Connect with us

Calcio

Il Supercommento della 5ª giornata di Serie A

Published

on

Grafica: Julya Marsala

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della quinta giornata di Serie A.

Cagliari – Empoli

Nell’anticipo del venerdì pomeriggio l’Empoli di D’Aversa espugna l’Unipol Domus di Cagliari grazie alle reti di Colombo ed Esposito. L’ottimo momento di fiducia dei toscani sopraffare il Cagliari, condannandolo nei bassifondi della classifica. L’avvio di gara non regala particolari emozioni, ma gli ospiti creano tanto ed eludono molto bene le marcature degli isolani. Intorno alla mezz’ora di gioco, il pallone perso a metà campo dai padroni di casa si trasforma nel gol del vantaggio azzurro: Esposito avvia l’azione, con due tocchi Colombo viene mandato in porta e col mancino spiazza Scuffet. A pochi minuti dal termine del primo tempo, Deiola si divora la rete del pareggio, complice un intervento mostruoso di Vasquez che nega in tuffo, mantenendo il vantaggio fino al duplice fischio dell’arbitro. Per riprenderla sin da subito Nicola inserisce Pavoletti come terzo attaccante, ma dopo appena cinque minuti, l’Empoli torna alla carica e raddoppia con Esposito che mette a sedere Luperto con una finta per poi concludere a rete. Da questo momento in poi si fa notte fonda per il Cagliari, i tifosi  rumoreggiano e gli ospiti sfiorano il gol in diverse occasioni. L’incontro termina con la seconda vittoria in campionato per l’Empoli, ancora imbattuta in cinque giornate, che si appresta ad affrontare il Torino, per i sedicesimi di Coppa Italia, mentre il Cagliari a testa bassa, colleziona il terzo k.o. di fila senza fare reti. La striscia buia dei padroni di casa potrebbe trovare luce nell’incontro di coppa, dove il Cagliari ospiterà la Cremonese di categoria inferiore.

Hellas Verona – Torino

Il Toro si impone a Verona e conquista la vetta. Gli attaccanti granata si riconfermano in gran forma decidendo la gara. Per la coppia d’attacco, Vanoli schiera Sanabria al fianco del colombiano e questa scelta ripaga sin da subito. Al 9′ il Toro sblocca la partita grazie al velo di Zapata sulla palla filtrante di Masina,  diventando un assist perfetto per Sanabria che si invola verso la porta e batte Montipò. L’Hellas non perde tempo e riacciuffa il pari poco dopo su calcio d’angolo: il passaggio rasoterra di Lazovic viene finalizzato dal mancino di Kastanos, che batte Milinkovic-Savic grazie ad una deviazione. Dopo i ritmi elevati dei primi minuti, l’atmosfera si infiamma al 21′ per un calcio di rigore fischiato a favore del Torino che costa anche un rosso diretto per Dawidowicz. Il difensore in marcatura per un angolo stende Sanabria con una gomitata evidente. Dal dischetto il numero nove incrocia troppo e stampa la sfera sul palo. Superata la mezz’ora, i granata tornano avanti grazie allo stacco imperioso di Zapata, che rende inutile la marcatura di Magnani, finalizzando il cross di Lazaro. Dopo un primo tempo molto acceso, nella ripresa assistiamo ad una gara molto più equilibrata. Zanetti prova a recuperare lo svantaggio inserendo Mosquera e Livramento, ma gli ospiti dilagano con la rete del subentrato Che Adams, che approfitta della dormita difensiva di Magnani per rubare palla, inquadrare lo specchio e bucare Montipò da fuori area con una conclusione rasoterra millimetrica. Subito dopo, Livramento si divora la palla che avrebbe accorciato le distanze, mandando in fumo l’assist illuminante di Belahyane. Negli ultimi istanti, con il risultato già in cassaforte, Masina pasticcia dentro l’area e regala il secondo gol al Verona messo a segno da Mosquera. Dopo il botta e risposta tra Sanabria e Kastanos, Zapata e Adams consegnano i tre punti a Vanoli portando il Torino in cima alla classifica in solitaria (per la prima volta dopo 47 anni. L’Hellas Verona cade per la seconda volta in casa, scendendo all’undicesima posizione.

Venezia – Genoa (A cura di Dennis Rusignuolo)

Torna a sorridere il Venezia di Eusebio Di Francesco, che batte 2-0 il Genoa e rialza la testa dopo la sconfitta contro il Milan. Nonostante il rigore parato da Gollini, il Genoa cade disputando un match insufficiente.

