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Calcio

Il Supercommento della 27ª Giornata di Serie A

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Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della ventiseiesima giornata di Serie A.

Fiorentina – Lecce (A cura di Tommaso Patti)

Sotto il segno di Gosens. La Fiorentina si rialza e batte di misura il Lecce 

Dopo tre sconfitte di fila, la viola approda il match in maniera aggressiva, nel tentativo di superare un Lecce anch’esso in piena difficoltà. L’approccio tattico degli uomini di Palladino permette ai padroni di casa di attaccare l’area di rigore di rigore avversaria con tanti uomini, situazione che va a favore della Fiorentina già al nono minuto, quando su un cross di Dodò, Robin Gosens salta più in alto di tutti anticipando la difesa salentina, insaccando il pallone alle spalle di Falcone e trovando la sua terza rete in stagione. Dopo un inizio conservativo, il Lecce prova a rimettere il risultato in parità, sfiorando il gol con Krstovic e Karlsson, quest’ultimo privato della gioia del gol da un’uscita superlativa di De Gea. Dopo una prima frazione giocata ad alti livelli, la prima parte della ripresa vede entrambe le squadre giocare con un ritmo meno elevato. Al 72’, su un calcio battuto da Fagioli, la Fiorentina reclama un calcio di rigore per un fallo di manco di Pierret, intervento giudicato irregolare da Marianelli. Dagli undici metri si presenta Beltran che spiazza Falcone, ma colpisce il palo, sciupando un enorme opportunità per indirizzare definitivamente la partita. Due minuti più tardi, la Fiorentina sfiora nuovamente il goal del raddoppio con la conclusione al volo di Dodò che però termina di poco a lato la porta di Falcone. A cinque dalla fine, grazie ad un calcio di punizione battuto da Fagioli e guadagnato da Ndour, la Fiorentina colpisce la traversa con Beltran, situazione che però innesca una ripartenza del Lecce che però viene sprecata dal tiro troppo largo di Danilo Veiga. Nei minuti finali di gara, il Lecce si rivolta totalmente nell’area di loro avversaria per trovare disperatamente la rete del pareggio, situazione che anche in questo caso innesca numerose ripartenze avversarie, tutte concluse con dei tiri fuori dallo specchio della porta, come nel caso di Guðmundsson. Nonostante i quattro minuti di recupero assegnati, a causa di crampi e check al VAR per un possibile rigore per i giallorossi, il direttore di gara fischia a ridosso del 96º scatenando nei tifosi, nell’allenatore e nei giocatori numerose proteste, placate indirettamente da una vittoria che la Fiorentina mancava da tre giornate e che permette i viola di mantenere una solida posizione in classifica con ottica Europa.

Atalanta – Venezia (A cura di Marco Rizzuto)

Tante occasioni ma poco cinismo, al Gewiss termina a reti bianche.

Al Gewiss Stadium non si va oltre lo 0-0 nonostante le diverse occasioni da gol per entrambe le squadre. La prima vera scintilla della gara passa dai piedi del solito Lookman che, nonostante gli screzi con Gasperini, ha dimostrato in campo il suo grande valore e la sua professionalità; al 20′ il nigeriano si gira in un fazzoletto dell’area di rigore ma calcia al lato del primo palo. I padroni di casa mantengono il pallino del gioco, ma il Venezia si chiude bene ed è attento nelle ripartenze, Zerbin innescato al 24′ calcia alto spaventando i bergamaschi. Il primo tempo  tuttavia vede soltanto la squadra di Gasperini in campo. A cinque dalla fine Zappacosta stampa il pallone sul palo, non finalizzando il geniale assist col tacco di Lookman. Gli sgoccioli della prima frazione fanno rabbrividire i tifosi di casa a causa dell’amnesia difensiva dello stesso Zappacosta: l’ex Chelsea lascia sfilare il pallone scodellato da Nicolussi Caviglia favorendo Zerbin che con un tocco sotto tenta di ingannare Carnesecchi, l’estremo difensore sventa la minaccia con una smanacciata efficace. La ripresa vede ancora una volta l’Atalanta flirtare col vantaggio, stavolta è Retegui a sprecare e calciare alto sul cross basso di Cuadrado, dopo appena quattro minuti di gioco. All’0ra di gioco Gasperini decide di cambiare la formazione titolare, inserendo Bellanova e Maldini al posto di Cuadrado ed uno spento Charles De Ketelaere, ma l’andazzo del match non cambia. Poco dopo il Venezia sfiora il clamoroso vantaggio con il neo entrato Yeboah, l’ecuadoriano da pochi passi calcia a botta sicura ma Carnesecchi s’invola e blinda la porta bergamasca. Sul finale i ritmi calano e la Dea sembra essersi rassegnata al pari, ma all’82’ arriva l’ultima vera palla gol a favore dei padroni di casa: dalla bandierina la palla spiove verso Kolasinac che riesce ad allungare per Lookman che da pochi passi calcia alle stelle, sotto gli occhi increduli del suo pubblico. Al triplice fischio si sente il malcontento generale dei nerazzurri, perdendo l’occasione di guadagnare terreno per la lotta scudetto. Il Venezia resiste all’arrembaggio bergamasco portando a casa un punto importante in ottica salvezza.

