Calcio
Boniface punisce un Milan coraggioso. Poker nerazzurro contro la Stella Rossa
Nella prima notte di Champions della seconda giornata, l’Inter vince e convince in casa contro la Stella Rossa. Il Milan perde 1-0 contro i campioni di Germania del Bayer Leverkusen dopo una gara audace ed intraprendente.
Bayer Leverkusen-Milan
Fin dalle prime battute la partita è molto accesa, con il Milan che cerca di controllare il pallone con il continuo movimento convergente al centro di Leao e Pulisic, e l’attacco allo spazio di Reijnders in proiezione offensiva (coperto da Loftus-Cheek, titolare al posto dell’acciaccato Morata). Il Leverkusen però sa come punire e in che modo scoprire la difesa rossonera. Le prime due occasioni sono entrambe di marca tedesca e in entrambe le occasioni Maignan risponde presente, prima su Boniface e poi su Hincapié nel calcio d’angolo successivo. La continua ricerca di verticalità delle Aspirine costringe il Milan a rannicchiarsi nella propria metà campo, ed è nel centro del campo che comincia a levitare Florian Wirtz, sempre guizzante e pericoloso con i suoi filtranti taglienti. Al 20′ il Bayer Leverkusen trova il vantaggio con Boniface, ma la rete viene annullata per fuorigioco iniziale di Frimpong. Il fuorigioco ravvisato dal VAR presenta un aspetto tattico su cui il Milan mostra particolare difficoltà: le posizioni molto larghe sugli esterni di Grimaldo e Frimpong, su cui la marcatura della difesa rossonera è sempre fuori tempo, e la squadra di Xabi Alonso prova a sfruttare costantemente due dei protagonisti della cavalcata della scorsa stagione, terminata con la prima storica vittoria della Bundesliga. Il primo squillo dei rossoneri arriva al 40′ con una punizione battuta rapidamente da Fofana verso Reijnders, abile nel servire il pallone a Pulisic che però non impensierisce particolarmente Hradecky. La ripresa si apre sugli stessi schemi e ritmi del primo, e dopo tre minuti il Leverkusen sfiora il vantaggio, con un recupero alto su una costruzione disastrosa di Theo Hernandez, ma il diagonale di Wirtz trova i guanti di Maignan. La gioia delle Aspirine è rimandata di due minuti, perché al 50′ Grimaldo serve dentro l’area Frimpong e dopo la conclusione dell’olandese, respinta da Maignan, Boniface insacca a porta vuota. La reazione dei rossoneri arriva al 55′ con l’imbucata di Pulisic per Reijnders, che tentenna un po’ e poi calcia addosso a Hradecky, provvidenziale nel respingere con il pugno. Rispetto al primo tempo il Milan appare più coraggioso e intraprendente, e il Leverkusen sembra accusare in un primo momento l’audacia dei rossoneri. Fonseca decide di non cambiare modulo e all’ora di gioco effettua la staffetta tra Abraham e Morata. Al 75′ il Leverkusen fallisce l’occasione per raddoppiare, con la conclusione di Frimpong che termina fuori da ottima posizione. All’81′ il Milan flirta con il pareggio con una conclusione radente di Theo, deviata da Xhaka, che sbatte sulla traversa, e nella ribattuta Morata non riesce a inquadrare lo specchio della porta di testa. Sconfitta amara per il Milan di Fonseca, che continua a confermare il buon momento di forma delle ultime settimane, nonostante il risultato. La prestazione dei rossoneri nel secondo tempo è riuscito a mettere in difficoltà la difesa tedesca, e al Milan è mancato solamente il gol. Adesso i rossoneri sono chiamati a confermare il buon momento di forma in campionato e cominciare a conquistare punti per scalare la classifica di questa nuova Champions League.
Inter-Stella Rossa (A cura di Tommaso Patti)
Il match del Meazza vede l’Inter sfidare la Stella Rossa, prima in classifica e reduci da una grandissima vittoria ottenuta nel derby contro il Partizan Belgrado. I nerazzurri, anch’essi reduci da un’importante vittoria, approcciano la gara nello stesso modo della trasferta di Udine, riversandosi subito nell’area di rigore avversaria ma schierando sette volti nuovi, tra cui De Vrij, Taremi, Carlos Augusto, Zieliński e Arnautovic, quest’ultimo subito pericoloso sugli sviluppi di un calcio di punizione dove, il cross di Zieliński, viene percepito in fuorigioco dall’attaccante austriaco. Al 10′, nuovamente da calcio di punizione, l’Inter la sblocca con una prodezza di Çalhanoğlu, il turco sorprende la retroguardia avversaria calciando di potenza sul lato del portiere Glazer, ingannato anche dalla deviazione della barriera. Con il passare dei minuti, la Stella Rossa prova a reagire senza mai riuscire a dettare il gioco, subendo anche il secondo gol da Dumfries ma, anche la rete dell’esterno olandese, viene revocata dal direttore di gara. Sul finale del primo tempo, Taremi ruba un pallone sanguinoso, riesce a servire Mkhitaryan che però spreca a tu per tu contro Glazer. Prima del duplice fischio, la Stella Rossa si rende pericolosa in due occasioni, il tiro di punta di Silas prima e la conclusione larga di Elsnik poi, spaventano Sommer senza però lasciare il segno sul tabellino di gioco. Dopo un primo tempo segnato da alcuni errori e da qualche fischio, ritrova il gol Marko Arnautovic. L’azione del 2-0 nasce da un recupero palla di Taremi che, scippa la sfera a Krunic e serve l’attaccante austriaco, la quale questa volta non sbaglia. Inzaghi butta nella mischia Lautaro, che va subito in gol, decisivo l’ennesimo recupero palla di Taremi. Nonostante il 3-0, i nerazzurri attaccanti e vanno vicini al poker con il classico fraseggio ‘da quinto a quinto’ tra Carlos Augusto e Dumfires ma, la conclusione dell’ex giocatore del PSV termina di poco a lato. A tredici dalla fine, dopo essersi perso la marcatura pochi minuti prima sul gol di Lautaro, Drkusic atterra in area di rigore il capitano nerazzurro. Dagli undici metri Lautaro cede il pallone a Taremi che, spiazza Glazer, e firma il suo primo gol con la maglia dell’Inter. Una prestazione di altissimo livello della squadra di Inzaghi, che risponde all’ottimo pareggio della prima giornata contro il Manchester City. La scelta di ruotare tanti uomini ha mantenuto alto il livello della prestazione dei campioni d’Italia e adesso la classifica comincia a sorridere, anche in vista dei prossimi appuntamenti.