Juventus – Napoli (A cura di Dennis Rusignuolo)

Juventus e Napoli falliscono l’approdo in vetta, in uno 0-0 molto spigoloso e tattico. Si fa pesante l’astinenza da gol di Vlahovic, mentre continua a rimanere intatta la muraglia bianconera.

Lecce – Parma (A cura di Dennis Rusignuolo)

Il match che chiude il sabato di Serie A si chiude con un pareggio ricco di emozioni, colpi di scena e fuochi d’artificio. Dopo il buon pareggio di Torino, Gotti decide di confermare il 4-4-2 con Krstovic e Rebic come riferimenti in avanti, mentre torna dal 1’ Dorgu, assente all’Olimpico Grande Torino per squalifica. Il Parma risponde con il solito 4-2-3-1 di Pecchia. In avvio la gara appare subito molto intensa ed equilibrata, con occasioni da una parte e dall’altra. I padroni di casa inizialmente subiscono il fraseggio rapido e pungente del Parma, che si affaccia più volte dalle parti di Falcone con le conclusioni di Man, Mihaila e Bonny. Il Lecce però rimane in attesa di un varco in cui colpire la difesa ducale. Al 33’ Ramadani vede l’inserimento tra le linee di Dorgu e lo serve con un filtrante taglia-difesa, l’esterno danese arriva davanti a Suzuki e lo buca sul primo palo. Il vantaggio permette ai salentini di gestire il possesso con lucidità, ma nel secondo tempo la partita si riaccende dopo meno di un minuto, con Guilbert che viene espulso per una manata a Cancellieri. L’inferiorità numerica costringe Gotti a riadattare il suo Lecce arretrando Dorgu nella linea difensiva. Nel miglior momento del Parma, in costante pressione per riacciuffare la gara, il Lecce trova spazio per ripartire in contropiede, e il tocco delizioso di Tete Morente apre il campo all’incursione di Dorgu, fermato al limite dell’area dalla scivolata di Cancellieri. L’intervento dell’esterno ducale ferma una chiara occasione da gol e l’arbitro estrae il cartellino rosso, ristabilendo la parità numerica. La beffa per il Parma è doppia perché sul calcio di punizione Krstovic trova la deviazione di Coulibaly che alza la traiettoria del pallone e manda fuori tempo Suzuki, per un 2-0 che sembra indirizzare la gara. Pecchia prova a sbilanciarsi e inserisce Hainaut e Almqvist. Il Parma comincia a trovare spazio e soluzioni dai piedi dei suoi fantasisti, con Bernabè e Man che cominciano a trovare terreno fertile dove provare a impensierire la retroguardia salentina. Per gran parte della ripresa il Parma si affaccia dalle parti di Falcone, ma l’estremo difensore italiano è prodigioso in più occasioni. Nel recupero succede di tutto: prima Krstovic sbaglia a tu per tu con Suzuki e non chiude la gara, poi Almqvist accorcia le distanze con un tiro radente sul primo palo. Nell’ultima occasione della gara, con tutto il Lecce barricato in area, il cross di Haj Mohamed (entrato nel finale, all’esordio in A) trova sul secondo palo Hainaut, dimenticato da Dorgu, che pareggia e mette il timbro finale a uno dei match più folli di questo avvio di campionato.

Fiorentina – Lazio

A Firenze i viola rimontano la Lazio grazie ai due rigori decisivi di Gudmundsson, mandando in aria il momentaneo vantaggio biancoceleste siglato da Mario Gila . Sin dai primi minuti si assiste ad un match molto vivace. Al 9′ il pallone perso da Dia si trasforma in un contropiede in cui Cataldi manda Colpani a tu per tu col portiere, ma Provedel riesce a deviare la sfera sul palo. I biancocelesti sfruttano le fasce per far male alla Fiorentina, sempre in ritardo nelle chiusure. Al 20′ dopo una progressione di Isaksen, Zaccagni calcia in porta, ma De Gea sventa grazie ad un ottimo riflesso. I ritmi proseguono spediti rendendo lo spettacolo piacevole ma ancora a reti bianche. Col tramontare del primo tempo, la Lazio spaventa non poco la difesa viola, al 37′ De Gea compie un miracolo sulla conclusione rasoterra di Dia, successivamente, galvanizzata dagli ultimi minuti, la Lazio passa in vantaggio. Da calcio di punizione, il traversone di Tavares trova l’incornata vincente di Gila, chiudendo il primo tempo a favore dei biancocelesti. Per riprenderla, Palladino fa esordire in maglia viola  Gudmundsson che, dopo appena cinque minuti si procura il rigore per un pestone di Guendouzi. L’islandese non perde tempo e pareggia i conti spiazzando Provedel. Il contraccolpo subito dalla Lazio esalta la Fiorentina, che  cerca il gol del vantaggio spinta dal tifo di casa. Superata l’ora di gioco Palladino inserisce Kouamé per Mandragora, ridisegnando una formazione molto offensiva. I cambi di Palladino risultano decisivi e i viola premono sull’accelleratore. Al 71′ Kean spreca l’ottimo cross di Dodò, mandando la sfera a lato. Sul finale la Lazio alza la testa con Guendouzi, che spizza di testa il traversone dall’angolo di Zaccagni, ma la sfera scheggia la traversa. All’89’ il direttore di gara viene richiamato dal VAR per l’intervento dubbio di Tavares ai danni di Dodò e, dopo un controllo assegna il secondo penalty a favore dei padroni di casa. Dal dischetto Gudmundsson è infallibile e rimonta il risultato a favore dei suoi. La Fiorentina trova la sua prima vittoria in campionato grazie alla freddezza del ritrovato Gudmundsson. La Lazio non riesce a trovare continuità perdendo per la seconda volta dopo una vittoria. La difesa biancoceleste traballa ancora dopo cinque giornate in cui non sono riusciti a tenere nemmeno una volta la rete inviolata.

