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Calcio

Il Supercommento della 6ª giornata di Serie A

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Grafica: Julya Marsala

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della sesta giornata di Serie A.

Milan-Lecce

Dopo la vittoria di carattere contro l’Inter nel derby, il Milan archivia la pratica Lecce in cinque minuti e si porta al secondo posto. La convincente prestazione nel derby porta Fonseca a confermare gli undici scesi in campo domenica scorsa. In avvio il Lecce tenta un approccio coraggioso e audace, alla ricerca di spazi aperti dal movimento di Krstovic e le incursioni degli esterni. Il Milan rispetto all’avvio furente del derby si limita a una gestione ponderata delle energie. Dopo il 35′ cominciano i cinque minuti del Diavolo, e il Lecce crolla vertiginosamente. Al 37′ la punizione di Theo Hernandez pesca la spizzata sul primo palo di Morata. I rossoneri trovano subito il raddoppio dopo meno di un minuto, con il filtrante di Leao per l’incursione di Theo Hernandez, conclusa dal diagonale sotto la traversa del terzino francese. La squadra di Gotti non riesce a contenere le sgroppate del Milan e subisce il tris al 43′ dopo un’azione confusionaria, conclusa dal mancino di Pulisic che approfitta di uno sfortunato rimpallo sulla gamba di Baschirotto, dopo la parata di Falcone sul tiro di Abraham. Nel secondo tempo i rossoneri si limitano a gestire il risultato e le energie in vista della gara di Champions contro il Leverkusen. Gli ingressi di Loftus-Cheek e Chukwueze garantiscono velocità e dinamismo, fattori determinanti nella gestione della squadra di Fonseca, al cospetto di un Lecce che alza bandiera bianca dopo aver sfiorato il gol con una conclusione di Banda che impatta sul palo. Nel finale Fonseca inserisce il giovane Bartesaghi che viene espulso all’81’ per un’entrata al limite su Banda. Terza vittoria consecutiva per i rossoneri, che sembrano aver trovato compattezza ed equilibrio con il 4-4-2 del tecnico portoghese. La vittoria contro l’Inter ha riportato entusiasmo e serenità all’ambiente rossonero, atteso a una reazione in Champions contro i campioni di Germania.

Udinese-Inter (A cura di Tommaso Patti)

Dopo un inizio di stagione tra alti e bassi, l’Inter rialza la testa e vince 2-3 grazie alla doppietta di un ritrovato Lautaro Martinez e il gol di Frattesi. L’Udinese prova la clamorosa rimonta nel finale ma i nerazzurri tengono botta.

Genoa-Juventus

Dopo lo spavento pre-match, con l’incendio in Sala VAR che ha rischiato di far rinviare la partita, un’ottima Juventus sbanca un Marassi desolato, battendo il Genoa per 3-0. I ragazzi di Thiago Motta, dopo un primo tempo solido ma con poche occasioni, nel secondo aprono e chiudono il discorso, annullando quasi del tutto la squadra di Gilardino.

Bologna-Atalanta

Continua a non ingranare l’Atalanta, che riacciuffa il Bologna soltanto nei minuti di recupero. La sconfitta di Como sembra aver lasciato degli strascichi alla squadra di Gasp, e il tecnico piemontese chiedeva una reazione. La scelta di rinunciare a Retegui per inserire Brescianini prova a sparigliare le carte in casa Bologna, cercando di sfruttare la difesa alta della squadra di Italiano per punire con la velocità di Lookman e la classe di De Ketelaere. La prima occasione della gara è dei felsinei, con il colpo di testa tentato da Santiago Castro, senza dubbio l’uomo copertina di questo avvio di campionato rossoblù. La risposta degli orobici arriva sull’asse De Ketelaere-Lookman, con il nigeriano che si fa ipnotizzare dall’uscita a forbice di Skorupski. Al termine della prima frazione, dove le due squadre si annullano grazie a una scarsa pulizia tecnica e un alto tasso agonistico, Gasperini è costretto ad adoperare la prima sostituzione con l’ingresso di Samardzic al posto dell’infortunato Brescianini. Sulla falsa riga della gara precedente, l’Atalanta viene colpita nuovamente a inizio ripresa. Dopo meno di un minuto dal rientro dagli spogliatoi, Castro riceve il filtrante di Ndoye e dopo aver saltato Djimsiti apre il piatto sul secondo palo, sfruttando la posizione avanzata di Carnsesecchi. La reazione dei bergamaschi arriva subito, perché Lucumi perde palla in uscita e stende De Ketelaere al limite dell’area. Il direttore di gara non esita ed estrae il cartellino rosso per il centrale colombiano. Italiano sceglie la via delle barricate per conservare il vantaggio, mentre Gasperini schiera tutto il roster di attaccanti. L’occasione più nitida della ripresa arriva nel finale, con Pasalic che apparecchia per il mancino tagliente di Samardzic, che anticipa la conclusione sul primo palo e scheggia il legno. Nel finale la Dea ne ha di più e ci pensa proprio Samardzic a togliere le castagne dal fuoco, con un arcobaleno a giro che si insacca alle spalle di Skorupski.

Torino-Lazio (A cura di Marco Rizzuto)