Calcio
Kean e Sottil rispondono a un super Thuram. Pari spettacolo tra Juventus e Fiorentina
Allo Stadium la Juventus viene riacciuffata nel finale dal gran gol di Sottil. Alla doppietta di uno scatenato Thuram risponde Sottil, oltre al primo gol da ex di Moise Kean. Un pareggio che permette alla Fiorentina di concludere il 2024 al quinto posto, davanti ai bianconeri.
È una Juve pimpante già dai primi minuti, grazie al solito sviluppo bianconero verso Conceicao, marcato a vista da Parisi, scelto da Palladino al posto di Gosens. Scelte particolari da una parte e dall’altra, perché Thiago sceglie Mbangula al posto di Yildiz, e in avvio il belga mette in difficoltà Dodò con la sua velocità. Il match si gioca sul duello uomo su uomo, e a concedersi le prime sgroppate sono i difensori viola, con Comuzzo che trova spesso spazio nel centrocampo bianconero, la Juve marca i riferimenti e chiude ogni spazio. La risposta della squadra di Thiago Motta invece è pungente, perché anche Thuram si getta tra le linee, rompe i blocchi, e stavolta arriva al limite dell’area, calcia forte sul primo palo e realizza il primo gol con la maglia bianconera. La Fiorentina comincia a ritrovare coraggio e spazio, dopo un avvio piuttosto passivo, grazie al lavoro spalle alla porta di Kean. A salire di giri sono i due giocatori sulla sinistra, Parisi e Sottil, che sfruttano la superiorità numerica per mettere in difficoltà Savona. Al 38′ la Viola pareggia: Sottil apparecchia per Adli, lasciato libero dal mancato rientro di Conceicao, il francese disegna un cross perfetto sul secondo palo dove Kean impatta di testa e pareggia. Un bel momento in seguito alla rete di Kean, undicesimo centro in A, con l’attaccante italiano che si scusa con i suoi ex tifosi e lo Stadium che gli attribuisce un caloroso applauso, in risposta ai cori razzisti su Vlahovic, emessi da alcuni tifosi ospiti nei primi momenti della partita. La Juve ha l’occasione per eimettrersi subito avanti, con Vlahovic che si trova il pallone a un passo da De Gea, calcia fortissimo e lo spagnolo compie un miracolo in tuffo, chiudendo lo specchio al serbo. Prima della chiusura del primo tempo Locatelli sfiora l’incrocio dei pali, ma la conclusione del capitano della Juve termina di poco fuori. Un primo tempo giocato ad altissima intensità da una parte e dall’altra.
Nel secondo tempo la scena si ripete di nuovo: gli inserimenti sono la chiave di lettura del gioco bianconero e al 50′ Thuram si inserisce tra i difensori, sfrutta l’assist di Koopmeiners e davanti a De Gea apre il piatto e riporta avanti la Juve. Rispetto a quanto successo nella prima frazione, dopo il vantaggio la Juventus cerca di mantenere alto il ritmo per evitare una reazione della Fiorentina. All’ora di gioco entrambi gli allenatori muovono il proprio scacchiere, con Palladino che rinuncia a Gudmundsson, completamente fuori dalla partita, per Beltran. Motta risponde con Cambiaso e Yildiz per McKennie e Mbangula, ricomponendo la fascia sinistra titolare. C’è meno intensità rispetto al primo tempo, e le coppie cominciano a perdere i riferimenti. La Fiorentina cerca sempre l’esterno o la profondità verso Kean, mentre la Juve è lucida nell’aggressione e nella gestione del possesso. Tutte le transizioni della Juventus portano il nome di Kephren Thuram, dominante e prorompente in mezzo al campo. Al 74′ De Gea smanaccia su Gatti, bravo a staccare su Comuzzo e impegnare lo spagnolo. In una fase di gara poco concitata, con tanta confusione da una parte e dall’altra, la Fiorentina trova il pareggio: Kean lavora un pallone in area, cerca la porta ma viene schermato dalla difesa bianconera, la palla arriva a Sottil che sfonda la porta con il mancino al volo. Thiago Motta tenta il tutto per tutto e schiera Douglas Luiz, che trova un filtrante bellissimo verso Conceicao, il portoghese arriva vicino alla porta e trova l’ennesima opposizione di De Gea, poco lucida la gestione del numero 7 bianconero, che ha trovato il muro eretto dal portierone spagnolo.
Un pareggio intenso e ricco di occasioni. Palladino riesce a riacciuffare il pareggio con la panchina, e grazie a un Kean che si conferma sempre più importante per l’attacco della Viola. Dopo due sconfitte consecutive, la Fiorentina torna a conquistare punti. Sponda bianconera il rammarico è non aver chiuso la gara, perché nonostante il pari, la prestazione della squadra di Thiago Motta rimane di alto livello, con un Kephren Thuram in forma smagliante, che è riuscito a imporsi sfruttando i buchi lasciati dai due reparti della Fiorentina. Il pareggio al minuto 87 di Sottil ancora i bianconeri al sesto posto, mentre la Fiorentina rimane al quinto posto, a pari punti proprio con i bianconeri, ma con la gara contro l’Inter da recuperare.
