Calcio
Notti europee: trionfi, cadute e sorprese tra le italiane

Si chiude con una serata ricca di gol, emozioni, sorprese la prima League Phase di questa nuova Champions League. Una serata dai due volti per le italiane, con l’Inter che stravince in casa e chiude al terzo posto. Milan e Juventus perdono malamente e giocheranno i play-off. L’Atalanta gioca una gran partita a Barcellona, ma non riesce a entrare tra le prime otto.
Barcellona-Atalanta
L’ennesima grande prestazione della Dea non basta. A Montjuic l’Atalanta pareggia con il Barcellona e conclude al nono posto
Approccio coraggioso e volenteroso da parte dell’Atalanta dinanzi a una delle corazzate di questa Champions. La risposta degli uomini di Flick è la consueta: linea alta, pressing alto e possesso palla costante. In fase di pressione l’Atalanta riesce a mettere in apprensione la difesa catalana, merito soprattutto del pressing isolato di Pasalic sui riferimenti. Al decimo minuto Balde e Szczesny sventano un potenziale autogol, percussione laterale di Zappacosta e cross teso dentro l’area piccola, chiusura dei due giocatori blaugrana. Il primo squillo del Barcellona porta la firma di Yamal, mancino a giro che spaventa la porta di Carnesecchi. Sono i due sussulti che stappano definitivamente il match: due giri d’orologio e Retegui si getta in profondità, calcia subito in diagonale e costringe Szczesny all’intervento in tuffo. Il canovaccio tattico dell’Atalanta è chiaro: non lasciare troppo spazio alla squadra di Flick, e cercare di allargare le maglie dei difensori blaugrana per attaccare ferocemente lo spazio con Retegui e De Ketelaere. Tutte le occasioni della prima frazione portano il sigillo dell’Atalanta, il Barcellona non forza la mano, se non con qualche sussulto di Yamal, e gioca di rimessa. Al 35′ Zappacosta trova il vantaggio con il destro, conclusione a giro dopo un rimpallo scaturito da De Ketelaere e Eric Garcia, rete annullata per un leggero fuorigioco dell’esterno italiano. Al rientro dagli spogliatoi il Barcellona trova il vantaggio: in contropiede Yamal supera Carnesecchi in uscita, mantiene a distanza Kolasinac e insacca a porta vuota. La risposta della Dea non tarda ad arrivare, anch’essa in contropiede: Pasalic porta palla, si allarga verso sinistra e incrocia verso destra, conclusione debole ma che Szczesny è bravo a sventare perché con le mani allontana la palla dai piedi di Retegui, pronto a colpire in ribattuta. Gasperini è costretto a inserire Scalvini al posto di Kolasinac, uscito malconcio dopo i dieci minuti di fuoco di Lamine Yamal. In contropiede l’Atalanta si scopre vistosamente, all’ora di gioco Lewandowski in scivolata non riesce a spingere il pallone dentro la porta. Carnesecchi nega la doppietta a uno scatenato Yamal, che cerca la soluzione con l’esterno -suo marchio di fabbrica. A rimettere -meritatamente- la gara in equilibrio ci pensa Ederson. Al 66′ il brasiliano riceve l‘assist al limite dell’area di Zappacosta, destro-sinistro per saltare Gavi e conclusione potente dove Szczesny non può arrivare. Flick adopera un triplo cambio, regalando minuti preziosi per Fermin Lopez, Cubarsi e Ferran Torres. Al 71′ i catalani si riportano avanti su calcio d’angolo: dalla bandierina Yamal cerca il secondo palo, Araujo viene lasciato solo dai difensori bergamaschi e di testa batte un incolpevole Carnesecchi. Gasperini risponde a tono con le staffette sugli esterni (Cuadrado e Ruggeri per Bellanova e Zappacosta) e il cambio tra Retegui e Zaniolo. Ancora una volta le sostituzioni portano una linfa nuova, che la Dea sfrutta subito per pareggiare la partita: cross bellissimo di De Roon in avvitamento, Pasalic toglie il pallone dalla disponibilità di Koundé e in scivolata trova il gol del meritato 2-2. Un pareggio che dimostra ancora una volta la consapevolezza della squadra di Gasperini. Al cospetto della corazzata Barcellona, la Dea non sfigura e torna a Bergamo con un’altra grande prestazione, ma con il rammarico di non esser riuscita a consolidare la settima posizione. La nona posizione nella classifica generale costringe l’Atalanta ai play-off, e l’avversaria verrà scoperta venerdì dal sorteggio. Il Barcellona conclude con il miglior attacco la sua League Phase, e manda un segnale forte alle avversarie per la vittoria finale.
Juventus-Benfica (A cura di Marco Rizzuto)
I bianconeri deludono e crollano in casa col Benfica
L’avvio allo Stadium è di fuoco, al primo minuto Di Maria salta secco McKennie per poi crossare verso Pavlidis che, non arriva alla conclusione per pochi millimetri. La Juventus risponde subito sfiorando il gol con Mbangula, il belga di testa trova la porta sul traversone di Conceicao ma risponde attentamente Trubin. Al 13′, Thiago Motta è costretto a mettere subito mano alla panchina, Kalulu dà forfait a causa di un problema muscolare, al suo posto Locatelli che torna a ricoprire il ruolo di difensore centrale dopo la sfida in Coppa Italia. Per la Juve il cammino si complica ulteriormente dopo pochi minuti, Pavlidis sigla la rete del vantaggio a favore dei portoghesi, battendo Perin da pochi metri dopo aver ricevuto l’assist di Bah all’interno dell’area di rigore. Dopo i primi caotici venti minuti i ritmi calano, ma bianconeri faticano a trovare la fluidità necessaria in mezzo al campo, iniziano ad essere tanti i palloni persi e lo Stadium inizia a rumoreggiare. Sul finale Gatti perde un pallone sanguinoso in area e rischia di causare il 2-0 per i portoghesi, Perin riesce a compiere un miracolo da pochi metri, deviando in calcio d’angolo la conclusione di Pavlidis. Il primo tempo racchiude la sofferenza bianconera nella gestione del pallone, serve un cambio di rotta radicale nella ripresa per riprendere in mano le redini del match. La seconda frazione vede una Juventus molto più determinata e decisa alla ricerca del pareggio. All’ora di gioco Yildiz sfiora il gol calciando sull’esterno della rete dopo aver raccolto la sfera da Vlahovic. Per riaprirla Motta inserisce Koopmeiners e Nico Gonzalez, con la speranza di dare la scossa necessaria. Col passare dei minuti il secondo tempo diventa un monologo bianconero, ma continuano a mancare le occasioni nitide per mettere in discussione la porta inviolata di Trubin. Al 76′ l’estremo difensore ucraino compie un miracolo sulla girata di testa di Douglas Luiz sul cross di McKennie. Sebbene l’atteggiamento più propositivo, la Juventus continua ad essere inefficace sotto porta. All’82’ il Benfica raddoppia con Kokcu: il fantasista, dopo il velo di Akturkoglu, calcia dal limite bucando Perin. Dopo la rete dello 0-2 la Juventus getta la spugna. La gara volge al termine tra i fischi dello Stadium, con la Juve che termina ventesima nella classifica unica entrando ai playoff per gli ottavi di finale. L’avversaria dei bianconeri verrà svelata dal sorteggio di venerdì prossimo.
Inter-Monaco (A cura di Tommaso Patti)
Un super Lautaro sigilla il quarto posto. Che Inter a San Siro!
