Calcio
Il Supercommento dell’8ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, dell’ottava giornata di Serie A.
Como-Parma
L’apertura dell’ottava giornata regala subito spettacolo e giocate di pregevole fattura. Sotto gli occhi di star del cinema, come Andrew Garfield e Hugh Grant, e star del c.d.a (Raphael Varane ha deciso di ritirarsi per entrare a far parte della dirigenza lariana), Como e Parma approcciano la gara con grande voglia ed energia, alla ricerca di spazi dove punire e stappare la gara. Come da copione, la manovra offensiva del Como passa sempre dai piedi di Nico Paz, che al 2′ apparecchia per Strefezza, impreciso con il destro da dentro l’area. Il manovra del Parma non perde smalto e l’uscita codificata verso Bonny permette ai ducali di sfruttare le fasce, occupate da Cancellieri e Almqvist (Mihaila e Man inizialmente in panchina). Al 20′ il Parma trova il vantaggio in contropiede, con Almqvist che guida la ripartenza ducale e allarga verso Hernani, abile nel trovare al centro dell’area il taglio di Bonny, il francese anticipa Dossena e sorprende l’uscita di Audero con un colpo di tacco sublime, altra splendida giocata in questo avvio di campionato per il francese. La reazione del Como non tarda ad arrivare, con Cutrone che svetta in area su un cross alto di Alberto Moreno, attento Suzuki con i pugni. Il Parma flirta con il vantaggio con una punizione di Bernabè che beffa Audero, ma sbatte sulla traversa. Un minuto più tardi il Como pareggia, con Fadera che trova l’inserimento di Nico Paz, abile nell’incrociare e pareggiare i conti, primo centro in campionato per il talento argentino. Nel secondo tempo il ritmo è più basso, la paura e l’equilibrio prevalgono nella prima fase e le due difese si compattano con il passare dei minuti. Pecchia prova a rialzare la testa e inserisce Mihaila e Man, e i due neo-entrati confezionano l’occasione più nitida del secondo tempo, con Man che appoggia per la conclusione radente e potente di Mihaila, palla che sbatte sul palo. L’esterno romeno è il pericolo principale per la difesa lariana grazie alla sua abilità nel tiro da fuori, come la punizione insidiosa calciata al 76′ con la sfera che termina di poco a lato. Gli ultimi due squilli sono di Charpentier e Mazzitelli ma entrambe le conclusioni non creano problemi ai rispettivi portieri. Un pareggio che consolida l’ottimo avvio di campionato delle due squadre, sempre in crescendo nelle ultime apparizioni. Continuano a brillare le stelle Bonny, Nico Paz e Bernabè, giocatori di tutt’altro livello e in costante rampa di lancio.
Genoa-Bologna
Un Genoa sornione rimonta il Bologna e riacciuffa una gara complicatissima. A Marassi le due squadre, per motivazioni piuttosto diverse, apportano tante modifiche alle formazioni. Italiano rinuncia a Fabbian dal 1′ e sostituisce l’infortunato Ndoye con l’esordiente Dominguez. In difesa l’unica conferma è Beukema, mentre il quartetto si ridisegna completamente con Posch, Casale e Miranda. Gilardino è costretto a fare di necessità virtù, a causa della lunga lista di infortunati, compattando la linea mediana, in costante aiuto al blocco difensivo e alza Thorsby in zona offensiva, per dare una mano nella gestione del possesso e del gioco aereo a Pinamonti. Il Bologna prova subito ad alzare i giri del motore sviluppando il gioco sulla destra, dove Orsolini fin dalle prime battute sembra in giornata. Il primo squillo arriva proprio dai suoi piedi, con un mancino a giro che costringe Leali all’intervento in tuffo. L’estremo difensore italiano, schierato al posto dell’infortunato Gollini, alza la saracinesca e interviene prima sulla conclsuione da fuori area di Moro, e poi sul tiro ravvicinato di Orsolini. Al 36‘ il Bologna trova il vantaggio con Orsolini, la cui conclusione a giro trova la sporcatura di Vasquez che mette fuori giri Leali. Nel secondo tempo, al cospetto di un Genoa incapace di alzare il baricentro, il Bologna trova subito il raddoppio. Sugli sviluppi di un calcio d’angolo, Leali smanaccia e libera l’area, il pallone arriva al limite dove Odgaard controlla e spara un missile a fil di palo, firmando il doppio vantaggio che sembra mettere il lucchetto al match. Sembra. Il Genoa abbassa la testa e comincia a spingersi in avanti per inerzia, cercando un episodio per riequilibrare la gara. Al 72‘ Martin imbuca per Pinamonti che non riesce a controllare il pallone, Casale pasticcia nel controllo e regala palla al neo-entrato Ekhator che appoggia a Pinamonti e dal limite l’attaccante italiano batte Ravaglia. In quel momento il Bologna stacca completamente la spina, in costante difficoltà e in confusione dopo i cambi di Italiano, che getta nella mischia Dallinga, Fabbian e Karlsson. Alla fine la squadra di Gilardino trova il pareggio, con una punizione di Martin che pesca in area la testa di Pinamonti, dimenticato da Casale in marcatura, per un pareggio che fa esplodere il pubblico del Ferraris. Nel finale il Bologna non ha le forze, e la lucidità, per riportarsi avanti e il Genoa non ha occasioni. Un pari che conferma le difficoltà di gestione del Bologna, ancora una volta poco lucida nel corso della partita. Buone risposte dagli esterni in vista della gara di Champions contro l’Aston Villa. Il Genoa continua a faticare terribilmente, con i continui infortuni che incombono sulla squadra di Gilardino, ma il sussulto d’orgoglio del Grifone ha permesso ai rossoblù di riacciuffare una gara che sembrava senza storia fino all’ora di gioco.
