Calcio
Il Supercommento della 17ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della diciassettesima giornata di Serie A.
Hellas Verona – Milan (A cura di Marco Rizzuto)
In quest’anticipo del venerdì, un Milan sottotono espugna il Bentegodi conquistando la vittoria grazie a Reijnders, uomo in più sul carro di Fonseca. L’avvio vede il Verona chiudersi nella propria metà campo, blindando la porta dai primi tentativi non esaltanti dei rossoneri. Al 23′ Chukwueze tenta la conclusione da fuori, ma Montipò risponde presente bloccando in tuffo. Lo stesso Chukwueze, pochi minuti più tardi, con un brutto retropassaggio regala a Suslov l’opportunità scappare verso la porta avversaria, lo slovacco prova col mancino, ma anche qui, è l’estremo difensore a vincere il duello. Alla mezz’ora, Fonseca è costretto a sostituire l’infortunato Leao, che chiede il cambio per una noia muscolare, al suo posto, Theo Hernandez. A cinque minuti dall’intervallo, Terraciano ex di giornata, conclude dal limite verso la porta ma Montipò intuisce ed alza il pallone sopra la traversa. Il primo tempo non entusiasmante regala poche emozioni, una partita molto tattica che lascia ben poco allo spettacolo. Alla ripresa Zanetti inserisce Daniliuc e Livramento, cambiando volto all’undici iniziale. Nessun cambio per i rossoneri. Al 56′ il Milan trova il gol che indirizza la gara, l’uomo in più di questo avvio di campionato rossonero Tijani Reijnders insacca dal limite dell’area dopo essere stato servito dall’imbucata illuminante di Fofana, un filtrante verticale perfetto che buca centrocampo e difesa, trovando l’inserimento del numero quattordici, che disegna una traiettoria imprendibile per Montipò. Il Verona accenna una reazione col solito Suslov, che servito a centro area, tenta di piazzarla sul primo palo, ma Maignan attento blinda la porta. Quasi al tramonto del match, i rossoneri sfiorano il raddoppio con Jimenez, lo spagnolo in corsa salta Daniliuc e conclude col mancino dal limite, trovando l’ottima risposta di Montipò. I padroni di casa non riescono a rendersi pericolosi a causa delle ripartenze troppo lente per eludere la difesa milanista, così il triplice fischio del direttore di gara sorride ai rossoneri, che tornano alla vittoria inguaiando il Verona.
Torino – Bologna ( A cura di Dennis Rusignuolo)
Italiano non si ferma più. Un Bologna sempre più slanciato batte il Torino a domicilio e sogna l’Europa.
In avvio il Toro pressa alto, il Bologna cerca di manovrare e al sesto minuto arriva vicino al vantaggio: Piccinini non si accorge di un tocco, lieve, di Sosa su Holm, il VAR chiama e l’arbitro assegna il rigore che il totem Milinkovic-Savic para a Santiago Castro, respingendo poi la moscia ribattuta di Pobega, uno degli ex di turno. Nonostante il penalty fallito dall’argentino, il Bologna è padrone del campo, con Dominguez che si conferma una spina nel fianco per le fasce granata, che provano a rispondere alla mezz’ora: cross di Pedersen verso Borna Sosa che di controbalzo non riesce a inquadrare lo specchio della porta. Il Torino ha un’altra occasione importante con Karamoh, nata da un recupero alto di Maripan, lanciato a rete e chiuso sul più bello dal recupero lucido e intelligente di Beukema. Nel secondo tempo Italiano inserisce Fabbian per aumentare il peso del centrocampo, sempre più coinvolto nello scontro con Linetty e Ricci. In una fase di gara piena di scontri fisici e duelli in mezzo al campo, comincia a emergere con prepotenza Pobega, che spaventa l’Olimpico Grande Torino con un missile improvviso dai trenta metri sulla traversa, il pallone sbatte sul legno e sibila intorno alla linea di porta, ma l’orologio dell’arbitro non suona. Italiano inserisce Dallinga al posto di Castro, e l’olandese si attiva subito: al 72’ il Bologna sviluppa nella trequarti con Odgaard che allarga verso Miranda, il cross dello spagnolo è basso e radente verso l’area, Dallinga si inserisce alle spalle di Masina e trova la prima rete in Serie A. Il Toro è frastornato dal vantaggio rossoblù, e pochi minuti dopo subisce anche il raddoppio, con Pobega che converte in rete una palla vagante dentro l’area di rigore. Dopo un check del VAR, durato più di due minuti, sulla posizione di Dallinga, l’arbitro assegna la rete e chiude virtualmente il match. Un successo che conferma il periodo super della squadra di Italiano. Il tecnico sembra avere in mano il gruppo, e le sue rotazioni cominciano ad avere conferme. In mezzo al campo Pobega, con tutti i suoi pregi e difetti, si sta dimostrando il compagno perfetto al fianco di Freuler, mentre nella trequarti Dominguez e Odgaard stanno trovando sempre più confidenza con Castro. Continua la crisi del Torino di Vanoli. Le vicende extra-campo, con i tifosi in rotta con il presidente Cairo, sembrano coinvolgere una squadra che senza Zapata si è sciolta gara dopo gara, con il reparto offensivo che mostra una squadra con la coperta corta, e con poche soluzioni. Il Bologna adesso sogna l’Europa, e scavalca il Milan a quota 28 punti, il Torino scala al dodicesimo posto a quota 19 punti.
Genoa – Napoli (A cura di Dennis Rusignuolo)
Soffre nella ripresa, ma il vantaggio del primo tempo permette al Napoli di rimanere in scia dell’Atalanta.
