Calcio
Il Supercommento della 31ª Giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della trentunesima giornata di Serie A.
Genoa-Udinese (A cura di Dennis Rusignuolo)
Fortino rossoblù al Ferraris. Zanoli, e il VAR, ipotecano la salvezza del Genoa
Un ritorno e un’assenza per Vieira: torna Aaron Martin dopo la squalifica scontata contro la Juve, ma da Torino il tecnico francese recupera l’acciaccato Miretti soltanto per la panchina. Al suo posto trova posto Thorsby, impiegato alle spalle di Pinamonti con i soliti compiti equilibratori. Sponda Udinese non recupera Florian Thauvin, così Runjaic affianca Iker Bravo al centravanti Lucca. Tanto agonismo fin dai primi minuti, con il Genoa che cerca di imporsi sul piano fisico a giudicare dall’intensità con cui i difensori rossoblù presentano il conto a Lucca. Nonostante l’Udinese sia una delle squadre più alte del campionato, i centimetri di Thorsby e Pinamonti mettono in difficoltà i friulani. Al quinto minuto Thorsby arriva a rimorchio, riceve un cross da parte di Sabelli e indirizza verso l’incrocio il suo colpo di testa, pronta la risposta di Okoye che rigetta la sfera fuori dai pali. Sono del Genoa le prime occasioni del match, come il contropiede che porta Pinamonti alla conclusione al minuto 9, destro piazzato del centravanti italiano su cui Okoye non soffre particolarmente. Come annunciato già dalle formazioni, la gara è molto fisica e le due squadre non risparmiano alcun colpo. De Winter fa la voce grossa in marcatura su Lucca, non concedendo nessuno spazio all’attaccante bianconero. In avanti la squadra di Vieira cerca lo sviluppo sulle fasce, per poi finalizzare al centro dell’area. I cross pungenti e taglienti degli esterni genoani sono sempre un fattore, e solo un errore di lettura di Pinamonti permette alla gara di mantenersi in equilibrio: cross bellissimo di Thorsby sul secondo palo, brutta invece la conclusione di testa dell’attaccante rossoblù. Nella ripresa l’Udinese ha subito l’occasione per aprire le danze, ma la fallisce in maniera clamorosa con Lucca: Atta si libera di Martin con una magia, arriva sul fondo e apparecchia in mezzo per Lucca, l’attaccante calcia a porta vuota ma manca clamorosamente lo specchio della porta. Pochi minuti dopo Vieira spende il primo cambio, con Onana che rileva uno stremato Masini, mentre Runjaic attende qualche minuto e inserisce Rui Modesto al posto di Ehizibue. L’esterno portoghese ha subito una grande occasione per sbloccare il risultato, ma il suo colpo di testa ravvicinato è centrale e basta un riflesso di Leali per mandare la palla in angolo. La gara si sblocca nell’ultimo quarto di gara, grazie alla freschezza portata dai cambi di Vieira. L’ingresso di Ekuban è decisivo per sparigliare le carte nella difesa dell’Udinese e il giocatore ghanese è prezioso nella giocata che rompe l’equilibrio: al 77′ Frendrup serve in verticale proprio Ekuban, una serie di finte per arrivare sul fondo e crossare forte verso il centro, Pinamonti viene chiuso a un passo dalla porta ma la sfera viene raccolta da Zanoli che calcia benissimo in controbalzo e porta in vantaggio il Grifone. Dopo il vantaggio il Genoa sembra averne decisamente di più, e sfiora subito il 2-0 prima con Ekuban e poi con Thorsby, provvidenziale Okoye in entrambe le occasioni. Nel finale l’Udinese trova il pareggio con una bella combinazione tra Lucca e Bijol, finalizzata dal tiro di esterno di Rui Modesto, tutto vanificato dal VAR che annulla la rete per un fuorigioco di Lucca al momento della prima sponda verso Bijol. Proteste friulane nell’ultima azione della gara per un contatto tra Pafundi e Kasa, ma Perenzoni non concede il penalty e dopo una manciata di secondi chiude definitivamente la gara. Si concretizza in maniera ufficiosa la salvezza del Genoa, che adesso vede l’obiettivo sempre più vicino. Nel fortino del Ferraris, in cui i rossoblù hanno trovato cinque vittorie nelle ultime sei gare, la squadra di Vieira si porta a quasi venti punti di distacco dal terzultimo posto e lo fa con una prestazione tutta corsa e sacrificio, impreziosita dalla rete meravigliosa di Zanoli, primo centro in campionato. Dall’altra parte l’Udinese non sa vincere più. Terza sconfitta consecutiva, un mix di rabbia e rammarico per le poche -ma clamorose- occasioni fallite da Lucca e Rui Modesto, e adesso l’obiettivo di Runjaic è trovare una soluzione che non penda esclusivamente dalla presenza di Thuavin, fattore fondamentale per inquadrare le ultime tre sconfitte dei friulani.
Monza – Como (A cura di Simone Scafidi)
Alta marea Monza, Fabregas torna sulle rive del lago con tre punti
All’U-Power Stadium la squadra di Fabregas annichilisce il Monza e si avvia verso una salvezza sempre più tranquilla. I Lagunari partono, però, in maniera shock: sul lancio di Kyriakopoulos, Dany Mota, sfruttando il grossolano e superficiale errore di Kempf, si infila e batte Butez portando in vantaggio la squadra di Nesta. Con orgoglio il Como reagisce dopo appena dieci minuti e Ikoné riesce, alla sua maniera, a pareggiare i conti con un tiro forte sul secondo palo, su cui non può fare nulla Turati. A pochi istanti dalla fine del primo tempo la partita è ribaltata, stavolta per un errore difensivo del Monza che favorisce Diao e la rete di quest’ultimo, che a tu per tu con Turati non può sbagliare. Pochi minuti dopo sbaglia anche Dany Mota che permette al Como di ripartire con Nico Paz; lo spagnolo mette il pallone in mezzo dove c’è Ikoné che sbaglia, e sulla ribattuta si avventa Douvikas, che spara alto. All’inizio del secondo tempo il Monza spinge e cerca di trovare il pareggio, con il tiro di Keita Balde salvato da Butez, che però sbatte sulla traversa rimanendo in campo e favorendo la conclusione di Mota, spedita in corner da Butez. Al 51’, dal nulla, Vjovoda lascia partire un destro fortissimo da posizione abbastanza defilata, di fronte un impotente Turati, che non vede nemmeno partire la conclusione e che non riesce ad evitare il gol del 3-1. Tra i fischi dello U-Power, il Monza lascia il campo da sconfitta, abbandonando sul terreno di gioco, probabilmente, le ultime speranze di salvezza, mentre il Como torna a casa con consapevolezza e con tre punti molto pesanti, che gli consentono di allungare a +9 sulla zona retrocessione.
Parma – Inter (A cura di Tommaso Patti)
Il Parma rimonta e ferma l’Inter. Chivu la vince con i cambi
Nonostante le assenze di Dumfries, Pavard e Barella nell’undici titolare, l’Inter schiera in campo una formazione tutt’altro che proiettata al turnover in vista della super sfida di Champions League. La contemporanea titolarità di Asslani e di Çalhanoğlu non vede i nerazzurri puliti e ordinati nei primi minuti di gioco, complice l’attenta e precisa organizzazione della squadra di Chivu. Dopo nove minuti e grazie ad un’azione da manuale, il Parma non trova il gol del vantaggio per un’imprecisione di Bonny nel concludere a botta sicura, tiro che viene murato da un intervento di puro istinto da parte di Sommer. Dopo dei tentativi da parte dell’Inter di attaccare tramite le fasce occupate oggi da Dimarco e Darmian, il gol dell’uno a zero arriva proprio grazie alla combinazione dei due esterni: sul cross di Dimarco, Valeri devia il pallone consegnandolo involontariamente a Darmian, autore della rete del vantaggio con un tiro che beffa Suzuki sul primo palo. Con lo scorrere delle lancette, l’Inter cresce ma deve fare i conti con un Parma abile nello sfruttare gli errori d’impostazione dei nerazzurri, ma poco lucido al momento del tiro, esattamente come nell’occasione avuta al 20′ da Man, che raccoglie l’assist di Bonny, ma calcia male e si arrende ad un altro grande intervento di Sommer. Nonostante la buona occupazione del campo della retroguardia di casa, l’Inter trova spesso dei buchi e rischia di far male in più occasioni. Le occasioni più nitide dei nerazzurri arrivano tra il 23′ e la mezz’ora: prima con il tiro di Lautaro che spreca un enorme occasione calciando addosso a Suzuki, e poi con la conclusione che termina alta di Darmian, dimenticato dalla difesa avversaria e non disturbato al momento della conclusione. Poco prima della fine del primo tempo, in un momento in cui i ritmi si abbassano notevolmente, un tiro di Lautaro in acrobazia fa tremare nuovamente la difesa avversaria, salvata dalla parata del portiere giapponese. Il momento che spegne il positivo primo tempo del Parma arriva a pochi secondi dal duplice fischio e da un’azione nata dal filtrante di Lautaro per Mkhitaryan, altruista nel servire a centro area Thuram, quest’ultimo libero da marcature ma impreciso nel calciare e nel non impattare al meglio il pallone, che si impenna e termina in porta dopo un tentativo di salvataggio sulla linea da parte di Almqvist.
Con il risultato sul due a zero, Farris decide di cambiare e far rifiatare alcuni giocatori in vista dell’importantissima sfida di Champions contro il Bayern ma, esattamente come contro l’Udinese, l’inizio di secondo tempo dei nerazzurri non è dei migliori. Il brutto approccio degli ospiti e i giusti innesti di Chivu a inizio secondo tempo, cambiano notevolmente la partita, che si riapre a mezz’ora dalla fine con un tiro da lontanissimo di Bernabè, che termina in porta e riapre la partita grazie al suo primo goal in questa stagione. Qualche minuto più tardi e grazie ad un altro subentrato, il Parma trova la rete della rimonta con un incredibile azione e portata avanti da Ondrejka, che trova il goal del 2-2 con un sinistro che viene deviato da un duplice tocco di Acerbi e Darmian. Con il morale a terra data la rimonta dei ducali, i nerazzurri non riescono in nessuna occasione ad alzare la testa e riportarsi in vantaggio. Dopo alcuni minuti di fuoco, il Parma ha addirittura l’occasione di vincere la partita con un altro subentrato: dopo un’azione fallita dall’Inter, il Parma riesce a ripartire con Valeri, abile nell’affrontare la difesa nerazzurra e a servire il pallone in mezzo Pellegrino, che però deve ancora fare anche lui i conti contro un Sommer particolarmente in forma. Il punto strappato in rimonta da parte dei ducali, permette al Parma di mantenere le distanze da Venezia, Empoli e Lecce. L’arrivo di Chivu ha rivitalizzato e nettamente trasformato l’ambiente difficile che si era creato nell’ultima parte di stagione con Fabio Pecchia, trasformando tutti i membri della rosa in giocatori importanti ed essenziali per l’obiettivo finale, la salvezza. Il passo falso dei nerazzurri era nell’aria: già dalla vittoria sofferta contro l’Udinese, l’Inter ha dimostrato una stanchezza fisica e mentale. Nelle prossime settimane i campioni d’Italia sono chiamati nuovamente a giocare un grandissimo numero di partite nell’arco di pochi giorni, fattore che può essere fatale ai fini del campionato.