Napoli – Inter (A cura di Dennis Rusignuolo)

Il tanto atteso match scudetto termina tra applausi e sciarpate. Una gara intensa dal primo all’ultimo minuto, con l’Inter che aveva trovato il vantaggio con una magia di Federico Dimarco da calcio piazzato. Nella ripresa il Napoli riesce a reagire, approfitta di una serie di incomprensioni dei nerazzurri e nel finale Billing rimette in equilibrio la gara

Udinese – Parma (A cura di Marco Rizzuto)

L’Udinese festeggia ancora dal dischetto, per la prima volta grazie a Thauvin

L’Udinese trionfa per la terza volta consecutiva, stavolta è Thauvin a deciderla dal dischetto. Il Bluenergy ospita il Parma, squadra alla ricerca di risposte dopo la vittoria casalinga contro il Bologna. L’avvio però, vede l’inizio arrembante della squadra di Runjaic che sfiorano il vantaggio in diverse occasioni nei primi venti minuti. Thauvin si dimostra l’arma in più dei bianconeri, il francese si distingue per la sua abilità palla al piede e tutte le occasioni più importanti passano dai suoi piedi. Superata la mezz’ora, il francese col dieci sulle spalle lacera la difesa emiliana rientrando al limite sul suo mancino e calciando verso la porta ma, il pallone deviato con il braccio largo da Balogh costringe l’arbitro ad assegnare il tiro dagli undici metri dopo un  rapido controllo al VAR. In questo frangente si chiudono definitivamente le polemiche della settimana scorsa sulla vicenda Lucca. L’ex Pisa infatti consegna il pallone proprio al francese prendendosi gli applausi dei suoi tifosi. Dal dischetto Thauvin non sbaglia nonostante Suzuki abbia intuito l’angolo, portando avanti i suoi. Nei primi attimi della ripresa Man viene lanciato in profondità e Padelli compie un vero miracolo sulla conclusione del rumeno. Il secondo tempo è un carosello di occasioni clamorosamente fallite: al 70′ Thauvin calcia fuori un rigore in movimento che avrebbe chiuso i giochi mentre per i crociati, Almqvist supera in uno contro uno Padelli ma la conclusione è debole e Solet riesce a deviare il pallone in calcio d’angolo. Negli ultimi minuti il Parma tenta il tutto per tutto ma l’Udinese tiene botta e blinda i tre punti che li rilanciano al decimo posto in classifica. Sconfitta amara per il Parma che si ritrova tra Lecce ed Empoli ad una sola lunghezza dalla zona rossa della classifica. L’infortunio di Djuric ha sicuramente complicato le cose e al momento Bonny non sembra essere in forma per guidare l’attacco crociato in questa lotta alla salvezza.

Monza – Torino (A cura di Simone Scafidi)

Monza nel baratro, prima gioia per Casadei

All’UPower Stadium il Torino fa la voce grossa e batte il Monza, sempre più ultimo. La squadra di Vanoli, sin da subito, non lascia spazio alla costruzione biancorossa e già al quinto minuto un tiro a incrociare di Casadei impensierisce Turati. Alla stessa maniera calcia anche Keita Balde, che torna a calcare i campi di Serie A senza però trovare il gol. Il dominio granata continua, e comincia a dare i suoi segnali in maniera sempre più intensa, fino ad arrivare al gol di Elmas, che al 41’ calcia di controbalzo sul cross di Lazaro e porta in vantaggio il Toro. Nel secondo tempo la storia non cambia e i granata provano a mettere le cose in chiaro sin dai primi minuti, ancora Casadei calcia in maniera complessa ma tira fuori una traiettoria insidiosa che impegna e non poco Turati, abile nel mandare il pallone in corner. In fase offensiva, il Monza risulta troppo timido e non riesce a concretizzare nemmeno quelle poche occasioni che gli capitano tra i piedi. In mezzo al campo, Vlasic guida le numerose ripartenze del Torino, dalle quali nascono delle azioni particolarmente insidiose. Proprio da una di queste, arriva il primo gol in Serie A di Casadei, che raccoglie un pallone vagante e calcia forte in porta, spiazzando totalmente Turati. Dopo il 2-0, che chiude definitivamente la partita, il Torino difende in maniera semplice ma efficace il risultato, ipotecando i tre punti e spedendo il Monza in un buio sempre più profondo.

Bologna – Cagliari (A cura di Marco Rizzuto)

Orsolini guida la rimonta affondando il Cagliari

Il Renato Dall’Ara ospita con grande entusiasmo il match che vede il Bologna in piena corsa per un posto in Champions dopo il successo contro il Milan. Sin dai primi minuti, i padroni di casa schiacciano sull’acceleratore, andando vicino al vantaggio con Calabria che manca la porta di qualche centimetro con una botta dalla distanza. L’occasione più clamorosa arriva al primo quarto d’ora su calcio d’angolo, Erlic stacca di testa sul secondo palo, ma sia Castro che Fabbian non riescono a spedire in rete e la palla termina sul fondo. Alla prima vera occasione, gli ospiti vanno a segno mettendo la strada in salita per il Bologna: Augello pennella per l’inserimento perfetto di Piccoli che, al limite dell’area piccola stacca di testa bucando Skorupski. Nonostante un primo tempo ricco di occasioni e giocato ad alta intensità il Bologna si ritrova ad inseguire, ma la musica cambia ad inizio secondo tempo. Cambiaghi viene atterrato da Felici e l’arbitro assegna il penalty trasformato da Orsolini che, rimette tutto in parità e scatena la carica dei tifosi di casa. Come preannunciato, il Bologna prende sotto assedio la metà campo ospite alla ricerca del gol che ribalterebbe tutto. Al 54′ Caprile si rende protagonista con una parata dal coefficiente di difficoltà elevatissimo, mantenendo il risultato in parità. Un minuto dopo però, il Bologna completa la rimonta con Riccardo Orsolini che approfitta della dormita colossale della difesa sul cross basso di Cambiaghi e appoggia in rete. Gli ultimi minuti non regalano particolari occasioni e l’arbitro fischia la fine sotto i cori del tifo rossoblù che sognano un secondo piazzamento consecutivo in Europa. Il Cagliari cade nuovamente e rimane al quindicesimo posto a pari punti col Lecce.

