Calcio
Scintille e ritmi alti, ma il pari non favorisce nessuno. Bologna e Juve non vanno oltre l’1-1

Un gol e un punto a testa al Dall’Ara: nessuna delle due scappa, sorridono tutte le altre. Bologna e Juventus non si fanno del male, e chiudono sul risultato di 1-1: i bianconeri passano in vantaggio nel primo tempo grazie alla rete di Khephren Thuram, i rossoblù trovano il pori con Remo Freuler nella ripresa
Un play-off a tutti gli effetti, uno degli ultimi vagoni per il treno Champions che attende solo una delle due pretendenti. Bologna e Juve si giocano un pezzo di stagione nei novanta del Dall’Ara. Scelte quasi obbligate per Tudor: con la squalifica di Yildiz e l’infortunio di Kelly, il tecnico bianconero sceglie Savona come braccetto, mentre Weah sostituisce il turco (Nico Gonzalez avanzato nella trequarti). Ancora out Vlahovic e Koopmeiners, confermati allora Kolo Muani e Cambiaso. Italiano, invece, ne cambia tre rispetto al pareggio di Udine: ancora assente Ndoye, mentre i cambi di formazione sono De Silvestri, Ferguson e Cambiaghi, al posto di Calabria, Aebischer e Dominguez. Confermata la presenza di Dallinga al centro dell’attacco bolognese, ancora panchina per Castro.
Juventus subito alta in pressione fin dai primi minuti. La prima osservazione riguarda il ruolo di Savona, schierato come braccetto di sinistra (Kalulu rimane stabile a destra), mentre in mezzo al campo Thuram si allarga molto per attirare la morsa dei giocatori del Bologna. La squadra di Italiano viene fuori alla distanza grazie al lavoro in copertura di Orsolini, mentre la manovra offensiva è affidata ai guizzi di Cambiaghi. La partita si sblocca al nono minuto: Cambiaso si stacca dai blocchi, viene a giocare in mezzo al campo e il Bologna perde il riferimento, concedendo tanto spazio al limite dell’area. Cambiaso serve Thuram sulla sinistra, il francese calcia centralmente con il sinistro, ma Skorupski pasticcia in presa bassa e regala al centrocampista bianconero il sesto gol stagionale. Le due squadre sono molto lunghe già dall’avvio, e dopo il vantaggio il Bologna appare piuttosto frastornato, quasi sorpreso dall’approccio aggressivo e pulito della Juve. La squadra di Italiano gestisce maggiormente il possesso palla, ma soffre le ripartenze dei bianconeri. Per chiudere ogni spazio, la Juve si schiera a cinque in mezzo al campo, con McKennie e Thuram che si scambiano la posizione per marcare Freuler, metronomo assoluto dei rossoblù, mentre Kolo Muani e Nico Gonzalez cercano di dare profondità. Dopo i ritmi elevati dei primi minuti, il gioco comincia a spezzettarsi per una serie di contrasti fallosi, quasi sempre sulla parte sinistra del campo in cui Miranda e Cambiaghi garantiscono sempre guizzi e pericoli. Alla mezz’ora proteste del Bologna per un intervento di Mckennie su Freuler, in dinamica l’intervento dello statunitense sembrava falloso, ma Doveri non concede il penalty. Rispetto ai primi minuti, il Bologna comincia a stazionare nella metà campo della Juve con maggior intensità, la Juve comincia a tirare il fiato e la spinta del Dall’Ara favorisce una crescita continua dei felsinei. Nella fase finale del primo tempo si gioca solo in una metà campo, la Juve prova a uscire con azioni individuali ma senza successo, e il Bologna cerca nuove soluzioni da destra con Orsolini. Al 42′ Di Gregorio e Veiga rischiano l’harakiri, ma nel rinvio del portiere bianconero la Juve trova il raddoppio, vanificato da un fuorigioco abbastanza netto di Nico Gonzalez. Nonostante una pressione sempre crescente del Bologna, la Juve riesce a chiudere il primo tempo in avanti.