Milan-Udinese (A cura di Simone Scafidi)
Sotto le luci di San Siro, e con l’aiuto del VAR, un Milan in dieci uomini supera l’Udinese e torna alla vittoria in Serie A dopo quasi un mese. La squadra di Fonseca parte subito forte, e al 12’ minuto trova il gol del vantaggio con Chukwueze che calcia forte, a giro, sul secondo palo e concretizza la grande azione costruita da un ispirato Okafor e dal solito -brillante- Pulisic. Come d’abitudine il Milan, subito dopo il gol, va fortissimo e cinque minuti più tardi sfiora il raddoppio con un colpo di testa di Morata, bloccato da Okoye. Al 29’ arriva il momento “sliding doors” del match, grazie ad un ottimo lancio in profondità di Bijol, che mette Lovric a tu per tu con Maignan. Lo sloveno viene fermato fallosamente da Reijnders che viene espulso per DOGSO (chiara occasione da gol). Sulla punizione Zemura sfiora il gol del pareggio, spedendo la sfera di poco a lato della porta di Maignan. Al 44’ i friulani trovano il pareggio con Ehizibue, ma il gol viene annullato per la posizione di fuorigioco dell’esterno olandese sul cross di Zarraga. Il secondo tempo comincia e prosegue con ritmi molto bassi fino al 74’, momento in cui il Milan per la prima volta, dopo l’espulsione di Reijnders, si fa vedere dalle parti di Okoye: Chukwueze mette un traversone sul secondo palo, che trova la sponda di Abraham per Pulisic, il quale si gira e trova l’ottima risposta di Okoye, successivamente graziato da un clamoroso errore dell’ex Roma, che sbaglia un gol praticamente a porta vuota e si fa anche male alla spalla, dovendo così abbandonare il terreno di gioco. Il match prosegue senza particolari occasioni fino a due minuti dalla fine, quando, in seguito ad un cross dalla fascia sinistra di Kamara, una mischia in area si conclude con il colpo di testa di Kabasele che beffa Maignan. I festeggiamenti dell’Udinese vengono smorzati dal VAR, perché il gol viene annullato per una posizione quasi impercettibile di fuorigioco di Ekkelenkamp. Tre punti che spediscono i rossoneri al quarto posto, a discapito proprio dei friulani. Un Milan altalenante che riesce a vincere una partita che sembrava non avere storia. Dall’altra parte, l’Udinese dovrà continuare a lavorare, soprattutto sul reparto offensivo, che nella sfida di San Siro, in superiorità numerica per più di 60 minuti, poteva e doveva produrre molto di più.
Juventus-Lazio
Dopo due mesi la Juventus torna a vincere in casa. Allo Stadium la squadra di Thiago Motta vince di misura grazie all’autogol di Mario Gila.
Empoli-Napoli (A cura di Simone Scafidi)
Un Napoli tenace espugna la “fortezza Castellani” e consolida la vetta. La prima metà del primo tempo è sotto il totale controllo della squadra di D’Aversa, che arriva molte volte nell’area del Napoli grazie al suo rapido gioco sulle fasce, con Pezzella e Gyasi in costante proiezione offensiva, e le conclusioni di Esposito che impensieriscono Caprile più di una volta. Al 26’ i partenopei hanno una grandissima occasione con Buongiorno, il cui colpo di testa viene salvato praticamente sulla linea dalla difesa toscana, a seguito di un calcio d’angolo battuto da Politano. La squadra di Conte appare molto confusa, con quest’ultimo altamente insoddisfatto della prestazione dei suoi, che in mezzo al campo hanno grandissime difficoltà a costruire la manovra, grazie ad un Empoli con un baricentro molto alto, capace di chiudere in maniera ottimale le linee di passaggio, bloccando così la costruzione azzurra. All’ultimo atto del primo tempo i toscani hanno l’occasione per passare in vantaggio: al 44′ Fazzini, grazie a un controllo orientato al volo, salta Buongiorno e Caprile ma non riesce a ribattere in porta. Il secondo tempo si apre con la palla stabilmente nei piedi dei giocatori del Napoli, che in fase di costruzione portano in avanti Di Lorenzo e Spinazzola, i quali bloccano gli esterni dell’Empoli. Per la squadra di D’Aversa diventa un problema l’uscita in pressione su Politano e Kvaratskhelia e di conseguenza ripartire anche in contropiede, situazione in cui l’Empoli si è reso più pericoloso nel corso del primo tempo. Al 60’ escono Lukaku e Spinazzola per Simeone e Olivera. L’attaccante argentino si rende subito pericoloso con una conclusione ribattuta dalla difesa dell’Empoli, Politano raccoglie il pallone e subisce fallo da Anjorin, guadagnando un calcio di rigore dopo un check del VAR. Sul dischetto si presenta Kvaratskhelia che spiazza Vasquez (al primo gol subito in casa) e realizza il gol dell’1-0. Al 67’ il Napoli sfiora il raddoppio con MctTominay, che conclude verso la porta avversaria sfiorando l’incrocio dei pali. Dopo il gol il ritmo del match rimane molto basso, l’Empoli prova ad affondare il colpo, con scarsi risultati, e il Napoli prova definitivamente a chiuderla con Neres che salta diversi avversari ma che non riesce a ribadire in rete. Il Napoli mantiene saldo il primo posto in classifica, con una vittoria figlia di una partita complicata, contro un Empoli solido e determinato che dopo il gol non trova però la forza di reagire. La crescita dei partenopei si comincia a intravedere a vista d’occhio, e la gestione del gruppo sembra la chiave di Conte in queste gare. La scelta di cambiare uomini e sistemi di gioco a partita in corso, come contro il Como, ha permesso al Napoli di trovare quelle soluzioni che servivano a svoltare la partita. Conte può quindi godersi un’altra settimana in vetta, guardando tutti dall’alto.
