Calcio
Il Supercommento della 38ª giornata di Serie A

Con il weekend che si apre il 24 e si chiude il 26 maggio, giunge al termine anche questa stagione di Serie A che, come al solito, al suo atto conclusivo ha saputo regalarci diversi verdetti tra salvezza, accesso in Europa e, soprattutto, l’assegnazione dello Scudetto.
Ecco il commento completo, con la Top 11 alla fine, dell’ultima giornata di Serie A.
Napoli-Cagliari
Alla battuta finale di questo campionato, e con un’intera città al suo ascolto, il Napoli batte 2-0 il Cagliari con una prestazione di cuore e di squadra, e soprattuto con i due uomini simbolo di questo campionato, che portano in terra partenopea il quarto scudetto azzurro.
Como-Inter
Vincere a volte non è abbastanza. Con gli occhi costantemente puntati al Maradona, l’Inter batte il Como per 2-0, ma al triplice fischio viene pervaso dall’amarezza. Nonostante i tre punti, la vittoria del Napoli annulla ogni speranza dei nerazzurri, autori di un campionato assolutamente meritevole.
Bologna-Genoa (A cura di Tommaso Patti)
Doppietta all’esordio dal 1’, Venturino trascina e incanta il Genoa
La prima delle due partite dell’ultimo sabato di Serie A 202/4/25, vede sfidarsi Bologna e Genoa. Dopo la meritata ovazione ricevuta dai felsinei da parte dei propri tifosi dopo lo storico successo in finale di Coppa Italia contro il Milan, la gara comincia ma si dimostra subito in salita per la formazione di Vincenzo Italiano: dopo l’immediata occasione conclusa con il tiro a giro largo di Ndoye, il Genoa passa in vantaggio dagli sviluppi di un calcio d’angolo, che trova successo grazie alla rete di Vitinha su cross di Martin. La seconda rete in campionato dell’attaccante portoghese, oltre a mandare avanti il grifone, carica la squadra in virtù di una sfida molto importante, seppur le due squadre hanno già conquistato i propri obiettivi. Qualche minuto più tardi, il sole del Dall’Ara bacia i piedi di Venturino, schierato a sorpresa dal primo minuto da Vieira e autore di uno splendido gol dopo venticinque minuti. La commozione è tanta, ma il classe 2006 riesce a trasformarla in forza e, poco prima dell’intervallo, riceve palla da un ispiratissimo Vitinha e firma la sua prima e storica doppietta in Serie A. Con il risultato sullo 0-3, il Genoa abbassa i toni e lascia più spazio di giocata al Bologna. Nella ripresa, la squadra di Italiano prova in tutti i modi a rientrare in partita, andandoci vicino con il colpo di testa di De Silvestri, e accorciando le distanze con l’ennesimo gol capolavoro di Orsolini. Grazie al quindicesimo gol in questo campionato dell’ormai idolo indiscusso di Bologna, i padroni di casa giocano con più convinzione, ma sbattono più volte contro la difesa avversaria e pagano dazio con le diverse conclusioni imprecise, che non cambiano il parziale e fanno terminare la gara 1-3. Nonostante la sconfitta e il nono posto il Bologna può sentirsi pienamente soddisfatto del rendimento in campionato. Stesso discorso per il grifone, che mette in bacheca la decima vittoria in stagione e sale a quota 43 punti, concludendo la stagione ampiamente sopra la zona retrocessione.
