Calcio
Il Supercommento della 27ª Giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della ventiseiesima giornata di Serie A.
Fiorentina – Lecce (A cura di Tommaso Patti)
Sotto il segno di Gosens. La Fiorentina si rialza e batte di misura il Lecce
Dopo tre sconfitte di fila, la viola approda il match in maniera aggressiva, nel tentativo di superare un Lecce anch’esso in piena difficoltà. L’approccio tattico degli uomini di Palladino permette ai padroni di casa di attaccare l’area di rigore di rigore avversaria con tanti uomini, situazione che va a favore della Fiorentina già al nono minuto, quando su un cross di Dodò, Robin Gosens salta più in alto di tutti anticipando la difesa salentina, insaccando il pallone alle spalle di Falcone e trovando la sua terza rete in stagione. Dopo un inizio conservativo, il Lecce prova a rimettere il risultato in parità, sfiorando il gol con Krstovic e Karlsson, quest’ultimo privato della gioia del gol da un’uscita superlativa di De Gea. Dopo una prima frazione giocata ad alti livelli, la prima parte della ripresa vede entrambe le squadre giocare con un ritmo meno elevato. Al 72’, su un calcio battuto da Fagioli, la Fiorentina reclama un calcio di rigore per un fallo di manco di Pierret, intervento giudicato irregolare da Marianelli. Dagli undici metri si presenta Beltran che spiazza Falcone, ma colpisce il palo, sciupando un enorme opportunità per indirizzare definitivamente la partita. Due minuti più tardi, la Fiorentina sfiora nuovamente il goal del raddoppio con la conclusione al volo di Dodò che però termina di poco a lato la porta di Falcone. A cinque dalla fine, grazie ad un calcio di punizione battuto da Fagioli e guadagnato da Ndour, la Fiorentina colpisce la traversa con Beltran, situazione che però innesca una ripartenza del Lecce che però viene sprecata dal tiro troppo largo di Danilo Veiga. Nei minuti finali di gara, il Lecce si rivolta totalmente nell’area di loro avversaria per trovare disperatamente la rete del pareggio, situazione che anche in questo caso innesca numerose ripartenze avversarie, tutte concluse con dei tiri fuori dallo specchio della porta, come nel caso di Guðmundsson. Nonostante i quattro minuti di recupero assegnati, a causa di crampi e check al VAR per un possibile rigore per i giallorossi, il direttore di gara fischia a ridosso del 96º scatenando nei tifosi, nell’allenatore e nei giocatori numerose proteste, placate indirettamente da una vittoria che la Fiorentina mancava da tre giornate e che permette i viola di mantenere una solida posizione in classifica con ottica Europa.
Atalanta – Venezia (A cura di Marco Rizzuto)
Tante occasioni ma poco cinismo, al Gewiss termina a reti bianche.
Al Gewiss Stadium non si va oltre lo 0-0 nonostante le diverse occasioni da gol per entrambe le squadre. La prima vera scintilla della gara passa dai piedi del solito Lookman che, nonostante gli screzi con Gasperini, ha dimostrato in campo il suo grande valore e la sua professionalità; al 20′ il nigeriano si gira in un fazzoletto dell’area di rigore ma calcia al lato del primo palo. I padroni di casa mantengono il pallino del gioco, ma il Venezia si chiude bene ed è attento nelle ripartenze, Zerbin innescato al 24′ calcia alto spaventando i bergamaschi. Il primo tempo tuttavia vede soltanto la squadra di Gasperini in campo. A cinque dalla fine Zappacosta stampa il pallone sul palo, non finalizzando il geniale assist col tacco di Lookman. Gli sgoccioli della prima frazione fanno rabbrividire i tifosi di casa a causa dell’amnesia difensiva dello stesso Zappacosta: l’ex Chelsea lascia sfilare il pallone scodellato da Nicolussi Caviglia favorendo Zerbin che con un tocco sotto tenta di ingannare Carnesecchi, l’estremo difensore sventa la minaccia con una smanacciata efficace. La ripresa vede ancora una volta l’Atalanta flirtare col vantaggio, stavolta è Retegui a sprecare e calciare alto sul cross basso di Cuadrado, dopo appena quattro minuti di gioco. All’0ra di gioco Gasperini decide di cambiare la formazione titolare, inserendo Bellanova e Maldini al posto di Cuadrado ed uno spento Charles De Ketelaere, ma l’andazzo del match non cambia. Poco dopo il Venezia sfiora il clamoroso vantaggio con il neo entrato Yeboah, l’ecuadoriano da pochi passi calcia a botta sicura ma Carnesecchi s’invola e blinda la porta bergamasca. Sul finale i ritmi calano e la Dea sembra essersi rassegnata al pari, ma all’82’ arriva l’ultima vera palla gol a favore dei padroni di casa: dalla bandierina la palla spiove verso Kolasinac che riesce ad allungare per Lookman che da pochi passi calcia alle stelle, sotto gli occhi increduli del suo pubblico. Al triplice fischio si sente il malcontento generale dei nerazzurri, perdendo l’occasione di guadagnare terreno per la lotta scudetto. Il Venezia resiste all’arrembaggio bergamasco portando a casa un punto importante in ottica salvezza.
