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Calcio

Il Super Commento della 12ª giornata di Serie A

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Grafica: Julya Marsala

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della dodicesima giornata di Serie A.

Genoa – Como (A cura di Dennis Rusignuolo)

A un passo dal colpaccio, il Como viene raggiunto dal gol nel recupero di Vogliacco. La gara del Ferraris inaugura la 12ª giornata, anticipata a giovedì sera a causa del Rally della Lanterna. Tante le assenze da una parte e dall’altra, con Fabregas che sostituisce gli infortunati Perrone e Sergi Roberto con Engelhardt e Da Cunha. Fabregas impiega il francese in mezzo al campo per non concedere punti di riferimento alla mediana del Grifone. Thorsby agisce alle spalle di Pinamonti e Ekhator, e tra le linee comincia a emergere Nico Paz. In avvio il Genoa prova a spingere sull’acceleratore, con il Como che si compatta a ridosso dell’area di rigore e prova a risalire il campo giocando sulla profondità, data dai movimenti di Cutrone. I lariani cominciano ad affacciarsi dalle parti di Leali con Nico Paz, al quarto d’ora lo spagnolo calcia forte sul primo palo, e l’estremo difensore italiano deve calare la prima grande parata della serata. Il Como rimane in pressione alta, e passa in vantaggio un minuto più tardi: Pinamonti prova a guidare la ripartenza genoana, ma viene ingabbiato da tre giocatori del Como e perde palla, la sfera arriva a Fadera al vertice dell’area, l’esterno serve Nico Paz in area e lì serve tutta la classe dello spagnolo, bravo ad attirare la marcatura di Frendrup e appoggiare al limite per Da Cunha, il francese prende la mira e porta in vantaggio il Como. La rete del centrocampista certifica il predominio della squadra di Fabregas, sempre equilibrata e compatta dietro la linea del pallone. Il raddoppio sistematico di Strefezza su Martin oscura la fascia sinistra del Genoa, e porta i padroni di casa a sviluppare sulla destra, dove però Sabelli è bloccato da Fadera e Nico Paz. L’esterno angolano sfiora il raddoppio in contropiede ma Leali respinge. Il Genoa approfitta di un momento di squilibrio del Como e in tre passaggi manda Ekhator (18 anni) a tu per tu con Reina (42 anni), l’estremo difensore spagnolo fa valere tutta la sua esperienza e intercetta il pallonetto del giovane attaccante italiano. Nel secondo tempo Gilardino cambia modulo, inserisce Miretti per Martin e passa a una difesa a quattro. Il Como riparte con gli stessi undici e l’inerzia della gara è decisamente a favore del lariani. Il Genoa concede spazi tra le linee e Nico Paz e Cutrone attaccano sistematicamente la profondità. Al 70’ l’attaccante italiano trova il 2-0, con un diagonale sul secondo palo, ma la rete viene annullata per fuorigioco dal VAR. Nel finale il Como spreca un paio di occasioni con Cutrone e Strefezza, e il Genoa attacca a testa bassa, sospinta dall’orgoglio e dal tifo incessante di Marassi. L’ingresso di Balotelli fomenta il Ferraris, ma non cambia il canovaccio tattico della partita. Nel recupero il Genoa riacciuffa il pareggio, corner di Miretti sul primo palo, il Como difende a zona e orienta le marcature verso il vertice dell’area, Pinamonti spizza la sfera che arriva al centro dell’area piccola, Nico Paz si perde Vogliaccoche arriva a concludere con il destro.
Pareggio dai due volti, da una parte il cuore genoano, dall’altra il rammarico e la delusione lariana. Il Como gioca un’ottima gara, con tante occasioni e una discreta compattezza tra i reparti. Nonostante le assenze, Fabregas era riuscito a imbrigliare per bene il Genoa, ma nel finale i lariani peccano di attenzione e malizia, e la rete di Vogliacco certifica la fragilità difensiva del Como (almeno un gol subito in ogni gara). Il Genoa si aggrappa all’orgoglio e al cuore di uno dei ragazzi di Genova, pareggio che permette alla squadra di Gilardino di rimanere attaccata al Como, entrambe a 10 punti.