Nel launch match di questa sesta giornata, i biancocelesti tornano alla vittoria grazie alle reti di Guendouzi, Dia e Noslin. La gara si sblocca subito a favore della Lazio, Tavares come un treno in corsa scardina il pallone alla difesa granata, per poi servirlo a centro area su cui si fionda Guendouzi che calcia forte e buca Paleari. In avvio al Torino manca lucidità e precisone in fase di possesso, complici molti errori dei tre centrali che rischiano molto a causa del pressing ordinato della Lazio. Le manovre offensive del Torino (che man mano viene fuori) vengono neutralizzate da una difesa biancoceleste impeccabile che. riesce a tenere a bada gli attaccanti granata. Negli sgoccioli del primo tempo, il Toro sfiora il pareggio con una conclusione al volo di Ilic messo in porta dalla sponda di Zapata, ma Provedel vola e sventa la conclusione. Per tornare in partita, Vanoli inserisce Adams e Pedersen. La seconda frazione inizia con un ritmo totalmente diverso ma dopo un buon inizio dei padroni di casa, la Lazio trova il raddoppio: Isaksen entra in area e serve il pallone in mezzo trovando il piattone di Dia che batte Paleari. A sorpresa il Torino riapre la gara al 67’ con Adams, che continua a dimostrarsi fondamentale in zona offensiva. L’ex premier si gira in un fazzoletto di terreno dentro l’area e buca Provedel sul secondo palo. Dopo il gol granata gli animi si infiammano e la gara prende una piega molto nervosa e vibrante che causa anche l’espulsione del tecnico Vanoli. All’89’ Noslin subentra a Castellanos e trenta secondi dopo segna il gol dell’1-3, il cross basso di Pellegrini viene raccolto da Vecino, l’uruguagio scarica per Noslin che a tu per tu con Paleari, non sbaglia a posizione ravvicinata. Finale di fuoco all’Olimpico Grande Torino, i granata trovano la rete del 2-3 con una acrobazia di Coco che raccoglie la sponda di Masina su calcio di punizione di Ilic, mandando la sfera sotto l’angolo lontano.
Il match si chiude con il trionfo della Lazio che torna alla vittoria dopo il k.o. di Firenze. Ai padroni di casa non basta un secondo tempo giocato a grandi ritmi. La squadra di Vanoli fallisce l’opportunità di tornare in vetta alla classifica, e adesso i granata scalano al quarto posto.

Como-Hellas Verona

Dopo il successo contro l’Atalanta, il Como continua a volare sotto i colpi di Cutrone e Nico Paz. Al Sinigaglia la squadra di Fabregas conferma in blocco gli undici che hanno conquistato una storica vittoria a Bergamo, e l’approccio dei lariani rende fede all’ultimo percorso intrapreso dal Como. In avvio le due squadre si equivalgono, con la difesa del Verona che chiude ogni spazio. Con la marcatura a uomo su Nico Paz, fulcro del gioco lariano nella trequarti, il Como comincia a trovare soluzioni con gli inserimenti di Sergi Roberto e Strefezza nella zona centrale del campo. Al 23′ il giocatore proveniente dal Barcellona ha l’occasione per stappare la partita, ma chiude troppo la conclusione e da buona posizione calcia a lato. Sospinto dal pubblico del Sinigaglia il Verona non riesce a contenere i continui attacchi del Como e sono necessari due grandi interventi di Montipò per evitare il vantaggio a Nico Paz. La rete della squadra di Fabregas è posticipata di alcuni minuti, e al 42′ Fadera allarga verso Cutrone che calcia verso la porta, trovando una deviazione di Tchatchoua, e realizza il suo terzo gol in campionato. Nel secondo tempo la gara si stappa subito, perché al 48′ un contatto tra Lazovic e Sergi Roberto non viene ravveduto dal direttore di gara e nel contropiede seguente Nico Paz scheggia il palo. Dopo un check del VAR l’arbitro assegna il calcio di rigore al Verona e dal dischetto Lazovic pareggia i conti. Al 65′ il Verona rimane in dieci a causa della doppia ammonizione di Suslov (molto contestata e discussa). Cinque minuti dopo il Como si riporta in vantaggio, con l’assist di Nico Paz per il taglio di Cutrone, il cui destro gira sul secondo palo e batte Montipò. Nel finale i cambi accendono agonisticamente la gara, con tanti falli ed ammonizioni. Il Como chiude la pratica grazie al primo gol in campionato di Belotti, servito dalla sponda di testa di Mazzitelli. Prima del fischio finale il Verona si regala un sussulto d’orgoglio con la rete di Lambourde, ma la resistenza dei lariani indirizza la gara sul 3-2. Sei punti in una settimana storica per la squadra di Fabregas, che adesso ha definitivamente invertito la rotta dopo le prime giornate, nettamente al di sotto delle aspettative. Nonostante una media gol subiti ancora alta, il reparto offensivo sta rispondendo alla grande, con le giocate di Nico Paz, leader tecnico dell’attacco lariano, e i gol di Patrick Cutrone, capocannoniere di questa Serie A al pari di Thuram, Vlahovic, Retegui e Pulisic. Sconfitta amara per il Verona, che adesso ha bisogno di ritornare a conquistare punti per uscire dalla zona calda della classifica, che comincia ad avvicinarsi vertiginosamente.

Roma-Venezia

Dopo il successo contro l’Udinese, Juric conquista la seconda vittoria consecutiva sulla panchina giallorossa. All’Olimpico la Roma scopre quanto può essere spigolosa la squadra di Di Francesco. Nei primi minuti il Venezia controlla stabilmente il possesso del pallone e il continuo movimento dei giocatori offensivi arancioneroverdi, dogma principale del calcio del tecnico abruzzese, manda il tilt il pressing uomo a uomo della Roma. Il primo squillo è dei lagunari, dopo nemmeno due minuti Svoboda calcia sul secondo palo ed è necessario un grande intervento di Svilar per chiudere lo specchio. Intorno al decimo minuto Oristanio calcia a giro ma la conclusione è debole e Svilar blocca. Il ritmo della gara non è altissimo, e nella fase centrale del primo tempo le occasioni non arrivano, ma al 42′ il Venezia trova il vantaggio con Pojhanpalo, con un destro tagliente dopo una mischia generata dal palo colpito da Busio. Nel secondo tempo l’Olimpico comincia a fremere per scuotere una Roma troppo compassata e poco lucida. Il Venezia trova il raddoppio con Haps in contropiede, ma il VAR annulla per fuorigioco di Zampano nello sviluppo dell’azione. Juric prova a invertire l’inerzia della gara mettendo mano alla panchina, inserendo Pisilli e Baldanzi al posto di Kone e Mancini. Nella ricerca del miglior equilibrio la Roma rischia di crollare al 60′ quando Oristanio si invola verso la porta e Svilar sbarra la strada al trequartista italiano. Da quel momento la Roma si scrolla la pressione e comincia ad alzare il baricentro. In dieci minuti i giallorossi confezionano tre occasioni con Dovbyk e Pisilli, e al 73′ pareggiano la gara con la conclusione da fuori area di Cristante, deviata da Busio, che beffa Joronen. Da quel momento è un vero e proprio assedio giallorosso, culminato all’82’ quando Pisilli impatta di testa il corner di Paredes e ribalta il match. Il giovane classe 2004 è uno dei protagonisti di questo avvio di campionato, visto l’importante minutaggio ricevuto da De Rossi e adesso con Juric. Nel finale il Venezia non riesce ad affacciarsi dalle parti di Svilar e la Roma gestisce il risultato senza rischiare nulla. Tre punti sofferti e sudati per la squadra di Juric, merito di una grande gara del Venezia. Dopo l’esordio positivo in Europa League, il percorso del tecnico croato procede spedito e in sordina, e adesso la continuità di risultati e prestazioni sono principi che la tifoseria giallorossa comincia a recriminare.