Per continuare la striscia di dodici vittorie di fila in Champions League e consolidare la posizione in classifica, Inzaghi decide di schierare i migliori undici per fronteggiare il Monaco, nonostante la sfida di domenica contro il Milan. Malgrado la netta differenza sulla carta tra le due squadre, Hütter e i suoi uomini iniziano la gara in maniera arrembante, lottando su ogni pallone e tenendo alta la linea difensiva, calando però di ritmo e personalità già dal terzo minuto di gara. Durante la prima azione manovrata dai nerazzurri nella trequarti avversaria, Thuram si procura un calcio di rigore sul contatto falloso di Zakaria ai danni del francese, successivamente punito dal direttore di gara con il cartellino giallo. Dal dischetto Lautaro Martinez sceglie la potenza piuttosto che la precisione, scelta che ripaga il capitano nerazzurro nonostante il tocco da parte dell’estremo portiere monegasco. Successivamente, i biancorossi non riescono a reagire al gol subito, uscendo subito dalla partita, i francesi commettono errori di marcatura e interventi fallosi, uno di questi fatali ai fini del risultato, a causa dell’espulsione di Mawissa per un fallo da ultimo uomo su Thuram, lanciato in solitaria verso la porta avversaria. Sul punto di battuta si presenta Dimarco, che calcia benissimo ma trova l’opposizione di Majecki, che si rifugia in calcio d’angolo. Il momento superlativo dell’Inter si riflette nella grinta dei singoli e nella bellezza del gioco collettivo, che trova il suo massimo splendore nell’occasione che porta la squadra di Inzaghi sul 2-0, rete nata dall’allontanamento del pallone da parte di Majecki, raccolto da Barella che successivamente innesca Lautaro al limite dell’area, la cui conclusione di prima termina in rete, sottolineando ancora di più il proprio stato di grazia dopo un periodo ricco di difficoltà. L’inferiorità numerica e il doppio svantaggio, costringe il Monaco ad effettuare un cambio immediato: l’uscita di Akliouche per Caio Henrique risuona come un tentativo disperato di Hütter per provare ad arginare (le finora) irrefrenabili avance nerazzurre. Dopo quarantacinque minuti di dominio nerazzurro, il ritmo si abbassa inevitabilmente ma la formazione di casa rimane sempre in possesso del pallino del gioco. Nei primi minuti del secondo tempo, l’Inter sfiora due volte la terza rete, con protagonisti Pavard e Barella, facendo i conti però con parecchia imprecisione e bravura da parte di Majecki. Con il risultato e il piazzamento sempre più sicuro, Inzaghi decide di inserire Arnautovic, Frattesi, Carlos Augusto e Darmian, cambi effettuati per far rifiatare i propri giocatori in vista del derby. Al 67′ minuto, sul tiro respinto ai danni di Mkhitaryan, Lautaro chiude definitivamente la partita, firmando con un tap-in, la sua prima tripletta nerazzurra in Champions League. Prima del triplice fischio, il Monaco oltre alla partita perde per infortunio Teze, mentre Inzaghi butta nella mischia il giovanissimo Giacomo De Pieri, all’esordio in prima squadra. Con il successo totale sul Monaco, l’Inter evita i play-off e accede direttamente e meritatamente agli ottavi di finale, concludendo il girone al quarto posto a quota 19 punti. Sconfitta pesante per il club monegasco, che chiude la Phase League in zona play-off.
Dinamo Zagabria-Milan
Nervosismo e tanta confusione. Un brutto Milan perde a Zagabria
La catena di sinistra rossonera è quella più attiva in avvio di gara. Theo Hernandez si spinge spesso in avanti e tutti i cross sono indirizzati sul primo palo, dove Morata tenta l’anticipo sulla difesa schierata, e rocciosa, della Dinamo. I croati cercano di non sbilanciarsi nelle due linee, l’equilibrio e ciò che viene richiesto maggiormente da Cannavaro. Al 9′ Maignan blocca una conclusione debole di Ademi, destro al volo da posizione molto ravvicinata. L’occasione del centrocampista macedone è solo l’antipasto, poiché il piatto viene servito al 18′: Gabbia incespica nel controllare un passaggio di Pavlovic, spiana la strada a Baturina che porta palla e con freddezza batte Maignan. Il Milan è visibilmente frastornato, cerca di appoggiarsi alle sgasate di Leao, spesso ingabbiato dai difensori croati, o maldestro e poco lucido nella transizione. Dall’altra parte il vantaggio non fa che favorire la gara voluta dalla squadra di Cannavaro, che cerca di mantenere il pallone nella maniera più lucida possibile, giocando in verticale per sfruttare una linea altissima voluta da Conceicao. Le difficoltà principali del Milan sono in fase di impostazione, dove Tomori (nell’insolita posizione di terzino destro, a causa dell’infortunio di Emerson Royal e la squalifica di Calabria) non riesce a essere pulito nelle giocate. L’unica conclusione del primo tempo rossonero arriva dai trenta metri, un mancino di Fofana con tanta forza ma nessuna precisione. La serata dei rossoneri si complica ulteriormente quando Musah commette una vera e propria ingenuità al 39′, l’americano ferma in maniera irregolare Stojkovic e riceve il secondo giallo della sua gara. Dopo un diverbio molto acceso con l’arbitro abbandona il campo, lasciando i rossoneri in dieci e sotto di un gol. La Dinamo gioca sul velluto, si divora un’occasionissima a due dall’intervallo: Kulenovic riceve palla in area, lasciato completamente da solo dai difensori rossoneri, vede l’uscita di Maignan ma non riesce a inquadrare lo specchio della porta. Conceicao decide di cambiare subito all’intervallo: Terracciano e Chukwueze al posto di Morata e Gabbia. Al 52′ il Milan rimette in equilibrio la gara, con il solito Pulisic: l’americano riceve palla, si allarga e calcia bene sul primo palo, la papera di Nevistic permette ai rossoneri di ritornare in partita, quarto gol in sette gare per Pulisic, sempre più trascinatore di questo Milan. L’equilibrio della squadra di Conceicao rimane sempre sottile, tre minuti dopo solo il fuorigioco nega alla Dinamo il nuovo vantaggio, firmato da Kulenovic. Anche nella ripresa i croati rimettono il muso avanti, all’ora di gioco Pjaca controlla il pallone con il destro, si porta la sfera sul mancino e incrocia benissimo sul secondo palo, gran gol per una delle vecchie conoscenze della Serie A. È un match folle quello del Maksimir di Zagabria, due minuti dopo Leao sguscia in mezzo ai difensori croati, viene steso da Nevistic e conquista il calcio di rigore. Dopo una revisione al VAR Letexier revoca il penalty a causa di una sbracciata di Leao nel corso dell’azione. Leao ci prova da fuori area con una rasoiata sul primo palo, attento Nevistic in tuffo. Okafor e Abraham entrano nel finale per cercare di pareggiare la gara, e lo svizzero sciupa una buona occasione da distanza ravvicinata, conclusione pessima del numero 17 rossonero. Nel finale la squadra di Cannavaro riesce a mantenere il risultato fino al termine. Un successo amaro per entrambe, poiché la Dinamo Zagabria conclude la propria League Phase al 25° posto, a una posizione dalla qualificazione ai play-off; Dall’altra parte il Milan gioca una gara nervosa, disordinata e con pochissime idee. L’ingenua espulsione di Musah ha messo ulteriormente in salita la gara e nemmeno il sigillo del solito Pulisic ha potuto evitare la seconda sconfitta “dell’era Conceicao”. La sconfitta del Maksimir getta fuori il Milan dalle prime otto, e adesso l’avversaria dei rossoneri verrà fuori dal sorteggio di venerdì.
Il Bologna conclude la sua esperienza europea con un pareggio in casa dello Sporting Lisbona. Apre la gara Tommaso Pobega, mentre nel secondo tempo i campioni di Portogallo rimettono in equilibrio la gara con il gol di Harder. Un percorso concluso in crescendo per la squadra di Italiano, che però non è riuscita a conquistarsi un posto tra le prime 24.
TUTTE LE SQUADRE QUALIFICATE
(Le prime otto passano direttamente agli ottavi)
- Liverpool
- Barcellona
- Arsenal
- Inter
- Atletico Madrid
- Bayer Leverkusen
- Lille
- Aston Villa
- Atalanta
- Borussia Dortmund
- Real Madrid
- Bayern Monaco
- Milan
- PSV
- PSG
- Benfica
- Monaco
- Brest
- Feyenoord
- Juventus
- Celtic
- Manchester City
- Sporting Lisbona
- Club Brugge
Calcio
Succede tutto nella ripresa. Il Derby della Capitale termina senza vincitori