Lecce – Empoli ( A cura Tommaso Patti)

Termina in parità la sfida tra Lecce e Empoli, i salentini salgono a quota nove punti, rimanendo però  impigliato nella zona bassa della classifica. Per gli azzurri invece, arriva un punto importante se messo in relazione con i rischi e i pericoli presi negli ultimi minuti di gioco. Al Via del Mare l’avvio di partita è molto tranquillo, con molto equilibrio ma con pochissime conclusioni nello specchio della porta nella prima mezz’ora. Dopo una trentina di minuti senza particolari acuti offensivi, la gara si sblocca al 33′ con Pietro Pellegri: l’attaccante azzurro viene servito da Cacace dopo un personale coast to coast e, dopo essere stato servito del terzino australiano, l’ex centravanti di Genoa e Torino piazza il pallone all’angolino, trovando il suo secondo gol consecutivo dopo la rete decisiva nel successo contro il Como della scorsa giornata. La reazione dei padroni di casa arriva a ridosso del duplice fischio, quando dopo un calcio di punizione battuto da Oudin (schierato a sorpresa da Gotti alle spalle di Krstovic), Gaspar arriva più in alto di tutti ma angola troppo il pallone di testa, sprecando l’opportunità di pareggiare una gara che fin li, rispecchia esattamente il momento complicato dei giallorossi. Nella ripresa l’Empoli va vicino al raddoppio con Cacace che, con un diagonale mancino, colpisce il palo, confermando però l’ottima intuizione di D’Aversa di schierarlo titolare al posto di Pezzella. Dopo aver provato continuamente di pareggiare la gara, il Lecce riesce a mettere tutto in parità al 77′ con Santiago Pierotti, l’attaccante argentino (subentrato dopo l’infortunio di Banda al 20‘), segna il suo primo gol in Serie A grazie ad un suo recupero a metà campo ma soprattutto grazie all’assist di Gallo, che propizia il colpo di testa del numero cinquanta giallorosso. I padroni di casa, carichi mentalmente dal gol del pareggio, si proiettano nell’area di rigore avversaria sfiorando il gol del 2-1 con Krstovic che, di testa, colpisce nuovamente la traversa. Nei cinque minuti finali, entrambe le squadre provano ad affondare il colpo senza però riuscirci.

Venezia – Parma (A cura di Simone Scafidi)

Il Parma vince al Penzo e ritrova i tre punti dopo quasi tre mesi, condannando il Veneziaall’ultimo posto in classifica. A passare in vantaggio sono però i lagunari, che partono subito con la marcia ingranata e al 4’ trovano il gol dell’1-0 con Nicolussi Caviglia, che stoppa il cross di Oristanio e calcia al volo, insaccando la sfera alle spalle di Suzuki e trovando il secondo gol nelle ultime tre partite. La squadra di Pecchia non tarda a rispondere e al 16’, sugli sviluppi di un corner, Valeri raccoglie un passaggio di Man al limite dell’area e calcia verso la porta, trovando una bellissima traiettoria che mette Stankovic fuori dai giochi e pareggia la partita. Dopo il gol, il Parma prende sempre più campo rinchiudendo il Venezianella sua area, e dieci minuti dopo il gol del pareggio Benedyczak sfiora il vantaggio con un destro dal limite dell’area. Al 68’, dopo diverse azioni pericolose, i padroni di casa provano a concretizzare il vantaggio con i tiri di Oristanio e Busio ribattuti dal muro emiliano. Proprio da quest’ultima azione nasce un rapidissimo contropiede guidato da Sohm, che in profondità trova Man, che calcia in porta e impegna Stankovic, la cui respinta viene raccolta da Bonny, che ribadisce in porta e torna al gol dopo quattro partite. Il Venezia prova timidamente a reagire a 5’ dalla fine con Pohjanpalo che colpisce di testa su un corner, trovando però le mani sicure di Suzuki. Il Parma torna dunque alla vittoria, e lo fa con una partita iniziata male, che è stato capace di recuperare e successivamente vincere, difendendo con cognizione di causa e con solidità. Il Venezia continua il suo pessimo periodo di forma, con una prestazione di poco carattere, in una partita in cui non si è quasi mai reso pericoloso, lasciando inoltre troppi spazi all’attacco dei ducali, che ne approfittano e trovano due gol perfettamente evitabili.

Cagliari – Milan (A cura di Marco Rizzuto)

Gara folle quella dell’Unipol Domus tra Cagliari e Milan. Rimonte e contro rimonte per uno dei match più spettacolari di questo campionato. Dalla doppietta di Leao ai due gol di Zappa, passando per l’esordio di Camarda e i gol di Abraham e Zortea.

Juventus – Torino (A cura di Dennis Rusignuolo)

La Juventus si aggiudica il Derby della Mole. Allo Stadium i bianconeri dominano contro il Torino e si portano a ridosso della vetta con i gol di Weah nel primo tempo, e Yildiz nel secondo.