Napoli – Inter (A cura di Dennis Rusignuolo)
Il tanto atteso match scudetto termina tra applausi e sciarpate. Una gara intensa dal primo all’ultimo minuto, con l’Inter che aveva trovato il vantaggio con una magia di Federico Dimarco da calcio piazzato. Nella ripresa il Napoli riesce a reagire, approfitta di una serie di incomprensioni dei nerazzurri e nel finale Billing rimette in equilibrio la gara
Udinese – Parma (A cura di Marco Rizzuto)
L’Udinese festeggia ancora dal dischetto, per la prima volta grazie a Thauvin
L’Udinese trionfa per la terza volta consecutiva, stavolta è Thauvin a deciderla dal dischetto. Il Bluenergy ospita il Parma, squadra alla ricerca di risposte dopo la vittoria casalinga contro il Bologna. L’avvio però, vede l’inizio arrembante della squadra di Runjaic che sfiorano il vantaggio in diverse occasioni nei primi venti minuti. Thauvin si dimostra l’arma in più dei bianconeri, il francese si distingue per la sua abilità palla al piede e tutte le occasioni più importanti passano dai suoi piedi. Superata la mezz’ora, il francese col dieci sulle spalle lacera la difesa emiliana rientrando al limite sul suo mancino e calciando verso la porta ma, il pallone deviato con il braccio largo da Balogh costringe l’arbitro ad assegnare il tiro dagli undici metri dopo un rapido controllo al VAR. In questo frangente si chiudono definitivamente le polemiche della settimana scorsa sulla vicenda Lucca. L’ex Pisa infatti consegna il pallone proprio al francese prendendosi gli applausi dei suoi tifosi. Dal dischetto Thauvin non sbaglia nonostante Suzuki abbia intuito l’angolo, portando avanti i suoi. Nei primi attimi della ripresa Man viene lanciato in profondità e Padelli compie un vero miracolo sulla conclusione del rumeno. Il secondo tempo è un carosello di occasioni clamorosamente fallite: al 70′ Thauvin calcia fuori un rigore in movimento che avrebbe chiuso i giochi mentre per i crociati, Almqvist supera in uno contro uno Padelli ma la conclusione è debole e Solet riesce a deviare il pallone in calcio d’angolo. Negli ultimi minuti il Parma tenta il tutto per tutto ma l’Udinese tiene botta e blinda i tre punti che li rilanciano al decimo posto in classifica. Sconfitta amara per il Parma che si ritrova tra Lecce ed Empoli ad una sola lunghezza dalla zona rossa della classifica. L’infortunio di Djuric ha sicuramente complicato le cose e al momento Bonny non sembra essere in forma per guidare l’attacco crociato in questa lotta alla salvezza.
Monza – Torino (A cura di Simone Scafidi)
Monza nel baratro, prima gioia per Casadei
All’UPower Stadium il Torino fa la voce grossa e batte il Monza, sempre più ultimo. La squadra di Vanoli, sin da subito, non lascia spazio alla costruzione biancorossa e già al quinto minuto un tiro a incrociare di Casadei impensierisce Turati. Alla stessa maniera calcia anche Keita Balde, che torna a calcare i campi di Serie A senza però trovare il gol. Il dominio granata continua, e comincia a dare i suoi segnali in maniera sempre più intensa, fino ad arrivare al gol di Elmas, che al 41’ calcia di controbalzo sul cross di Lazaro e porta in vantaggio il Toro. Nel secondo tempo la storia non cambia e i granata provano a mettere le cose in chiaro sin dai primi minuti, ancora Casadei calcia in maniera complessa ma tira fuori una traiettoria insidiosa che impegna e non poco Turati, abile nel mandare il pallone in corner. In fase offensiva, il Monza risulta troppo timido e non riesce a concretizzare nemmeno quelle poche occasioni che gli capitano tra i piedi. In mezzo al campo, Vlasic guida le numerose ripartenze del Torino, dalle quali nascono delle azioni particolarmente insidiose. Proprio da una di queste, arriva il primo gol in Serie A di Casadei, che raccoglie un pallone vagante e calcia forte in porta, spiazzando totalmente Turati. Dopo il 2-0, che chiude definitivamente la partita, il Torino difende in maniera semplice ma efficace il risultato, ipotecando i tre punti e spedendo il Monza in un buio sempre più profondo.
Bologna – Cagliari (A cura di Marco Rizzuto)
Orsolini guida la rimonta affondando il Cagliari
Il Renato Dall’Ara ospita con grande entusiasmo il match che vede il Bologna in piena corsa per un posto in Champions dopo il successo contro il Milan. Sin dai primi minuti, i padroni di casa schiacciano sull’acceleratore, andando vicino al vantaggio con Calabria che manca la porta di qualche centimetro con una botta dalla distanza. L’occasione più clamorosa arriva al primo quarto d’ora su calcio d’angolo, Erlic stacca di testa sul secondo palo, ma sia Castro che Fabbian non riescono a spedire in rete e la palla termina sul fondo. Alla prima vera occasione, gli ospiti vanno a segno mettendo la strada in salita per il Bologna: Augello pennella per l’inserimento perfetto di Piccoli che, al limite dell’area piccola stacca di testa bucando Skorupski. Nonostante un primo tempo ricco di occasioni e giocato ad alta intensità il Bologna si ritrova ad inseguire, ma la musica cambia ad inizio secondo tempo. Cambiaghi viene atterrato da Felici e l’arbitro assegna il penalty trasformato da Orsolini che, rimette tutto in parità e scatena la carica dei tifosi di casa. Come preannunciato, il Bologna prende sotto assedio la metà campo ospite alla ricerca del gol che ribalterebbe tutto. Al 54′ Caprile si rende protagonista con una parata dal coefficiente di difficoltà elevatissimo, mantenendo il risultato in parità. Un minuto dopo però, il Bologna completa la rimonta con Riccardo Orsolini che approfitta della dormita colossale della difesa sul cross basso di Cambiaghi e appoggia in rete. Gli ultimi minuti non regalano particolari occasioni e l’arbitro fischia la fine sotto i cori del tifo rossoblù che sognano un secondo piazzamento consecutivo in Europa. Il Cagliari cade nuovamente e rimane al quindicesimo posto a pari punti col Lecce.
Genoa – Empoli (A cura di Simone Scafidi)
Un punto a testa e poche emozioni, Genoa ed Empoli si equivalgono
A Marassi termina 1-1 il match tra Genoa ed Empoli, che lascia più contenti gli azzurri, che guadagnano un punto in ottica salvezza. I primi minuti sono a tinte azzurre. Al quarto d’ora, un insidioso cross di Pezzella attraversa tutta l’area di rigore e viene incredibilmente salvato da Martin, che anticipa ed evita l’intervento di Gyasi. Venti minuti più tardi, la squadra di D’Aversa va in vantaggio con il gol di Grassi, che calcia da dentro l’area e batte tutta la difesa rossoblu. Nel secondo tempo, il Genoa parte male e un errore grossolano di Leali rischia di costare ai suoi il doppio svantaggio. La squadra di Vieira sembra essere in balia del suo avversario, e Vasquez e Martin ergono una muraglia ed evitano diverse volte il raddoppio azzurro, in particolare su un’azione al 60’ di Esposito, che viene murato dal difensore messicano, che all’81’, con una conclusione al volo e con la grande complicità di Silvestri, riesce a trovare il gol del pareggio, nonostante l’Empoli avesse sfiorato nuovamente il pareggio pochi istanti prima con Cacace, pericoloso su punizione. Senza altre particolari occasioni, la partita si conclude, portando un punto a testa nelle tasche di Genoa ed Empoli.