Monza – Bologna

Dopo lo scoppiettante lounge match delle 12:30, l’incontro tra Monza e Bologna regala emozioni altalenanti, ma al fischio finale sono i ragazzi di Italiano a portare i tre punti a casa. L’avvio molto acceso del match vede entrambe le squadre spingere alla ricerca del vantaggio. I padroni di casa sfiorano il vantaggio da calcio d’angolo con il colpo di testa di Pedro Pereira, che lasciato completamente solo, colpisce di testa ma Ravaglia nega mandando sopra la traversa. Il risultato si sblocca al 24′ a favore del Bologna: il cross al bacio di Lykogiannis viene finalizzato con un colpo di testa di Urbanski altrettanto perfetto, che rende inutile il tentativo in tuffo di Turati nell’evitare il gol. Il vantaggio esalta gli ospiti che creano tanto ma non riescono a chiudere il raddoppio, prima Castro in solitaria viene ipnotizzato da Turati,  successivamente Ndoye dopo una sgasata laterale si accentra e conclude a giro, ma la sfera esce di poco a lato. Al 43′ la conclusione dalla distanza di Maldini viene respinta da Ravaglia, sulla ribattuta si scaglia Djuric che insacca a porta sguarnita riportando il Monza in partita. Nella ripresa il Bologna sfiora il vantaggio con la botta sul primo palo di Castro, che viene deviata in angolo da un’intervento importante di Turati. I Brianzoli rispondono subito dopo con Blanco, ma la sfera esce a fil di palo mantenendo l’equilibrio del match. Arrivati all’ora di gioco i ritmi si abbassano con entrambe le squadre che non vogliono concedere troppi spazi agli avversari. Nella seconda metà di gara il match si addormenta concedendo spettacolo solamente nei singoli episodi. All’80’ Castro si inventa il gol del vantaggio che indirizza e chiude i giochi, controllando in modo non perfetto la sfera e lasciando partire un missile che si insacca alle spalle di Turati. Sebbene le cinque sostituzioni di Nesta, il Monza non è riuscito ad imporsi nel secondo tempo, lasciando al Bologna le maggiori occasioni che hanno indirizzato il match. Questa sconfitta dal sapore amaro fa sprofondare il Monza al diciottesimo posto, mentre i rossoblù conquistano la loro prima vittoria in questo campionato.