Calcio
Il Super Commento della 17ª giornata di Serie A
Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della diciassettesima giornata di Serie A.
Hellas Verona – Milan (A cura di Marco Rizzuto)
In quest’anticipo del venerdì, un Milan sottotono espugna il Bentegodi conquistando la vittoria grazie a Reijnders, uomo in più sul carro di Fonseca. L’avvio vede il Verona chiudersi nella propria metà campo, blindando la porta dai primi tentativi non esaltanti dei rossoneri. Al 23′ Chukwueze tenta la conclusione da fuori, ma Montipò risponde presente bloccando in tuffo. Lo stesso Chukwueze, pochi minuti più tardi, con un brutto retropassaggio regala a Suslov l’opportunità scappare verso la porta avversaria, lo slovacco prova col mancino, ma anche qui, è l’estremo difensore a vincere il duello. Alla mezz’ora, Fonseca è costretto a sostituire l’infortunato Leao, che chiede il cambio per una noia muscolare, al suo posto, Theo Hernandez. A cinque minuti dall’intervallo, Terraciano ex di giornata, conclude dal limite verso la porta ma Montipò intuisce ed alza il pallone sopra la traversa. Il primo tempo non entusiasmante regala poche emozioni, una partita molto tattica che lascia ben poco allo spettacolo. Alla ripresa Zanetti inserisce Daniliuc e Livramento, cambiando volto all’undici iniziale. Nessun cambio per i rossoneri. Al 56′ il Milan trova il gol che indirizza la gara, l’uomo in più di questo avvio di campionato rossonero Tijani Reijnders insacca dal limite dell’area dopo essere stato servito dall’imbucata illuminante di Fofana, un filtrante verticale perfetto che buca centrocampo e difesa, trovando l’inserimento del numero quattordici, che disegna una traiettoria imprendibile per Montipò. Il Verona accenna una reazione col solito Suslov, che servito a centro area, tenta di piazzarla sul primo palo, ma Maignan attento blinda la porta. Quasi al tramonto del match, i rossoneri sfiorano il raddoppio con Jimenez, lo spagnolo in corsa salta Daniliuc e conclude col mancino dal limite, trovando l’ottima risposta di Montipò. I padroni di casa non riescono a rendersi pericolosi a causa delle ripartenze troppo lente per eludere la difesa milanista, così il triplice fischio del direttore di gara sorride ai rossoneri, che tornano alla vittoria inguaiando il Verona.
Torino – Bologna ( A cura di Dennis Rusignuolo)
Italiano non si ferma più. Un Bologna sempre più slanciato batte il Torino a domicilio e sogna l’Europa.
In avvio il Toro pressa alto, il Bologna cerca di manovrare e al sesto minuto arriva vicino al vantaggio: Piccinini non si accorge di un tocco, lieve, di Sosa su Holm, il VAR chiama e l’arbitro assegna il rigore che il totem Milinkovic-Savic para a Santiago Castro, respingendo poi la moscia ribattuta di Pobega, uno degli ex di turno. Nonostante il penalty fallito dall’argentino, il Bologna è padrone del campo, con Dominguez che si conferma una spina nel fianco per le fasce granata, che provano a rispondere alla mezz’ora: cross di Pedersen verso Borna Sosa che di controbalzo non riesce a inquadrare lo specchio della porta. Il Torino ha un’altra occasione importante con Karamoh, nata da un recupero alto di Maripan, lanciato a rete e chiuso sul più bello dal recupero lucido e intelligente di Beukema. Nel secondo tempo Italiano inserisce Fabbian per aumentare il peso del centrocampo, sempre più coinvolto nello scontro con Linetty e Ricci. In una fase di gara piena di scontri fisici e duelli in mezzo al campo, comincia a emergere con prepotenza Pobega, che spaventa l’Olimpico Grande Torino con un missile improvviso dai trenta metri sulla traversa, il pallone sbatte sul legno e sibila intorno alla linea di porta, ma l’orologio dell’arbitro non suona. Italiano inserisce Dallinga al posto di Castro, e l’olandese si attiva subito: al 72’ il Bologna sviluppa nella trequarti con Odgaard che allarga verso Miranda, il cross dello spagnolo è basso e radente verso l’area, Dallinga si inserisce alle spalle di Masina e trova la prima rete in Serie A. Il Toro è frastornato dal vantaggio rossoblù, e pochi minuti dopo subisce anche il raddoppio, con Pobega che converte in rete una palla vagante dentro l’area di rigore. Dopo un check del VAR, durato più di due minuti, sulla posizione di Dallinga, l’arbitro assegna la rete e chiude virtualmente il match. Un successo che conferma il periodo super della squadra di Italiano. Il tecnico sembra avere in mano il gruppo, e le sue rotazioni cominciano ad avere conferme. In mezzo al campo Pobega, con tutti i suoi pregi e difetti, si sta dimostrando il compagno perfetto al fianco di Freuler, mentre nella trequarti Dominguez e Odgaard stanno trovando sempre più confidenza con Castro. Continua la crisi del Torino di Vanoli. Le vicende extra-campo, con i tifosi in rotta con il presidente Cairo, sembrano coinvolgere una squadra che senza Zapata si è sciolta gara dopo gara, con il reparto offensivo che mostra una squadra con la coperta corta, e con poche soluzioni. Il Bologna adesso sogna l’Europa, e scavalca il Milan a quota 28 punti, il Torino scala al dodicesimo posto a quota 19 punti.
Genoa – Napoli (A cura di Dennis Rusignuolo)
Soffre nella ripresa, ma il vantaggio del primo tempo permette al Napoli di rimanere in scia dell’Atalanta.