Dopo le scintille dell’andata, il derby capitolino tra Lazio e Roma regala meno emozioni e un risultato equilibrato. Nonostante le solite scaramucce da derby, le due squadre si annullano e portano a casa un punto ciascuno. Al gol di Romagnoli risponde il capolavoro di Soulé, tutto nel secondo tempo.
Defezioni da una parte e dall’altra: Ranieri, senza Dybala, si affida a Pellegrini e Soulé alle spalle di Dovbyk. La Joya ha chiuso anticipatamente la sua stagione, ma siede in panchina per supportare al massimo i compagni. Torna Saelemaekers dalla squalifica, e si riprende il suo posto nell’out di destra. La vera sorpresa è nei tre di difesa, perché Ranieri schiera Celik come braccetto di destra al fianco dei soliti Mancini e Ndicka. Sponda biancoceleste si deve smaltire il brutto colpo subito in Norvegia dal Bodø/Glimt, e Baroni allora si affida a Castellanos. Il Taty torna a vestire una maglia da titolare dopo quasi un mese di assenza, fondamentale la sua presenza per le geometrie e le offensive dell’attacco laziale. Confermato Mandas tra i pali (il greco è stato il migliore dei biancocelesti contro il Bodo) mentre Luca Pellegrini sostituisce l’infortunato Tavares, alle prese con l’ennesimo infortunio muscolare della sua stagione.
Davanti alle solite coreografie meravigliose delle due tifoserie, la contrapposizione tra due credi calcistici tanto vicini quanto opposti, il derby comincia con la Roma in possesso palla. Non ci sono particolari tatticismi, le due squadre cercano di non scoprirsi troppo e concedere occasioni. Per alzare i toni agonistici Paredes commette una delle sue solite ingenuità e regala una punizione insidiosa alla Lazio, Cartellino giallo per l’argentino, reo di aver colpito con una manata Zaccagni; sugli sviluppi del piazzato gran cross verso Romagnoli, bravo a sventare più in alto di tutti ma è ancora più bravo Svilar a respingere con le mani. A fare la partita è sempre e soprattutto la formazione di Baroni, mentre Sozza sceglie un metro di giudizio piuttosto duro per evitare che la serata si accenda. La Roma fatica a entrare in partita, e il solito Isaksen comincia ad accendersi con il passare dei minuti. Il danese sfiora un gran gol al 22′, quando manda a vuoto Ndicka e Angelino, arriva davanti a Svilar ma ancora una volta trova la grande opposizione del portiere della Roma. La fascia sinistra dei giallorossi va in difficoltà contro l’elettricità di Isaksen, e su quella zona la Lazio trova sempre spazio per costruire occasioni importanti. Il duello è ormai il consueto, Isaksen contro Svilar, e al 37′ il portiere belga sventa un’altra conclusione insidiosa dell’attaccante laziale. Il ritmo non si accende nonostante qualche piccola scintilla tra i giocatori in campo, e all’intervallo l’Olimpico fischia a causa del poco spettacolo regalato dalle due squadre nei primi 45′. Da segnalare l’ammonizione di Isaksen nel recupero, il danese -diffidato- salterà la prossima gara dei biancocelesti, a Marassi contro il Genoa di Vieira.
Al rientro dagli spogliatoi Ranieri sostituisce subito l’ammonito Paredes con Cristante, mentre Baroni non cambia il proprio scacchiere. La partita si apre dopo nemmeno sessanta secondi: punizione dalla linea laterale per la Lazio, Luca Pellegrini mette in mezzo un cioccolatino che viene scartato dall’incornata di Romagnoli. Vantaggio meritato per quanto visto nel primo tempo, in cui la Lazio ha oggettivamente creato di più rispetto a una Roma piuttosto compassata. L’agonismo che si era visto saltuariamente si accende subito dopo il vantaggio dei biancocelesti, con Saelemaekers e Gigot che si scambiano alcuni colpi poco consentiti, da cui si accende una piccola rissa, placata subito dalla gestione della partita da parte dell’arbitro Sozza. Il primo vero sussulto della gara della Roma arriva su calcio d’angolo, al 53′ cross profondo di Saelemaekers verso Mancini, il centrale indirizza verso il secondo palo ma Mandas riesce a salvare la porta biancoceleste, bravo il portiere greco a slanciare sulle gambe e distendersi bene. Ranieri capisce il m0mento di difficoltà e cerca di restituire nuova linfa con Shomurodov al posto di Pellegrini. La soluzione è la stessa che aveva permesso ai giallorossi di pareggiare la Juventus: doppio centravanti, con Shomurodov incaricato di roteare attorno a Dovbyk. La Lazio continua a creare pericoli grazie alle palle inattive, con Pellegrini che diventa sempre più pungente con i suoi cross forti e precisi. Al 64′ Zaccagni sfiora il raddoppio con la sua solita giocata, il capitano biancoceleste sfrutta la sovrapposizione di Pellegrini per costruirsi il tiro a giro, palla che termina di poco a lato ma Svilar sembrava in controllo della traiettoria. Nonostante l’occasione la squadra di Baroni comincia a tirare un po’ il fiato, e la Roma comincia a sviluppare con più intensità nella metà campo laziale, anche se l’abnegazione e il sacrificio dei giocatori della Lazio è lodevole. Il pareggio della Roma arriva con un capolavoro di Soulé: senza Dybala in campo, ci pensa l’altro argentino a regalare un gioiello al pubblico dell’Olimpico. Al 68′ Saelemaekers appoggia verso Cristante, Soulé arriva in anticipo e calcia subito, la palla sbatte due volte sulla traversa ma l’orologio dell’arbitro (con la goal-line-technology) vibra e rimette in parità la gara. Ancora una volta i cambi di Ranieri sono riusciti a ribaltare l’inerzia della gara, e la stanchezza della Lazio comincia a diventare un fattore. Baroni pensa anche al ritorno dei quarti di finale di Europa League, e sostituisce Castellanos e Isaksen con Pedro e Dia. Cambi che arrivano in un momento in cui i biancocelesti sono in evidente difficoltà, e Pedro prova subito a scuotere la squadra. Al 74′ conclusione potente dal limite dell’area dello spagnolo, ma ancora una volta Svilar non si fa sorprendere e chiude in angolo. Un minuto dopo la Lazio ha un’altra occasione: palla in mezzo alla ricerca di Boulaye Dia, Ndicka rischia l’autogol in scivolata ma trova ancora l’ennesima chiusura di Svilar, fondamentale nella risposta sul centrale ivoriano e nella chiusura su Dia, che cerca di convertire in rete il pallone vagante rimasto nei pressi dell’area piccola. Grazie alle sostituzioni, la Lazio riottiene energia e qualità e Baroni adopera altre due mosse: fuori uno stremato Zaccagni e un evanescente Dele-Bashiru, dentro Noslin e Belahyane. Ranieri invece risponde con Baldanzi al posto di Dovbyk, mettendo fine alla soluzione del doppio centravanti, che anche questa volta ha permesso alla Roma di rimettere in equilibrio una gara dopo l’iniziale svantaggio, e poi con Rensch ed El Shaarawy per Saelemaekers e Soulé. Nel recupero la Lazio sfiora in due occasioni il nuovo vantaggio, ma la difesa giallorossa riesce a chiudere la porta e alzare il baricentro per negare qualsiasi altra occasione.
Un pareggio che per la classifica non da una grande spinta a nessuna delle due. La Lazio rimane al sesto posto, a quota 56 punti e a caccia della zona Champions che dista soli tre punti. La Roma fallisce l’occasione di superare i rivali di sempre, e adesso necessita un cambio di passo importante per sognare una rimonta europea. Ranieri ancora una volta riesce a ribaltare l’inerzia della partita grazie ai cambi, anche se il pareggio è firmato da Saelemaekers e Soulé che erano in campo dall’inizio. Se il derby si chiude in parità, tanti sono i meriti dei due portieri, perché Mandas ha chiuso la porta su Mancini, mentre Svilar ha chiuso praticamente qualsiasi offensiva della Lazio. Occhi puntati sulla squadra di Baroni, adesso chiamata a rimontare il 2-0 subito in Europa League. Una gran fetta della stagione dei biancocelesti si decide giovedì sera all’Olimpico, anche in vista delle prossime gare.
Calcio
Europa e Conference, quarti di andata: Lazio freddata, cuore Viola in Slovenia