Atalanta – Udinese (A cura di Marco Rizzuto)

L’Atalanta ribalta l’udinese e manda un segnale ai piani alti, la rete di Pasalic e l’autogol di Tourè, permettono alla Dea di guardare alla vetta.Dieci minuti di fuoco al Gewiss, entrambe le squadre si alternano nel creare occasioni pericolose. Ma la prima palla gol spetta all’Udinese. Lovric viene mandato a tu per tu con Carnesecchi che risponde prima sulla conclusione dello sloveno, e poi in tuffo negando il gol a Davis. Continuano le occasioni di una partita pazza e impronosticabile, l’Atalanta sigla il gol del vantaggio con il solito Retegui, rete che viene annullata però per il tocco in posizione irregolare di Lookman. L’Udinese risponde subito dopo, dimostrando la grande grinta impressa da Runjaic ai suoi. Payero si inserisce alle spalle di Kossounou e dal vertice dell’area scheggia la traversa. Il pressing molto alto messo in campo dai friulani rende veramente difficile la costruzione ai padroni di casa. Al 25′ Gasperini è costretto ad effettuare il primo cambio della partita, Djimsiti rimane dolorante dopo un contrasto di gioco con Thauvin, e viene sostituito da Ederson. Poco dopo l’Udinese trova la rete del vantaggio con Davis ma anche in questo frangente viene annullata per l’intervento falloso dell’inglese ai danni di De Roon. Nel finale i bianconeri riescono a sbloccarla, stavolta in modo regolare, Thauvin guida il contropiede bianconero e allarga nella zona di Kamara che da lontanissimo prende la mira e calcia un bolide che si insacca in rete, inutile il tentativo in tuffo di Carnesecchi. L’Udinese nonostante il vantaggio non si chiude in difesa e cerca sempre di partire in contropiede alla ricerca del raddoppio. La Dea pareggia dopo dieci minuti dalla ripresa. Ripartenza fulminea di Bellanova (entrato a secondo tempo per l’infortunato Zappacosta) che serve un cioccolatino per Pasalic che non sbaglia il rigore in movimento. L’Atalanta ribalta tutto in quattro minuti grazie ad un autogol sfortunato di Tourè, che in scivolata devia in porta il traversone basso di Bellanova. Incubo ad occhi aperti per Runjaic che si riflette anche sui suoi giocatori, l’aggressività vista nel primo tempo è andata sciamando pian piano, lasciando alla Dea molta più libertà in costruzione. Col passare dei minuti, i nerazzurri mirano ad addormentare la partita, abbassando drasticamente i ritmi visti nella prima frazione. Nei minuti conclusivi si ferma anche Zaniolo. Il numero dieci si accascia per un guaio muscolare e viene sostituito da Cuadrado, match sfortunatissimo per l’Atalantasul piano fisico. Il match si chiude con la vittoria in rimonta dei bergamaschi, sesto centro consecutivo che permette alla Dea di godersi il big match di San Siro. L’Udinese crolla ancora, sebbene un primo tempo giocato a grandi livelli, nel secondo sono bastati cinque minuti per mandare tutto in fumo. La squadra di Runjaic rimane inchiodata a 16 punti, da ormai tre giornate.

Fiorentina – Verona (A cura di Tommaso Patti)

Nel segno di Kean, la Fiorentina cala il tris e supera il Verona. Al Franchi, la viola parte fortissimo, portandosi subito in vantaggio al quarto minuto con Kean, servito dopo una cavalcata da parte di Beltran. La reazione degli ospiti non tarda ad arrivare, all’ottavo minuto Lazovic immette un cross teso, sventato da De Gea prima del tap-in di Tengstedt. L’occasione precedentemente sbagliata dal centravanti danese è solo un assaggio di quello che accade dieci minuti più avanti quando, dopo aver portato palla, Saut Serdar calcia trovando un grandissimo gol che vale il pareggio. Dal gol dell’1-1 i ritmi si abbassano, le azioni diminuiscono fino al 59′, quando sul corner battuto da Adli, Kean anticipa tutti all’interno dell’area piccola, realizzando il gol del nuovo vantaggio per la viola. Ferita dal gol subito, la squadra di Zanetti accusa il colpo senza riuscire a reagire, rischiando di subire la terza rete sul lancio di Comuzzo per Beltran che, dopo un controllo di petto, impegna Montipò. Il colpo del K.O. la Fiorentina lo affonda al minuto ottantatré, quando dopo il recupero palla di Kouame in una zona insidiosa del campo, l’attaccante viola si immola verso la porta salta anche l’estremo portiere gialloblù e serve a centro area Kean, che da pochi passi firma la sua prima tripletta in carriera e chiude la partita grazie alla sua ottava rete in Serie A.