Milan-Monza (A cura di Tommaso Patti)
Vittoria nel silenzio. Il Milan supera 2-0 il Monza
In una cornice calda e piena di tensioni, il Milan ospita un Monza già retrocesso. Durante la settimana sono state molteplici le contestazioni del tifo organizzato rossonero, nel mirino società e dirigenza. Il primo squillo della gara arriva dopo tre minuti, quando su un passaggio brillante di Rejnders, Joao Felix scatta in profondità e arriva alla conclusione, trovando però l’opposizione di Pizzignacco. Due minuti più tardi, su un calcio di punizione battuto da Pavlovic, Pizzignacco si supera e salva miracolosamente il Monza. Con il passare dei minuti, entrambe le squadre non riescono a prendere campo e a sorprendere l’avversario. Poco prima dell’intervallo, su un’azione prolungata di Pulisic, João Félix riceve palla e calcia da fuori aria, spedendo la sfera di poco a lato la porta difesa da Pizzignacco. Nella ripresa parte meglio il Milan, sfiorando due volte il vantaggio prima con Pulisic e poi con Chukwueze. Se nel primo tempo il Monza subiva svariate occasioni ma senza lasciare il totale dominio di gioco al Milan, dopo la traversa colpita da João Félix al 63º, la squadra di Nesta esce totalmente dalla gara. Un minuto più tardi, sugli sviluppi di un corner battuto da Chukwueze, Gabbia salta più in alto di tutti e spinge di testa il pallone in porta, trovando il gol del vantaggio a meno di mezz’ora dalla fine. A circa un quarto d’ora alla fine invece, è João Félix a regalare l’ultima “gioia” della pessima stagione del Milan, con un calcio di punizione preciso e angolato. L’ultima occasione pericolosa del campionato del Monza arriva sul colpo di testa di Akpa Akpro, conclusione pericolosa ma ribattuta da un ottimo riflesso di Maignan. Al fischio finale, entrambe le squadre salutano una stagione totalmente deludente e al di sotto delle aspettative. Se da una parte il Monza aveva già capito l’antifona della stagione, il Milan con il passare delle giornate ha perso sempre più certezze, soprattutto dopo gli ultimi due k.o. in finale di Coppa Italia col Bologna e nella trasferta persa contro la Roma, sconfitte che hanno dato la matematica certezza al Milan di non partecipare in nessuna competizione europea la prossima stagione.
Atalanta-Parma (A cura di Dennis Rusignuolo)
Una rimonta alla Chivu salva il Parma. Ondrejka e Hainaut ribaltano la Dea nel secondo tempo
Una serata dal carico emotivo indescrivibile, per l’ennesimo step di crescita di una realtà che migliora di anno in anno, come il miglior rosso presente in cantina. Al Gewiss l’Atalanta chiude la propria stagione e probabilmente chiude un ciclo irripetibile, perché il futuro di Gasperini va ancora decifrato ma sembra destinato a terminare, così come termina questa sera l’avventura orobica di Rafael Toloi. Lo storico capitano brasiliano, uno dei pilastri storici di questa squadra, ha scelto di tornare in Brasile e concludere la sua avventura italiana. Sotto gli occhi di un altro capolavoro tattico del Gasp, Hans Hateboer, l’Atalanta ospita un Parma alla ricerca del gran finale per concludere al meglio la stagione da neopromossa. Chivu mantiene stabile il blocco visto con il Napoli, quell’undici che ormai è un’emblema di solidità e praticità; dall’altra parte Gasperini rinuncia a Lookman e Zappacosta per dare continuità a Daniel Maldini e Marco Palestra, protagonisti nella precedente gara di Genova. Pronti, via, e il Parma è costretto a rivedere le proprie strategie. Mandela Keita subisce un colpo al ginocchio e deve alzare subito bandiera bianca, al suo posto dentro Bernabè. La prima occasione della gara è dei crociati, con Bonny che cerca di sfondare lateralmente con la sua qualità, il francese riesce anche a calciare, ma la botta è solo potente e Carnesecchi centralmente respinge. Il ritmo della partita è alto, e il Parma ci prova in tutti i modi, ma Carnesecchi alza il muro e chiude la porta. Alla mezz’ora emerge la Dea e si porta avanti: Bellanova accompagna l’azione, cerca in mezzo Retegui ma trova l’inserimento di Maldini sul secondo palo. Secondo gol consecutivo per Daniel Maldini, che non