Calcio
Il Supercommento della 17ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della diciassettesima giornata di Serie A.
Hellas Verona – Milan (A cura di Marco Rizzuto)
In quest’anticipo del venerdì, un Milan sottotono espugna il Bentegodi conquistando la vittoria grazie a Reijnders, uomo in più sul carro di Fonseca. L’avvio vede il Verona chiudersi nella propria metà campo, blindando la porta dai primi tentativi non esaltanti dei rossoneri. Al 23′ Chukwueze tenta la conclusione da fuori, ma Montipò risponde presente bloccando in tuffo. Lo stesso Chukwueze, pochi minuti più tardi, con un brutto retropassaggio regala a Suslov l’opportunità scappare verso la porta avversaria, lo slovacco prova col mancino, ma anche qui, è l’estremo difensore a vincere il duello. Alla mezz’ora, Fonseca è costretto a sostituire l’infortunato Leao, che chiede il cambio per una noia muscolare, al suo posto, Theo Hernandez. A cinque minuti dall’intervallo, Terraciano ex di giornata, conclude dal limite verso la porta ma Montipò intuisce ed alza il pallone sopra la traversa. Il primo tempo non entusiasmante regala poche emozioni, una partita molto tattica che lascia ben poco allo spettacolo. Alla ripresa Zanetti inserisce Daniliuc e Livramento, cambiando volto all’undici iniziale. Nessun cambio per i rossoneri. Al 56′ il Milan trova il gol che indirizza la gara, l’uomo in più di questo avvio di campionato rossonero Tijani Reijnders insacca dal limite dell’area dopo essere stato servito dall’imbucata illuminante di Fofana, un filtrante verticale perfetto che buca centrocampo e difesa, trovando l’inserimento del numero quattordici, che disegna una traiettoria imprendibile per Montipò. Il Verona accenna una reazione col solito Suslov, che servito a centro area, tenta di piazzarla sul primo palo, ma Maignan attento blinda la porta. Quasi al tramonto del match, i rossoneri sfiorano il raddoppio con Jimenez, lo spagnolo in corsa salta Daniliuc e conclude col mancino dal limite, trovando l’ottima risposta di Montipò. I padroni di casa non riescono a rendersi pericolosi a causa delle ripartenze troppo lente per eludere la difesa milanista, così il triplice fischio del direttore di gara sorride ai rossoneri, che tornano alla vittoria inguaiando il Verona.
Torino – Bologna ( A cura di Dennis Rusignuolo)
Italiano non si ferma più. Un Bologna sempre più slanciato batte il Torino a domicilio e sogna l’Europa.
In avvio il Toro pressa alto, il Bologna cerca di manovrare e al sesto minuto arriva vicino al vantaggio: Piccinini non si accorge di un tocco, lieve, di Sosa su Holm, il VAR chiama e l’arbitro assegna il rigore che il totem Milinkovic-Savic para a Santiago Castro, respingendo poi la moscia ribattuta di Pobega, uno degli ex di turno. Nonostante il penalty fallito dall’argentino, il Bologna è padrone del campo, con Dominguez che si conferma una spina nel fianco per le fasce granata, che provano a rispondere alla mezz’ora: cross di Pedersen verso Borna Sosa che di controbalzo non riesce a inquadrare lo specchio della porta. Il Torino ha un’altra occasione importante con Karamoh, nata da un recupero alto di Maripan, lanciato a rete e chiuso sul più bello dal recupero lucido e intelligente di Beukema. Nel secondo tempo Italiano inserisce Fabbian per aumentare il peso del centrocampo, sempre più coinvolto nello scontro con Linetty e Ricci. In una fase di gara piena di scontri fisici e duelli in mezzo al campo, comincia a emergere con prepotenza Pobega, che spaventa l’Olimpico Grande Torino con un missile improvviso dai trenta metri sulla traversa, il pallone sbatte sul legno e sibila intorno alla linea di porta, ma l’orologio dell’arbitro non suona. Italiano inserisce Dallinga al posto di Castro, e l’olandese si attiva subito: al 72’ il Bologna sviluppa nella trequarti con Odgaard che allarga verso Miranda, il cross dello spagnolo è basso e radente verso l’area, Dallinga si inserisce alle spalle di Masina e trova la prima rete in Serie A. Il Toro è frastornato dal vantaggio rossoblù, e pochi minuti dopo subisce anche il raddoppio, con Pobega che converte in rete una palla vagante dentro l’area di rigore. Dopo un check del VAR, durato più di due minuti, sulla posizione di Dallinga, l’arbitro assegna la rete e chiude virtualmente il match. Un successo che conferma il periodo super della squadra di Italiano. Il tecnico sembra avere in mano il gruppo, e le sue rotazioni cominciano ad avere conferme. In mezzo al campo Pobega, con tutti i suoi pregi e difetti, si sta dimostrando il compagno perfetto al fianco di Freuler, mentre nella trequarti Dominguez e Odgaard stanno trovando sempre più confidenza con Castro. Continua la crisi del Torino di Vanoli. Le vicende extra-campo, con i tifosi in rotta con il presidente Cairo, sembrano coinvolgere una squadra che senza Zapata si è sciolta gara dopo gara, con il reparto offensivo che mostra una squadra con la coperta corta, e con poche soluzioni. Il Bologna adesso sogna l’Europa, e scavalca il Milan a quota 28 punti, il Torino scala al dodicesimo posto a quota 19 punti.
Genoa – Napoli (A cura di Dennis Rusignuolo)
Soffre nella ripresa, ma il vantaggio del primo tempo permette al Napoli di rimanere in scia dell’Atalanta.