Roma – Bologna (A cura di Marco Rizzuto)

Non basta la doppietta di  El Shaarawy ai giallorossi, il tridente OrsoliniCastroKarlssonstende una Roma ferita e spettacolare. L’avvio all’Olimpico è molto lento, poche occasioni e tanti duelli in mezzo al campo. Al 20′ Orsolini con una super giocata lascia sul posto Angelino e scappa verso la porta, l’esterno, con un tiro-cross calcia largo e in allungo Ndoye, tenta di insaccare in spaccata ma mancando il contatto col pallone sbatte contro il palo rimanendo a terra dolorante. Italiano così è costretto ad effettuare il primo cambio forzato della gara, inserendo Karlsson con Ndoye che esce in barella. Pochi minuti dopo, il Bolognapassa avanti, Castro insacca da pochi metri dopo la deviazione di Celik sul il corner tagliente di Orsolini. I giallorossi tentano una reazione, e alla mezz’ora, Konè dalla fascia sinistra  arriva sul fondo e mette un pallone pericoloso in mezzo per Soulé che calcia di prima, spaccando la traversa. Il primo tempo termina senza troppe emozioni, con le squadre che tornano negli spogliatoi sotto la pioggia di fischi incessanti dei tifosi giallorossi. Ripresa che segue lo stesso copione, si assiste ad una partita da un’intensità molto bassa. Per dare una scossa, Juric richiama in panchina Soulé ed inserisce Shomurodov. Poco dopo l’ora di gioco la Roma riesce a pareggiare con El Shaarawy, l’esterno giallorosso riesce a spedire in rete con un colpo di testa su assist di Mancini. Questo gol suona la carica alla Roma, ma proprio nel momento migliore dei giallorossi, il Bologna torna in vantaggio dopo solamente tre minuti. Orsolini servito con un lancio millimetrico da Castro rientra sul sinistro e calcia, il pallone sbatte su Mancini e finisce in rete beffando Svilar. Al 77′ il Bologna cala il tris con Karlsson, il numero dieci viene servito con un filtrante alto da Miranda e davanti Svilar non sbaglia, facendo calare le tenebre nuovamente sull’Olimpico. A dieci dalla fine Juric è costretto a sostituire Koné per un problema fisico, mettendo al suo posto Paredes. Nel minuto successivo la Roma torna in partita infiammando il finale, sempre con El Shaarawy, che insacca da dentro l’area su assist di Shomurodov. Gli animi di scaldano ed il finale diventa frizzante. Sul finale Dallinga si divora il gol del poker, chiudendo troppo il destro e mandando la sfera sul fondo da pochi metri. Il match termina con la terza vittoria consecutiva del Bologna sulla Roma, vittoria che permette ai ragazzi di Italiano di eguagliare il Milan a diciotto punti. Condannata la Roma, altra sconfitta per 2-3 che inchioda i giallorossi a 13 punti. Con l’esonero di Juric, il ritorno dalla pausa nazionali sarà una grande incognita.

Monza – Lazio (A cura di Tommaso Patti)

Vittoria di misura per la Lazio di Baroni, a Monza la decide una grandissima rete di Zaccagniche spedisce i biancocelesti a 25 punti. Le due squadre approcciano la gara con due stati d’animo diversi: gli ospiti vengono da un momento decisamente positivo condito dal primo posto in Europa League e un avvio di campionato sorprendente, il Monza invece, è reduce da un periodo buio, con solo un punto nelle ultime tre gare di Serie A. L’inizio di gara all’U-Power Stadium è equilibrato, con occasioni da entrambe le parti, portate avanti da Maldini, Dia e Nuno Tavares, quest’ultimo protagonista di un cross deviato che stava per ingannare Turati. Nei minuti successivi la gara si sblocca dal punto di vista degli interventi irregolari: in due occasioni vengono assegnati altrettanti cartellini gialli per il Monza a causa dei falli di Pedro Pereira e Carboni su Nuno Tavares e Pedro. Al 32′ la Lazio prova a concretizzare, andando vicino al gol del vantaggio con Zaccagni, il capitano bianco celeste calcia a giro colpendo il palo a portiere battuto dopo esser stato servito nuovamente da un incontenibile Nuno Tavares. Dopo aver spedito alto il pallone sulla ribattuta del palo preso da Zaccagni, qualche minuto dopo Pedro si rende protagonista di un recupero palla fondamentale a metà campo ai danni di Daniel Maldini, l’azione prosegue con il possesso palla di Mattéo Guendouzi che serve Zaccagni nella stessa posizione dell’azione precedente, anche questa volta il numero dieci laziale si sposta  il pallone sul piede forte e calcia a giro sul secondo palo, segnando la sua quarta rete in campionato. L’unico acuto del primo tempo brianzolo al gol subito arriva al tramonto dell prima frazione: sul cross di Pedro Pereira, Djuric colpisce di testa e, nel tentativo di respinta sbagliato da parte di Marusic, Dany Mota approfitta della situazione provando a pareggiare la gara con un rovesciata. che termina alta. Nella ripresa parte meglio la squadra ospite, che rischia di raddoppiare con il tiro da fuori da parte di Rovella, in risposta arriva un ottimo intervento da parte di Turati. La gara subisce un altro abbassamento dei ritmi, fino al 70′, quando con due occasioni in meno di due minuti, il Monza va vicina al gol del pareggio con il colpo ti testa di Izzo prima, e poi con la conclusione alta da buona posizione di Maldini. A pochi minuti dal termine, Baroni schiera Castellanos, l’attaccante argentino riesce a sollevare il baricentro della Lazio sfiorando più volte la sua sesta marcatura in campionato.