Lecce-Fiorentina
Si è sbloccata definitivamente la Fiorentina di Palladino. Al Via del Mare i toscani debordano e vincono 6-0. La scelta di Palladino, dopo la gara thriller contro il Milan, ricade sulla continuità. La conferma del blocco che ha battuto i rossoneri comincia a dare i suoi frutti in ogni reparto. La scelta del Lecce ricade sulla costruzione affidata ai due centrali, poco inclini al gioco palla a terra, e il pressing viola indirizza il possesso verso la squadra di Palladino. Dopo dieci minuti la gara perde uno dei protagonisti principali, dato che Gudmundsson è costretto a uscire per un problema muscolare, sostituito da Beltran. Al 20′ ha inizio il primo tempo da assoluto protagonista di Cataldi: Kean lotta con i difensori salentini sulla fascia e il fraseggio veloce tra Gosens e Bove porta alla conclusione dal limite il centrocampista ex-Lazio, abile nel bucare Falcone sul primo palo. Da quel momento inizia l’assolo dei viola. La grinta e tenacia di Beltran portano all’errore Oudin, con Cataldi che cerca subito Kean in area, Falcone smanaccia ma non può nulla sulla ribattuta di Colpani, che chiude il mancino e trova il primo sigillo in maglia viola. Al 40′ la gara del Lecce si mette ulteriormente in salita, perché Gallo stende Dodò al limite dell’area e viene espulso per chiara occasione da gol. Sugli sviluppi del calcio di punizione Cataldi disegna un arcobaleno che supera la barriera e batte Falcone. Nel secondo tempo Gotti prova a riequilibrare la squadra, con alcuni cambi che fungono da filtro in mezzo al campo, ma la squadra di Palladino è un rullo compressore, e cala il poker al 55′ con Colpani che prima sbatte su Falcone, poi in seconda battuta calcia al volo e spedisce il pallone all’incrocio dei pali. La girandola di cambi della Fiorentina non abbassa il ritmo dei toscani, e all’ora di gioco trova anche il quinto gol, con Beltran che deposita in rete, da pochi passi, un cross basso di Kouame. Il Lecce prova ad alzare il baricentro per trovare un gol della bandiera, ma la Fiorentina riesce sbarrare la strada. Al 71′ arriva anche il sesto gol, conParisi che slalomeggia tra i centrali del Lecce e calcia verso la porta, trovando la deviazione decisiva di Ramadani. Prestazione incredibile della squadra di Palladino, che adesso sembra aver trovato la quadra e sopratutto i gol. Tante risposte dal reparto centrale, anche se ancora la stabilità e l’equilibrio della mediana viola sono da consolidare. Grandi segnali da Colpani, autore di una doppietta e di una gara da Flaco. Da valutare i problemi fisici di Kean (uscito all’intervallo) e Gudmundsson, in vista degli impegni di Conference e del prossimo impegno, al Franchi contro la Roma.