La prima occasione del Napoli, anzi le prime occasioni, arrivano dopo cinque minuti con Lukaku che prima di testa da due passi colpisce la traversa e poi gira a lato da dentro l’area piccola un altro cross di Politano dalla destra. La risposta del Genoa arriva al decimo con Zanoli che crossa sul secondo palo per Vitinha che però si allunga troppo il pallone facendosi chiudere dalla difesa partenopea. Troppo grande il divario fra le due squadre e al minuto 15 il Napoli passa: discesa sulla destra di McTominay, che trova il varco per Neres, cross del brasiliano a centro area dove Anguissa in elevazione sovrasta Frendrup e segna il suo terzo gol in campionato, il secondo consecutivo dopo il sigillo di Udine. La pressione del Napoli è feroce e al 22’ è un altro colpo di testa, questa volta del centrale Rrahmani su cross di Lobotka, a battere Leali con una traiettoria lenta e beffarda. Il Genoa prova a rispondere prima con Pinamonti su punizione e poi con Badelj dal limite, ma le loro conclusioni non inquadrano lo specchio della porta di Meret. Nella ripresa il Genoa cambia volto, e il Napoli comincia a soffrire. Rispetto alla prima frazione, il Grifone è più spavaldo, organizzato, e dopo meno di due minuti Pinamonti impegna Meret. L’estremo difensore azzurro deve arrendersi alla rete del centravanti italiano al 51’, sesto centro in Serie A per Pinamonti, la cui conclusione viene deviata da Olivera e mette fuori gioco Meret. E’ il miglior momento per la squadra di casa, il Napoli reagisce a fatica, si abbassa, perde imprevedibilità, il pressing alto del Grifone dà effetto. Bani stoppa Politano al momento di entrare in area, e qui la squadra di Conte diventa troppo frenetica. Il Napoli prova a riorganizzarsi, ma al minuto 70 il Genoa va vicino al pari con il colpo di testa di Badelj, decisivo l’intervento prodigioso di Meret. Nel finale Vieira prova la carta Balotelli, e Super Mario sfiora subito il gol correggendo con il ginocchio un tiro di Ekuban, Meret respinge in tuffo. L’ultima scossa del match è un tiro di Ekuban su cui Meret, ancora una volta, fa la voce grossa. Un successo sporco e pesante per la banda di Conte, che esce da Marassi con tre punti ma con tanti spunti su cui lavorare, perché nel secondo tempo i partenopei hanno sofferto in lungo e in largo l’orgoglio e il coraggio del Genoa. Tanti rimpianti per i rossoblù, ancora alla ricerca del primo successo casalingo del campionato. La squadra di Vieira rimane imbrigliata nel treno del quindicesimo posto (al momento il Genoa è 13°).
Lecce – Lazio (A cura di Dennis Rusignuolo)
La Lazio rialza la testa al Via Del Mare contro un Lecce coraggiosissimo. In avvio sono i padroni di casa a tenere più palla, con la Lazio che però fin dai primi minuti si rende pericolosa in contropiede: al 6′ è Lazzari, dal limite, a mettere in difficoltà Falcone. Il Lecce risponde con Tete Morente che, con una conclusione al volo, impegna Provedel. I biancocelesti sfruttano gli spazi che il Lecce concede e al 25′ sfiorano il vantaggio con Isaksen che, di testa, si fa respingere la conclusione da Coulibaly con Falcone a terra. Pochi minuti dopo è ancora il danese a sfiorare il vantaggio: lanciato da Castellanos, Isaksen mette in seria difficoltà il portiere avversario. Il Lecce spinge e guadagna una serie di calci d’angolo, ma non riesce a creare occasioni nitide. Dall’altra parte è Castellanos a impegnare ancora Falcone: l’argentino, spalle alla porta, si alza il pallone e calcia al volo da fuori, trovando però pronto il portiere leccese. Il primo tempo si chiude con l’episodio che indirizza la partita: Rovella recupera palla al limite e imbuca per Castellanos che calcia con forza, Falcone para, il Taty ci riprova e Guilbert respinge di pugno sulla linea di porta. Per l’arbitro Manganiello non ci sono dubbi: calcio di rigore e cartellino rosso per il francese. Dal dischetto Castellanos spiazza Falcone e porta in vantaggio la Lazio. Nel secondo tempo l’intento degli uomini di Baroni è quello di chiudere la gara, ma il Lecce non si fa intimorire, gioca con coraggio e spregiudicatezza nonostante l’inferiorità numerica. Al 50’ Tete Morente fredda Provedel con un destro potente e preciso dal limite dell’area. Lo spagnolo sembra rigenerato dalla cura Giampaolo, così come il centrocampo comincia a farsi valere anche al cospetto dei migliori. La Lazio comincia a perdere lucidità e la ricerca di profondità passa dai lanci verso Zaccagni per scavalcare la difesa salentina, che non soffre il gioco aereo e chiude bene. Nel finale Baroni pesca il jolly, inserendo Marusic. Il montenegrino all’87’ si trova un pallone tra i piedi dentro l’area, calcia forte e batte Falcone sul palo opposto. Il Lecce attacca a testa bassa, si rigetta in avanti e all’ultima palla disponibile spaventa la retroguardia biancoceleste, con Kaba che colpisce in pieno la traversa su invito di Rebic. Riesce a risollevarsi la Lazio, dopo il pesantissimo k.o contro l’Inter. Il ritorno dal 1’ di Castellanos e Dia ha rimesso in equilibrio l’ecosistema offensivo dei biancocelesti, mentre dall’altra parte il Lecce continua a crescere e migliorare. Nonostante la sconfitta, la squadra di Giampaolo è stata sempre in partita, anche nel corso del secondo tempo in inferiorità numerica. Le scelte del tecnico di Bellinzona si cominciano a vedere, con Berisha che comincia a prendere sempre più leadership in mezzo al campo, mentre in avanti tutti i fari sono puntati su Tete Morente, al secondo centro consecutivo. Tre scontri diretti attendono i salentini, che adesso sembrano spensierati e sempre più organizzati.