perde tempo per mettere in fondo al sacco anche il terzo sigillo. Dopo nemmeno sessanta secondi Retegui appoggia, forse involontariamente, all’indietro, Maldini arriva in corsa e calcia meravigliosamente a giro. 2-0 in meno di due minuti e partita in ghiaccio. La squadra di Chivu accusa terribilmente il colpo, e le offensive dei crociati perdono smalto con il passare dei minuti. Ciò che non perde pulizia e il tocco di Bonny, che sembra l’unico in grado di poter creare concretamente qualcosa nel Parma, e ci prova sempre il francese a dimezzare lo svantaggio, ma ancora una volta la porta è sbarrata. Due mosse per parte all’intervallo: Gasperini richiama Maldini e Palestra, sostituiti da Lookman e Posch; il Parma invece aumenta il peso all’attacco con Ondrejka e Hainaut per Hernani e Valeri. La mossa paga subito, dopo meno di quattro minuti: triangolo favorito dai due subentrati e Pellegrino, la difesa dell’Atalanta non chiude bene ed Hainaut sfonda la porta e riaccende la gara. La Dea ha subito l’occasione per rimettere due gol di vantaggio, ma Sulemana calcia malissimo a un passo da Suzuki. Gasperini opta per l’esperienza e la gestione di Ederson e Pasalic, entrati al posto di Sulemana e Brescianini. È un Parma nettamente più acceso, e trova il pareggio con l’altro subentrato: Ondrejka scatta alle spalle di Bellanova, si prepara il tiro e lo piazza alle spalle di Carnesecchi. Pareggio riacciuffato ed è un risultato pesantissimo visti i risultati degli altri campi. Pellegrino ha il pallone del 2-3 tra i piedi, ma Carnesecchi ancora una volta è formidabile nel chiudere lo specchio al centravanti del Parma. La salvezza si ufficializza al primo minuto di recupero, perché Chivu ancora una volta è riuscito a ribaltare tutto con i cambi: Bernabé allarga verso Ondrejka, lo svedese calcia bene con il sinistro, ma è la deviazione di Hien che manda fuori giri Carnesecchi e blinda la permanenza in Serie A dei crociati. Una salvezza conquistata dopo un percorso ricco di insidie e difficoltà. La gestione Chivu ha portato un vento nuovo a Parma, dopo che il ciclo Pecchia aveva raggiunto il suo termine, e il gioco cinico e pratico del romeno sono stati fondamentali per mantenere i crociati a debita distanza dalla retrocessione. Le varie rimonte perpetrate in questo finale sono merito di una lettura precisa della partita, in cui il Parma era andato spesso in svantaggio, ma grazie al coraggio delle idee e nella visione di Chivu, i crociati giocheranno ancora in Serie A. Sponda Atalanta si attendono aggiornamenti per il futuro di Gasperini, e a giudicare dagli striscioni dei tifosi Bergamo chiede a gran voce la permanenza dell’uomo che ha trascinato la Dea verso un paradiso sempre più limpido.
Venezia-Juventus (A cura di Dennis Rusignuolo)
La Juve vola in Champions grazie al rigore di Locatelli. Il Venezia saluta la Serie A
L’ultimo ostacolo per conquistare l’obiettivo prefissato. Tudor arriva al Penzo con quasi tutto il pacchetto difensivo acciaccato: ai soliti assenti Bremer e Cabal si aggiungono i problemi di Veiga e Gatti, recuperati ma non al meglio per poter cominciare dal primo minuto. La scelta del tecnico bianconero un reparto inedito: Kelly al centro, Alberto Costa alla sua destra e ancora una volta Savona sulla sinistra. Per il resto il blocco juventino è ormai il solito, e sono gli stessi che hanno battuto settimana scorsa l’Udinese. Il Venezia cerca l’ultima palina per ormeggiare la propria imbarcazione in Serie A, ma solo un gran risultato può permettere una salvezza che profumerebbe di impresa. La sconfitta di Cagliari ha fatto sprofondare la squadra di Di Francesco al penultimo posto, ma per la gara del Penzo i lagunari devono fare a meno del loro baluardo difensivo, perché manca Idzes per squalifica. In mezzo al campo DiFra sceglie Doumbia al posto di Kike Perez, mentre in avanti Yeboah fa coppia con Fila. Per l’ultima gara il tecnico del Venezia sceglie un attaccante di statura e sostanza al posto del doppio attaccante mobile, anche se la scelta è influenzata dal problema di Oristanio (recuperato in extremis per la panchina). Fin dal primissimo