Milan – Fiorentina (A cura di Dennis Rusignuolo)
Quattro gol, VAR e paratissime. Tanto spettacolo ma un pari che non serve a nessuno
Dopo il buon pari nel derby di Coppa Italia, Conceiçao conferma Abraham al centro dell’attacco e Pulisic alle sue spalle. Altra chance per Leão, uno dei migliori contro l’Inter. La Viola arriva a San Siro senza gli infortunati Gosens e Colpani, Palladino conferma il blocco che ha ben figurato contro l’Atalanta. Fin dai primi possessi si vede come la Fiorentina cerchi di dominare il palleggio in mezzo al campo. Il trio disegnato da Palladino è sempre più rodato, sia in fase di impostazione che nel recupero del pallone. La gara si stappa subito, dopo sei minuti: brutto errore di Musah, che perde un pallone sanguinoso a centrocampo, la Viola sviluppa in transizione e va da Gudmundsson, bravissimo nell’ubriacare di finte la difesa del Milan e servire in mezzo Kean, Thiaw va in anticipo per negare il vantaggio all’attaccante italiano ma si trascina il pallone in rete. Altro autogol per il centrale tedesco, alla terza autorete in Serie A. Il Milan sembra non essere sceso in campo, la Fiorentina dall’altra parte gioca in maniera sublime. Al nono minuto il risultato cambia ancora: lancio rapido di Mandragora verso destra, Dodò attacca alle spalle di Theo Hernandez e ha tutto il tempo per appoggiare in mezzo verso Kean, l’attaccante viola quest’anno difficilmente sbaglia e con il destro piazza il sigillo numero 17 del suo meraviglioso campionato. La Viola domina per 20 minuti, poi il Diavolo reagisce d’orgoglio (più di pancia che di testa). Al 23′ Abraham chiede e ottiene il triangolo a Pulisic sul limite dell’area di rigore, calcia forte sul primo palo e non lascia scampo a De Gea. Intanto, Conceiçao boccia Musah e mette dentro già al 25′ un altro attaccante, ovvero l’ex Jovic. La partita è apertissima e la Fiorentina trova pure il 3-1 a ridosso dell’intervallo: Parisi recupera palla su Pulisic e la offre a Ranieri; il capitano viola disegna una traiettoria imparabile per Maignan, ma c’era un fallo precedente dell’ex Empoli e Ayroldi decide quindi di annullare il tutto. Fischi assordanti al momento del ritorno negli spogliatoi, così come al rientro in campo, in cui non si vedono sostituzioni da una parte e dall’altra. Rispetto al primo tempo il Milan sembra avere una marcia in più, dal punto di vista della tenuta mentale e della gestione del possesso. La prima occasione della ripresa rossonera è un colpo di testa di Abraham su cui De Gea non sfigura. Protagonista assoluto del folle match dell’andata, il portiere spagnolo si ripete al 56′ quando prima respinge una conclusione di Reijnders, e poi sbarra la strada in maniera incredibile al tap-in a botta sicura di Pulisic. In mezzo alla serie di parate dell’estremo difensore della Viola, il Milan cambia il centravanti: fuori Abraham e dentro Santi Gimenez. Palladino risponde con Beltran e Ndour al posto di Gudmundsson e Cataldi, un chiaro segnale inviato alla sua squadra dopo un approccio di secondo tempo conservativo e troppo rinunciatario. L’argentino ha subito una grande occasione per segnare il 3-1 ma Maignan gli chiude lo specchio sul più bello. Dal suo ingresso, Jovic sembra il giocatore capace di mettere più in difficoltà la difesa della Fiorentina, con il suo continuo movimento tra le linee, ed è proprio il serbo a pareggiare la gara al minuto 64: filtrante di Tomori verso Gimenez, il pallone è fuori giri ma diventa buono per Jovic, bravo a leggere la traiettoria del pallone e freddo nel piazzare il mancino alle spalle di De Gea. L’impressione, dopo la reazione d’orgoglio dei rossoneri, è che la partita possa essere decisa in qualsiasi momento e in qualsiasi occasione. La Fiorentina sfiora il nuovo vantaggio con la specialità della casa: il lancio verso Kean. L’italiano riceve un lancio bellissimo di Fagioli, prende il tempo a Thiaw e arrivato davanti a Maignan mastica la conclusione per scavalcare il portiere francese, che rimane in piedi fino all’ultimo e manda in angolo. A ridosso dell’ultimo quarto di gara si rivede ancora una volta De Gea, questa volta su Hernandez, che percorre tutta la fascia fino ad arrivare faccia a faccia col portiere: angolo di tiro abbastanza scarso, ma i riflessi del portiere sono eccellenti. Conceiçao chiude i cambi con tre mosse, Bondo, João Félix e Chukwueze al posto di Fofana, Gimenez (uscito malconcio da uno scontro con De Gea) e Pulisic. Il duello tra Kean e Maignan si impreziosisce di altri due atti, e in entrambi i casi il portiere del Milan si fa trovare pronto alle conclusioni del centravanti della Viola. Nella serie di occasioni la Fiorentina mostra di averne nettamente di più rispetto al Milan, al minuto 88 Dodò trova il gol del 2-3 grazie a un’altra giocata splendida di Fagioli, uno dei migliori in campo, ma la posizione del terzino brasiliano è irregolare e la rete viene annullata da Ayroldi. Nel recupero viene espulso un nervosissimo Palladino e per il resto non succede nient’altro. Un match decisamente spettacolare, giocato al massimo da entrambe le squadre. Non è bastata al Milan la reazione nel secondo tempo, in una delle ultime occasioni per riaccendere una stagione tremenda. Il pareggio non cambia la brutta classifica dei rossoneri, che continuano a mostrare segni di evidente fragilità tattica e mentale, soprattutto nell’approccio iniziale della gara. La Fiorentina rimane stabile in zona Europa, la situazione del club di Palladino rimane positiva e adesso si prepara all’andata del play-off di Conference League contro il Celje; il Milan ha praticamente perso l’ultimo treno per la Champions League, e adesso la conquista di un posto in Europa League diventa l’obiettivo prioritario per il futuro del club rossonero.
Lecce – Venezia (A cura di Marco Rizzuto)
Il Lecce ci prova, il Venezia resiste: lotta salvezza ancora tutta da vivere
Lo scontro salvezza del Via del Mare si conclude in parità: Baschirotto rimedia all’autorete di Gallo, ma che sofferenza. Giampaolo conferma la stessa formazione titolare, eccezion fatta per Karlsson, sostituito da Tete Moriente. Diversi cambi invece per Di Francesco, che ridisegna completamente gli undici titolari dopo l’insuccesso casalingo contro il Bologna. L’allenatore ex Frosinone punta su Gytkjaer dopo la prestazione insufficiente di Fila. Nonostante le modifiche dei Lagunari, il Lecce domina gran parte del primo tempo, senza però riuscire a concretizzare negli ultimi metri. Il più ispirato tra i salentini è senza dubbio Tete Moriente: lo spagnolo arriva alla conclusione in diverse occasioni nel corso della gara, ma Radu si dimostra un portiere più che affidabile, vanificando i tentativi del numero sette. Superata la mezz’ora, anche il Venezia riesce a trovare il modo di scavalcare la difesa del Lecce, fino a quel momento poco sollecitata: Zerbin sfugge a Gallo sulla fascia e crossa in mezzo per Gytkjaer, che manca la sfera a pochi metri da Falcone. L’attaccante danese non fa in tempo a disperarsi che si alza la bandierina dell’assistente per segnalare la posizione irregolare. Progressivamente i ragazzi di Di Francesco prendono coraggio, spaventando i padroni di casa nel finale della prima frazione. L’uomo più pericoloso è Yeboah, che al 40’ calcia di poco alto dal limite dell’area su assist di Busio. Alla ripresa Di Francesco richiama l’ammonito Carboni, inserendo Haps. Nessun cambio per i padroni di casa. I Lagunari proseguono nella ripresa sulla scia offensiva vista negli ultimi minuti del primo tempo, sfiorando il vantaggio con Gytkjaer su schema da calcio di punizione: il danese viene servito al limite e lascia partire un tiro che termina però fuori dallo specchio della porta. Al 50’ il Venezia passa in vantaggio su calcio piazzato: Zerbin crossa in area dalla destra, Gallo prova ad anticipare tutti ma colpisce distrattamente con la tibia, spedendo il pallone direttamente nella propria porta beffando Falcone. Per rimediare allo svantaggio, Giampaolo corre subito ai ripari smuovendo la panchina: dentro Pierret, N’Dri e Berisha per Coulibaly, Pierotti e Ramadani. Grazie alle sostituzioni, i pugliesi tornano a fare la partita e il pareggio non tarda ad arrivare. Al minuto 65, il calcio d’angolo battuto da Helgason viene insaccato da Baschirotto, che da capitano si prende la squadra sulle spalle e infiamma il tifo del Via del Mare. Nel finale, il Lecce spinge per tornare alla vittoria. Al 78’ Krstovic, da vero assistman, serve un pallone tagliente al centro dell’area: N’Dri la piazza col mancino ma colpisce il palo interno, con la sfera che rotola sulla linea senza oltrepassarla. Gli ultimi minuti di questo infuocato scontro salvezza regalano spettacolo e tensione: i giallorossi danno il tutto per tutto, prendendo d’assalto la metà campo avversaria. Un successo oggi garantirebbe tranquillità e speranza, cancellando la lunga striscia di sconfitte delle ultime giornate. Nel finale si azzerano i ruoli: Gaspar e Baschirotto, come due centravanti, attaccano il centro dell’area cercando di sfruttare i centimetri nel gioco aereo. Berisha scodella in area per Gaspar, che fa da sponda verso il capitano giallorosso: Baschirotto incorna verso la porta, prendendo il tempo ai difensori avversari, ma Radu compie un miracolo, slanciandosi in tuffo e deviando la sfera a lato. Il match salvezza termina in parità tra i fischi dei tifosi casalinghi. Il risultato finale è 1-1, come i punti che le squadre portano a casa. I giallorossi mettono fine alla striscia negativa, salendo a quota 26, solamente a +2 sull’Empoli terzultimo. Ogni risultato da adesso peserà: alla prossima, i ragazzi di Giampaolo affronteranno la Juventus, non certo la miglior cliente. Prosegue il momento difficile in zona gol per i giocatori del Venezia, anche oggi a secco, graziati solo dall’autorete di Gallo. Tuttavia, si sono visti sprazzi positivi che dovranno rappresentare la base da cui ripartire. La salvezza lagunare si deciderà nelle prossime settimane e, ora più che mai, serviranno i gol degli attaccanti. Il Venezia, al momento diciannovesimo, affronterà Monza ed Empoli nei prossimi turni: scontri diretti da dentro o fuori.