Venezia-Atalanta
Continua la scalata dell’Atalanta verso i piani alti. Al Penzo la squadra di Gasperini si affida alla continuità dell’ultima gara, nonostante i tanti problemi fisici che stanno martoriando il reparto difensivo degli orobici. Pronti, via e i bergamaschi vanno subito in vantaggio, grazie al cinquantesimo gol in Serie A di Mario Pasalic, che diventa il miglior marcatore croato della storia della Serie A. Il Venezia appare frastornato dal colpo subito, e continua a subire le continue progressioni di Lookman Retegui e De Ketelaere. Pochi minuti dopo serve un grande intervento dell’esordiente Stankovic, esordio in Serie A per l’ex Sampdoria, per evitare il raddoppio di De Ketelaere. Il Venezia si affaccia per la prima volta dalle parti di Carnesecchi al 20′, quando Zampano ruba palla a Lookman e calcia sul secondo palo, grande intervento in tuffo dell’estremo difensore italiano. Cinque minuti dopo Lookman calcia forte da fuori area ma la sua conclusione non scende abbastanza e sbatte sulla traversa. Al 40′ la Dea sfiora il raddoppio in campo aperto, con il lancio di De Roon che pesca lo scatto in profondità di Retegui, il cui tiro a incrociare sibila con il palo lontano e termina fuori. La rete del bomber italo-argentino è rimandata al secondo tempo, e dopo nemmeno un minuto Retegui ruba palla a Candela e fredda Joronen con un pallonetto di assoluta qualità e bellezza, realizzando l’ottavo centro in altrettante gare in campionato. Il Venezia non riesce a reagire e i tanti cambi rallentano il ritmo e spezzettano il gioco. Tra le fila bergamasche prova ad accendere nuovamente la miccia Samardzic, che si invola verso la porta e calcia forte sul primo palo, è necessario un grande intervento di Stankovic a negare il tris all’Atalanta. Un’altra vittoria importante per la squadra di Gasperini, che comincia ad acquisire sempre più fiducia e condizione. I tanti infortuni continuano a martoriare la difesa, ma le risposte del reparto offensivo adesso diventano importanti e la Dea comincia a risalire la classifica, mentre in Champions arriva il match contro il Celtic, Gasperini si gode i gol di uno scatenato Retegui e le giocate di Lookman e CDK. Rimane in fondo alla classifica il Venezia di Eusebio Di Francesco, chiamato a risollevare la gondola per evitare ulteriori difficoltà nel corso del campionato.
Cagliari-Torino (A cura di Simone Scafidi)
All’Unipol Domus, Cagliari e Torino si divertono e fanno divertire, dando vita ad un pirotecnico 3-2, tra rimonte e contro-rimonte. Match che appare sin da subito in grande equilibrio, con le due squadre che giocano sostanzialmente a specchio: a Che Adams e Sanabria, le due punte di Vanoli, si oppone dalla parte opposta Piccoli, boa attorno alla quale gira l’attacco cagliaritano, completato da Luvumbo e Viola. La manovra offensiva della squadra di Vanoli coinvolge ogni singolo elemento della formazione, in avanti spicca particolarmente il grande aiuto fornito da Walukiewicz e Masina, che si spingono ben oltre la linea di centrocampo, arrivando quasi al limite dell’area di rigore avversaria. Dopo due pericolosi tentativi di Piccoli e Zappa, al 38′ il Cagliari trova il gol del vantaggio: in seguito ad un dubbio fallo compiuto da Saul Coco (che probabilmente il fallo l’aveva subito), Viola segna su punizione, grazie soprattutto ad uno schema preparato alla perfezione con Luvumbo e Mina, i quali aprono la barriera e fanno passare il tiro del capitano rossoblù. Un minuto più tardi il Torino pareggia i conti, grazie all’incornata in solitaria di Sanabria su un cross di Lazaro direttamente da calcio d’angolo, immancabile la dedica all’infortunato Zapata. Il secondo tempo riprende con gli stessi, altissimi, ritmi con cui si era concluso il primo. Al 55’ il Toro va in vantaggio con Linetty che, dopo una grandissima incursione a centrocampo, calcia da fuori area battendo Scuffet. Un quarto d’ora più tardi il Torino sfiora il terzo gol, con una conclusione di Saul Coco da trenta metri che impensierisce Scuffet, obbligato a spedire la sfera in calcio d’angolo. Pochi istanti dopo, in seguito ad un calcio d’angolo guadagnato dal neo entrato Lapadula, Palomino colpisce di testa e pareggia i conti, portando il Cagliari sul 2-2. Al 78’ arriva la rimonta della squadra di Nicola, con un instancabile Piccoli che riceve palla in area di rigore, si defila e tenta un cross rasoterra, trovando però la sfortunata deviazione di Saul Coco che insacca il pallone alle spalle di Milinkovic-Savic. Dopo il gol del vantaggio il Cagliari serra i ranghi e lascia pochissimo spazio alla costruzione granata, riuscendo anche a trovare diverse e pericolose ripartenze. Nel recupero i granata attuano un vero e proprio assedio, guadagnando diversi calci d’angolo e riempiendo l’area con quasi tutti gli elementi della propria rosa. Al 91’ Scuffet salva il Cagliari sul colpo di testa di Adams, compiendo un salvataggio tutt’altro che semplice e assicurando tre punti fondamentali alla sua squadra, che conquista la prima vittoria in casa in campionato. Vittoria alla “Ranieri” per Nicola. Nel giorno del compleanno dell’ex tecnico rossoblù, i sardi confezionano una prestazione caratterizzata da coraggio e determinazione. Il Cagliari vince e convince, soprattutto perché questa prestazione arriva contro un Torino che non si dimostra un avversario facile e che ha già saputo stupire nel corso del campionato. Adesso Nicola dovrà saper tenere alto il ritmo e il morale. Piccolo passo indietro per la squadra di Vanoli, che adesso è chiamato a ricompattare la squadra e tornare a conquistare punti, dopo un filotto di quattro sconfitte consecutive tra campionato e Coppa Italia.
Roma-Inter (A cura di Tommaso Patti)
Nel secondo match di cartello dell’ottava giornata un’Inter corsara ottiene i tre punti grazie al sigillo del capitano Lautaro Martinez.