pallone giocato il Venezia prova a fare la voce grossa. Di Francesco cerca di smuovere le pedine bianconere con la costruzione dal basso, e la tattica è subito vincente: al secondo minuto la Juve è sfilacciata, il Venezia muove bene la palla sulla sinistra con Doumbia e Haps, cross dell’esterno e zampata vincente di Fila, al secondo gol in campionato. La Juve non perde tempo per reagire, e pareggia dopo sessanta secondi con una perla di Alberto Costa. Il portoghese calcia un missile in controbalzo che si insacca all’incrocio dei pali, ma il check del VAR riaccende l’entusiasmo del Penzo, perché nella preparazione del tiro Costa tocca la palla con il braccio. Lo shock è palpabile tra i bianconeri, che cercano di alzare il baricentro con un maggior possesso, ma il Venezia in mezzo al campo ha una marcia in più grazie alle geometrie di Nicolussi Caviglia. La notizia del vantaggio della Roma a Torino gioca a favore del Venezia, perché la Juve mentalmente è sconnessa, come si è mai vista dall’arrivo di Tudor, e i lagunari giocano sui nervi e sulle difficoltà dei bianconeri. Nel buio emerge il Diez, perché Yildiz rimette in equilibrio la gara: Cambiaso batte rapidamente la rimessa, si rifugia dal turco che pettina un paio di volte il pallone, prima di sistemarsi la sfera sul mancino e indirizzarla in fondo al sacco, con una sporcatura di Radu. Di colpo la partita si ribalta completamente, il Venezia non esce più e la Juve ne approfitta subito con Kolo Muani. Altra pressione alta dei bianconeri, questa volta fatta con i tempi giusti, Alberto Costa si getta in avanti e non permette l’intervento alla difesa lagunare, Kolo Muani raccoglie la sfera e incrocia, ancora una volta Radu tocca ma non basta. Alla mezz’ora la Juve torna avanti e rimette momentaneamente a posto le cose. La partita è molto tesa e nervosa, certificata dall’ammonizione per proteste di Tudor, ma anche dall’energia con cui le due squadre lottano su ogni pallone. Il Venezia viaggia a folate, e dopo il doppio schiaffo alza di nuovo il proprio baricentro per rintanare nella propria metà campo la Juve, che in questa prima frazione non ha ostentato particolare solidità e bilanciamento difensivo. Al 41′ Yeboah sfiora l’eurogol con il mancino, conclusione a giro praticamente perfetta che esce di poco alla destra di Di Gregorio. Si va all’intervallo con la Juve in vantaggio, e virtualmente in Champions League, ma al Penzo può succedere qualsiasi cosa in qualsiasi momento. Tudor sceglie subito Renato Veiga per la ripresa, sebbene il portoghese non sia al meglio la sua presenza è fondamentale per gli ultimi 45′. Fuori Alberto Costa, il cui primo tempo è stato un vero e proprio rollercoaster (gol annullato, ammonizione e serie di svarioni difensivi). Si riparte con il Venezia in avanti, ma la Juve ci mette grande qualità nell’uscita e nella gestione del pallone nella zona calda, e questo non permette ai lagunari di trovare molto spazio per attaccare, se non in ripartenza. La squadra di Di Francesco è più viva che mai, e trova il pareggio al minuto 57: Doumbia si getta in avanti, apparecchia all’indietro verso Haps che arriva in corsa e calcia male, ma una deviazione di Savona permette al pallone di insaccarsi sotto la traversa. Ancora una volta la Juve è costretta a ricostruire la propria qualificazione, anche perché da Torino arrivano notizie poco confortanti data la vittoria della Roma. Conceição va vicino al nuovo vantaggio dopo un solo minuto dal pari, ma il suo mancino termina di poco fuori. La squadra di Tudor sembra sulle gambe dopo il pareggio, incapace di reagire e spingersi stabilmente nella metà campo del Venezia. In contropiede i padroni di casa sfiorano il nuovo vantaggio con Haps, che termina in quell’azione la benzina ed esce tra gli applausi di tutto il Penzo. Al suo posto entra Kike Perez, e nel frattempo DiFra sceglie Gytkjaer al posto di Fila. Al 70′ Di Gregorio salva miracolosamente su Doumbia, e sul ribaltamento Conceição salta Nicolussi Caviglia e viene colpito dallo stinco del centrocampista, calcio di rigore. Dagli undici metri si presenta Manuel Locatelli, che apre il