Inter – Napoli (A cura di Dennis Rusignuolo)

A San Siro termina in parità la sfida tra Inter e Napoli. La gara viene sbloccata dal gol di McTominay, mentre il gol del pareggio arriva dal bellissimo destro di Çalhanoğlu, protagonista di un penalty sbagliato nella seconda frazioni.

LA TOP 11 DELLA 12ª GIORNATA

Classe 2004. Studente in Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Palermo. Aspirante giornalista/presentatore sportivo e grande appassionato di calcio.

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Calcio

Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

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L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.

Le scelte per l’ultima di Spalletti

Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.

ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui. 

Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.

Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.

Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e  sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.

Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…

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Tracollo Azzurro in Norvegia, a Oslo termina 3-0. Mondiale subito a rischio?

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Disastro Azzurro sotto la pioggia di Oslo. L’Italia cade rovinosamente contro la Norvegia e complica subito il proprio percorso verso il mondiale. Ancora una volta gli Azzurri subiscono tre gol nel primo tempo, e nel secondo tempo non riescono a reagire.

La formazione degli Azzurri è ritoccata in quasi ogni reparto, principalmente in difesa dove mancano quasi tutti i centrali regolarmente utilizzati dal c.t. La scelta di Spalletti è l’esordiente Diego Coppola al centro della retroguardia, affiancato da Di Lorenzo e Bastoni. Sugli esterni giocano Zappacosta e Udogie, mentre in avanti ancora una volta giocano Retegui e Raspadori.

Nei primi minuti l’Italia prova a gestire il possesso del pallone, cercando di sfruttare anche la velocità di circolazione della sfera grazie alla pioggia che si abbatte su Oslo. I norvegesi sono uniti e compatti, e il blocco disegnato da Solbakken non lascia particolari spazi agli Azzurri. Fin dalla vigilia tutta l’attenzione mediatica si è concentrata sul potenziale duello Coppola-Haaland, ma nessuno ha preso in considerazione gli altri due attaccanti della Norvegia. Già, perché fin dal primo scatto in avanti, la sensazione è che sia Nusa da una parte, che Sorloth dall’altra, siano un pericolo di gigantesca dimensione per i difensori italiani. Al primo affondo la Norvegia va in vantaggio: Nusa è un treno sulla fascia sinistra, il classe 2005 si accentra e trova un gran passante alle spalle dei difensori azzurri, Sorloth raccoglie l’invito, si presenta davanti a Donnarumma e lo batte in uscita. Vantaggio per i padroni di casa, e la gara si mette subito in salita. Ed è una strada che diventa sempre più insormontabile, perché gli affondi dell’Italia, principalmente dei lanci lunghi verso Retegui, sono preda facile dei due pilastri difensivi norvegesi, Heggem e Ajer, ed è sui centimetri dei propri giocatori che la Norvegia trova grandi spazi e vantaggi per colpire un’Italia che non sembra particolarmente in giornata. Il più ispirato di tutti è sicuramente Antonio Nusa, e dopo aver regalato un grande assist per il vantaggio, mette anche il suo sigillo a un primo tempo a senso unico. Minuto 34, rinvio di Nyland verso Thorsby che controlla agevolmente la sfera, a causa di una marcatura leggera di Rovella, la palla rimane vicino al giocatore del Genoa e diventa di possesso di Nusa, serpentina tra Rovella e Di Lorenzo e destro potente alle spalle di Donnarumma. Una rete meravigliosa di una gemma assoluta della scuola calcistica norvegese, che sta seminando il panico tra le maglie azzurre. Il primo tempo è unicamente a tinte rosso e blu, i colori della Norvegia, e i ragazzi di Solbakken trovano anche il terzo sigillo di giornata, con la stessa giocata che l’Italia sembra non riuscire a leggere: la palla in verticale tra i due difensori. A due minuti dall’intervallo Tonali perde palla in mezzo al campo, Odgaard porta palla e pesca il taglio di Haaland tra Coppola e Bastoni, il bomber del Manchester City è solo davanti Donnarumma e non ha particolari difficoltà nel superare il capitano azzurro e depositare in rete il pallone del 3-0.