Roma – Udinese

In un Olimpico dall’area pesante per la vicenda De Rossi, la Roma sotto la gestione di Juric si impone per 3-0 contro l’Udinese. Dovbyk apre le danze, Dybala raddoppia e Baldanzi la chiude. Sin dai primi minuti, i giallorossi impongono il  loro gioco sul match e il bomber ucraino sembra il giocatore più ispirato. Il numero 11 calcia verso la porta al 7′ ma trova l’ottima risposta di Okoye. Il momento favorevole della Roma prosegue, al 20′ El Shaarawy manda in porta con un filtrante Dovbyk, che buca il portiere dalla stessa mattonella dell’occasione precedente, aprendo i giochi. Nel primo tempo i bianconeri non riescono ad imporsi e la Roma continua a spingere alla ricerca del doppio vantaggio. Al 34′ il traversone di Angelino trova la conclusione al volo di Celik che manca di poco lo specchio della porta. La squadra di Runjaic fatica ad esprimersi e a trovare spazi, complice il giallo ad inizio gara di Lucca che pesa parecchio sulla sua gara. Nonostante l’ottima prestazione giallorossa, non sono mancati i fischi di contestazione alla dirigenza capitolina, la tifoseria non ha digerito per niente la scelta dell’esonero a sorpresa dell’ex tecnico. Dopo pochi minuti dalla ripresa, Bijol stende Dybala in area e l’arbitro concede il calcio di rigore, complicando ulteriormente la gara all’Udinese. L’argentino calcia in modo impeccabile e fa 2-0, diventando il miglior marcatore della serie A nel nostro  campionato (148). Col doppio vantaggio, i giallorossi iniziano ad adagiarsi troppo sugli allori e l’Udinese prova a venire fuori, calciando due volte verso la porta di Svilar, prima con Brenner (subentrato a Lucca a fine primo tempo), poi con Thauvin che, servito dall’attaccante brasiliano, sterza sul mancino e calcia a rientrare sul primo palo costringendo Svilar ad una parata scenica. Al 70′ lo scambio tra Baldanzi e Dovbyk viene finalizzato dal centrocampista ex Empoli che chiude i giochi. Con questa prima vittoria in campionato la Roma alza la testa ed inizia la scalata, preparandosi ad ospitare il Venezia di Di Francesco. L’Udinese di contro scende al terzo posto a pari punti con il Napoli e si appresta ad affrontare l’Inter.

Inter – Milan (A cura di Dennis Rusignuolo)

Il Milan batte l’Inter 2-1 e si aggiudica il Derby della Madonnina. Il colpo di testa di Gabbia permette ai rossoneri di tornare alla vittoria in un derby dopo sei sconfitte consecutive.

Atalanta – Como (A cura di Dennis Rusignuolo)

Il Como riscrivela sua storia. Ventuno anni e quattro mesi dopo l’ultima volta, la squadra lariana ha ritrovato una vittoria in Serie A. Dal 24 maggio 2003 (un inutile 1-0 al Torino) al 24 settembre 2024. Un successo capolavoro contro l’Atalanta e quel Gasperini che cinque giorni dopo aver spaventato l’Arsenal è caduto contro uno dei figli prediletti dei Gunners: Cesc Fabregas.
Al Gewiss l’Atalanta parte forte e prende il controllo del gioco. Dopo aver chiuso il match senza reti contro l’Arsenal, la Dea trova il vantaggio al 18’ con la conclusione di Zappacosta che da fuori area fulmina Audero. In quel momento il livello della prestazione del Como si alza notevolmente, grazie alla crescita in mezzo al campo di Sergi Roberto, collante perfetto tra difesa e attacco. I lariani cominciano a spaventare la retroguardia bergamasca, sporcando più volte i guanti di Carnesecchi con le conclusioni di Paz e Cutrone. Nel secondo tempo il Como trova il pareggio, frutto di uno scambio di qualità assoluta tra Strefezza e Sergi Roberto, finalizzata dalla conclusione dell’ex giocatore del Lecce. In quei dieci minuti successivi al pareggio, l’Atalanta sprofonda e il Como cavalca l’onda emotiva e ribalta tutto: al 54’ Nico Paz calcia male con il destro, ma la deviazione di Kolasinac spedisce la sfera alle spalle di un incolpevole Carnesecchi. Al 59’ Fadera riceve il lancio di Nico Paz e con un doppio dribbling elude la pressione di due difensori nerazzurri e fredda Carnesecchi con il mancino. Gasperini prova a mescolare le carte, per riaccendere la miccia alla sua squadra, in difficoltà fisica e mentale nella prima parte di ripresa. Decide di ridisegnare l’attacco con gli ingressi di Lookman e Cuadrado, oltre agli ingressi, avvenuti verso il 75’, di Samardzic e del giovane Vlahovic. Una reazione nel finale si intravede, con l’Atalanta che si affaccia dalle parti di Audero, ma risulta sempre confusionaria e inconcludente. Nel finale Lookman accorcia le distanze dal dischetto, ma è l’ultima gioia di questo match conclusivo della quinta giornata. Una vittoria storica che rilancia il Como, adesso a quota 5 punti e fuori dalla zona calda. Prosegue il periodo di appannamento dell’Atalanta. In queste prime giornate la squadra di Gasperini non sta trovando quella continuità di prestazioni e risultati richieste dal tecnico, e anche le sue dichiarazioni a fine partita fanno presagire ad un ambiente poco sereno. In vista dei prossimi impegni, in campionato e in Champions, la Dea è chiamata ad alzare il livello e cominciare a scalare la classifica.

 

LA TOP 11 DELLA QUINTA GIORNATA

Jpg

Classe 2001. Studente in Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Palermo. Aspirante telecronista/giornalista sportivo e grande appassionato di calcio e di musica

Continue Reading
Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Calcio

Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

Published

on

L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.