La prima occasione del Napoli, anzi le prime occasioni, arrivano dopo cinque minuti con Lukaku che prima di testa da due passi colpisce la traversa e poi gira a lato da dentro l’area piccola un altro cross di Politano dalla destra. La risposta del Genoa arriva al decimo con Zanoli che crossa sul secondo palo per Vitinha che però si allunga troppo il pallone facendosi chiudere dalla difesa partenopea. Troppo grande il divario fra le due squadre e al minuto 15 il Napoli passa: discesa sulla destra di McTominay, che trova il varco per Neres, cross del brasiliano a centro area dove Anguissa in elevazione sovrasta Frendrup e segna il suo terzo gol in campionato, il secondo consecutivo dopo il sigillo di Udine. La pressione del Napoli è feroce e al 22’ è un altro colpo di testa, questa volta del centrale Rrahmani su cross di Lobotka, a battere Leali con una traiettoria lenta e beffarda. Il Genoa prova a rispondere prima con Pinamonti su punizione e poi con Badelj dal limite, ma le loro conclusioni non inquadrano lo specchio della porta di Meret. Nella ripresa il Genoa cambia volto, e il Napoli comincia a soffrire. Rispetto alla prima frazione, il Grifone è più spavaldo, organizzato, e dopo meno di due minuti Pinamonti impegna Meret. L’estremo difensore azzurro deve arrendersi alla rete del centravanti italiano al 51’, sesto centro in Serie A per Pinamonti, la cui conclusione viene deviata da Olivera e mette fuori gioco Meret. E’ il miglior momento per la squadra di casa, il Napoli reagisce a fatica, si abbassa, perde imprevedibilità, il pressing alto del Grifone dà effetto. Bani stoppa Politano al momento di entrare in area, e qui la squadra di Conte diventa troppo frenetica. Il Napoli prova a riorganizzarsi, ma al minuto 70 il Genoa va vicino al pari con il colpo di testa di Badelj, decisivo l’intervento prodigioso di Meret. Nel finale Vieira prova la carta Balotelli, e Super Mario sfiora subito il gol correggendo con il ginocchio un tiro di Ekuban, Meret respinge in tuffo. L’ultima scossa del match è un tiro di Ekuban su cui Meret, ancora una volta, fa la voce grossa. Un successo sporco e pesante per la banda di Conte, che esce da Marassi con tre punti ma con tanti spunti su cui lavorare, perché nel secondo tempo i partenopei hanno sofferto in lungo e in largo l’orgoglio e il coraggio del Genoa. Tanti rimpianti per i rossoblù, ancora alla ricerca del primo successo casalingo del campionato. La squadra di Vieira rimane imbrigliata nel treno del quindicesimo posto (al momento il Genoa è 13°).
Lecce – Lazio (A cura di Dennis Rusignuolo)
La Lazio rialza la testa al Via Del Mare contro un Lecce coraggiosissimo. In avvio sono i padroni di casa a tenere più palla, con la Lazio che però fin dai primi minuti si rende pericolosa in contropiede: al 6′ è Lazzari, dal limite, a mettere in difficoltà Falcone. Il Lecce risponde con Tete Morente che, con una conclusione al volo, impegna Provedel. I biancocelesti sfruttano gli spazi che il Lecce concede e al 25′ sfiorano il vantaggio con Isaksen che, di testa, si fa respingere la conclusione da Coulibaly con Falcone a terra. Pochi minuti dopo è ancora il danese a sfiorare il vantaggio: lanciato da Castellanos, Isaksen mette in seria difficoltà il portiere avversario. Il Lecce spinge e guadagna una serie di calci d’angolo, ma non riesce a creare occasioni nitide. Dall’altra parte è Castellanos a impegnare ancora Falcone: l’argentino, spalle alla porta, si alza il pallone e calcia al volo da fuori, trovando però pronto il portiere leccese. Il primo tempo si chiude con l’episodio che indirizza la partita: Rovella recupera palla al limite e imbuca per Castellanos che calcia con forza, Falcone para, il Taty ci riprova e Guilbert respinge di pugno sulla linea di porta. Per l’arbitro Manganiello non ci sono dubbi: calcio di rigore e cartellino rosso per il francese. Dal dischetto Castellanos spiazza Falcone e porta in vantaggio la Lazio. Nel secondo tempo l’intento degli uomini di Baroni è quello di chiudere la gara, ma il Lecce non si fa intimorire, gioca con coraggio e spregiudicatezza nonostante l’inferiorità numerica. Al 50’ Tete Morente fredda Provedel con un destro potente e preciso dal limite dell’area. Lo spagnolo sembra rigenerato dalla cura Giampaolo, così come il centrocampo comincia a farsi valere anche al cospetto dei migliori. La Lazio comincia a perdere lucidità e la ricerca di profondità passa dai lanci verso Zaccagni per scavalcare la difesa salentina, che non soffre il gioco aereo e chiude bene. Nel finale Baroni pesca il jolly, inserendo Marusic. Il montenegrino all’87’ si trova un pallone tra i piedi dentro l’area, calcia forte e batte Falcone sul palo opposto. Il Lecce attacca a testa bassa, si rigetta in avanti e all’ultima palla disponibile spaventa la retroguardia biancoceleste, con Kaba che colpisce in pieno la traversa su invito di Rebic. Riesce a risollevarsi la Lazio, dopo il pesantissimo k.o contro l’Inter. Il ritorno dal 1’ di Castellanos e Dia ha rimesso in equilibrio l’ecosistema offensivo dei biancocelesti, mentre dall’altra parte il Lecce continua a crescere e migliorare. Nonostante la sconfitta, la squadra di Giampaolo è stata sempre in partita, anche nel corso del secondo tempo in inferiorità numerica. Le scelte del tecnico di Bellinzona si cominciano a vedere, con Berisha che comincia a prendere sempre più leadership in mezzo al campo, mentre in avanti tutti i fari sono puntati su Tete Morente, al secondo centro consecutivo. Tre scontri diretti attendono i salentini, che adesso sembrano spensierati e sempre più organizzati.