Nessuna mossa dalla panchina, si riparte dagli stessi 22 che hanno chiuso la prima frazione. Approccio subito ben diverso da parte del Bologna, molto più propositivo e intraprendente. La partita può cambiare dopo due minuti, quando Locatelli spende il fallo da giallo su Dallinga. L’aggressività del capitano bianconero è stata preziosa nel ricacciare fuori il Bologna, e l’ammonizione può cambiare l’inerzia della gara, soprattutto nell’intensità in mezzo al campo. Al 50′ Cambiaso scatta alle spalle della difesa rossoblù e fa 2-0, subito annullato per fuorigioco dell’esterno bianconero, confermato anche dal VAR dopo un check. Al 53‘ il Bologna trova il pareggio: cross da sinistra di Cambiaghi, Dallinga fa da sponda per il centro, Freuler anticipa tutti, si allarga e grazie a una deviazione di Veiga trova il primo gol in campionato. Anche nel secondo tempo la partita si conferma divertente, con occasioni da una parte e dall’altra. Non c’è un attimo di tregua perché le due squadre giocano a un ritmo altissimo, nonostante il pareggio rossoblù. Skorupski smanaccia su Nico Gonzalez, bravo l’argentino nel tenere a distanza Miranda ma altrettanto preciso l’intervento del portiere polacco. Al 65′ le prime due mosse dei due tecnici, entrambe forzate a causa di due problemi fisici: Miranda e Cambiaso alzano bandiera bianca, sostituiti rispettivamente da Lykogiannis e Alberto Costa. Al 75′ la Juve sfiora il vantaggio in contropiede: azione confusionaria di Kolo Muani, che riesce a sfondare su Lykogiannis, la palla arriva a McKennie che cerca Alberto Costa in mezzo, il portoghese non calcia subito e mastica la sua conclusione, stoppata miracolosamente da un avversario. Al termine dell’azione Tudor sceglie Douglas Luiz e Conceição, al posto di Locatelli e Nico Gonzalez. Italiano risponde con Santi Castro e Pobega al posto di Freuler e Odgaard. Mossa decisamente offensiva del tecnico del Bologna, che cerca il colpaccio nei minuti finali. Dai cambi il Bologna sembra avere qualche energia in più, fisica e mentale, e per rialzare il baricentro Tudor chiude il suo giro di cambi con i giovanissimi Adzic e Mbangula, al posto di Weah e Kolo Muani. Esordio per Mbangula sotto la gestione Tudor, dato che il belga non aveva ancora trovato spazio dall’arrivo del tecnico croato. Italiano risponde subito, pareggiando il conto delle sostituzioni con Dominguez e Calabria per Orsolini e De Silvestri. Nel terzo, dei sei minuti di recupero, Ferguson sciupa una grande occasione per il 2-1, conclusione imprecisa dello scozzese dopo una prima respinta di McKennie su Cambiaghi.
Non succede altro al Dall’Ara, che anche quest’oggi regala uno spettacolo unico a una lotta Champions che non smette di regalare spettacolo e colpi di scena. Bellissima partita tra due squadre che lottano con le unghie e con i denti fino all’ultimo secondo. Dopo un buon approccio iniziale, la Juve ha sofferto l’intensità del Bologna, che ha trovato le energie e la grinta giusta per ribaltare l’inerzia di una gara che rischiava di compromettere la corsa al quarto posto. Senza i tanti infortunati, e squalificati, Tudor conquista un punto prezioso per smuovere la classifica, alla vigilia dell’altro scontro diretto, in programma sabato prossimo all’Olimpico contro la Lazio.
Con i successi di Roma e Lazio, adesso ci sono quattro squadre in due punti. La Juve torna al quarto posto, ma adesso condivide la posizione con Lazio e Roma, entrambe a 63 punti. La squadra di Italiano rimane a -1 da questo trenino, e adesso Lazio-Juventus diventa il match spartiacque per la stagione di biancocelesti e bianconeri.
Calcio
Europa e Conference, semifinali di ritorno: Europa all’inglese, Fiorentina nel baratro

Con il triplice fischio che pone il sigillo anche alle semifinali di ritorno di Europa e Conference League, abbiamo finalmente un disegno definitivo di quelle che sono le quattro contendenti che scenderanno in campo per aggiudicarsi le due finali. A San Mamès si contenderanno il titolo Tottenham e Manchester United, per una finale tutta all’inglese che mette in palio non solo la coppa, ma anche la dignità persa durante una stagione pessima. A Breslavia, per la finale di Conference, andranno il Chelsea, che già aveva ipotecato il passaggio del turno nella gara di andata, e il Betis, che riesce a scavalcare un’audace Fiorentina e accede all’ultimo atto di questa stagione.