La prima occasione del Napoli, anzi le prime occasioni, arrivano dopo cinque minuti con Lukaku che prima di testa da due passi colpisce la traversa e poi gira a lato da dentro l’area piccola un altro cross di Politano dalla destra. La risposta del Genoa arriva al decimo con Zanoli che crossa sul secondo palo per Vitinha che però si allunga troppo il pallone facendosi chiudere dalla difesa partenopea. Troppo grande il divario fra le due squadre e al minuto 15 il Napoli passa: discesa sulla destra di McTominay, che trova il varco per Neres, cross del brasiliano a centro area dove Anguissa in elevazione sovrasta Frendrup e segna il suo terzo gol in campionato, il secondo consecutivo dopo il sigillo di Udine. La pressione del Napoli è feroce e al 22’ è un altro colpo di testa, questa volta del centrale Rrahmani su cross di Lobotka, a battere Leali con una traiettoria lenta e beffarda. Il Genoa prova a rispondere prima con Pinamonti su punizione e poi con Badelj dal limite, ma le loro conclusioni non inquadrano lo specchio della porta di Meret. Nella ripresa il Genoa cambia volto, e il Napoli comincia a soffrire. Rispetto alla prima frazione, il Grifone è più spavaldo, organizzato, e dopo meno di due minuti Pinamonti impegna Meret. L’estremo difensore azzurro deve arrendersi alla rete del centravanti italiano al 51’, sesto centro in Serie A per Pinamonti, la cui conclusione viene deviata da Olivera e mette fuori gioco Meret. E’ il miglior momento per la squadra di casa, il Napoli reagisce a fatica, si abbassa, perde imprevedibilità, il pressing alto del Grifone dà effetto. Bani stoppa Politano al momento di entrare in area, e qui la squadra di Conte diventa troppo frenetica. Il Napoli prova a riorganizzarsi, ma al minuto 70 il Genoa va vicino al pari con il colpo di testa di Badelj, decisivo l’intervento prodigioso di Meret. Nel finale Vieira prova la carta Balotelli, e Super Mario sfiora subito il gol correggendo con il ginocchio un tiro di Ekuban, Meret respinge in tuffo. L’ultima scossa del match è un tiro di Ekuban su cui Meret, ancora una volta, fa la voce grossa. Un successo sporco e pesante per la banda di Conte, che esce da Marassi con tre punti ma con tanti spunti su cui lavorare, perché nel secondo tempo i partenopei hanno sofferto in lungo e in largo l’orgoglio e il coraggio del Genoa. Tanti rimpianti per i rossoblù, ancora alla ricerca del primo successo casalingo del campionato. La squadra di Vieira rimane imbrigliata nel treno del quindicesimo posto (al momento il Genoa è 13°).
Lecce – Lazio (A cura di Dennis Rusignuolo)
La Lazio rialza la testa al Via Del Mare contro un Lecce coraggiosissimo. In avvio sono i padroni di casa a tenere più palla, con la Lazio che però fin dai primi minuti si rende pericolosa in contropiede: al 6′ è Lazzari, dal limite, a mettere in difficoltà Falcone. Il Lecce risponde con Tete Morente che, con una conclusione al volo, impegna Provedel. I biancocelesti sfruttano gli spazi che il Lecce concede e al 25′ sfiorano il vantaggio con Isaksen che, di testa, si fa respingere la conclusione da Coulibaly con Falcone a terra. Pochi minuti dopo è ancora il danese a sfiorare il vantaggio: lanciato da Castellanos, Isaksen mette in seria difficoltà il portiere avversario. Il Lecce spinge e guadagna una serie di calci d’angolo, ma non riesce a creare occasioni nitide. Dall’altra parte è Castellanos a impegnare ancora Falcone: l’argentino, spalle alla porta, si alza il pallone e calcia al volo da fuori, trovando però pronto il portiere leccese. Il primo tempo si chiude con l’episodio che indirizza la partita: Rovella recupera palla al limite e imbuca per Castellanos che calcia con forza, Falcone para, il Taty ci riprova e Guilbert respinge di pugno sulla linea di porta. Per l’arbitro Manganiello non ci sono dubbi: calcio di rigore e cartellino rosso per il francese. Dal dischetto Castellanos spiazza Falcone e porta in vantaggio la Lazio. Nel secondo tempo l’intento degli uomini di Baroni è quello di chiudere la gara, ma il Lecce non si fa intimorire, gioca con coraggio e spregiudicatezza nonostante l’inferiorità numerica. Al 50’ Tete Morente fredda Provedel con un destro potente e preciso dal limite dell’area. Lo spagnolo sembra rigenerato dalla cura Giampaolo, così come il centrocampo comincia a farsi valere anche al cospetto dei migliori. La Lazio comincia a perdere lucidità e la ricerca di profondità passa dai lanci verso Zaccagni per scavalcare la difesa salentina, che non soffre il gioco aereo e chiude bene. Nel finale Baroni pesca il jolly, inserendo Marusic. Il montenegrino all’87’ si trova un pallone tra i piedi dentro l’area, calcia forte e batte Falcone sul palo opposto. Il Lecce attacca a testa bassa, si rigetta in avanti e all’ultima palla disponibile spaventa la retroguardia biancoceleste, con Kaba che colpisce in pieno la traversa su invito di Rebic. Riesce a risollevarsi la Lazio, dopo il pesantissimo k.o contro l’Inter. Il ritorno dal 1’ di Castellanos e Dia ha rimesso in equilibrio l’ecosistema offensivo dei biancocelesti, mentre dall’altra parte il Lecce continua a crescere e migliorare. Nonostante la sconfitta, la squadra di Giampaolo è stata sempre in partita, anche nel corso del secondo tempo in inferiorità numerica. Le scelte del tecnico di Bellinzona si cominciano a vedere, con Berisha che comincia a prendere sempre più leadership in mezzo al campo, mentre in avanti tutti i fari sono puntati su Tete Morente, al secondo centro consecutivo. Tre scontri diretti attendono i salentini, che adesso sembrano spensierati e sempre più organizzati.
Roma – Parma (A cura di Tommaso Patti)
Nella giornata che anticipa le feste natalizie, la Roma fa cinquina e conquista i tre punti contro il Parma. La Roma riesce subito a rendersi pericolosa nei primi nei minuti, andando vicina al vantaggio con il tiro di Dovbyk, terminato di poco fuori, successivamente con Dybala, che scambiando con l’ucraino viene fermato in modo falloso da Balogh all’interno dell’area di rigore. Dal dischetto si presenta la Joya che, spiazza Suzuki, e porta in vantaggio i giallorossi con un gol che mancava da quasi due mesi. L’ottimo inizio dei padroni di casa fa vivere i minuti successivi con ulteriore pressione e palleggio nella metà campo avversaria e, al 12′, la Roma trova il raddoppio firmato dalla conclusione al volo di Saelemaekers, che viene pescato con un lancio che taglia tutta l’area di rigore da Angelino. La risposta degli emiliani non tarda ad arrivare, tra il 18′ e il 30′, Hernani e Sohm sfiorano la rete del 2-1, occasioni che mantengono vivo il Parma, con ancora due terzi di gara da giocare. Prima dell’intervallo però, la Roma sfiora la terza rete con Stephan El Shaarawy: il faraone riceve il filtrante da Paredes ma calcia di punta addosso a Suzuki, sprecando l’opportunità di chiudere la gara prima dell’intervallo. L’azione che porta la Roma sul 3-0 arriva su un tiro di Saelemaekers deviato dalla schiena di Dovbyk, il primo ad arrivare sul pallone è Dybala che da due passi appoggia il pallone in rete, siglando la sua prima doppietta in stagione. Nonostante i tre gol di svantaggio, il Parma fa di tutto per non uscire definitivamente dalla partita, tentando di riaprire la gara con il tiro di Camara terminato sulla traversa dopo un azione solitaria. Sul contatto tra Mihăilă e Saelemaekers, la Roma conquista il secondo penalty di giornata, dal dischetto si presenta Paredes che, anche in questo caso, spiazza Suzuki e firma la quarta rete per i giallorossi. Il rigore lasciato a Paredes, amplifica la definizione di leader per Dybala che, oltre ad aver segnato una doppietta, fornisce l’assist a Dovbyk per il definitivo 5-0, chiudendo la partita e regalando una vittoria importantissima per il morale e per ricominciare a competere anche in campionato. Cade nuovamente il Parma di Pecchia, che non vince ormai dal match casalingo contro la Lazio, si rialza invece la Roma dopo la brutta sconfitta in casa del Como, portandosi al decimo posto in classifica.