Roma – Parma (A cura di Tommaso Patti)
Nella giornata che anticipa le feste natalizie, la Roma fa cinquina e conquista i tre punti contro il Parma. La Roma riesce subito a rendersi pericolosa nei primi nei minuti, andando vicina al vantaggio con il tiro di Dovbyk, terminato di poco fuori, successivamente con Dybala, che scambiando con l’ucraino viene fermato in modo falloso da Balogh all’interno dell’area di rigore. Dal dischetto si presenta la Joya che, spiazza Suzuki, e porta in vantaggio i giallorossi con un gol che mancava da quasi due mesi. L’ottimo inizio dei padroni di casa fa vivere i minuti successivi con ulteriore pressione e palleggio nella metà campo avversaria e, al 12′, la Roma trova il raddoppio firmato dalla conclusione al volo di Saelemaekers, che viene pescato con un lancio che taglia tutta l’area di rigore da Angelino. La risposta degli emiliani non tarda ad arrivare, tra il 18′ e il 30′, Hernani e Sohm sfiorano la rete del 2-1, occasioni che mantengono vivo il Parma, con ancora due terzi di gara da giocare. Prima dell’intervallo però, la Roma sfiora la terza rete con Stephan El Shaarawy: il faraone riceve il filtrante da Paredes ma calcia di punta addosso a Suzuki, sprecando l’opportunità di chiudere la gara prima dell’intervallo. L’azione che porta la Roma sul 3-0 arriva su un tiro di Saelemaekers deviato dalla schiena di Dovbyk, il primo ad arrivare sul pallone è Dybala che da due passi appoggia il pallone in rete, siglando la sua prima doppietta in stagione. Nonostante i tre gol di svantaggio, il Parma fa di tutto per non uscire definitivamente dalla partita, tentando di riaprire la gara con il tiro di Camara terminato sulla traversa dopo un azione solitaria. Sul contatto tra Mihăilă e Saelemaekers, la Roma conquista il secondo penalty di giornata, dal dischetto si presenta Paredes che, anche in questo caso, spiazza Suzuki e firma la quarta rete per i giallorossi. Il rigore lasciato a Paredes, amplifica la definizione di leader per Dybala che, oltre ad aver segnato una doppietta, fornisce l’assist a Dovbyk per il definitivo 5-0, chiudendo la partita e regalando una vittoria importantissima per il morale e per ricominciare a competere anche in campionato. Cade nuovamente il Parma di Pecchia, che non vince ormai dal match casalingo contro la Lazio, si rialza invece la Roma dopo la brutta sconfitta in casa del Como, portandosi al decimo posto in classifica.
Venezia – Cagliari (A cura di Simone Scafidi)
Al Penzo il Venezia torna a vincere dopo quasi due mesi e abbandona l’ulti a posizione, battendo un Cagliari sempre più in difficoltà. Niente da segnalare fino al trentesimo minuti, quando su un cross abbastanza insidioso di Augello, spizzato dal colpo di testa di Mina, Stankovic compie un autentico miracolo, proteggendo la porta con un’insolita parata di testa. Per ringraziarlo, un arrembante Oristanio, giocatore dalle qualità fantastiche che finora si è messo in mostra, apparecchia un assist al bacio per Zampano, che deve solo appoggiare in porta siglando così il gol dell’1-0. Il Cagliari non riesce a reagire, con il Venezia che sembra accontentarsi, e il primo tempo, così come l’inizio del secondo, vedono una continua fase di stallo, interrotta al 65’ dal colpo di testa di Gaetano, che termina alto. Due minuti più tardi arriva il raddoppio dei lagunari, con un’azione veramente particolare di Sverko, che in maniera molto goffa sbaraglia tutta la difesa rossoblú, tutt’altro che brillante, e riesce battere Sherri, chiudendo di fatto la partita. La reazione del Cagliari, seppur timida, arriva dopo appena dieci minuti: dopo una bella azione il sulla fascia sinistra, Augello pennella un cross perfetto per Pavoletti, che accorcia le distanze. Nonostante lo sforzo dell’attaccante italiano e l’assedio nel finale fermato solamente da una presta azione semplicemente stellare di Stankovic, il Cagliari non riesce a rimontare ed esce sconfitto da uno scontro fondamentale in ottica salvezza, che potrebbe già iniziare a delineare dei tratti fondamentali di questo campionato.