Europa e Conference League sono ormai arrivate ai quarti di finale, con le gare di andata che hanno già fornito i loro verdetti. Serata dolceamara per le italiane, mentre negli altri match in giro per l’Europa gol e spettacolo non sono affatto mancati.
EUROPA LEAGUE
L’Italiana
La terra novergese, si sa, e soprattutto per le italiane, è un campo che ormai diventa un fortino molto complicato da sormontare. Ce lo dimostrano, su tutto, i numeri in casa del Bodo, che in Europa, in casa, nelle ultime dieci partite ha collezionato ben nove vittorie. La squadra di Baroni arriva in terra scandinava consapevole di ciò che l’avrebbe aspettata: zero gradi ad aprile, freddo e una squadra che sa mettere in difficoltà anche le compagini più quotate, e il campo lo dimostra sin da subito. La prima metà di gara non tarda a dimostrare quanto detto, il Bodo tiene sempre e costantemente il pallino del gioco in mano, possesso palla, palleggio, dominio assoluto del centrocampo, portano in scena un primo tempo senza interpretazioni che vede la squadra di Baroni totalmente assente sul piano del gioco, per quanto un pò più solida nelle retrovie. Nel secondo tempo, inevitabilmente, la storia cambia, con i biancocelesti che dopo appena un minuto vengono gelati dal gol di Saltnes arrivato a seguito di un’azione costruita magistralmente dai norvegesi, che riescono ad arrivare serenamente a tu per tu con Mandas, insaccando la sfera. La Lazio, dopo il gol, non prova nemmeno a reagire, e paradossalmente si sottomette ancora di più all’assalto giallonero, tentando di difendere il difendibile per provare una possibile rimonta all’Olimpico, ma il Bodo non è della stessa idea e a venti minuti dalla fine, ancora con Saltnes, che con un tocco sotto supera Mandas e trova il raddoppio che annichilisce definitivamente gli uomini di Baroni, autori di un disperato (e vano) tentativo di salvataggio sulla linea. Da qui in poi, il dominio dei padroni di casa è totale, a centrocampo si vedono solo frecce giallonere che trafiggono lo scudo celeste, arrivando, ancora una volta troppo facilmente, a tu per tu con Mandas, autore di una parata fondamentale sul tentativo di Saltnes che avrebbe siglato la tripletta personale. A un minuto dallo scadere la Lazio rischia ancora di subire la terza rete, negata, ancora una volta, e stavolta clamorosamente sulla linea, dal portiere greco. Giovedì prossimo, all’Olimpico, la Lazio sarà chiamata ad attuare una clamorosa e (per quanto visto ieri) insperata rimonta, cercando di approdare alle semifinali, dopo aver chiuso il girone iniziale al primo posto.