Roma – Parma (A cura di Tommaso Patti)
Nella giornata che anticipa le feste natalizie, la Roma fa cinquina e conquista i tre punti contro il Parma. La Roma riesce subito a rendersi pericolosa nei primi nei minuti, andando vicina al vantaggio con il tiro di Dovbyk, terminato di poco fuori, successivamente con Dybala, che scambiando con l’ucraino viene fermato in modo falloso da Balogh all’interno dell’area di rigore. Dal dischetto si presenta la Joya che, spiazza Suzuki, e porta in vantaggio i giallorossi con un gol che mancava da quasi due mesi. L’ottimo inizio dei padroni di casa fa vivere i minuti successivi con ulteriore pressione e palleggio nella metà campo avversaria e, al 12′, la Roma trova il raddoppio firmato dalla conclusione al volo di Saelemaekers, che viene pescato con un lancio che taglia tutta l’area di rigore da Angelino. La risposta degli emiliani non tarda ad arrivare, tra il 18′ e il 30′, Hernani e Sohm sfiorano la rete del 2-1, occasioni che mantengono vivo il Parma, con ancora due terzi di gara da giocare. Prima dell’intervallo però, la Roma sfiora la terza rete con Stephan El Shaarawy: il faraone riceve il filtrante da Paredes ma calcia di punta addosso a Suzuki, sprecando l’opportunità di chiudere la gara prima dell’intervallo. L’azione che porta la Roma sul 3-0 arriva su un tiro di Saelemaekers deviato dalla schiena di Dovbyk, il primo ad arrivare sul pallone è Dybala che da due passi appoggia il pallone in rete, siglando la sua prima doppietta in stagione. Nonostante i tre gol di svantaggio, il Parma fa di tutto per non uscire definitivamente dalla partita, tentando di riaprire la gara con il tiro di Camara terminato sulla traversa dopo un azione solitaria. Sul contatto tra Mihăilă e Saelemaekers, la Roma conquista il secondo penalty di giornata, dal dischetto si presenta Paredes che, anche in questo caso, spiazza Suzuki e firma la quarta rete per i giallorossi. Il rigore lasciato a Paredes, amplifica la definizione di leader per Dybala che, oltre ad aver segnato una doppietta, fornisce l’assist a Dovbyk per il definitivo 5-0, chiudendo la partita e regalando una vittoria importantissima per il morale e per ricominciare a competere anche in campionato. Cade nuovamente il Parma di Pecchia, che non vince ormai dal match casalingo contro la Lazio, si rialza invece la Roma dopo la brutta sconfitta in casa del Como, portandosi al decimo posto in classifica.
Venezia – Cagliari (A cura di Simone Scafidi)
Al Penzo il Venezia torna a vincere dopo quasi due mesi e abbandona l’ulti a posizione, battendo un Cagliari sempre più in difficoltà. Niente da segnalare fino al trentesimo minuti, quando su un cross abbastanza insidioso di Augello, spizzato dal colpo di testa di Mina, Stankovic compie un autentico miracolo, proteggendo la porta con un’insolita parata di testa. Per ringraziarlo, un arrembante Oristanio, giocatore dalle qualità fantastiche che finora si è messo in mostra, apparecchia un assist al bacio per Zampano, che deve solo appoggiare in porta siglando così il gol dell’1-0. Il Cagliari non riesce a reagire, con il Venezia che sembra accontentarsi, e il primo tempo, così come l’inizio del secondo, vedono una continua fase di stallo, interrotta al 65’ dal colpo di testa di Gaetano, che termina alto. Due minuti più tardi arriva il raddoppio dei lagunari, con un’azione veramente particolare di Sverko, che in maniera molto goffa sbaraglia tutta la difesa rossoblú, tutt’altro che brillante, e riesce battere Sherri, chiudendo di fatto la partita. La reazione del Cagliari, seppur timida, arriva dopo appena dieci minuti: dopo una bella azione il sulla fascia sinistra, Augello pennella un cross perfetto per Pavoletti, che accorcia le distanze. Nonostante lo sforzo dell’attaccante italiano e l’assedio nel finale fermato solamente da una presta azione semplicemente stellare di Stankovic, il Cagliari non riesce a rimontare ed esce sconfitto da uno scontro fondamentale in ottica salvezza, che potrebbe già iniziare a delineare dei tratti fondamentali di questo campionato.