Roma – Como (A cura di Marco Rizzuto )
Rimonta a tinte giallorosse, Ranieri prosegue la scalata.
All’Olimpico la gara fa fatica a sbloccarsi, al 9′ Kempf non trova la porta di testa sul traversone a rientrare di Da Cunha. Si assiste ad una partita molto combattuta, tanti duelli in mazzo al campo e poche azioni da gol. A pochi minuti dal duplice fischio il Como passa avanti con Da Cunha, il centrocampista francese viene servito in corsa da Perrone e calcia indisturbato, approfittando dell’indecisione di Mancini e indirizzando la gara. Alla ripresa Ranieri ridisegna l’undici titolare, inserendo El Shaarawy e Dovbyk. In questo secondo tempo la Roma sembra molto più spigliata e il pari non tarda ad arrivare, all’ora di gioco i giallorossi rientrano in partita con il solito Saelemaekers, sempre più trascinatore dei giallorossi. L’esterno belga dopo il duetto con con Celik va in rete dopo la deviazione decisiva sotto la traversa. Dopo il gol la Roma si trasforma, le squadre si allungano e diventa più semplice per i giocatori di Ranieri trovare il suggerimento verticale. Tra i giocatori più ispirati del secondo tempo, Paulo Dybala, che al 62′ nel tentativo di imbucare per Dovbyk viene trattenuto eccessivamente da Kempf, fallo che costa il doppio cartellino giallo e l’espulsione del giocatore. Ad un quarto d’ora dalla fine la Roma passa avanti con un’azione illuminata dal lancio lungo di Cristante, il cross al volo di Rensch e la zampata -sempre di prima- di Dovbyk, che fa esplodere l’Olimpico. Sul finale la Roma si salva grazie ad un intervento prodigioso di Svilar che, da terra riesce a neutralizzare la conclusione di Cutrone. Con questa quarta vittoria consecutiva, la Roma scavalca il Milan e raggiunge quota 43 punti piazzandosi all’ottavo posto. Il Como perde l’occasione di allungare sulla zona retrocessione e rimane inchiodato alla tredicesima posizione a 28 lunghezze.
Milan – Lazio (A cura di Simone Scafidi )
Gelo a San Siro, Pedro la decide all’ultimo secondo
Nel posticipo della domenica sera, Milan e Lazio si affrontano in una sfida che vale la corsa Champions. La squadra di Baroni non si lascia intimorire e, già dal secondo minuto, intimoriscono la difesa rossonera: in contropiede parte Dia che si trova a tu per tu con Maignan ma viene fermato dall’estremo difensore francese, che spedisce in calcio d’angolo. Appena tre minuti dopo ad essere pericolosa è sempre la Lazio, con il cross pericoloso di Nuno Tavares chiuso in calcio d’angolo. Circa al ventesimo minuto, il Milan prova timidamente a reagire, con un tiro di Reijnders respinto da Provedel. Al 28’ minuto arriva il vantaggio biancoceleste, con Marini che incrocia costringendo Maignan alla respinta, con il pallone che rimane vagante e sul quale si avventa Zaccagni, che sigla il gol del vantaggio. Nel secondo tempo il Milan emerge un po’ e riesce ad uscire la testa. Al 51’ arriva la prima grande occasione per Joao Felix, che da dentro l’area non inquadra però la porta e calcia alto. Il momento “sliding doors” del match arriva al 67’, con Isaksen che vola verso la porta rossonera in contropiede e viene atterrato da Pavlovic, che viene direttamente espulso dal direttore di gara, lasciando i suoi in dieci uomini. Nonostante l’i feriortia numerica, la squadra di Conceicao trova la forza di reagire, con una palla visionaria di Leao che trova Chukwueze all’interno dell’area di rigore, che colpisce di testa e buca Provedel, trovando così il gol del pareggio. Nel momento migliore del Milan, la Lazio trova una breccia nel buio e a quaranta secondi dalla fine riesce a procurarsi un calcio di rigore a causa dell’uscita fallosa di Maignan su Isaksen. Sul dischetto si presenta Pedro, che spiazza il portiere rossonero e porta in casa Lazio tre punti pesantissimi in ottica Champions, che compormettono ancor più seriamente la stagione del Milan. Tra i fischi di San Siro, le squadre escono dal campo in due situazioni psicologiche totalmente diverse.
Juventus – Hellas Verona (A cura di Dennis Rusignuolo)
Thuram e Koopmeiners nella ripresa. Il sogno scudetto bianconero rimane attivo.
