulla Juve avrebbe portato i giallorossi a pari punti con i bianconeri e la Lazio, che oggi ha vinto a Bergamo. La settimana del derby capitolino si preannuncia decisivo per le speranze Champions di Roma e Lazio. Dall’altra parte la Juve fallisce il sorpasso momentaneo sul Bologna, impegnato domani al Dall’Ara contro il Napoli, ma rimane al quinto posto a quota 56 punti, proprio a pari punti con la squadra di Vincenzo Italiano.
Pareggio che per quanto visto in campo è il risultato corretto. Gara intensa ed equilibrata, dove le due squadre si sono prima annullate e poi colpite grazie alle reti di Locatelli e Shomurodov. Dopo un ottimo primo tempo, in cui la Juve era riuscita a essere dominante nel possesso del pallone e nella riannessione del pallone stesso, la Roma rinasce grazie alla solita lettura precisa ed efficiente di Ranieri, che prima cambia modulo e poi trova il guizzo vincente con Shomurodov. Le assenze di Dybala e Saelemaekers hanno tolto qualità alla manovra giallorossa, allora il coraggio e l’astuzia del più romano dei romani ha permesso alla Roma di mantenere l’occhio sul quarto posto, distante al momento tre punti. Buoni segnali per la seconda Juve di Tudor, con l’unica pecca contrassegnata dalla poca attenzione nella marcatura in occasione del pareggio di Shomurodov. Sul piano agonistico la gara dei bianconeri è stata intensa, a tratti dominante, ma adesso è richiesta maggiore qualità nella trequarti, specialmente nell’ultimo passaggio.
Calcio
Coppa Italia, semifinali d’andata: Tris del Bologna, le milanesi si giocano tutto al ritorno

Empoli-Bologna (A cura di Tommaso Patti)
Tre gol per archiviare la finale. Dallinga e Orsolini fanno sognare il Bologna
In un sfida storica per entrambe le squadre, l’andata tra Empoli e Bologna termina con un sonoro tre a zero per i rossoblù. Dopo aver raggiunto per la prima volta la semifinale di Coppa Italia eliminando a sorpresa la Juventus, l’Empoli ospita il Bologna nella prima semifinale d’andata in programma. D’altro campo, anche per i rossoblù la sfida ha un sapore particolare: l’ultimo trionfo dei felsinei risale addirittura alla stagione 1973/74 nel match vinto ai rigori contro il Palermo. Il cammino delle due outsider ha visto oltre all’eliminazione della Juve per mano dei toscani, anche l’eliminazione dell’Atalanta sotto il segna del ‘Totò’ Castro nel turno precedente. Già dai primi minuti di gioco, la superiorità del Bologna si vide a occhio nudo rispetto ai padroni di casa, che affrontano comunque un buon inizio di gara, supportati da un Castellani sold out per una delle sfide più importanti della storia del club. Nonostante un iniziale equilibrio in mezzo al campo, il Bologna si dimostra più caparbio nell’attaccare la difesa avversaria, andando vicino al gol del vantaggio con Orsolini, abile nell’attaccare la profondità e prendere il tempo alla difesa di casa, ma non abbastanza preciso nel piazzare il diagonale che poteva valere il vantaggio rossoblu dopo appena due minuti. La conclusione di Orsolini, senza dubbio l’uomo più in forma della propria squadra, non demoralizza l’Empoli, che sfrutta lo scatto di Colombo per far salire la propria linea difensiva. La fame del Bologna di aggredire subito l’avversario si ripete, e questa volta i felsinei trovano la rete del vantaggio con Orsolini dopo un’azione nata da un cross di Odgaard che non viene raccolto da Dallinga, ma viene raccolto dal numero sette rossoblu che batte Seghetti e sigla l’1-0. Il gol subito sembra non toccare i giocatori dell’Empoli, che provano a reagire sfruttando l’abilità dei propri esterni. Proprio come una grande squadra però, il Bologna sente il momento di difficoltà degli azzurri e sferra l’ennesimo attacco dall’out di sinistra con Miranda, che manda in porta Dallinga, autore un gol importantissimo per indirizzare subito la partita, e fatale per il morale dell’Empoli, sotto di due gol dopo meno di mezz’ora. Seppur con due stati d’animo, sia i cinquemila tifosi provenienti da Bologna, sia i quindicimila spettatori di casa, sostengono la propria squadra, creando una bellissima atmosfera al Castellani. Prima dell’intervallo, Solbakken riceve una spizzata di testa da parte di Fazzini, che lancia l’ex romanista verso la porta, difesa perfettamente da Skorupski al momento della conclusione del norvegese. Dato il momento di difficoltà, D’Aversa richiama i propri giocatori, incitandoli a non abbassare la guardia e a non buttare la palla come già accaduto in gran parte del primo tempo.
