Calcio
Il Supercommento della 27ª Giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della ventiseiesima giornata di Serie A.
Fiorentina – Lecce (A cura di Tommaso Patti)
Sotto il segno di Gosens. La Fiorentina si rialza e batte di misura il Lecce
Dopo tre sconfitte di fila, la viola approda il match in maniera aggressiva, nel tentativo di superare un Lecce anch’esso in piena difficoltà. L’approccio tattico degli uomini di Palladino permette ai padroni di casa di attaccare l’area di rigore di rigore avversaria con tanti uomini, situazione che va a favore della Fiorentina già al nono minuto, quando su un cross di Dodò, Robin Gosens salta più in alto di tutti anticipando la difesa salentina, insaccando il pallone alle spalle di Falcone e trovando la sua terza rete in stagione. Dopo un inizio conservativo, il Lecce prova a rimettere il risultato in parità, sfiorando il gol con Krstovic e Karlsson, quest’ultimo privato della gioia del gol da un’uscita superlativa di De Gea. Dopo una prima frazione giocata ad alti livelli, la prima parte della ripresa vede entrambe le squadre giocare con un ritmo meno elevato. Al 72’, su un calcio battuto da Fagioli, la Fiorentina reclama un calcio di rigore per un fallo di manco di Pierret, intervento giudicato irregolare da Marianelli. Dagli undici metri si presenta Beltran che spiazza Falcone, ma colpisce il palo, sciupando un enorme opportunità per indirizzare definitivamente la partita. Due minuti più tardi, la Fiorentina sfiora nuovamente il goal del raddoppio con la conclusione al volo di Dodò che però termina di poco a lato la porta di Falcone. A cinque dalla fine, grazie ad un calcio di punizione battuto da Fagioli e guadagnato da Ndour, la Fiorentina colpisce la traversa con Beltran, situazione che però innesca una ripartenza del Lecce che però viene sprecata dal tiro troppo largo di Danilo Veiga. Nei minuti finali di gara, il Lecce si rivolta totalmente nell’area di loro avversaria per trovare disperatamente la rete del pareggio, situazione che anche in questo caso innesca numerose ripartenze avversarie, tutte concluse con dei tiri fuori dallo specchio della porta, come nel caso di Guðmundsson. Nonostante i quattro minuti di recupero assegnati, a causa di crampi e check al VAR per un possibile rigore per i giallorossi, il direttore di gara fischia a ridosso del 96º scatenando nei tifosi, nell’allenatore e nei giocatori numerose proteste, placate indirettamente da una vittoria che la Fiorentina mancava da tre giornate e che permette i viola di mantenere una solida posizione in classifica con ottica Europa.
Atalanta – Venezia (A cura di Marco Rizzuto)
Tante occasioni ma poco cinismo, al Gewiss termina a reti bianche.
Al Gewiss Stadium non si va oltre lo 0-0 nonostante le diverse occasioni da gol per entrambe le squadre. La prima vera scintilla della gara passa dai piedi del solito Lookman che, nonostante gli screzi con Gasperini, ha dimostrato in campo il suo grande valore e la sua professionalità; al 20′ il nigeriano si gira in un fazzoletto dell’area di rigore ma calcia al lato del primo palo. I padroni di casa mantengono il pallino del gioco, ma il Venezia si chiude bene ed è attento nelle ripartenze, Zerbin innescato al 24′ calcia alto spaventando i bergamaschi. Il primo tempo tuttavia vede soltanto la squadra di Gasperini in campo. A cinque dalla fine Zappacosta stampa il pallone sul palo, non finalizzando il geniale assist col tacco di Lookman. Gli sgoccioli della prima frazione fanno rabbrividire i tifosi di casa a causa dell’amnesia difensiva dello stesso Zappacosta: l’ex Chelsea lascia sfilare il pallone scodellato da Nicolussi Caviglia favorendo Zerbin che con un tocco sotto tenta di ingannare Carnesecchi, l’estremo difensore sventa la minaccia con una smanacciata efficace. La ripresa vede ancora una volta l’Atalanta flirtare col vantaggio, stavolta è Retegui a sprecare e calciare alto sul cross basso di Cuadrado, dopo appena quattro minuti di gioco. All’0ra di gioco Gasperini decide di cambiare la formazione titolare, inserendo Bellanova e Maldini al posto di Cuadrado ed uno spento Charles De Ketelaere, ma l’andazzo del match non cambia. Poco dopo il Venezia sfiora il clamoroso vantaggio con il neo entrato Yeboah, l’ecuadoriano da pochi passi calcia a botta sicura ma Carnesecchi s’invola e blinda la porta bergamasca. Sul finale i ritmi calano e la Dea sembra essersi rassegnata al pari, ma all’82’ arriva l’ultima vera palla gol a favore dei padroni di casa: dalla bandierina la palla spiove verso Kolasinac che riesce ad allungare per Lookman che da pochi passi calcia alle stelle, sotto gli occhi increduli del suo pubblico. Al triplice fischio si sente il malcontento generale dei nerazzurri, perdendo l’occasione di guadagnare terreno per la lotta scudetto. Il Venezia resiste all’arrembaggio bergamasco portando a casa un punto importante in ottica salvezza.
Napoli – Inter (A cura di Dennis Rusignuolo)
Il tanto atteso match scudetto termina tra applausi e sciarpate. Una gara intensa dal primo all’ultimo minuto, con l’Inter che aveva trovato il vantaggio con una magia di Federico Dimarco da calcio piazzato. Nella ripresa il Napoli riesce a reagire, approfitta di una serie di incomprensioni dei nerazzurri e nel finale Billing rimette in equilibrio la gara
Udinese – Parma (A cura di Marco Rizzuto)
L’Udinese festeggia ancora dal dischetto, per la prima volta grazie a Thauvin
L’Udinese trionfa per la terza volta consecutiva, stavolta è Thauvin a deciderla dal dischetto. Il Bluenergy ospita il Parma, squadra alla ricerca di risposte dopo la vittoria casalinga contro il Bologna. L’avvio però, vede l’inizio arrembante della squadra di Runjaic che sfiorano il vantaggio in diverse occasioni nei primi venti minuti. Thauvin si dimostra l’arma in più dei bianconeri, il francese si distingue per la sua abilità palla al piede e tutte le occasioni più importanti passano dai suoi piedi. Superata la mezz’ora, il francese col dieci sulle spalle lacera la difesa emiliana rientrando al limite sul suo mancino e calciando verso la porta ma, il pallone deviato con il braccio largo da Balogh costringe l’arbitro ad assegnare il tiro dagli undici metri dopo un rapido controllo al VAR. In questo frangente si chiudono definitivamente le polemiche della settimana scorsa sulla vicenda Lucca. L’ex Pisa infatti consegna il pallone proprio al francese prendendosi gli applausi dei suoi tifosi. Dal dischetto Thauvin non sbaglia nonostante Suzuki abbia intuito l’angolo, portando avanti i suoi. Nei primi attimi della ripresa Man viene lanciato in profondità e Padelli compie un vero miracolo sulla conclusione del rumeno. Il secondo tempo è un carosello di occasioni clamorosamente fallite: al 70′ Thauvin calcia fuori un rigore in movimento che avrebbe chiuso i giochi mentre per i crociati, Almqvist supera in uno contro uno Padelli ma la conclusione è debole e Solet riesce a deviare il pallone in calcio d’angolo. Negli ultimi minuti il Parma tenta il tutto per tutto ma l’Udinese tiene botta e blinda i tre punti che li rilanciano al decimo posto in classifica. Sconfitta amara per il Parma che si ritrova tra Lecce ed Empoli ad una sola lunghezza dalla zona rossa della classifica. L’infortunio di Djuric ha sicuramente complicato le cose e al momento Bonny non sembra essere in forma per guidare l’attacco crociato in questa lotta alla salvezza.
Monza – Torino (A cura di Simone Scafidi)
Monza nel baratro, prima gioia per Casadei
All’UPower Stadium il Torino fa la voce grossa e batte il Monza, sempre più ultimo. La squadra di Vanoli, sin da subito, non lascia spazio alla costruzione biancorossa e già al quinto minuto un tiro a incrociare di Casadei impensierisce Turati. Alla stessa maniera calcia anche Keita Balde, che torna a calcare i campi di Serie A senza però trovare il gol. Il dominio granata continua, e comincia a dare i suoi segnali in maniera sempre più intensa, fino ad arrivare al gol di Elmas, che al 41’ calcia di controbalzo sul cross di Lazaro e porta in vantaggio il Toro. Nel secondo tempo la storia non cambia e i granata provano a mettere le cose in chiaro sin dai primi minuti, ancora Casadei calcia in maniera complessa ma tira fuori una traiettoria insidiosa che impegna e non poco Turati, abile nel mandare il pallone in corner. In fase offensiva, il Monza risulta troppo timido e non riesce a concretizzare nemmeno quelle poche occasioni che gli capitano tra i piedi. In mezzo al campo, Vlasic guida le numerose ripartenze del Torino, dalle quali nascono delle azioni particolarmente insidiose. Proprio da una di queste, arriva il primo gol in Serie A di Casadei, che raccoglie un pallone vagante e calcia forte in porta, spiazzando totalmente Turati. Dopo il 2-0, che chiude definitivamente la partita, il Torino difende in maniera semplice ma efficace il risultato, ipotecando i tre punti e spedendo il Monza in un buio sempre più profondo.