Empoli-Fiorentina

Al Castellani vincono tatticismo e schemi difensivi: Empoli e Fiorentina si annullano sullo 0-0. Entrambe le squadre hanno voglia e bisogno di fare bene, il derby toscano comincia nel segno dell’intensità e della grande battaglia a centrocampo. Subito pallone pericolosissimo nell’area di De Gea, per fortuna del portiere viola però Ismajli sfiora soltanto e non direziona. Pochi calcoli e tanti ribaltamenti di fronte. Prova ad accendersi quindi Kean, ma dopo essersi ben liberato il centravanti azzurro apre troppo il destro. Tanto ritmo sul prato del Castellani, poche occasioni veramente pulite però. Colpani non riesce a direzionare di testa, poco più tardi spara alto in ripartenza Colombo. Anche la ripresa comincia con un buon ritmo e l’Empoli pericoloso dopo due minuti, con Esposito che si smarca bene ma allarga troppo col mancino. I padroni di casa sono guizzanti in ripartenza, come quando Pezzella al 50’ scippa Dodo e calcia potente ma centrale il primo tiro del match nello specchio, trovando però i pugni di De Gea. La Fiorentina dà l’idea di essere rientrata in campo più timida: a rompere gli indugi ci prova dunque Gosens con un bolide mancino al volo, una conclusione che si alza di poco sulla traversa. I due allenatori iniziano anche a mettere mano alla panchina, la Fiorentina così facendo ritrova un po’ del campo perso nel secondo tempo. Ma senza riuscire a rendersi pericolosa e a scalfire lo 0-0, che è anche il risultato finale. Un pareggio che certifica il grande avvio di stagione dei toscani. Dopo sei giornate la squadra di D’Aversa è ancora imbattuta e il percorso della squadra del presidente Corsi sembra destinato a continuare a lungo. La Fiorentina continua invece il suo percorso metamorfico. Gli ultimi esperimenti di Palladino hanno ridato equilibrio e geometrie, ma ancora manca quell’estro e stravaganza che indirizzi le partite. Gudmundsson si sta inserendo gradualmente negli schemi dei viola, e la sua presenza potrà cambiare le carte in casa Fiorentina.

 

Napoli-Monza (A cura di Marco Rizzuto)

Dopo la manita al Palermo in Coppa Italia, i partenopei ospitano il Monza vincendo per 2-0 grazie alle reti di Kvaratskhelia e Politano. I brianzoli approcciano il match giocando a viso aperto e provano a fare la partita. Dopo il quarto d’ora, i partenopei prendono le misure al Monza palleggiando con continuità nella metà campo avversaria, facendo vedere la qualità dei palleggiatori azzurri. Al 22Politano riesce a sfruttare la deviazione di Bianco per auto lanciarsi e battere Turati sul secondo palo. Il gol destabilizza il Monza va in blackout e subisce il raddoppio al 33’ da Kvaratskhelia, il georgiano conclude a rete dopo la deviazione di Carboni sul tiro di McTominay. La prima frazione è un monologo azzurro che si chiude con un doppio vantaggio super meritato. La ripresa fa da specchio al primo tempo, i partenopei che sfiorano il tris con il colpo di testa di McTominay su calcio d’angolo. I brianzoli cercano di tornare in partita, prima con l’incornata di Djuric da calcio d’angolo neutralizzata da Caprile, poi con qualche guizzo di Maldini che però non riesce mai ad impensierire la difesa avversaria. Pian piano i ritmi calano ed il match si addormenta, merito della gestione palla dei ragazzi di Conte. All’88’ il guizzo di Mazzocchi favorisce Raspadori che si gira e calcia colpendo solo l’esterno della rete sfiorando la terza rete. Con questa vittoria i partenopei conquistano la vetta della classifica in solitaria a più uno dalla Juventus, mentre il Monza cade per la seconda volta consecutiva senza segnare reti, sprofondando al diciannovesimo posto. Dopo sei giornate non è arrivata ancora la prima vittoria in campionato per i brianzoli, e la gestione di Nesta potrebbe vacillare.