EUROPA LEAGUE
Wavin’ Flag
Nello stadio San Mamès di Bilbao, il 21 maggio, sventolerà una ed una sola bandiera, la Union Jack. Con andata e ritorno giocate magistralmente, sia Manchester United che Tottenham annichiliscono i propri avversari e strappano il ticket per la finale in Spagna. Nonostante le temperature polari del maggio norvegese, e i tifosi avversari che arrecano disturbo nel cuore della notte con fuochi d’artificio e fumogeni, il Tottenham scavalca il fortino del Bodo e non si fa sorprendere, arrecando una pesante sconfitta alla sorpresa di questo torneo, che prende due gol senza realizzarne, per il risultato totale di 5-1. Il gol di Solanke e l’improbabile rete di Pedro Porro scacciano, in poco più di sei minuti, ogni possibile timore degli Spurs, che tornano a giocarsi una finale Europea dopo quella di Champions League persa contro il Liverpool nel 2019. Sei anni fa, in un Wanda Metropolitano gremito, la squadra del Nord di Londra si trovava ad affrontare dei Reds apparentemente inarrestabili. Ironia della sorte, nella prossima finale, la squadra di Postecoglou si troverà ad afffrontare degli altri “reds”, sempre inglesi, autori però di una stagione tutt’altro che da protagonisti; il Manchester United di Amorim, molto sottotono in campionato, sembra cambiare totalmente faccia in Europa, e contro l’Athletic Bilbao tappa ogni possibile buco, non lasciando spazio agli spagnoli di costruire e al contempo attaccando senza sosta per arrivare al risultato finale di 4-1, che unito a quello dell’andata dà origine al totale di 7-1. La doppietta di Mount, ultimamente in forma, e i gol di Hojlund e Casemiro spezzano il sogno basco (inizialmente riacceso dal gol di Mikel) di giocare una finale in casa, e ipotecano di fatto il lasciapassare per la compagine di Manchester, che torna a giocare una finale europea dopo l’Europa League vinta nel 2017 contro l’Ajax.
Un ateniese a Londra
A dicembre, in un’intervista, lo aveva detto, e per come stava procedendo la stagione, vennero considerate parole al vento. “Al secondo anno con una squadra vinco sempre qualcosa“, è successo con il Brisbane, con gli Yokohama Mariners, con l’Australia e con il Celtic, ma stavolta sembrava che le cose potessero andare diversamente: un campionato buttato e l’eliminazione da quasi tutte le competizioni hanno spento la speranza nei tifosi degli Spurs, che anche un pò inaspettatamente si sono ritrovati in finale di Europa League, con la concreta possibilità di dover chiedere scusa, per non essersi fidati delle parole di Ange Postecoglou.
CONFERENCE LEAGUE
Fiorentina – Real Betis
La spinta del Franchi e il morale alle stelle non basta alla Fiorentina per fermare un Betis audace e aggressivo, che con una prestazione non stellare ma concreta riesce ad accedere alla finale di Breslavia. Nel primo tempo gli Spagnoli sembrano averne di più, ma a spaventare per prima è la squadra di Palladino, che con Comuzzo va due volte vicina al gol nel giro di pochissimi istanti, con il difensore italiano che incorna di testa su situazione di calcio d’angolo e si vede negare sulla linea per entrambe le volte la gioia del gol. Nonostante ciò, i biancoverdi non si scompongono e al 30′ trovano il gol del vantaggio con una magistrale punizione di Antony, che beffa De Gea colpendo anche il palo e confermando un periodo di forma assolutamente straordinario. Dopo appena tre minuti la Viola reagisce con grinta, e su calcio d’angolo Gosens colpisce di testa e trova il pareggio per poi raddoppiare, con un gol praticamente identico, a tre minuti dalla fine della prima metà di gara. Dopo aver capito i propri errori, il Betis si chiude anche per tutto il secondo tempo, che prosegue praticamente spoglio di vere occasioni per poi concludersi con un duplice fischio che porta tutto ai tempi supplementari. Proprio nell’extra-time, nonostante i diversi interventi prodigiosi di De Gea, El Zazzouli viene lassciato totalmente solo di progredire in area, e ricevendo palla da Antony non deve far altro che appoggiarla in porta, siglando un gol analogo a quello segnato nella gara di andata, che archivia definitivamente la finale per la squadra di Pellegrini, la quale si troverà faccia a faccia con il Chelsea di Maresca, passato all’ultimo atto a discapito del Djurgarden.
Prima volta biancoverde
Dopo il passaggio del turno a discapito della Fiorentina, il Real Betis si aggiudica, per la prima volta nella sua storia, il diritto di giocarsi una finale europea. La qualificazione al match di Breslavia è solo la punta dell’iceberg di una stagione condotta magistralmente dalla squadra di Pellegrini, che sotto la guida dell’allenatore cileno ha trovato il coraggio di proporre un gioco iper-offensivo sia in campionato che in Europa, risultando, da gennaio in poi, uno dei club più in forma al mondo. La finale contro il Chelsea sarà probabilmente la partita più importante della stagione, con un peso specifico non indifferente e che significherebbe, in caso di vittoria, la partecipazione diretta alla prossima Europa League.
Calcio
Champions League, semifinali di ritorno: Romanzo Nerazzurro, estasi a Parigi

E alla fine rimasero solo in due… In attesa dell’ultimo atto, in programma il 31 maggio a Monaco di Baviera, le due gare di ritorno hanno lasciato un ricordo indelebile negli annali di questa competizione. Da una parte un successo leggendario, quello dell’Inter sul Barcellona, dall’altro il capolavoro parigino della squadra di Luis Enrique, ai danni dell’Arsenal. Sarà Inter-PSG la finale di Champions League 2024/2025.