Genoa – Empoli (A cura di Simone Scafidi)

Un punto a testa e poche emozioni, Genoa ed Empoli si equivalgono

A Marassi termina 1-1 il match tra Genoa ed Empoli, che lascia più contenti  gli azzurri, che guadagnano un punto in ottica salvezza. I primi minuti sono a tinte azzurre. Al quarto d’ora, un insidioso cross di Pezzella attraversa tutta l’area di rigore e viene incredibilmente salvato da Martin, che anticipa ed evita l’intervento di Gyasi. Venti minuti più tardi, la squadra di D’Aversa va in vantaggio con il gol di Grassi, che calcia da dentro l’area e batte tutta la difesa rossoblu. Nel secondo tempo, il Genoa parte male e un errore grossolano di Leali rischia di costare ai suoi il doppio svantaggio. La squadra di Vieira sembra essere in balia del suo avversario, e Vasquez e Martin ergono una muraglia ed evitano diverse volte il raddoppio azzurro, in particolare su un’azione al 60’ di Esposito, che viene murato dal difensore messicano, che all’81’, con una conclusione al volo e con la grande complicità di Silvestri, riesce a trovare il gol del pareggio, nonostante l’Empoli avesse sfiorato nuovamente il pareggio pochi istanti prima con Cacace, pericoloso su punizione. Senza altre particolari occasioni, la partita si conclude, portando un punto a testa nelle tasche di Genoa ed Empoli.

Roma – Como (A cura di Marco Rizzuto )

Rimonta a tinte giallorosse, Ranieri prosegue la scalata.

All’Olimpico la gara fa fatica a sbloccarsi, al 9′ Kempf non trova la porta di testa sul traversone a rientrare di Da Cunha. Si assiste ad una partita molto combattuta, tanti duelli in mazzo al campo e  poche azioni da gol. A pochi minuti dal duplice fischio il Como passa avanti con Da Cunha, il centrocampista francese viene servito in corsa da Perrone e calcia indisturbato, approfittando dell’indecisione di Mancini e indirizzando la gara. Alla ripresa Ranieri ridisegna l’undici titolare, inserendo El Shaarawy e Dovbyk. In questo secondo tempo la Roma sembra molto più spigliata e il pari non tarda ad arrivare, all’ora di gioco i giallorossi rientrano in partita con il solito Saelemaekers, sempre più trascinatore dei giallorossi. L’esterno belga dopo il duetto con con Celik va in rete dopo la deviazione decisiva sotto la traversa. Dopo il gol la Roma si trasforma, le squadre si allungano e diventa più semplice per i giocatori di Ranieri trovare il suggerimento verticale. Tra i giocatori più ispirati del secondo tempo, Paulo Dybala, che al 62′ nel tentativo di imbucare per Dovbyk viene trattenuto eccessivamente da Kempf, fallo che costa il doppio cartellino giallo e l’espulsione del giocatore. Ad un quarto d’ora dalla fine la Roma passa avanti con un’azione illuminata dal lancio lungo di Cristante, il cross al volo di Rensch e la zampata -sempre di prima- di Dovbyk, che fa esplodere l’Olimpico. Sul finale la Roma si salva grazie ad un intervento prodigioso di Svilar che, da terra riesce a neutralizzare la conclusione di Cutrone. Con questa quarta vittoria consecutiva, la Roma scavalca il Milan e raggiunge quota 43 punti piazzandosi all’ottavo posto. Il Como perde l’occasione di allungare sulla zona retrocessione e rimane inchiodato alla tredicesima posizione a 28 lunghezze.

Milan – Lazio (A cura di Simone Scafidi )

Gelo a San Siro, Pedro la decide all’ultimo secondo

Nel posticipo della domenica sera, Milan e Lazio si affrontano in una sfida che vale la corsa Champions. La squadra di Baroni non si lascia intimorire e,  già dal secondo minuto, intimoriscono la difesa rossonera: in contropiede parte Dia che si trova a tu per tu con Maignan ma viene fermato dall’estremo difensore francese, che spedisce in calcio d’angolo. Appena tre minuti dopo ad essere pericolosa è sempre la Lazio, con il cross pericoloso di Nuno Tavares chiuso in calcio d’angolo. Circa al ventesimo minuto, il Milan prova timidamente a reagire, con un tiro di Reijnders respinto da Provedel. Al 28’ minuto arriva il vantaggio biancoceleste, con Marini che incrocia costringendo Maignan alla respinta, con il pallone che rimane vagante e sul quale si avventa Zaccagni, che sigla il gol del vantaggio. Nel secondo tempo il Milan emerge un po’ e riesce ad uscire la testa. Al 51’ arriva la prima grande occasione per Joao Felix, che da dentro l’area non inquadra però la porta e calcia alto. Il momento “sliding doors” del match arriva al 67’, con Isaksen che vola verso la porta rossonera in contropiede e viene atterrato da Pavlovic, che viene direttamente espulso dal direttore di gara, lasciando i suoi in dieci uomini. Nonostante l’i feriortia numerica, la squadra di Conceicao trova la forza di reagire, con una palla visionaria di Leao che trova Chukwueze all’interno dell’area di rigore, che colpisce di testa e buca Provedel, trovando così il gol del pareggio. Nel momento migliore del Milan, la Lazio trova una breccia nel buio e a quaranta secondi dalla fine riesce a procurarsi un calcio di rigore a causa dell’uscita fallosa di Maignan su Isaksen. Sul dischetto si presenta Pedro, che spiazza il portiere rossonero e porta in casa Lazio tre punti pesantissimi in ottica Champions, che compormettono ancor più seriamente la stagione del Milan. Tra i fischi di San Siro, le squadre escono dal campo in due situazioni psicologiche totalmente diverse.