Venezia – Cagliari (A cura di Simone Scafidi)
Al Penzo il Venezia torna a vincere dopo quasi due mesi e abbandona l’ulti a posizione, battendo un Cagliari sempre più in difficoltà. Niente da segnalare fino al trentesimo minuti, quando su un cross abbastanza insidioso di Augello, spizzato dal colpo di testa di Mina, Stankovic compie un autentico miracolo, proteggendo la porta con un’insolita parata di testa. Per ringraziarlo, un arrembante Oristanio, giocatore dalle qualità fantastiche che finora si è messo in mostra, apparecchia un assist al bacio per Zampano, che deve solo appoggiare in porta siglando così il gol dell’1-0. Il Cagliari non riesce a reagire, con il Venezia che sembra accontentarsi, e il primo tempo, così come l’inizio del secondo, vedono una continua fase di stallo, interrotta al 65’ dal colpo di testa di Gaetano, che termina alto. Due minuti più tardi arriva il raddoppio dei lagunari, con un’azione veramente particolare di Sverko, che in maniera molto goffa sbaraglia tutta la difesa rossoblú, tutt’altro che brillante, e riesce battere Sherri, chiudendo di fatto la partita. La reazione del Cagliari, seppur timida, arriva dopo appena dieci minuti: dopo una bella azione il sulla fascia sinistra, Augello pennella un cross perfetto per Pavoletti, che accorcia le distanze. Nonostante lo sforzo dell’attaccante italiano e l’assedio nel finale fermato solamente da una presta azione semplicemente stellare di Stankovic, il Cagliari non riesce a rimontare ed esce sconfitto da uno scontro fondamentale in ottica salvezza, che potrebbe già iniziare a delineare dei tratti fondamentali di questo campionato.
Atalanta – Empoli (A cura di Tommaso Patti)
Soffre ma vince nuovamente l’Atalanta, arriva la seconda sconfitta di fila per l’Empoli di D’Aversa. Al Gewiss Stadium, parte meglio l’Empoli, portandosi -a sorpresa- in vantaggio: dagli sviluppi di una rimessa laterale, Henderson viene servito e, dopo aver portato palla verso la linea di fondo, serve a centro area Colombo, che firma la rete del vantaggio per i toscani dopo appena dodici minuti. Colpita dal gol subito, la Dea si affaccia ininterrottamente nella trequarti avversria, sfiorando il gol del pareggio con colpo di testa di Kolasinac, neutralizzato da un intervento strepitoso di Vasquez. Successivamente al miracolo del portiere colombiano, l’Atalanta trova il pareggio con De Ketelaere, l’attaccante belga è rapido nell’intervento di testa e raccoglie alla perfezione il cross di Zappacosta. Su un’altra punizione battuta da De Ketelaere, Berat Djimsiti stacca più in alto di tutti e colpisce il palo, infiammando sempre più il tifo del Gewiss. Nel giorno in cui è stato premiato davanti la sua gente come “Pallone d’Oro africano”, Ademola Lookman segna il gol del 2-1, l’attaccante nigeriano riceve la sponda da parte di Zaniolo e, in uno spazio ristretto, riesce a controllare e calciare in porta, segnando la sua nona rete stagionale. Nella ripresa, l’Empoli si riaffaccia in area avversaria e conquista un calcio di rigore sull’intervento falloso di Djimsiti ai danni di Grassi. Dal dischetto si presenta Esposito che, spiazza Carnesecchi con un tiro forte e centrale, e rimette il risultato in parità. A decidere la gara ci pensa nuovamente De Ketelaere, a quattro minuti dalla fine il belga punta Cacace, fa un movimento andando sul secondo palo e poi calcia a sorpresa forte sul primo, beffando Vasquez e tutta la difesa avversaria con un gol che riporta la Dea al comando in classifica. Per la gente di Bergamo arriva il regalo perfetto per le feste. “Natale da Capolista” non è il titolo di un cinepanettone, ma una solida realtà creata e portata avanti dalla squadra di Gasperini.
Monza – Juventus (A cura di Marco Rizzuto)
Una Juventus stravolta dagli infortuni e ridisegnata a dovere da Thiago Motta torna alla vittoria in campionato dopo 43 giorni. L’U-Power Stadium fa da cornice ad un avvio scoppiettante, in cui gli errori nei disimpegni non perfetti di Pablo Marì al 2′ e di Nico Gonzalez poco dopo, rischiano di indirizzare il match sin dai primi minuti. Ad un minuto dal primo quarto d’ora la Juventus trova la rete del vantaggio da calcio d’angolo, Koopmeiners disegna una traiettoria insidiosa nell’area piccola, in cui sbuca McKennie che al volo insacca da pochi passi. La reazione dei padroni di casa non tarda ad arrivare: al 22′ Carboni, defilato sulla sinistra scodella il pallone a centro area nella zona di Birindelli, lasciato completamente solo da Kalulu. L’esterno destro di mancino al volo buca Di Gregorio, rimasto immobile sulla conclusione. La Juve torna avanti al 39′ con Nico Gonzalez: il traversone sul secondo palo di Savona trova Mckennie che ripropone la palla in mezzo, Birindelli prova ad allontanare ma fallisce, ed il pallone spiove all’interno dell’area piccola, zona attaccata da Locatelli e Nico Gonzalez, il primo controlla la sfera mentre l’argentino anticipa tutti ristabilendo il vantaggio. I brianzoli cercano di controbattere immediatamente, con le conclusioni in successione di Caprari e Dany Mota, ma entrambi vengono fermati da Koopmeiners, che si invola due volte facendo da muro e salvando il risultato. Il primo tempo si chiude con l’amaro in bocca per i padroni di casa a causa del mancato pareggio a pochi minuti dal duplice fischio. L’undici iniziale di Motta che vede McKennie adattato come terzino, Koopmeiners al fianco di Locatelli nella mediana e Nico Gonzalez al centro della trequarti, ha reso dal punto di vista realizzativo, tuttavia, ci sono evidenti i momenti di affanno, soprattutto nella gestione del pallone mentre si è in vantaggio. Alla ripresa l’allenatore bianconero sostituisce l’olandese per un problema fisico inserendo al suo posto Thuram. Al 47′ Yildiz servito dentro l’area conclude da posizione defilata, trovando l’ottima risposta di Turati che alza sopra la traversa. La ripresa fa da scenario ad un martellamento biancorosso alla ricerca del pareggio, in cui la Juventus prova a chiudere la partita in contropiede. Al 73′ l’ottimo dai e vai tra Mota e Ciurria favorisce l’inserimento del secondo, che al tiro manca la porta da posizione decentrata. La Juventus torna a farsi pericolosa in zona gol col cross tagliente di Conceicao che favorisce il colpo di testa di Yildiz dal lato opposto, ma il turco deve arrendersi nuovamente a Turati, che in tuffo sventa il pericolo. Negli ultimi minuti il Monza prova ad assediare l’area di rigore avversaria, senza però trafiggere il muro bianconero, che tiene botta e trova la vittoria dopo quattro pareggi consecutivi. Nonostante i tentativi visti nel secondo tempo, i brianzoli cadono per la terza volta di fila, rimanendo sul fondo della classifica.