Parma-Cagliari

l Cagliari vince una partita dall’epilogo clamoroso al Tardini, battendo 3-2 il Parma. Il Cagliari inizia fortissimo il match e mette in grande difficoltà il Parma, che deve ringraziare Suzuki già al 2′: il portiere gialloblù si supera su un colpo di testa di Piccoli, respingendo con il piede destro la frustrata dell’attaccante da pochi metri. Al 6′ viene annullata una rete ai sardi, padroni del campo in avvio: Yerry Mina è in fuorigioco sul colpo di testa di Luperto, ribadisce in rete dopo il palo del difensore ex Empoli, ma il VAR correttamente toglie lo 0-1. I ducali si affacciano dalle parti di Scuffet solo al 16′ con una grande azione, orchestrata da Bonny, che protegge palla, aggira Mina e serve in profondità Mihaila, che calcia di sinistro sul primo palo, obbligando l’estremo difensore ospite alla parata. Nel bene e nel male, Yerri Mina è sempre protagonista e al 29′ salva di testa su un gran mancino di Valeri, che da fuori area aveva trovato una traiettoria molto interessante. Gli uomini di Nicola passano meritatamente in vantaggio al 34′ con un colpo di testa di Zortea, bravissimo a staccarsi alle spalle di Balogh e deviare in rete da pochi passi l’ottimo cross di Luvumbo. Due minuti più tardi Suzuki rischia di combinare un pasticcio, non trattenendo un cross di Viola e offrendo a Piccoli l’opportunità di ribadire in rete, ma l’attaccante, molto defilato, colpisce solo il palo. Al rientro dagli spogliatoi la partita è un po’ diversa perché il Parma vuole il pareggio e il Cagliari si abbassa molto. Al 62′ i ducali trovano il gol del pareggio: Coulibaly ubriaca di finte Zortea a sinistra e serve Man, che dal centro area non sbaglia il rigore in movimento e fa 1-1. Il Cagliari è in apnea e Sohm riparte al 65′ in contropiede, manda Man al cross e riceve il passaggio dall’esterno, ma invece che emulare il suo compagno, strozza il mancino e mette incredibilmente a lato. La risposta dei sardi è affidata al duo Gaetano-Piccoli, con il centrocampista che inventa per la punta, non perfetta nella conclusione al volo: il suo tiro termina alto. Nel miglior momento forse della squadra di Pecchia a passare in vantaggio è ancora una volta il Cagliari con un gioiello di Marin, che dal limite dell’area al 75′ si inventa un destro a giro all’incrocio dei pali che batte Suzuki. Dal 79′ a fine gara succede di tutto: Gaetano si mangia il 3-1 a tu per tu con Scuffet, Palomino commette un’ingenuità e consente a Hernani di andare dal dischetto e pareggiare momentaneamente all’87′ con un piattone alla sinistra di Scuffet, ma alla fine è Piccoli a deciderla con un destro forte e incrociato su assist di Gaetano. È una gara pazza, chi esulta alla fine è Nicola, con Man che calcia alto da buona posizione l’ultima chance dell’incontro. Chiedeva una reazione e la reazione è arrivata, con i sardi che alzano la testa dopo un avvio poco brillante e incostante dal punto di vista delle prestazioni. Il Parma continua il suo percorso fatto di alti e bassi. La difesa ducale subisce una media di due gol a partita e 12 gol subiti in 6 giornate sono tante per una squadra che punta a concludere la stagione in una posizione di sostanziale tranquillità.

LA TOP11 DELLA 6ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala

Classe 2005. Studente in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Palermo. Amante del calcio fin da bambino, vivo ogni partita con la stessa passione del primo giorno. Aspirante giornalista con una passione per lo storytelling e gli editoriali.

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Calcio

Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Seconda parte)

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Dopo i primi quattro gironi, che sono già tornati in campo per la seconda giornata del torneo, ecco gli altri quattro gironi che hanno fatto il loro esordio negli scorsi giorni. Figurano tante big, oltre alle due italiane in azione, Juventus e Inter.

GIRONE E 

Inter, Monterrey, River Plate, Urawa Reds 

La prima gara del girone è quella tra il River Plate e i giapponesi dell’Urawa Reds. A Seattle le temperature sono più adatte per una grigliata di asado con gli amici piuttosto che una partita di calcio, ma nonostante il caldo torrido alle 12.00 (ore americane) al Lumen Field ci sono un buon numero di tifosi dei Millionarios, che assistono all’esordio vincente della squadra di Gallardo. Un successo che mette ulteriormente in mostra tutte le qualità del gioco del River Plate: gestione lucida del possesso, una buona dose di ‘garra’ e un Mastantuono pronto a prendersi la scena prima di passare al Real Madrid a fine mondiale. Il vantaggio parte proprio da una giocata del classe 2007, proseguita dal solito cross tagliente di Acuna, e da un inserimento brutale di Colidio in mezzo ai difensori. Nella ripresa il raddoppio porta la firma di Driussi, anche se gran parte del gol è regalato dal terrificante retropassaggio del difensore Hoibraten. Driussi si fa anche male nella ricaduta, nel frattempo l’Urawa accorcia le distanze dagli undici metri con Matsuo e comincia a pregustare il sapore della rimonta, subito interrotta dalla zuccata di Meza a dieci dalla fine. Un River che gioca bene e che usa…la testa, viste le tre zuccate che hanno regalato alla banda Gallardo i primi tre punti, e adesso il “set point” contro il Monterrey può regalare già il primo posto aritmetico al River Plate.

Foto: X Inter

Nell’altra gara del girone l’Inter fa il suo esordio contro il Monterrey. Dalla finale di Champions League di venti giorni fa l’Inter ha cambiato molto, ridimensionato dopo la batosta subita dal PSG. In panchina non siede più Simone Inzaghi, che è rimasto comunque nel giro del Mondiale per Club, ma Christian Chivu. Il tecnico romeno arriva da Parma e nel suo primo match cerca di non effettuare particolari rivoluzioni tecnico/tattiche. Si riparte dal 3-5-2 con Seba Esposito che affianca Lautaro Martinez. L’approccio della gara da parte dell’Inter non è prorompente come avevano abituati i nerazzurri in questi anni, ma la pressione e il fraseggio sono comunque apprezzabili. Si cerca di catturare qualsiasi strategia attuata da Chivu rispetto al precedente ciclo di Inzaghi, ma l’unica vera soluzione che si nota è la marcatura a zona nelle palle inattive, e la dimostrazione porta al vantaggio il Monterrey: la difesa dell’Inter cerca di ostruire il centro dell’area di rigore da potenziali attacchi, ma nessuno segue il taglio dell’eterno Sergio Ramos, lo spagnolo è micidiale sotto pressione, figuriamoci senza marcatura… incornata che sbatte sul terreno e beffa Sommer, non proprio impeccabile. L’Inter ci mette qualche minuto a pareggiare, e lo fa con uno schema su punizione che culmina con il tap-in vincente di Lautaro Martinez. Nel secondo tempo si vedono le cose interessanti, perché il Monterrey traccia un solco a metà campo e non lo oltrepassa quasi mai, ma soprattutto Chivu decide di inserire i nuovi arrivati Luis Henrique e Sucic, oltre a Thuram per Esposito. Il tecnico nerazzurro cambia modulo e alza il raggio d’azione di Mkhitaryan, anche se i messicani non soffrono particolarmente, merito di una gestione della linea difensiva da generale romano da parte di Sergio Ramos. Tra luci e ombre Chivu marchia il suo esordio con un pari, e adesso la gara contro l’Urawa diventa un passaggio decisivo per le sorti dell’Inter nel Mondiale per Club, in attesa di una crescita generale dell’ambiente nerazzurro, ancora troppo arrugginito dopo le fatiche di fine stagione.