Atalanta – Empoli (A cura di Tommaso Patti)
Soffre ma vince nuovamente l’Atalanta, arriva la seconda sconfitta di fila per l’Empoli di D’Aversa. Al Gewiss Stadium, parte meglio l’Empoli, portandosi -a sorpresa- in vantaggio: dagli sviluppi di una rimessa laterale, Henderson viene servito e, dopo aver portato palla verso la linea di fondo, serve a centro area Colombo, che firma la rete del vantaggio per i toscani dopo appena dodici minuti. Colpita dal gol subito, la Dea si affaccia ininterrottamente nella trequarti avversria, sfiorando il gol del pareggio con colpo di testa di Kolasinac, neutralizzato da un intervento strepitoso di Vasquez. Successivamente al miracolo del portiere colombiano, l’Atalanta trova il pareggio con De Ketelaere, l’attaccante belga è rapido nell’intervento di testa e raccoglie alla perfezione il cross di Zappacosta. Su un’altra punizione battuta da De Ketelaere, Berat Djimsiti stacca più in alto di tutti e colpisce il palo, infiammando sempre più il tifo del Gewiss. Nel giorno in cui è stato premiato davanti la sua gente come “Pallone d’Oro africano”, Ademola Lookman segna il gol del 2-1, l’attaccante nigeriano riceve la sponda da parte di Zaniolo e, in uno spazio ristretto, riesce a controllare e calciare in porta, segnando la sua nona rete stagionale. Nella ripresa, l’Empoli si riaffaccia in area avversaria e conquista un calcio di rigore sull’intervento falloso di Djimsiti ai danni di Grassi. Dal dischetto si presenta Esposito che, spiazza Carnesecchi con un tiro forte e centrale, e rimette il risultato in parità. A decidere la gara ci pensa nuovamente De Ketelaere, a quattro minuti dalla fine il belga punta Cacace, fa un movimento andando sul secondo palo e poi calcia a sorpresa forte sul primo, beffando Vasquez e tutta la difesa avversaria con un gol che riporta la Dea al comando in classifica. Per la gente di Bergamo arriva il regalo perfetto per le feste. “Natale da Capolista” non è il titolo di un cinepanettone, ma una solida realtà creata e portata avanti dalla squadra di Gasperini.
Monza – Juventus (A cura di Marco Rizzuto)
Una Juventus stravolta dagli infortuni e ridisegnata a dovere da Thiago Motta torna alla vittoria in campionato dopo 43 giorni. L’U-Power Stadium fa da cornice ad un avvio scoppiettante, in cui gli errori nei disimpegni non perfetti di Pablo Marì al 2′ e di Nico Gonzalez poco dopo, rischiano di indirizzare il match sin dai primi minuti. Ad un minuto dal primo quarto d’ora la Juventus trova la rete del vantaggio da calcio d’angolo, Koopmeiners disegna una traiettoria insidiosa nell’area piccola, in cui sbuca McKennie che al volo insacca da pochi passi. La reazione dei padroni di casa non tarda ad arrivare: al 22′ Carboni, defilato sulla sinistra scodella il pallone a centro area nella zona di Birindelli, lasciato completamente solo da Kalulu. L’esterno destro di mancino al volo buca Di Gregorio, rimasto immobile sulla conclusione. La Juve torna avanti al 39′ con Nico Gonzalez: il traversone sul secondo palo di Savona trova Mckennie che ripropone la palla in mezzo, Birindelli prova ad allontanare ma fallisce, ed il pallone spiove all’interno dell’area piccola, zona attaccata da Locatelli e Nico Gonzalez, il primo controlla la sfera mentre l’argentino anticipa tutti ristabilendo il vantaggio. I brianzoli cercano di controbattere immediatamente, con le conclusioni in successione di Caprari e Dany Mota, ma entrambi vengono fermati da Koopmeiners, che si invola due volte facendo da muro e salvando il risultato. Il primo tempo si chiude con l’amaro in bocca per i padroni di casa a causa del mancato pareggio a pochi minuti dal duplice fischio. L’undici iniziale di Motta che vede McKennie adattato come terzino, Koopmeiners al fianco di Locatelli nella mediana e Nico Gonzalez al centro della trequarti, ha reso dal punto di vista realizzativo, tuttavia, ci sono evidenti i momenti di affanno, soprattutto nella gestione del pallone mentre si è in vantaggio. Alla ripresa l’allenatore bianconero sostituisce l’olandese per un problema fisico inserendo al suo posto Thuram. Al 47′ Yildiz servito dentro l’area conclude da posizione defilata, trovando l’ottima risposta di Turati che alza sopra la traversa. La ripresa fa da scenario ad un martellamento biancorosso alla ricerca del pareggio, in cui la Juventus prova a chiudere la partita in contropiede. Al 73′ l’ottimo dai e vai tra Mota e Ciurria favorisce l’inserimento del secondo, che al tiro manca la porta da posizione decentrata. La Juventus torna a farsi pericolosa in zona gol col cross tagliente di Conceicao che favorisce il colpo di testa di Yildiz dal lato opposto, ma il turco deve arrendersi nuovamente a Turati, che in tuffo sventa il pericolo. Negli ultimi minuti il Monza prova ad assediare l’area di rigore avversaria, senza però trafiggere il muro bianconero, che tiene botta e trova la vittoria dopo quattro pareggi consecutivi. Nonostante i tentativi visti nel secondo tempo, i brianzoli cadono per la terza volta di fila, rimanendo sul fondo della classifica.