Juventus – Hellas Verona (A cura di Dennis Rusignuolo)

Thuram e Koopmeiners nella ripresa. Il sogno scudetto bianconero rimane attivo.

Attacco totale fin dai primissimi minuti, questa la ricetta di una Juventus che ha l’obbligo di ritrovare la fame giusta per dare una svolta alla stagione. Il Verona ostenta pragmatismo e compattezza, e la squadra di Thiago Motta cerca di piazzare subito le tende nella metà campo scaligera. Il primo squillo della gara è un mancino al volo di Locatelli, palla alta sopra la traversa di Montipò. In campo aperto la squadra di Bertolini (vice di Zanetti, assente per squalifica) riesce però a trovare i centimetri degli attaccanti, e Suslov impegna Di Gregorio con un destro forte e basso, intervento plastico dell’estremo difensore bianconero. Il silenzio dello Stadium (in aperta contestazione con la squadra per gli ultimi risultati) aumenta il peso della gara, il Verona sembra poter giostrare a suo piacimento l’agonismo della gara, ma introno al quarto d’ora la Juventus si riaffaccia dalle parti di Montipò. Prima Gatti sfiora il gol con una conclusione strozzata da dentro l’area, poi Montipò smanaccia in maniera provvidenziale un destro piazzato di Thuram, ottima costruzione dei bianconeri con McKennie abile nell’agire da pivot e liberare lo spazio al francese, poco freddo al momento della conclusione. La doppia occasione accende in serie prima lo stadio e poi i giocatori, e il fraseggio della Juve comincia a essere fluido e ritmato, sponda Hellas invece si ritorna alla difesa estrema della porta di Montipò. Al 35′ la Juventus si vede negare il vantaggio: calcio di punizione di Yildiz, cross morbido e diretto verso la porta, Kelly ostacola l’estremo difensore scaligero e McKennie insacca di testa, calcio di punizione per il Verona a causa del contatto tra il difensore bianconero e Montipò. Le offensive bianconere si sviluppano tutte sulle triangolazioni rapide tra i giocatori, come quella che porta Locatelli alla conclusione dentro l’area, respinta di Montipò, che si ripete subito dopo su una conclusione potente ma centrale di McKennie. Nell’ultima azione del primo tempo, al tramonto del miglior primo tempo per tiri e tocchi in area avversaria da parte dei bianconeri in questo campionato, il Verona trova la clamorosa rete del vantaggio, conclusione pazzesca di Suslov che stampa il pallone sulla traversa e in fondo al sacco. Lo Stadium comincia subito a mugugnare, ma si regala un momento di gioia al momento dell’annullamento del vantaggio scaligero, a causa di una posizione di fuorigioco di Faraoni. Due cambi all’intervallo, entrambi sponda Hellas: fuori Dawidowicz e Faraoni, dentro Ghilardi e Oyegoke. Nessun cambio invece da parte della Juve, che cerca di mantenere alto il ritmo come fatto nel corso della prima frazione. Stesso copione del primo tempo, stesso esito al minuto 49: ottimo sviluppo verticale della Juve, Locatelli lascia sfilare alle spalle verso Kolo Muani, rasoiata mancina del francese e parata con il piede da parte di Montipò, senza alcun dubbio il migliore in campo. Meno equilibrio e squadre più aperte e spezzettate, questa situazione permette alla Juve di avere più spazio per costruire l’azione offensiva ma il Verona cerca di fare la voce grossa. Altra sostituzione, tutt’altro che conservativa, è quella di Livramento, sostituito da Bernede (match-winner nella gara di domenica scorsa contro la Fiorentina). Questa volta anche Thiago Motta muove il suo scacchiere, fuori McKennie e Weah, dentro Koopmeiners e Alberto Costa. Esordio in Serie A per il terzino portoghese, che aveva mosso i primi passi in maglia bianconera nella gara di Coppa Italia contro l’Empoli. Il numero 2 prova a presentarsi subito nel migliore dei modi, con una rasoiata al volo da fuori area, palla che termina di poco a lato. La girandola di cambi rallenta il ritmo e la lucidità offensiva della Juve, mentre il Verona continua a mostrare uno spirito di abnegazione assoluto, evidenziato dalle mille corse in avanti di Suslov, utili nel riportare l’Hellas in avanti e far ripiegare la Juve indietro. Al 71′ la Juve trova il vantaggio: fraseggio ragionato e paziente dei bianconeri, il giro palla isola Cambiaso sulla parte sinistra, Locatelli lo pesca perfettamente e il terzino italiano appoggia all’indietro, Thuram arriva in corsa e calcia di controbalzo, vantaggio Juve con l’uomo del momento (secondo gol consecutivo dopo la perla in Coppa Italia). Dopo il meritato vantaggio, la squadra di Thiago Motta cerca di gestire al meglio il possesso palla e intanto si rinforza dalla panchina: Vlahovic e Mbangula rilevano Kolo Muani e uno stremato Yildiz. A un giro d’orologio dal novantesimo il Verona sbaglia il rilancio e la Juve ne approfitta: rilancio sbagliato di Montipò, Mbangula (che aveva guidato la pressione sul portiere) verticalizza subito verso Koopmeiners, controllo e rasoiata di destro sul primo palo alle spalle di Montipò. Partita in ghiaccio e vittoria che adesso riaccende un nuovo scenario, quello del primo posto. Serviva una reazione a tutto tondo dopo la brutta eliminazione in Coppa Italia, e la Juventus reagisce e domina un Verona tutt’altro che sparagnino. Ottima prestazione dei bianconeri, soprattutto dal punto di vista dell’intensità e della pressione, anche se la gara rischiava di prendere l’ennesima brutta piega con la rete annullata a Suslov all’intervallo. Sei punti dall’Inter capolista, la missione scudetto della Juve comincia adesso. Sconfitta tutto sommato giusta per l’Hellas Verona, al termine però di una prestazione ricca di abnegazione e spirito di sacrificio. Nel secondo tempo le sostituzioni hanno fatto la differenza nel quadro tattico della gara, condannando il Verona a una sconfitta che non inguaia l’undici di Zanetti, distante quattro punti dal terzultimo posto.