  • Inter-Urawa Reds
  • River Plate-Monterrey 

GIRONE F

Borussia Dortmund, Fluminense, Mamelodi Sundowns, Ulsan HD 

Foto: X Fifa Club World Cup

Il calendario mette a confronto subito Borussia Dortmund e Fluminense, le due squadre favorite per il passaggio del turno. Il Fluminense si presenta con una squadra di figure pittoresche per molteplici motivi: spicca il giovanissimo portiere Fabio, 44 anni e 171 giorni, e il centrocampista Hercules, infaticabile mezzala, oltre all’ancora frizzante Thiago Silva. Il Borussia Dortmund si ricorda di scendere in campo solo a tratti, perché per il resto la partita è un dominio costante del Fluminense. I brasiliani attaccano la porta di Kobel da qualsiasi angolazione possibile, poi però devono fare i conti con il portiere svizzero, che francamente ha deciso che la partita debba finire in parità. Dell’attacco del Borussia non c’è alcuna traccia, e quando i gialloneri si affacciano in avanti, Fabio e Thiago Silva non hanno nemmeno bisogno di calare a referto qualche gemma gloriosa del loro passato, perché pericoli concreti non ne arrivano. Nella ripresa l’occasione più grossa capita nei piedi dei giocatori del Fluminense, ma Kobel risponde alla grande su un primo tiro di Everaldo, e alla grandissima sulla ribattuta di Nonato, che già stava per correre sotto la curva occupata dai tifosi brasiliani. Nel frattempo il Borussia accoglie un altro Bellingham in mezzo al campo, non più Jude ma il fratello minore Jobe, ma quasi nessuno se ne accorge perché il Dortmund non riesce nemmeno a costruire un’azione degna di nota. Termina 0-0, come aveva deciso Kobel, ma il Borussia Dortmund adesso deve accendersi per evitare brutte sorprese in corso d’opera. Altra grande prestazione per una sudamericana, con il Fluminense che ai punti meritava più di un gol e la vittoria finale, ma la dea bendata -e Kobel- riescono a mantenere il punteggio fermo sul pari. Altra menzione per Hercules, che non sembra nemmeno male in mezzo al campo, ma il suo nome lo precede, e onestamente è clamoroso.

L’altro match del girone è l’emblema del mistero e dell’incertezza che veleggia attorno ad alcune realtà del mondo calcistico. La gara tra Ulsan HD e Mamelodi Sundowns comincia in ritardo a causa della pioggia, e se già era difficile registrare un sold out per questa gara, le condizioni meteo decimano ulteriormente gli spettatori di questo match che può nascondere la magia di una finale dei mondiali, o la sonnolenza di uno spareggio di metà agosto in Lituania. I sudafricani (Mamelodi) giocano bene e sostanzialmente dominano, Rayners ne segnerebbe anche tre, ma due di questi vengono annullati dal VAR, con tanto di decisione spiegata a tutto lo stadio dall’arbitro, una delle tante novità sperimentate in questo torneo dalla FIFA -al momento ampiamente promossa. Finisce soltanto 1-0, anche perché il centrocampista dell’Ulsan Bojanic va a calciare due volte e tira fuori dal cilindro due tiri orribili, incredibilmente per motivi opposti: uno altissimo, uno molle e centrale. Occasionissima per il Mamelodi, che adesso può sognare in grande visto l’ottimo esordio, anche se adesso arrivano le “big”.

Seconda giornata:
  • Mamelodi-Borussia Dortmund 
  • Fluminense-Ulsan HD

GIRONE G 

Al-Ain, Juventus, Manchester City, Wydad Casablanca

A Philadelphia il Manchester City comincia il suo mondiale contro il Wydad Casablanca. Guardiola ha accolto tra le sue braccia altri due gioielli provenienti dal mercato, tali Reijnders e Cherki -non proprio sconosciuti- e non perde tempo a gettarli in campo, a costo di rinunciare ad Haaland e il pallone d’oro Rodri. Non c’è bisogno di spiegare le motivazioni su questa scelta, perché bastano i primi due minuti per capire che il Manchester City potrebbe dominare il palleggio anche con Liam e Noah Gallagher degli Oasis. Al secondo minuto Foden la schiaffa in porta, tornando ad assaporare la gioia del gol che gli mancava da quasi sei mesi. Il Wydad prova anche a spingersi in avanti, ma a parte una serie di giocate del fantasista Lorch -che va menzionato solo per la quantità innumerevole di sombreri e la quattro sulle spalle- non si registrano particolari pericoli per Ederson. Prima dell’intervallo i marocchini riescono a far passare Doku come un predatore d’area, lasciandolo completamente da solo in mezzo all’area al momento del corner di Foden. Di fatto, la partita termina nella prima frazione, e gli ingressi di Haaland e Rodri -insieme ad altre figure- non fanno altro che accentuare il dominio dei Citizens, che hanno talmente tanto la situazione sotto controllo che trovano il tempo per sborsare 20 mila euro di multa (la FIFA ha introdotto una penale per ogni sanzione, e l’espulsione corrisponde a circa 20 mila franchi svizzeri) per una tacchettata in faccia a un avversario da parte di Rico Lewis. 