Foto: X BeFootball
Le altre sfide
Oltre alla debacle biancoceleste, il giovedì sera ci regala altri tre risultati, tre pareggi che renderanno i quarti di ritorno della prossima settimana ancora più entusiasmanti. Nel nord di Londra, due giorni dopo la maestosa impresa dell’Arsenal contro il Real, il Tottenham non va oltre il pareggio con un ottimo Eintracht Francoforte, che apre le marcature con il gol fulmineo di Ekitike per poi farsi pareggiare da Pedro Porro. Sempre nella terra del re, stavolta il Scozia, i Glasgow Rangers, in dieci per quasi ottanta minuti, riescono ad inchiodare sullo 0-0 l’Athletic Bilbao, “killer” della Roma agli ottavi. Ultimo, ma non per importanza, il match tra Lione e Manchester United, preceduto da diversi battibecchi, in particolare tra Matic e Onana, con il primo che accusa quest’ultimo di essere il portiere più scarso della storia dei Red Devils, probabilmente non sbagliando, dal momento che due gravi errori dell’ex Inter permettono ai francesi prima di andare in vantaggio e poi di pareggiare all’ultimo secondo con i gol di Thiago Almada e di Cherki, compensati, nella compagine inglese, dalle marcature di Yoro e Zirkzee.
Il protagonista
Quattordici anni al Bodo, una doppietta nel gelo della Norvegia che condanna gli avversari, dominio assoluto, leadership nel reparto avanzato della sua squadra e vantaggio di due gol nella gara di ritorno: Saltnes non può che essere il protagonista di questa settimana, con i due gol probabilmente più importanti della sua carriera che potrebbero far sognare in grande il Bodo/Glimt, unica squadra dei quarti di andata ad uscire vincitrice dalla propria gara. Aspettando di vederlo sul campo dell’Olimpico, Saltnes ha mandato un messaggio chiaro a tutta l’Europa, dimostrando che, in corsa per questa competizione, non bisogna dare per spacciato mai nessuno.