Inter-Barcellona
Non credo esista un fenomeno fisico capace di spiegare le modalità con cui una partita possa cambiare completamente inerzia, e Inter-Barcellona rappresenta al meglio questa mia teoria, perché vi assicuro che è stato uno spettacolo unico.
Se avete visto la partita, siamo sicuri che non dimenticherete mai i 122 minuti di San Siro, ma se non l’avete vista…non sapete cosa vi siete persi!
4-3 nei 120 minuti, 7-6 il totale. Numeri da ATP Finals, uno di quei match che tiene qualsiasi appassionato incollato al seggiolino, o al divano che sia. Inter-Barcellona ha seguito lo stesso copione, e ci ha regalato senza dubbio una delle semifinali più memorabili che si ricordino, e non solo per il risultato finale ma per le modalità con cui si è consumato questo romanzo calcistico.
Scrissi della gara d’andata come “la partita più bella di questa Champions”. Bene, non sono passati nemmeno sette giorni dalla gara di Montjuic, che sono stato costretto a rielaborare subito il mio pensiero. Raccontare la gara di San Siro in poche parole è uno degli esercizi di scrittura più complessi che si possano assegnare, ma nelle righe precedenti ho parlato di romanzo, e pertanto è necessario dividere questa partita in capitoli:
Capitolo 1 || Capitano, mio capitano! ||
Gianni Mura scriveva che “i veri capitani possono morire o anche scegliere di morire, ma dimenticarli è impossibile.” Sette giorni fa Lautaro Martinez veniva sostituito al minuto 45 a causa di un infortunio muscolare. La diagnosi non fu lapidaria, una elongazione ai flessori della coscia sinistra, ma il velo di mistero sulla sua presenza è stato argomento di dibattito per tutta la settimana. All’annuncio delle formazioni però il capitano c’è, in coppia con Marcus Thuram al centro dell’attacco nerazzurro. I quarantacinque minuti dell’Inter sono una sinfonia assoluta, e la bacchetta principale è quella del maestro Martinez, perché il capitano nerazzurro gioca a un ritmo forsennato. Scatti infiniti in avanti, ripiegamenti continui per fornire supporto alla difesa, e nel momento del bisogno i sigilli che indirizzano la partita: al 21′ appoggia facilmente in rete il pallone del vantaggio, servito da Dumfries; a cinque dall’intervallo si procura il rigore, trasformato da Calhanoglu, che vale il doppio vantaggio all’intervallo. Nel secondo tempo cerca di inseguire qualsiasi essere umano con una divisa verde, ma termina presto la benzina e Inzaghi lo sostituisce al minuto 71. Tutto il Meazza si alza in piedi e applaude l’argentino, che nei giorni dopo Barcellona non riusciva nemmeno ad alzare la gamba, e cinque giorni dopo ha messo in difficoltà una delle squadre più forti al mondo. D’altronde, certi capitani, non si possono dimenticare!
Capitolo 2 || Attacco totale ||
2-0 sotto all’intervallo, pareggio riacciuffato in meno di dieci minuti. Non sappiamo cosa abbia detto Hansi Flick ai suoi giocatori, ma di sicuro è riuscito a riaccendere la miccia. L’uno-due dei catalani è freddo, glaciale, e manda l’Inter alle corde: al 54’ Eric Garcia infila Sommer con un destro al volo sotto l’incrocio, mentre sei minuti dopo Dani Olmo pareggia quasi allo stesso modo, approfittando di un errore in marcatura di Carlos Augusto. Gli assist arrivano da Gerard Martin, meglio in fase di rifinitore che da difensore. Nel mezzo, un gran parata di Sommer su Garcia (che però centra il portiere svizzero a porta spalancata). È un Barça diverso, più vivo, che guadagna angoli con continuità e pressa un’Inter sempre più stanca, ma mai al tappeto. Al 70’ il Var toglie un rigore a Yamal (il fallo di Mkhitaryan è un paio di centimetri fuori area), poi la giovane stella del Barça s’inventa un sinistro dal limite costringendo Sommer a un gran parata, e non sarà l’ultima… La superiorità del Barcellona, nel secondo tempo, è evidente. L’Inter non riesce ad avere quella lucidità e pulizia che nel primo tempo aveva indirizzato la partita a suo favore, e al minuto 86 subisce la rete del 2-3, siglata da Raphinha. Poi nei minuti di recupero l’Inter attacca con le ultime energie rimaste, e il Barcellona si barrica nella propria metà campo. O almeno così avrebbe dovuto fare…
Capitolo 3 || La vecchia scuola ||
Negli ultimi anni abbiamo osservato le remuntade del Real Madrid. I Blancos sono stati capaci di mostrarci quanto il calcio possa prendere strade alternative all’ultimo istante, in quegli scorci di partita in cui nessuno vede altro se non buio. Il grido comune dei tifosi madrileni era “90 MINUTI EN EL BERNABÉU SON MOLTO LONGO”. Anche a San Siro il tempo ha deciso di fermarsi per qualche attimo, regalando una serie di eventi che meritano dei racconti a parte. Sei minuti di recupero, ormai sembra tutto finito. Al secondo minuto Yamal colpisce il palo alla sinistra di Sommer, trenta secondi dopo l’Inter si ritrova dall’altra parte del campo: è il momento sliding door della stagione, perché Cubarsi vince il contrasto aereo con Thuram, ma lascia la palla nei pressi del centrocampo. Il Barcellona continua la sua lotta contro l’ideologia base della difesa del calcio e quando Thuram cerca Dumfries in profondità i difensori catalani sono in inferiorità numerica contro l’attacco nerazzurro (4 vs 3).