Foto: X Juventus FC

La gara che chiude la prima giornata è l’esordio della Juventus di Igor Tudor. L’avversario dei bianconeri è l’Al-Ain, che presenta il 5-3-2 delle grandi occasioni, con un sempreverde Rui Patricio in porta. I bianconeri sono reduci dalla visita alla Casa Bianca, dove sono stati costretti ad ascoltare Trump mentre parlava ai giornalisti della guerra e del calcio femminile, in uno dei momenti più surreali della storia recente del calcio, ma in campo mettono subito le cose in chiaro, come fa l’America quando subentra nei grandi conflitti: all’intervallo il risultato è sul 4-0 per la squadra di Tudor, con la doppietta di Kolo Muani, il gol di Conceição e la gemma di Yildiz (che ancora una volta segna all’esordio in qualche torneo), nel secondo tempo arriverà anche il quinto gol di Chico Conceição. Se nel corso della stagione i giocatori della Juve sembravano spaventati anche da un fiammifero, a Washington i ragazzi di Tudor sembrano una banda di potenziali piromani: vanno a duemila, recuperano il pallone velocemente, si cercano e si trovano anche a occhi chiusi. In attesa dei recuperi di alcune pedine fondamentali (contro l’Al-Ain hanno riassaporato il campo Gatti e Koopmeiners), Tudor spinge sul blocco visto nel rush finale, con un Kelly in netto miglioramento con l’approccio al ruolo, e Alberto Costa in versione treno merci. Il portoghese è un’iradiddio sulla fascia destra e confeziona anche due assist, mentre l’enigma principale riguarda Conceição e Kolo Muani, entrambi in prestito ma sempre più incisivi nell’ecosistema bianconero. Sorrisi e sacrificio, il primo posto in classifica e la voglia di spingersi oltre. La Juventus di Tudor parte alla grande in America, e già nel prossimo turno può ipotecare il passaggio del turno.

Seconda giornata:

  • Juventus-Wydad Casablanca
  • Manchester City-Al Ain

GIRONE H 

Al-Hilal, Pachuca, Real Madrid, Salisburgo

Esordio a tutto tondo per Real e Al-Hilal, che accolgono nelle loro rispettive panchine Xabi Alonso e Simone Inzaghi. Ne viene fuori un match spettacolare, soprattutto per merito del coraggio e del dinamismo del club saudita. Senza Mbappé, Xabi Alonso sceglie il giovane Gonzalo Garcia, mentre dietro giocano subito i nuovi arrivati, Huijsen e Alexander-Arnold. Inzaghi ci ha messo poco a dare un’impronta decisa all’Al-Hilal, e la mezz’ora iniziale è quasi un monologo dei sauditi, più vivi e spigliati rispetto a un Madrid alla ricerca di geometrie. A Renan Lodi viene anche annullato un gol per fuorigioco, Inzaghi comincia a dispensare urla a qualsiasi oggetto vestito di blu, e nel frattempo il Real Madrid rispolvera la ripartenza all’italiana, finalizzata da Gonzalo Garcia su assist di Rodrygo. L’Al-Hilal ci mette poco a pareggiare la gara, grazie al calcio di rigore realizzato da Ruben Neves. Xabi Alonso non stravolge i suoi Blancos rispetto a quanto visto lo scorso anno, e sceglie la via della continuità anche nelle sostituzioni, con Tchouameni che continua il suo viaggio da nomade nella parte arretrata del campo mentre Asencio lascia il posto a Guler. Il turco da quella marcia in più al Madrid, e nel frattempo il ritmo dei sauditi è calato notevolmente, prevedibile considerando il dispendio enorme di energie del primo tempo e il caldo asfissiante di Miami. Nel finale il VAR assegna un rigore al Real Madrid per una manata di Al-Qahtani su Fran Garcia. Dal dischetto Valverde incrocia il destro ma Bonou azzecca l’angolo e mette il sigillo finale al pareggio. Due cantieri ancora in fase di avvio, ma arrivano già i primi segnali da una parte e dall’altra. Se Inzaghi può ritenersi soddisfatto per qualità e ritmo messo in campo, Xabi Alonso attende il ritorno di Mbappé per cercare di nascondere le difficoltà evidenziate in questo primo match, fotocopie dell’ultima stagione blanca. 

Foto: fifa.com

Altrettanto divertente è la gara tra Pachuca Red Bull Salisburgo. A Cincinnati trionfano gli austriaci dopo un match durato quattro ore (sospeso per un’ora e quaranta per l’acquazzone che ha colpito la città durante il secondo tempo). Gara divertente e frizzante fin dai primi minuti, con i messicani che rispolverano un centravanti d’area di rigore come Salomon Rondon, stranamente poco freddo e lucido contro l’estremo difensore del Salisburgo, l’impronunciabile Zawieschitzky. A ridosso dell’intervallo gli austriaci trovano il vantaggio grazie alla perla di Oscar Gloukh, l’israeliano lascia a terra Pedraza e batte Moreno con un destro a giro di pregevole fattura. Nella ripresa la gara si interrompe per quasi due ore per il temporale, poi riparte e i fulmini lasciano spazio ai fuochi d’artificio. Il Pachuca trova il pareggio grazie a una punizione di Gonzalez, su cui barriera e portiere non fanno una bella figura; Rondon continua la sua ricerca spasmodica del gol ma non riesce a segnare. Chi riesce a gonfiare la rete è l’altro centravanti, il neo-entrato Onisiwo, che sale in cielo e riesce a indirizzare e colpire forte il pallone, per un vantaggio che spedisce il Salisburgo in vetta alla classifica. In attesa della gara contro l’Al-Hilal gli austriaci provano a inserirsi di soppiatto in alto alla classifica.