Fiorentina – Udinese (A cura di Marco Rizzuto)
Al Franchi la gara inizia col botto, al 4′ Sottil scappa via sulla corsia sinistra e viene falciato dall’intervento in ritardo di Kristensen in area di rigore, l’arbitro inizialmente lascia giocare ma dopo un attenta revisione al VAR concede il penalty a favore dei viola. Dal dischetto Kean calcia forte centralmente siglando il suo decimo centro stagionale. La gara prosegue senza particolari emozioni e a dieci minuti dall’intervallo, Sava perde un pallone sanguinoso in uscita, regalando a Kean l’occasione per raddoppiare, l’ex Juve perde l’attimo al momento del tiro venendo fermato dalla chiusura in extremis di Karlstrom che tiene in vita la squadra di Runjaic. In zona offensiva l’Udinese si dimostra troppo sterile, non impensierendo praticamente mai la porta di De Gea. Alla ripresa Runjaic manda in campo Abankwa per Touré e la squadra di Udine scende in campo con un altro volto. Allo scoccare del 49′ la Fiorentina concede il pareggio agli ospiti con l’errore da matita rossa di Ranieri: il difensore regala il pallone ad Ekkelenkamp che a sua volta serve Lucca a centro area, il numero diciassette trafigge De Gea calciando di prima. In meno di un minuto dal gol, Lucca ci riprova in rovesciata, ma manca l’appuntamento con la doppietta colpendo il legno. Adesso ci crede la squadra di Runjaic, che pressa alto e comanda il pallino del gioco. Il momento positivo dei bianconeri si concretizza con la rete di Thauvin che, completa la rimonta e manda in k.o. tecnico la Fiorentina. Il francese si accentra dalla destra, con una finta manda fuori giri Gosens, e dal limite calcia a giro bucando De Gea sul secondo palo. Sono bastati cinque minuti all’Udinese per ribaltare la partita, sintomo del grande spirito di Runjaic. I tentativi dei viola non mancano in questo secondo tempo: al 68′ la conclusione dal limite di Kean non trova lo specchio della porta per centimetri, poi ancora l’ex Juve è sfortunatissimo non arrivando sul pallone a porta spalancata dopo un altro errore in uscita di Sava (non la sua miglior prestazione oggi). I bianconeri strappano i tre punti al Franchi sfruttando gli errori di una Fiorentina molto imprecisa in difesa. I friulani proseguono a passo spedito al nono posto a quota 23 punti, mentre i viola scendono alla quinta posizione con la Lazio quarta che li stacca di tre.
Inter – Como (A cura di Simone Scafidi)
L’Inter batte anche il Como, autore di un’ottima prestazione e si mantiene a tre punti dal primo posto. Il primo tempo risulta privo di occasioni lampanti, con l’Inter che riesce comunque a gestire il gioco, sfiorando il vantaggio con Mkhytarian al 12’ e con Dumfries venti minuti dopo. A tre minuti dal termine del primo tempo, Carlos Augusto serve Dimarco, che da dentro l’area calcia in porta, sporcando per la prima volta i guantoni di Reina. Dopo un primo tempo fatto di indecisioni, la squadra di Inzaghi scende in campo nel secondo con una testa totalmente diversa, e dopo appena due minuti, sull’angolo battuto da Calhanoglu, in area svetta Carlos Augusto, che sigla il gol dell’1-0. Dopo poco meno di un quarto d’ora, il Como reagisce sull’out di destra, con il cross di Belotti che viene salvato praticamente sulla linea sempre da Carlos Augusto, man of the match. Da calcio d’angolo continua a provarci il Como, con la conclusione di Nico Paz respinta da Sommer, che scampa il pericolo. Al 67’ il Como perde palla in uscita, con Dimarco che calcia colpendo in maniera abbastanza rocambolesca Lautaro Martinez, la cui deviazione risulta decisiva con il pallone che finisce in porta, con posizione però irregolare dell’attaccante argentino. A recupero inoltrato l’Inter chiude definitivamente i giochi, con l’immancabile gol di Marcus Thuram, che salta Barba e insacca il gol del 2-0. Dopo questa vittoria, Inzaghi potrà passare un Natale molto sereno, in vista dei prossimi impegni e soprattutto dell’anno nuovo, che dovrà sancire diverse verità.
LA TOP 11 DELLA 17ª GIORNATA
Calcio
Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.
Le scelte per l’ultima di Spalletti
Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.
ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui.
Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.
Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.
Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.
Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…
Calcio
Tracollo Azzurro in Norvegia, a Oslo termina 3-0. Mondiale subito a rischio?

Disastro Azzurro sotto la pioggia di Oslo. L’Italia cade rovinosamente contro la Norvegia e complica subito il proprio percorso verso il mondiale. Ancora una volta gli Azzurri subiscono tre gol nel primo tempo, e nel secondo tempo non riescono a reagire.
La formazione degli Azzurri è ritoccata in quasi ogni reparto, principalmente in difesa dove mancano quasi tutti i centrali regolarmente utilizzati dal c.t. La scelta di Spalletti è l’esordiente Diego Coppola al centro della retroguardia, affiancato da Di Lorenzo e Bastoni. Sugli esterni giocano Zappacosta e Udogie, mentre in avanti ancora una volta giocano Retegui e Raspadori.