piatto e la piazza all’incrocio dei pali. Freddezza e leadership assolute per il capitano bianconero, che ha preso in mano il pallone più pesante della stagione e l’ha insaccato alle spalle di Radu per la terza volta. Le sostituzioni di Tudor arrivano allo scoccare del 75′: fuori Kolo Muani e Cambiaso, dentro Vlahovic e McKennie; Di Francesco risponde con Oristanio e Marcandalli. Locatelli sfiora il match-point con il destro a giro, palla che si avvicina all’incrocio dei pali ma non scende abbastanza. L’intento di Tudor è chiaro: smorzare il ritmo del Venezia con le sostituzioni, e restituire atletismo e brillantezza fisica con i nuovi ingressi. Il croato sostituisce Nico Gonzalez con un centometrista come Weah e compatta la difesa e il blocco centrale. Di Francesco sceglie Maric come ultima mossa, e per rispondere ai centimetri dell’attaccante croato, Tudor sceglie Gatti. Il difensore italiano entra al posto di Conceição, uscito con i crampi, e si affianca a Renato Veiga per blindare la zona centrale della difesa. Nel recupero mezza Juve è in preda ai crampi, si corre e si difende con tutte le ultime energie rimaste, anche se il Venezia non impensierisce Di Gregorio. Lacrime da una parte e dall’altra, perché la Juve riesce a concludere al quarto posto in campionato, conquistando l’ultimo posto disponibile per la Champions League. Il rigore decisivo di capitan Locatelli regala a Tudor la prima vittoria in trasferta, la più importante e la più preziosa. Il Venezia saluta la Serie A dopo una sola stagione, e le lacrime di Eusebio Di Francesco sono l’emblema di una squadra che ha lottato fino all’ultimo con un proprio ideale calcistico e con coraggio spropositato, ma non è bastato per mantenere la categoria. Adesso per la Juve si aprono le porte della Champions League, anche se l’estate bianconera sarà riempita dal mondiale per club. Alla guida ci sarà sicuramente Igor Tudor, che è riuscito a conquistare l’obiettivo prefissato, in futuro…chissà!
Udinese-Fiorentina
La Fiorentina chiude la pratica, Palladino si prende la Conference all’ultimo respiro
Al Bluenergy Stadium l’Udinese, ormai certa della salvezza da diverse giornate, ospita la Fiorentina di Palladino, che riesce, all’ultimo respiro, a conquistare l’ultimo spot disponibile per l’Europa, accedendo così alla prossima edizione di Conference League. Poco dopo la metà del primo tempo, la squadra di Runjaic trova il gol del vantaggio, grazie ad una precisa conclusione rasoterra di Lucca che, dal centro dell’area, beffa De Gea per la gioia dei tifosi di casa. Pochi istanti dopo la viola prova a farsi vedere con Kean, la cui conclusione termina alta, per poi rimanere in superiorità numerica a causa dell’ ingenuità di Bijol che entra duramente in scivolata su Pablo Marì procurandosi così il secondo giallo. Nel secondo tempo la Fiorentina scende in campo con una mentalità totalmente diversa, e sin dal primo minuto arremba sulla fascia destra con Dodò, il cui cross pesca Fagioli, che, dopo ben tre tentativi consecutivi da fuori area, riesce finalmente a battere Okoye, trovando il gol del pareggio. Dieci minuti dopo arriva il gol che ribalta la partita: dopo la grande discesa sulla fascia di Richardson, il pallone arriva a Beltran, che colpisce di tacco e batte nuovamente Okoye, preso in controtempo. I friulani però non mollano e riescono, al 60′ spaccato, a trovare il gol del pareggio su situazione di corner, sulla quale, nella mischia in area di rigore, Kabasele sbuca trovando la rete del pareggio. Dopo ciò, l’assedio viola si intensifica, per la necessità dei tre punti e la voglia di entrare nella zona europea. Le occasioni sono diverse, ma non particolarmente lampanti, con i tentativi di Kean e di Gudmundson, appena entrato. All’82’ però, la fortuna arride alla viola, che con Kean, e favorita da una deviazione, riesce a trovare il gol vittoria a pochi minuti dalla fine. Palladino, alla fine dei giochi, riesce a conquistare l’accesso in Conference, mentre Runjaic, alla sua prima stagione in Serie A, conquista una salvezza tranquilla, con l’augurio di poter fare qualcosa di più l’anno prossimo.