Hellas Verona-Monza
In avvio il Monza approccia con coraggio e ritmo la gara. Così come nel match contro il Napoli, la squadra di Nesta riesce a eludere il pressing della difesa a tre grazie alla velocità e alla fluidità del possesso brianzolo. Il Monza trova il vantaggio al nono minuto, con Caprari che sfreccia sulla fascia sinistra e crossa verso il secondo palo, dove Dany Mota si coordina alla perfezione e spedisce la sfera sul secondo palo, dove Montipò non può arrivare, prima rete dei brianzoli nel primo quarto di gara. Il Verona appare in confusione e fisicamente giù di giri. Il centrocampo roccioso e dinamico non riesce a imporsi grazie al lavoro lucido e intelligente di Pessina, spina nel fianco delle due mezzali scaligere. La squadra di Zanetti comincia a trovare soluzioni nello scambio tra Tengstedt e Mosquera, ma le combinazioni tra i due attaccanti sono spesso lontane dalla porta, e la difesa del Monza non corre particolari rischi. Nel secondo tempo il Verona continua a palesare enormi difficoltà nella zona centrale del campo, dove Belhayane e Duda sono in inferiorità numerica contro i centrocampisti brianzoli, aiutati dalle continue corse di sacrificio di Dany Mota. Con un baricentro molto basso, comincia a diventare fondamentale Milan Djuric, pivot dell’attacco del Monza e prima soluzione per le uscite della squadra di Nesta. Nella fase centrale della ripresa il Verona sfiora più volte il pareggio, ma in ogni conclusione degli uomini di Zanetti ci sono le mani sicure di Turati, autore di diverse parate salva-risultato. Al 74′ il Monza raddoppia: rinvio di Turati verso Djuric, che a memoria spizza alle spalle della difesa, dove arriva l’inserimento di Dany Mota che fredda Montipò e cala la doppietta. Quattro minuti dopo la squadra di Nesta cala il tris: altro rinvio di Turati e altra incornata di Djuric, sul pallone arriva in anticipo Faraoni, che si fa soffiare palla da Bianco, appena entrato, che in scivolata supera in uscita Montipò. Vittoria di carattere per il Monza, la prima in campionato, che sancisce la momentanea uscita dalla zona retrocessione. Con i tre punti la squadra di Nesta sale a quota 7 punti e stacca di un punto il Lecce terzultimo. Continua il periodo no del Verona, ancora una volta in difficoltà nella fase difensiva e poco produttiva nella trequarti offensiva, dove stanno mancando le giocate di Lazovic e Suslov.
LA TOP11 DELL’8ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala
Calcio
Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.
Le scelte per l’ultima di Spalletti
Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.
ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui.
Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.
Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.
Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.
Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…
Calcio
Tracollo Azzurro in Norvegia, a Oslo termina 3-0. Mondiale subito a rischio?

Disastro Azzurro sotto la pioggia di Oslo. L’Italia cade rovinosamente contro la Norvegia e complica subito il proprio percorso verso il mondiale. Ancora una volta gli Azzurri subiscono tre gol nel primo tempo, e nel secondo tempo non riescono a reagire.
La formazione degli Azzurri è ritoccata in quasi ogni reparto, principalmente in difesa dove mancano quasi tutti i centrali regolarmente utilizzati dal c.t. La scelta di Spalletti è l’esordiente Diego Coppola al centro della retroguardia, affiancato da Di Lorenzo e Bastoni. Sugli esterni giocano Zappacosta e Udogie, mentre in avanti ancora una volta giocano Retegui e Raspadori.
Nei primi minuti l’Italia prova a gestire il possesso del pallone, cercando di sfruttare anche la velocità di circolazione della sfera grazie alla pioggia che si abbatte su Oslo. I norvegesi sono uniti e compatti, e il blocco disegnato da Solbakken non lascia particolari spazi agli Azzurri. Fin dalla vigilia tutta l’attenzione mediatica si è concentrata sul potenziale duello Coppola-Haaland, ma nessuno ha preso in considerazione gli altri due attaccanti della Norvegia. Già, perché fin dal primo scatto in avanti, la sensazione è che sia Nusa da una parte, che Sorloth dall’altra, siano un pericolo di gigantesca dimensione per i difensori italiani. Al primo affondo la Norvegia va in vantaggio: Nusa è un treno sulla fascia sinistra, il classe 2005 si accentra e trova un gran passante alle spalle dei difensori azzurri, Sorloth raccoglie l’invito, si presenta davanti a Donnarumma e lo batte in uscita. Vantaggio per i padroni di casa, e la gara si mette subito in salita. Ed è una strada che diventa sempre più insormontabile, perché gli affondi dell’Italia, principalmente dei lanci lunghi verso Retegui, sono preda facile dei due pilastri difensivi norvegesi, Heggem e Ajer, ed è sui centimetri dei propri giocatori che la Norvegia trova grandi spazi e vantaggi per colpire un’Italia che non sembra particolarmente in giornata. Il più ispirato di tutti è sicuramente Antonio Nusa, e dopo aver regalato un grande assist per il vantaggio, mette anche il suo sigillo a un primo tempo a senso unico. Minuto 34, rinvio di Nyland verso Thorsby che controlla agevolmente la sfera, a causa di una marcatura leggera di Rovella, la palla rimane vicino al giocatore del Genoa e diventa di possesso di Nusa, serpentina tra Rovella e Di Lorenzo e destro potente alle spalle di Donnarumma. Una rete meravigliosa di una gemma assoluta della scuola calcistica norvegese, che sta seminando il panico tra le maglie azzurre. Il primo tempo è unicamente a tinte rosso e blu, i colori della Norvegia, e i ragazzi di Solbakken trovano anche il terzo sigillo di giornata, con la stessa giocata che l’Italia sembra non riuscire a leggere: la palla in verticale tra i due difensori. A due minuti dall’intervallo Tonali perde palla in mezzo al campo, Odgaard porta palla e pesca il taglio di Haaland tra Coppola e Bastoni, il bomber del Manchester City è solo davanti Donnarumma e non ha particolari difficoltà nel superare il capitano azzurro e depositare in rete il pallone del 3-0.
