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Attualità

Ilaria Salis scarcerata: concessi gli arresti domiciliari a Budapest

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Foto: Il Manifesto

Ilaria Salis, la donna italiana di 39 anni, è stata scarcerata. Detenuta da più di un anno in Ungheria, la Salis è accusata di aver aggredito alcuni manifestanti neonazisti.

LA VICENDA GIUDIZIARIA

Il ricorso, accolto dal tribunale d’appello ungherese, e presentato dai suoi avvocati, lo scorso marzo era stato bocciato.

Attualmente la Salis, è in detenzione preventiva, in attesa che venga esplicata la sentenza in un carcere di Budaspest, pertanto potrà andare ai domiciliari ma mantenendosi sempre in Ungheria.

Inoltre, per poter concretamente uscire dal carcere, la donna dovrà pagare una cauzione, che secondo l’agenzia di stampa AGI ammonterebbe a 40mila euro.

LO SCONTRO POLITICO

Delle condizioni indecorose a cui è stata sottoposta Ilaria Salis ne sono generati degli scontri politici.

Nello specifico i partiti di opposizione hanno rimproverato il governo Meloni di non impegnarsi abbastanza, affinchè venisse ottenuta la scarcerazione di Ilaria.

Peraltro, numerosi esponenti dell’opposizione,  hanno ricordato gli ottimi rapporti diplomatici che vi sono tra la destra italiana, e quindi la maggioranza di governo, e il premier ungherese Viktor  Orbàn, anch’esso figura appartenente alla destra.

Ma nello scenario politico la diatriba è aumentata, nel momento in cui è stata annunciata la candidatura di Ilaria Salis alle elezioni europee, che si terranno l’8 e il 9 giugno, con il partito di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli “Alleanza Verdi e Sinistra”.

Tra l’altro, dalla sua candidatura scaturirebbero delle conseguenze proficue, in quanto qualora la Salis venisse eletta ottterrebbe l’immmunità da europarlamentare, e ciò la porterebbe alla sua immediata liberazione, essendo che i membri del parlamento europeo non possono subire processi durante la durata dell’intero mandato, eccetto nel caso in cui vengano fermati in flagranza di reato.

LA SODDISFAZIONE PER LA SCARCERAZIONE DI ILARIA

Il governo italiano ha manifestato soddisfazione per la scarcerazione di Ilaria Salis, queste le parole del ministro degli esteri , Antonio Tajani “la concessione dei domicilari è merito dell’azione sinergica, del governo e della nostra ambasciata, che hanno lavorato intensamente, in silenzio, senza fare propaganda”.

Anche i leader di “Alleanza Verdi e Sinistra” Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli si sono detti felici per la notizia dei domiciliari, tuttavia al contrario degli esponenti di governo hanno giustamente precisato che il risultato ottenuto si deve innanzitutto  alla tenacia e alla determinazione della famiglia di Ilaria Salis”. 

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Attualità

Medio Oriente, colpita una chiesa a Gaza durante i raid israeliani: 2 morti e 13 feriti

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Medio Oriente

Colpita da un raid la chiesa cattolica della Sacra Famiglia a Gaza, in Medio Oriente: due vittime, una decina i feriti, tre sarebbero gravi. Padre Gabriel Romanelli, il parroco, è rimasto leggermente ferito ad una gamba.

LA RICOSTRUZIONE DEL RAID IN MEDIO ORIENTE

Durante un raid sulla Striscia, è stata colpita la chiesa cattolica della Sacra Famiglia a Gaza. Ci sarebbero due morti e undici feriti, tre gravi. Padre Gabriel Romanelli, il parroco, sarebbe rimasto leggermente ferito ad una gamba. L’esercito israeliano afferma di essere “a conoscenza delle segnalazioni relative ai danni causati alla chiesa della Sacra Famiglia a Gaza City e alle vittime” e fa sapere che “le circostanze dell’incidente sono in fase di revisione“. Lo riporta il Times of Israel.