Bologna – Cagliari (A cura di Marco Rizzuto)
Orsolini guida la rimonta affondando il Cagliari
Il Renato Dall’Ara ospita con grande entusiasmo il match che vede il Bologna in piena corsa per un posto in Champions dopo il successo contro il Milan. Sin dai primi minuti, i padroni di casa schiacciano sull’acceleratore, andando vicino al vantaggio con Calabria che manca la porta di qualche centimetro con una botta dalla distanza. L’occasione più clamorosa arriva al primo quarto d’ora su calcio d’angolo, Erlic stacca di testa sul secondo palo, ma sia Castro che Fabbian non riescono a spedire in rete e la palla termina sul fondo. Alla prima vera occasione, gli ospiti vanno a segno mettendo la strada in salita per il Bologna: Augello pennella per l’inserimento perfetto di Piccoli che, al limite dell’area piccola stacca di testa bucando Skorupski. Nonostante un primo tempo ricco di occasioni e giocato ad alta intensità il Bologna si ritrova ad inseguire, ma la musica cambia ad inizio secondo tempo. Cambiaghi viene atterrato da Felici e l’arbitro assegna il penalty trasformato da Orsolini che, rimette tutto in parità e scatena la carica dei tifosi di casa. Come preannunciato, il Bologna prende sotto assedio la metà campo ospite alla ricerca del gol che ribalterebbe tutto. Al 54′ Caprile si rende protagonista con una parata dal coefficiente di difficoltà elevatissimo, mantenendo il risultato in parità. Un minuto dopo però, il Bologna completa la rimonta con Riccardo Orsolini che approfitta della dormita colossale della difesa sul cross basso di Cambiaghi e appoggia in rete. Gli ultimi minuti non regalano particolari occasioni e l’arbitro fischia la fine sotto i cori del tifo rossoblù che sognano un secondo piazzamento consecutivo in Europa. Il Cagliari cade nuovamente e rimane al quindicesimo posto a pari punti col Lecce.
Genoa – Empoli (A cura di Simone Scafidi)
Un punto a testa e poche emozioni, Genoa ed Empoli si equivalgono
A Marassi termina 1-1 il match tra Genoa ed Empoli, che lascia più contenti gli azzurri, che guadagnano un punto in ottica salvezza. I primi minuti sono a tinte azzurre. Al quarto d’ora, un insidioso cross di Pezzella attraversa tutta l’area di rigore e viene incredibilmente salvato da Martin, che anticipa ed evita l’intervento di Gyasi. Venti minuti più tardi, la squadra di D’Aversa va in vantaggio con il gol di Grassi, che calcia da dentro l’area e batte tutta la difesa rossoblu. Nel secondo tempo, il Genoa parte male e un errore grossolano di Leali rischia di costare ai suoi il doppio svantaggio. La squadra di Vieira sembra essere in balia del suo avversario, e Vasquez e Martin ergono una muraglia ed evitano diverse volte il raddoppio azzurro, in particolare su un’azione al 60’ di Esposito, che viene murato dal difensore messicano, che all’81’, con una conclusione al volo e con la grande complicità di Silvestri, riesce a trovare il gol del pareggio, nonostante l’Empoli avesse sfiorato nuovamente il pareggio pochi istanti prima con Cacace, pericoloso su punizione. Senza altre particolari occasioni, la partita si conclude, portando un punto a testa nelle tasche di Genoa ed Empoli.
Roma – Como (A cura di Marco Rizzuto )
Rimonta a tinte giallorosse, Ranieri prosegue la scalata.
All’Olimpico la gara fa fatica a sbloccarsi, al 9′ Kempf non trova la porta di testa sul traversone a rientrare di Da Cunha. Si assiste ad una partita molto combattuta, tanti duelli in mazzo al campo e poche azioni da gol. A pochi minuti dal duplice fischio il Como passa avanti con Da Cunha, il centrocampista francese viene servito in corsa da Perrone e calcia indisturbato, approfittando dell’indecisione di Mancini e indirizzando la gara. Alla ripresa Ranieri ridisegna l’undici titolare, inserendo El Shaarawy e Dovbyk. In questo secondo tempo la Roma sembra molto più spigliata e il pari non tarda ad arrivare, all’ora di gioco i giallorossi rientrano in partita con il solito Saelemaekers, sempre più trascinatore dei giallorossi. L’esterno belga dopo il duetto con con Celik va in rete dopo la deviazione decisiva sotto la traversa. Dopo il gol la Roma si trasforma, le squadre si allungano e diventa più semplice per i giocatori di Ranieri trovare il suggerimento verticale. Tra i giocatori più ispirati del secondo tempo, Paulo Dybala, che al 62′ nel tentativo di imbucare per Dovbyk viene trattenuto eccessivamente da Kempf, fallo che costa il doppio cartellino giallo e l’espulsione del giocatore. Ad un quarto d’ora dalla fine la Roma passa avanti con un’azione illuminata dal lancio lungo di Cristante, il cross al volo di Rensch e la zampata -sempre di prima- di Dovbyk, che fa esplodere l’Olimpico. Sul finale la Roma si salva grazie ad un intervento prodigioso di Svilar che, da terra riesce a neutralizzare la conclusione di Cutrone. Con questa quarta vittoria consecutiva, la Roma scavalca il Milan e raggiunge quota 43 punti piazzandosi all’ottavo posto. Il Como perde l’occasione di allungare sulla zona retrocessione e rimane inchiodato alla tredicesima posizione a 28 lunghezze.
Milan – Lazio (A cura di Simone Scafidi )
Gelo a San Siro, Pedro la decide all’ultimo secondo
Nel posticipo della domenica sera, Milan e Lazio si affrontano in una sfida che vale la corsa Champions. La squadra di Baroni non si lascia intimorire e, già dal secondo minuto, intimoriscono la difesa rossonera: in contropiede parte Dia che si trova a tu per tu con Maignan ma viene fermato dall’estremo difensore francese, che spedisce in calcio d’angolo. Appena tre minuti dopo ad essere pericolosa è sempre la Lazio, con il cross pericoloso di Nuno Tavares chiuso in calcio d’angolo. Circa al ventesimo minuto, il Milan prova timidamente a reagire, con un tiro di Reijnders respinto da Provedel. Al 28’ minuto arriva il vantaggio biancoceleste, con Marini che incrocia costringendo Maignan alla respinta, con il pallone che rimane vagante e sul quale si avventa Zaccagni, che sigla il gol del vantaggio. Nel secondo tempo il Milan emerge un po’ e riesce ad uscire la testa. Al 51’ arriva la prima grande occasione per Joao Felix, che da dentro l’area non inquadra però la porta e calcia alto. Il momento “sliding doors” del match arriva al 67’, con Isaksen che vola verso la porta rossonera in contropiede e viene atterrato da Pavlovic, che viene direttamente espulso dal direttore di gara, lasciando i suoi in dieci uomini. Nonostante l’i feriortia numerica, la squadra di Conceicao trova la forza di reagire, con una palla visionaria di Leao che trova Chukwueze all’interno dell’area di rigore, che colpisce di testa e buca Provedel, trovando così il gol del pareggio. Nel momento migliore del Milan, la Lazio trova una breccia nel buio e a quaranta secondi dalla fine riesce a procurarsi un calcio di rigore a causa dell’uscita fallosa di Maignan su Isaksen. Sul dischetto si presenta Pedro, che spiazza il portiere rossonero e porta in casa Lazio tre punti pesantissimi in ottica Champions, che compormettono ancor più seriamente la stagione del Milan. Tra i fischi di San Siro, le squadre escono dal campo in due situazioni psicologiche totalmente diverse.
Juventus – Hellas Verona (A cura di Dennis Rusignuolo)
Thuram e Koopmeiners nella ripresa. Il sogno scudetto bianconero rimane attivo.