Atalanta – Empoli (A cura di Tommaso Patti)
Soffre ma vince nuovamente l’Atalanta, arriva la seconda sconfitta di fila per l’Empoli di D’Aversa. Al Gewiss Stadium, parte meglio l’Empoli, portandosi -a sorpresa- in vantaggio: dagli sviluppi di una rimessa laterale, Henderson viene servito e, dopo aver portato palla verso la linea di fondo, serve a centro area Colombo, che firma la rete del vantaggio per i toscani dopo appena dodici minuti. Colpita dal gol subito, la Dea si affaccia ininterrottamente nella trequarti avversria, sfiorando il gol del pareggio con colpo di testa di Kolasinac, neutralizzato da un intervento strepitoso di Vasquez. Successivamente al miracolo del portiere colombiano, l’Atalanta trova il pareggio con De Ketelaere, l’attaccante belga è rapido nell’intervento di testa e raccoglie alla perfezione il cross di Zappacosta. Su un’altra punizione battuta da De Ketelaere, Berat Djimsiti stacca più in alto di tutti e colpisce il palo, infiammando sempre più il tifo del Gewiss. Nel giorno in cui è stato premiato davanti la sua gente come “Pallone d’Oro africano”, Ademola Lookman segna il gol del 2-1, l’attaccante nigeriano riceve la sponda da parte di Zaniolo e, in uno spazio ristretto, riesce a controllare e calciare in porta, segnando la sua nona rete stagionale. Nella ripresa, l’Empoli si riaffaccia in area avversaria e conquista un calcio di rigore sull’intervento falloso di Djimsiti ai danni di Grassi. Dal dischetto si presenta Esposito che, spiazza Carnesecchi con un tiro forte e centrale, e rimette il risultato in parità. A decidere la gara ci pensa nuovamente De Ketelaere, a quattro minuti dalla fine il belga punta Cacace, fa un movimento andando sul secondo palo e poi calcia a sorpresa forte sul primo, beffando Vasquez e tutta la difesa avversaria con un gol che riporta la Dea al comando in classifica. Per la gente di Bergamo arriva il regalo perfetto per le feste. “Natale da Capolista” non è il titolo di un cinepanettone, ma una solida realtà creata e portata avanti dalla squadra di Gasperini.
Monza – Juventus (A cura di Marco Rizzuto)
Una Juventus stravolta dagli infortuni e ridisegnata a dovere da Thiago Motta torna alla vittoria in campionato dopo 43 giorni. L’U-Power Stadium fa da cornice ad un avvio scoppiettante, in cui gli errori nei disimpegni non perfetti di Pablo Marì al 2′ e di Nico Gonzalez poco dopo, rischiano di indirizzare il match sin dai primi minuti. Ad un minuto dal primo quarto d’ora la Juventus trova la rete del vantaggio da calcio d’angolo, Koopmeiners disegna una traiettoria insidiosa nell’area piccola, in cui sbuca McKennie che al volo insacca da pochi passi. La reazione dei padroni di casa non tarda ad arrivare: al 22′ Carboni, defilato sulla sinistra scodella il pallone a centro area nella zona di Birindelli, lasciato completamente solo da Kalulu. L’esterno destro di mancino al volo buca Di Gregorio, rimasto immobile sulla conclusione. La Juve torna avanti al 39′ con Nico Gonzalez: il traversone sul secondo palo di Savona trova Mckennie che ripropone la palla in mezzo, Birindelli prova ad allontanare ma fallisce, ed il pallone spiove all’interno dell’area piccola, zona attaccata da Locatelli e Nico Gonzalez, il primo controlla la sfera mentre l’argentino anticipa tutti ristabilendo il vantaggio. I brianzoli cercano di controbattere immediatamente, con le conclusioni in successione di Caprari e Dany Mota, ma entrambi vengono fermati da Koopmeiners, che si invola due volte facendo da muro e salvando il risultato. Il primo tempo si chiude con l’amaro in bocca per i padroni di casa a causa del mancato pareggio a pochi minuti dal duplice fischio. L’undici iniziale di Motta che vede McKennie adattato come terzino, Koopmeiners al fianco di Locatelli nella mediana e Nico Gonzalez al centro della trequarti, ha reso dal punto di vista realizzativo, tuttavia, ci sono evidenti i momenti di affanno, soprattutto nella gestione del pallone mentre si è in vantaggio. Alla ripresa l’allenatore bianconero sostituisce l’olandese per un problema fisico inserendo al suo posto Thuram. Al 47′ Yildiz servito dentro l’area conclude da posizione defilata, trovando l’ottima risposta di Turati che alza sopra la traversa. La ripresa fa da scenario ad un martellamento biancorosso alla ricerca del pareggio, in cui la Juventus prova a chiudere la partita in contropiede. Al 73′ l’ottimo dai e vai tra Mota e Ciurria favorisce l’inserimento del secondo, che al tiro manca la porta da posizione decentrata. La Juventus torna a farsi pericolosa in zona gol col cross tagliente di Conceicao che favorisce il colpo di testa di Yildiz dal lato opposto, ma il turco deve arrendersi nuovamente a Turati, che in tuffo sventa il pericolo. Negli ultimi minuti il Monza prova ad assediare l’area di rigore avversaria, senza però trafiggere il muro bianconero, che tiene botta e trova la vittoria dopo quattro pareggi consecutivi. Nonostante i tentativi visti nel secondo tempo, i brianzoli cadono per la terza volta di fila, rimanendo sul fondo della classifica.
Fiorentina – Udinese (A cura di Marco Rizzuto)
Al Franchi la gara inizia col botto, al 4′ Sottil scappa via sulla corsia sinistra e viene falciato dall’intervento in ritardo di Kristensen in area di rigore, l’arbitro inizialmente lascia giocare ma dopo un attenta revisione al VAR concede il penalty a favore dei viola. Dal dischetto Kean calcia forte centralmente siglando il suo decimo centro stagionale. La gara prosegue senza particolari emozioni e a dieci minuti dall’intervallo, Sava perde un pallone sanguinoso in uscita, regalando a Kean l’occasione per raddoppiare, l’ex Juve perde l’attimo al momento del tiro venendo fermato dalla chiusura in extremis di Karlstrom che tiene in vita la squadra di Runjaic. In zona offensiva l’Udinese si dimostra troppo sterile, non impensierendo praticamente mai la porta di De Gea. Alla ripresa Runjaic manda in campo Abankwa per Touré e la squadra di Udine scende in campo con un altro volto. Allo scoccare del 49′ la Fiorentina concede il pareggio agli ospiti con l’errore da matita rossa di Ranieri: il difensore regala il pallone ad Ekkelenkamp che a sua volta serve Lucca a centro area, il numero diciassette trafigge De Gea calciando di prima. In meno di un minuto dal gol, Lucca ci riprova in rovesciata, ma manca l’appuntamento con la doppietta colpendo il legno. Adesso ci crede la squadra di Runjaic, che pressa alto e comanda il pallino del gioco. Il momento positivo dei bianconeri si concretizza con la rete di Thauvin che, completa la rimonta e manda in k.o. tecnico la Fiorentina. Il francese si accentra dalla destra, con una finta manda fuori giri Gosens, e dal limite calcia a giro bucando De Gea sul secondo palo. Sono bastati cinque minuti all’Udinese per ribaltare la partita, sintomo del grande spirito di Runjaic. I tentativi dei viola non mancano in questo secondo tempo: al 68′ la conclusione dal limite di Kean non trova lo specchio della porta per centimetri, poi ancora l’ex Juve è sfortunatissimo non arrivando sul pallone a porta spalancata dopo un altro errore in uscita di Sava (non la sua miglior prestazione oggi). I bianconeri strappano i tre punti al Franchi sfruttando gli errori di una Fiorentina molto imprecisa in difesa. I friulani proseguono a passo spedito al nono posto a quota 23 punti, mentre i viola scendono alla quinta posizione con la Lazio quarta che li stacca di tre.