Fiorentina – Udinese (A cura di Marco Rizzuto)
Al Franchi la gara inizia col botto, al 4′ Sottil scappa via sulla corsia sinistra e viene falciato dall’intervento in ritardo di Kristensen in area di rigore, l’arbitro inizialmente lascia giocare ma dopo un attenta revisione al VAR concede il penalty a favore dei viola. Dal dischetto Kean calcia forte centralmente siglando il suo decimo centro stagionale. La gara prosegue senza particolari emozioni e a dieci minuti dall’intervallo, Sava perde un pallone sanguinoso in uscita, regalando a Kean l’occasione per raddoppiare, l’ex Juve perde l’attimo al momento del tiro venendo fermato dalla chiusura in extremis di Karlstrom che tiene in vita la squadra di Runjaic. In zona offensiva l’Udinese si dimostra troppo sterile, non impensierendo praticamente mai la porta di De Gea. Alla ripresa Runjaic manda in campo Abankwa per Touré e la squadra di Udine scende in campo con un altro volto. Allo scoccare del 49′ la Fiorentina concede il pareggio agli ospiti con l’errore da matita rossa di Ranieri: il difensore regala il pallone ad Ekkelenkamp che a sua volta serve Lucca a centro area, il numero diciassette trafigge De Gea calciando di prima. In meno di un minuto dal gol, Lucca ci riprova in rovesciata, ma manca l’appuntamento con la doppietta colpendo il legno. Adesso ci crede la squadra di Runjaic, che pressa alto e comanda il pallino del gioco. Il momento positivo dei bianconeri si concretizza con la rete di Thauvin che, completa la rimonta e manda in k.o. tecnico la Fiorentina. Il francese si accentra dalla destra, con una finta manda fuori giri Gosens, e dal limite calcia a giro bucando De Gea sul secondo palo. Sono bastati cinque minuti all’Udinese per ribaltare la partita, sintomo del grande spirito di Runjaic. I tentativi dei viola non mancano in questo secondo tempo: al 68′ la conclusione dal limite di Kean non trova lo specchio della porta per centimetri, poi ancora l’ex Juve è sfortunatissimo non arrivando sul pallone a porta spalancata dopo un altro errore in uscita di Sava (non la sua miglior prestazione oggi). I bianconeri strappano i tre punti al Franchi sfruttando gli errori di una Fiorentina molto imprecisa in difesa. I friulani proseguono a passo spedito al nono posto a quota 23 punti, mentre i viola scendono alla quinta posizione con la Lazio quarta che li stacca di tre.
Inter – Como (A cura di Simone Scafidi)
L’Inter batte anche il Como, autore di un’ottima prestazione e si mantiene a tre punti dal primo posto. Il primo tempo risulta privo di occasioni lampanti, con l’Inter che riesce comunque a gestire il gioco, sfiorando il vantaggio con Mkhytarian al 12’ e con Dumfries venti minuti dopo. A tre minuti dal termine del primo tempo, Carlos Augusto serve Dimarco, che da dentro l’area calcia in porta, sporcando per la prima volta i guantoni di Reina. Dopo un primo tempo fatto di indecisioni, la squadra di Inzaghi scende in campo nel secondo con una testa totalmente diversa, e dopo appena due minuti, sull’angolo battuto da Calhanoglu, in area svetta Carlos Augusto, che sigla il gol dell’1-0. Dopo poco meno di un quarto d’ora, il Como reagisce sull’out di destra, con il cross di Belotti che viene salvato praticamente sulla linea sempre da Carlos Augusto, man of the match. Da calcio d’angolo continua a provarci il Como, con la conclusione di Nico Paz respinta da Sommer, che scampa il pericolo. Al 67’ il Como perde palla in uscita, con Dimarco che calcia colpendo in maniera abbastanza rocambolesca Lautaro Martinez, la cui deviazione risulta decisiva con il pallone che finisce in porta, con posizione però irregolare dell’attaccante argentino. A recupero inoltrato l’Inter chiude definitivamente i giochi, con l’immancabile gol di Marcus Thuram, che salta Barba e insacca il gol del 2-0. Dopo questa vittoria, Inzaghi potrà passare un Natale molto sereno, in vista dei prossimi impegni e soprattutto dell’anno nuovo, che dovrà sancire diverse verità.
LA TOP 11 DELLA 17ª GIORNATA
Calcio
Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Seconda parte)

Dopo i primi quattro gironi, che sono già tornati in campo per la seconda giornata del torneo, ecco gli altri quattro gironi che hanno fatto il loro esordio negli scorsi giorni. Figurano tante big, oltre alle due italiane in azione, Juventus e Inter.