Attacco totale fin dai primissimi minuti, questa la ricetta di una Juventus che ha l’obbligo di ritrovare la fame giusta per dare una svolta alla stagione. Il Verona ostenta pragmatismo e compattezza, e la squadra di Thiago Motta cerca di piazzare subito le tende nella metà campo scaligera. Il primo squillo della gara è un mancino al volo di Locatelli, palla alta sopra la traversa di Montipò. In campo aperto la squadra di Bertolini (vice di Zanetti, assente per squalifica) riesce però a trovare i centimetri degli attaccanti, e Suslov impegna Di Gregorio con un destro forte e basso, intervento plastico dell’estremo difensore bianconero. Il silenzio dello Stadium (in aperta contestazione con la squadra per gli ultimi risultati) aumenta il peso della gara, il Verona sembra poter giostrare a suo piacimento l’agonismo della gara, ma introno al quarto d’ora la Juventus si riaffaccia dalle parti di Montipò. Prima Gatti sfiora il gol con una conclusione strozzata da dentro l’area, poi Montipò smanaccia in maniera provvidenziale un destro piazzato di Thuram, ottima costruzione dei bianconeri con McKennie abile nell’agire da pivot e liberare lo spazio al francese, poco freddo al momento della conclusione. La doppia occasione accende in serie prima lo stadio e poi i giocatori, e il fraseggio della Juve comincia a essere fluido e ritmato, sponda Hellas invece si ritorna alla difesa estrema della porta di Montipò. Al 35′ la Juventus si vede negare il vantaggio: calcio di punizione di Yildiz, cross morbido e diretto verso la porta, Kelly ostacola l’estremo difensore scaligero e McKennie insacca di testa, calcio di punizione per il Verona a causa del contatto tra il difensore bianconero e Montipò. Le offensive bianconere si sviluppano tutte sulle triangolazioni rapide tra i giocatori, come quella che porta Locatelli alla conclusione dentro l’area, respinta di Montipò, che si ripete subito dopo su una conclusione potente ma centrale di McKennie. Nell’ultima azione del primo tempo, al tramonto del miglior primo tempo per tiri e tocchi in area avversaria da parte dei bianconeri in questo campionato, il Verona trova la clamorosa rete del vantaggio, conclusione pazzesca di Suslov che stampa il pallone sulla traversa e in fondo al sacco. Lo Stadium comincia subito a mugugnare, ma si regala un momento di gioia al momento dell’annullamento del vantaggio scaligero, a causa di una posizione di fuorigioco di Faraoni. Due cambi all’intervallo, entrambi sponda Hellas: fuori Dawidowicz e Faraoni, dentro Ghilardi e Oyegoke. Nessun cambio invece da parte della Juve, che cerca di mantenere alto il ritmo come fatto nel corso della prima frazione. Stesso copione del primo tempo, stesso esito al minuto 49: ottimo sviluppo verticale della Juve, Locatelli lascia sfilare alle spalle verso Kolo Muani, rasoiata mancina del francese e parata con il piede da parte di Montipò, senza alcun dubbio il migliore in campo. Meno equilibrio e squadre più aperte e spezzettate, questa situazione permette alla Juve di avere più spazio per costruire l’azione offensiva ma il Verona cerca di fare la voce grossa. Altra sostituzione, tutt’altro che conservativa, è quella di Livramento, sostituito da Bernede (match-winner nella gara di domenica scorsa contro la Fiorentina). Questa volta anche Thiago Motta muove il suo scacchiere, fuori McKennie e Weah, dentro Koopmeiners e Alberto Costa. Esordio in Serie A per il terzino portoghese, che aveva mosso i primi passi in maglia bianconera nella gara di Coppa Italia contro l’Empoli. Il numero 2 prova a presentarsi subito nel migliore dei modi, con una rasoiata al volo da fuori area, palla che termina di poco a lato. La girandola di cambi rallenta il ritmo e la lucidità offensiva della Juve, mentre il Verona continua a mostrare uno spirito di abnegazione assoluto, evidenziato dalle mille corse in avanti di Suslov, utili nel riportare l’Hellas in avanti e far ripiegare la Juve indietro. Al 71′ la Juve trova il vantaggio: fraseggio ragionato e paziente dei bianconeri, il giro palla isola Cambiaso sulla parte sinistra, Locatelli lo pesca perfettamente e il terzino italiano appoggia all’indietro, Thuram arriva in corsa e calcia di controbalzo, vantaggio Juve con l’uomo del momento (secondo gol consecutivo dopo la perla in Coppa Italia). Dopo il meritato vantaggio, la squadra di Thiago Motta cerca di gestire al meglio il possesso palla e intanto si rinforza dalla panchina: Vlahovic e Mbangula rilevano Kolo Muani e uno stremato Yildiz. A un giro d’orologio dal novantesimo il Verona sbaglia il rilancio e la Juve ne approfitta: rilancio sbagliato di Montipò, Mbangula (che aveva guidato la pressione sul portiere) verticalizza subito verso Koopmeiners, controllo e rasoiata di destro sul primo palo alle spalle di Montipò. Partita in ghiaccio e vittoria che adesso riaccende un nuovo scenario, quello del primo posto. Serviva una reazione a tutto tondo dopo la brutta eliminazione in Coppa Italia, e la Juventus reagisce e domina un Verona tutt’altro che sparagnino. Ottima prestazione dei bianconeri, soprattutto dal punto di vista dell’intensità e della pressione, anche se la gara rischiava di prendere l’ennesima brutta piega con la rete annullata a Suslov all’intervallo. Sei punti dall’Inter capolista, la missione scudetto della Juve comincia adesso. Sconfitta tutto sommato giusta per l’Hellas Verona, al termine però di una prestazione ricca di abnegazione e spirito di sacrificio. Nel secondo tempo le sostituzioni hanno fatto la differenza nel quadro tattico della gara, condannando il Verona a una sconfitta che non inguaia l’undici di Zanetti, distante quattro punti dal terzultimo posto.
LA TOP11 DELLA 27ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala
Calcio
Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Seconda parte)

Dopo i primi quattro gironi, che sono già tornati in campo per la seconda giornata del torneo, ecco gli altri quattro gironi che hanno fatto il loro esordio negli scorsi giorni. Figurano tante big, oltre alle due italiane in azione, Juventus e Inter.
GIRONE E
Inter, Monterrey, River Plate, Urawa Reds
La prima gara del girone è quella tra il River Plate e i giapponesi dell’Urawa Reds. A Seattle le temperature sono più adatte per una grigliata di asado con gli amici piuttosto che una partita di calcio, ma nonostante il caldo torrido alle 12.00 (ore americane) al Lumen Field ci sono un buon numero di tifosi dei Millionarios, che assistono all’esordio vincente della squadra di Gallardo. Un successo che mette ulteriormente in mostra tutte le qualità del gioco del River Plate: gestione lucida del possesso, una buona dose di ‘garra’ e un Mastantuono pronto a prendersi la scena prima di passare al Real Madrid a fine mondiale. Il vantaggio parte proprio da una giocata del classe 2007, proseguita dal solito cross tagliente di Acuna, e da un inserimento brutale di Colidio in mezzo ai difensori. Nella ripresa il raddoppio porta la firma di Driussi, anche se gran parte del gol è regalato dal terrificante retropassaggio del difensore Hoibraten. Driussi si fa anche male nella ricaduta, nel frattempo l’Urawa accorcia le distanze dagli undici metri con Matsuo e comincia a pregustare il sapore della rimonta, subito interrotta dalla zuccata di Meza a dieci dalla fine. Un River che gioca bene e che usa…la testa, viste le tre zuccate che hanno regalato alla banda Gallardo i primi tre punti, e adesso il “set point” contro il Monterrey può regalare già il primo posto aritmetico al River Plate.