Inter – Como (A cura di Simone Scafidi)
L’Inter batte anche il Como, autore di un’ottima prestazione e si mantiene a tre punti dal primo posto. Il primo tempo risulta privo di occasioni lampanti, con l’Inter che riesce comunque a gestire il gioco, sfiorando il vantaggio con Mkhytarian al 12’ e con Dumfries venti minuti dopo. A tre minuti dal termine del primo tempo, Carlos Augusto serve Dimarco, che da dentro l’area calcia in porta, sporcando per la prima volta i guantoni di Reina. Dopo un primo tempo fatto di indecisioni, la squadra di Inzaghi scende in campo nel secondo con una testa totalmente diversa, e dopo appena due minuti, sull’angolo battuto da Calhanoglu, in area svetta Carlos Augusto, che sigla il gol dell’1-0. Dopo poco meno di un quarto d’ora, il Como reagisce sull’out di destra, con il cross di Belotti che viene salvato praticamente sulla linea sempre da Carlos Augusto, man of the match. Da calcio d’angolo continua a provarci il Como, con la conclusione di Nico Paz respinta da Sommer, che scampa il pericolo. Al 67’ il Como perde palla in uscita, con Dimarco che calcia colpendo in maniera abbastanza rocambolesca Lautaro Martinez, la cui deviazione risulta decisiva con il pallone che finisce in porta, con posizione però irregolare dell’attaccante argentino. A recupero inoltrato l’Inter chiude definitivamente i giochi, con l’immancabile gol di Marcus Thuram, che salta Barba e insacca il gol del 2-0. Dopo questa vittoria, Inzaghi potrà passare un Natale molto sereno, in vista dei prossimi impegni e soprattutto dell’anno nuovo, che dovrà sancire diverse verità.
LA TOP 11 DELLA 17ª GIORNATA
Attualità
L’Argentina Campione del Mondo 2022: il sogno di Messi si avvera sotto il cielo di Doha
Doha, 18 dicembre 2022. La notte che ogni argentino aspettava è finalmente arrivata. In uno degli scenari più emozionanti che la storia del calcio ricordi, l’Argentina ha conquistato il suo terzo titolo mondiale, 36 anni dopo l’impresa portata avanti da Diego Maradona al mondiale in Messico. Questa volta il protagonista è stato Lionel Messi, il genio di Rosario, l’uomo che ha trasceso lo sport per diventare una leggenda vivente. Ma il cammino verso la gloria non è stato facile, e ogni passo del viaggio in Qatar ha aggiunto sfumature di dramma, speranza e storia.
L’inizio burrascoso: la caduta contro l’Arabia Saudita
L’Argentina ha aperto il suo Mondiale con una sconfitta shock per 1-2 contro l’Arabia Saudita. Sembrava l’inizio di un incubo, ma forse è stato proprio quel tonfo a svegliare i giocatori di Lionel Scaloni. “Ogni storia d’amore ha un momento di crisi”, e questa squadra aveva appena trovato la sua. Messi, nonostante la sconfitta, aveva già mostrato la propria leadership dentro al campo, segnando su rigore, e fuori dal campo, richiamando all’unità un gruppo che non poteva permettersi di arrendersi, soprattutto per una nazionale come l’Argentina, che veniva dalla vittoria in Coppa America.
L’immediata rinascita: le vittorie contro Messico e Polonia
La seconda partita contro il Messico è stata un test di nervi e determinazione. Fino al 64’, il punteggio era bloccato sullo 0-0 e il peso del fallimento sembrava insopportabile ma soprattutto imminente. Come nei migliori film, nel momento di difficoltà, Messi si è caricato addosso la sua squadra, ha raccolto un pallone da fuori area, ha fissato il portiere e ha scaricato un sinistro letale. Quel gol, è stato come un faro nella notte, il segnale concreto che l’Argentina era ancora viva. La vittoria per 2-0 è stata completata da un altro gol, questa volta del giovane Enzo Fernández, il simbolo di una nuova generazione che si ispira al loro capitano. Con la Polonia, un altro 2-0 ha assicurato il passaggio agli ottavi. Nella sfida contro i polacchi, l’ultima del girone, la Pulce ha sbagliato un rigore, ma la squadra non ha mai vacillato, infatti nonostante l’errore, l’Albiceleste ha dimostrato che le difficolta si superano rimanendo sempre uniti, simbolo chiaro e chiave di una squadra che non era solo tale, ma un gruppo unito dalla missione di riportare la propria nazionale sul tetto del mondo.