Seconda giornata:

  • Salisburgo-Al-Hilal 
  • Real Madrid-Pachuca
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Calcio

Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Prima parte)

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Polemico, esagerato e curioso, proprio come sa essere l’America. Il nuovo Mondiale per Club voluto dalla FIFA rispecchia i canoni degli Stati Uniti, che si preparano al mondiale tra nazionali (in programma il prossimo anno) con una parata di stelle e altri elementi celesti più misteriosi, ma intensi e curiosi. Tante le novità in esperimento, numerosi argomenti di valutazione, ma nel frattempo la prima giornata è terminata nella notte, e tra poco il mondiale riparte con la seconda giornata. Allora ecco la prima parte dell’analisi delle prime gare del Mondiale per Club, girone per girone.

GIRONE A 

Al-Ahly, Inter Miami, Porto, Palmeiras 

Uno dei raggruppamenti più intriganti dell’intero mondiale, non tanto per la quantità elevata di “big” al suo interno, ma per l’alone di mistero e curiosità che circola attorno a Messi e avversari. Dopo le prime due partite la classifica è rimasta la stessa dello scorso venerdì, quando ancora il torneo non era cominciato. L’ordine rimane quello alfabetico, la differenza reti pari ai gol realizzati dalle quattro squadre, ossia zero, ma le due gare sono state tutt’altro che noiose.

Foto: fifa.com

La gara tra AlAhly e l‘Inter Miami apre il mondiale. Nel primo tempo gli egiziani dominano in lungo e in largo, come non si vedeva probabilmente da Cleopatra e family. La retorica storica però non è casuale, perché nell’assedio costante dell’Al-Ahly verso la porta avversaria emerge un altro reperto di notevole importanza nella gara: il portiere dell’Inter Miami, tale Oscar Ustari, 38 anni compiuti. Il portiere argentino è il protagonista della prima frazione perché mette a referto una serie di parate sensazionali, e mette la ciliegina al minuto 43 quando ipnotizza Trezeguet dal dischetto. Nel secondo tempo l’Inter Miami prova a giocare con maggior qualità, e la modalità è quella nota a tutti: palla a Messi e poi si vede. Al minuto 63 tutto lo stadio trattiene il fiato per la punizione di Messi, l’argentino cerca la soluzione a effetto e spedisce la palla in rete. Peccato che la palla non giri abbastanza e si vada a incastrare nella parte esterna della porta, regalando soltanto l’illusione ottica di un grande gol. Nel finale emerge anche l’altro estremo difensore, l’egiziano El-Sheenawy, anche lui ben navigato grazie alle sue 36 primavere. Le sue parate chiudono la porta, e dove non arriva El-Sheenawy ci pensano i legni, come quello colpito all’ultimo istante da un tiro-cross di Messi. Finisce 0-0.

Nell’altra gara del girone Porto e Palmeiras giocano talmente a viso aperto che si devono arrendere a uno 0-0 che suona come un oltraggio al calcio, per la mole di occasioni avute da entrambe le squadre. Due gemme per parte, Estêvão per i brasiliani e Rodrigo Mora per i portoghesi, ma le due squadre presentano un parco giocatori talmente completo da poter andare in guerra e a una sfilata a Hollywood allo stesso tempo. Tante, tantissime, troppe, occasioni e in questo teatro emergono artisti incompresi, o magari talmente sconosciuti a sé stessi da essere perfetti per dominare la scena. È il caso del portiere del Porto, Claudio Ramos, provvidenziale con una serie di parate tanto efficaci quanto qualitativamente orrende. Il Palmeiras ai punti meriterebbe almeno un gol, ma il palo e le parate sconsiderate di un Ramos in giornata di grazia non cambiano il risultato. Anche l’altra gara finisce 0-0.

Seconda giornata:

  • Palmeiras-Al-Ahly
  • Inter Miami-Porto 

GIRONE B 

Atletico Madrid, Botafogo, PSG, Seattle Sounders

Dopo aver schiantato l’Inter in finale di Champions League, il Paris Saint-Germain arriva al Mondiale per Club con i favori del pronostico. L’armata di Luis Enrique fa il suo esordio a Pasadena contro l’Atletico Madrid, al cospetto di un caldo torrido e ottantamila persone, a cui vanno aggiungi i sedici giocatori impiegati da Simeone nel corso della gara. Si prospettava come il match di cartello di questa prima giornata, e invece termina con un PSG che passeggia e domina per 4-0. Al momento i parigini viaggiano a una cilindrata nettamente superiore rispetto alla concorrenza, e anche senza due pilastri offensivi fondamentali, come Dembelé e Barcola, ci pensano gli altri diamanti che Parigi sta conservando, Fabian Ruiz e soprattutto Vitinha. Il centrocampista portoghese continua il suo mostruoso dominio del gioco e adesso si comincia a comprendere al meglio la sua leadership. Le altre due firme sono di Kang-In Lee e Mayulu, che in questo ultimo mese sta cercando di rinominare la celebre zona Cesarini. Per la banda del Cholo si mette subito in salita, anche se la qualificazione non sembra in discussione.

Foto: fifa.com

Nell’altro match i meno quotati Botafogo e Seattle Sounders regalano comunque un match intenso e spettacolare, vinto dai brasiliani grazie a due sigilli nel primo tempo. Il Botafogo va in vantaggio grazie a un colpo di testa dell’altissimo Jair Cunha (1.98m), poi raddoppia con un’altra incornata, questa volta del centravanti Igor Jesus. Nel secondo tempo gli statunitensi accorciano le distanze con Roldan, e nel rush finale sfiorano più volte il pareggio, ma il Botafogo decide di affidarsi a due, non troppo vecchie, meteore della nostra Serie A come Arthur Cabral e Joaquin Correa. Il risultato non cambia, anche se il Tucu sfiora subito il primo gol con la maglia del Fogão, stoppato da un grande intervento del portiere Frei. Successo che può rilanciare il Botafogo, che può approfittare della pesante sconfitta dell’Atletico Madrid, a patto che non si arrendano anche loro a un’imbarcata dai parigini, che negli ultimi tempi sembra l’unica soluzione percorribile.