Non è la prima volta che viene colpita la Chiesa Cattolica a Gaza: la notte del 16 dicembre 2023, nella parrocchia latina della Sacra Famiglia, quartiere Zeitoun di Gaza City, si consumò un altro episodio drammatico: pesanti bombardamenti israeliani colpirono l’intero complesso, danneggiando la chiesa, le strutture delle suore di Madre Teresa e i pannelli solari che fornivano energia vitale allo stabile.

Un nuovo raid nei mesi successivi colpì ancora zone adiacenti alla chiesa: nel marzo 2025 gli sfollati ritornarono solo per trovare vetri infranti, schegge e macerie intorno al complesso.

Medio Oriente

Foto: Wikipedia

L’ITALIA ALZA LA VOCE

Dura risposta della premier Meloni: “I raid israeliani su Gaza colpiscono anche la chiesa della Sacra Famiglia. Sono inaccettabili gli attacchi contro la popolazione civile che Israele sta dimostrando da mesi“.
Tajani parla di attacchi dell’esercito israelianonon più ammissibili. Un atto grave contro un luogo di culto cristiano“.

Ennesimo scempio criminale di Netanyahu. E’ chiaro che il Governo di Israele è in mano a fanatici guerrafondai che hanno perso ogni senso del limite. Agire subito con sanzioni individuali è un obbligo politico e morale“. Lo scrive su X il leader di Azione, Carlo Calenda, commentando il raid israeliano sulla parrocchia cattolica di Gaza.

Oggi gli attacchi israeliani nel territorio di Gaza hanno colpito anche una chiesa, quella della Sacra Famiglia, ferendo Padre Gabriel Romanelli, a cui esprimo la mia vicinanza. Oggi, come ieri, come una settimana fa, come il mese scorso e tre mesi fa, sono morti altri palestinesi innocenti, uomini, donne, bambini, che non fanno parte di Hamas ma semmai ne sono prigionieri e ostaggi“. Così il ministro della Difesa Guido Crosetto. “La loro sola colpa – aggiunge – è essere nati in una terra straziata dall’odio, in un tempo drammatico nel quale la ragione si è addormentata. Noi assistiamo ormai da mesi a qualcosa di disumano, straziante, orribile“.

LA RISPOSTA DI HAMAS SUL MEDIO ORIENTE

Prendere di mira moschee, chiese, ospedali e strutture civili a Gaza è un crimine di guerra che richiede una presa di posizione da parte della comunità internazionale“. Lo ha affermato Hamas in una nota dopo il raid delle Idf sulla Chiesa della Sacra Famiglia a Gaza City.

L’attacco dell’esercito di occupazione alla chiesa del monastero latino di Gaza City costituisce un nuovo crimine commesso contro i luoghi di culto e gli sfollati“, ha aggiunto.

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Attualità

Vera scoperta dell’America: smentito Colombo, i primi furono i Vichinghi

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Contrariamente a ciò che sappiamo sul primo uomo a scoprire l’America nei libri di storia, in realtà non andò tutto secondo la sequenza temporale che sappiamo. Ebbene sì, in realtà non fu Colombo a scoprire l’America per primo, bensì i Vichinghi.

Uno studio ha dimostrato quanto si ipotizzava da tempo: la presenza europea in America risale a ben prima di Cristoforo Colombo, perché furono i Vichinghi nell’anno 1021, con 471 anni di anticipo da Colombo, ad essere i primi ad approdare sul continente americano.

LA SVOLTA DELLA VERITA’

La sorprendente verità è emersa grazie ad una scoperta incredibile in Canada. Gli scienziati Michael Dee, dell’Università di Groeningen, nei Paesi Bassi e colleghi di un’ampia collaborazione internazionale, sulla base della datazione di alcuni resti archeologici scoperti nel sito, hanno analizzato dei campioni di legno trovati a Terranova e hanno trovato al di sopra segni di un’ascia, ma non una qualunque, un’ascia vichinga.

Grazie all’utilizzo di tecniche di datazione avanzatissime, gli scienziati sono riusciti a stabilire l’anno esatto in cui quell’ascia ha intagliato quel pezzo di legno, dunque non un periodo generico, ma l’anno preciso: 1021 d.C.