Lazio-Lecce
Fortezza Salentina, un Lecce stoico batte la Lazio e conquista la salvezza
La squadra di Giampaolo giunge all’Olimpico con l’unico obiettivo di vincere, per portare a casa una salvezza che saprebbe di storia. Nella battaglia dell’Olimpico, i Salentini si salvano e conquistano, per la prima volta, la terza salvezza consecutiva, guadagnandosi così il diritto di partecipare al campionato di Serie A per il quarto anno di fila. Per quasi tutto il primo tempo, il match affronta una fase di stallo, con le due squadre che appaiono restie dall’affondare il colpo. Al 43′, però, il Lecce prende coraggio, e con un incursione coraggiosa di Lassana Coulibaly, che si avventa sul pallone, riesce a siglare il gol del vantaggio che trascina i Salentini al di fuori della zona retrocessione. Nei tre minuti di recupero, la Lazio, inizialmente, va vicina al pareggio con la botta di Castellanos, salvata da Falcone, e poi si ritrova un superiorità numerica a causa dell’espulsione di Pierotti per somma di ammonizioni, che lascia i giallorossi in dieci uomini nel momento più delicato della partita. Nel secondo tempo, inevitabilmente, il dominio biancoceleste é pressoché totale, ma il Lecce non demorde. La squadra di Baroni, specialmente sulla fascia di sinistra, crea tantissime occasioni grazie alle sgasate e alle invenzioni di Nuno Tavares, che spesso pesca dei compagni in area , i quali trovano sempre l’opposizione di uno straordinario Falcone. Al 79′, su un meraviglioso cross di Pellegrini, Vecino si avventa sul pallone e scheggia l’incrocio. Ci prova diverse volte Pedro, ci prova anche Guendouzi, ma i biancocelesti non riescono a trovare la via del gol. Il Lecce si difende egregiamente e, sullo scadere, arriva anche il rosso per Romagnoli, che commette un fallo di nervosismo e viene punito con il rosso diretto dal direttore di gara. Si conclude così il campionato arduo del Lecce, che conquista la salvezza, così come si conclude anche quello della Lazio, che nel corso dell’anno é stata davvero troppo discontinua, dovendo così pagare il prezzo dell’esclusione dalle competizioni europee.
Empoli-Hellas Verona
Rammarico Azzurro, l’Empoli retrocede in Serie B per mano di un crudele Verona
In un Castellani gremito più che mai, l’Empoli giunge all’atto conclusivo di questa stagione come uno dei grandi fallimenti. In Zona Retrocessione piena, la squadra di D’Aversa arriva all’ultima giornata con il compito di accaparrarsi l’ennesima salvezza insperata, contro un Verona determinato, nonostante tutto, a vincere. In appena tre minuti e venti il Verona riesce a sbloccarla: la rimessa laterale battuta da Tchatchoua arriva, alla fine, tra i piedi di Serdar, che dal limite dell’area calcia e buca un imperfetto Vasquez, portando avanti l’Hellas, subito arrembante. Con due calci di punizione di Esposito e un tiro dalla distanza di Fazzini, abbastanza insidiosi, l’Empoli impensierisce e non poco Perilli, la cui porta viene finalmente violata al 43′, quando la respinta proprio dell’estremo difensore scaligero finisce sui piedi proprio di Fazzini, che in tuffo arriva sulla sfera e, pizzicando la traversa, insacca il gol del pareggio che rialza il morale azzurro. Il secondo tempo comincia esattamente come il primo, nonostante un atteggiamento leggermente più conservatore da parte di entrambe le compagini, il Verona gestisce il gioco e, al 69′, arriva il gol del 2-1. Un ennesimo cross di Tchatchoua dal settore destro del campo pesca l’inserimento di Bradaric, che, totalmente da solo, batte Vasquez e riporta avanti l’Hellas per quello che sarà il definitivo 2-1. Negli istanti conclusivi del match, com’è ovvio che sia, l’Empoli prova un forcing disperato, cercando la conclusione da qualsiasi angolo e con qualsiasi soluzione, senza però riuscire a trovare la via del gol e venendo così condannato ad un’amara e, per quelle che erano le premesse di inizio stagione, inaspettata e crudele retrocessione, per mano di un Verona che vince e si salva matematicamente all’ultima giornata.
Torino-Roma
L’ultima danza di Ranieri é perfetta, ma invano. Niente Champions per i giallorossi.