GIRONE E
Inter, Monterrey, River Plate, Urawa Reds
La prima gara del girone è quella tra il River Plate e i giapponesi dell’Urawa Reds. A Seattle le temperature sono più adatte per una grigliata di asado con gli amici piuttosto che una partita di calcio, ma nonostante il caldo torrido alle 12.00 (ore americane) al Lumen Field ci sono un buon numero di tifosi dei Millionarios, che assistono all’esordio vincente della squadra di Gallardo. Un successo che mette ulteriormente in mostra tutte le qualità del gioco del River Plate: gestione lucida del possesso, una buona dose di ‘garra’ e un Mastantuono pronto a prendersi la scena prima di passare al Real Madrid a fine mondiale. Il vantaggio parte proprio da una giocata del classe 2007, proseguita dal solito cross tagliente di Acuna, e da un inserimento brutale di Colidio in mezzo ai difensori. Nella ripresa il raddoppio porta la firma di Driussi, anche se gran parte del gol è regalato dal terrificante retropassaggio del difensore Hoibraten. Driussi si fa anche male nella ricaduta, nel frattempo l’Urawa accorcia le distanze dagli undici metri con Matsuo e comincia a pregustare il sapore della rimonta, subito interrotta dalla zuccata di Meza a dieci dalla fine. Un River che gioca bene e che usa…la testa, viste le tre zuccate che hanno regalato alla banda Gallardo i primi tre punti, e adesso il “set point” contro il Monterrey può regalare già il primo posto aritmetico al River Plate.

Foto: X Inter
Nell’altra gara del girone l’Inter fa il suo esordio contro il Monterrey. Dalla finale di Champions League di venti giorni fa l’Inter ha cambiato molto, ridimensionato dopo la batosta subita dal PSG. In panchina non siede più Simone Inzaghi, che è rimasto comunque nel giro del Mondiale per Club, ma Christian Chivu. Il tecnico romeno arriva da Parma e nel suo primo match cerca di non effettuare particolari rivoluzioni tecnico/tattiche. Si riparte dal 3-5-2 con Seba Esposito che affianca Lautaro Martinez. L’approccio della gara da parte dell’Inter non è prorompente come avevano abituati i nerazzurri in questi anni, ma la pressione e il fraseggio sono comunque apprezzabili. Si cerca di catturare qualsiasi strategia attuata da Chivu rispetto al precedente ciclo di Inzaghi, ma l’unica vera soluzione che si nota è la marcatura a zona nelle palle inattive, e la dimostrazione porta al vantaggio il Monterrey: la difesa dell’Inter cerca di ostruire il centro dell’area di rigore da potenziali attacchi, ma nessuno segue il taglio dell’eterno Sergio Ramos, lo spagnolo è micidiale sotto pressione, figuriamoci senza marcatura… incornata che sbatte sul terreno e beffa Sommer, non proprio impeccabile. L’Inter ci mette qualche minuto a pareggiare, e lo fa con uno schema su punizione che culmina con il tap-in vincente di Lautaro Martinez. Nel secondo tempo si vedono le cose interessanti, perché il Monterrey traccia un solco a metà campo e non lo oltrepassa quasi mai, ma soprattutto Chivu decide di inserire i nuovi arrivati Luis Henrique e Sucic, oltre a Thuram per Esposito. Il tecnico nerazzurro cambia modulo e alza il raggio d’azione di Mkhitaryan, anche se i messicani non soffrono particolarmente, merito di una gestione della linea difensiva da generale romano da parte di Sergio Ramos. Tra luci e ombre Chivu marchia il suo esordio con un pari, e adesso la gara contro l’Urawa diventa un passaggio decisivo per le sorti dell’Inter nel Mondiale per Club, in attesa di una crescita generale dell’ambiente nerazzurro, ancora troppo arrugginito dopo le fatiche di fine stagione.
- Inter-Urawa Reds
- River Plate-Monterrey
GIRONE F
Borussia Dortmund, Fluminense, Mamelodi Sundowns, Ulsan HD

Foto: X Fifa Club World Cup
Il calendario mette a confronto subito Borussia Dortmund e Fluminense, le due squadre favorite per il passaggio del turno. Il Fluminense si presenta con una squadra di figure pittoresche per molteplici motivi: spicca il giovanissimo portiere Fabio, 44 anni e 171 giorni, e il centrocampista Hercules, infaticabile mezzala, oltre all’ancora frizzante Thiago Silva. Il Borussia Dortmund si ricorda di scendere in campo solo a tratti, perché per il resto la partita è un dominio costante del Fluminense. I brasiliani attaccano la porta di Kobel da qualsiasi angolazione possibile, poi però devono fare i conti con il portiere svizzero, che francamente ha deciso che la partita debba finire in parità. Dell’attacco del Borussia non c’è alcuna traccia, e quando i gialloneri si affacciano in avanti, Fabio e Thiago Silva non hanno nemmeno bisogno di calare a referto qualche gemma gloriosa del loro passato, perché pericoli concreti non ne arrivano. Nella ripresa l’occasione più grossa capita nei piedi dei giocatori del Fluminense, ma Kobel risponde alla grande su un primo tiro di Everaldo, e alla grandissima sulla ribattuta di Nonato, che già stava per correre sotto la curva occupata dai tifosi brasiliani. Nel frattempo il Borussia accoglie un altro Bellingham in mezzo al campo, non più Jude ma il fratello minore Jobe, ma quasi nessuno se ne accorge perché il Dortmund non riesce nemmeno a costruire un’azione degna di nota. Termina 0-0, come aveva deciso Kobel, ma il Borussia Dortmund adesso deve accendersi per evitare brutte sorprese in corso d’opera. Altra grande prestazione per una sudamericana, con il Fluminense che ai punti meritava più di un gol e la vittoria finale, ma la dea bendata -e Kobel- riescono a mantenere il punteggio fermo sul pari. Altra menzione per Hercules, che non sembra nemmeno male in mezzo al campo, ma il suo nome lo precede, e onestamente è clamoroso.
L’altro match del girone è l’emblema del mistero e dell’incertezza che veleggia attorno ad alcune realtà del mondo calcistico. La gara tra Ulsan HD e Mamelodi Sundowns comincia in ritardo a causa della pioggia, e se già era difficile registrare un sold out per questa gara, le condizioni meteo decimano ulteriormente gli spettatori di questo match che può nascondere la magia di una finale dei mondiali, o la sonnolenza di uno spareggio di metà agosto in Lituania. I sudafricani (Mamelodi) giocano bene e sostanzialmente dominano, Rayners ne segnerebbe anche tre, ma due di questi vengono annullati dal VAR, con tanto di decisione spiegata a tutto lo stadio dall’arbitro, una delle tante novità sperimentate in questo torneo dalla FIFA -al momento ampiamente promossa. Finisce soltanto 1-0, anche perché il centrocampista dell’Ulsan Bojanic va a calciare due volte e tira fuori dal cilindro due tiri orribili, incredibilmente per motivi opposti: uno altissimo, uno molle e centrale. Occasionissima per il Mamelodi, che adesso può sognare in grande visto l’ottimo esordio, anche se adesso arrivano le “big”.