Nei primi minuti l’Italia prova a gestire il possesso del pallone, cercando di sfruttare anche la velocità di circolazione della sfera grazie alla pioggia che si abbatte su Oslo. I norvegesi sono uniti e compatti, e il blocco disegnato da Solbakken non lascia particolari spazi agli Azzurri. Fin dalla vigilia tutta l’attenzione mediatica si è concentrata sul potenziale duello Coppola-Haaland, ma nessuno ha preso in considerazione gli altri due attaccanti della Norvegia. Già, perché fin dal primo scatto in avanti, la sensazione è che sia Nusa da una parte, che Sorloth dall’altra, siano un pericolo di gigantesca dimensione per i difensori italiani. Al primo affondo la Norvegia va in vantaggio: Nusa è un treno sulla fascia sinistra, il classe 2005 si accentra e trova un gran passante alle spalle dei difensori azzurri, Sorloth raccoglie l’invito, si presenta davanti a Donnarumma e lo batte in uscita. Vantaggio per i padroni di casa, e la gara si mette subito in salita. Ed è una strada che diventa sempre più insormontabile, perché gli affondi dell’Italia, principalmente dei lanci lunghi verso Retegui, sono preda facile dei due pilastri difensivi norvegesi, Heggem e Ajer, ed è sui centimetri dei propri giocatori che la Norvegia trova grandi spazi e vantaggi per colpire un’Italia che non sembra particolarmente in giornata. Il più ispirato di tutti è sicuramente Antonio Nusa, e dopo aver regalato un grande assist per il vantaggio, mette anche il suo sigillo a un primo tempo a senso unico. Minuto 34, rinvio di Nyland verso Thorsby che controlla agevolmente la sfera, a causa di una marcatura leggera di Rovella, la palla rimane vicino al giocatore del Genoa e diventa di possesso di Nusa, serpentina tra Rovella e Di Lorenzo e destro potente alle spalle di Donnarumma. Una rete meravigliosa di una gemma assoluta della scuola calcistica norvegese, che sta seminando il panico tra le maglie azzurre. Il primo tempo è unicamente a tinte rosso e blu, i colori della Norvegia, e i ragazzi di Solbakken trovano anche il terzo sigillo di giornata, con la stessa giocata che l’Italia sembra non riuscire a leggere: la palla in verticale tra i due difensori. A due minuti dall’intervallo Tonali perde palla in mezzo al campo, Odgaard porta palla e pesca il taglio di Haaland tra Coppola e Bastoni, il bomber del Manchester City è solo davanti Donnarumma e non ha particolari difficoltà nel superare il capitano azzurro e depositare in rete il pallone del 3-0.
Dagli spogliatoi Spalletti sceglie Frattesi al posto di Rovella, uno dei giocatori più in difficoltà sul piano fisico. Anche Solbakken effettua un cambio, con Berg che sostituisce l’ammonito Thorsby. Nessun cambio di modulo, stesso schieramento con il solo cambio in regia, con Barella che viene arretrato in cabina di regina. Non cambia di una virgola il copione della partita, e questo è un pessimo scenario per l’Italia, che non riesce a sviluppare una manovra offensiva degna di nota. Retegui è sempre isolato tra i giocatori norvegesi, e ogni cross è preda facile dei difensori di Solbakken. Al 65′ i padroni di casa vanno vicini addirittura al poker, con uno schema che parte dalla bandierina e termina dall’arcobaleno a giro di Berge, destro di prima intenzione che colpisce in pieno il palo. Verso il settantesimo arrivano le prime vere mosse dei due allenatori, perché Solbakken sostituisce Heggem con Ostigard, ma Spalletti rinfoltisce -finalmente- l’attacco: vanno fuori Zappacosta e Retegui, e al loro posto entrano Orsolini e Lucca. Appena entrati nell’ultimo quarto di gara l’Ullevaal Stadion si sfrega le mani per riservare la meritata standing ovation ad Antonio Nusa, sostituito da un altro gioiello della nuova scuola norvegese, Oscar Bobb. Applausi scroscianti per l’ala del Lipsia, sicuramente il migliore in campo per la qualità messa in campo e per l’incisività avuta, con un gol e un assist. Gli “olè” del pubblico norvegese al possesso ipnotico, e gli applausi al pressing asfissiante, sono le due diapositive del finale di partita, in cui l’Italia non solo non alza il baricentro, ma rischia di concedere altri corridoi ai padroni di casa, che non hanno assolutamente intenzione di fermarsi. Il primo tiro in porta dell’Italia arriva al secondo minuto di recupero, un colpo di testa di Lucca su cui Nyland non ha problemi, intervento plastico per i fotografi e prima parata della sua gara.
Si mette subito in terribile salita il cammino verso il mondiale
La partita di Oslo si mostrava complicata per una serie di molteplici motivi, ma la prestazione -se così si può definire- attuata dagli Azzurri non è all’altezza di una nazionale che ha l’obiettivo di vincere il raggruppamento e raggiungere l’America. In difficoltà dal primo all’ultimo minuto e sotto ogni punto di vista. Tatticamente i norvegesi hanno avuto l’astuzia di sfruttare una linea alta e sconnessa da parte dell’Italia, e grazie ai guizzi frizzanti di Nusa, Solbakken ha potuto contare su una scheggia impazzita che non poteva non fare male. Altro punto da analizzare è la tenuta fisica delle due nazionali, perché la Norvegia ha viaggiato a ritmi e velocità nettamente superiori, e adesso la tenuta fisico-mentale della nazionale di Spalletti è sotto banco in vista della prossima partita.
Dall’Italia…all’Italia
Contro l’Italia si è chiuso l’ultimo gettone mondiale della Norvegia, e dall’Italia può ripartire la corsa per tornare a quel mondiale che manca dal 1998. Con questo successo la nazionale di Solbakken è in cima al raggruppamento a punteggio pieno. 9 punti per Haaland e compagni, mentre l’Italia comincia il suo cammino con uno 0, e adesso ha l’obbligo di ripartire subito e rimettersi in scia per evitare l’ennesimo disastro mondiale.
Lunedì il match con la Moldavia a Reggio Emilia, con la vittoria che a questo punto diventa un imperativo!