Con solamente il 25% di possesso palla, D’Aversa decide di cambiare qualcosa, togliendo dal campo due classi 2006 (Bacci e Tosto), ed inserire Pezzella e Sambia, nel tentativo di dare alla propria squadra maggiore esperienza e una capacità superiore nel tenere e giocare il pallone. Oltre ai due centravanti, lo schema degli azzurri è quello di portare sulla linea degli attaccanti anche un centrocampista, in questo caso Sambia, autore di una buona giocata nella prima occasione importante della ripresa.
Nel miglior momento degli azzurri, il Bologna cala il tris grazie al pallone di Odgaard che lancia in profondità Ndoye, bravo nel servire a centro area Dallinga, che da due passi non sbaglia e segna la sua seconda rete della serata.
Nonostante il tre gol di svantaggio, l’idea dell’Empoli di aggiungere una pedina in più all’attacco sembra una chiave tattica funzionale: lo scambio tra Colombo e Gyasi manda in tilt la difesa rossoblu, salvati dall’ennesimo intervento di Skorupski. Nei restanti minuti di gara, il Bologna va più volte vicino alla quarta rete con il tiro di Dallinga murato da Seghetti a pochi centimetri dalla linea di porta, e successivamente con la conclusione del neo entrato Cambiaghi che termina sul primo palo. Dopo quattro minuti di recupero, termina una sfida ricca di occasioni da entrambe le parti, ma a senso unico dal punto di vista realizzativo e della finalizzazione.
Per l’Empoli era già un grandissimo risultato essere tra le prime quattro squadre della Coppa Italia, ma il cammino dei toscani terminerà con molta probabilità nella sfida di ritorno prevista per il 24 aprile. Sempre con alta probabilità, il Bologna strapperà il pass per la finale, che si terrà allo stadio Olimpico di Roma il 14 maggio. L’ennesima prestazione di altissimo livello di Dallinga e Orsolini, permette agli uomini di Italiano di sognare ancora una volta in grande, forti della consapevolezza dei propri mezzi e di una rosa che contiene sempre di più un mix equilibrato di giovani talenti e calciatori con grandissima esperienza, quest’ultima che può essere una chiave importantissima per il Bologna per riuscire a sfatare il mito della finale o addirittura della vittoria.
Milan-Inter (A cura di Marco Rizzuto)
Il derby di Milano si accende gradualmente, ma la vera esplosione è rimandata al ritorno. Calhanoglu replica ad Abraham, rendendo il pronostico sulla finalista più incerto che mai.
Dopo la doppia eliminazione delle romane ai quarti di finale di Coppa Italia a febbraio, Inter e Milan si affrontano nel derby che chiude la fase d’andata della final four. L’incontro si prospetta sin da subito interessante, dati i tre incontri disputati precedentemente nel corso della stagione odierna, che vedono i rossoneri imbattuti, con il trofeo della Supercoppa Italiana scucito ai nerazzurri in finale. La fase inziale dell’incontro vede regnare l’equilibrio ma nonostante ciò, non mancano le occasioni da gol da entrambe le fazioni. Si alternano fasi di ripartenze e contropiedi a veri e propri coast to coast da una difesa all’altra. Il palleggio nerazzurro, almeno inizialmente, non riesce ad imporsi, complice l’assenza tra i titolari di Mkhitaryan. Al suo posto Frattesi, mezz’ala molto più frenetica in mezzo al campo, imprecisa nel mantenere la stessa lucidità da palleggiatore, dote aggiunta dell’armeno. Questa mancanza permette ai ragazzi di Conceicao la riconquista di diversi palloni nella metà campo avversaria, smorzando i contropiedi avversari e favorendo le incursioni rossonere. La più grande palla gol dei diavoli passa tra i piedi di Reijnders: di no look favorisce l’inserimento di Leao che col piede debole prova la rasoiata sul secondo palo, deviata in angolo da un’ottimo intervento di Martinez. Con lo scorrere delle lancette, il derby entra nel vivo mostrandosi sempre più colorato e regalando maggiore agonismo e spettacolo, nonostante le tante assenze. Nell’ultimo minuto del primo tempo l’Inter replica costringendo Maignan al miracolo: Thuram si svincola bene in area di rigore e crossa in mezzo per Frattesi, l’estremo difensore francese sventa in tuffo negando il vantaggio allo scadere