Dagli spogliatoi Spalletti sceglie Frattesi al posto di Rovella, uno dei giocatori più in difficoltà sul piano fisico. Anche Solbakken effettua un cambio, con Berg che sostituisce l’ammonito Thorsby. Nessun cambio di modulo, stesso schieramento con il solo cambio in regia, con Barella che viene arretrato in cabina di regina. Non cambia di una virgola il copione della partita, e questo è un pessimo scenario per l’Italia, che non riesce a sviluppare una manovra offensiva degna di nota. Retegui è sempre isolato tra i giocatori norvegesi, e ogni cross è preda facile dei difensori di Solbakken. Al 65′ i padroni di casa vanno vicini addirittura al poker, con uno schema che parte dalla bandierina e termina dall’arcobaleno a giro di Berge, destro di prima intenzione che colpisce in pieno il palo. Verso il settantesimo arrivano le prime vere mosse dei due allenatori, perché Solbakken sostituisce Heggem con Ostigard, ma Spalletti rinfoltisce -finalmente- l’attacco: vanno fuori Zappacosta e Retegui, e al loro posto entrano Orsolini e Lucca. Appena entrati nell’ultimo quarto di gara l’Ullevaal Stadion si sfrega le mani per riservare la meritata standing ovation ad Antonio Nusa, sostituito da un altro gioiello della nuova scuola norvegese, Oscar Bobb. Applausi scroscianti per l’ala del Lipsia, sicuramente il migliore in campo per la qualità messa in campo e per l’incisività avuta, con un gol e un assist. Gli “olè” del pubblico norvegese al possesso ipnotico, e gli applausi al pressing asfissiante, sono le due diapositive del finale di partita, in cui l’Italia non solo non alza il baricentro, ma rischia di concedere altri corridoi ai padroni di casa, che non hanno assolutamente intenzione di fermarsi. Il primo tiro in porta dell’Italia arriva al secondo minuto di recupero, un colpo di testa di Lucca su cui Nyland non ha problemi, intervento plastico per i fotografi e prima parata della sua gara.

Si mette subito in terribile salita il cammino verso il mondiale

La partita di Oslo si mostrava complicata per una serie di molteplici motivi, ma la prestazione -se così si può definire- attuata dagli Azzurri non è all’altezza di una nazionale che ha l’obiettivo di vincere il raggruppamento e raggiungere l’America. In difficoltà dal primo all’ultimo minuto e sotto ogni punto di vista. Tatticamente i norvegesi hanno avuto l’astuzia di sfruttare una linea alta e sconnessa da parte dell’Italia, e grazie ai guizzi frizzanti di Nusa, Solbakken ha potuto contare su una scheggia impazzita che non poteva non fare male. Altro punto da analizzare è la tenuta fisica delle due nazionali, perché la Norvegia ha viaggiato a ritmi e velocità nettamente superiori, e adesso la tenuta fisico-mentale della nazionale di Spalletti è sotto banco in vista della prossima partita.

Dall’Italia…all’Italia

Contro l’Italia si è chiuso l’ultimo gettone mondiale della Norvegia, e dall’Italia può ripartire la corsa per tornare a quel mondiale che manca dal 1998. Con questo successo la nazionale di Solbakken è in cima al raggruppamento a punteggio pieno. 9 punti per Haaland e compagni, mentre l’Italia comincia il suo cammino con uno 0, e adesso ha l’obbligo di ripartire subito e rimettersi in scia per evitare l’ennesimo disastro mondiale.

Lunedì il match con la Moldavia a Reggio Emilia, con la vittoria che a questo punto diventa un imperativo!

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Calcio

Una manita che vale il triplete. il PSG schianta l’Inter e vince la Champions League

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Il Paris Saint-Germain vince la prima Champions League della sua storia. A Monaco di Baviera la squadra di Luis Enrique si sbarazza dell’Inter e domina dal primo all’ultimo minuto.

Il racconto della finale di Champions League 2024/2025

Triplete e tabù

Numeri e intrecci con la storia fanno da contraltare a una finale che si preannuncia scoppiettante per gli attori, pronti a prendersi la scena nel palcoscenico più importante di tutti, la finale di Champions League. Inter e Paris Saint-Germain arrivano in Baviera per aggiungere il capitolo finale alla stagione, senza dubbio il più importante. Se da una parte l’Inter deve reagire a un finale di stagione che ha sorriso al Napoli, nella lotta al campionato, il PSG va a caccia del terzo successo in tre competizioni.

Sia Inter e PSG cercano di reagire a una delusione abbastanza recente in finale di Champions, perché entrambe hanno assaporato la vetta ma si erano fermate al gradino più basso, dovendosi arrendere a Manchester City (Istanbul 2023 nel caso dell’Inter) e Bayern Monaco (Lisbona 2020 nel caso dei parigini). L’Inter, inoltre, cerca di sfatare un tabù legato alla città di Monaco di Baviera: in terra bavarese si sono disputate quattro finali -tra Coppa dei Campioni e Champions League- e tutte e quattro hanno visto trionfare una squadra al primo successo nella propria storia (va ricordato lo score del PSG in Champions League, la cui voce “titoli” al momento recita “zero”).