Calcio
Una manita che vale il triplete. il PSG schianta l’Inter e vince la Champions League

Il Paris Saint-Germain vince la prima Champions League della sua storia. A Monaco di Baviera la squadra di Luis Enrique si sbarazza dell’Inter e domina dal primo all’ultimo minuto.
Il racconto della finale di Champions League 2024/2025
Triplete e tabù
Numeri e intrecci con la storia fanno da contraltare a una finale che si preannuncia scoppiettante per gli attori, pronti a prendersi la scena nel palcoscenico più importante di tutti, la finale di Champions League. Inter e Paris Saint-Germain arrivano in Baviera per aggiungere il capitolo finale alla stagione, senza dubbio il più importante. Se da una parte l’Inter deve reagire a un finale di stagione che ha sorriso al Napoli, nella lotta al campionato, il PSG va a caccia del terzo successo in tre competizioni.
Sia Inter e PSG cercano di reagire a una delusione abbastanza recente in finale di Champions, perché entrambe hanno assaporato la vetta ma si erano fermate al gradino più basso, dovendosi arrendere a Manchester City (Istanbul 2023 nel caso dell’Inter) e Bayern Monaco (Lisbona 2020 nel caso dei parigini). L’Inter, inoltre, cerca di sfatare un tabù legato alla città di Monaco di Baviera: in terra bavarese si sono disputate quattro finali -tra Coppa dei Campioni e Champions League- e tutte e quattro hanno visto trionfare una squadra al primo successo nella propria storia (va ricordato lo score del PSG in Champions League, la cui voce “titoli” al momento recita “zero”).
Le scelte
Pochissimi dubbi alla vigilia, nessuna sorpresa al momento della comunicazione delle formazioni: Inzaghi sceglie i suoi uomini migliori, tutti gli artisti che hanno contribuito a questo quadro che cerca l’ultima pennellata. L’unico ballottaggio attivo riguardava il braccetto di destra, al fianco di Acerbi e Bastoni, sciolto da Inzaghi con Pavard. Il francese, uno dei volti con più esperienza e leadership nel roster nerazzurro, scalza Bisseck e parte dal primo minuto. Tra i parigini invece il testa a testa riguardava due delle gemme più preziose sgrezzate da Luis Enrique nell’ultimo anno, Doué e Barcola. Il primo vince il duello con il connazionale e si affianca a Dembélé e Kvaratskhelia.
PSG: Donnarumma, Hakimi, Marquinhos, Pacho, Nuno Mendes, Vitinha, João Neves, Fabian Ruiz, Doué, Dembélé, Kvaratskhelia;
INTER: Sommer, Pavard, Acerbi, Bastoni, Dumfries, Barella, Calhanoglu, Mkhitaryan, Dimarco, Thuram, Lautaro Martinez
Due generazioni a confronto, una per blindare un ciclo sempre più crescente, l’altra per avviarne uno nuovo. Il Paris Saint-Germain vanta la squadra più giovane di tutta la competizione (età media di 24 anni e 262 giorni), mentre l’Inter la squadra più anziana (età media di 30 anni e 19 giorni).
Arbitra il rumeno Kovacs, che negli ultimi anni ha arbitrato due finali che hanno fatto sorridere il calcio italiano (il fischietto rumeno ha diretto la vittoria della Roma in Conference League e l’Atalanta nella notte di Dublino, contro il Leverkusen).
Alle 21.01 il fischietto di Kovacs emette il primo suono, comincia la finale!
||PRIMO TEMPO ||
Curiosa la battuta dei parigini, che lanciano in rimessa laterale il primo pallone della gara. Subito chiaro l’intento della squadra di Luis Enrique, quello di non far sviluppare dal basso l’Inter. Il possesso è in mano ai parigini, soprattutto nelle fasi iniziali della gara. La squadra di Inzaghi cerca di giocare sulle lunghe leve di Dumfries, in netto vantaggio fisico su Nuno Mendes, ma il recupero palla del Paris è molto efficace. Non vi erano dubbi sul coraggio e sulla qualità dei francesi, ciò che risalta comunque all’occhio è l’approccio della gara da parte dei campioni di Francia, padroni assoluti del possesso. Il primo squillo è proprio di Doué, un destro potente e angolato su cui Sommer non ha difficoltà. Il dominio è evidente e il vantaggio arriva al minuto 11. Il gioco si sviluppa prevalentemente a destra, ma al primo affondo a sinistra il Paris sfonda: palla magica di Vitinha alle spalle della difesa, Doué è pronto per calciare verso la porta ma il francese è bravissimo nel servire in mezzo Hakimi, il marocchino ha la porta spalancata e non può fallire il più classico dei gol dell’ex. Vantaggio francese e finale subito in salita per la squadra di Inzaghi. Lo svantaggio appesantisce le gambe dei giocatori dell’Inter, e la corsa interminabile dei parigini non lascia respirare i nerazzurri, che cercano rifugio in Sommer. Le difficoltà dell’Inter sono evidenti, così come emerge l’agonismo e la freschezza dei francesi. Al 20′ arriva il raddoppio: l’azione comincia nell’area francese, con Barella troppo leggero nella protezione di un corner, in cui l’Inter sa sempre rendersi pericolosa; Pacho evita il giro dalla bandierina e il PSG va subito in contropiede: Dembélé chiama a sé la difesa nerazzurra e poi cambia gioco, Doué controlla e spara il destro verso la porta, convertito in rete dalla deviazione di Dimarco che manda fuori giri Sommer. Venti minuti maestosi della squadra di Luis Enrique, ma dall’altra parte l’Inter non sembra essere scesa in campo. Non si registrano occasioni per la squadra di Inzaghi, anche se la pressione del PSG si affievolisce leggermente dopo il doppio vantaggio, e questo favorisce una crescita -timida- dei nerazzurri. I movimenti dei francesi sono di un’armonia e una pulizia a dir poco pregevole, e la lettura difensiva dell’Inter soffre terribilmente questo continuo scambio di posizioni, in ogni zona del campo. Al 37′, dalla bandierina l’Inter si costruisce la prima -vera- occasione della sua gara, con il solito cross preciso di Calhanoglu indirizzato sul secondo palo, lì Thuram prende il tempo su Kvaratskhelia ma il suo colpo di testa termina di poco a lato. È il momento di spinta massima dell’Inter, favorito da una piccola fase di allentamento del Paris, subito richiamato a voce alta da Luis Enrique, che impone lucidità e maggior qualità. All’ultimo pallone del primo tempo Kvaratskhelia impensierisce ancora una volta Sommer. È l’ultimo squillo di un primo tempo a tinte uniche blu e rosse, con il Paris Saint Germain meritatamente in vantaggio. Un dominio schiacciante nel primo tempo, ma occhio a mantenere la partita in bilico, perché l’Inter si può riaccendere da un momento all’altro.