Dagli spogliatoi Spalletti sceglie Frattesi al posto di Rovella, uno dei giocatori più in difficoltà sul piano fisico. Anche Solbakken effettua un cambio, con Berg che sostituisce l’ammonito Thorsby. Nessun cambio di modulo, stesso schieramento con il solo cambio in regia, con Barella che viene arretrato in cabina di regina. Non cambia di una virgola il copione della partita, e questo è un pessimo scenario per l’Italia, che non riesce a sviluppare una manovra offensiva degna di nota. Retegui è sempre isolato tra i giocatori norvegesi, e ogni cross è preda facile dei difensori di Solbakken. Al 65′ i padroni di casa vanno vicini addirittura al poker, con uno schema che parte dalla bandierina e termina dall’arcobaleno a giro di Berge, destro di prima intenzione che colpisce in pieno il palo. Verso il settantesimo arrivano le prime vere mosse dei due allenatori, perché Solbakken sostituisce Heggem con Ostigard, ma Spalletti rinfoltisce -finalmente- l’attacco: vanno fuori Zappacosta e Retegui, e al loro posto entrano Orsolini e Lucca. Appena entrati nell’ultimo quarto di gara l’Ullevaal Stadion si sfrega le mani per riservare la meritata standing ovation ad Antonio Nusa, sostituito da un altro gioiello della nuova scuola norvegese, Oscar Bobb. Applausi scroscianti per l’ala del Lipsia, sicuramente il migliore in campo per la qualità messa in campo e per l’incisività avuta, con un gol e un assist. Gli “olè” del pubblico norvegese al possesso ipnotico, e gli applausi al pressing asfissiante, sono le due diapositive del finale di partita, in cui l’Italia non solo non alza il baricentro, ma rischia di concedere altri corridoi ai padroni di casa, che non hanno assolutamente intenzione di fermarsi. Il primo tiro in porta dell’Italia arriva al secondo minuto di recupero, un colpo di testa di Lucca su cui Nyland non ha problemi, intervento plastico per i fotografi e prima parata della sua gara.
Si mette subito in terribile salita il cammino verso il mondiale
La partita di Oslo si mostrava complicata per una serie di molteplici motivi, ma la prestazione -se così si può definire- attuata dagli Azzurri non è all’altezza di una nazionale che ha l’obiettivo di vincere il raggruppamento e raggiungere l’America. In difficoltà dal primo all’ultimo minuto e sotto ogni punto di vista. Tatticamente i norvegesi hanno avuto l’astuzia di sfruttare una linea alta e sconnessa da parte dell’Italia, e grazie ai guizzi frizzanti di Nusa, Solbakken ha potuto contare su una scheggia impazzita che non poteva non fare male. Altro punto da analizzare è la tenuta fisica delle due nazionali, perché la Norvegia ha viaggiato a ritmi e velocità nettamente superiori, e adesso la tenuta fisico-mentale della nazionale di Spalletti è sotto banco in vista della prossima partita.
Dall’Italia…all’Italia
Contro l’Italia si è chiuso l’ultimo gettone mondiale della Norvegia, e dall’Italia può ripartire la corsa per tornare a quel mondiale che manca dal 1998. Con questo successo la nazionale di Solbakken è in cima al raggruppamento a punteggio pieno. 9 punti per Haaland e compagni, mentre l’Italia comincia il suo cammino con uno 0, e adesso ha l’obbligo di ripartire subito e rimettersi in scia per evitare l’ennesimo disastro mondiale.
Lunedì il match con la Moldavia a Reggio Emilia, con la vittoria che a questo punto diventa un imperativo!
Calcio
Una manita che vale il triplete. il PSG schianta l’Inter e vince la Champions League

Il Paris Saint-Germain vince la prima Champions League della sua storia. A Monaco di Baviera la squadra di Luis Enrique si sbarazza dell’Inter e domina dal primo all’ultimo minuto.
Il racconto della finale di Champions League 2024/2025
Triplete e tabù
Numeri e intrecci con la storia fanno da contraltare a una finale che si preannuncia scoppiettante per gli attori, pronti a prendersi la scena nel palcoscenico più importante di tutti, la finale di Champions League. Inter e Paris Saint-Germain arrivano in Baviera per aggiungere il capitolo finale alla stagione, senza dubbio il più importante. Se da una parte l’Inter deve reagire a un finale di stagione che ha sorriso al Napoli, nella lotta al campionato, il PSG va a caccia del terzo successo in tre competizioni.