Nonostante fosse noto già da tempo che i primi europei a raggiungere le coste americane fosse quel popolo noto per le sue spedizioni verso mete che ai tempi erano i margini del mondo conosciuto, ossia dal Mar Caspio alle coste remote della Groenlandia, ora per la prima volta, i ricercatori ci hanno fornito una data precisa per il primo sbarco nelle Americhe: il 1021.

PRIME TESTIMONIANZE

Risalgono agli anni Sessanta le prime testimonianze della presenza del popolo Vichingo sul continente americano. Le prime scoperte riguardano i resti della colonia di l’Anse aux Meadows, ma non c’era alcuna certezza circa la sua datazione, la cui stima è stata poi raggiunta solo oggi grazie a uno studio avanzato. Tutto partì grazie alla scoperta di resti lignei lavorati in modo inconfondibile con il ferro, materiale che era sconosciuto ai nativi americani.

@Focus

 

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Guerra in Medio Oriente, possibile accordo tra Israele e Hamas entro 1-2 settimane: ecco gli eventuali scenari

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Medio Oriente

Arrivano nuove notizie in merito ad una possibile tregua in Medio Oriente tra Israele e Hamas, che prevederebbe un accordo sul cessate il fuoco con eventuale rilascio degli ostaggi.
Dialoghi che, però, si prevede andranno avanti nel lungo termine per circa una o due settimane.

POSSIBILE TREGUA IN MEDIO ORIENTE

Israele e Hamas potrebbero raggiungere un accordo per il cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi entro una o due settimane, ma non si prevede che possa succedere in un giorno.
Lo ha dichiarato un alto funzionario israeliano a Reuters, durante la visita del premier Benjamin Netanyahu a Washington, che finora non ha prodotto annunci.

Secondo la fonte, se le due parti dovessero accettare una tregua di 60 giorni, Israele userebbe quel tempo per offrire un cessate il fuoco permanente che richiederebbe il disarmo del gruppo militante palestinese. Se Hamas rifiuta, “procederemo” con le operazioni militari, ha sottolineato il funzionario.

Il Qatar e altri Paesi potranno iniziare a destinare risorse e fondi alla ricostruzione della Striscia di Gaza già. durante il cessate il fuoco. E’ quanto ha accordato Israele nell’ambito dei negoziati in corso a Doha, come richiesto da Hamas per dimostrare serietà di intenzioni.

Lo Stato ebraico da parte sua insiste che non sia solo Doha a dare fondi, ma anche altri Paesi. Gli Stati della regione, tra cui l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, si rifiutano di impegnarsi a fornire aiuti per la ricostruzione se prima Israele non si impegna a porre fine alla guerra.

IL BILANCIO DEI MORTI SI AGGRAVA IN MEDIO ORIENTE

Almeno 24 persone, tra cui molte donne e bambini, sono stati uccisi dall’alba di oggi al centro e al sud di Gaza. Lo riferisce Al Jazeera, citando fonti ospedaliere.  Allarme a Tel Aviv e Gerusalemme per il lancio di missili dallo Yemen. Le forze israeliane hanno intensificato gli attacchi aerei su Gaza, mentre proseguono faticosamente i negoziati a Doha.

Intanto, il primo ministro israeliano Netanyahu ha dichiarato che lui e Donald Trump condividono pienamente la strategia per giungere a un accordo sulla liberazione degli ostaggi detenuti da Hamas, ma ha chiarito che Israele non firmerà alcun patto “a ogni costo“.

Medio Oriente

Foto: Il Corriere della Sera

DOMANI RITORNO IN ISRAELE DI NETANYAHU

E’ previsto per domani mattina il rientro in Israele da Washington del premier Benjamin Netanyahu. Lo scrive il giornale israeliano Haaretz. Netanyahu è negli Stati Uniti da domenica.

Nelle scorse ore il premier israeliano ha incontrato al Pentagono il segretario alla Difesa, Pete Hegseth, con il quale – ha reso noto l’ufficio di Netanyahu – ha parlato di questioni relative alla sicurezza, anche il “contrasto alle minacce dall’Iran“, dopo i 12 giorni di guerra a giugno tra Israele e la Repubblica Islamica, e il “rafforzamento dell’alleanza strategica tra Israele e Usa“.

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