Ottavi e quarti: ‘la Garra’ contro Australia e Olanda
Nella sfida vinta per 2-1 contro l’Australia, Messi ha segnato uno dei gol più belli del torneo, un’azione che ha mostrato ancora una volta la sua classe senza tempo. Non un semplice gol, ma la sua prima rete in una fase a eliminazione diretta di un Mondiale, inserendo un altro tassello per completare il mosaico della sua leggendaria carriera, tutto ciò alla presenza numero 1000 in carriera. La vittoria per 2-1 è stata sofferta, ma meritata. Il quarto di finale contro l’Olanda è stato un’epopea. L’Argentina sembrava in controllo, con Messi nuovamente protagonista di un assist clamoroso per Molina, ed un gol dagli undici metri. Ma gli olandesi, con due gol nei minuti finali, riescono clamorosamente a pareggiare e a portare la sfida ai rigori in una gara caratterizzata da molteplici battaglie fisiche e psicologiche. Anche nell’ultimo atto della gara, Messi si dimostra glaciale dal dischetto, segnando il primo penalty. Si aggiunge alla lista degli eroi della sfida anche il portiere Emiliano Martínez che, parando due rigori a Van Dijk e a Weghorst, consente alla propria nazionale di avanzare nella fase successiva.
La semifinale: una danza contro la Croazia
La semifinale contro la Croazia, è stata la performance più convincente dell’Argentina fino a lì. Anche in questa sfida, la squadra di Scaloni ha incantato il mondo con una grandissima prestazione. L’ennesimo rigore trasformato da Messi e il super gol di Julian Alvarez, proiettano l’Albiceleste verso la finale di Doha. “È come se il tempo si fermasse quando gioca Messi”, ha detto un commentatore durante la telecronaca di Argentina – Croazia, e quella frase non potrebbe essere più vera. Il 3-0 finale è stato la consacrazione di una squadra inarrestabile che, grazie a quel trionfo, si sarebbe ritrovata in finale di una Coppa del Mondo ad otto anni dalla disfatta contro la Germania.
La finale: il trionfo che rimarrà eterno
Il 18 dicembre, l’Argentina ha affrontato la Francia in una finale che sembrava uscita da un romanzo epico. Messi ha aperto le marcature su rigore, poi Ángel Di María ha raddoppiato con una rete avvenuta dopo un’azione da sogno. Ma quando tutto sembrava deciso, Kylian Mbappé, con una doppietta in due minuti, ha riportato la Francia a credere nella vittoria, portando la sfida sul 2-2. L’Argentina però, non si è mai arresa, infatti nel primo tempo supplementare, segna la rete del 3-2, nuovamente Leo Messi. Ma quando tutto sembrava nuovamente finito, la stessa stella che fece innamorare tutti la sera di qualche anno fa all’Etihad, mette a segno la sua terza rete per la Francia, un gol che lo manda nell’Olimpo della storia del calcio, come giocatore primatista (a pari merito con Geoff Hurst) ad aver segnato una tripletta in una finale della Coppa del Mondo, candidandosi come degno successore dell’era caratterizzata dal binomio Ronaldo-Messi. Anche in questa circostanza, i rigori sono stati l’ultimo atto, e lì, l’Argentina non ha sbagliato niente. Con un’altra prestazione da urlo del “Dibu” Martinez (con 2 rigori parati su 4), e grazie al penalty decisivo segnato da Gonzalo Montiel, l’Argentina si laurea Campione del Mondo per la terza volta.
Il riscatto argentino: il mondo si tinge di Albiceleste
Dal rigore decisivo di Montiel, giocatori, staff, tifosi argentini e tutti gli appassionati di calcio, sono scoppiati in un pianto di gioia che descrive il percorso, la fatica e la forza di una nazione che non viveva un momento così importante dal punto di vista sportivo da più di 36 anni. Quando Lionel Messi ha sollevato la Coppa del Mondo, il cerchio si è chiuso: non era solo il trionfo di un calciatore, ma di un simbolo, di un uomo che ha portato il peso di un’intera nazione sulle spalle per quasi vent’anni. “È il regalo più bello che Dio potesse farmi”, ha aggiunto il pluri-campione argentino al termine della gara. Dopo le finali perse contro la Germania e il Cile, e i continui paragoni con Diego Armando Maradona, Lionel Messi è riuscito a dimostrare ancora una volta che le difficoltà fanno imparare a crescere, e che tutto si può avverare grazie ai sacrifici e alla perseveranza, dimostrando a tutto il mondo che non è solo il più grande della sua generazione, ma è semplicemente eterno. Dall’altra parte del mondo, milioni di persone hanno festeggiato nelle strade di Buenos Aires e in tutto il paese, trasformando l’Argentina in un mare di bandiere celesti e bianche. Ad ampliare positivamente le mille emozioni degli argentini, sicuramente va sottolineato il trionfo finale insieme al ricordo di Maradona, scomparso un anno prima, lasciando un vuoto enorme nei cuori degli argentini per essere stato il giocatore più figurativo dal punto di vista sportivo-spirituale, divenendo nel corso del tempo una “divinità” per gli argentini, che adesso hanno trovato in Leo Messi la figura del “profeta” di Maradona. La vittoria non è stata solo un trionfo calcistico, ma un momento di riscatto e felicità collettiva per un’intera nazione, la nazione che ha sfornato il più grande genio del calcio. Da quell’importantissimo giorno sono passati due anni, ma l‘Argentina ha continuato a competere battendosi in ogni partita da Campione del Mondo, dimostrando la propria egemonia anche nell’ultima Copa America, vinta dagli uomini di Scaloni contro la Colombia, culminato con un altro successo, probabilmente l’ultimo grande torneo per Leo Messi con la propria Nazionale.
“Muchachos
Ahora nos volvimos a ilusionar Quiero ganar la tercera Quiero ser campeón mundial”-
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