Foto: X Inter
Nell’altra gara del girone l’Inter fa il suo esordio contro il Monterrey. Dalla finale di Champions League di venti giorni fa l’Inter ha cambiato molto, ridimensionato dopo la batosta subita dal PSG. In panchina non siede più Simone Inzaghi, che è rimasto comunque nel giro del Mondiale per Club, ma Christian Chivu. Il tecnico romeno arriva da Parma e nel suo primo match cerca di non effettuare particolari rivoluzioni tecnico/tattiche. Si riparte dal 3-5-2 con Seba Esposito che affianca Lautaro Martinez. L’approccio della gara da parte dell’Inter non è prorompente come avevano abituati i nerazzurri in questi anni, ma la pressione e il fraseggio sono comunque apprezzabili. Si cerca di catturare qualsiasi strategia attuata da Chivu rispetto al precedente ciclo di Inzaghi, ma l’unica vera soluzione che si nota è la marcatura a zona nelle palle inattive, e la dimostrazione porta al vantaggio il Monterrey: la difesa dell’Inter cerca di ostruire il centro dell’area di rigore da potenziali attacchi, ma nessuno segue il taglio dell’eterno Sergio Ramos, lo spagnolo è micidiale sotto pressione, figuriamoci senza marcatura… incornata che sbatte sul terreno e beffa Sommer, non proprio impeccabile. L’Inter ci mette qualche minuto a pareggiare, e lo fa con uno schema su punizione che culmina con il tap-in vincente di Lautaro Martinez. Nel secondo tempo si vedono le cose interessanti, perché il Monterrey traccia un solco a metà campo e non lo oltrepassa quasi mai, ma soprattutto Chivu decide di inserire i nuovi arrivati Luis Henrique e Sucic, oltre a Thuram per Esposito. Il tecnico nerazzurro cambia modulo e alza il raggio d’azione di Mkhitaryan, anche se i messicani non soffrono particolarmente, merito di una gestione della linea difensiva da generale romano da parte di Sergio Ramos. Tra luci e ombre Chivu marchia il suo esordio con un pari, e adesso la gara contro l’Urawa diventa un passaggio decisivo per le sorti dell’Inter nel Mondiale per Club, in attesa di una crescita generale dell’ambiente nerazzurro, ancora troppo arrugginito dopo le fatiche di fine stagione.
- Inter-Urawa Reds
- River Plate-Monterrey
GIRONE F
Borussia Dortmund, Fluminense, Mamelodi Sundowns, Ulsan HD

Foto: X Fifa Club World Cup
Il calendario mette a confronto subito Borussia Dortmund e Fluminense, le due squadre favorite per il passaggio del turno. Il Fluminense si presenta con una squadra di figure pittoresche per molteplici motivi: spicca il giovanissimo portiere Fabio, 44 anni e 171 giorni, e il centrocampista Hercules, infaticabile mezzala, oltre all’ancora frizzante Thiago Silva. Il Borussia Dortmund si ricorda di scendere in campo solo a tratti, perché per il resto la partita è un dominio costante del Fluminense. I brasiliani attaccano la porta di Kobel da qualsiasi angolazione possibile, poi però devono fare i conti con il portiere svizzero, che francamente ha deciso che la partita debba finire in parità. Dell’attacco del Borussia non c’è alcuna traccia, e quando i gialloneri si affacciano in avanti, Fabio e Thiago Silva non hanno nemmeno bisogno di calare a referto qualche gemma gloriosa del loro passato, perché pericoli concreti non ne arrivano. Nella ripresa l’occasione più grossa capita nei piedi dei giocatori del Fluminense, ma Kobel risponde alla grande su un primo tiro di Everaldo, e alla grandissima sulla ribattuta di Nonato, che già stava per correre sotto la curva occupata dai tifosi brasiliani. Nel frattempo il Borussia accoglie un altro Bellingham in mezzo al campo, non più Jude ma il fratello minore Jobe, ma quasi nessuno se ne accorge perché il Dortmund non riesce nemmeno a costruire un’azione degna di nota. Termina 0-0, come aveva deciso Kobel, ma il Borussia Dortmund adesso deve accendersi per evitare brutte sorprese in corso d’opera. Altra grande prestazione per una sudamericana, con il Fluminense che ai punti meritava più di un gol e la vittoria finale, ma la dea bendata -e Kobel- riescono a mantenere il punteggio fermo sul pari. Altra menzione per Hercules, che non sembra nemmeno male in mezzo al campo, ma il suo nome lo precede, e onestamente è clamoroso.
L’altro match del girone è l’emblema del mistero e dell’incertezza che veleggia attorno ad alcune realtà del mondo calcistico. La gara tra Ulsan HD e Mamelodi Sundowns comincia in ritardo a causa della pioggia, e se già era difficile registrare un sold out per questa gara, le condizioni meteo decimano ulteriormente gli spettatori di questo match che può nascondere la magia di una finale dei mondiali, o la sonnolenza di uno spareggio di metà agosto in Lituania. I sudafricani (Mamelodi) giocano bene e sostanzialmente dominano, Rayners ne segnerebbe anche tre, ma due di questi vengono annullati dal VAR, con tanto di decisione spiegata a tutto lo stadio dall’arbitro, una delle tante novità sperimentate in questo torneo dalla FIFA -al momento ampiamente promossa. Finisce soltanto 1-0, anche perché il centrocampista dell’Ulsan Bojanic va a calciare due volte e tira fuori dal cilindro due tiri orribili, incredibilmente per motivi opposti: uno altissimo, uno molle e centrale. Occasionissima per il Mamelodi, che adesso può sognare in grande visto l’ottimo esordio, anche se adesso arrivano le “big”.