Foto: skysport
L’olandese vince il contrasto con Martin e crossa verso il primo palo, Acerbi (37 anni, difensore centrale, al minuto 93) arriva per primo, anticipa Araujo e fa esplodere San Siro. Primo gol in Champions per il centrale nerazzurro, di una pesantezza e un’importanza indescrivibili. Yamal cerca di aggiungere un capitolo alla sua già gloriosa storia, ma Sommer blocca la conclusione dello spagnolo. Ai supplementari l’Inter ne ha di più, San Siro è una bolgia, ormai tutto il pubblico di fede nerazzurra è parte attiva di questa ode al romanticismo calcistico, che raggiunge il suo apice in due momenti: il primo è al minuto 99, quando Frattesi deposita in rete il pallone del 4-3. Il secondo arriva al 114′, Yamal riceve palla in profondità, sistema la palla sul suo sinistro magico e apre il piatto verso il palo lontano. Sommer (36 anni) si tuffa in allungamento, distende il braccio e riesce a mandare in calcio d’angolo. In quel momento l’Inter capisce che la dea bendata questa sera ha i capelli lunghi, un accento francese e un paio di guanti gialli. Nel recupero non succede niente, e Monaco di Baviera adesso è realtà!

Grafica: Julya Marsala
Un capolavoro a tinte nerazzurre. Una cavalcata che adesso attende l’ultimo passo, il più importante di tutti. I numeri dell’Inter in questa Champions sono incredibili, basti pensare che in tutta la competizione la squadra di Inzaghi è stata in svantaggio 16 minuti. Un numero impressionante, se poi si aggiungono gli avversari affrontati (Barcellona, Bayern Monaco, Arsenal, Manchester City, Leverkusen e Lipsia su tutte), viene fuori una solidità difensiva e una compattezza di squadra ai limiti dell’incredibile. Il destino ha voluto ancora una volta l’Inter in finale, anche se questa volta il fato c’entra ben poco.
Il destino potrà essere scritto prima, ma la grafia è sempre quella del destinatario, e la penna di questo capolavoro calcistico è indubbiamente quella di Simone Inzaghi, autore di un percorso clamoroso alla guida del club nerazzurro, fin troppo mascherato dalla banale visione del palmares (che comunque rimane importante). Negli ultimi anni ho visto poche squadre migliorare costantemente come l’Inter, un ecosistema in continua evoluzione, capace di raggiungere due finali di Champions League in tre anni. Il romanzo nerazzurro necessita di un atto conclusivo degno di nota, e se queste sono state le pagine principali siamo sicuri che la finale non deluderà le aspettative.
Paris Saint Germain-Arsenal
Donnarumma dopo 10’ ha già fatto due parate impossibili, con l’Arsenal che attacca “senza paura” come promesso da Declan Rice (sua la prima occasione) ma che al 17’ viene graziato dal palo su una magia di Kvaratskhelia. Il gol arriva al 27’, con un meraviglioso tiro dal limite di Fabian Ruiz su cui Raya non può fare veramente nulla. Rice salva su Barcola qualche minuto dopo, e nella ripresa Donnarumma deve fare un altro miracolo al 64’, stavolta su uno splendido tiro a giro di Saka, e sul capovolgimento di fronte Hakimi in contropiede arriva al tiro, intercettato da Raya dopo una deviazione di Lewis-Skelly: si gioca per un paio di minuti prima che l’arbitro venga richiamato al monitor per punire con un rigore il mani del talentino inglese. Dal dischetto Vitinha si fa ipnotizzare da Raya, ma al 72’ il Psg fa 2-0 con un gran tiro a girare di Hakimi. Sembra chiusa, ma al 76’ l’Arsenal trova con Saka il gol che ha inseguito per tutta la partita. Non basta per riaprirla: il PSG vola in finale.