LA TOP11 DELLA 27ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala

Classe 2001. Studente in Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Palermo. Aspirante telecronista/giornalista sportivo e grande appassionato di calcio e di musica

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Calcio

Quattro gol per ristabilire le gerarchie scudetto. Una super Atalanta schianta la Juventus a domicilio

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L’Atalanta stravince a Torino. In casa della Juventus, la squadra di Gasperini esonda con quattro gol e si rimette a caccia della vetta. Si fermano praticamente qui le speranze -poche- scudetto della Juventus, ampiamente contestata durante la gara e al triplice fischio. Clima poco sereno, non solo per la pioggia abbattutasi sull’Allianz Stadium, in casa Juventus.

Gasperini sorprende tutti con un cambio nei tre davanti: fuori De Ketelaere e dentro Cuadrado. Thiago Motta tiene fuori il grande ex Koopmeiners, non rinuncia a Gatti e Yildiz (recuperati dopo alcuni problemi fisici accusati negli scorsi giorni), per il resto stessi undici visti in campo contro il Verona.

Sotto una pioggia leggera ma costante, il ritmo della gara spicca per continuità e intensità. La gara ha un peso specifico enorme, e la pressione si evince da una serie di errori commessi da entrambe le squadre. Parte molto bene l’Atalanta, anche se il primo squillo è di Kephren Thuram: il francese, servito da McKennie, stoppa e calcia sfiorando la traversa. I nerazzurri rispondono subito con una bordata di Zappacosta, ma il pallone va fuori. La mossa di Gasperini risulta fondamentale nella lettura tattica della gara, perché la fascia destra, dove adoperano Bellanova e Cuadrado, riesce a mettere in serio affanno il duo Cambiaso-Nico Gonzalez. Cuadrado, accolto dai tanti fischi dei suoi ex tifosi, non permette al terzino italiano di spingersi in avanti, e la sua abilità nel nascondere il pallone crea più di qualche grattacapo alla Juventus, che cerca di trovare le contromisure nella gestione rapida e lucida del pallone. Quando la squadra di Thiago Motta riesce ad eludere il pressing bergamasco, arriva quasi sempre a ridosso dell’area di rigore, ma nell’ultimo passaggio manca killer instict e precisione. Alla mezz’ora l’episodio che accende la gara: la difesa bianconera respinge una punizione laterale dell’Atalanta, la palla torna da Lookman che rilancia subito in mezzo, Hien colpisce di testa e la palla impatta sul braccio di McKennie. Sozza indica subito il dischetto, il VAR si prende qualche minuto per rivedere l’episodio ma conferma il penalty, trasformato in maniera eccellente da Retegui. Conclusione forte e precisa dell’attaccante della Dea, al centro numero 22 del suo grandissimo campionato. Lo scossone al match è importante, e l’Atalanta cerca di giostrare il ritmo della gara a proprio piacimento, approfittando di una fase calante -sul piano dell’intensità- dei bianconeri. All’inizio dei due minuti di recupero l’Atalanta si trova in superiorità numerica in contropiede, Lookman porta palla fino al limite dell’area, approfitta del movimento indietreggiante e calcia forte verso la porta, Gatti devia la conclusione del nigeriano e permette al pallone di stamparsi sul palo. L’azione prosegue ed Ederson e Retegui cercano di calciare verso la porta, la difesa respinge e Lookman si trova nuovamente il pallone tra i piedi, il nigeriano calcia subito ma trova l’opposizione di Di Gregorio. L’estremo difensore bianconero è provvidenziale nel negare il doppio vantaggio prima a Lookman, e subito dopo anche a Zappacosta, che prova a spuntarla con una conclusione al volo da fuori area.