- Mamelodi-Borussia Dortmund
- Fluminense-Ulsan HD
GIRONE G
Al-Ain, Juventus, Manchester City, Wydad Casablanca
A Philadelphia il Manchester City comincia il suo mondiale contro il Wydad Casablanca. Guardiola ha accolto tra le sue braccia altri due gioielli provenienti dal mercato, tali Reijnders e Cherki -non proprio sconosciuti- e non perde tempo a gettarli in campo, a costo di rinunciare ad Haaland e il pallone d’oro Rodri. Non c’è bisogno di spiegare le motivazioni su questa scelta, perché bastano i primi due minuti per capire che il Manchester City potrebbe dominare il palleggio anche con Liam e Noah Gallagher degli Oasis. Al secondo minuto Foden la schiaffa in porta, tornando ad assaporare la gioia del gol che gli mancava da quasi sei mesi. Il Wydad prova anche a spingersi in avanti, ma a parte una serie di giocate del fantasista Lorch -che va menzionato solo per la quantità innumerevole di sombreri e la quattro sulle spalle- non si registrano particolari pericoli per Ederson. Prima dell’intervallo i marocchini riescono a far passare Doku come un predatore d’area, lasciandolo completamente da solo in mezzo all’area al momento del corner di Foden. Di fatto, la partita termina nella prima frazione, e gli ingressi di Haaland e Rodri -insieme ad altre figure- non fanno altro che accentuare il dominio dei Citizens, che hanno talmente tanto la situazione sotto controllo che trovano il tempo per sborsare 20 mila euro di multa (la FIFA ha introdotto una penale per ogni sanzione, e l’espulsione corrisponde a circa 20 mila franchi svizzeri) per una tacchettata in faccia a un avversario da parte di Rico Lewis.

Foto: X Juventus FC
La gara che chiude la prima giornata è l’esordio della Juventus di Igor Tudor. L’avversario dei bianconeri è l’Al-Ain, che presenta il 5-3-2 delle grandi occasioni, con un sempreverde Rui Patricio in porta. I bianconeri sono reduci dalla visita alla Casa Bianca, dove sono stati costretti ad ascoltare Trump mentre parlava ai giornalisti della guerra e del calcio femminile, in uno dei momenti più surreali della storia recente del calcio, ma in campo mettono subito le cose in chiaro, come fa l’America quando subentra nei grandi conflitti: all’intervallo il risultato è sul 4-0 per la squadra di Tudor, con la doppietta di Kolo Muani, il gol di Conceição e la gemma di Yildiz (che ancora una volta segna all’esordio in qualche torneo), nel secondo tempo arriverà anche il quinto gol di Chico Conceição. Se nel corso della stagione i giocatori della Juve sembravano spaventati anche da un fiammifero, a Washington i ragazzi di Tudor sembrano una banda di potenziali piromani: vanno a duemila, recuperano il pallone velocemente, si cercano e si trovano anche a occhi chiusi. In attesa dei recuperi di alcune pedine fondamentali (contro l’Al-Ain hanno riassaporato il campo Gatti e Koopmeiners), Tudor spinge sul blocco visto nel rush finale, con un Kelly in netto miglioramento con l’approccio al ruolo, e Alberto Costa in versione treno merci. Il portoghese è un’iradiddio sulla fascia destra e confeziona anche due assist, mentre l’enigma principale riguarda Conceição e Kolo Muani, entrambi in prestito ma sempre più incisivi nell’ecosistema bianconero. Sorrisi e sacrificio, il primo posto in classifica e la voglia di spingersi oltre. La Juventus di Tudor parte alla grande in America, e già nel prossimo turno può ipotecare il passaggio del turno.
Seconda giornata:
- Juventus-Wydad Casablanca
- Manchester City-Al Ain
GIRONE H
Al-Hilal, Pachuca, Real Madrid, Salisburgo
Esordio a tutto tondo per Real e Al-Hilal, che accolgono nelle loro rispettive panchine Xabi Alonso e Simone Inzaghi. Ne viene fuori un match spettacolare, soprattutto per merito del coraggio e del dinamismo del club saudita. Senza Mbappé, Xabi Alonso sceglie il giovane Gonzalo Garcia, mentre dietro giocano subito i nuovi arrivati, Huijsen e Alexander-Arnold. Inzaghi ci ha messo poco a dare un’impronta decisa all’Al-Hilal, e la mezz’ora iniziale è quasi un monologo dei sauditi, più vivi e spigliati rispetto a un Madrid alla ricerca di geometrie. A Renan Lodi viene anche annullato un gol per fuorigioco, Inzaghi comincia a dispensare urla a qualsiasi oggetto vestito di blu, e nel frattempo il Real Madrid rispolvera la ripartenza all’italiana, finalizzata da Gonzalo Garcia su assist di Rodrygo. L’Al-Hilal ci mette poco a pareggiare la gara, grazie al calcio di rigore realizzato da Ruben Neves. Xabi Alonso non stravolge i suoi Blancos rispetto a quanto visto lo scorso anno, e sceglie la via della continuità anche nelle sostituzioni, con Tchouameni che continua il suo viaggio da nomade nella parte arretrata del campo mentre Asencio lascia il posto a Guler. Il turco da quella marcia in più al Madrid, e nel frattempo il ritmo dei sauditi è calato notevolmente, prevedibile considerando il dispendio enorme di energie del primo tempo e il caldo asfissiante di Miami. Nel finale il VAR assegna un rigore al Real Madrid per una manata di Al-Qahtani su Fran Garcia. Dal dischetto Valverde incrocia il destro ma Bonou azzecca l’angolo e mette il sigillo finale al pareggio. Due cantieri ancora in fase di avvio, ma arrivano già i primi segnali da una parte e dall’altra. Se Inzaghi può ritenersi soddisfatto per qualità e ritmo messo in campo, Xabi Alonso attende il ritorno di Mbappé per cercare di nascondere le difficoltà evidenziate in questo primo match, fotocopie dell’ultima stagione blanca.

Foto: fifa.com
Altrettanto divertente è la gara tra Pachuca e Red Bull Salisburgo. A Cincinnati trionfano gli austriaci dopo un match durato quattro ore (sospeso per un’ora e quaranta per l’acquazzone che ha colpito la città durante il secondo tempo). Gara divertente e frizzante fin dai primi minuti, con i messicani che rispolverano un centravanti d’area di rigore come Salomon Rondon, stranamente poco freddo e lucido contro l’estremo difensore del Salisburgo, l’impronunciabile Zawieschitzky. A ridosso dell’intervallo gli austriaci trovano il vantaggio grazie alla perla di Oscar Gloukh, l’israeliano lascia a terra Pedraza e batte Moreno con un destro a giro di pregevole fattura. Nella ripresa la gara si interrompe per quasi due ore per il temporale, poi riparte e i fulmini lasciano spazio ai fuochi d’artificio. Il Pachuca trova il pareggio grazie a una punizione di Gonzalez, su cui barriera e portiere non fanno una bella figura; Rondon continua la sua ricerca spasmodica del gol ma non riesce a segnare. Chi riesce a gonfiare la rete è l’altro centravanti, il neo-entrato Onisiwo, che sale in cielo e riesce a indirizzare e colpire forte il pallone, per un vantaggio che spedisce il Salisburgo in vetta alla classifica. In attesa della gara contro l’Al-Hilal gli austriaci provano a inserirsi di soppiatto in alto alla classifica.