Le scelte per l’ultima di Spalletti

Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.

ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui. 

Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.

Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.

Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e  sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.

Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…

Continue Reading

Calcio

Tracollo Azzurro in Norvegia, a Oslo termina 3-0. Mondiale subito a rischio?

Published

on

Disastro Azzurro sotto la pioggia di Oslo. L’Italia cade rovinosamente contro la Norvegia e complica subito il proprio percorso verso il mondiale. Ancora una volta gli Azzurri subiscono tre gol nel primo tempo, e nel secondo tempo non riescono a reagire.

La formazione degli Azzurri è ritoccata in quasi ogni reparto, principalmente in difesa dove mancano quasi tutti i centrali regolarmente utilizzati dal c.t. La scelta di Spalletti è l’esordiente Diego Coppola al centro della retroguardia, affiancato da Di Lorenzo e Bastoni. Sugli esterni giocano Zappacosta e Udogie, mentre in avanti ancora una volta giocano Retegui e Raspadori.

Nei primi minuti l’Italia prova a gestire il possesso del pallone, cercando di sfruttare anche la velocità di circolazione della sfera grazie alla pioggia che si abbatte su Oslo. I norvegesi sono uniti e compatti, e il blocco disegnato da Solbakken non lascia particolari spazi agli Azzurri. Fin dalla vigilia tutta l’attenzione mediatica si è concentrata sul potenziale duello Coppola-Haaland, ma nessuno ha preso in considerazione gli altri due attaccanti della Norvegia. Già, perché fin dal primo scatto in avanti, la sensazione è che sia Nusa da una parte, che Sorloth dall’altra, siano un pericolo di gigantesca dimensione per i difensori italiani. Al primo affondo la Norvegia va in vantaggio: Nusa è un treno sulla fascia sinistra, il classe 2005 si accentra e trova un gran passante alle spalle dei difensori azzurri, Sorloth raccoglie l’invito, si presenta davanti a Donnarumma e lo batte in uscita. Vantaggio per i padroni di casa, e la gara si mette subito in salita. Ed è una strada che diventa sempre più insormontabile, perché gli affondi dell’Italia, principalmente dei lanci lunghi verso Retegui, sono preda facile dei due pilastri difensivi norvegesi, Heggem e Ajer, ed è sui centimetri dei propri giocatori che la Norvegia trova grandi spazi e vantaggi per colpire un’Italia che non sembra particolarmente in giornata. Il più ispirato di tutti è sicuramente Antonio Nusa, e dopo aver regalato un grande assist per il vantaggio, mette anche il suo sigillo a un primo tempo a senso unico. Minuto 34, rinvio di Nyland verso Thorsby che controlla agevolmente la sfera, a causa di una marcatura leggera di Rovella, la palla rimane vicino al giocatore del Genoa e diventa di possesso di Nusa, serpentina tra Rovella e Di Lorenzo e destro potente alle spalle di Donnarumma. Una rete meravigliosa di una gemma assoluta della scuola calcistica norvegese, che sta seminando il panico tra le maglie azzurre. Il primo tempo è unicamente a tinte rosso e blu, i colori della Norvegia, e i ragazzi di Solbakken trovano anche il terzo sigillo di giornata, con la stessa giocata che l’Italia sembra non riuscire a leggere: la palla in verticale tra i due difensori. A due minuti dall’intervallo Tonali perde palla in mezzo al campo, Odgaard porta palla e pesca il taglio di Haaland tra Coppola e Bastoni, il bomber del Manchester City è solo davanti Donnarumma e non ha particolari difficoltà nel superare il capitano azzurro e depositare in rete il pallone del 3-0.

Dagli spogliatoi Spalletti sceglie Frattesi al posto di Rovella, uno dei giocatori più in difficoltà sul piano fisico. Anche Solbakken effettua un cambio, con Berg che sostituisce l’ammonito Thorsby. Nessun cambio di modulo, stesso schieramento con il solo cambio in regia, con Barella che viene arretrato in cabina di regina. Non cambia di una virgola il copione della partita, e questo è un pessimo scenario per l’Italia, che non riesce a sviluppare una manovra offensiva degna di nota. Retegui è sempre isolato tra i giocatori norvegesi, e ogni cross è preda facile dei difensori di Solbakken. Al 65′ i padroni di casa vanno vicini addirittura al poker, con uno schema che parte dalla bandierina e termina dall’arcobaleno a giro di Berge, destro di prima intenzione che colpisce in pieno il palo. Verso il settantesimo arrivano le prime vere mosse dei due allenatori, perché Solbakken sostituisce Heggem con Ostigard, ma Spalletti rinfoltisce -finalmente- l’attacco: vanno fuori Zappacosta e Retegui, e al loro posto entrano Orsolini e Lucca. Appena entrati nell’ultimo quarto di gara l’Ullevaal Stadion si sfrega le mani per riservare la meritata standing ovation ad Antonio Nusa, sostituito da un altro gioiello della nuova scuola norvegese, Oscar Bobb. Applausi scroscianti per l’ala del Lipsia, sicuramente il migliore in campo per la qualità messa in campo e per l’incisività avuta, con un gol e un assist. Gli “olè” del pubblico norvegese al possesso ipnotico, e gli applausi al pressing asfissiante, sono le due diapositive del finale di partita, in cui l’Italia non solo non alza il baricentro, ma rischia di concedere altri corridoi ai padroni di casa, che non hanno assolutamente intenzione di fermarsi. Il primo tiro in porta dell’Italia arriva al secondo minuto di recupero, un colpo di testa di Lucca su cui Nyland non ha problemi, intervento plastico per i fotografi e prima parata della sua gara.