Sia Inter e PSG cercano di reagire a una delusione abbastanza recente in finale di Champions, perché entrambe hanno assaporato la vetta ma si erano fermate al gradino più basso, dovendosi arrendere a Manchester City (Istanbul 2023 nel caso dell’Inter) e Bayern Monaco (Lisbona 2020 nel caso dei parigini). L’Inter, inoltre, cerca di sfatare un tabù legato alla città di Monaco di Baviera: in terra bavarese si sono disputate quattro finali -tra Coppa dei Campioni e Champions League- e tutte e quattro hanno visto trionfare una squadra al primo successo nella propria storia (va ricordato lo score del PSG in Champions League, la cui voce “titoli” al momento recita “zero”).
Le scelte
Pochissimi dubbi alla vigilia, nessuna sorpresa al momento della comunicazione delle formazioni: Inzaghi sceglie i suoi uomini migliori, tutti gli artisti che hanno contribuito a questo quadro che cerca l’ultima pennellata. L’unico ballottaggio attivo riguardava il braccetto di destra, al fianco di Acerbi e Bastoni, sciolto da Inzaghi con Pavard. Il francese, uno dei volti con più esperienza e leadership nel roster nerazzurro, scalza Bisseck e parte dal primo minuto. Tra i parigini invece il testa a testa riguardava due delle gemme più preziose sgrezzate da Luis Enrique nell’ultimo anno, Doué e Barcola. Il primo vince il duello con il connazionale e si affianca a Dembélé e Kvaratskhelia.
PSG: Donnarumma, Hakimi, Marquinhos, Pacho, Nuno Mendes, Vitinha, João Neves, Fabian Ruiz, Doué, Dembélé, Kvaratskhelia;
INTER: Sommer, Pavard, Acerbi, Bastoni, Dumfries, Barella, Calhanoglu, Mkhitaryan, Dimarco, Thuram, Lautaro Martinez
Due generazioni a confronto, una per blindare un ciclo sempre più crescente, l’altra per avviarne uno nuovo. Il Paris Saint-Germain vanta la squadra più giovane di tutta la competizione (età media di 24 anni e 262 giorni), mentre l’Inter la squadra più anziana (età media di 30 anni e 19 giorni).
Arbitra il rumeno Kovacs, che negli ultimi anni ha arbitrato due finali che hanno fatto sorridere il calcio italiano (il fischietto rumeno ha diretto la vittoria della Roma in Conference League e l’Atalanta nella notte di Dublino, contro il Leverkusen).
Alle 21.01 il fischietto di Kovacs emette il primo suono, comincia la finale!
||PRIMO TEMPO ||
Curiosa la battuta dei parigini, che lanciano in rimessa laterale il primo pallone della gara. Subito chiaro l’intento della squadra di Luis Enrique, quello di non far sviluppare dal basso l’Inter. Il possesso è in mano ai parigini, soprattutto nelle fasi iniziali della gara. La squadra di Inzaghi cerca di giocare sulle lunghe leve di Dumfries, in netto vantaggio fisico su Nuno Mendes, ma il recupero palla del Paris è molto efficace. Non vi erano dubbi sul coraggio e sulla qualità dei francesi, ciò che risalta comunque all’occhio è l’approccio della gara da parte dei campioni di Francia, padroni assoluti del possesso. Il primo squillo è proprio di Doué, un destro potente e angolato su cui Sommer non ha difficoltà. Il dominio è evidente e il vantaggio arriva al minuto 11. Il gioco si sviluppa prevalentemente a destra, ma al primo affondo a sinistra il Paris sfonda: palla magica di Vitinha alle spalle della difesa, Doué è pronto per calciare verso la porta ma il francese è bravissimo nel servire in mezzo Hakimi, il marocchino ha la porta spalancata e non può fallire il più classico dei gol dell’ex. Vantaggio francese e finale subito in salita per la squadra di Inzaghi. Lo svantaggio appesantisce le gambe dei giocatori dell’Inter, e la corsa interminabile dei parigini non lascia respirare i nerazzurri, che cercano rifugio in Sommer. Le difficoltà dell’Inter sono evidenti, così come emerge l’agonismo e la freschezza dei francesi. Al 20′ arriva il raddoppio: l’azione comincia nell’area francese, con Barella troppo leggero nella protezione di un corner, in cui l’Inter sa sempre rendersi pericolosa; Pacho evita il giro dalla bandierina e il PSG va subito in contropiede: Dembélé chiama a sé la difesa nerazzurra e poi cambia gioco, Doué controlla e spara il destro verso la porta, convertito in rete dalla deviazione di Dimarco che manda fuori giri Sommer. Venti minuti maestosi della squadra di Luis Enrique, ma dall’altra parte l’Inter non sembra essere scesa in campo. Non si registrano occasioni per la squadra di Inzaghi, anche se la pressione del PSG si affievolisce leggermente dopo il doppio vantaggio, e questo favorisce una crescita -timida- dei nerazzurri. I movimenti dei francesi sono di un’armonia e una pulizia a dir poco pregevole, e la lettura difensiva dell’Inter soffre terribilmente questo continuo scambio di posizioni, in ogni zona del campo. Al 37′, dalla bandierina l’Inter si costruisce la prima -vera- occasione della sua gara, con il solito cross preciso di Calhanoglu indirizzato sul secondo palo, lì Thuram prende il tempo su Kvaratskhelia ma il suo colpo di testa termina di poco a lato. È il momento di spinta massima dell’Inter, favorito da una piccola fase di allentamento del Paris, subito richiamato a voce alta da Luis Enrique, che impone lucidità e maggior qualità. All’ultimo pallone del primo tempo Kvaratskhelia impensierisce ancora una volta Sommer. È l’ultimo squillo di un primo tempo a tinte uniche blu e rosse, con il Paris Saint Germain meritatamente in vantaggio. Un dominio schiacciante nel primo tempo, ma occhio a mantenere la partita in bilico, perché l’Inter si può riaccendere da un momento all’altro.