Foto: X Play Spor
La conferma
Nessuna conferma, se non l’equilibrio e lo spettacolo che questa competizione riesce a mettere in scena ad ogni giornata. Tre pareggi e un risultato a sorpresa confermano quanto l’Europa League risulti, ogni anno, sempre più equilibrata e a tratti anche meglio della Champions, dove non mancano, ancora ai quarti di finale, risultati altisonanti come il 4-0 del Barcellona e dove sembrano esserci squadre con la strada spianata.

Foto: DAZN
La delusione
Parlare della Lazio sarebbe scontato e anche ripetitivo, per questo non si può non parlare dell’Athletic Bilbao. Dopo aver eliminato la Roma con una prestazione pressoché magistrale, nonostante il vantaggio numerico, i Baschi si trovano nuovamente sopra di un uomo contro i Rangers per quasi tutta la partita, non riuscendo però ad incidere e ad insaccare nemmeno un gol. Le statistiche parlano chiaro: 71% di possesso palla ma solo tre tiri in porta, decisamente troppo poco per una squadra che, sul piano offensivo, ha uno dei migliori reparti della competizione. Al ritorno, seppur in casa, la squadra di Valverde dovrà fare in modo che questa mancata e necessaria vittoria non gli costi caro.

Foto: X Athletic Bilbao
CONFERENCE LEAGUE
L’Italiana
Una partita semplice, quantomeno sulla carta, nel secondo tempo mette alle strette la Fiorentina, che con cuore, grinta, e un super De Gea, si porta a casa il quarto di finale di andata contro un Celje ostico spinto da un pubblico di casa tutt’altro che sereno. Il primo tempo arride alla viola, che sembra tenere in mano il pallino del gioco, eccezion fatta per i primi minuti di partita in cui i padroni di casa, spinti dall’entusiasmo del pubblico casalingo, riecsono a rendersi pericolosi in un paio di occasioni che culminano sull’esterno della rete. La costruzione della squadra di Palladino, favorita a centrocampo dall’immensa qualità di Adli, Cataldi e Mandragora, riesce a dare il via a moltissime occasioni pericolose che impensieriscono la difesa slovena. Nelle retrovie, Ranieri e Matìas Moreno riescono a dare una sicurezza, sia difensiva che nel palleggio, fuori dal comune, compensando le prestazioni tutt’altro che perfette di Comuzzo e Pongracic. Sulle fasce la spinta è poderosa, e poco dopo la metà del primo tempo, Ranieri sigla il gol dell’1-0, saltando due avversari e, con un pò di fortuna e complicità da parte di Ricardo Silva, insaccando il gol dell’1-0, che permette alla viola di portare avanti un primo tempo in gestione totale del gioco, tenendo a bada il potenziale offensivo del Celje. Nel secondo tempo, quantomeno durante le prime battute, la storia non cambia, e il gioco viola la fa da padrone per buona parte della frazione. Verso il sessantesimo, un rilancio di De Gea, prolungato dal tocco di Folorunsho, arriva nei piedi di Mandragora che in mezzo a tre avversari viene steso con un pestone da Karnicnik, capitano avversario, il cui gesto viene sanzionato con un calcio di rigore in seguito alla consueta on-field review. Sul dischetto si presenta proprio Mandragora, che corona una prestazione pressoché impeccabile con il gol del 2-0. In questa stagione, come ormai noto, la Fiorentina mostra però un rendimento altalenante, che si rende manifesto proprio nei risultati in trasferta in Conference, in cui è arrivata una sola vittoria, contro il San Gallo. Appreso ciò, non stupisce che il Celje, per la mezz’ora finale, si svegli e domini il piano del gioco, trovando anche il gol del 2-1 su situazione di penalty, causato da Pongracic che entra in maniera abbastanza dura su Matko, venendo sanzionato con il fallo e venendo graziato con l’estrazione solo del cartellino giallo, nonostante il giocatore avversario stesse colpendo a botta sicura da solo davanti alla porta spalancata di De Gea. Dal dischetto Delaurier Chaubet non sbaglia e negli ultimi venti minuti il Celje le tenta tutte per pareggiare, sbattendo sempre sul muro alzato da un maestoso De Gea, che mette il sigillo al match con una parata formidabile all’ultimo secondo.