Seconda giornata:
- Salisburgo-Al-Hilal
- Real Madrid-Pachuca
Calcio
Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Prima parte)

Polemico, esagerato e curioso, proprio come sa essere l’America. Il nuovo Mondiale per Club voluto dalla FIFA rispecchia i canoni degli Stati Uniti, che si preparano al mondiale tra nazionali (in programma il prossimo anno) con una parata di stelle e altri elementi celesti più misteriosi, ma intensi e curiosi. Tante le novità in esperimento, numerosi argomenti di valutazione, ma nel frattempo la prima giornata è terminata nella notte, e tra poco il mondiale riparte con la seconda giornata. Allora ecco la prima parte dell’analisi delle prime gare del Mondiale per Club, girone per girone.
GIRONE A
Al-Ahly, Inter Miami, Porto, Palmeiras
Uno dei raggruppamenti più intriganti dell’intero mondiale, non tanto per la quantità elevata di “big” al suo interno, ma per l’alone di mistero e curiosità che circola attorno a Messi e avversari. Dopo le prime due partite la classifica è rimasta la stessa dello scorso venerdì, quando ancora il torneo non era cominciato. L’ordine rimane quello alfabetico, la differenza reti pari ai gol realizzati dalle quattro squadre, ossia zero, ma le due gare sono state tutt’altro che noiose.

Foto: fifa.com
La gara tra Al–Ahly e l‘Inter Miami apre il mondiale. Nel primo tempo gli egiziani dominano in lungo e in largo, come non si vedeva probabilmente da Cleopatra e family. La retorica storica però non è casuale, perché nell’assedio costante dell’Al-Ahly verso la porta avversaria emerge un altro reperto di notevole importanza nella gara: il portiere dell’Inter Miami, tale Oscar Ustari, 38 anni compiuti. Il portiere argentino è il protagonista della prima frazione perché mette a referto una serie di parate sensazionali, e mette la ciliegina al minuto 43 quando ipnotizza Trezeguet dal dischetto. Nel secondo tempo l’Inter Miami prova a giocare con maggior qualità, e la modalità è quella nota a tutti: palla a Messi e poi si vede. Al minuto 63 tutto lo stadio trattiene il fiato per la punizione di Messi, l’argentino cerca la soluzione a effetto e spedisce la palla in rete. Peccato che la palla non giri abbastanza e si vada a incastrare nella parte esterna della porta, regalando soltanto l’illusione ottica di un grande gol. Nel finale emerge anche l’altro estremo difensore, l’egiziano El-Sheenawy, anche lui ben navigato grazie alle sue 36 primavere. Le sue parate chiudono la porta, e dove non arriva El-Sheenawy ci pensano i legni, come quello colpito all’ultimo istante da un tiro-cross di Messi. Finisce 0-0.
Nell’altra gara del girone Porto e Palmeiras giocano talmente a viso aperto che si devono arrendere a uno 0-0 che suona come un oltraggio al calcio, per la mole di occasioni avute da entrambe le squadre. Due gemme per parte, Estêvão per i brasiliani e Rodrigo Mora per i portoghesi, ma le due squadre presentano un parco giocatori talmente completo da poter andare in guerra e a una sfilata a Hollywood allo stesso tempo. Tante, tantissime, troppe, occasioni e in questo teatro emergono artisti incompresi, o magari talmente sconosciuti a sé stessi da essere perfetti per dominare la scena. È il caso del portiere del Porto, Claudio Ramos, provvidenziale con una serie di parate tanto efficaci quanto qualitativamente orrende. Il Palmeiras ai punti meriterebbe almeno un gol, ma il palo e le parate sconsiderate di un Ramos in giornata di grazia non cambiano il risultato. Anche l’altra gara finisce 0-0.
Seconda giornata:
- Palmeiras-Al-Ahly
- Inter Miami-Porto
GIRONE B
Atletico Madrid, Botafogo, PSG, Seattle Sounders
Dopo aver schiantato l’Inter in finale di Champions League, il Paris Saint-Germain arriva al Mondiale per Club con i favori del pronostico. L’armata di Luis Enrique fa il suo esordio a Pasadena contro l’Atletico Madrid, al cospetto di un caldo torrido e ottantamila persone, a cui vanno aggiungi i sedici giocatori impiegati da Simeone nel corso della gara. Si prospettava come il match di cartello di questa prima giornata, e invece termina con un PSG che passeggia e domina per 4-0. Al momento i parigini viaggiano a una cilindrata nettamente superiore rispetto alla concorrenza, e anche senza due pilastri offensivi fondamentali, come Dembelé e Barcola, ci pensano gli altri diamanti che Parigi sta conservando, Fabian Ruiz e soprattutto Vitinha. Il centrocampista portoghese continua il suo mostruoso dominio del gioco e adesso si comincia a comprendere al meglio la sua leadership. Le altre due firme sono di Kang-In Lee e Mayulu, che in questo ultimo mese sta cercando di rinominare la celebre zona Cesarini. Per la banda del Cholo si mette subito in salita, anche se la qualificazione non sembra in discussione.

Foto: fifa.com
Nell’altro match i meno quotati Botafogo e Seattle Sounders regalano comunque un match intenso e spettacolare, vinto dai brasiliani grazie a due sigilli nel primo tempo. Il Botafogo va in vantaggio grazie a un colpo di testa dell’altissimo Jair Cunha (1.98m), poi raddoppia con un’altra incornata, questa volta del centravanti Igor Jesus. Nel secondo tempo gli statunitensi accorciano le distanze con Roldan, e nel rush finale sfiorano più volte il pareggio, ma il Botafogo decide di affidarsi a due, non troppo vecchie, meteore della nostra Serie A come Arthur Cabral e Joaquin Correa. Il risultato non cambia, anche se il Tucu sfiora subito il primo gol con la maglia del Fogão, stoppato da un grande intervento del portiere Frei. Successo che può rilanciare il Botafogo, che può approfittare della pesante sconfitta dell’Atletico Madrid, a patto che non si arrendano anche loro a un’imbarcata dai parigini, che negli ultimi tempi sembra l’unica soluzione percorribile.