Entrambi gli allenatori modificano il proprio scacchiere all’intervallo: Gasperini sostituisce Cuadrado con Brescianini; Thiago Motta sostituisce Yildiz con Koopmeiners. Ex che entra ed Ex che esce. Dopo meno di un minuto l’Atalanta colpisce subito: brutto errore di Kelly in fase di possesso, la Juve è completamente squilibrata in mezzo al campo, la Dea va subito da Lookman, che cerca di anticipare la conclusione per evitare l’intervento di Gatti, Di Gregorio risponde, la riaggressione della Juve è pigra e De Roon insacca la sfera all’incrocio dei pali. Lo Stadium comincia a mugugnare, dopo i primi segnali lanciati al termine del primo tempo, la Juve non riesce a equalizzare l’intensità messa in campo dagli uomini di Gasperini, e Thiago Motta mette subito in atto una vera e propria rivoluzione: vanno fuori in tre (Nico Gonzalez, Gatti e Weah), dentro Mbangula, Alberto Costa e Kalulu. L’Atalanta si abbassa, comincia a concedere il palleggio nella propria trequarti alla Juventus e prova a rialzare subito il baricentro con l’ingresso di De Ketelaere al posto di Retegui, stremato dopo una gara giocata all’inseguimento dei difensori bianconeri. Quando la Dea trova spazio per attaccare la Juventus vede i fantasmi, e al minuto 66 il risultato cambia ancora: Kolasinac, autore di una serie di sgroppate negli ultimi minuti, si getta all’attacco dell’area di rigore dopo uno scambio con Zappacosta, arriva sul fondo, la palla sembra destinata a finire oltre la linea ma Kolasinac si inventa un assist di tacco verso Zappacosta, assist al bacio e conclusione rasoterra sotto le gambe di Kelly. La Juventus si è sgretolata nel corso della ripresa, l’Atalanta impone il suo gioco e non lascia prigionieri, nessun affanno nella pressione a tutto campo, tanta libertà nell’impostazione ma soprattutto nella ripartenza. Motta chiude i suoi cambi con Vlahovic, ma anche lui non contribuisce ad accennare a una reazione, piuttosto avvia l’azione per il 4-0 bergamasco: il serbo scivola al momento del passaggio, palla che arriva da Lookman, serie di finte con il corpo e destro potente verso la porta, questa volta la deviazione non si stampa sul palo, ma manda fuori giri Di Gregorio che è costretto a raccogliere il pallone dal sacco per la quarta volta. Nel finale lo Stadium comincia a svuotarsi ben prima del fischio finale, la protesta è ineccepibile nei confronti di una Juventus che cerca in tutti i modi di segnare un gol per rendere meno amaro un boccone che non vede il minimo sapore di zucchero. Carnesecchi al minuto 88 cala la prima, e unica, parata della sua gara, intervento strepitoso in tuffo su un colpo di testa ravvicinato di McKennie.

Si era accesa una speranza al triplice fischio contro l’Hellas Verona, un flebile sogno di rimonta scudetto, ma al cospetto della Dea la Juventus soccombe. L’Atalanta non gioca solo la migliore delle ultime partite, ma probabilmente cala la prestazione più dominante e intensa (considerando il blasone dell’avversario) dell’intera stagione. Un dominio schiacciante dal primo all’ultimo minuto, quattro gol in casa della miglior difesa dell’intero campionato, una carneficina che consente ai bergamaschi di arrivare al big match di domenica prossima, in casa contro l’Inter, con soli tre punti di distacco.

Si consumano nel prato grondante dello Stadium le idi di marzo bianconere. Una serata in cui non ha funzionato praticamente nulla, un k.o che adesso rischia di avere ripercussioni nel proseguo del campionato, in cui la Juventus è chiamata non solo a reagire, ma a conquistare punti fondamentali per allontanarsi da Bologna e Roma, che in questo momento sembrano andare a una velocità ben diversa rispetto alla squadra di Thiago Motta.

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Calcio

È morto Bruno Pizzul, storica voce del giornalismo sportivo italiano

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Celebre protagonista dei maggiori eventi calcistici italiani degli anni Ottanta, Novanta e Duemila, Bruno Pizzul è morto questa mattina all’ospedale di Gorizia. All’età di 86 anni, ne avrebbe compiuti 87 sabato, la leggendaria voce del giornalismo sportivo ci ha lasciati.

LA CARRIERA

Nato a Udine, comincia a muovere i primi passi nel mondo del calcio nella squadra parrocchiale di Cormons, poi nella Pro Gorizia. Di ruolo centromediano, Pizzul venne ingaggiato dal Catania nel 1958. Dopo la laurea in giurisprudenza, insegnò nelle scuole medie, nel frattempo la sua carriera da calciatore era finita in seguito a un brutto infortunio al ginocchio, ma gli anni 70′ gli regalano l’occasione della vita: la Rai.

Entra in Rai grazie al concorso nazionale per radio-telecronisti, aperto a tutti i giovani laureati del Friuli Venezia Giulia, e in pochi anni diventa la voce di riferimento per la radio-telecronaca nazionale. Per quindici anni Pizzul racconta tutte le gare delle squadre italiane in competizioni europee e non solo.

LE COPPE

La carriera di Pizzul è legata anche a numerose finali europee per club. Inconfondibile il suo approccio calmo e pacato alla telecronaca, tutti fattori che rendevano meticolosamente sensibile il racconto di partite dal peso specifico elevato.

Nel 1973 raccontò il successo del Milan in Coppa delle Coppe contro il Leeds United, mentre nel 1999 fu la voce delle vittorie della Lazio in Coppa delle Coppe e del Parma in Coppa Uefa. Ma il suo nome resta indelebilmente legato alla tragica finale della Coppa dei Campioni del 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, quando Juventus e Liverpool si affrontarono in una serata segnata dalla morte di 39 persone. Una telecronaca difficile, che Pizzul gestì con la compostezza e la sensibilità che lo hanno sempre contraddistinto.

L’ITALIA CHIAMÒ

A partire dal mondiale 1986, a Pizzul viene affidato l’incarico delle telecronache delle gare della nazionale. In passato aveva già commentato alcune gare degli Azzurri, prima e dopo il mondiale vinto dall’Italia nel 1982. A partire dal mondiale vinto da Maradona e compagni, Pizzul diventa uno dei volti, o meglio delle voci, di riferimento per il calcio italiano.