Foto: X ACF Fiorentina
Le altre sfide
Il giovedì di Conference non delude le aspettative, portando in campo risultati che ci si poteva aspettare e che vanno a favore delle quattro “big” rimaste in gara. Nell’anticipo del pomeriggio, il Chelsea schianta, fuori casa, il Legia Varsavia grazie alla doppietta di Madueke e al gol del diciannovenne George, assicurandosi la qualificazione già ai quarti di andata con il compito di andare a Stamford Bridge per chiudere definitivamente la pratica. Vince abbastanza agilmente anche il Betis contro la sorpresa Jagiellonia, che si deve arrendere ai colpi di Bakambu e di Jesus Rodriguez e che, in Polonia, combatterà fino alla fine per ribaltare il proprio destino. Infine, vince in esterna anche il Rapid Vienna che batte il Djurgarden di misura grazie all’autogol di Finndeli.
Il protagonista
Quindici minuti per archiviare, probabilmente, la qualificazione in semifinale. Noni Madueke si prende sempre di più il Chelsea, con l’ultimo anno, e in particolare questa stagione, che ha visto alzarsi vertiginosamente il livello delle sue prestazioni, sempre più fondamentali per la squadra di Maresca, anche e soprattutto in Europa. Sulle ali dell’entusiasmo e dei suoi giovani, il Chelsea si sta facendo strada, trovando nell’esterno inglese uno dei suoi maggiori interpreti, con le conferme che arrivano partita dopo partita.

Foto: X Chelsea Photos
La conferma
Il 2025 è a tinte biancoverdi: il Betis, con l’arrivo dell’anno nuovo, sembra aver cambiato mentalità. In campionato è probabilmente la squadra più in forma del momento, e le grandi prestazioni arrivano anche in Conference. Due gol, una vittoria pulita e nessuna rete subita, i numeri della serata di ieri degli spagnoli sono l’emblema del meraviglioso periodo della squadra. C’è chi ironizza (oppure chi è serio) e dice che l’arrivo di Antony abbia svoltato la squadra, ma in realtà, oltre ciò, dietro i risultati della compagine biancoverde c’è il meraviglioso lavoro di Manuel Pellegrini, che sta mettendo sù un Betis formato europeo, che mai si era visto prima e che si candida seriamente alla vittoria finale dopo la vittoria sullo Jagiellonia, sorpresa di quest’anno.

Foto: X Real Betis
La delusione
Poco minutaggio in campionato, gioca in Europa e combina disastri, così come in quei pochi minuti che gli vengono concessi in Serie A. Marin Pongracic è arrivato a Firenze con il compito di diventare il leader della difesa viola, ma quando c’è lui in campo la squadra di Palladino sembra non avere punti di riferimento lì dietro. Nonostante la vittoria dei suoi, la prestazione del centrale croato è tutt’altro che da incorniciare. Il Celjie torna in partita grazie ad un rigore causato da lui, che viene graziato dall’arbitro non venendo espulso. Dopo la prestazione di ieri, c’è da capire se Palladino intende dargli ancora fiducia o preferirà correre ai ripari puntando ad una soluzione più solida.

Foto: X ACF Fiorentina
Calcio
Champions League, quarti di andata: Barcellona a valanga, spettacolo all’Emirates

I primi atti dei quarti di finale sono tutti in archivio. Tra calcoli cervellotici per il ranking e un mix di sorprese, abbinata alla solita parata di stelle, la Champions continua a non perdere quel fascino e quello smalto delle serate di grande, grandissimo, calcio.
L’Italiana
Va all’Inter il primo atto dei quarti di finale. In casa del Bayern Monaco la squadra di Inzaghi gioca una partita strepitosa sotto tutti i punti di vista e torna da Monaco di Baviera con la consapevolezza di poter mettere in difficoltà chiunque. Precisi, lucidi, compatti fino all’osso e terribilmente cinici ed estetici. Al cospetto del più quotato Bayern (nonostante le assenze) la squadra di Inzaghi ha saputo sfruttare al meglio le occasioni capitate tra i piedi dei nerazzurri. Con un pizzico di fortuna, che grazia la retroguardia interista dalla conclusione pessima di Kane, che in quella posizione difficilmente sbaglia, l’Inter mette in campo quei movimenti codificati che mandano in tilt qualsiasi squadra. Alla vigilia il rebus principale era legato alla gestione spasmodica del pallone, e il prato dell’Allianz non ha tradito le attese: tanto possesso dei bavaresi, ma transizioni rapide e pungenti dei nerazzurri. La difesa del Bayern, completamente rivisitata dai tanti infortuni, non è riuscita a prevalere nel duello individuale contro i riferimenti nerazzurri, sempre molto bravi a divincolarsi dalla pressione e scombinare qualsiasi castello difensivo. Il vantaggio di Lautaro Martinez è un manifesto dell’ideologia di Simone Inzaghi: un possesso ragionato, ma molto preciso e rapido, che parte da sinistra e poi si conclude al centro dell’area con il solito gioco delle coppie. Il lavoro sporco, si fa per dire, dell’assistente per la finalizzazione del capitano; l’incredibile sponda di tacco di Thuram per l’arrivo di Lautaro Martinez, lucidissimo nel freddare Urbig con l’esterno del piede destro. Nel secondo tempo il Bayern alza il pressing, cementa la linea di centrocampo con un Goretzka sempre più presente in mezzo al campo, mentre l’Inter comincia a tirare il fiato. Kompany riacciuffa il pari grazie alla fame e alla grinta del più bavarese di tutta la rosa, e il pari dell’eterno Thomas Muller sembra mettere una toppa alla prestazione opaca del Bayern. L’Inter non si scompone, anzi trova paradossalmente la scintilla per piazzare la scossa decisiva: solita costruzione dal basso, sempre mirata a cacciar fuori i difensori bavaresi, Lautaro e Barella muovono velocemente la palla e spianano il campo a Carlos Augusto, lucido nel servire Frattesi che quando attacca l’area sa sempre come punire. In attesa del ritorno di mercoledì prossimo, l’Inter ci tiene a ribadire la crescita e la pulizia che Inzaghi ormai ha impiantato nel dna della squadra. Occhio però a sottovalutare il Bayern, i tedeschi sanno sempre come rimettersi in corsa anche nelle situazioni più improbabili.