- Mamelodi-Borussia Dortmund
- Fluminense-Ulsan HD
GIRONE G
Al-Ain, Juventus, Manchester City, Wydad Casablanca
A Philadelphia il Manchester City comincia il suo mondiale contro il Wydad Casablanca. Guardiola ha accolto tra le sue braccia altri due gioielli provenienti dal mercato, tali Reijnders e Cherki -non proprio sconosciuti- e non perde tempo a gettarli in campo, a costo di rinunciare ad Haaland e il pallone d’oro Rodri. Non c’è bisogno di spiegare le motivazioni su questa scelta, perché bastano i primi due minuti per capire che il Manchester City potrebbe dominare il palleggio anche con Liam e Noah Gallagher degli Oasis. Al secondo minuto Foden la schiaffa in porta, tornando ad assaporare la gioia del gol che gli mancava da quasi sei mesi. Il Wydad prova anche a spingersi in avanti, ma a parte una serie di giocate del fantasista Lorch -che va menzionato solo per la quantità innumerevole di sombreri e la quattro sulle spalle- non si registrano particolari pericoli per Ederson. Prima dell’intervallo i marocchini riescono a far passare Doku come un predatore d’area, lasciandolo completamente da solo in mezzo all’area al momento del corner di Foden. Di fatto, la partita termina nella prima frazione, e gli ingressi di Haaland e Rodri -insieme ad altre figure- non fanno altro che accentuare il dominio dei Citizens, che hanno talmente tanto la situazione sotto controllo che trovano il tempo per sborsare 20 mila euro di multa (la FIFA ha introdotto una penale per ogni sanzione, e l’espulsione corrisponde a circa 20 mila franchi svizzeri) per una tacchettata in faccia a un avversario da parte di Rico Lewis.

Foto: X Juventus FC
La gara che chiude la prima giornata è l’esordio della Juventus di Igor Tudor. L’avversario dei bianconeri è l’Al-Ain, che presenta il 5-3-2 delle grandi occasioni, con un sempreverde Rui Patricio in porta. I bianconeri sono reduci dalla visita alla Casa Bianca, dove sono stati costretti ad ascoltare Trump mentre parlava ai giornalisti della guerra e del calcio femminile, in uno dei momenti più surreali della storia recente del calcio, ma in campo mettono subito le cose in chiaro, come fa l’America quando subentra nei grandi conflitti: all’intervallo il risultato è sul 4-0 per la squadra di Tudor, con la doppietta di Kolo Muani, il gol di Conceição e la gemma di Yildiz (che ancora una volta segna all’esordio in qualche torneo), nel secondo tempo arriverà anche il quinto gol di Chico Conceição. Se nel corso della stagione i giocatori della Juve sembravano spaventati anche da un fiammifero, a Washington i ragazzi di Tudor sembrano una banda di potenziali piromani: vanno a duemila, recuperano il pallone velocemente, si cercano e si trovano anche a occhi chiusi. In attesa dei recuperi di alcune pedine fondamentali (contro l’Al-Ain hanno riassaporato il campo Gatti e Koopmeiners), Tudor spinge sul blocco visto nel rush finale, con un Kelly in netto miglioramento con l’approccio al ruolo, e Alberto Costa in versione treno merci. Il portoghese è un’iradiddio sulla fascia destra e confeziona anche due assist, mentre l’enigma principale riguarda Conceição e Kolo Muani, entrambi in prestito ma sempre più incisivi nell’ecosistema bianconero. Sorrisi e sacrificio, il primo posto in classifica e la voglia di spingersi oltre. La Juventus di Tudor parte alla grande in America, e già nel prossimo turno può ipotecare il passaggio del turno.
Seconda giornata:
- Juventus-Wydad Casablanca
- Manchester City-Al Ain
GIRONE H
Al-Hilal, Pachuca, Real Madrid, Salisburgo
Esordio a tutto tondo per Real e Al-Hilal, che accolgono nelle loro rispettive panchine Xabi Alonso e Simone Inzaghi. Ne viene fuori un match spettacolare, soprattutto per merito del coraggio e del dinamismo del club saudita. Senza Mbappé, Xabi Alonso sceglie il giovane Gonzalo Garcia, mentre dietro giocano subito i nuovi arrivati, Huijsen e Alexander-Arnold. Inzaghi ci ha messo poco a dare un’impronta decisa all’Al-Hilal, e la mezz’ora iniziale è quasi un monologo dei sauditi, più vivi e spigliati rispetto a un Madrid alla ricerca di geometrie. A Renan Lodi viene anche annullato un gol per fuorigioco, Inzaghi comincia a dispensare urla a qualsiasi oggetto vestito di blu, e nel frattempo il Real Madrid rispolvera la ripartenza all’italiana, finalizzata da Gonzalo Garcia su assist di Rodrygo. L’Al-Hilal ci mette poco a pareggiare la gara, grazie al calcio di rigore realizzato da Ruben Neves. Xabi Alonso non stravolge i suoi Blancos rispetto a quanto visto lo scorso anno, e sceglie la via della continuità anche nelle sostituzioni, con Tchouameni che continua il suo viaggio da nomade nella parte arretrata del campo mentre Asencio lascia il posto a Guler. Il turco da quella marcia in più al Madrid, e nel frattempo il ritmo dei sauditi è calato notevolmente, prevedibile considerando il dispendio enorme di energie del primo tempo e il caldo asfissiante di Miami. Nel finale il VAR assegna un rigore al Real Madrid per una manata di Al-Qahtani su Fran Garcia. Dal dischetto Valverde incrocia il destro ma Bonou azzecca l’angolo e mette il sigillo finale al pareggio. Due cantieri ancora in fase di avvio, ma arrivano già i primi segnali da una parte e dall’altra. Se Inzaghi può ritenersi soddisfatto per qualità e ritmo messo in campo, Xabi Alonso attende il ritorno di Mbappé per cercare di nascondere le difficoltà evidenziate in questo primo match, fotocopie dell’ultima stagione blanca.