Fu la voce narrante delle leggendarie notti magiche di Italia 90′, iconico il suo “Robertobaggiooo” e la sua empatia nel racconto dell’ascesa di Totò Schillaci.

Era la voce del mondiale di Usa 94‘, raccontò il viaggio degli Azzurri di Arrigo Sacchi fino alla finale di Pasadena contro il Brasile. Sappiamo tutti come finì quella finale, sappiamo tutti in che modo Roberto Baggio calciò l’ultimo rigore, decisivo per mantenerci ancora in vita contro i brasiliani, ma pochi si ricordano le parole di Pizzul al termine della gara. Con sensibilità e compostezza, Pizzul riuscì a rendere il giusto omaggio a quella cavalcata azzurra. Al cospetto dei più quotati brasiliani, l’Italia si arrese solamente ai calci di rigore, mostrando “uno straordinario coraggio e temperamento. Hanno saputo controllare avversari più freschi”.

Pizzul continuò a raccontare i mondiali e gli europei degli anni 90, in cui gli Azzurri non riuscirono a competere per la vittoria finale, ma mantenne sempre quello stile composto e pacato, empatico oltre la media e sempre pulito ed educato. Concluse la sua avventura nel 2002, in seguito ad un’amichevole giocata a Trieste, nel suo amato Friuli, contro la Slovenia (persa per 1-0). La sua carriera da commentatore continuò in emittenti emergenti, alla ricerca di smalto per scalare le gerarchie della televisione, attraverso il commento di partite di Serie A.

IL GANDHI CON IL MICROFONO E LE CUFFIE

Ci lascia un pilastro della nostra storia calcistica. Il ventennio Ottanta-Novanta è stato probabilmente il più roseo del calcio italiano, per la quantità di squadre e giocatori celebri che hanno calcato i campi di tutta Italia e hanno portato in alto la nazionale nel corso dei mondiali. Pizzul è stato il denominatore comune di tutte queste storie, perché la sua voce ha accompagnato l’ascesa -e talvolta la caduta- di matti e miti che hanno scritto pagine indelebili della storia del calcio.

La sua voce rivoluzionò il modo di fare telecronaca in Italia e non solo. Il racconto diacronico della partita, le emozioni che essa suscita e tutta la narrativa che accompagna “ventidue scemi che rincorrono un pallone” venne stravolta dall’approccio sensibile, avvolgente e composto di Bruno Pizzul. Non sempre l’utilizzo estremo della voce è un sinonimo di coinvolgimento dell’ascoltatore/telespettatore, e Pizzul rappresenta l’emblema di questo movimento “silenzioso”, perché con un tono spesso basso ma profondamente ricco di termini semplici e diretti, riuscì a diventare il personaggio di riferimento per la radio-telecronaca sportiva d’Italia.

L’emozione non ha voce, così cantava un suo coetaneo nel 1999, ma siamo sicuri che Bruno Pizzul è riuscito non solo a dar voce al calcio, ma alle emozioni che il calcio trasmette.

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Calcio

Billing risponde alla perla di Dimarco. Lo scontro scudetto termina in parità

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Il tanto atteso match scudetto termina tra applausi e sciarpate. Una gara intensa dal primo all’ultimo minuto, con l’Inter che aveva trovato il vantaggio con una magia di Federico Dimarco da calcio piazzato. Nella ripresa il Napoli riesce a reagire, approfitta di una serie di incomprensioni dei nerazzurri e nel finale Billing rimette in equilibrio la gara.

Conte sceglie Gilmour al posto dell’infortunato Anguissa. Una scelta diversa rispetto al match di Como, in cui il tecnico scelse Billing (che disputò comunque una buona prestazione), per avere maggior palleggio contro una delle squadre più dominanti in mezzo al campo. Confermato Raspadori al fianco di Lukaku, senza dubbio l’uomo più in forma delle ultime gare del Napoli -nonostante i tre pareggi e una sconfitta. Scelte obbligate anche per l’Inter, con Inzaghi che si presenta al Maradona con i soli Dumfries e Dimarco come quinti a centrocampo.

Buon ritmo fin dai primi minuti, il peso della gara non bisogna nemmeno sottolinearlo. L’Inter cerca di non farsi intimorire dai fischi assordanti del Maradona, la manovra dei nerazzurri si sviluppa con la solita pulizia tecnica e la consueta rotazione delle pedine, questa l’idea di Inzaghi per eludere il pressing a uomo attuato da Conte. Gilmour e Di Lorenzo sono i due aghi della bilancia con cui il Napoli cerca di mandare in tilt la manovra dell’Inter, che di consueto comincia da sinistra per svilupparsi in un secondo momento sulla destra. I primi squilli della gara sono di marca partenopea, grazie al lavoro armonico della catena di destra. Al 18′ McTominay prova ad anticipare Bisseck sul primo palo, ma il tedesco arriva in anticipo e riesce a smorzare il pallone tra le mani di Martinez. Due giri d’orologio più tardi l’Inter si riaffaccia nella trequarti offensiva, conquistando un calcio di punizione dai venti metri. La punizione di Dimarco è un arcobaleno perfetto che si insacca all’incrocio dei pali, Meret non azzarda nemmeno un qualsiasi intervento e l’Inter si porta avanti. Splendida l’esecuzione dell’esterno nerazzurro, un mancino sotto il sette che rispolvera agli occhi dei più romantici le perle di Diego Armando Maradona, proprio in casa dell’eterno Diez. Alla mezz’ora Lukaku prova a rimettere subito in equilibrio la gara, conclusione al volo dell’attaccante belga, che riceve il lancio di McTominay e prova a coordinarsi in scivolata. La palla termina fuori di poco, ma è la miccia che riaccende la squadra di Conte e aizza nuovamente il Maradona. Raspadori riceve palla in profondità, Martinez sbaglia l’uscita ma è fortunato perché l’attaccante del Napoli incespica nel controllo del pallone. Sempre vivo e frizzante nel pressing e nel fraseggio, Raspadori è l’uomo che permette agli azzurri di costruire le occasioni principali del primo tempo, come quella che porta alla conclusione Lukaku. Minuto 42, Dumfries sbaglia l’appoggio verso Bisseck, Raspadori si inserisce di rapina e crossa subito verso il centro, Lukaku va in anticipo sul primo palo e calcia con il sinistro, intervento difensivo incredibile di Bastoni, che segue il movimento del belga e con la coscia devia il pallone in angolo. A trenta secondi dall’intervallo Buongiorno salva su Dimarco, conclusione a botta sicura dell’esterno dell’Inter chiusa dalla scivolata provvidenziale dell’ex giocatore del Torino.