||SECONDO TEMPO ||
Nessun cambio all’intervallo, i riparte dagli stessi ventidue. L’Inter appare subito più coraggiosa e intraprendente, anche se era prevedibile visto il brutto primo tempo. Kvara prova a chiudere subito i conti ma il suo mancino termina in curva. In quel momento l’Inter capisce che per riaccendere la miccia serve maggiore qualità e incisività da destra, e lo sviluppo dell’Inter verte sempre dalla parte di Dumfries, favorito da un maggiore apporto alla manovra da parte di Thuram. Inzaghi è il primo a muovere la panchina con Bisseck e Zalewski al posto di Pavard e Dimarco. Il polacco viene subito ammonito per un fallo in attacco, ma il segnale è quello di alzare l’agonismo e il ritmo. Dopo pochi minuti la panchina dell’Inter viene mobilitata nuovamente perché Bisseck cade male a terra ed è costretto a uscire subito per un problema al flessore. Al suo posto Carlos Augusto, oltre a Darmian per Mkhitaryan. In mezzo alle sostituzioni il PSG mette il lucchetto alla finale: ancora una volta Dembélé domina il gioco a suo piacimento, e attira a sé i difensori dell’Inter, il francese imbuca per Vitinha che porta palla per metà campo, prima di appoggiare verso Doué, destro piazzato sul primo palo e discorso archiviato. Prestazione totale del gioiello francese, che esce qualche minuto dopo, accompagnato dalla standing ovation del suo pubblico e dal cinque di Barcola, pronto a seminare ulteriormente il panico tra le maglie nerazzurre. Inzaghi termina le sostituzioni con Asllani al posto di Calhanoglu, uscito acciaccato per un problema fisico. L’Inter si sgretola con il passare dei minuti, e il nervosismo comincia a prevalere sulla ragione, a tal punto che Kovacs mette mano al taschino più volte. Al 73′ i parigini debordano con Kvaratskhelia: l’azione parte dal basso, e il fraseggio porta fuori la linea di difesa dell’Inter -stranamente alta, il solito Dembélé dipinge calcio a tutto tondo, filtrante per Kvara che arriva fino all’area piccola, il mancino del georgiano buca Sommer sul primo palo. 4-0 PSG, dominio assoluto. L’Inter cerca il gol della bandiera, e in quel momento emerge l’altro top player del roster parigino: Gigio Donnarumma. Il portiere italiano mette i suoi guanti su un destro piazzato di Thuram, e nega il gol della bandiera al francese. Nelle retrovie l’Inter fa sempre più acqua, a tal punto che Barcola semina i difensori come se fossero birilli, ma davanti a Sommer calcia clamorosamente fuori, a due passi dalla porta. Con la gara in cassaforte -già dal decimo minuto in verità- Luis Enrique adopera tre cambi, che ancora una volta danno frutti meravigliosi. A cinque dal termine i parigini muovono palla attorno all’area, Barcola imbuca per il neo-entrato Mayulu che calcia forte e batte Sommer per la quinta volta. CINQUE a zero, un risultato clamoroso.
Un dominio incontrastato, dal primo all’ultimo minuto. Il PSG è stato superiore in tutto, dalla gestione tattica al controllo emotivo della gara. Con la forza delle idee, coordinato da un’insieme di perle preziose, Luis Enrique si conferma ancora una volta una garanzia per questa competizione. Il tecnico spagnolo non ha mai perso una finale in carriera, e il modo con cui il Paris Saint-Germain si è sbarazzato dell’Inter rimarrà negli annali della Champions League. Prima coppa in bacheca per il club francese, che quest’anno chiude la stagione con il triplete, dopo i successi in Ligue 1 e Coupe De France. Dall’altra parte l’Inter esce fracassata dal prato di Monaco di Baviera, per una sconfitta che peserà tantissimo per le modalità e per l’approccio alla partita. Un’Inter irriconoscibile, che però si è dovuto arrendere di fronte alla freschezza e alla qualità incredibile del Paris Saint-Germain. Stagione da zero tituli, per dirla alla Mourinho, per la squadra di Inzaghi, che adesso dovrà sciogliere le riserve sul proprio futuro. Sipario per un’altra grande stagione di calcio europeo, con la nuova edizione della Champions che ha aggiunto all’albo un nuovo vincitore e uno spettacolo sempre più appassionante.
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