Foto: fifa.com
Altrettanto divertente è la gara tra Pachuca e Red Bull Salisburgo. A Cincinnati trionfano gli austriaci dopo un match durato quattro ore (sospeso per un’ora e quaranta per l’acquazzone che ha colpito la città durante il secondo tempo). Gara divertente e frizzante fin dai primi minuti, con i messicani che rispolverano un centravanti d’area di rigore come Salomon Rondon, stranamente poco freddo e lucido contro l’estremo difensore del Salisburgo, l’impronunciabile Zawieschitzky. A ridosso dell’intervallo gli austriaci trovano il vantaggio grazie alla perla di Oscar Gloukh, l’israeliano lascia a terra Pedraza e batte Moreno con un destro a giro di pregevole fattura. Nella ripresa la gara si interrompe per quasi due ore per il temporale, poi riparte e i fulmini lasciano spazio ai fuochi d’artificio. Il Pachuca trova il pareggio grazie a una punizione di Gonzalez, su cui barriera e portiere non fanno una bella figura; Rondon continua la sua ricerca spasmodica del gol ma non riesce a segnare. Chi riesce a gonfiare la rete è l’altro centravanti, il neo-entrato Onisiwo, che sale in cielo e riesce a indirizzare e colpire forte il pallone, per un vantaggio che spedisce il Salisburgo in vetta alla classifica. In attesa della gara contro l’Al-Hilal gli austriaci provano a inserirsi di soppiatto in alto alla classifica.
Seconda giornata:
- Salisburgo-Al-Hilal
- Real Madrid-Pachuca
Calcio
Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Prima parte)

Polemico, esagerato e curioso, proprio come sa essere l’America. Il nuovo Mondiale per Club voluto dalla FIFA rispecchia i canoni degli Stati Uniti, che si preparano al mondiale tra nazionali (in programma il prossimo anno) con una parata di stelle e altri elementi celesti più misteriosi, ma intensi e curiosi. Tante le novità in esperimento, numerosi argomenti di valutazione, ma nel frattempo la prima giornata è terminata nella notte, e tra poco il mondiale riparte con la seconda giornata. Allora ecco la prima parte dell’analisi delle prime gare del Mondiale per Club, girone per girone.
GIRONE A
Al-Ahly, Inter Miami, Porto, Palmeiras
Uno dei raggruppamenti più intriganti dell’intero mondiale, non tanto per la quantità elevata di “big” al suo interno, ma per l’alone di mistero e curiosità che circola attorno a Messi e avversari. Dopo le prime due partite la classifica è rimasta la stessa dello scorso venerdì, quando ancora il torneo non era cominciato. L’ordine rimane quello alfabetico, la differenza reti pari ai gol realizzati dalle quattro squadre, ossia zero, ma le due gare sono state tutt’altro che noiose.

Foto: fifa.com
La gara tra Al–Ahly e l‘Inter Miami apre il mondiale. Nel primo tempo gli egiziani dominano in lungo e in largo, come non si vedeva probabilmente da Cleopatra e family. La retorica storica però non è casuale, perché nell’assedio costante dell’Al-Ahly verso la porta avversaria emerge un altro reperto di notevole importanza nella gara: il portiere dell’Inter Miami, tale Oscar Ustari, 38 anni compiuti. Il portiere argentino è il protagonista della prima frazione perché mette a referto una serie di parate sensazionali, e mette la ciliegina al minuto 43 quando ipnotizza Trezeguet dal dischetto. Nel secondo tempo l’Inter Miami prova a giocare con maggior qualità, e la modalità è quella nota a tutti: palla a Messi e poi si vede. Al minuto 63 tutto lo stadio trattiene il fiato per la punizione di Messi, l’argentino cerca la soluzione a effetto e spedisce la palla in rete. Peccato che la palla non giri abbastanza e si vada a incastrare nella parte esterna della porta, regalando soltanto l’illusione ottica di un grande gol. Nel finale emerge anche l’altro estremo difensore, l’egiziano El-Sheenawy, anche lui ben navigato grazie alle sue 36 primavere. Le sue parate chiudono la porta, e dove non arriva El-Sheenawy ci pensano i legni, come quello colpito all’ultimo istante da un tiro-cross di Messi. Finisce 0-0.
Nell’altra gara del girone Porto e Palmeiras giocano talmente a viso aperto che si devono arrendere a uno 0-0 che suona come un oltraggio al calcio, per la mole di occasioni avute da entrambe le squadre. Due gemme per parte, Estêvão per i brasiliani e Rodrigo Mora per i portoghesi, ma le due squadre presentano un parco giocatori talmente completo da poter andare in guerra e a una sfilata a Hollywood allo stesso tempo. Tante, tantissime, troppe, occasioni e in questo teatro emergono artisti incompresi, o magari talmente sconosciuti a sé stessi da essere perfetti per dominare la scena. È il caso del portiere del Porto, Claudio Ramos, provvidenziale con una serie di parate tanto efficaci quanto qualitativamente orrende. Il Palmeiras ai punti meriterebbe almeno un gol, ma il palo e le parate sconsiderate di un Ramos in giornata di grazia non cambiano il risultato. Anche l’altra gara finisce 0-0.
Seconda giornata:
- Palmeiras-Al-Ahly
- Inter Miami-Porto
GIRONE B
Atletico Madrid, Botafogo, PSG, Seattle Sounders
Dopo aver schiantato l’Inter in finale di Champions League, il Paris Saint-Germain arriva al Mondiale per Club con i favori del pronostico. L’armata di Luis Enrique fa il suo esordio a Pasadena contro l’Atletico Madrid, al cospetto di un caldo torrido e ottantamila persone, a cui vanno aggiungi i sedici giocatori impiegati da Simeone nel corso della gara. Si prospettava come il match di cartello di questa prima giornata, e invece termina con un PSG che passeggia e domina per 4-0. Al momento i parigini viaggiano a una cilindrata nettamente superiore rispetto alla concorrenza, e anche senza due pilastri offensivi fondamentali, come Dembelé e Barcola, ci pensano gli altri diamanti che Parigi sta conservando, Fabian Ruiz e soprattutto Vitinha. Il centrocampista portoghese continua il suo mostruoso dominio del gioco e adesso si comincia a comprendere al meglio la sua leadership. Le altre due firme sono di Kang-In Lee e Mayulu, che in questo ultimo mese sta cercando di rinominare la celebre zona Cesarini. Per la banda del Cholo si mette subito in salita, anche se la qualificazione non sembra in discussione.

Foto: fifa.com
Nell’altro match i meno quotati Botafogo e Seattle Sounders regalano comunque un match intenso e spettacolare, vinto dai brasiliani grazie a due sigilli nel primo tempo. Il Botafogo va in vantaggio grazie a un colpo di testa dell’altissimo Jair Cunha (1.98m), poi raddoppia con un’altra incornata, questa volta del centravanti Igor Jesus. Nel secondo tempo gli statunitensi accorciano le distanze con Roldan, e nel rush finale sfiorano più volte il pareggio, ma il Botafogo decide di affidarsi a due, non troppo vecchie, meteore della nostra Serie A come Arthur Cabral e Joaquin Correa. Il risultato non cambia, anche se il Tucu sfiora subito il primo gol con la maglia del Fogão, stoppato da un grande intervento del portiere Frei. Successo che può rilanciare il Botafogo, che può approfittare della pesante sconfitta dell’Atletico Madrid, a patto che non si arrendano anche loro a un’imbarcata dai parigini, che negli ultimi tempi sembra l’unica soluzione percorribile.