Attacco totale fin dai primissimi minuti, questa la ricetta di una Juventus che ha l’obbligo di ritrovare la fame giusta per dare una svolta alla stagione. Il Verona ostenta pragmatismo e compattezza, e la squadra di Thiago Motta cerca di piazzare subito le tende nella metà campo scaligera. Il primo squillo della gara è un mancino al volo di Locatelli, palla alta sopra la traversa di Montipò. In campo aperto la squadra di Bertolini (vice di Zanetti, assente per squalifica) riesce però a trovare i centimetri degli attaccanti, e Suslov impegna Di Gregorio con un destro forte e basso, intervento plastico dell’estremo difensore bianconero. Il silenzio dello Stadium (in aperta contestazione con la squadra per gli ultimi risultati) aumenta il peso della gara, il Verona sembra poter giostrare a suo piacimento l’agonismo della gara, ma introno al quarto d’ora la Juventus si riaffaccia dalle parti di Montipò. Prima Gatti sfiora il gol con una conclusione strozzata da dentro l’area, poi Montipò smanaccia in maniera provvidenziale un destro piazzato di Thuram, ottima costruzione dei bianconeri con McKennie abile nell’agire da pivot e liberare lo spazio al francese, poco freddo al momento della conclusione. La doppia occasione accende in serie prima lo stadio e poi i giocatori, e il fraseggio della Juve comincia a essere fluido e ritmato, sponda Hellas invece si ritorna alla difesa estrema della porta di Montipò. Al 35′ la Juventus si vede negare il vantaggio: calcio di punizione di Yildiz, cross morbido e diretto verso la porta, Kelly ostacola l’estremo difensore scaligero e McKennie insacca di testa, calcio di punizione per il Verona a causa del contatto tra il difensore bianconero e Montipò. Le offensive bianconere si sviluppano tutte sulle triangolazioni rapide tra i giocatori, come quella che porta Locatelli alla conclusione dentro l’area, respinta di Montipò, che si ripete subito dopo su una conclusione potente ma centrale di McKennie. Nell’ultima azione del primo tempo, al tramonto del miglior primo tempo per tiri e tocchi in area avversaria da parte dei bianconeri in questo campionato, il Verona trova la clamorosa rete del vantaggio, conclusione pazzesca di Suslov che stampa il pallone sulla traversa e in fondo al sacco. Lo Stadium comincia subito a mugugnare, ma si regala un momento di gioia al momento dell’annullamento del vantaggio scaligero, a causa di una posizione di fuorigioco di Faraoni. Due cambi all’intervallo, entrambi sponda Hellas: fuori Dawidowicz e Faraoni, dentro Ghilardi e Oyegoke. Nessun cambio invece da parte della Juve, che cerca di mantenere alto il ritmo come fatto nel corso della prima frazione. Stesso copione del primo tempo, stesso esito al minuto 49: ottimo sviluppo verticale della Juve, Locatelli lascia sfilare alle spalle verso Kolo Muani, rasoiata mancina del francese e parata con il piede da parte di Montipò, senza alcun dubbio il migliore in campo. Meno equilibrio e squadre più aperte e spezzettate, questa situazione permette alla Juve di avere più spazio per costruire l’azione offensiva ma il Verona cerca di fare la voce grossa. Altra sostituzione, tutt’altro che conservativa, è quella di Livramento, sostituito da Bernede (match-winner nella gara di domenica scorsa contro la Fiorentina). Questa volta anche Thiago Motta muove il suo scacchiere, fuori McKennie e Weah, dentro Koopmeiners e Alberto Costa. Esordio in Serie A per il terzino portoghese, che aveva mosso i primi passi in maglia bianconera nella gara di Coppa Italia contro l’Empoli. Il numero 2 prova a presentarsi subito nel migliore dei modi, con una rasoiata al volo da fuori area, palla che termina di poco a lato. La girandola di cambi rallenta il ritmo e la lucidità offensiva della Juve, mentre il Verona continua a mostrare uno spirito di abnegazione assoluto, evidenziato dalle mille corse in avanti di Suslov, utili nel riportare l’Hellas in avanti e far ripiegare la Juve indietro. Al 71′ la Juve trova il vantaggio: fraseggio ragionato e paziente dei bianconeri, il giro palla isola Cambiaso sulla parte sinistra, Locatelli lo pesca perfettamente e il terzino italiano appoggia all’indietro, Thuram arriva in corsa e calcia di controbalzo, vantaggio Juve con l’uomo del momento (secondo gol consecutivo dopo la perla in Coppa Italia). Dopo il meritato vantaggio, la squadra di Thiago Motta cerca di gestire al meglio il possesso palla e intanto si rinforza dalla panchina: Vlahovic e Mbangula rilevano Kolo Muani e uno stremato Yildiz. A un giro d’orologio dal novantesimo il Verona sbaglia il rilancio e la Juve ne approfitta: rilancio sbagliato di Montipò, Mbangula (che aveva guidato la pressione sul portiere) verticalizza subito verso Koopmeiners, controllo e rasoiata di destro sul primo palo alle spalle di Montipò. Partita in ghiaccio e vittoria che adesso riaccende un nuovo scenario, quello del primo posto. Serviva una reazione a tutto tondo dopo la brutta eliminazione in Coppa Italia, e la Juventus reagisce e domina un Verona tutt’altro che sparagnino. Ottima prestazione dei bianconeri, soprattutto dal punto di vista dell’intensità e della pressione, anche se la gara rischiava di prendere l’ennesima brutta piega con la rete annullata a Suslov all’intervallo. Sei punti dall’Inter capolista, la missione scudetto della Juve comincia adesso. Sconfitta tutto sommato giusta per l’Hellas Verona, al termine però di una prestazione ricca di abnegazione e spirito di sacrificio. Nel secondo tempo le sostituzioni hanno fatto la differenza nel quadro tattico della gara, condannando il Verona a una sconfitta che non inguaia l’undici di Zanetti, distante quattro punti dal terzultimo posto.
LA TOP11 DELLA 27ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala
Calcio
Coppa Italia, semifinali di ritorno: il derby di coppa è rossonero, il Bologna non delude

Inter – Milan (A cura di Tommaso Patti)
Estasi rossonera. La doppietta di Jovic e la rete di Reijnders eliminano l’Inter
La prima delle due sfide di ritorno della semifinale di Coppa Italia, vede sia l’Inter che il Milan affrontare la gara con la consapevolezza che dalla gara del Meazza, le due squadre si contendono una grandissima fetta di stagione. Le sconfitte ottenute nell’ultimo week end contro Bologna e Atalanta, hanno rallentato e dato parecchi problemi alle due milanesi.
Rispetto all’ultima gara, Inzaghi cambia sei uomini: oltre alla già risaputa titolarità di Josep Martinez in porta, sarà Bisseck a fiancheggiare la coppia De Vrij-Bastoni, mentre torna titolare sia Asslani in mediana, sia Taremi in attacco, in coppia con Lautaro. Nonostante il gol del momentaneo vantaggio nella sfida d’andata, Conceição decide di puntare su Jovic e non confermare Abraham al centro dell’attacco, con Leao e Pulisic alle spalle del serbo. La sconfitta contro l’Atalanta non fa cambiare idea a Conceição, che conferma il nuovo modulo con la difesa a tre, fattore che rende i rossoneri molto più offensivi e liberi di attaccare tramite le fasce.
Dopo l’iniziale commozione generale dovuta al minuto di silenzio in memoria di Papa Francesco, il 244° derby di Milano si accende immediatamente. Dopo i primi minuti in cui l’Inter è riuscita a palleggiare e a farsi notare nella metà campo avversaria, il Milan prova per la prima volta a uscire dalla propria “bolla” grazie al ritmo alto della propria fascia destra, occupata da Jimenez e Pulisic. I nerazzurri, dopo un paio di minuti di sofferenza, riescono a ripartire con Darmian, dimenticato dalla difesa del Milan e lasciato libero di calciare. Dopo venti minuti di equilibrio, sono due errori di posizione del Milan a lasciare spazio alle avance avversarie e a prendersi la scena è Dimarco: l’esterno nerazzurro dopo un inizio di gara sofferente date le avance rossonere, si rende protagonista con una doppia conclusione neutralizzata da Maignan e un tiro terminato sulla traversa da posizione defilata. Poco dopo la doppia azione di Dimarco, la sponda arretrata di testa di Taremi trova Lautaro Martinez solo e con una buona angolazione di tiro, sciupata però dal centravanti argentino che spedisce il pallone altamente sopra la traversa. I sessantasette mila spettatori spingono i nerazzurri, ma è il Milan a trovare il gol del vantaggio con il cross di Jimenez che pesca a centro area Jovic, libero di angolare il pallone e spedirlo in porta. Dopo svariati tentativi, esattamente come la trasferta di Bologna, l’Inter si spegne ed esce completamente dalla partita a inizio ripresa, palesando un enorme calo fisico e psicologico, fattore che porta al secondo gol di Jovic, prendendosi meritatamente la scena di un derby a cui non doveva nemmeno partecipare fino a poco tempo prima. L’unico tentativo di riaprire la gara da parte dell’Inter arriva con il colpo di testa di De Vrij, in una situazione simile a quella avuta nell’ultimo derby di campionato. I quattro cambi di Inzaghi non cambiano la gara, il Milan domina nella ripresa e chiude definitivamente la gara a cinque minuti dalla fine con l’ennesima rete di Reijnders, che chiude il derby e manda meritatamente il Milan in finale.
I MIGLIORI
La frase “Il calcio è fatto da episodi” si incarna perfettamente nella prestazione di Luka Jovic e di mister Conceição. Ai margini del progetto rossonero, l’attaccante serbo è riuscito a sfruttare perfettamente il poco spazio che gli è stato concesso, regalando un altro derby al Milan e
Con la finale del 14 maggio conquistata, la stagione altalenante del Milan può avere una svolta: le troppe cadute in campionato possono essere coperte da due possibili trofei (dopo la vittoria in Supercoppa italiana). L’esperienza di Conceição al Milan sembrava potesse terminare a fine stagione fino a pochi giorni fa, ma grazie ad una grandissima prestazione contro i cugini, i rossoneri possono sperare nella conquista di un altro trofeo che varrebbe l’accesso diretto alla prossima Europa League, visto il momentaneo nono posto in campionato, che non garantirebbe ai diavoli alcun piazzamento europeo.
TESTA ALLE PROSSIME
Definire delusione una stagione giocata ai massimi livelli in ogni competizione è un parolone, ma la stagione dell’Inter rischia di frantumarsi su tutti i fronti in pochissimi giorni. Zero gol fatti e quattro gol subiti in sole due partite, suonano come un campanello d’allarme per Simone Inzaghi, che ora deve rimboccarsi le maniche e rialzare il morale di una squadra che ha ancora il tempo di dire la sua sia in campionato che in Champions League, e all’orizzonte ci sono già le sfide contro Roma e Barcellona.
Bologna Empoli (A cura di Marco Rizzuto)
51 anni dopo è realtà: Bologna, bentornata in finale!
Con la rotonda vittoria per 3 a 0 nella semifinale d’andata giocata al Castellani, il momento di forma straordinario in campionato, che sta lanciando il Bologna verso un secondo piazzamento consecutivo in zona Champions, i ragazzi di Vincenzo Italiano non hanno di certo intenzione di fermarsi qui, e si giocano l’accesso alla finale di Coppa Italia tra i suoi tifosi, nel suo fortino, che ha dato da filo da torcere a tutte le big della Serie A.
Tra le fila bolognesi nessun cambio di modulo, Italiano però preferisce far rifiatare qualche pedina fondamentale visto il finale di campionato ancora incerto. Lykogiannis e Cambiaghi partono titolari sulla fascia sinistra, Fabbian ritrova il posto da titolare nella trequarti, con Moro che duetta con Freuler nella mediana, facendo rifiatare Ferguson.