Empoli – Cagliari (A cura di Simone Scafidi)
Reti bianche e amarezza, Empoli e Cagliari si annullano al Castellani
Nei primi minuti sono i toscani a fare la partita, con possesso e spinta sulle fasce, dalla quale nasce la prima vera occasione con Henderson che calcia di prima un pallone vagante al limite dell’area, sfiorando il palo. Su situazione di corner pochi istanti dopo, sempre Henderson, direttamente dalla bandierina, costringe Caprile (man of the match rossoblù) a smanacciare il pallone fuori dall’area. Al 25’ il Cagliari prova a prendere coraggio e ci prova con il tentativo di Piccoli che viene subito bloccato da Vasquez. Il secondo tempo riparte a tinte rossoblù con la punizione di Viola che sfiora l’incrocio dei pali impensierendo la difesa dell’Empoli. Su una leggerezza di Augello l’Empoli riesce di nuovo a proporsi in avanti, con il tiro di Esposito respinto ancora da Caprile. I toscani continuano a spingere, stavolta con una insidiosissima punizione di Sambia che sfiora un gol clamoroso dalla lunga distanza e con il tiro di Cacace respinto alla grande, ancora una volta, da Caprile. Al 79’ il neo-entrato Ebuehi colpisce di testa per quella che è forse l’occasione più clamorosa dell’Empoli, salvata, ancora una volta, dall’estremo difensore del Cagliari che vola e leva il pallone dallo specchio della porta. Con un ultimo quarto d’ora abbastanza monotono si conclude Empoli-Cagliari, con entrambe le squadre, ancora in piena corsa per evitare la retrocessione, che ne escono con dell’amaro in bocca che a fine stagione può fare davvero male.
Torino – Hellas Verona (A cura di Marco Rizzuto)
Fa tutto il Toro: Elmas risolve dopo gli errori di Milinkovic-Savic e Adams
All’Olimpico Grande Torino, Vanoli suona la carica per spingere la squadra verso un piazzamento tra le prime dieci del campionato, ma la partita, almeno inizialmente, è completamente in mano al Verona. Il tandem d’attacco Mosquera-Sarr mette in seria difficoltà la retroguardia granata, che si salva solo grazie a conclusioni imprecise dei due attaccanti. Dopo venti minuti di dominio scaligero, il Toro riesce finalmente a entrare in partita con un’iniziativa personale di Elmas: l’ex Napoli si crea lo spazio per concludere dal limite, ma non impensierisce particolarmente Montipò. Superata la mezz’ora, emergono le difficoltà dei padroni di casa nel velocizzare la manovra, al contrario dei ragazzi di Zanetti, che mostrano grande intensità nei recuperi e nelle ripartenze. Poco dopo, Bradaric interrompe una ripartenza granata cogliendo di sorpresa Walukiewicz: il numero 12 serve in verticale Sarr, che prende il tempo a Maripan, ma Milinkovic-Savic è provvidenziale in uscita e gli strappa il pallone dai piedi. Il primo tempo si chiude con un assedio totale del Verona, che riesce a leggere alla perfezione i pochi e prevedibili movimenti del centrocampo granata, spezzando la squadra in due nella fase di costruzione. In superiorità numerica, gli scaligeri ripartono continuamente, mettendo a dura prova la retroguardia torinese. Tuttavia, gli attaccanti sprecano diverse occasioni, mancando di lucidità sotto porta. Nonostante un primo tempo quasi nullo, Vanoli cambia solo Walukiewicz con Pedersen. Nessuna sostituzione per il Verona. Al 60’ arriva l’occasione più ghiotta per i padroni di casa: Biraghi batte un calcio d’angolo, Sarr respinge con il braccio largo e, dopo il check del VAR, l’arbitro assegna il rigore. Dal dischetto, Adams calcia male: palla a mezza altezza e poco angolata, Montipò si distende e respinge. Nel momento migliore del Torino, arriva la beffa: Sarr pressa alto Milinkovic-Savic, che tarda nel rinvio; il numero 9 respinge la palla e la devia in rete, lasciando attoniti i tifosi di casa. L’errore clamoroso del portiere serbo, però, scuote i compagni, che trovano il pari appena cinque minuti dopo con un eurogol di Elmas. Il macedone scambia con Vlasic e poi, col mancino, calcia a giro sul secondo palo, battendo Montipò dopo aver colpito il palo interno. Dopo il pareggio, le squadre calano vistosamente, nonostante i cambi da entrambi i fronti. A cinque minuti dal termine, il Toro perde un brutto pallone a metà campo e Ricci è costretto a fermare Ajayi con un fallo duro, che gli costa il rosso diretto. Il match si chiude sull’1-1: ottimo approccio del Verona, che però si spegne dopo il gol del vantaggio. Il Torino resta comunque decimo, a pari punti con l’Udinese, undicesima. Il Verona può tirare un sospiro di sollievo grazie al pareggio tra Cagliari ed Empoli, che consente agli uomini di Zanetti di rimanere al 14° posto. Ma servirà ben altro per centrare una salvezza tranquilla: il calendario propone numerosi scontri diretti e partite delicate da affrontare con la massima concentrazione.
Atalanta – Lazio (A cura di Marco Rizzuto)
Gasperini e Baroni si danno battaglia per la corsa alla Champions League, ma nonostante le grandi capacità offensive di entrambe le squadre, bisogna aspettare la mezz’ora di gioco per vedere occasioni nitide. La Lazio prova a graffiare direttamente dal rinvio lungo di Mandas, ma il pallone viene malamente ribattuto da Djimsiti, che involontariamente serve Zaccagni. Il capitano biancoceleste, lasciato solo in mezzo al campo, verticalizza alle spalle di Kolasinac, dove si inserisce Dele-Bashiru. Quest’ultimo, con un tocco preciso, cerca di servire Dia in area, ma grazie al provvidenziale recupero di Kolasinac, il pallone viene spedito in corner. L’Atalanta, intanto, fatica a costruire gioco in zona offensiva: la poca imprevedibilità e precisione rendono facile il compito della Lazio, che al minuto 32 riparte dopo aver sottratto palla a Retegui (praticamente un fantasma in questo primo tempo). Zaccagni apre a sinistra per la falcata di Nuno Tavares, ma il terzino è costretto a fermarsi a causa di un altro ennesimo infortunio che sta caratterizzando il suo girone di ritorno. Il portoghese non riesce a continuare, e Baroni lo sostituisce con Luca Pellegrini. L’unico squillo atalantino arriva allo scadere del primo tempo, direttamente dalla bandierina: Lookman batte corto per Zappacosta, che scodella verso Kolasinac. Il bosniaco prolunga con la nuca sul secondo palo, ma nessuno accompagna l’azione. Questa occasione rappresenta al meglio la prova insufficiente dei ragazzi di Gasperini, che sembrano far fatica a trovare sintonia in campo, mentre la Lazio è pronta a colpire al momento giusto. Alla ripresa, Baroni effettua il suo secondo cambio: Isaksen per Tchaouna, che non ha inciso come sperato. Al 50′ la Dea ha finalmente una grandissima palla gol, ma Mandas compie un riflesso miracoloso: Lookman, vicino alla bandierina, serve Kolasinac in area con un passaggio che passa in mezzo a tre giocatori biancocelesti. Il bosniaco alza la testa e cerca un compagno al centro dell’area, e arriva il capocannoniere del campionato: Retegui, col mancino da vero centravanti, prende il tempo alla difesa e calcia verso la porta, ma Mandas compie un miracolo deviando di corpo in calcio d’angolo. Proprio quando sembrava che la Dea fosse tornata in partita, la Lazio affonda il colpo e trova il gol del vantaggio con Isaksen. Azione a tre tocchi iniziata dal rinvio lungo di Mandas: Hien e Kolasinac pasticciano e la sfera raggiunge Dele-Bashiru, che prolunga di testa liberando Isaksen. Il danese, in scivolata, prende il tempo a Carnesecchi e spedisce in rete sotto l’incredulità dei tifosi bergamaschi. Dopo lo svantaggio, la Dea cerca di reagire d’orgoglio: Gasperini prima inserisce De Ketelaere e successivamente tenta il tutto per tutto con Samardzic, Maldini e Brescianini, ma la situazione non cambia. La squadra di Baroni riesce a gestire alla perfezione il possesso palla, mantenendo il controllo del gioco e facendo correre a vuoto gli avversari. Negli ultimi minuti, la Lazio capisce che è il momento di resistere, lasciando il pallino del gioco all’Atalanta, che cerca disperatamente il pareggio, ma senza riuscirci. Al triplice fischio, la squadra di Baroni festeggia un risultato fondamentale che rilancia la Lazio nella corsa alla Champions, ora tutta da vivere in questo finale di stagione. L’Atalanta, d’altro canto, non riesce più a vincere, e soprattutto a segnare. Dopo i quattro gol che sono valsi la vittoria con la Juventus all’Allianz Stadium, la Dea non ha più segnato, uscendo sconfitta nelle ultime tre giornate. Il sogno scudetto, infranto dopo la sconfitta con l’Inter a Milano, sembra essersi trasformato in un incubo ad occhi aperti, e la qualificazione in Champions è ora più incerta che mai.
Roma – Juventus (A cura di Dennis Rusignuolo)
La Juventus di Igor Tudor ferma la Roma di Claudio Ranieri. Dopo il successo sul Genoa, i bianconeri ritrovano il pareggio, risultato fin troppo abituale nell’era di Thiago Motta. A fare notizia, però, è la striscia di vittorie dei giallorossi, che si ferma a sette successi consecutivi.
Napoli – Bologna (A cura di Tommaso Patti)
Agli azzurri non basta il gol di Anguissa. Una magia di Ndoye frena il Napoli
La cavalcata di Anguissa e la prodezza di tacco di Ndoye regalano spettacolo al Dall’Ara. La super sfida valida sia per la lotta scudetto, sia per la corsa Champions, termina in parità.