Seconda giornata:

  • Paris Saint-Germain-Botafogo
  • Seattle Sounders-Atletico Madrid

GIRONE C 

Auckland City, Bayern Monaco, Benfica, Boca Juniors

Sulla carta sarebbe il girone più equilibrato del Mondiale, ma dopo la gara del Bayern Monaco ovviamente questa analisi va rivisitata. Contro i dilettanti dell’Auckland City i bavaresi non vanno per il sottile, confermando la freddezza e il cinismo che distingue il tedesco medio: termina 10-0, sei a zero all’intervallo. Troppa la differenza tra le due squadre per buttare giù una qualsiasi cronaca, anche se le storie extra-calcistiche dei dilettanti di Auckland sono manna dal cielo per le pagine romantiche di calcio. Il campo però non lascia spazio a interpretazioni: neozelandesi con un 5-5-0 non troppo compatto, i bavaresi lasciano Neuer in mezzo al campo a riscaldarsi seduto sul prato di Cincinnati e nel frattempo disintegrano la porta di Tracey, che nella vita fa il magazziniere. Qualificazione praticamente ipotecata, anche se adesso comincia a tutti gli effetti il mondiale di Kompany e…company;

Foto: fifa.com

L’equilibrio del gruppo C è rappresentato da Boca Juniors e Benfica, che scendono in campo all’Hard Rock Stadium di Miami. Senza troppi indugi è una delle partite più belle del primo turno di match. Ruvido, qualitativamente entusiasmante e ricco di calcio e calci, come impone la tradizione. Il Benfica sembra essere favorito dopo i primi minuti, ma gli argentini in dieci minuti mettono in scena tutto il loro calcio: vantaggio di Merentiel su assist di Blanco, che si concede il lusso di un tunnel prima del pallone per l’attaccante argentino, e raddoppio su palla inattiva con la testata vincente di Battaglia. Prima dell’intervallo il Boca completa il proprio manifesto sudamericano, quando a ridosso dell’intervallo il Benfica conquista un rigore per un calcio di Palacios su Otamendi. L’arbitro va al VAR e Ander Herrera -uscito anzitempo per infortunio- decide di farsi espellere per proteste. Di Maria accorcia le distanze dal dischetto e al rientro dagli spogliatoi Bruno Lage alza i toni dell’attacco con Belotti. L’ingresso del “Gallo” è agonisticamente impattante, forse troppo, perché al minuto 72 Belotti viene espulso per un calcio alla nuca di un avversario. La partita è tesa come una corda di violino, lo spettacolo ha lasciato spazio a un’intensità che sembra più da finale dei mondiali, che da fase a gironi, e parlando di mondiali non può che emergere un argentino, anche se veste la maglia del Benfica. Otamendi si stacca sul primo palo, impatta violentemente la sfera e pareggia la partita. Prima del triplice fischio c’è ancora tempo per un ultimo assaggio di calcio selvaggio, offerto da Figal: pestone da ergastolo sullo stinco di Florentino e cartellino rosso diretto. Finisce in parità, e il cammino di Boca e Benfica passerà dalla gara contro Auckland, in cui servono tanti gol per la differenza reti.

Seconda giornata:

  • Bayern Monaco-Boca Juniors
  • Benfica-Auckland City

GIRONE D

Chelsea, Esperance Tunis, Flamengo, Los Angeles FC

Il gruppo D diventa subito di dominio di Chelsea e Flamengo, come da pronostico. I londinesi cominciano la propria competizione contro il Los Angeles Fc di Giroud (inizialmente in panchina) e Lloris, e vincono con qualche difficoltà grazie a un gol per tempo. Forti del successo in Conference League, Maresca schiera la miglior formazione per evitare di incappare in qualche inconveniente in stile Italia a USA94′. La gara comincia con un colpo d’occhio agghiacciante, con le tribune dello stadio di Atlanta semi-vuote. Per fortuna gli spalti si riempiono leggermente nel corso della gara, e il Chelsea ingrana anch’esso alla distanza, per poi vincere senza evidenti fatiche. Il vantaggio è siglato da un ottimo Pedro Neto, frizzante nella fascia destra fin dall’inizio, incontenibile per il lussemburghese Chanot. Nel secondo tempo fanno il loro esordio in maglia Blues i due nuovi acquisti, Essugo e Delap, mentre sponda L.A. entra Giroud. L’ingresso del francese alza notevolmente il peso dell’attacco statunitense, e la difesa del Chelsea comincia a concedere qualche occasione, poi però viene fuori nuovamente il livello tecnico della banda Maresca, che chiude i discorsi a dieci dal termine. Delap pennella un ottimo cross in mezzo, Enzo Fernandez si avventa sulla sfera e mette il sigillo finale. Non un esordio da sogno per il Chelsea, che riesce comunque a conquistare i tre punti che gli servivano. La qualificazione è un duello con il Flamengo, prossimo avversario dei Blues. Occhio però a considerare fuori dai giochi il Los Angeles FC.

Foto: fifa.com

Nell’altro match il Flamengo fa il suo esordio in grande stile contro l’Esperance Tunisi. La differenza tecnica tra le due squadre è evidente, ma i brasiliani giocano un gran match sotto ogni punto di vista. Sigla il vantaggio uno dei simboli del Fla, il fantasista uruguaiano De Arrascaeta. L’ex Fiorentina Pedro ha l’occasione per raddoppiare, ma decide che per il momento non è il caso di segnare. La formazione del Flamengo è un’ode alla nostalgia calcistica, data la vasta presenza di ex Serie A come Pulgar, Gerson, Pedro e il nuovo arrivato Jorginho. Nel secondo tempo è proprio Jorginho a mettersi in mostra, grazie a un filtrante no-look verso Luiz Araujo, che aggiunge il suo tocco di classe con un mancino a giro che si insacca alle spalle del portiere Ben Said. Nell’Esperance Tunisi, a parte un’ottima presenza di tifosi nelle tribune, da segnalare una delle figure più pittoresche di questo mondiale, l’attaccante Rodrigo Rodrigues.

Seconda giornata:

  • Flamengo-Chelsea
  • Los Angeles FC-Esperance Tunisi 
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Calcio

Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

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L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.

Le scelte per l’ultima di Spalletti

Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.

ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui. 

Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.

Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.

Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e  sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.

Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…

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