Un sogno parigino
I francesi l’hanno fatta sembrare semplice, ma a questi livelli di semplice non c’è proprio nulla. C’è voluta la versione migliore del talento offensivo a disposizione di Luis Enrique, c’è voluto il primo gol in Champions di Fabian Ruiz, c’è voluto un Kvara semplicemente imprendibile per i difensori inglesi. C’è voluto anche un Gigio Donnarumma tornato in questi mesi al livello di un top mondiale nel suo ruolo dopo un autunno complicato. Anche oggi l’estremo difensore azzurro ha messo i suoi guanti sulla partita, con tre interventi uno più bello -e decisivo- dell’altro. Il PSG ha saputo incassare quando ce n’era bisogno, con l’Arsenal che ha sprecato occasione dopo occasione, segnando solo con Saka quando di fatto era tutto già finito, e ha anche sprecato un rigore calciato con incredibile leggerezza da Vitinha.
L’ariete
L’Arsenal di Arteta sembra invece essere arrivato a questo impegno scarico, forte sì del secondo posto onorevole dietro al Liverpool in campionato, ma anche privo del DNA della grande squadra, quello che ti fa trovare soluzioni quando non se ne vedono. Saka ha giocato una partita eccezionale, ma non così i suoi compagni di reparto, su tutti Merino che ha passato la partita a perdere i duelli chiave contro i difensori del PSG. La mancanza di un centravanti d’area di rigore è uno dei temi principali che veleggiano attorno all’ambiente Arsenal, e nel prossimo mercato la sensazione è che qualche nome grosso arriverà nel nord di Londra. Alla squadra di Arteta serve un finalizzatore, un rapace d’area capace di concludere al meglio tutte le offensive create da Saka, Odgaard, Martinelli ecc. E nonostante tutto questo i “gunners” hanno chiuso con 3 gol attesi (XG). Ci sarà di certo modo per rifarsi, magari già la prossima stagione, ma intanto questa è un’occasione persa enorme.

Foto: X Arsenal
31 maggio
Sarà quindi una finale molto italiana, visto che molti in questo PSG sono passati dal nostro campionato, allenatore ovviamente incluso. Si gioca il 31 di questo mese, quindi entrambe le squadre avranno il tempo di riposare, di studiarsi, di cercare di tirare fuori dal cilindro la mossa che non ti aspetti. Non resta che aspettare e segnare la data sul calendario:
Ci sarà da divertirsi!
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Una notte che vale la storia. L’Inter è in finale di Champions League

Sono serviti 120 minuti, 210 nel totale, per decretare la prima finalista della Champions League 2024/25. La partita dell’anno si conclude con un meraviglioso 4-3, che vale la finale di Champions per l’Inter di Simone Inzaghi. Gara ai limiti del fantasy che i nerazzurri portano meritatamente a casa. E adesso la finale di Monaco di Baviera non è un sogno. Appuntamento al 31 maggio
Un incasso da record, il più alto di sempre, per la partita più importante degli ultimi anni nerazzurri. Ligabue cantava che certe notti non si può restare soli, e siamo sicuri che nessun tifoso dell’Inter questa sera rimarrà da solo, chiunque ricorderà gli amici o i momenti che precedono e seguono questa semifinale.
Novanta minuti separano Inter o Barcellona dal pass per l’Allianz Arena di Monaco di Baviera, dove l’Inter ha già trionfato quest’anno. Le scelte dei due allenatori sono le migliori possibili: Inzaghi trova Lautaro Martinez dal primo minuto e conferma interamente il blocco visto a Montjuic. Il capitano nerazzurro recupera dall’infortunio muscolare della scorsa settimana e fa coppia con Thuram. Il Barcellona recupera Lewandowski, ma soltanto per la panchina, Flick sceglie ancora Gerard Martin sulla sinistra e Eric Garcia a destra, al posto dell’infortunato Koundé.