LA TOP 11 DELLA 31* GIORNATA

Grafica: Julya Marsala
Calcio
Il Supercommento della 32ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top 11 alla fine, della trentaduesima giornata di Serie a
Udinese-Milan (A cura di Marco Rizzuto)
Troppo Milan per l’Udinese: Conceicao cambia modulo e rilancia i rossoneri verso l’Europa
Per dare una scossa alla classifica, mister Conceição rivoluziona la formazione, passando alla difesa a tre con Theo Hernandez e Jimenez schierati come esterni a tutta fascia. In attacco, Jovic viene preferito ad Abraham come terminale offensivo del tridente. Anche Runjaic cambia qualcosa rispetto alla sfida contro il Genoa: tornano titolari Kristensen e Lovric, mentre Atta agisce alle spalle di Lucca per sostituire l’infortunato Thauvin. L’assenza del francese pesa: l’Udinese arriva da tre sconfitte consecutive e ha segnato appena un gol nel periodo. Al Bluenergy Stadium i rossoneri accendono la gara dopo appena dieci secondi: Bijol e Kristensen pasticciano sul lancio di Pulisic, e il pallone finisce sui piedi di Reijnders, l’olandese calcia in porta a tu per tu con Okoye, che riesce a deviare in corner salvando i ragazzi di Runjaic. Dopo il brivido iniziale, l’equilibrio fa da padrona ad una gara che sembra non voler più decollare, i ritmi si abbassano e le occasioni tardano ad arrivare. Superata la mezz’ora, l’Udinese bussa per la prima volta alla porta di Maignan, Atta avvia il contropiede lanciando la corsa di Ekkelenkamp, che in percussione spezza in due la mediana rossonera, poi serve in corsa Ehizibue sulla fascia di destra, l’olandese col destro incrocia costringendo Maignan a volare, sulla ribattuta Ekkelenkamp calcia al volo e Gabbia è provvidenziale nel murare la conclusione del centrocampista. Quando il primo tempo sembrava essere destinato a terminare a reti bianche, il Milan a sorpresa passa in vantaggio: Fofana strappa il pallone a Lucca e serve Leao al limite dell’area, il portoghese calcia da fermo disegnando una parabola perfetta che si insacca sotto l’incrocio. La rete subita spezza il morale dei friulani che concedono il doppio vantaggio al 45′. Da calcio d’angolo il cross di Pulisic diventa un assist per Pavlovic, che con la spalla buca Okoye sul primo palo, complice una marcatura non perfetta dei difensori bianconeri. Il secondo tempo è sicuramente più vivace, nonostante i due allenatori non abbiano effettuato cambi durante l’intervallo. Al 51’, Maignan è protagonista di uno scontro di gioco col compagno Jimenez, in cui il francese subisce un brutto colpo alla testa. Sacchi ferma immediatamente il gioco per permettere ai medici di soccorrere il portiere rossonero, che esce in barella tra gli applausi del pubblico. Tornando al campo, all’ora di gioco l’Udinese spinge per riaprire i giochi: Lucca serve in area Atta, che calcia di controbalzo col sinistro senza inquadrare lo specchio della porta difesa da Sportiello. Runjaic capisce la necessità di inserire forze fresche per concretizzare le occasioni e manda in campo Iker Bravo e Rui Modesto per Lovric e Kamara, che non hanno brillato. Come contromossa, anche Conceicao effettua un doppio cambio: Tammy Abraham e Riccardo Sottil per Jovic e Jimenez. Le scelte dell’allenatore rossonero si rivelano vincenti: il Milan cala il tris con la rete di Theo Hernandez. Il francese triangola perfettamente con Abraham, che lo serve in profondità sulla fascia sinistra lasciata completamente scoperta dalla difesa friulana, entra in area e batte Okoye sul primo palo con una bordata che vale il triplo vantaggio. Theo Hernandez non segnava dalla 19^ giornata, nel successo contro il Como di Fabregas: anche in quell’occasione aveva segnato attorno al settantesimo minuto. Subito dopo il tris, Runjaic prova a cambiare ancora inserendo Pafundi e Payero, ma l’Udinese ormai spenta spalanca la porta al quarto centro rossonero. Abraham cerca e trova Leao con un traversone a giro splendido: il portoghese in corsa tenta di superare Okoye con uno scavetto, che diventa un assist per Reijnders, il quale deve solo appoggiare in rete. La decima rete in campionato dell’olandese chiude definitivamente i giochi a favore del Milan, che gestisce al meglio gli ultimi minuti di una gara dominata in lungo e in largo. Il nuovo modulo potrebbe rappresentare la chiave per rilanciare i rossoneri in classifica. Dopo settimane altalenanti, Conceicao potrebbe aver finalmente trovato un equilibrio in grado di valorizzare le qualità dei singoli (Theo Hernandez e Leao su tutti). Tuttavia, l’Europa resta ancora lontana: il nono posto non consente passi falsi, e il margine d’errore è ormai al minimo. Serviranno continuità, cinismo e un pizzico di fortuna per provare a riaprire davvero i giochi. Piove sul bagnato per l’Udinese: la squadra di Runjaic non riesce mai a entrare in partita ed esce dal campo con una sonora batosta. L’assenza di Thauvin pesa, ma quattro sconfitte di fila e un solo gol segnato non sono numeri da archiviare con leggerezza, anche se i friulani sono già matematicamente salvi, e l’unico obiettivo rimasto è il piazzamento nella parte sinistra della classifica, al momento occupata dal Torino.
Venezia-Monza (A cura di Dennis Rusignuolo)
La quinta è quella buona! Il Venezia torna in Fila per la salvezza
Il Venezia prepara tutti gli ingredienti per passare un bel pomeriggio: nel prepartita viene ritirata la maglia numero 13 di Marco Modolo e spunta anche l’ex capitano Joel Pohjanpalo nella panchina adiacente a quella di casa. Passano solo quattro minuti e Radu è chiamato subito ad un grande intervento, in risposta alla deviazione fra testa e spalla di Pedro Pereira su corner. Ritmi compassati nei primi 20 minuti, dove il Monza si fa leggermente preferire come atteggiamento, più convinto dei padroni di casa e pulito nelle giocate. Nonostante la spinta del Penzo, la sensazione è che il Monza abbia quella marcia in più che può mettere in difficoltà la retroguardia lagunare, che nei primi minuti di gara si era fatta preferire per l’intensità del pressing sui portatori di palla brianzoli. Al minuto numero 24 punizione che sa di corner corto: Nicolussi Caviglia fa partire un bolide a giro che sembra potersi infilare all’incrocio, Turati salva come può, e spedisce la palla sulla traversa, poi rinviata sulla linea da Akpa Akpro proprio un attimo prima che Oristanio la potesse ribadire in rete. Nesta è costretto a spendere il primo cambio alla mezz’ora, a causa di alcuni problemi fisici per Keita, sostituito al 27′ da Caprari. Prima dell’intervallo altre due occasioni, una per parte, ma sia la conclusione di Marcandalli che quella di Urbanski non spaventano i rispettivi portieri. Nessun cambio all’intervallo, anche se Nesta deve rinunciare a Izzo dopo appena cinque minuti dal fischio di Maresca: problema che sembra serio per il centrale italiano, sostituito da Caldirola. Dopo quindici minuti giocati a basso ritmo dalle due squadre, Di Francesco cerca nuovi stimoli dalla panchina: tre cambi, fuori Marcandalli per Haps, poi la staffetta dei due riferimenti offensivi (fuori Oristanio e Gytkjaer, dentro Yeboah e Fila). La scelta del tecnico dei lagunari si rivela vincente, perché al minuto 72 il Venezia sblocca la gara: lancio verso Ellertsson, seguito da Birindelli che viene buttato giù dal contrasto con la spalla (astuto, ma regolare) dell’islandese, a cui basta appoggiare in mezzo per il tap-in di Fila. Primo gol in Serie A per l’attaccante ceco, una rete dal peso specifico gigantesco. Sulla cresta dell’onda, il Venezia attacca con più leggerezza e velocità, mentre il Monza perde i riferimenti e cerca di usare le maniere forti per fermare le offensive dei lagunari. Pochi minuti dopo il vantaggio serve un grandissimo intervento di Turati per negare il raddoppio ai padroni di casa: punizione morbidissima di Nicolussi Caviglia oltre la barriera, Turati la vede all’ultimo e con un colpo di reni sputa fuori la palla dalla porta. Nel finale il Monza si affida alle palle lunghe, che sono però preda facile per i rocciosi difensori del Venezia. Prima del triplice fischio c’è ancora tempo per un ultimo episodio, perché Fila interviene in ritardo su Palacios e rimedia il secondo giallo della sua gara. Maresca lo espelle e il ceco salterà la sfida contro l’Empoli. Serviva un successo e i tre punti sono arrivati. A questo punto della stagione sindacare sulla prestazione lascia il tempo che trova, così il Venezia si è aggrappato a quell’attacco che in questo 2025 sembrava stregato. Dopo quattro gare consecutive al Penzo, finalmente Fila è riuscito a sfatare il tabù e adesso il Venezia alla salvezza ci crede sul serio. In una settimana decisiva per inquadrare il rush finale, la squadra di Eusebio Di Francesco aggancia l’Empoli (impegnato lunedì sera a Napoli) a quota 24 punti, a una settimana da un altro scontro diretto che sarà terribilmente decisivo. Il Monza, dall’altra parte, comincia a tirare i remi in barca perché la salvezza di fatto si sgretola oggi. La missione proibitiva della salvezza poteva passare solo da un successo in laguna, invece con questa ennesima sconfitta la squadra di Nesta ha ormai prenotato -si fa per dire- il posto per la prossima Serie B.
Inter-Cagliari (A cura di Tommaso Patti)
Arna Letale ancora decisivo. L’Inter supera agevolmente il Cagliari
Grazie alla sorprendente vittoria contro il Bayern Monaco, l’Inter affronta la sfida contro il Cagliari con il morale a mille. Da una parte Nicola schiera dal primo minuto Piccoli, sostenuto da Coman, pronto ad agire da seconda punta nelle situazioni offensive, mentre dall’altra parte Inzaghi decide di provare a vincere la sfida schierando qualche elemento di turnover. La titolarità di Arnautovic ripaga subito la scelta del tecnico nerazzurro: al 12’ un passaggio alto di Çalhanoğlu, apre l’azione offensiva di Carlos Augusto, che controlla di petto e si accentra nel tentativo di servire Lautaro, anticipato da Arnautovic, autore prima di una serpentina tra due avversari, e poi di una conclusione potente e alta che non lascia scampo a Caprile. Nonostante il gol del vantaggio, l’Inter è spesso scoperta e facilmente attaccabile dal Cagliari, come nell’occasione avvenuta al 24’, quando su un recupero palla di Zortea su Barella, Zappa lancia in campo aperto Piccoli, costretto ad arrendersi difronte al provvidenziale intervento di Sommer. Nella stessa azione, l’Inter riesce a ripartire dopo essersi riorganizzata, riuscendo addirittura a colpire il Cagliari per la seconda volta grazie allo spettacolare assist di Arnautovic per Lautaro, che supera con uno scavetto Caprile e segna la rete che vale il raddoppio. Senza alcuna avvisaglia, il Cagliari entra perfettamente in campo nella ripresa, riuscendo a dimezzare lo svantaggio con Piccoli, abile nel colpire il pallone di testa e nel riscattare il brutto errore del primo tempo. La reazione di Inzaghi al gol subito degli ospiti è un mix tra rabbia e paura per i minuti successivi poiché, nelle ultime due gare di campionato, i nerazzurri hanno dimostrato un netto calo di concentrazione tra la fine del primo e l’inizio del secondo tempo, riuscendo anche a subire gol. Il possibile allentamento della prestazione viene però immediatamente smentito dai padroni di casa, che prima ottengono un calcio d’angolo su un tiro ravvicinato di Dimarco deviato da Caprile, per poi trovare la terza rete della giornata sugli sviluppi del calcio d’angolo battuto da Dimarco e finalizzato con l’imperioso colpo di testa di Bisseck. Dopo il terzo gol dell’Inter, il Cagliari esce completamente dalla gara, rendendosi pericoloso solamente con il tiro di Piccoli salvato quasi sulla linea da un intervento di puro istinto conservativo di De Vrij.