Le scelte

Pochissimi dubbi alla vigilia, nessuna sorpresa al momento della comunicazione delle formazioni: Inzaghi sceglie i suoi uomini migliori, tutti gli artisti che hanno contribuito a questo quadro che cerca l’ultima pennellata. L’unico ballottaggio attivo riguardava il braccetto di destra, al fianco di Acerbi e Bastoni, sciolto da Inzaghi con Pavard. Il francese, uno dei volti con più esperienza e leadership nel roster nerazzurro, scalza Bisseck e parte dal primo minuto. Tra i parigini invece il testa a testa riguardava due delle gemme più preziose sgrezzate da Luis Enrique nell’ultimo anno, Doué e Barcola. Il primo vince il duello con il connazionale e si affianca a Dembélé e Kvaratskhelia.

PSG: Donnarumma, Hakimi, Marquinhos, Pacho, Nuno Mendes, Vitinha, João Neves, Fabian Ruiz, Doué, Dembélé, Kvaratskhelia; 

INTER: Sommer, Pavard, Acerbi, Bastoni, Dumfries, Barella, Calhanoglu, Mkhitaryan, Dimarco, Thuram, Lautaro Martinez

Due generazioni a confronto, una per blindare un ciclo sempre più crescente, l’altra per avviarne uno nuovo. Il Paris Saint-Germain vanta la squadra più giovane di tutta la competizione (età media di 24 anni e 262 giorni), mentre l’Inter la squadra più anziana (età media di 30 anni e 19 giorni).

Arbitra il rumeno Kovacs, che negli ultimi anni ha arbitrato due finali che hanno fatto sorridere il calcio italiano (il fischietto rumeno ha diretto la vittoria della Roma in Conference League e l’Atalanta nella notte di Dublino, contro il Leverkusen).

Alle 21.01 il fischietto di Kovacs emette il primo suono, comincia la finale!

||PRIMO TEMPO ||

Curiosa la battuta dei parigini, che lanciano in rimessa laterale il primo pallone della gara. Subito chiaro l’intento della squadra di Luis Enrique, quello di non far sviluppare dal basso l’Inter. Il possesso è in mano ai parigini, soprattutto nelle fasi iniziali della gara. La squadra di Inzaghi cerca di giocare sulle lunghe leve di Dumfries, in netto vantaggio fisico su Nuno Mendes, ma il recupero palla del Paris è molto efficace. Non vi erano dubbi sul coraggio e sulla qualità dei francesi, ciò che risalta comunque all’occhio è l’approccio della gara da parte dei campioni di Francia, padroni assoluti del possesso. Il primo squillo è proprio di Doué, un destro potente e angolato su cui Sommer non ha difficoltà. Il dominio è evidente e il vantaggio arriva al minuto 11. Il gioco si sviluppa prevalentemente a destra, ma al primo affondo a sinistra il Paris sfonda: palla magica di Vitinha alle spalle della difesa, Doué è pronto per calciare verso la porta ma il francese è bravissimo nel servire in mezzo Hakimi, il marocchino ha la porta spalancata e non può fallire il più classico dei gol dell’ex. Vantaggio francese e finale subito in salita per la squadra di Inzaghi. Lo svantaggio appesantisce le gambe dei giocatori dell’Inter, e la corsa interminabile dei parigini non lascia respirare i nerazzurri, che cercano rifugio in Sommer. Le difficoltà dell’Inter sono evidenti, così come emerge l’agonismo e la freschezza dei francesi. Al 20′ arriva il raddoppio: l’azione comincia nell’area francese, con Barella troppo leggero nella protezione di un corner, in cui l’Inter sa sempre rendersi pericolosa; Pacho evita il giro dalla bandierina e il PSG va subito in contropiede: Dembélé chiama a sé la difesa nerazzurra e poi cambia gioco, Doué controlla e spara il destro verso la porta, convertito in rete dalla deviazione di Dimarco che manda fuori giri Sommer. Venti minuti maestosi della squadra di Luis Enrique, ma dall’altra parte l’Inter non sembra essere scesa in campo. Non si registrano occasioni per la squadra di Inzaghi, anche se la pressione del PSG si affievolisce leggermente dopo il doppio vantaggio, e questo favorisce una crescita -timida- dei nerazzurri. I movimenti dei francesi sono di un’armonia e una pulizia a dir poco pregevole, e la lettura difensiva dell’Inter soffre terribilmente questo continuo scambio di posizioni, in ogni zona del campo. Al 37′, dalla bandierina l’Inter si costruisce la prima -vera- occasione della sua gara, con il solito cross preciso di Calhanoglu indirizzato sul secondo palo, lì Thuram prende il tempo su Kvaratskhelia ma il suo colpo di testa termina di poco a lato. È il momento di spinta massima dell’Inter, favorito da una piccola fase di allentamento del Paris, subito richiamato a voce alta da Luis Enrique, che impone lucidità e maggior qualità. All’ultimo pallone del primo tempo Kvaratskhelia impensierisce ancora una volta Sommer. È l’ultimo squillo di un primo tempo a tinte uniche blu e rosse, con il Paris Saint Germain meritatamente in vantaggio. Un dominio schiacciante nel primo tempo, ma occhio a mantenere la partita in bilico, perché l’Inter si può riaccendere da un momento all’altro.