All’Olimpico grande Torino, Toro e Roma arrivano per mettere un sigillo definitivo alla stagione 2024/2025. L’ultima danza di un meraviglioso Claudio Ranieri va in pista con l’obbligo di vincere, sperando in quella che sarebbe una clamorosa debacle della Juventus per una qualificazione in Champions apparentemente impossibile ad inizio stagione. I Giallorossi partono subito forte e nei primi cinque minuti un palo esterno di Shomurodov e una traversa alta scheggiata da Paredes spaventano la squadra di Vanoli. Al 15′ minuto Saelemekers viene stesso al limite dell’area e l’arbitro assegna il tiro dagli undici metri alla Roma, perfettamente realizzato da Paredes per il gol sell’1-0, quasi raddoppiato, pochi istanti dopo, da un tiro di Koné ironicamente salvato da Shomurodov che devia in rimessa dal fondo. Né nel primo, né nel secondo tempo, il Torino sembra scendere il campo, lasciando il pallino del gioco totalmente nelle mani dei giallorossi, che al 53′ ne approfittano raddoppiando con Saelemekers, che, totalmente da solo, viene pescato da Soulé con un cross precisissimo, che gli consente di colpire di testa spiazzando Milinkovic-Savic. Al 65′ Soulé viene raggiunto con un lancio lungo sull’out di destra e, rientrando, cerca un sinistro a giro, che però si infrange sulla traversa scheggiandola e mantenendo il risultato invariato. Nel quarto d’ora finale il Torino prova timidamente a farsi vedere, ma un paio di semplicissimi interventi di Svilar fanno svanire ogni speranza, con la Roma che torna ad attaccare. A circa sette minuti dal termine Cristante sigla anche il gol del 3-0, annullato però per il fuorigioco iniziale di El Shaarawy che viene punito. Dopo il triplice fischio, l’Olimpico Grande Torino si scioglie in un “abbraccio” per Claudio Ranieri, inquadrato, nel finale di gara, durante un emozionante abbraccio con Paulo Dybala. A lui il merito di aver portato, molto vicino alla Champions League, una Roma che ad inizio stagione pareva disastrata, compiendo, così, l’ultimo dei suoi grandi miracoli.
Calcio
L’Inter vince ma non basta. Il Napoli è campione d’Italia per la quarta volta

L’apertura dell’ultimo weekend di campionato coincide con la chiusura del discorso scudetto, perché il Napoli supera l’ostacolo Cagliari e si laurea campione d’Italia per la quarta volta nella sua storia. Non basta la vittoria dell’Inter in casa del Como, perché i partenopei riescono a blindare il successo grazie alle reti di McTominay e Lukaku.
Il racconto di un finale di stagione al cardiopalma, come non si viveva da quasi quindici anni.
Un finale dai tanti significati e dalle mille sfaccettature, due cornici che definire splendide è riduttivo. Da una parte un palcoscenico unico, in quel ramo del lago di Como; dall’altra il Diego Armando Maradona di Napoli, il catino nel quartiere di Fuorigrotta che ribolle di passione ed energia per una delle serate più attese e intense degli ultimi anni.
Napoli-Cagliari
Novanta minuti per coronare un sogno, una città intera riversata per le strade e nei seggiolini del Maradona. Tutta Napoli è in campo e fuori dal campo per l’ultimo atto, il più atteso. Conte, squalificato (come Inzaghi a Como) e sostituito dal vice Stellini, non ha particolari dubbi per gli undici che scendono in campo: con Buongiorno e Lobotka ancora una volta acciaccati, la scelta ricade nuovamente su Olivera e Gilmour. Quarto gettone al centro della difesa per Mati Olivera, sempre più in confidenza con il ruolo, mentre lo scozzese fa reparto insieme al connazionale McTominay e Anguissa. In avanti Raspadori e Lukaku ormai fanno coppia fissa, mentre Neres parte dalla panchina ma sicuramente troverà spazio a gara in corso. Il Cagliari schiera gli uomini migliori, anche se i sardi arrivano al Maradona con un paio di assenze importanti (Luvumbo, Pavoletti, Caprile e Gaetano su tutti).
NAPOLI: Meret, Di Lorenzo, Rrahmani, Olivera, Spinazzola, Gilmour, Anguissa, McTominay, Politano, Raspadori, Lukaku
CAGLIARI: Sherri, Zappa, Mina, Luperto, Zortea, Adopo, Makoumbou, Deiola, Augello, Viola, Piccoli
Tra le note splendide di Live is Life il Maradona cerca di vivere una di quelle sere che viveva regolarmente ai tempi di Diego, una magia che non si basa sul prestigio del mago ma sul cinismo dei duellanti. Non è cambiata la passione e l’energia di uno stadio che trasuda calcio, tutto colorato di quell’azzurro “Ca rassumiglia ‘o cielo e ‘o mare ‘e sta città”.