Il successo dei nerazzurri permette a Inzaghi di arrivare al meglio alle prossime sfide, dove i nerazzurri sono chiamati a giocarsi tutte le competizioni nel giro di pochi giorni, affrontando rispettivamente Bayern Monaco, Bologna, Milan e Roma. L’ennesima scelta di Inzaghi di schierare dal primo minuto Arnautovic ripaga nuovamente: il serbo in appena ventidue presenze, si è distinto riuscendo a segnare sette gol (alcuni di questi piuttosto pesanti), e due assist. Nonostante la sedicesima sconfitta in trentadue giornate, il Cagliari rimane ampiamente a +6 rispetto al diciottesimo posto. La squadra di Nicola, nelle prossime giornate, è chiamata a invertire questo trend che vede i sardi molto incostanti nei risultati e poco lucidi sotto porta, proprio come accaduto nella sfida contro l’Inter.
Juventus-Lecce (A cura di Dennis Rusignuolo)
Sofferenza nel finale, ma tre punti da zona Champions. Vlahovic, Yildiz e Koop regalano a Tudor il secondo successo casalingo
Sciolti gli ultimi dubbi di formazione, con Tudor che ormai sembra aver trovato i suoi fedelissimi: prosegue la migrazione di Nico Gonzalez, che dopo aver giocato nella trequarti all’Olimpico contro la Roma, torna nella fascia destra al posto di Weah. Ritorna Teun Koopmeiners dal primo minuto, mentre altra chance dal 1′ per Vlahovic. Il Lecce cambia modulo per la prima volta dall’arrivo di Giampaolo: 3-4-3 con Jean insieme ai pilastri Baschirotto e Gaspar, mentre trova spazio Danilo Veiga nella fascia destra. Confermato il tridente Pierotti-Krstovic-Morente. Fin dal primo pallone giocato si vede come la Juve cerchi lo sviluppo sulla fascia sinistra, ed è da sinistra che i bianconeri stappano subito la gara: secondo minuto, palla su Vlahovic, attivo fin dai primi movimenti, filtrante preciso del serbo per l’inserimento di Koopmeiners, l’olandese ha tanto da farsi perdonare e il bel diagonale con cui batte Falcone può essere un primo squillo per una definitiva crescita. La reazione del Lecce non tarda ad arrivare, ovviamente da Nikola Krstovic. Il montenegrino recupera palla al limite dell’area e non esita a calciare forte, palo pieno con Di Gregorio in traiettoria, l’azione prosegue e il numero 9 calcia nuovamente forte verso lo stesso palo, opposizione con i pugni da parte del portiere bianconero. Ormai il dettame tattico di Tudor su questa Juve è chiaro: fraseggio ragionato in fase di impostazione e attacco codificato della profondità, guidato da Vlahovic e seguito da tutti gli incursori. Giampaolo rischia di dover abbandonare subito il piano iniziale della gara a causa dell’infortunio di Jean. Il francese esce addirittura in barella dopo un contrasto con Vlahovic e Pierret (torsione innaturale del ginocchio sinistro); al suo posto Tiago Gabriel, all’esordio in Serie A. Eccezion fatta per le due conclusioni di Krstovic, la Juve è padrona del campo e del possesso del pallone, il Lecce cerca di pressare alto per non farsi schiacciare troppo ma i bianconeri trovano sempre il modo per eludere il pressing. Al 20′ Renato Veiga riceve palla da Yildiz, bravo a sgusciare a Veiga dopo un corner, il portoghese calcia a botta sicura e Gaspar mette un rammento decisivo per negare il raddoppio. Alla mezz’ora i bianconeri vanno in ripartenza, Thuram guida la cavalcata con la sua solita falcata, scambia con Yildiz e va da Vlahovic, altra sponda intelligente del serbo e piazzato del numero 10 alle spalle di Falcone. Particolarmente attivo Dusan Vlahovic, autore dei due assist in 33 minuti. L’attaccante bianconero è sempre pimpante vicino alla porta, dove pecca di precisione, ma è lucido nel gioco con i compagni. Nella parte finale del primo tempo i bianconeri si limitano alla gestione del risultato e delle energie, fino all’intervallo che riserva alla squadra di Tudor applausi scroscianti, come non si sentivano da tanto tempo dalle parti dell’Allianz. Nessun cambio da parte di Tudor; Giampaolo invece ne cambia due: fuori Gallo e a sorpresa chiamato in panchina anche Krstovic, dentro Marco Sala e Rebic. I nuovi interpreti, più congeniali al gioco scelto da Giampaolo, portano più equilibrio e compattezza tra i reparti, tutti fattori che non si erano visti nel primo tempo e che avevano favorito il dominio incontrastato dei bianconeri. Come nel primo tempo, anche nella ripresa la Juve gioca sul velluto. L’idea propositiva e aggressiva di Tudor sembra già ben impiantata in ogni singolo giocatore, e lo si evince dalla voglia con cui recuperano il pallone e dall’insistenza con cui attaccano la porta cercando di scambiarsi ripetutamente il pallone. Il Lecce prova a regalarsi una mezz’ora orgogliosa con due lampi di Veiga e Baschirotto, brava la difesa bianconera nel respingere in entrambi i casi. Tudor decide di giocare le prime sostituzioni: Kolo Muani, Weah e Cambiaso al posto di Vlahovic, Koopmeiners e McKennie. Rinviato l’esperimento del doppio centravanti, già preannunciato da Tudor che in conferenza aveva escluso temporaneamente questa soluzione. Tra i nuovi innesti Weah è quello più cercato, ma è Cambiaso che sfiora il gol, con un mancino a giro che impegna Falcone in tuffo, costretto a usare i pugni per spedire il pallone fuori dalla porta. Prima del corner Tudor sostituisce Nico Gonzalez con Conceicao, emblematici gli applausi dello Stadium per entrambi i giocatori (due componenti che hanno avuto un impatto opposto con Thiago Motta, e anche adesso con Tudor). Con tutte le sostituzioni adoperate dai due allenatori, la gara perde ritmo e questo non fa altro che assecondare l’idea della Juve per gestire il risultato. All’83’ Di Gregorio mette la sua firma alla partita: primo vero errore di Thuram nella partita, che sbaglia in uscita e manda Rebic a tu per tu con il portiere bianconero, bravo a sbarrare la strada con il corpo e negare al Lecce la possibilità di riaprire la gara. Il gol dei salentini è rimandato solamente di qualche minuto, perché al minuto 87 Baschirotto svetta più in alto di tutti, riceve il cross di Helgason e gela lo Stadium. Secondo gol consecutivo per il capitano del Lecce, che nel finale sembra avere una marcia in più dal punto di vista emotivo. Per evitare spiacevoli fantasmi del passato Tudor scegliere di utilizzare l’ultimo cambio per rinforzare la difesa: fuori Yildiz e dentro Savona. Nei tre minuti di recupero la Juve soffre ma riesce a blindare i tre punti, che garantiscono per questa giornata l’ingresso di zona Champions. L’occasione era ghiotta, in vista dello scontro tra Atalanta e Bologna, e grazie a un primo tempo quasi perfetto, la squadra di Tudor mangia due pedine in una sola mossa. I due assist di un ritrovato Vlahovic e i gol di Yildiz e Koopmeiners permettono alla Juve di seguire attivamente il treno della Champions. Si prolunga a otto gare la striscia nera del Lecce. Giampaolo aveva cercato di approcciare la gara in maniera diversa, schierandosi quasi a specchio, ma la partenza sprint dei bianconeri, e l’infortunio di Jean hanno scombinato una soluzione che già era provvisoria. Con la vittoria del Venezia sul Monza, la salvezza diventa accesa oltre ogni limite, e i salentini hanno l’obbligo di interrompere subito questa striscia.
Atalanta-Bologna (A cura di Tommaso Patti)
Sotto il segno del solito Retegui. La dea vince e allunga sulle pretendenti
Nel tentativo di sfatare il tabù casalingo che vede i nerazzurri non vincitori in campionato dalla sfida contro l’Empoli di fine Dicembre, Gasperini non rinuncia alla contemporanea titolarità di Lookman, Pasalic e Retegui. Quest’ultimo protagonista dell’immediato gol del vantaggio dopo appena due minuti, rete nata dal filtrante di Pasalic per Bellanova, che scatta sulla fascia e pesca a centro area Retegui, al suo ventitreesimo gol in campionato. La rete del capocannoniere accende l’animo del Gewiss, consapevole di non poter vedere più la propria squadra vincere il campionato, ma consapevole anche quest’anno del grandissimo lavoro fatto dalla società, dall’allenatore e dai giocatori. Con il passare dei minuti, il Bologna prova ad alzare la testa, scontrandosi però con un’attenta retroguardia di casa. Al ventesimo minuto, un’altra grandissima giocata di Retegui rimane impressa nel tabellino. L’attaccante azzurro prima lotta e vince il duello contro Lucumi, e poi innesca il cross valido per il tap-in vincente a centro area di Pasalic. La superiorità dei nerazzurri è evidente e l’errore sotto porta di Ederson (nato da un ennesimo duello vinto) ne è la prova. Nonostante il doppio svantaggio, la squadra di Italiano ci ha già più volte dimostrato la tenacia nel lottare soprattutto nei momenti di difficoltà, mettendo in pratica questo concetto a dieci minuti dalla fine del primo tempo, quando su uno schema nato da un calcio di punizione, Ndoye calcia di potenza da fuori area ma trova l’opposizione di Carnesecchi, aiutato anche dal palo. Nella ripresa l’Atalanta abbassa il ritmo, il Bologna cresce ma spesso deve fare i conti con Carnesecchi, che si conferma la miglior sorpresa di questa dea per costanza. La parabola pericolosa di Miranda e il grave errore sotto porta di Casale, descrivono esattamente il pomeriggio del Bologna, cioè una squadra che costruisce tanto ma spreca tutto sotto porta. Nel finale, Gasperini perde per infortunio Kolasinac, uno dei pilastri di questa annata, out per almeno sei mesi data la rottura del crociato. Il pareggio di Roma e Lazio, permette alla dea di avere quasi la certezza di rientrare nei primi quattro posti in campionato, validi per la prossima Champions League. La vittoria della Juve contro il Lecce e il passo falso del Bologna, permette ai bianconeri di superare e andare a +2 sulla squadra di Italiano, che nel prossimo turno affronterà l’Inter.