||SECONDO TEMPO ||

Nessun cambio all’intervallo, i riparte dagli stessi ventidue. L’Inter appare subito più coraggiosa e intraprendente, anche se era prevedibile visto il brutto primo tempo. Kvara prova a chiudere subito i conti ma il suo mancino termina in curva. In quel momento l’Inter capisce che per riaccendere la miccia serve maggiore qualità e incisività da destra, e lo sviluppo dell’Inter verte sempre dalla parte di Dumfries, favorito da un maggiore apporto alla manovra da parte di Thuram. Inzaghi è il primo a muovere la panchina con Bisseck e Zalewski al posto di Pavard e Dimarco. Il polacco viene subito ammonito per un fallo in attacco, ma il segnale è quello di alzare l’agonismo e il ritmo. Dopo pochi minuti la panchina dell’Inter viene mobilitata nuovamente perché Bisseck cade male a terra ed è costretto a uscire subito per un problema al flessore. Al suo posto Carlos Augusto, oltre a Darmian per Mkhitaryan. In mezzo alle sostituzioni il PSG mette il lucchetto alla finale: ancora una volta Dembélé domina il gioco a suo piacimento, e attira a sé i difensori dell’Inter, il francese imbuca per Vitinha che porta palla per metà campo, prima di appoggiare verso Doué, destro piazzato sul primo palo e discorso archiviato. Prestazione totale del gioiello francese, che esce qualche minuto dopo, accompagnato dalla standing ovation del suo pubblico e dal cinque di Barcola, pronto a seminare ulteriormente il panico tra le maglie nerazzurre. Inzaghi termina le sostituzioni con Asllani al posto di Calhanoglu, uscito acciaccato per un problema fisico. L’Inter si sgretola con il passare dei minuti, e il nervosismo comincia a prevalere sulla ragione, a tal punto che Kovacs mette mano al taschino più volte. Al 73′ i parigini debordano con Kvaratskhelia: l’azione parte dal basso, e il fraseggio porta fuori la linea di difesa dell’Inter -stranamente alta, il solito Dembélé dipinge calcio a tutto tondo, filtrante per Kvara che arriva fino all’area piccola, il mancino del georgiano buca Sommer sul primo palo. 4-0 PSG, dominio assoluto. L’Inter cerca il gol della bandiera, e in quel momento emerge l’altro top player del roster parigino: Gigio Donnarumma. Il portiere italiano mette i suoi guanti su un destro piazzato di Thuram, e nega il gol della bandiera al francese. Nelle retrovie l’Inter fa sempre più acqua, a tal punto che Barcola semina i difensori come se fossero birilli, ma davanti a Sommer calcia clamorosamente fuori, a due passi dalla porta. Con la gara in cassaforte -già dal decimo minuto in verità- Luis Enrique adopera tre cambi, che ancora una volta danno frutti meravigliosi. A cinque dal termine i parigini muovono palla attorno all’area, Barcola imbuca per il neo-entrato Mayulu che calcia forte e batte Sommer per la quinta volta. CINQUE a zero, un risultato clamoroso.

Un dominio incontrastato, dal primo all’ultimo minuto. Il PSG è stato superiore in tutto, dalla gestione tattica al controllo emotivo della gara. Con la forza delle idee, coordinato da un’insieme di perle preziose, Luis Enrique si conferma ancora una volta una garanzia per questa competizione. Il tecnico spagnolo non ha mai perso una finale in carriera, e il modo con cui il Paris Saint-Germain si è sbarazzato dell’Inter rimarrà negli annali della Champions League. Prima coppa in bacheca per il club francese, che quest’anno chiude la stagione con il triplete, dopo i successi in Ligue 1 e Coupe De France. Dall’altra parte l’Inter esce fracassata dal prato di Monaco di Baviera, per una sconfitta che peserà tantissimo per le modalità e per l’approccio alla partita. Un’Inter irriconoscibile, che però si è dovuto arrendere di fronte alla freschezza e alla qualità incredibile del Paris Saint-Germain. Stagione da zero tituliper dirla alla Mourinho, per la squadra di Inzaghi, che adesso dovrà sciogliere le riserve sul proprio futuro. Sipario per un’altra grande stagione di calcio europeo, con la nuova edizione della Champions che ha aggiunto all’albo un nuovo vincitore e uno spettacolo sempre più appassionante.

 

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