Nessuna sostituzione all’intervallo e ritmo subito alto anche al rientro dagli spogliatoi. Il Napoli cerca di approcciare il secondo tempo nello stesso modo in cui ha concluso il primo, l’Inter mantiene le linee unite e cerca di non concedere troppo spazio alle avance del Napoli. Dopo meno di cinque minuti Dimarco è costretto ad abbandonare il campo a causa di un problema muscolare. Senza nessun giocatore di ruolo, Inzaghi sostituisce l’esterno con Pavard e Calhanoglu con l’ex Zielinski. Fase molto confusa della gara, da una parte l’Inter cerca di riorganizzarsi dopo l’uscita di Dimarco mentre il Napoli attacca a testa bassa per ribaltare l’inerzia della gara. Inzaghi scambia continuamente la posizione dei giocatori, nella fascia sinistra si alternano in pochi minuti Mikitharyan, Bastoni e poi Dumfries. La soluzione “definitiva” è una doppia linea da quattro, con Dumfries dirottato sull’out di sinistra e Barella largo a destra. Al 64′ il Napoli sfiora il pari, serie di conclusioni al limite dell’area nerazzurra, tutte respinte dal folto muro eretto dalla difesa, la palla arriva verso McTominay che lascia partire un siluro, grande respinta di Martinez. Inzaghi capisce il momento di completa difficoltà e prova a restituire smalto e brillantezza in avanti: fuori Thuram e dentro Correa. Conte insiste sulla sponda verso Lukaku, che trova sempre più spazio dalla marcatura asfissiante di Acerbi. Tanti i calci d’angolo battuti dai partenopei nella fase centrale della ripresa, frutto di una serie di errori da parte dei giocatori dell’Inter in fase di riconquista del pallone. Per l’ultimo quarto d’ora Conte punta sulla fisicità di Okafor al posto di Raspadori, prestazione dai due volti quella del numero 81 azzurro, sempre pimpante e vivace ma spesso impreciso nell’ultimo passaggio. Dentro anche Billing al posto di Gilmour, ulteriori centimetri per la trequarti del Napoli. Inzaghi chiude le sue sostituzioni con Frattesi e De Vrij al posto di Mikitharyan e Bastoni. Forze fresche anche nelle fasce azzurre, con Ngonge e Olivera (al rientro dal lungo infortunio). All’86’ il Napoli trova il pareggio: Lobotka sfrutta il blocco di McTominay, che nega l’intervento a Bisseck, lo slovacco si inserisce tra le linee, appoggia per Billing al centro dell’area. Il centrocampista danese calcia con il sinistro ma trova la grande opposizione di Martinez, che non può nulla sulla seconda conclusione del numero 15 del Napoli. Nei minuti di recupero l’unica occasione è del Napoli, con una conclusione di McTominay, stoppata dalla difesa, e di Ngonge, smorzata da Dumfries tra le braccia di Martinez.

Applausi del Maradona al termine della gara, per un Napoli che continua a non vincere ma reagisce bene alla ventata negativa delle ultime partite. A Como era mancata la reazione e la grinta nel secondo tempo, fattore determinante nel pareggio ottenuto dalla squadra di Conte con il gol di Billing. Altro fattore determinante per il risultato finale è la sistemazione molto provvisoria e improvvisata dell’Inter. Inzaghi aveva presentato l’emergenza nelle fasce, ma fino all’infortunio di Dimarco la situazione sembra ampiamente sotto controllo. Il problema muscolare dell’esterno nerazzurro, che aveva aperto le danze con una punizione meravigliosa, ha presentato una serie di incomprensioni tattiche all’interno della formazione dell’Inter, oltre che una mancanza di lucidità nella gestione della gara. La spinta del Maradona ha rimesso in corsa il Napoli, Billing e Lobotka hanno fatto il resto.

Un punto a testa per le due squadre che si contenderanno lo scudetto giornata dopo giornata. Conte continua a non vincere (per la prima volta non riesce a vincere per cinque gare consecutive), ma il pareggio mantiene stabile il distacco dal primo posto, e nelle prossime gare il Napoli ha l’obbligo di rialzare la testa per mettere pressione all’Inter, che comincerà il suo percorso nella fase finale della Champions League.

Non sorride nessuno al termine dello scontro scudetto, ma dopo il pareggio dell’Atalanta contro il Venezia, attenzione alla Juventus! La distanza è ancora elevata, ma una vittoria può riavvicinare i bianconeri nei piani alti della classifica.

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