Fiorentina-Parma
Noia e reti bianche: Fiorentina e Parma non vanno oltre lo 0-0
Messo da parte (momentaneamente) lo Celje, Palladino sposta il focus sulla sfida casalinga con il Parma di Chivu, che sembra essere ritornato sul binario per uno sprint finale con un solo obbiettivo: la salvezza. Sul settore sinistro del campo il Parma inizia sin da subito a spingere con Valeri che fa sua la fascia e indirizza subito un cross al centro dell’area, impattato da Bernabè che trova la grande risposta di De Gea, bravo a bloccare e neutralizzare anche la conclusione di Keita pochi istanti più tardi. Nel primo tempo la Fiorentina risulta essere totalmente assente, con Suzuki spettatore non pagante. Un presunto tocco di mano di Valenti fa scorrere un brivido lungo la schiena della viola, che però tira un sospiro di sollievo in seguito ad un rapido check del VAR che scagiona il giocatore di Palladino. La seconda metà di gara riparte con la Fiorentina in controllo e con una clamorosa occasione per Kean che sfrutta l’imbucata di Mandragora e si trova a tu per tu con Suzuki, con il pallone che però termina fuori di poco. Appena tre minuti più tardi arriva un’altra, enorme, occasione per la squadra di Palladino, che con Fagioli colpisce la traversa, con un tiro su punizione che da posizione defilata impensierisce e non poco l’estremo difensore ducale, che deve appoggiarsi alla traversa per evitare insidiose respinte. La squadra di Chivu, però, non sembra voler mollare e al 62′ si spinge in avanti con il pallone, sui piedi di Bonny, che viene incredibilmente salvato, ancora una volta, da De Gea, migliore in campo. Ad un quarto d’ora dalla fine Richardson riesce effettivamente a battere Suzuki, con il gol che però viene annullato per fuorigioco, nonostante l’iniziale esultanza del centrocampista marocchino. Con questa ultima occasione, e poche altre ababstanza timide, il match termina con un pareggio e le squadre che si sono perfettamente equivalse sul piano del gioco. Il Parma guadagna un punto e allunga sulla zona salvezza, mentre Palladino adesso dovrà concentrarsi sul ritorno di Conference League contro lo Celje.
Torino-Como (A cura di Marco Rizzuto)
Luci e ombre al Sinigaglia: Douvikas firma il successo, il VAR cancella la beffa granata
Il Como scende in campo con una formazione priva della sua stella: Nico Paz parte infatti dalla panchina. Fabregas opta per una maggiore copertura a centrocampo, inserendo Perrone al posto dell’argentino. Sul fronte granata, Vanoli schiera Linetty per sopperire alla squalifica di Ricci. In avanti si torna al doppio centravanti, con Sanabria al fianco di Adams. Dopo un avvio poco entusiasmante, il primo squillo del match arriva al 12’ proprio dai ragazzi di Vanoli, che sfiorano il vantaggio con un colpo di testa di Linetty: il polacco, liberatosi bene da Da Cunha e Vojvoda, non riesce però a inquadrare la porta. Nei minuti successivi si assiste a un dominio crescente del Como. La squadra di Fabregas prende le misure agli avversari, controlla il gioco per gran parte del primo tempo e crea diverse occasioni da gol. Alla mezz’ora, su punizione dal limite, Da Cunha calcia a giro con il mancino e impegna seriamente Milinkovic-Savic, bravo a deviare in angolo. La pressione crescente dei lariani mette in grande difficoltà il Torino, costretto nella propria metà campo e incapace di ripartire. Al 37’ arriva il meritato vantaggio comasco: splendida azione sulla destra, Ikoné serve in corsa Vojvoda che crossa al centro per Douvikas, il quale insacca di testa firmando il suo secondo gol in Serie A. Nonostante i frequenti cambi nel reparto offensivo nelle ultime partite, la squadra di Fabregas mostra una notevole solidità, riuscendo a ruotare efficacemente gli interpreti. Douvikas sembra essersi integrato perfettamente negli schemi dello spagnolo, mettendo pressione su Cutrone, autore di una brillante prima parte di stagione. Anche Ikoné, al momento, appare imprescindibile: l’ex Fiorentina ha scalzato la concorrenza e si è guadagnato un posto fisso tra i titolari, relegando Strefezza alla seconda panchina consecutiva. Il Como chiude il primo tempo in attacco, costringendo Vanoli a riflettere su eventuali cambi per ridare ritmo ai suoi. La ripresa comincia senza sostituzioni, ma si percepisce subito un atteggiamento più deciso da parte del Torino. I primi dieci minuti offrono spettacolo con occasioni da entrambe le parti, e al 57’ il Toro sfiora il pari con Gineitis: imbucata alta che sorprende la difesa, ma il numero 66 non riesce a segnare per via di un tempestivo intervento di piede di Butez. Dal 60’ in poi le gerarchie si ribaltano: il Torino prende in mano la partita e schiaccia il Como nella propria metà campo. Fabregas corre ai ripari, inserendo Strefezza e Sergi Roberto per aggiungere qualità ed esperienza a centrocampo. A un quarto d’ora dal termine, il Como torna a farsi vedere: sul corner battuto da Strefezza, Goldaniga impatta bene di testa, ma Milinkovic-Savic vola a deviare sopra la traversa, tenendo vive le speranze granata. Nel finale, il Como rischia grosso: Elmas, dopo aver recuperato palla in area sul tentativo di Sanabria, salta Butez ma perde l’attimo per calciare, venendo murato da Kempf, decisivo nell’intervento. In pieno recupero il Torino pareggia con una conclusione potente dal limite di Ilic, che fa esplodere il settore ospiti del Sinigaglia. Tuttavia, dopo un controllo al VAR, la rete viene annullata per un doppio tocco irregolare di Biraghi al momento della battuta del corner. Scampato il pericolo, il Como può festeggiare la sua nona vittoria in campionato, portandosi a quota 35 punti e staccando di quattro lunghezze il Verona, quattordicesimo. Il Torino, nonostante un ottimo secondo tempo, cade nuovamente in Serie A: non succedeva dal 14 febbraio, anche in quell’occasione con Ricci assente. Una sconfitta amara ma non troppo per i granata, che restano comunque tranquilli al decimo posto a quota 40 punti, in compagnia dell’Udinese.
Verona-Genoa (A cura di Marco Rizzuto)
Occasioni sprecate e assedio sterile: al Verona manca solo il gol
Zanetti ancora privo di Tengstedt e Suslov, riconferma l’undici titolare sceso in campo contro Parma e Torino. Dawidowicz nuovamente adattato al fianco di Duda. Nella trequarti Bernede a supporto del tandem composto da Sarr e Mosquera. Anche il Genoa scende in campo con diverse assenze, su tutti Malinowski e Friendrup. Al loro posto Badelj e Masini fanno coppia nella mediana, con Vitinha che torna nel trio offensivo a supporto di Pinamonti unica punta. Non si assiste ad un avvio particolarmente acceso, la prima occasione arriva al 20′ minuto sponda grifone, con Vitinha che salta Bernede per poi calciare dal limite dell’area senza però impensierire Montipò. L’equilibrio fa da padrone alla prima frazione che fatica a decollare, fin quando Mosquera riesce ad agganciare un pallone complicato scodellato direttamente da Valentini dalla propria metà campo: il numero 35 riesce a controllare la sfera calciando a incrociare, Leali riesce ad evitare il gol dando un po’ di spettacolo a questo incontro giocato a rilento. Arrivati alla ripresa, il mister Zanetti prova a cambiare qualcosa per dare una scossa, e inserisce Livramento per Sarr, autore di una gara dimenticabile. Nessun cambio per il Genoa che rientra in campo con l’undici iniziale. Già dai primi minuti gli scaligeri appaiono molto più offensivi, ai danni di un Genoa molto sciapo. I padroni di casa cercano il vantaggio in diverse occasioni, la più eclatante arriva al 58′: Bradaric riesce a far passare il pallone tra due avversari servendo Bernede, che rapidamente alza la testa e scodella in mezzo per Mosquera. Il colombiano schiaccia troppo con la testa fallendo un’occasione d’oro. Vieira capisce la necessità di cambiare qualcosa data la pericolosità del Verona, inserendo in una botta sola Ekuban, Onana e Messias. La situazione però non cambia, e il secondo tempo è un dominio totale dei ragazzi di Zanetti che non riescono però a bucare la porta di Leali. Al 67′ De Winter e Vasquez pasticciano lasciando sfilare un pallone sanguinoso conquistato da Livramento, che prende il tempo a Leali. Con la punta Livramento non riesce a spedire in rete e il recupero del difensore messicano è provvidenziale ai fini del risultato. Sul finale gli scaligeri assediano l’area di rigore avversaria senza però calciare pericolosamente verso la porta. Il fischio finale chiude una gara quasi soporifera che consegna un punto a testa alle due squadre. Il Genoa guadagna un punto importante per la corsa al decimo posto, accorciando e andando a -1 da Udinese e Torino. Il Verona con un po’ di rammarico sale a quota 32 lunghezze, otto punti sopra la zona rossa della classifica
Lazio-Roma (A cura di Dennis Rusignuolo)
Lazio e Roma si annullano a vicenda e sul campo dell’Olimpico non si va oltre l’1-1. Ranieri chiude la carriera con zero derby persi, e insacca il sedicesimo risultato utile consecutivo, mentre Baroni deve fare di più per acciuffare la zona Champions
Napoli-Empoli
Scottish pride: il Napoli vola sulle ali di McTominay
Conte sorride nel posticipo del lunedì sera, il suo Napoli vince, convince e prova a rimanere attaccato al treno scudetto. I Partenopei, sin da subito, occupano la zona avanzata del terreno di gioco, proponendo una fase offensiva lucida e concreta che, alla fine, porta a trovare la via del gol. Al 17′ minuto, il lavoro sporco di Lukaku, che serve McTominay, viene ripagato dalla rete dello scozzese che calcia, in corsa, dal limite dell’area e buca Vasquez, che avrebbe potuto fare qualcosa in più. L’Empoli, timidamente, prova a reagire, con il cross di Pezzella che pesca a centro area Gyasi, il cui colpo di testa termina alto di molto. Prima Politano, poi Neres, nella seconda metà del primo tempo gli azzurri cercano spasmodicamente il raddoppio, sbattendo doppiamente su un ottimo Vasquez. Al 39′ una sponda di Gyasi, arriva direttamente dal rinvio del portiere, trova Esposito che da lontanissimo calcia al volo, impegnano e non poco Meret. Un Napoli fievole al concludersi del primo tempo si riaccende subito nel secondo e non perde tempo a trovare il raddioppio: al 56′ Olivera trova tra le linee Lukaku, che insacca prodigiosamente il gol del 2-0. Non passano nemmeno quattro minuti, e ancora grazie ad un assist di Lukaku, McTominay colpisce di testa e batte Vasquez per la terza volta, sigillando definitivamente la partita, in un Maradona gremito che impazzisce di gioia. Cinque minuti più tardi, l’asse McTominay-Lukaku rischia di trovare addirittura la terza combinazione, con la sponda del belga che viene sfruttata dalla conclusione a rete dell’ex United, la quale si infrange pienamente sul palo, graziando la squadra di D’Aversa. Senza altre particolari occasioni, si conclude un match a senso unico che ha visto la squadra di Conte dominare sotto ogni punto di vista, mentre la squadra di D’Aversa osserva impotente dal basso del suo, sempre più fisso, diciannovesimo posto.