San Siro è una bolgia, come detto prima l’incasso è da record (15 milioni di euro), e il tifo nerazzurro risponde come sempre alla grande. In avvio il possesso è dell’Inter, ma al primo contrasto Yamal imbuca subito per Ferran Torres, in posizione di fuorigioco. Dopo meno di trenta secondi la difesa dell’Inter si espone al primo rischio, e questo mostra la pericolosità dei catalani, in qualsiasi momento della partita. Pressione alta dei nerazzurri fin dai primi minuti, un approccio diverso rispetto all’andata dove era il Barcellona a gestire attivamente la fase di pressing. Lo sviluppo dell’Inter è invece fotocopia a quanto fatto in Catalogna: fraseggio corto e rapido sulla sinistra, e lancio lungo a liberare la corsia destra di Dumfries. Nel Barcellona la manovra va sempre verso Yamal, che comincia a divertirsi a modo suo saltando sistematicamente due o tre avversari. All’ottavo minuto Dumfries sovrasta fisicamente Gerard Martin, arriva fino al fondo ma non riesce a calciare verso la porta di Szczesny. L’olandese è il valore aggiunto della manovra dell’Inter e si conferma fondamentale anche oggi. Con la solita, altissima, linea difensiva del Barcellona, l’Inter cerca di sfondare per vie centrali, e già dal quarto d’ora i nerazzurri hanno vistose praterie per attaccare. È un’Inter molto coraggiosa, pulita e lucida con il pallone tra i piedi e molto attenta nel ripiegare una volta persa palla. Al 21′ l’Inter va meritatamente in vantaggio: Dimarco ruba palla a Dani Olmo, troppo passivo nel controllo, e va subito in verticale da Dumfries, l’olandese è da solo davanti a Szczesny e apparecchia in mezzo per Lautaro. Il capitano nerazzurro non deve fare altro che spingere in porta il pallone del vantaggio, la bandierina non si alza e l’Inter mette in discesa la partita con ampio merito, per la mole di gioco proposta e per il coraggio delle idee. Dopo l’ennesimo schiaffo subito, il Barcellona si mette sotto e fa l’unica cosa che riesce a fare bene: attaccare a testa bassa. L’Inter trova sempre tanto spazio in ripartenza, ma comincia a scoprirsi agli attacchi dei blaugrana (oggi in maglia verde), sempre prevedibili e poco pericolosi nella prima mezz’ora. Al 42′ Lautaro va verso la porta, Cubarsi è in ritardo e cerca l‘intervento disperato in scivolata. Inizialmente Marciniak non fischia nulla, ma il VAR richiama il fischietto polacco e dalle immagini non ci sono dubbi: Cubarsi non tocca il pallone ma colpisce in pieno il capitano nerazzurro, calcio di rigore. Dal dischetto Calhanoglu è glaciale, pallone da una parte e portiere dall’altra. C’è una sola squadra in campo a San Siro, e non è il Barcellona. All’intervallo la squadra di Inzaghi va a riposo con due gol, a quarantacinque minuti dalla finale di Monaco, che si avvicina sempre di più.
Nessun cambio all’intervallo. Flick non rischia subito Lewandowski e questo fa intendere la tenuta atletica del polacco, al rientro dall’infortunio ma evidentemente non ancora pronto. Nonostante un maggior possesso, il Barcellona non riesce a sfondare, e continua a mostrare uno squilibrio quasi imbarazzante nel momento in cui l’Inter riparte in campo aperto. Al 51′ Acerbi di testa fa 3-0, ma è in netta posizione di fuorigioco. Due minuti dopo il Barcellona accorcia le distanze: azione confusa condotta da Pedri, che dopo una prima chiusura trova Gerard Martin, cross sul secondo palo verso Eric Garcia, piattone al volo e pallone sotto l’incrocio. Il Barcellona sembra rigenerato, e dopo soli due minuti ha l’occasione per il pareggio: contropiede avviato da Yamal e Pedri, l’Inter è sbilacciatissima e si ritrova due contro tre al limite dell’area. Pedri allarga per Gerard Martin che saggiamente apparecchia all’indietro per Eric Garcia, lo spagnolo ha la porta spalancata ma calcia centrale, Sommer si distende e salva il risultato. Il pareggio è solo rimandato perché la pressione del Barcellona è completamente diversa, più intensa e ragionata. Inzaghi sostituisce Dimarco con Carlos Augusto, ma l’Inter dalla rete del 2-1 non riesce a giocare con ordine e lucidità. La paura presenta il conto all’ora di gioco, quando Gerard Martin (completamente rigenerato in questo secondo tempo) disegna un gran cross sul secondo palo, nessuno segue l’inserimento di Dani Olmo che in tuffo pareggia la partita. L’inerzia della gara sembra completamente ribaltata. L’Inter sembra di colpo uscita dalla partita, il Barcellona piazza le tende nella metà campo e solo il VAR grazia i nerazzurri al 69′, quando Mkhitaryan stende Yamal a ridosso dell’area di rigore e Marciniak assegna la punizione dopo una prima segnalazione di penalty. . Inzaghi cerca forza fresche dalla panchina, e sostituisce Bisseck e Lautaro Martinez con Darmian e Taremi. Prestazione assoluta del capitano dell’Inter, nonostante l’infortunio l’argentino è stato il faro nella notte, prezioso con il gol e il rigore procurato. La prima mossa di Flick non è Lewandowski, ma Araujo al posto di Inigo Martinez. Al 76′ Yamal si accende all’improvviso, trova lo spiraglio per mettere la palla all’incrocio dei pali, ma Sommer è fenomenale in tuffo. Inzaghi rinforza la mediana con Zielinski e Frattesi per Calhanoglu e Mkhitaryan. Prestazione molto dispendiosa per i due centrocampisti, che negli ultimi minuti stavano tirando il fiato correndo dietro Pedri e raddoppiando su Yamal (nel caso dell’armeno). Il ritmo della partita si abbassa verso l’ottantesimo, con uno sguardo attento sui supplementari, anche se le due squadre non sembrano risparmiarsi. Flick risponde ai due cambi di Inzaghi con Fermin Lopez per Olmo, una mossa mirata a cercare più qualità e palleggio in mezzo al campo. All’87’ il Barcellona completa la rimonta: Pedri recupera palla, smista velocemente verso Raphinha, la prima conclusione del brasiliano è potente, ma Sommer respinge con i pugni, nella ribattuta il capocannoniere della Champions ci va con il destro e completa la rimonta del Barcellona. San Siro sente morire qualcosa, lo si evince dal silenzio tombale che si percepisce al momento del sorpasso catalano. Al novantesimo scatta l’ora di Lewandowski, al posto di Ferran Torres. Nel recupero, al secondo dei cinque, Yamal colpisce il palo interno con il sinistro. Sembra la parola “fine” alla partita, ma questa Inter lotta fino all’ultimo secondo. Su uno degli ultimi palloni, Dumfries vince il contrasto con Gerard Martin e mette in mezzo il pallone della speranza, trasformato in rete da Acerbi. Rete di un peso inaudito, ma di una qualità sopraffina, perché il centrale nerazzurro anticipa Araujo con il piatto del piede destro e scaglia la palla sotto l’incrocio. C’è ancora partita, anche al ritorno il risultato è fisso sul 3-3, anche se prima del triplice fischio Sommer blocca un ultimo tiro di punta di Yamal.