Viceversa l’Empoli, rispetto al match d’andata, cambia schieramento cercando di contenere le avanzate degli avversari. D’Aversa schiera un 3421 preferendo maggiore densità in mezzo al campo, con Solbakken e Sambia che forniscono supporto a Konate unica punta. Nonostante i cambi, l’avvio sembra una proseguo del match d’andata, i rossoblù stappano la gara dopo appena sette minuti di gioco con la testata vincente di Fabbian: dopo la respinta del corner, Moro controlla la sfera e scodella al centro dell’area di rigore, dove sbuca la mezz’ala ex Inter che prende il tempo a tutti compreso Seghetti. Nonostante il palleggio continuo del Bologna, e la rete del momentaneo 4-0 totale, la squadra di D’Aversa non si arrende e cerca di graffiare saltuariamente la retroguardia casalinga con un buon pressing del reparto offensivo. Qualche minuto dopo la mezz’ora, i toscani riescono a siglare la rete che infonde speranza alla squadra: dopo un ottimo sombrero, Sambia serve la corsa di Solbakken che impegna Ravaglia in tuffo, sulla ribattuta Kovalenko spinge in rete indisturbato. La squadra di D’Aversa è difficile da inquadrare, una buona fase offensiva accompagnata però da una fase difensiva molto confusa e disattenta.
Ad Italiano non è piaciuta la fase difensiva intravista nel gol subìto, e provvede sostituendo alla ripresa Lucumi per Erlic, mentre Dominguez prende il posto di Orsolini. Si muove anche la panchina dell’Empoli, con Colombo che subentra a Solbakken. Quasi all’ora di gioco, Sambia commette un intervento sconsiderato ai danni di Lykogiannis, il direttore di gara attende qualche minuto per verificare se ci fossero gli estremi per il cartellino rosso, alla fine viene confermato il cartellino giallo tra lo stupore della panchina rossoblù e del pubblico. La ripresa segue un ritmo più lento e con meno occasioni, il Bologna non ha fretta di forzare l’azione preferendo una gestione intelligente del possesso. Nonostante i cambi per entrambe le fazioni, per gran parte del secondo tempo il copione non cambia. Sul finale Dallinga sigla la rete che mette in ginocchio l’Empoli: altro traversone millimetrico, stavolta di Lykogiannis e altra testata vincente che non lascia scampo a Seghetti, chiudendo il capitolo semifinale.
I MIGLIORI
Non esistono riserve, esistono risorse.
La prestazione messa in campo da Moro rappresenta perfettamente questa frase, e racconta il clima che si respira nello spogliatoio di Vincenzo Italiano.
Una partita giocata da vero leader, condita da un assist al bacio che vale quanto un gol. La gara che abbiamo vissuto ci insegna che, a volte, non servono campioni affermati per raggiungere la vetta. La finale del 14 maggio ne è la prova. Solo allora, con una coppa in palio, potremo assistere al racconto di uno scontro tra due squadre guidate da una mentalità, un progetto e un modus operandi molto diversi.
La scorsa stagione i tifosi del Bologna credevano di aver toccato il paradiso. Un anno dopo, forse, stanno per scoprire cosa c’è oltre.
Calcio
Il Supercommento della 33ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top 11 alla fine, della trentatreesima giornata di Serie A
Lecce-Como (A cura di Dennis Rusignuolo)
Nico Paz inventa, Diao fa doppietta: il Como consolida la salvezza, il Lecce ora è nei guai
Fabregas va alla ricerca del terzo successo consecutivo in Serie A, che ai lariani non riesce da 73 anni, e si affida nuovamente a Douvikas. Il greco si è sbloccato contro il Torino e ritrova nuovamente una maglia da titolare al centro dell’attacco, sorretto dai soliti Paz-Diao e Ikoné (sempre più in alto nelle gerarchie del tecnico spagnolo). Giampaolo conferma la formazione dell’Allianz Stadium, ritornando però alla difesa a quattro. Il copione della gara del Como è praticamente lo stesso da inizio anno, con i lariani alla ricerca del dominio del gioco attraverso il possesso costante del pallone. Fondamentale il ritorno di Nico Paz dal primo minuto per la manovra offensiva della squadra di Fabregas. Primo squillo salentino dopo il quarto d’ora con una splendida girata di Morente che Butez mette in angolo. Dopo l’inizio in apnea i salentini riprendono fiato e coraggio e il match diventa più equilibrato. Gaspar non arriva su una palla vagante davanti a Butez perdendo una grande chance per il vantaggio interno. La replica è di Perrone con un tiro al volo dal limite di poco alto. Alla mezz’ora grandissima occasione per Douvikas che solo davanti a Falcone incrocia troppo il diagonale mettendo a lato di un soffio. Al 33′ passa il Como: Nico Paz accelera, tocco sotto per saltare Ramadani, lancio che mette Diao solo davanti a Falcone. Rasoterra che porta avanti i lariani, ma il guardalinee alza la bandierina per segnalare il fuorigioco del marcatore. Ci vuole l’intervento del Var per convalidare il vantaggio della squadra di Fabregas. Settimo gol per uno straripante Assiane Diao, arrivato nel mercato di gennaio e già in cima alla classifica dei marcatori del Como. Nel secondo tempo il Lecce ci prova, ma la porta di Butez sembra stregata: al 51′ Krstovic non riesce a superare Goldaniga dopo un’uscita a vuoto di Butez su palla inattiva. Poi Gaspar non arriva di testa per un soffio sulla punizione tagliata di Morente. I giallorossi prendono coraggio e spingono, e all’ora di gioco Butez arriva con la mano aperta a mettere in angolo il gran tiro da fuori di Morente indirizzato sotto la traversa. Fondamentali gli interventi del portiere francese, che permettono al Como di mantenere il vantaggio, fino a quando la girandola di cambi di Fabregas ribalta nuovamente l’inerzia della gara. Il ritmo si smorza improvvisamente, e questa condizione non fa altro che giovare alla strategia del Como, ma i lariani a ridosso del novantesimo chiudono la pratica: al minuto 88 Da Cunha mette in mezzo un gran cross verso il centro, Goldaniga stacca di testa e buca Falcone. Torna al gol il difensore italiano (ammonito durante la gara, salterà la prossima), dopo un digiuno che durava da ormai cinque anni. Nel recupero mette un altro sigillo lo scatenato Diao, servito dal grande ex Strefezza, lo spagnolo firma la doppietta e consolida la salvezza del Como. Sembra ormai cosa fatta per la squadra di Fabregas, che nelle ultime gare è riuscita ad abbinare il proprio gioco spregiudicato e intenso con i tre punti. Tre successi di fila non si verificavano da 73 anni, e già nella prossima gara contro il Genoa la salvezza può essere aritmetica. Il Lecce di Marco Giampaolo, contestato dalla tifoseria al triplice fischio, continua la propria caduta libera: l’ultima vittoria risale al 31 gennaio a Parma. Per ritrovare un sorriso tra le mura amiche, i giallorossi devono risalire addirittura al 2-1 sul Monza di metà dicembre, e adesso si comincia a sentire il fiato sul collo di Venezia ed Empoli. L’ennesima prestazione altamente insufficiente è già un campanello d’allarme per il finale di stagione, ma è nella sterilità offensiva che il Lecce preoccupa e non poco i propri tifosi. La sensazione è che l’unica scossa possa arrivare sempre dai piedi di Krstovic, che non ci sarà a Bergamo per squalifica, e adesso per evitare di sprofondare ulteriormente Giampaolo chiede gol e presenza dai vari Pierotti, Tete Morente, Banda e Rebic.
Monza-Napoli (A cura di Tommaso Patti)
Un solo gol che vuol dire aggancio alla vetta. Il Napoli passa di misura contro il Monza
Nella sfida che può far agganciare il Napoli al primo posto per ventiquattr’ore, Conte schiera la miglior formazione (esclusi gli assenti per infortunio) per fronteggiare un Monza sempre più in crisi di risultati e sempre più vicino al baratro.
Nonostante l’evidente differenza della rosa e degli obiettivi, sia il Napoli che il Monza riescono a rendere piacevole un match che per molti poteva sembrare a senso unico. Seppur senza particolari occasioni concrete, il Monza riesce a creare qualche problema al Napoli quando è in fase di palleggio. Il primo guizzo dei partenopei arriva al quarto d’ora inoltrato, quando sul calcio di punizione battuto da McTominay, Turati si fa trovare pronto e riesce a respingere la conclusione potente ma centrale dell’ex Manchester United. Il buon periodo del centrocampista scozzese viene evidenziato un giro d’orologio successivo, quando su una ripartenza, il numero otto azzurro riesce a far salire la squadra per poi essere invitato al tiro dall’assist di Spinazzola, conclusione che viene murata in corner da un ottimo intervento di Caldirola. Sul conseguente calcio d’angolo battuto da Gilmour, il colpo di testa di Rrahamani indirizzato sul secondo palo termina di poco a lato. Sulla battuta di un altro corner, è nuovamente McTominay a sfiorare il gol del vantaggio, rete mancata per un soffio dopo il tentativo di mettere il pallone in porta in allungo. La migliore occasioni della prima frazione però è a tinte biancorosse: su un cross che pesca la corsa di Castrovilli, l’ex centrocampista di Lazio e Fiorentina riesce a continuare il possesso palla, saltare Rafa Marin per poi calciare in porta dopo un’azione pazzesca, spedendo però fuori il pallone del possibile uno a zero del Monza. Prima del duplice fischio, un tiro di Bianco da fuori area deviato accidentalmente verso la porta da Dany Mota mette paura al Napoli, che va al riposo con tanto nervosismo vista la poca lucidità sotto porta, e le troppe occasioni concesse al Monza. Nella ripresa, la prima occasione arriva a favore degli uomini di Nesta con il colpo di testa di Caldirola. La risposta degli azzurri arriva qualche minuto più avanti con una conclusione ad incrociare di Politano che costringe Turati ad effettuare una grande parata. Dopo settanta minuti di equilibrio, il Napoli passa in vantaggio con McTominay, che riceve perfettamente il cross di Raspadori, e anticipa con un colpo di testa l’uscita maldestra di Turati. Il terzo gol consecutivo dello scozzese scalda il Napoli, pericoloso a dieci minuti dalla fine con il tiro di Raspadori che viene murato e rischia di diventare nocivo per Turati, che riesce a evitare il gol allungando le mani. La conclusione pericolosa di Simeone è l’ultimo acuto di una partita bella, equilibrata e combattuta, vinta dagli uomini di Conte con tenacia e forza di volontà. Seppur di misura, il successo contro il Monza ridà al Napoli la continuità giusta per inseguire il sogno scudetto. Il decimo gol di McTominay fa sprofondare sempre di più il Monza che, con soli 15 punti, si trova a undici punti dalla zona salvezza, che ormai è solamente un miraggio.