||SECONDO TEMPO ||
Nessun cambio all’intervallo, i riparte dagli stessi ventidue. L’Inter appare subito più coraggiosa e intraprendente, anche se era prevedibile visto il brutto primo tempo. Kvara prova a chiudere subito i conti ma il suo mancino termina in curva. In quel momento l’Inter capisce che per riaccendere la miccia serve maggiore qualità e incisività da destra, e lo sviluppo dell’Inter verte sempre dalla parte di Dumfries, favorito da un maggiore apporto alla manovra da parte di Thuram. Inzaghi è il primo a muovere la panchina con Bisseck e Zalewski al posto di Pavard e Dimarco. Il polacco viene subito ammonito per un fallo in attacco, ma il segnale è quello di alzare l’agonismo e il ritmo. Dopo pochi minuti la panchina dell’Inter viene mobilitata nuovamente perché Bisseck cade male a terra ed è costretto a uscire subito per un problema al flessore. Al suo posto Carlos Augusto, oltre a Darmian per Mkhitaryan. In mezzo alle sostituzioni il PSG mette il lucchetto alla finale: ancora una volta Dembélé domina il gioco a suo piacimento, e attira a sé i difensori dell’Inter, il francese imbuca per Vitinha che porta palla per metà campo, prima di appoggiare verso Doué, destro piazzato sul primo palo e discorso archiviato. Prestazione totale del gioiello francese, che esce qualche minuto dopo, accompagnato dalla standing ovation del suo pubblico e dal cinque di Barcola, pronto a seminare ulteriormente il panico tra le maglie nerazzurre. Inzaghi termina le sostituzioni con Asllani al posto di Calhanoglu, uscito acciaccato per un problema fisico. L’Inter si sgretola con il passare dei minuti, e il nervosismo comincia a prevalere sulla ragione, a tal punto che Kovacs mette mano al taschino più volte. Al 73′ i parigini debordano con Kvaratskhelia: l’azione parte dal basso, e il fraseggio porta fuori la linea di difesa dell’Inter -stranamente alta, il solito Dembélé dipinge calcio a tutto tondo, filtrante per Kvara che arriva fino all’area piccola, il mancino del georgiano buca Sommer sul primo palo. 4-0 PSG, dominio assoluto. L’Inter cerca il gol della bandiera, e in quel momento emerge l’altro top player del roster parigino: Gigio Donnarumma. Il portiere italiano mette i suoi guanti su un destro piazzato di Thuram, e nega il gol della bandiera al francese. Nelle retrovie l’Inter fa sempre più acqua, a tal punto che Barcola semina i difensori come se fossero birilli, ma davanti a Sommer calcia clamorosamente fuori, a due passi dalla porta. Con la gara in cassaforte -già dal decimo minuto in verità- Luis Enrique adopera tre cambi, che ancora una volta danno frutti meravigliosi. A cinque dal termine i parigini muovono palla attorno all’area, Barcola imbuca per il neo-entrato Mayulu che calcia forte e batte Sommer per la quinta volta. CINQUE a zero, un risultato clamoroso.
Un dominio incontrastato, dal primo all’ultimo minuto. Il PSG è stato superiore in tutto, dalla gestione tattica al controllo emotivo della gara. Con la forza delle idee, coordinato da un’insieme di perle preziose, Luis Enrique si conferma ancora una volta una garanzia per questa competizione. Il tecnico spagnolo non ha mai perso una finale in carriera, e il modo con cui il Paris Saint-Germain si è sbarazzato dell’Inter rimarrà negli annali della Champions League. Prima coppa in bacheca per il club francese, che quest’anno chiude la stagione con il triplete, dopo i successi in Ligue 1 e Coupe De France. Dall’altra parte l’Inter esce fracassata dal prato di Monaco di Baviera, per una sconfitta che peserà tantissimo per le modalità e per l’approccio alla partita. Un’Inter irriconoscibile, che però si è dovuto arrendere di fronte alla freschezza e alla qualità incredibile del Paris Saint-Germain. Stagione da zero tituli, per dirla alla Mourinho, per la squadra di Inzaghi, che adesso dovrà sciogliere le riserve sul proprio futuro. Sipario per un’altra grande stagione di calcio europeo, con la nuova edizione della Champions che ha aggiunto all’albo un nuovo vincitore e uno spettacolo sempre più appassionante.
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