Si mette subito in terribile salita il cammino verso il mondiale

La partita di Oslo si mostrava complicata per una serie di molteplici motivi, ma la prestazione -se così si può definire- attuata dagli Azzurri non è all’altezza di una nazionale che ha l’obiettivo di vincere il raggruppamento e raggiungere l’America. In difficoltà dal primo all’ultimo minuto e sotto ogni punto di vista. Tatticamente i norvegesi hanno avuto l’astuzia di sfruttare una linea alta e sconnessa da parte dell’Italia, e grazie ai guizzi frizzanti di Nusa, Solbakken ha potuto contare su una scheggia impazzita che non poteva non fare male. Altro punto da analizzare è la tenuta fisica delle due nazionali, perché la Norvegia ha viaggiato a ritmi e velocità nettamente superiori, e adesso la tenuta fisico-mentale della nazionale di Spalletti è sotto banco in vista della prossima partita.

Dall’Italia…all’Italia

Contro l’Italia si è chiuso l’ultimo gettone mondiale della Norvegia, e dall’Italia può ripartire la corsa per tornare a quel mondiale che manca dal 1998. Con questo successo la nazionale di Solbakken è in cima al raggruppamento a punteggio pieno. 9 punti per Haaland e compagni, mentre l’Italia comincia il suo cammino con uno 0, e adesso ha l’obbligo di ripartire subito e rimettersi in scia per evitare l’ennesimo disastro mondiale.

Lunedì il match con la Moldavia a Reggio Emilia, con la vittoria che a questo punto diventa un imperativo!

Continue Reading

Calcio

Una manita che vale il triplete. il PSG schianta l’Inter e vince la Champions League

Published

on

Il Paris Saint-Germain vince la prima Champions League della sua storia. A Monaco di Baviera la squadra di Luis Enrique si sbarazza dell’Inter e domina dal primo all’ultimo minuto.

Il racconto della finale di Champions League 2024/2025

Triplete e tabù

Numeri e intrecci con la storia fanno da contraltare a una finale che si preannuncia scoppiettante per gli attori, pronti a prendersi la scena nel palcoscenico più importante di tutti, la finale di Champions League. Inter e Paris Saint-Germain arrivano in Baviera per aggiungere il capitolo finale alla stagione, senza dubbio il più importante. Se da una parte l’Inter deve reagire a un finale di stagione che ha sorriso al Napoli, nella lotta al campionato, il PSG va a caccia del terzo successo in tre competizioni.

Sia Inter e PSG cercano di reagire a una delusione abbastanza recente in finale di Champions, perché entrambe hanno assaporato la vetta ma si erano fermate al gradino più basso, dovendosi arrendere a Manchester City (Istanbul 2023 nel caso dell’Inter) e Bayern Monaco (Lisbona 2020 nel caso dei parigini). L’Inter, inoltre, cerca di sfatare un tabù legato alla città di Monaco di Baviera: in terra bavarese si sono disputate quattro finali -tra Coppa dei Campioni e Champions League- e tutte e quattro hanno visto trionfare una squadra al primo successo nella propria storia (va ricordato lo score del PSG in Champions League, la cui voce “titoli” al momento recita “zero”).

Le scelte

Pochissimi dubbi alla vigilia, nessuna sorpresa al momento della comunicazione delle formazioni: Inzaghi sceglie i suoi uomini migliori, tutti gli artisti che hanno contribuito a questo quadro che cerca l’ultima pennellata. L’unico ballottaggio attivo riguardava il braccetto di destra, al fianco di Acerbi e Bastoni, sciolto da Inzaghi con Pavard. Il francese, uno dei volti con più esperienza e leadership nel roster nerazzurro, scalza Bisseck e parte dal primo minuto. Tra i parigini invece il testa a testa riguardava due delle gemme più preziose sgrezzate da Luis Enrique nell’ultimo anno, Doué e Barcola. Il primo vince il duello con il connazionale e si affianca a Dembélé e Kvaratskhelia.