Foto: gameofgoals.it
Le altre sfide
Oltre al successo dell’Inter in Baviera, il martedì si impreziosisce con una vittoria maestosa dell’Arsenal di Arteta sui campioni del Real Madrid. Un successo schiacciante, certificato dal 3-0 con cui i Gunners andranno a Madrid a difendere il pass per la semifinale, che in questo momento sembra indirizzato verso Londra. Nelle altre due gare che chiudono i quarti, regalano spettacolo sia Barcellona che Paris Saint Germain. I blaugrana schiantano per 4-0 il Borussia Dortmund a Montjuic, mentre i ragazzi di Luis Enrique, freschi campioni di Francia, vincono e si divertono contro l’Aston Villa. 3-1 al Parco dei Principi sotto i colpi di Doué, Kvaratskhelia e Nuno Mendes, una rete più bella dell’altra; per i Villans a segno il solito Morgan Rogers.
Il protagonista
Più di 300 gare senza riuscire a insaccare un piazzato alle spalle del portiere. La magia della Champions si racchiude anche nell’imprevedibilità con cui certi eventi si verificano. Declan Rice ad oggi si può considerare tranquillamente uno dei centrocampisti più completi al mondo, e la prestazione contro il Real Madrid non verrà di certo dimenticata. L’astuzia e la precisione del centrocampista inglese si racchiudono nella punizione con cui stappa la gara, conclusione molto potente e molto effettata che batte Courtois -non proprio impeccabile. La serata del centrocampista dei Gunners assume quella parvenza di magia quando dopo dieci minuti piazza un’altra punizione alle spalle di Courtois, questa volta all’incrocio dei pali. La foto della sfera che si adagia sotto i legni è una delle immagini più belle e suggestive dell’intera stagione calcistica.

Foto: X Champions League
La conferma
Questo Barcellona adesso comincia a fare seriamente paura. In soccorso a questa teoria arrivano i numeri offensivi della squadra di Flick: 145 gol in 47 partite, una media di più di tre reti per gara. Numeri spaventosi, che mostrano quanto il club catalano abbia trovato un’alchimia in campo che non lascia scampo agli avversari. Il 4-0 casalingo contro il Borussia Dortmund è una prova di forza totale dei blaugrana: la doppietta del solito, meraviglioso, Robert Lewandowski, che quando vede giallo e nero si scatena (il Borussia Dortmund è la sua vittima preferita, 29 gol in 28 partite), e i sigilli dei due esterni più forti d’Europa, Raphinha (12 gol in 11 gare di Champions) e Lamine Yamal, permettono alla banda di Flick di ipotecare la semifinale già nel primo atto dei quarti. Il calcio sa sempre regalare imprese e rimonte leggendarie, ma al cospetto di questo Barcellona non sembra esserci trippa per gatti. La strada verso Monaco di Baviera ha trovato l’auto di punta…

Foto: X FC Barcelona
La delusione
Nonostante il ritorno da giocare -e vivere- al Bernabeù, il Real Madrid esce dall’Emirates con le ossa rotte. Il percorso della squadra di Ancelotti in questa Champions continua a mostrare difficoltà e brutte battute d’arresto. Dinanzi a un Arsenal decisamente più in palla, i Blancos non sono riusciti a far valere i gradi di campioni d’Europa in carica. In vista del ritorno di mercoledì prossimo, se l’irreale dovesse concretizzarsi nuovamente al Santiago Bernabeù, il Real Madrid dovrà ereggere un monumento a Thibaut Courtois. Nonostante l’errore in occasione della prima punizione di Rice, le parate dell’estremo difensore belga sono state preziose per evitare un parziale peggiore. Assenti ingiustificati tutti gli Avengers in avanti, ingabbiati dalla freschezza e dall’intensità messa in campo dalla squadra di Arteta. Mbappé e Vinicius sono chiamati a dare un segnale feroce dinanzi al pubblico che più di ogni altro è riuscito a trasformare l’impossibile in possibile. Job not finished!
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