Roma-Hellas Verona (A cura di Tommaso Patti)
La Roma non molla e sogna la Champions. La rete di Shomurodov stende il Verona.
Nella giornata che vede impegnate tutte le pretendenti della Champions in gare molto complicate, la Roma è chiamata a fare una grandissima prestazione contro il Verona, inbattuta nelle ultime quattro gare. Dopo la bellissima atmosfera del derby, anche contro il Verona, l’Olimpico si veste del miglior abito per spingere il giallorossi al successo. La prima occasione della gara è a favore dei veneti, che vanno vicini al gol del vantaggio con Sarr, che viene lanciato verso la porta ma spreca un enorme opportunità. Alla grande occasione da gol sbagliata da Sarr, la Roma risponde colpendo in contropiede, riuscendo a trovare la rete dell’1-0 con una grandissima azione nata da un lancio millimetrico di Cristante per Soulé, che stoppa il pallone, salta due avversari e imbuca per Shomurodov, autore del gol del vantaggio dopo appena quattro minuti. L’uomo che è riuscito a raddrizzare le ultime partite da subentrato, riesce a ripagare la fiducia di Ranieri trovando la sua quarta rete in stagione. Il botta e risposta tra la Roma e il Verona continua sotto il segno di Mosquera e Sarr, autori di un ottimo fraseggio che mette in pericolo la difesa giallorossa. Nella stessa azione, Ghilardi riceve palla da Amin Sarr e calcia di prima intenzione, ma la sua conclusione termina alta. Dopo lo scampato spavento, la Roma reagisce con l’uomo più in forma: dopo l’eurogol segnato nel derby e l’assist vincente per Shomurodov, Soulé punta Bradaric e calcia di potenza sul primo palo, trovando però l’opposizione di Montipò. Dopo un finale di primo tempo poco avvincente e con poche azioni pericolose, Hellas Verona ritorna a farsi vedere nella metà campo avversaria grazie al duello vinto da Mosquera contro Mancini, terminata con la conclusione dell’attaccante colombiano che viene deviata in calcio d’angolo. La conclusione di Baldanzi al 53’ e la girata quasi vincente di Dovbyk, sono gli ultimi due squilli di una partita con poche occasioni ed emozioni. Nonostante una partita al di sotto delle aspettative (dato l’ottimo periodo di forma), la Roma può rendersi soddisfatta per l’ennesima prestazione positiva di Svilar e Shomurodov. Se i tre punti avvicinano la Roma alla zona Champions League, la sconfitta del Verona risuona più forte nell’aria poiché arriva dopo gli ottimi risultati ottenuti contro Genoa, Torino, Parma e Udinese.
Empoli-Venezia (A cura di Dennis Rusignuolo)
Dalla noia ai fuochi d’artificio, ma il pareggio non “salva” nessuna delle due
DiFra rivoluziona va alla ricerca di un successo da sei punti, e lo fa rinunciando un po’ a sorpresa a Oristanio. Il fantasista italiano parte dalla panchina, al suo posto viene avanzato Busio alle spalle di Gytkjaer. Nei toscani Fazzini ed Esposito agiscono alle spalle di Colombo, per il resto il modulo e gli interpreti sono sempre gli stessi. L’Empoli fa la partita in avvio, ma sono i toscani che rischiano su una punizione di Nicolussi Caviglia al 13’, bravo Vasquez a ribattere con i pugni. Al ventesimo l’Empoli sfonda per la prima volta con Fazzini, ma Marcandalli è prodigioso nel recupero sul centrocampista toscano. I lagunari rischiano grosso al minuto 24: su un pallone messo in mezzo da Cacace, Radu rinvia a pugni chiusi, ma la successiva respinta di Candé carambola su Doumbia, che sfiora il clamoroso autogol. Il quasi autogol del centrocampista del Venezia è di fatto la migliore occasione del primo tempo dei toscani, mentre per il Venezia i pericoli principali arrivano sempre dalla stessa fonte: Nicolussi Caviglia. Il centrocampista azzurro impegna di nuovo Vasquez, che sul cross dalla destra di Zerbin per Doumbia costringe il numero uno colombiano a una respinta-capolavoro. Tutta un’altra storia dopo l’intervallo. Pronti, via e dopo ottanta secondi l’accelerazione di Colombo costringe Marcandalli al fallo, quando l’attaccante era ormai lanciato a rete. Cartellino giallo, fra le proteste dei toscani che avrebbero voluto l’espulsione, ma il provvedimento non viene cambiato in quanto Marcandalli non era l’ultimo uomo. La gara si sblocca al minuto 59 con il primo gol stagionale di Jacopo Fazzini, che batte Radu al termine di un’azione favorita da un errore di Busio, con il successivo cross preciso di Henderson in area, il trequartista dell’Empoli brucia Idzes e porta in vantaggio l’Empoli. Galvanizzati dal vantaggio, i ragazzi di D’Aversa sfiorano il raddoppio con Esposito, ma il Venezia trova una scintilla che riapre la partita: corner teso di Nicolussi Cavigliasul secondo palo, grave l’errore di lettura di Vasquez, che esce a vuoto e regala a Yeboah la zampata vincente a porta vuota. Pareggio che rimette in equilibrio la gara, anche se il Venezia acquisisce nuova linfa dalla girandola dei cambi. I fuochi d’artificio vengono accesi definitivamente a cinque dalla fine: all’85’ Busio trova il colpo da biliardo sul cross di Yeboah, poi arriva il pareggio di Tino Anjorin. Il centrocampista inglese -una delle sorprese del campionato nel girone d’andata- vince un contrasto, supera un avversario e batte Radu con un destro a giro meraviglioso. La perla di Anjorin è l’ultima scintilla di un match che si è acceso sempre di più verso la fine, ma che termina con un nulla di fatto. Un bottino praticamente vuoto per entrambe le squadre, perché l’occasione di uscire dalla zona retrocessione era ghiottissima e con il pari la situazione rimane invariata. L’Empoli rimane al penultimo posto, ma sembra aver ritrovato conferme importanti per il rush finale, a cominciare dai gol di Fazzini e Anjorin. Dall’altra parte il Venezia presenta una versione piuttosto inconsueta di sé stessa: da una parte di due gol realizzati, in risposta alla sterilità offensiva che ha condizionato il girone di ritorno dei lagunari; da sottolineare, però, anche i due gol subiti da Radu. La duttilità del muro difensivo aveva permesso al Venezia di conquistare risultati importanti, e adesso il focus si concentra sulla prossima gara, per mostrare effettivamente che Venezia affronterà le ultime gare per cercare una salvezza vicina, ma al momento ancora lontana.
Bologna-Inter (A cura di Tommaso Patti)
Fatal Bologna per l’Inter. La magia di Orsolini stende i nerazzurri
Nella domenica di Pasqua, va in scena la partita di cartello della trentatreesima giornata di Serie A, la super sfida tra Bologna e Inter, valida sia per la Champions League sia per l’apertissima lotta scudetto. I quaranta giorni di fuoco dei nerazzurri partono proprio dal Dall’Ara, dove Simone Inzaghi decide di non attuare turnover nonostante l’imminente sfida in Coppa Italia contro il Milan. La prima palla gol della partita arriva su un’imbucata di Çalhanoğlu per Lautaro Martínez, che scappa alla stretta marcatura di Lucumi, e prova a sorprendere Ravaglia con un tocco morbido, ma la conclusione del capitano dell’Inter viene deviata dal portiere rossoblu in corner. Sugli sviluppi del calcio d’angolo battuto da un ispirato Çalhanoğlu, Carlos Augusto riesce a liberarsi dalle marcature e a colpire indisturbato la sfera, terminata di poco al lato. Dopo aver subito due pericolose azioni da gol nel giro di tre minuti, il Bologna risponde con un’azione in solitaria di Ndoye, conclusa dall’esterno svizzero con un tiro insidioso e angolato. Proprio dai piedi di Ndoye, il Bologna costruisce l’azione più pericolosa del primo tempo: dopo aver superato con uno scatto in velocità Acerbi, la freccia felsinea scarica un cross arretrato per Dallinga, che calcia di prima intenzione, ma non trova la gioia del gol a causa di un salvataggio miracoloso di Pavard. L’assenza in attacco di Turan, sostituito da Correa, non dai i propri frutti, e di conseguenza l’Inter prova a colpire i padroni di casa tramite calci piazzati. L’ennesimo gol sfiorato dall’Inter con il colpo di testa di Bastoni che terminata alto, è l’ennesima prova di una squadra che riesce a imporre il proprio gioco, nonostante le difficoltà. Nella ripresa però, complice la stanchezza, il nervosismo e anche tanto merito del Bologna, l’Inter si spegne e lascia prendere il domino del gioco ai padroni di casa, che vanno vicini al gol dell’uno a zero con il tiro a giro di Dominguez. Ad una manciata di minuti dalla fine, l’Inter si rende per la prima volta pericolosa nella ripresa grazie ad una rimessa laterale battuta verso l’interno dell’area di rigore avversaria da Carlos Augusto, che obbliga l’uscita con i pugni di Ravaglia, disturbato in maniera irregolare da Lautaro, che fa terminare il pallone sul palo per poi essere recapitato e spinto in porta dal tap-in di Taremi, ma l’intervento miracoloso di Miranda salva la difesa di casa. Con il trascorrere del tempo, gli innesti di Simone Inzaghi non danno i frutti sperati, mentre quelli di Vincenzo italiano iniziano a produrre qualcosa di importante negli ultimi istanti di gara. Il colpo di testa di Cambiaghi, dimenticato totalmente dalla retroguardia nerazzurra, è solamente uno dei primi fatali errori della difesa nerazzurra negli ultimi minuti di gioco. Al terzo dei quattro minuti di recupero, nel tentativo di Bisseck di spazzare il pallone, Orsolini raccoglie l’involontario assist del tedesco e lo spedisce dritto in porta con una giocata mozzafiato che regala i tre punti al Bologna. Dopo aver fermato i nerazzurri in lotta per lo scudetto già nella stagione 2021/22, i felsinei frenano nuovamente la formazione allenata da Simone Inzaghi. Con la vittoria sui nerazzurri, il Bologna può sognare ancora più concretamente un piazzamento che vale la partecipazione alla prossima Champions League. L’eurogol di “Orsonaldo”, costringe l’Inter a non fare più passi falsi per continuare a rimanere in lotta per lo scudetto.