Con l’inizio della ripresa, lo spettacolo sale ulteriormente di livello e il Milan spezza il ghiaccio dopo appena due minuti: la sfera rimpalla tra Fofana e Frattesi favorendo Abraham, che brucia Bisseck prendendo posizione dentro l’area e battendo Martinez sul palo lontano. L’inglese sigla la sua terza rete in Coppa Italia in sole due presenze, caricandosi la squadra sulle spalle in questa competizione. Il gol subito dai nerazzurri costringe Inzaghi a mettere mano alla panchina anzitempo, tre cambi mirati con l’obiettivo di rendere più offensiva e cinica la sua formazione: Mkhitaryan per Frattesi, Zalewski per Carlos Augusto e Pavard per l’ammonito Bisseck. Le scelte di Simone Inzaghi si rivelano propedeutiche e i nerazzurri la pareggiano poco prima del 70′: Barella pesca Correa in centro area, l’argentino serve a rimorchio al limite Calhanoglu che mette in mostra le straordinarie doti balistiche con una fucilata che buca Maignan. La rete del pareggio suona l’allarme nella panchina dei rossoneri. Conceicao infatti, effettua prontamente la prima sostituzione, richiamando in panchina Jiménez per Sottil. Ad un quarto d’ora dal triplice fischio, Gimenez e Joao Felix subentrano per Abraham e un insufficiente Pulisic. La fase finale della gara rischia di diventare un vero e proprio incubo ad occhi aperti per il Milan: il pallone messo in mezzo da Thuram spiove al centro dell’area e Walker liscia clamorosamente il pallone, spalancando la porta a Zalewski che deve solo appoggiare da pochi metri, ma Maignan, nega la rete con un uscita monumentale che salva i rossoneri, ancora scossi dalla rete del pareggio. A cinque dalla fine, Leao chiude la sua partita sfiorando l’eurogol a giro, ma il pallone termina di poco a fil di palo, poi il portoghese abbandona il campo facendo spazio a Chukwueze. Allo scadere del terzo minuto di recupero, l’arbitro Fabbri rinvia tutto al match di ritorno che prospetta grande spettacolo. I nerazzurri di Inzaghi restano l’unico club italiano ancora in corsa su tutti e tre i fronti, mentre i rossoneri si preparano a dare il tutto per tutto nei 90 minuti decisivi del 23 aprile. Inoltre, un dato incredibile continua a ‘perseguitare’ il Milan: le Semifinali d’andata di Coppa Italia sono un binomio indigesto, che non hanno mai portato una vittoria ai rossoneri nella loro storia.
Questo pareggio più che giusto, rispecchia a pieno l’andamento della gara. Nella prima frazione i ragazzi di Conceicao hanno preso bene le misure agli avversari, facendo leggermente meglio dei nerazzurri. La situazione si è ribaltata con i cambi di Inzaghi dopo il vantaggio rossonero. La rete di Abraham (al momento infermabile in Coppa Italia), ha costretto il ‘demone di Piacenza’ a ricostruire il classico trio della metà campo nerazzurra. Con l’ingresso di Mkhitaryan, i nerazzurri hanno ritrovato la chiave per sovrastare la controparte rossonera, riuscendo ad imporsi per possesso palla e pericolosità. Tra i grandi protagonisti di questo derby d’andata, impossibile non citare Abraham e Maignan per i rossoneri. Come Holly e Benji, il primo trascina la squadra in avanti, mentre l’estremo difensore si distingue per diversi interventi decisivi ai fini del risultato finale. Insufficiente la prestazione di Pulisic, che non è riuscito ad impattare quanto sperato nella trequarti. Tra le fila nerazzurre, Calhanoglu si è reso protagonista siglando il gol del pari con una bordata dal limite, imparabile per Maignan. Tuttavia, è importante sottolineare anche l’importante prestazione di Correa. L’assenza di Lautaro Martinez pesava, ma tra sacrificio e qualità non ha sfigurato, servendo l’assist per il pareggio. Da matita rossa la prestazione di Frattesi, facilitando il lavoro degli avversari nel primo tempo.
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