Calcio
Succede tutto nella ripresa. Il Derby della Capitale termina senza vincitori

Dopo le scintille dell’andata, il derby capitolino tra Lazio e Roma regala meno emozioni e un risultato equilibrato. Nonostante le solite scaramucce da derby, le due squadre si annullano e portano a casa un punto ciascuno. Al gol di Romagnoli risponde il capolavoro di Soulé, tutto nel secondo tempo.
Defezioni da una parte e dall’altra: Ranieri, senza Dybala, si affida a Pellegrini e Soulé alle spalle di Dovbyk. La Joya ha chiuso anticipatamente la sua stagione, ma siede in panchina per supportare al massimo i compagni. Torna Saelemaekers dalla squalifica, e si riprende il suo posto nell’out di destra. La vera sorpresa è nei tre di difesa, perché Ranieri schiera Celik come braccetto di destra al fianco dei soliti Mancini e Ndicka. Sponda biancoceleste si deve smaltire il brutto colpo subito in Norvegia dal Bodø/Glimt, e Baroni allora si affida a Castellanos. Il Taty torna a vestire una maglia da titolare dopo quasi un mese di assenza, fondamentale la sua presenza per le geometrie e le offensive dell’attacco laziale. Confermato Mandas tra i pali (il greco è stato il migliore dei biancocelesti contro il Bodo) mentre Luca Pellegrini sostituisce l’infortunato Tavares, alle prese con l’ennesimo infortunio muscolare della sua stagione.
Davanti alle solite coreografie meravigliose delle due tifoserie, la contrapposizione tra due credi calcistici tanto vicini quanto opposti, il derby comincia con la Roma in possesso palla. Non ci sono particolari tatticismi, le due squadre cercano di non scoprirsi troppo e concedere occasioni. Per alzare i toni agonistici Paredes commette una delle sue solite ingenuità e regala una punizione insidiosa alla Lazio, Cartellino giallo per l’argentino, reo di aver colpito con una manata Zaccagni; sugli sviluppi del piazzato gran cross verso Romagnoli, bravo a sventare più in alto di tutti ma è ancora più bravo Svilar a respingere con le mani. A fare la partita è sempre e soprattutto la formazione di Baroni, mentre Sozza sceglie un metro di giudizio piuttosto duro per evitare che la serata si accenda. La Roma fatica a entrare in partita, e il solito Isaksen comincia ad accendersi con il passare dei minuti. Il danese sfiora un gran gol al 22′, quando manda a vuoto Ndicka e Angelino, arriva davanti a Svilar ma ancora una volta trova la grande opposizione del portiere della Roma. La fascia sinistra dei giallorossi va in difficoltà contro l’elettricità di Isaksen, e su quella zona la Lazio trova sempre spazio per costruire occasioni importanti. Il duello è ormai il consueto, Isaksen contro Svilar, e al 37′ il portiere belga sventa un’altra conclusione insidiosa dell’attaccante laziale. Il ritmo non si accende nonostante qualche piccola scintilla tra i giocatori in campo, e all’intervallo l’Olimpico fischia a causa del poco spettacolo regalato dalle due squadre nei primi 45′. Da segnalare l’ammonizione di Isaksen nel recupero, il danese -diffidato- salterà la prossima gara dei biancocelesti, a Marassi contro il Genoa di Vieira.
Al rientro dagli spogliatoi Ranieri sostituisce subito l’ammonito Paredes con Cristante, mentre Baroni non cambia il proprio scacchiere. La partita si apre dopo nemmeno sessanta secondi: punizione dalla linea laterale per la Lazio, Luca Pellegrini mette in mezzo un cioccolatino che viene scartato dall’incornata di Romagnoli. Vantaggio meritato per quanto visto nel primo tempo, in cui la Lazio ha oggettivamente creato di più rispetto a una Roma piuttosto compassata. L’agonismo che si era visto saltuariamente si accende subito dopo il vantaggio dei biancocelesti, con Saelemaekers e Gigot che si scambiano alcuni colpi poco consentiti, da cui si accende una piccola rissa, placata subito dalla gestione della partita da parte dell’arbitro Sozza. Il primo vero sussulto della gara della Roma arriva su calcio d’angolo, al 53′ cross profondo di Saelemaekers verso Mancini, il centrale indirizza verso il secondo palo ma Mandas riesce a salvare la porta biancoceleste, bravo il portiere greco a slanciare sulle gambe e distendersi bene. Ranieri capisce il m0mento di difficoltà e cerca di restituire nuova linfa con Shomurodov al posto di Pellegrini. La soluzione è la stessa che aveva permesso ai giallorossi di pareggiare la Juventus: doppio centravanti, con Shomurodov incaricato di roteare attorno a Dovbyk. La Lazio continua a creare pericoli grazie alle palle inattive, con Pellegrini che diventa sempre più pungente con i suoi cross forti e precisi. Al 64′ Zaccagni sfiora il raddoppio con la sua solita giocata, il capitano biancoceleste sfrutta la sovrapposizione di Pellegrini per costruirsi il tiro a giro, palla che termina di poco a lato ma Svilar sembrava in controllo della traiettoria. Nonostante l’occasione la squadra di Baroni comincia a tirare un po’ il fiato, e la Roma comincia a sviluppare con più intensità nella metà campo laziale, anche se l’abnegazione e il sacrificio dei giocatori della Lazio è lodevole. Il pareggio della Roma arriva con un capolavoro di Soulé: senza Dybala in campo, ci pensa l’altro argentino a regalare un gioiello al pubblico dell’Olimpico. Al 68′ Saelemaekers appoggia verso Cristante, Soulé arriva in anticipo e calcia subito, la palla sbatte due volte sulla traversa ma l’orologio dell’arbitro (con la goal-line-technology) vibra e rimette in parità la gara. Ancora una volta i cambi di Ranieri sono riusciti a ribaltare l’inerzia della gara, e la stanchezza della Lazio comincia a diventare un fattore. Baroni pensa anche al ritorno dei quarti di finale di Europa League, e sostituisce Castellanos e Isaksen con Pedro e Dia. Cambi che arrivano in un momento in cui i biancocelesti sono in evidente difficoltà, e Pedro prova subito a scuotere la squadra. Al 74′ conclusione potente dal limite dell’area dello spagnolo, ma ancora una volta Svilar non si fa sorprendere e chiude in angolo. Un minuto dopo la Lazio ha un’altra occasione: palla in mezzo alla ricerca di Boulaye Dia, Ndicka rischia l’autogol in scivolata ma trova ancora l’ennesima chiusura di Svilar, fondamentale nella risposta sul centrale ivoriano e nella chiusura su Dia, che cerca di convertire in rete il pallone vagante rimasto nei pressi dell’area piccola. Grazie alle sostituzioni, la Lazio riottiene energia e qualità e Baroni adopera altre due mosse: fuori uno stremato Zaccagni e un evanescente Dele-Bashiru, dentro Noslin e Belahyane. Ranieri invece risponde con Baldanzi al posto di Dovbyk, mettendo fine alla soluzione del doppio centravanti, che anche questa volta ha permesso alla Roma di rimettere in equilibrio una gara dopo l’iniziale svantaggio, e poi con Rensch ed El Shaarawy per Saelemaekers e Soulé. Nel recupero la Lazio sfiora in due occasioni il nuovo vantaggio, ma la difesa giallorossa riesce a chiudere la porta e alzare il baricentro per negare qualsiasi altra occasione.
Un pareggio che per la classifica non da una grande spinta a nessuna delle due. La Lazio rimane al sesto posto, a quota 56 punti e a caccia della zona Champions che dista soli tre punti. La Roma fallisce l’occasione di superare i rivali di sempre, e adesso necessita un cambio di passo importante per sognare una rimonta europea. Ranieri ancora una volta riesce a ribaltare l’inerzia della partita grazie ai cambi, anche se il pareggio è firmato da Saelemaekers e Soulé che erano in campo dall’inizio. Se il derby si chiude in parità, tanti sono i meriti dei due portieri, perché Mandas ha chiuso la porta su Mancini, mentre Svilar ha chiuso praticamente qualsiasi offensiva della Lazio. Occhi puntati sulla squadra di Baroni, adesso chiamata a rimontare il 2-0 subito in Europa League. Una gran fetta della stagione dei biancocelesti si decide giovedì sera all’Olimpico, anche in vista delle prossime gare.
Calcio
Europa e Conference, quarti di andata: Lazio freddata, cuore Viola in Slovenia

Europa e Conference League sono ormai arrivate ai quarti di finale, con le gare di andata che hanno già fornito i loro verdetti. Serata dolceamara per le italiane, mentre negli altri match in giro per l’Europa gol e spettacolo non sono affatto mancati.