Seconda giornata:
- Paris Saint-Germain-Botafogo
- Seattle Sounders-Atletico Madrid
GIRONE C
Auckland City, Bayern Monaco, Benfica, Boca Juniors
Sulla carta sarebbe il girone più equilibrato del Mondiale, ma dopo la gara del Bayern Monaco ovviamente questa analisi va rivisitata. Contro i dilettanti dell’Auckland City i bavaresi non vanno per il sottile, confermando la freddezza e il cinismo che distingue il tedesco medio: termina 10-0, sei a zero all’intervallo. Troppa la differenza tra le due squadre per buttare giù una qualsiasi cronaca, anche se le storie extra-calcistiche dei dilettanti di Auckland sono manna dal cielo per le pagine romantiche di calcio. Il campo però non lascia spazio a interpretazioni: neozelandesi con un 5-5-0 non troppo compatto, i bavaresi lasciano Neuer in mezzo al campo a riscaldarsi seduto sul prato di Cincinnati e nel frattempo disintegrano la porta di Tracey, che nella vita fa il magazziniere. Qualificazione praticamente ipotecata, anche se adesso comincia a tutti gli effetti il mondiale di Kompany e…company;

Foto: fifa.com
L’equilibrio del gruppo C è rappresentato da Boca Juniors e Benfica, che scendono in campo all’Hard Rock Stadium di Miami. Senza troppi indugi è una delle partite più belle del primo turno di match. Ruvido, qualitativamente entusiasmante e ricco di calcio e calci, come impone la tradizione. Il Benfica sembra essere favorito dopo i primi minuti, ma gli argentini in dieci minuti mettono in scena tutto il loro calcio: vantaggio di Merentiel su assist di Blanco, che si concede il lusso di un tunnel prima del pallone per l’attaccante argentino, e raddoppio su palla inattiva con la testata vincente di Battaglia. Prima dell’intervallo il Boca completa il proprio manifesto sudamericano, quando a ridosso dell’intervallo il Benfica conquista un rigore per un calcio di Palacios su Otamendi. L’arbitro va al VAR e Ander Herrera -uscito anzitempo per infortunio- decide di farsi espellere per proteste. Di Maria accorcia le distanze dal dischetto e al rientro dagli spogliatoi Bruno Lage alza i toni dell’attacco con Belotti. L’ingresso del “Gallo” è agonisticamente impattante, forse troppo, perché al minuto 72 Belotti viene espulso per un calcio alla nuca di un avversario. La partita è tesa come una corda di violino, lo spettacolo ha lasciato spazio a un’intensità che sembra più da finale dei mondiali, che da fase a gironi, e parlando di mondiali non può che emergere un argentino, anche se veste la maglia del Benfica. Otamendi si stacca sul primo palo, impatta violentemente la sfera e pareggia la partita. Prima del triplice fischio c’è ancora tempo per un ultimo assaggio di calcio selvaggio, offerto da Figal: pestone da ergastolo sullo stinco di Florentino e cartellino rosso diretto. Finisce in parità, e il cammino di Boca e Benfica passerà dalla gara contro Auckland, in cui servono tanti gol per la differenza reti.
Seconda giornata:
- Bayern Monaco-Boca Juniors
- Benfica-Auckland City
GIRONE D
Chelsea, Esperance Tunis, Flamengo, Los Angeles FC
Il gruppo D diventa subito di dominio di Chelsea e Flamengo, come da pronostico. I londinesi cominciano la propria competizione contro il Los Angeles Fc di Giroud (inizialmente in panchina) e Lloris, e vincono con qualche difficoltà grazie a un gol per tempo. Forti del successo in Conference League, Maresca schiera la miglior formazione per evitare di incappare in qualche inconveniente in stile Italia a USA94′. La gara comincia con un colpo d’occhio agghiacciante, con le tribune dello stadio di Atlanta semi-vuote. Per fortuna gli spalti si riempiono leggermente nel corso della gara, e il Chelsea ingrana anch’esso alla distanza, per poi vincere senza evidenti fatiche. Il vantaggio è siglato da un ottimo Pedro Neto, frizzante nella fascia destra fin dall’inizio, incontenibile per il lussemburghese Chanot. Nel secondo tempo fanno il loro esordio in maglia Blues i due nuovi acquisti, Essugo e Delap, mentre sponda L.A. entra Giroud. L’ingresso del francese alza notevolmente il peso dell’attacco statunitense, e la difesa del Chelsea comincia a concedere qualche occasione, poi però viene fuori nuovamente il livello tecnico della banda Maresca, che chiude i discorsi a dieci dal termine. Delap pennella un ottimo cross in mezzo, Enzo Fernandez si avventa sulla sfera e mette il sigillo finale. Non un esordio da sogno per il Chelsea, che riesce comunque a conquistare i tre punti che gli servivano. La qualificazione è un duello con il Flamengo, prossimo avversario dei Blues. Occhio però a considerare fuori dai giochi il Los Angeles FC.

Foto: fifa.com
Nell’altro match il Flamengo fa il suo esordio in grande stile contro l’Esperance Tunisi. La differenza tecnica tra le due squadre è evidente, ma i brasiliani giocano un gran match sotto ogni punto di vista. Sigla il vantaggio uno dei simboli del Fla, il fantasista uruguaiano De Arrascaeta. L’ex Fiorentina Pedro ha l’occasione per raddoppiare, ma decide che per il momento non è il caso di segnare. La formazione del Flamengo è un’ode alla nostalgia calcistica, data la vasta presenza di ex Serie A come Pulgar, Gerson, Pedro e il nuovo arrivato Jorginho. Nel secondo tempo è proprio Jorginho a mettersi in mostra, grazie a un filtrante no-look verso Luiz Araujo, che aggiunge il suo tocco di classe con un mancino a giro che si insacca alle spalle del portiere Ben Said. Nell’Esperance Tunisi, a parte un’ottima presenza di tifosi nelle tribune, da segnalare una delle figure più pittoresche di questo mondiale, l’attaccante Rodrigo Rodrigues.
Seconda giornata:
- Flamengo-Chelsea
- Los Angeles FC-Esperance Tunisi
Calcio
Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.
Le scelte per l’ultima di Spalletti
Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.
ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui.
Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.
Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.
Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.
Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…
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