Milan-Atalanta (A cura di Simone Scafidi)
Ederson gela San Siro, l’Atalanta brilla a Milano
Con la corsa per la Champions ancora apertissima, l’Atalanta deve cercare di portare a casa il maggior numero di punti possibili, per lasciare indietro le contendenti, mentre il Milan deve cercare di risvegliarsi per sollevare il finale di una stagione di Serie A tutt’altro che positiva. La prima metà del primo tempo presenta una fase di stallo abbastanza monotona, durante la quale le due squadre tardano a compiere la prima mossa, in attesa di un varco attraverso il quale sferrare il loro primo colpo. Al 24’ Pasalic e Cuardado scambiano sul settore destro avanzato del rettangolo di gioco, con il fraseggio che termina con il cross al centro per Retegui, la cui girata termina a lato della porta di Maignan. I rossoneri, dopo venti minuti, rispondono con Jovic, che a sua volta si gira all’interno dell’area cercando una conclusione forte che però non impensierisce Carnesecchi, spettatore della traiettoria fuoriuscente del pallone. Nel secondo tempo il Milan sembra iniziare meglio, per poi lasciare spazio però all’azione decisiva della squadra di Gasperini. Dai piedi di Lookman parte un precisissimo cross per Bellanova, che di testa inserisce un pallone all’interno dell’area sul quale si avventa Ederson, che con la testa insacca Maignan e porta in vantaggio l’Atalanta. Appena otto minuti dopo Lookman prova a raddoppiare, sterzando sul suo solito destro ma calciando alto sopra la porta rossonera. La vera occasione per il raddoppio arriva al 74’ con Retegui che colpisce a botta sicura senza però inquadrare lo specchio della porta. Con questa occasione e poco altro, e con un Milan probabilmente conservativo in vista del Derby di Coppa Italia, si conclude un match praticamente a senso unico, che vede l’Atalanta avvicinarsi sempre di più alla qualificazione in Champions League.
Cagliari-Fiorentina (A cura di Marco Rizzuto)
La Fiorentina si impone in rimonta, Cagliari k.o. all’Unipol Domus
Con il ritorno in campo all’Unipol Domus, gli isolani cercano la vittoria tra le mura amiche. Per raggiungerla, Nicola opta per una formazione più offensiva rispetto a quella vista contro l’Inter. Tornano titolari Viola e Luvumbo, mentre Coman torna ad essere un’arma da sfruttare a gara in corso. In casa viola, Palladino ritrova Gosens, ma deve rinunciare a Keanper motivi familiari.
Il Cagliari dà il via a un inizio scoppiettante, trovando il vantaggio dopo appena sei minuti: Zito crossa in mezzo, De Gea cerca di allontanare il pallone coi pugni ma serve involontariamente Piccoli, che insacca col sinistro a porta semi-sguarnita da vero rapace d’area. Il dominio sulle fasce è netto, e i rossoblù sfiorano il raddoppio con Zortea, fermato solo dal palo. Dopo il primo quarto d’ora, la Fiorentina comincia a rialzare la testa e spaventa per la prima volta Caprile su calcio piazzato. Mandragora calcia da lontano e colpisce in pieno il legno. Il gol non arriva, ma da quel momento i viola crescono, ritrovando quella lucidità mancata nei minuti iniziali. Il Cagliari continua ad attaccare con generosità, ma concede troppo dietro. I toscani ne approfittano al 35’: Mandragora rifinisce una manovra palla a terra servendo Gosens, che calcia d’esterno sul secondo palo disegnando una traiettoria imprendibile per Caprile. Il finale del primo tempo è vibrante e carico di tensione. In area, Luvumbo si libera con un doppio passo e sfugge a Pongracic, che tenta di rimediare con un intervento in scivolata per intercettare il cross. Il pallone resta lì e il contatto tra i due appare evidente. L’arbitro assegna il rigore senza esitazioni, ma dopo il check al VAR torna sui suoi passi e annulla la decisione. La ripresa si apre con il botto: dopo appena due minuti, Gudmundsson apre per la corsa di Dodô, che crossa al centro per Beltrán. L’argentino svetta di testa e completa la rimonta, coronando una prestazione di grande sacrificio nella prima frazione. Il Cagliari, ferito ma non domo, si riversa nella metà campo avversaria alla ricerca del pari. La Fiorentina però regge l’urto, aiutata anche dalle sostituzioni mirate di Palladino (Parisi per Gosens, Richardson per Fagioli). Dopo una lunga fase di possesso, i padroni di casa riescono finalmente a concludere: Zappa crossa al centro, Mandragora devia male e serve involontariamente Marin, che calcia potente dal limite. De Gea si riscatta, salvando il risultato con un grande intervento. Nel finale, la Fiorentina va vicina all’1-3 con Zaniolo, che calcia forte da pochi passi trovando però un attento Caprile, bravo a deviare in angolo. Dopo sette minuti di recupero, Marinelli fischia tre volte decretando il trionfo Viola e l’inseguimento al sogno europeo. La squadra di Palladino è imbattuta dalla trasferta di Napoli del 9 marzo e ora conta 56 punti in classifica: quattro in più del Milan, nono, e altrettanti di distanza dal Bologna quarto. Sul fronte rossoblù, la sconfitta può essere considerata accettabile, ma Nicola dovrà evitare di giocare col fuoco, il calendario degli solani è pieno di scontri diretti, e l’ultima giornata sarà in casa del Napoli, ancora in piena lotta per il titolo.
Genoa-Lazio (A cura di Marco Rizzuto)
La coppia Taty-Dia espugna il Ferraris: La Lazio passa a Genoa e sogna la Champions
L’avvio di gara al Ferraris è tutto a tinte rossoblù, con un Genoa propositivo ma un Pinamonti dai ferri bagnati sotto porta. Al 12′ Friendrup strappa via la sfera a Guendouzie innesca un pericoloso 2 contro 1: serve Pinamonti che, solo davanti a Mandas, si fa ipnotizzare e spreca una clamorosa occasione per il vantaggio. Dopo qualche minuto di sospensione a causa dei fumogeni lanciati in campo dai tifosi del Grifone, il gioco può riprendere. La Lazio prova a graffiare al 20′ direttamente dal rinvio lungo di Mandas, Castellanos aggancia con classe, serve poi la corsa di Zaccagni, ma il numero 20 viene steso da Otoa, all’esordio in Serie A. L’arbitro non ha dubbi: fallo da ultimo uomo e rosso diretto per il giovane difensore genoano. Con l’uomo in meno il Genoa fatica a tenere botta alle incursioni dei biancocelesti, che alla mezz’ora trovano il vantaggio con il capolavoro al volo di Castellanos, che buca Leali dall’area piccola. Nonostante l’espulsione, Vieira non effettua cambi immediati, e la Lazio chiude il primo tempo in pieno controllo. La ripresa ricalca l’andamento della seconda parte del primo tempo. I biancocelesti sfiorano il raddoppio al 57’: Pellegrini sfonda sulla fascia e serve Rovella, che in allungo non riesce a spingere la palla in rete. Il raddoppio, però, è solo rimandato. Al 65’, Rovella taglia fuori difesa e centrocampo con un filtrante perfetto per Dia che incrocia col mancino spedendo la sfera sul secondo palo chiudendo i giochi. Con due reti di vantaggio la Lazio addormenta la gara approfittando di un genoa non pervenuto. Al 70′, Thorsby interviene in scivolata su Belahyane, strappandogli il pallone. Il centrocampista biancoceleste, però, lo calpesta in modo ritenuto pericoloso dall’arbitro, che dopo il controllo al VAR estrae il cartellino rosso, ristabilendo la parità numerica. Nel finale non si registrano particolari emozioni. La Lazio porta a casa tre punti preziosi nella corsa Champions, approfittando del passo falso della Juventus a Parma. Per il Genoa, una sconfitta indolore, i ragazzi di Vieira navigano già da tempo in acque tranquille e l’obiettivo ora è chiudere la stagione nella top 10.