PSG: Donnarumma, Hakimi, Marquinhos, Pacho, Nuno Mendes, Vitinha, João Neves, Fabian Ruiz, Doué, Dembélé, Kvaratskhelia; 

INTER: Sommer, Pavard, Acerbi, Bastoni, Dumfries, Barella, Calhanoglu, Mkhitaryan, Dimarco, Thuram, Lautaro Martinez

Due generazioni a confronto, una per blindare un ciclo sempre più crescente, l’altra per avviarne uno nuovo. Il Paris Saint-Germain vanta la squadra più giovane di tutta la competizione (età media di 24 anni e 262 giorni), mentre l’Inter la squadra più anziana (età media di 30 anni e 19 giorni).

Arbitra il rumeno Kovacs, che negli ultimi anni ha arbitrato due finali che hanno fatto sorridere il calcio italiano (il fischietto rumeno ha diretto la vittoria della Roma in Conference League e l’Atalanta nella notte di Dublino, contro il Leverkusen).

Alle 21.01 il fischietto di Kovacs emette il primo suono, comincia la finale!

||PRIMO TEMPO ||

Curiosa la battuta dei parigini, che lanciano in rimessa laterale il primo pallone della gara. Subito chiaro l’intento della squadra di Luis Enrique, quello di non far sviluppare dal basso l’Inter. Il possesso è in mano ai parigini, soprattutto nelle fasi iniziali della gara. La squadra di Inzaghi cerca di giocare sulle lunghe leve di Dumfries, in netto vantaggio fisico su Nuno Mendes, ma il recupero palla del Paris è molto efficace. Non vi erano dubbi sul coraggio e sulla qualità dei francesi, ciò che risalta comunque all’occhio è l’approccio della gara da parte dei campioni di Francia, padroni assoluti del possesso. Il primo squillo è proprio di Doué, un destro potente e angolato su cui Sommer non ha difficoltà. Il dominio è evidente e il vantaggio arriva al minuto 11. Il gioco si sviluppa prevalentemente a destra, ma al primo affondo a sinistra il Paris sfonda: palla magica di Vitinha alle spalle della difesa, Doué è pronto per calciare verso la porta ma il francese è bravissimo nel servire in mezzo Hakimi, il marocchino ha la porta spalancata e non può fallire il più classico dei gol dell’ex. Vantaggio francese e finale subito in salita per la squadra di Inzaghi. Lo svantaggio appesantisce le gambe dei giocatori dell’Inter, e la corsa interminabile dei parigini non lascia respirare i nerazzurri, che cercano rifugio in Sommer. Le difficoltà dell’Inter sono evidenti, così come emerge l’agonismo e la freschezza dei francesi. Al 20′ arriva il raddoppio: l’azione comincia nell’area francese, con Barella troppo leggero nella protezione di un corner, in cui l’Inter sa sempre rendersi pericolosa; Pacho evita il giro dalla bandierina e il PSG va subito in contropiede: Dembélé chiama a sé la difesa nerazzurra e poi cambia gioco, Doué controlla e spara il destro verso la porta, convertito in rete dalla deviazione di Dimarco che manda fuori giri Sommer. Venti minuti maestosi della squadra di Luis Enrique, ma dall’altra parte l’Inter non sembra essere scesa in campo. Non si registrano occasioni per la squadra di Inzaghi, anche se la pressione del PSG si affievolisce leggermente dopo il doppio vantaggio, e questo favorisce una crescita -timida- dei nerazzurri. I movimenti dei francesi sono di un’armonia e una pulizia a dir poco pregevole, e la lettura difensiva dell’Inter soffre terribilmente questo continuo scambio di posizioni, in ogni zona del campo. Al 37′, dalla bandierina l’Inter si costruisce la prima -vera- occasione della sua gara, con il solito cross preciso di Calhanoglu indirizzato sul secondo palo, lì Thuram prende il tempo su Kvaratskhelia ma il suo colpo di testa termina di poco a lato. È il momento di spinta massima dell’Inter, favorito da una piccola fase di allentamento del Paris, subito richiamato a voce alta da Luis Enrique, che impone lucidità e maggior qualità. All’ultimo pallone del primo tempo Kvaratskhelia impensierisce ancora una volta Sommer. È l’ultimo squillo di un primo tempo a tinte uniche blu e rosse, con il Paris Saint Germain meritatamente in vantaggio. Un dominio schiacciante nel primo tempo, ma occhio a mantenere la partita in bilico, perché l’Inter si può riaccendere da un momento all’altro.