EUROPA LEAGUE
L’Italiana
La terra novergese, si sa, e soprattutto per le italiane, è un campo che ormai diventa un fortino molto complicato da sormontare. Ce lo dimostrano, su tutto, i numeri in casa del Bodo, che in Europa, in casa, nelle ultime dieci partite ha collezionato ben nove vittorie. La squadra di Baroni arriva in terra scandinava consapevole di ciò che l’avrebbe aspettata: zero gradi ad aprile, freddo e una squadra che sa mettere in difficoltà anche le compagini più quotate, e il campo lo dimostra sin da subito. La prima metà di gara non tarda a dimostrare quanto detto, il Bodo tiene sempre e costantemente il pallino del gioco in mano, possesso palla, palleggio, dominio assoluto del centrocampo, portano in scena un primo tempo senza interpretazioni che vede la squadra di Baroni totalmente assente sul piano del gioco, per quanto un pò più solida nelle retrovie. Nel secondo tempo, inevitabilmente, la storia cambia, con i biancocelesti che dopo appena un minuto vengono gelati dal gol di Saltnes arrivato a seguito di un’azione costruita magistralmente dai norvegesi, che riescono ad arrivare serenamente a tu per tu con Mandas, insaccando la sfera. La Lazio, dopo il gol, non prova nemmeno a reagire, e paradossalmente si sottomette ancora di più all’assalto giallonero, tentando di difendere il difendibile per provare una possibile rimonta all’Olimpico, ma il Bodo non è della stessa idea e a venti minuti dalla fine, ancora con Saltnes, che con un tocco sotto supera Mandas e trova il raddoppio che annichilisce definitivamente gli uomini di Baroni, autori di un disperato (e vano) tentativo di salvataggio sulla linea. Da qui in poi, il dominio dei padroni di casa è totale, a centrocampo si vedono solo frecce giallonere che trafiggono lo scudo celeste, arrivando, ancora una volta troppo facilmente, a tu per tu con Mandas, autore di una parata fondamentale sul tentativo di Saltnes che avrebbe siglato la tripletta personale. A un minuto dallo scadere la Lazio rischia ancora di subire la terza rete, negata, ancora una volta, e stavolta clamorosamente sulla linea, dal portiere greco. Giovedì prossimo, all’Olimpico, la Lazio sarà chiamata ad attuare una clamorosa e (per quanto visto ieri) insperata rimonta, cercando di approdare alle semifinali, dopo aver chiuso il girone iniziale al primo posto.

Foto: X BeFootball
Le altre sfide
Oltre alla debacle biancoceleste, il giovedì sera ci regala altri tre risultati, tre pareggi che renderanno i quarti di ritorno della prossima settimana ancora più entusiasmanti. Nel nord di Londra, due giorni dopo la maestosa impresa dell’Arsenal contro il Real, il Tottenham non va oltre il pareggio con un ottimo Eintracht Francoforte, che apre le marcature con il gol fulmineo di Ekitike per poi farsi pareggiare da Pedro Porro. Sempre nella terra del re, stavolta il Scozia, i Glasgow Rangers, in dieci per quasi ottanta minuti, riescono ad inchiodare sullo 0-0 l’Athletic Bilbao, “killer” della Roma agli ottavi. Ultimo, ma non per importanza, il match tra Lione e Manchester United, preceduto da diversi battibecchi, in particolare tra Matic e Onana, con il primo che accusa quest’ultimo di essere il portiere più scarso della storia dei Red Devils, probabilmente non sbagliando, dal momento che due gravi errori dell’ex Inter permettono ai francesi prima di andare in vantaggio e poi di pareggiare all’ultimo secondo con i gol di Thiago Almada e di Cherki, compensati, nella compagine inglese, dalle marcature di Yoro e Zirkzee.
Il protagonista
Quattordici anni al Bodo, una doppietta nel gelo della Norvegia che condanna gli avversari, dominio assoluto, leadership nel reparto avanzato della sua squadra e vantaggio di due gol nella gara di ritorno: Saltnes non può che essere il protagonista di questa settimana, con i due gol probabilmente più importanti della sua carriera che potrebbero far sognare in grande il Bodo/Glimt, unica squadra dei quarti di andata ad uscire vincitrice dalla propria gara. Aspettando di vederlo sul campo dell’Olimpico, Saltnes ha mandato un messaggio chiaro a tutta l’Europa, dimostrando che, in corsa per questa competizione, non bisogna dare per spacciato mai nessuno.

Foto: X Play Spor
La conferma
Nessuna conferma, se non l’equilibrio e lo spettacolo che questa competizione riesce a mettere in scena ad ogni giornata. Tre pareggi e un risultato a sorpresa confermano quanto l’Europa League risulti, ogni anno, sempre più equilibrata e a tratti anche meglio della Champions, dove non mancano, ancora ai quarti di finale, risultati altisonanti come il 4-0 del Barcellona e dove sembrano esserci squadre con la strada spianata.

Foto: DAZN
La delusione
Parlare della Lazio sarebbe scontato e anche ripetitivo, per questo non si può non parlare dell’Athletic Bilbao. Dopo aver eliminato la Roma con una prestazione pressoché magistrale, nonostante il vantaggio numerico, i Baschi si trovano nuovamente sopra di un uomo contro i Rangers per quasi tutta la partita, non riuscendo però ad incidere e ad insaccare nemmeno un gol. Le statistiche parlano chiaro: 71% di possesso palla ma solo tre tiri in porta, decisamente troppo poco per una squadra che, sul piano offensivo, ha uno dei migliori reparti della competizione. Al ritorno, seppur in casa, la squadra di Valverde dovrà fare in modo che questa mancata e necessaria vittoria non gli costi caro.

Foto: X Athletic Bilbao
CONFERENCE LEAGUE
L’Italiana
Una partita semplice, quantomeno sulla carta, nel secondo tempo mette alle strette la Fiorentina, che con cuore, grinta, e un super De Gea, si porta a casa il quarto di finale di andata contro un Celje ostico spinto da un pubblico di casa tutt’altro che sereno. Il primo tempo arride alla viola, che sembra tenere in mano il pallino del gioco, eccezion fatta per i primi minuti di partita in cui i padroni di casa, spinti dall’entusiasmo del pubblico casalingo, riecsono a rendersi pericolosi in un paio di occasioni che culminano sull’esterno della rete. La costruzione della squadra di Palladino, favorita a centrocampo dall’immensa qualità di Adli, Cataldi e Mandragora, riesce a dare il via a moltissime occasioni pericolose che impensieriscono la difesa slovena. Nelle retrovie, Ranieri e Matìas Moreno riescono a dare una sicurezza, sia difensiva che nel palleggio, fuori dal comune, compensando le prestazioni tutt’altro che perfette di Comuzzo e Pongracic. Sulle fasce la spinta è poderosa, e poco dopo la metà del primo tempo, Ranieri sigla il gol dell’1-0, saltando due avversari e, con un pò di fortuna e complicità da parte di Ricardo Silva, insaccando il gol dell’1-0, che permette alla viola di portare avanti un primo tempo in gestione totale del gioco, tenendo a bada il potenziale offensivo del Celje. Nel secondo tempo, quantomeno durante le prime battute, la storia non cambia, e il gioco viola la fa da padrone per buona parte della frazione. Verso il sessantesimo, un rilancio di De Gea, prolungato dal tocco di Folorunsho, arriva nei piedi di Mandragora che in mezzo a tre avversari viene steso con un pestone da Karnicnik, capitano avversario, il cui gesto viene sanzionato con un calcio di rigore in seguito alla consueta on-field review. Sul dischetto si presenta proprio Mandragora, che corona una prestazione pressoché impeccabile con il gol del 2-0. In questa stagione, come ormai noto, la Fiorentina mostra però un rendimento altalenante, che si rende manifesto proprio nei risultati in trasferta in Conference, in cui è arrivata una sola vittoria, contro il San Gallo. Appreso ciò, non stupisce che il Celje, per la mezz’ora finale, si svegli e domini il piano del gioco, trovando anche il gol del 2-1 su situazione di penalty, causato da Pongracic che entra in maniera abbastanza dura su Matko, venendo sanzionato con il fallo e venendo graziato con l’estrazione solo del cartellino giallo, nonostante il giocatore avversario stesse colpendo a botta sicura da solo davanti alla porta spalancata di De Gea. Dal dischetto Delaurier Chaubet non sbaglia e negli ultimi venti minuti il Celje le tenta tutte per pareggiare, sbattendo sempre sul muro alzato da un maestoso De Gea, che mette il sigillo al match con una parata formidabile all’ultimo secondo.

Foto: X ACF Fiorentina
Le altre sfide
Il giovedì di Conference non delude le aspettative, portando in campo risultati che ci si poteva aspettare e che vanno a favore delle quattro “big” rimaste in gara. Nell’anticipo del pomeriggio, il Chelsea schianta, fuori casa, il Legia Varsavia grazie alla doppietta di Madueke e al gol del diciannovenne George, assicurandosi la qualificazione già ai quarti di andata con il compito di andare a Stamford Bridge per chiudere definitivamente la pratica. Vince abbastanza agilmente anche il Betis contro la sorpresa Jagiellonia, che si deve arrendere ai colpi di Bakambu e di Jesus Rodriguez e che, in Polonia, combatterà fino alla fine per ribaltare il proprio destino. Infine, vince in esterna anche il Rapid Vienna che batte il Djurgarden di misura grazie all’autogol di Finndeli.
Il protagonista
Quindici minuti per archiviare, probabilmente, la qualificazione in semifinale. Noni Madueke si prende sempre di più il Chelsea, con l’ultimo anno, e in particolare questa stagione, che ha visto alzarsi vertiginosamente il livello delle sue prestazioni, sempre più fondamentali per la squadra di Maresca, anche e soprattutto in Europa. Sulle ali dell’entusiasmo e dei suoi giovani, il Chelsea si sta facendo strada, trovando nell’esterno inglese uno dei suoi maggiori interpreti, con le conferme che arrivano partita dopo partita.

Foto: X Chelsea Photos
La conferma
Il 2025 è a tinte biancoverdi: il Betis, con l’arrivo dell’anno nuovo, sembra aver cambiato mentalità. In campionato è probabilmente la squadra più in forma del momento, e le grandi prestazioni arrivano anche in Conference. Due gol, una vittoria pulita e nessuna rete subita, i numeri della serata di ieri degli spagnoli sono l’emblema del meraviglioso periodo della squadra. C’è chi ironizza (oppure chi è serio) e dice che l’arrivo di Antony abbia svoltato la squadra, ma in realtà, oltre ciò, dietro i risultati della compagine biancoverde c’è il meraviglioso lavoro di Manuel Pellegrini, che sta mettendo sù un Betis formato europeo, che mai si era visto prima e che si candida seriamente alla vittoria finale dopo la vittoria sullo Jagiellonia, sorpresa di quest’anno.

Foto: X Real Betis
La delusione
Poco minutaggio in campionato, gioca in Europa e combina disastri, così come in quei pochi minuti che gli vengono concessi in Serie A. Marin Pongracic è arrivato a Firenze con il compito di diventare il leader della difesa viola, ma quando c’è lui in campo la squadra di Palladino sembra non avere punti di riferimento lì dietro. Nonostante la vittoria dei suoi, la prestazione del centrale croato è tutt’altro che da incorniciare. Il Celjie torna in partita grazie ad un rigore causato da lui, che viene graziato dall’arbitro non venendo espulso. Dopo la prestazione di ieri, c’è da capire se Palladino intende dargli ancora fiducia o preferirà correre ai ripari puntando ad una soluzione più solida.

Foto: X ACF Fiorentina
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