Seconda giornata:
- Paris Saint-Germain-Botafogo
- Seattle Sounders-Atletico Madrid
GIRONE C
Auckland City, Bayern Monaco, Benfica, Boca Juniors
Sulla carta sarebbe il girone più equilibrato del Mondiale, ma dopo la gara del Bayern Monaco ovviamente questa analisi va rivisitata. Contro i dilettanti dell’Auckland City i bavaresi non vanno per il sottile, confermando la freddezza e il cinismo che distingue il tedesco medio: termina 10-0, sei a zero all’intervallo. Troppa la differenza tra le due squadre per buttare giù una qualsiasi cronaca, anche se le storie extra-calcistiche dei dilettanti di Auckland sono manna dal cielo per le pagine romantiche di calcio. Il campo però non lascia spazio a interpretazioni: neozelandesi con un 5-5-0 non troppo compatto, i bavaresi lasciano Neuer in mezzo al campo a riscaldarsi seduto sul prato di Cincinnati e nel frattempo disintegrano la porta di Tracey, che nella vita fa il magazziniere. Qualificazione praticamente ipotecata, anche se adesso comincia a tutti gli effetti il mondiale di Kompany e…company;

Foto: fifa.com
L’equilibrio del gruppo C è rappresentato da Boca Juniors e Benfica, che scendono in campo all’Hard Rock Stadium di Miami. Senza troppi indugi è una delle partite più belle del primo turno di match. Ruvido, qualitativamente entusiasmante e ricco di calcio e calci, come impone la tradizione. Il Benfica sembra essere favorito dopo i primi minuti, ma gli argentini in dieci minuti mettono in scena tutto il loro calcio: vantaggio di Merentiel su assist di Blanco, che si concede il lusso di un tunnel prima del pallone per l’attaccante argentino, e raddoppio su palla inattiva con la testata vincente di Battaglia. Prima dell’intervallo il Boca completa il proprio manifesto sudamericano, quando a ridosso dell’intervallo il Benfica conquista un rigore per un calcio di Palacios su Otamendi. L’arbitro va al VAR e Ander Herrera -uscito anzitempo per infortunio- decide di farsi espellere per proteste. Di Maria accorcia le distanze dal dischetto e al rientro dagli spogliatoi Bruno Lage alza i toni dell’attacco con Belotti. L’ingresso del “Gallo” è agonisticamente impattante, forse troppo, perché al minuto 72 Belotti viene espulso per un calcio alla nuca di un avversario. La partita è tesa come una corda di violino, lo spettacolo ha lasciato spazio a un’intensità che sembra più da finale dei mondiali, che da fase a gironi, e parlando di mondiali non può che emergere un argentino, anche se veste la maglia del Benfica. Otamendi si stacca sul primo palo, impatta violentemente la sfera e pareggia la partita. Prima del triplice fischio c’è ancora tempo per un ultimo assaggio di calcio selvaggio, offerto da Figal: pestone da ergastolo sullo stinco di Florentino e cartellino rosso diretto. Finisce in parità, e il cammino di Boca e Benfica passerà dalla gara contro Auckland, in cui servono tanti gol per la differenza reti.
Seconda giornata:
- Bayern Monaco-Boca Juniors
- Benfica-Auckland City
GIRONE D
Chelsea, Esperance Tunis, Flamengo, Los Angeles FC
Il gruppo D diventa subito di dominio di Chelsea e Flamengo, come da pronostico. I londinesi cominciano la propria competizione contro il Los Angeles Fc di Giroud (inizialmente in panchina) e Lloris, e vincono con qualche difficoltà grazie a un gol per tempo. Forti del successo in Conference League, Maresca schiera la miglior formazione per evitare di incappare in qualche inconveniente in stile Italia a USA94′. La gara comincia con un colpo d’occhio agghiacciante, con le tribune dello stadio di Atlanta semi-vuote. Per fortuna gli spalti si riempiono leggermente nel corso della gara, e il Chelsea ingrana anch’esso alla distanza, per poi vincere senza evidenti fatiche. Il vantaggio è siglato da un ottimo Pedro Neto, frizzante nella fascia destra fin dall’inizio, incontenibile per il lussemburghese Chanot. Nel secondo tempo fanno il loro esordio in maglia Blues i due nuovi acquisti, Essugo e Delap, mentre sponda L.A. entra Giroud. L’ingresso del francese alza notevolmente il peso dell’attacco statunitense, e la difesa del Chelsea comincia a concedere qualche occasione, poi però viene fuori nuovamente il livello tecnico della banda Maresca, che chiude i discorsi a dieci dal termine. Delap pennella un ottimo cross in mezzo, Enzo Fernandez si avventa sulla sfera e mette il sigillo finale. Non un esordio da sogno per il Chelsea, che riesce comunque a conquistare i tre punti che gli servivano. La qualificazione è un duello con il Flamengo, prossimo avversario dei Blues. Occhio però a considerare fuori dai giochi il Los Angeles FC.

Foto: fifa.com
Nell’altro match il Flamengo fa il suo esordio in grande stile contro l’Esperance Tunisi. La differenza tecnica tra le due squadre è evidente, ma i brasiliani giocano un gran match sotto ogni punto di vista. Sigla il vantaggio uno dei simboli del Fla, il fantasista uruguaiano De Arrascaeta. L’ex Fiorentina Pedro ha l’occasione per raddoppiare, ma decide che per il momento non è il caso di segnare. La formazione del Flamengo è un’ode alla nostalgia calcistica, data la vasta presenza di ex Serie A come Pulgar, Gerson, Pedro e il nuovo arrivato Jorginho. Nel secondo tempo è proprio Jorginho a mettersi in mostra, grazie a un filtrante no-look verso Luiz Araujo, che aggiunge il suo tocco di classe con un mancino a giro che si insacca alle spalle del portiere Ben Said. Nell’Esperance Tunisi, a parte un’ottima presenza di tifosi nelle tribune, da segnalare una delle figure più pittoresche di questo mondiale, l’attaccante Rodrigo Rodrigues.
Seconda giornata:
- Flamengo-Chelsea
- Los Angeles FC-Esperance Tunisi
Calcio
Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.
Le scelte per l’ultima di Spalletti
Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.
ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui.
Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.
Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.
Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.
Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…
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