Per Marciniak lo spettacolo deve continuare, questa semifinale non vuole saperne di smettere. Si va ai tempi supplementari!
All’inizio dei supplementari, ancora una volta, il canovaccio tattico si ribalta nuovamente. Se per tutto il secondo tempo il Barcellona sembrava andare a una velocità superiore, all’inizio dei supplementari l’Inter sembra trovare energie nascoste. Al 99′ il risultato cambia ancora una volta: Thuram sfrutta le sue ultime energie per saltare tutta la parte sinistra della difesa catalana, palla in mezzo verso Taremi che è bravissimo nell’appoggiarsi a Frattesi, il centrocampista nerazzurro è lucido nel ritardare la conclusione e piazzare il mancino sul palo opposto, dove Szczesny non può nemmeno arrivare. Il Barcellona va alla ricerca di Lewandowski, una soluzione che è mancata completamente nelle due gare, ma Acerbi lo marca a vista, e tutti i cross arrivano tra le mani di Sommer senza particolari problemi.
Gli ultimi due cambi di Flick sono Gavi e Pau Victor per Pedri e Cubarsì. Attacco totale dei blaugrana per gli ultimi quindici minuti. Non c’è bisogno di mettere su una qualsiasi formazione, perché per questo secondo tempo supplementare il Barcellona va completamente all’attacco, rimane solo Araujo indietro. Inzaghi sceglie De Vrij al posto uno stanchissimo, e applauditissimo, Dumfries. Al 108′ Thuram prova a replicare l’assist di Monaco di Baviera, ma la difesa respinge sui piedi di Frattesi, mancino sul primo palo ma lì Szczesny compie un miracolo. Al 114′ Yamal viene imbucato da Raphinha, calcia a giro sul secondo palo ma Sommer questa sera, nonostante i tre gol subiti, è insuperabile. Colpo di reni maestoso dell’estremo difensore nerazzurri, una partita pazzesca nonostante i tre gol subiti. Nel finale l’Inter resiste a qualsiasi attacco, De Vrij chiude qualsiasi cosa e dopo due minuti di recupero Marciniak fischia tre volte.
“Ci vediamo da Mario, prima o poi”. Non sappiamo se Mario sia un tifoso dell’Inter (probabilmente sì), non sappiamo la sua provenienza, ma sappiamo che anche lui, insieme a Ligabue e tutto il pubblico nerazzurro, faranno le valigie e segneranno il 31 di maggio con il pennarello rosso. L’Inter raggiunge con merito la finale di Champions e lo fa al termine della partita più bella dell’anno (e sarà difficile spodestarla). Dopo un primo tempo meraviglioso, il Barcellona aveva trovato i tre gol per accedere alla finale, ma nel finale l’Inter ci ha messo cuore, ci ha messo grinta e carattere. Prima Acerbi, come un vero centravanti, e poi Frattesi, hanno ribaltato nuovamente il risultato e adesso la finale attende solo la seconda pretendente. Arsenal o PSG ormai non fa differenza, perché l’Inter adesso non ha più paura, ma intimorisce chiunque. A novanta minuti dal sogno, Inzaghi si gode una delle notte più gloriose della storia recente dell’Inter. Termina ogni speranza Triplete del Barcellona. La squadra di Flick esce meritatamente dalla competizione, e adesso tutti gli occhi si concentrano sul campionato, dove i catalani hanno adesso l’obbligo di tenere a distanza il Real Madrid.
Appuntamento al 31 maggio. In attesa di PSG-Arsenal, l’Inter prenota il suo biglietto per Monaco di Baviera.
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