Torino-Udinese (A cura di Simone Scafidi)
Adams e Dembelè fanno sorridere Vanoli, Udinese battuta
Torino e Udinese, ormai aritmeticamente salve e senza particolari ambizioni, scendono in campo all’Olimpico nel match di recupero della 33ª giornata di campionato. Il match comincia e prosegue a tinte granata sin dal decimo minuto, in cui su situazione di corner Okoye è costretto ad uscire e smanacciare il pallone per evitare ulteriori rischi. Tredici minuti dopo, sempre su situazione di corner, che in questo match l’Udinese sembra patire particolarmente, Maripàn svetta di testa indirizzando il pallone verso la porta, con Ehizibue che si immola e intercetta la sfera praticamente sulla linea. L’Udinese appare distratta e superficiale e al 38’, sfruttando un errore difensivo dei bianconeri, Ricci calcia dalla distanza, con Okoye che interviene anche su Linetty, per poi doversi arrendere al definitivo gol di Che Adams, lasciato totalmente libero di calciare a porta sguarnita. All’inizio del secondo tempo l’Udinese sfrutta un brutto passaggio verticale di Hermès per provare a dare una scossa alla sua partita, con l’azione che termina con il tiro di Atta respinto da Milinkovic-Savic, spettatore non pagante della prima metà di gara. Gli uomini di Runjaic continuano a spingere, dando vita ad un’occasione a dir poco limpida, con un cross di Payero sul quale Lovric non riesce ad arrivare, nonostante la porta davanti a lui fosse praticamente vuota, sprecando così la prima vera chance di pareggiare. Nel corso del secondo tempo, il Torino scompare praticamente dal campo, con l’Udinese che la fa da padrona sul piano del gioco ma che non riesce ad impensierire seriamente l’estremo difensore granata, autore di un paio di interventi molto semplici. Nonostante ciò, a sei minuti dal novantesimo il Toro riesce a mettere il definitivo lucchetto alla partita, con il primo gol in Serie A di Ali Dembelè, che buca un imperfetto Okoye sul primo palo e assicura i tre punti alla squadra di Vanoli. Al triplice fischio il Torino stacca di tre punti l’Udinese, rimanendo fisso al decimo posto.
Parma-Juventus (A cura di Dennis Rusignuolo)
Sprofondo Champions della Juve a Parma. Chivu guida l’impresa e inchioda un’altra big
La corsa Champions dei bianconeri pende dal match del Tardini, e Tudor cerca di mettere subito ulteriore pepe a una sfida dal peso enorme: fuori Yildiz e Koopmeiners (non convocato dopo i problemi accusati contro il Lecce), al suo posto Kolo Muani e Cambiaso. Esordio dal primo minuto per entrambi i giocatori, che nelle ultime gare avevano cominciato sempre dalla panchina. Dall’altra parte Chivu ormai sembra aver trovato il suo scacchiere modello: 3-5-2 con Bonny e Pellegrino in avanti. Dopo il pari di Firenze, e il pareggio in rimonta contro l’Inter (costruito proprio attorno al cambio modulo del tecnico romeno), i crociati cercano di fermare l’ennesima big. Meno di trenta secondi e Locatelli sfiora subito l’eurogol, il capitano bianconero calcia a giro da fuori area, ma il suo esterno destro termina di poco a lato. La gestione Tudor impone nei giocatori della Juve un maggiore agonismo e un pressing feroce a tutto campo, e il Parma cerca di farsi trovare subito pronto. Il ritmo non è particolarmente alto nei primi minuti, la Juve forza subito la giocata verso Vlahovic che inizialmente viene schermato bene dai centrali crociati, anche se il possesso palla nelle prime battute è in mano alla squadra di Chivu. Con Kolo Muani alla ricerca della posizione più ottimale nella parte sinistra, la Juve cerca verticalità nell’attacco alla parte destra del campo. La prima progressione di Nico Gonzalez regala un corner ai bianconeri, ma nella rincorsa il Parma perde Vogliacco per un problema di natura muscolare. Ha dell’incredibile quanto succede al Tardini, perché oltre a Vogliacco, anche Bernabè alza bandiera bianca: Chivu inserisce Estevez e Hainaut ma adesso il copione della gara è tutto da ricostruire. Sponda Juve, invece, le idee sembrano ben chiare, così come gli interpreti. Il jolly tattico di Tudor si conferma Pierre Kalulu, sempre utile con i suoi movimenti in avanti, preziosi per costruire l’offensiva bianconera e mandare fuori giri il pressing crociato. Al ventesimo Nico Gonzalez recupera palla a centrocampo, Kalulu segue l’azione sulla corsia di destra e l’argentino lo serve. Il difensore prosegue palla al piede e alla fine crossa verso il cuore dell’area gialloblù dove c’è Vlahovic che col destro (tentando un colpo di tacco che però non gli riesce) conclude sul primo palo, palla fuori di poco. Il Parma viene fuori grazie al pressing alto voluto da Chivu, e nella parte centrale i crociati hanno due occasioni tra i piedi, una per Bonny e una per il partner Pellegrino, entrambe però non vengono tramutate in rete per centimetri. Al tramonto del primo tempo la maledizione degli infortuni continua a imperversare sul Parma, perché anche Estevez non sembra in grado di proseguire la gara. Chivu sceglie di non sostituire l’argentino e arrivare fino all’intervallo per non sprecare lo slot, e con il Parma in “dieci uomini e mezzo” trova la giocata per stappare la partita: Valeri disegna uno dei suoi soliti cross, potenti e precisi verso il centro, Pellegrino sale in cielo e anticipa i difensori bianconeri, l’incornata dell’argentino è potentissima e Di Gregorio non può fare altro che osservare la palla entrare in rete. Due mosse all’intervallo, una per parte: oltre al cambio annunciato Estevez-Hernani, esce dal campo anche Dusan Vlahovic, rilevato da Conceição. Il primo responso sul cambio è una sostituzione legata ad un problema alla coscia, anche se nel corso della prima frazione il serbo è risultato praticamente assente, sempre ostacolato in maniera eccellente da Leoni. Al rientro dagli spogliatoi, la Juve attacca a testa bassa, approfittando di un blocco molto basso voluto da Chivu per non concedere troppo spazio in profondità a Kolo Muani e alla trequarti bianconera. Tudor non perde molto tempo e prima dell’ora di gioco spende il secondo cambio nella trequarti: fuori McKennie e dentro Yildiz, con solito scivolamento in fascia di Nico Gonzalez. La qualità del numero dieci turco è indispensabile per riaccendere una Juve che sembra peccare di inventiva e lucidità. Il Parma gestisce in maniera perfetta il risultato, e i concetti di Chivu ormai sembrano ben consolidati all’interno dello scacchiere dei crociati. La pressione e il fraseggio codificato mascherano completamente la posizione in classifica del Parma. A un quarto d’ora dal termine Chivu regala a Pellegrino la standing ovation del Tardini, sostituito da Man. La Juve cerca di provare a costruirsi qualcosa nel finale, ma la difesa del Parma non concede nemmeno un centimetro. Al minuto 85 entrambi gli allenatori chiudono i cambi: Tudor ne cambia tre (Douglas Luiz, Weah e Alberto Costa per Nico Gonzalez, Kelly e Locatelli), mentre Chivu sostituisce uno stremato Bonny con Almqvist. Nei minuti finali la Juve va all’assalto della porta di Suzuki, sempre prezioso con le sue uscite. Allo scoccare del novantesimo Conceição cerca il palo lontano con un mancino rasoterra e per poco non trova il jolly. La difesa arcigna del Parma resiste anche alle ultime offensive, poco concrete, della Juve fino al minuto 95, quando il fischio finale di Chiffi fa esplodere il Tardini. Un’impresa a tutto tondo quella compiuta dalla squadra di Chivu, adesso sempre più indirizzata verso la permanenza in Serie A. Dopo aver bloccato Inter e Fiorentina sul pari, il Parma fa la voce grossa contro la Juve con una prestazione praticamente perfetta sotto ogni punto di vista. Nonostante i tre infortuni nel primo tempo, l’organizzazione difensiva e le ripartenze sempre lucide e ragionate hanno messo in seria difficoltà la Juve. Prima sconfitta per Tudor sulla panchina bianconera, al termine di una prestazione insufficiente sotto ogni punto di vista. La mancanza di qualità e inventiva nel primo tempo hanno indirizzato la gara a favore del Parma, e nemmeno le sostituzioni hanno potuto evitare l’ennesima brutta sconfitta di questa stagione. Crociati che salgono a quota 31 punti in classifica, al quindicesimo posto; bianconeri che abbandonano il quarto posto in favore del Bologna, avanti di un punto grazie al successo sull’Inter. Il calendario della Juve si infittisce di scontri diretti con Bologna e Lazio, ma prima Tudor ha l’obbligo di riportare i tre punti contro l’ultimissimo Monza.
LA TOP11 DELLA 33ª GIORNATA
Calcio
Europa e Conference, quarti di ritorno: cade anche la Lazio, Fiorentina in semifinale

Europa e Conference League sono ormai arrivate ai quarti di finale, con le gare di ritorno che hanno chiuso questa fase delle competizioni. La serata dà spettacolo con partite veramente senza senso, come solo l’Europa sa regalare. Abbandona il sogno europeo anche la Lazio, mentre la Fiorentina ottiene la semifinale per il terzo anno consecutivo.