||SECONDO TEMPO ||

Nessun cambio all’intervallo, i riparte dagli stessi ventidue. L’Inter appare subito più coraggiosa e intraprendente, anche se era prevedibile visto il brutto primo tempo. Kvara prova a chiudere subito i conti ma il suo mancino termina in curva. In quel momento l’Inter capisce che per riaccendere la miccia serve maggiore qualità e incisività da destra, e lo sviluppo dell’Inter verte sempre dalla parte di Dumfries, favorito da un maggiore apporto alla manovra da parte di Thuram. Inzaghi è il primo a muovere la panchina con Bisseck e Zalewski al posto di Pavard e Dimarco. Il polacco viene subito ammonito per un fallo in attacco, ma il segnale è quello di alzare l’agonismo e il ritmo. Dopo pochi minuti la panchina dell’Inter viene mobilitata nuovamente perché Bisseck cade male a terra ed è costretto a uscire subito per un problema al flessore. Al suo posto Carlos Augusto, oltre a Darmian per Mkhitaryan. In mezzo alle sostituzioni il PSG mette il lucchetto alla finale: ancora una volta Dembélé domina il gioco a suo piacimento, e attira a sé i difensori dell’Inter, il francese imbuca per Vitinha che porta palla per metà campo, prima di appoggiare verso Doué, destro piazzato sul primo palo e discorso archiviato. Prestazione totale del gioiello francese, che esce qualche minuto dopo, accompagnato dalla standing ovation del suo pubblico e dal cinque di Barcola, pronto a seminare ulteriormente il panico tra le maglie nerazzurre. Inzaghi termina le sostituzioni con Asllani al posto di Calhanoglu, uscito acciaccato per un problema fisico. L’Inter si sgretola con il passare dei minuti, e il nervosismo comincia a prevalere sulla ragione, a tal punto che Kovacs mette mano al taschino più volte. Al 73′ i parigini debordano con Kvaratskhelia: l’azione parte dal basso, e il fraseggio porta fuori la linea di difesa dell’Inter -stranamente alta, il solito Dembélé dipinge calcio a tutto tondo, filtrante per Kvara che arriva fino all’area piccola, il mancino del georgiano buca Sommer sul primo palo. 4-0 PSG, dominio assoluto. L’Inter cerca il gol della bandiera, e in quel momento emerge l’altro top player del roster parigino: Gigio Donnarumma. Il portiere italiano mette i suoi guanti su un destro piazzato di Thuram, e nega il gol della bandiera al francese. Nelle retrovie l’Inter fa sempre più acqua, a tal punto che Barcola semina i difensori come se fossero birilli, ma davanti a Sommer calcia clamorosamente fuori, a due passi dalla porta. Con la gara in cassaforte -già dal decimo minuto in verità- Luis Enrique adopera tre cambi, che ancora una volta danno frutti meravigliosi. A cinque dal termine i parigini muovono palla attorno all’area, Barcola imbuca per il neo-entrato Mayulu che calcia forte e batte Sommer per la quinta volta. CINQUE a zero, un risultato clamoroso.

Un dominio incontrastato, dal primo all’ultimo minuto. Il PSG è stato superiore in tutto, dalla gestione tattica al controllo emotivo della gara. Con la forza delle idee, coordinato da un’insieme di perle preziose, Luis Enrique si conferma ancora una volta una garanzia per questa competizione. Il tecnico spagnolo non ha mai perso una finale in carriera, e il modo con cui il Paris Saint-Germain si è sbarazzato dell’Inter rimarrà negli annali della Champions League. Prima coppa in bacheca per il club francese, che quest’anno chiude la stagione con il triplete, dopo i successi in Ligue 1 e Coupe De France. Dall’altra parte l’Inter esce fracassata dal prato di Monaco di Baviera, per una sconfitta che peserà tantissimo per le modalità e per l’approccio alla partita. Un’Inter irriconoscibile, che però si è dovuto arrendere di fronte alla freschezza e alla qualità incredibile del Paris Saint-Germain. Stagione da zero tituliper dirla alla Mourinho, per la squadra di Inzaghi, che adesso dovrà sciogliere le riserve sul proprio futuro. Sipario per un’altra grande stagione di calcio europeo, con la nuova edizione della Champions che ha aggiunto all’albo un nuovo vincitore e uno spettacolo sempre più appassionante.

 

Continue Reading

Facebook

Altri articoli in ‘Calcio’

Trending

Copyright © 2024 - by Exit Web Systems

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità.
Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001.