EUROPA LEAGUE
L’Italiana
L’Italia per il Bodo non è mai stata un territorio fortunato, zero vittorie in tutte le gare giocate sul suolo del tricolore e, soprattutto, mai una semifinale europea raggiunta. Prima della partita contro la Lazio all’Olimpico, tutti questi dati erano ancora concreti, ma con il match di ritorno, tutto è cambiato. La squadra di Baroni entra in campo con grinta e determinazione, minacciando la difesa norvegese con diverse occasioni pericolose, che passano dai piedi dell’asset iper-offensivo dei biancocelesti. AL 20′ la partita si sblocca con il gol del Taty Castellanos, che di tacco beffa Haikin ed accende l’Olimpico, speranzoso di un’attesa rimonta. Nel settore destro del campo, Isaksen sfugge ad ogni tipo di marcatura e risulta incontenibile e fonte principale delle più pericolose azioni della Lazio. Ci prova Castellanos, ci provano anche Lazzari e Zaccagni sbattendo sulla traversa, ma il pallone sembra non voler entrare, nella disperazione generale dell’organico biancoceleste. Nel secondo tempo, però, il Bodo smette di soffrire ed esce la testa dalla tana, impegnando Mandas in un paio di interventi decisivi, ed oltre ciò la poca freddezza del Taty rischia di costare caro alla Lazio, che riesce clamorosamente (e fortunatamente) a pareggiarla allo scadere, con Noslin che raggiunge un pallone vagante vicino alla linea di fondo e lo insacca alle spalle di Haikin, trascinando il match ai tempi supplementari. L’extra-time arride, almeno inizialmente, alla squadra di Baroni, che al 100′ trova addirittura il gol del vantaggio con Dia, che stacca di testa all’interno dell’area di rigore e sblocca, momentaneamente, il passaggio del turno. L’animo dei norvegesi non si affievolisce e nel secondo tempo supplementare la squadra di Knutsen reagisce trovando il gol del pareggio con Helmersen, che beffa un Mandas non perfetto per poi essere espulso al 120′. La lotteria dei rigori è un vero e proprio dramma psicologico per la Lazio: dagli undici metri sia Tchaouna, che Noslin, che Castellanos sbagliano, consegnando la qualificazione al Bodo, che raggiunge la prima semifinale europea nella storia del calcio norvegese. Con l’eliminazione della squadra di Baroni, l’Italia dà di diritto l’addio anche al quinto posto in Champions, oltre che all’ultima speranza di vincere l’Europa League.

foto: X ItalianFootballTV
Le altre sfide
Oltre la caduta della squadra di Baroni, l’Europa League, come ormai di consueto, è riuscita a portare in scena dei match veramente assurdi, destinati ad entrare negli annali di questa competizione. Primo su tutti non si piò non citare il match tra Manchester United ed Olympique Lyone: i tempo regolamentari si concludono con due gol per parte (4-4), dimostrando lo stesso equilibrio presente anche nella gara di andata, ma nei supplementari la partita assume un tono degno dei migliori film thriller. I francesi, rimasti in dieci per il doppio giallo a Tolisso, riescono a trovare due gol nel giro di cinque minuti grazie alle reti di Cherki e Lacazette, mettendo apparentemente il lucchetto alla partita; Old Trafford, il teatro dei sogni, sembra però non pensarla così e nel giro di sette minuti lo United, con i gol di Bruno Fernandes, Mainoo e Maguire ribalta le sorti della partita, strappando così il pass per la semifinale. In Spagna, l’Athletic Bilbao ritrova sè stesso ed ipoteca la qualificazione contro i Glasgow Rangers, con i gol Oihan Sancet e Nico Williams, missione che non gli era riuscita sette giorni fa in Scozia. A chiudere il quadro delle semifinali c’è il Tottenham, che, in Germania, vince di misura con il rigore di Solanke e supera l’Eintracht Francoforte. L’1 maggio, in occasione delle semifinali, gli Spurs affronteranno la sorpresa Bodo/Glimt, menter l’Athletic affronterà, in casa, uno United fomentato da una delle rimonte più belle di quest’anno.

foto: X Tottenham
Il protagonista
Una partita folle, 114′ minuti in ombra e 7 per ribaltare le sorti di una qualificazione che sembrava ormai clamorosamente sfumata: il Manchester United, grazie ai lampi di Bruno Fernandes, Mainoo e Maguire riesce ad uscire dall’inferno per tentare l’assalto finale e decisivo alla vittoria europea, che darebbe quantomeno una nota di merito alla peggiore stagione dei Red Devils in tempi recenti. Certo, non si può, giocando in casa, farsi sottomettere pesantemente da una squadra in dieci uomini, ma la squadra di Amorim trova il coraggio per rialzare la testa e, sotto gli occhi di un Old Trafford deluso, dare vita ad un finale di partita che può far ben sperare i supporters della squadra, in vista della semifinale contro l’Athletic Bilbao

foto: X Manchester United
La conferma
Non può che essere la conferma di queste semifinali Nico Williams. All’andata, nello 0-0 contro dei Rangers in dieci per ottanta minuti, non era riuscito ad incidere, ma quando vede San Mamés gli si illuminano gli occhi e comincia a disegnare calcio. Ancora un gol, ancora decisivo. Che possa essere il suo turno di vincere coppa ed MVP?

foto: X Athletic
La delusione
Segna il gol che riaccende le speranze biancocelesti, ma poi poco e nulla. Il Taty Castellanos si ritrova sui piedi il rigore decisivo che avrebbe mandato la lotteria ad oltranza, ma lo sbaglia clamorosamente. Sembra cattivo ed anche sbagliato dirlo, ma l’eliminazione della Lazio passa anche (e soprattutto) dai piedi del suo maggior trascinatore, beffato dalla pressione del momento.

foto: X Gournach
CONFERENCE LEAGUE
L’Italiana
Dopo il filo da torcere dato alla Fiorentina durante la gara d’andata, lo Celje arriva a Firenze come una squadra quantomeno rivalutata, da cui la squadra di Palladino si sarebbe dovuta guardare attentamente per evitare indesiderati imprevisti. La Viola parte con più sicurezza degli sloveni, con Kean e Fagioli che svariano in mezzo al campo ed alzano il baricentro, mettendo in diffcoltà gli sloveni. A centro area, su situazione di corner, Ranieri impegna Ricardo Silva, quando manca un quarto d’ora al termine della prima frazione. Cinque minuti più tardi il gol del vantaggio arriva e porta la firma del migliore in campo, Rolando Mandragora, che raccoglie l’imbucata di Pongracic e con il piede debole insacca la sfera alle spalle dell’estermo difensore avversario, impotente sulla traiettoria a incrociare del centrocampista italiano. Nel secondo tempo sono invece gli sloveni a scendere in campo con maggiore garra e riescono a trovare il gol del pareggio prima con Matko e, appena due minuti dopo, quello del vantaggio con Nemanic, che svetta di testa e incorna il cross di Seslar, portando il risultato totale sul 3-3. Un minuto dopo il gol degli sloveni la Fiorentina reagisce prontamente, e ancora grazie ad un precisissimo lancio di Mandragora che trova Kean, ritrova il vantaggio con il gol dell’attaccante italiano, che piazza il pallone sul secondo palo e archivia definitivamente la qualificazione. Da qui in poi la Fiorentina si sveglia definitivamente e riesce a difendere il vantaggio, sfiorando addirittura il gol del 3-2 con Ranieri che insacca la sfera ma che si vede annullata la gioia del gol per posizione di offside, così come Kean a due minuti dalla fine. Dopo sei minuti di recupero il triplice fischio sancisce la terza semifinale consecutiva della Fiorentina, che andrà a giocarsi l’accesso alla finale con il Real Betis, sperando che questo sia, finalmente, l’anno in cui alzare la Coppa.

foto: X ACF Fiorentina
Le altre sfide
Vediamo adesso chi accompagnerà, in semifinale, la Fiorentina, per chiudere il quadro europeo di questa settimana e vedere le ultime tre squadre rimaste in corsa per un trofeo internazionale. A Londra il Chelsea appare molto opaco e destabilizzato dall’ottima prestazione del Legia Varsavia, che dà non poco filo da torcere ai Blues, sconfitti per 2-1 ma favoriti dal punteggio dell’andata, che li vede passare il turno con il totale di 4-2. Passa con realtiva serenità anche il Real Betis, che in Polonia non va oltre l’1-1 con lo Jagiellonia ma che si fa forte del 2-0 dell’andata e riesce a buttare fuori la sorpresa di questa competizione. Ultima, ma non per importanza, la partita forse più interesssante di questi quarti di ritorno di Conference League, che vede il Djurgarden, partito con il risultato a sfavore di 1-0, battere in trasferta il Rapid Vienna ai supplementari e strappare un definitivo pass per le semifinali, candidandosi seriamente al ruolo di nuova sorpresa di quest’anno. Alle semifinali, previste per l’1 maggio, il Djurgarden affronterà il Chelsea, cercando di sfruttare l’ambiente casalingo per mettere in difficoltà la favorita della competizione, mentre la Fiorentina volerà in Spagna per un’ardua sfida con il Betis, squadra molto in forma che sembra non volersi fermare

foto: X Chelsea
Il protagonista
Si può, da sfavoriti, dominare il Rapid Vienna in trasferta ed eliminarlo passando il turno? Il Djurgarden ci è riuscito, con una prestazione che quasi nessuno, alla vigilia del match, si sarebbe aspettato. D’altronde, avevano perso la gara d’andata, e ribaltare una gara di ritorno, soprattutto fuori casa e da sfavoriti, non è mai semplice. La squadra di Honkavaara però riesce nell’impresa, con il Rapid Vienna che cade sotto i colpi di Danielsson e Kosugi nei tempi regolamentari, per poi subire il colpo di grazia con la doppietta di Gulliksen nei supplementari.

foto: X Djurgarden
La conferma
Rolando Mandragora si prende la Fiorentina. Il suo gol e il suo assist ipotecano la qualificazione in semifinale e costringono un coraggioso Celje ad un’amara eliminazione. Il numero otto viola ormai a centrocampo ha trovato la sua casa da cui sforna sempre più prelibatezze che addolciscono pomeriggi e serate di tifosi e compagni. Il suo estro e la sua interpretazione del gioco di Palladino potrebbero rivelarsi la chiave di volta per raggiungere la terza finale consecutiva, ma prima bisogna superare uno scoglio non da poco: il Betis.

foto: X ACF Fiorentina
La delusione
Una faccia della medaglia, quella del Djurgarden, brilla di luce propria e luccica splendidamente così che si possa vedere da lunga distanza, mentre l’altra, quella del Rapid Vienna, adesso è totalmente rovinata ed inizia a sgretolarsi. Gli austriaci arrivavano al match di giovedì con l’unico compito di difendere il risultato, e non solo non ci sono riusciti, ma hanno concesso troppo spazio agli avversari arrivando a subire addirittura quattro gol senza neanche provare a ribaltare il proprio destino.

foto: X Rapid Vienna
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