Foto: X Lega Serie A
|| PRIMO TEMPO ||
Al fischio iniziale di La Penna tutta la letteratura si concentra sul rettangolo verde. Napoli subito in pressione altissima sui portatori di palla, il Cagliari accoppia Mina a Lukaku, e quei due si daranno battaglia fino all’ultimo secondo. Due pilastri, i due riferimenti e i due leader tecnici ed emotivi. Fin dai primi minuti McTominay è praticamente l’attaccante aggiunto, ma ormai non è più una sorpresa, e i cross sono la soluzione preferita dei partenopei. Si gioca fin da subito in una sola metà campo, e Raspadori spaventa la porta di Sherri con un diagonale mancino che sibila con il palo sinistro. In avvio tutti i palloni indirizzati verso il centro dell’area trovano un gigante colombiano a svettare, Yerry Mina domina in avvio e il Napoli trova l’occasione principale in ripartenza, quando il difensore rossoblù è nell’area azzurra e i partenopei ripartono con la velocità di Spinazzola e l’inserimento di Gilmour, provvidenziale l’uscita di Sherri. I maggiori corridoi il Napoli li trova a destra, con Politano e Raspadori in costante proiezione offensiva. Gli azzurri sono costantemente in forcing offensivo, e al 13′ Sherri sbarra la strada al destro -a botta sicura- di Rrahmani. L’Inter va in vantaggio al Sinigaglia, ma il copione della gara del Napoli non sembra subire variazioni, il ritmo si mantiene altissimo e al riaggressione dei giocatori di Conte è furibonda, si viaggia su binari altissimi. Lukaku cerca di riconsegnare il primato momentaneo ma Sherri e Mina si oppongono, il belga trova lo spazio per calciare ma il suo mancino è stoppato dalla scivolata del colombiano. I toni agonistici sono alti sopra ogni limite, a tal punto che La Penna sceglie il pugno di ferro: dopo un primo accenno di rissa, ammoniti sia Makoumbou che Politano. Le proteste del Napoli sono per una manata del centrocampista rossoblù su Raspadori. Ci sono problemi di comunicazione tra l’arbitro e il VAR, e per riprendere il gioco ci vogliono quasi cinque minuti, ma la decisione rimane quella di campo. Il Cagliari nel primo tempo alza il muro per grandi meriti di Sherri, impreciso in uscita ma prezioso nelle respinte con le mani, come quella su Spinazzola a cinque dagli spogliatoi. Lo sbarramento rossoblù crolla al minuto 41, quando McTominay si inventa il gol dell’anno: cross morbido a girare di Politano, McTominay decide di regalare un’immagine da “album Panini” e in semi-rovesciata batte Sherri. Un gol meraviglioso di un giocatore maestoso, l’uomo in più in questa stagione azzurra. Dal Maradona non si alza solo un urlo liberatorio, ma una nebbia sempre più fitta causata dai fumogeni del tifo partenopeo. All’intervallo si va sull’1-0 e adesso è tutto in discesa.
|| SECONDO TEMPO ||
Nessuna sostituzione da parte dei due allenatori, anche se dagli spogliatoi il Cagliari prova a uscire con maggiore coraggio e intraprendenza. I rossoblù cercano un fraseggio più ragionato e pulito, complice un blocco basso e una pressione meno intensa da parte del Napoli. Nelle uscite gli azzurri trovano più difficoltà, e la giocata codificata verso Lukaku è spesso schermata, ma quando il belga trova spazio è devastante. Al 50′ lancio lungo verso Lukaku, il numero 11 vince il contrasto con Mina e con una potenza inaudita arriva davanti a Sherri e lo buca in diagonale. Quattordicesimo centro per Lukaku, sicuramente il più importante perché con due gol di vantaggio adesso lo scudetto è tanto, tantissimo, vicino. Nicola ne cambia tre per mantenere alta la concentrazione: vanno fuori Zortea, Makoumbou e Viola, entrano Mutandwa, Palomino e Marin. La scelta di Conte invece è David Neres, scelto al posto di uno stremato Politano. Applausi scroscianti del Maradona per uno dei pretoriani fedelissimi di Conte, sempre prezioso in fase di non possesso oltre che in attacco. Il brasiliano ha subito l’occasione per mettere la firma finale, ma Sherri gli sbarra la strada al momento della conclusione. La difesa del Cagliari non riesce più a contenere Lukaku, e tutte le azioni partenopee passano dal “nuraghe” belga. La gestione del risultato diventa quasi semplice, a tal punto che il Napoli cerca di sfondare ogni volta che può, perché il Cagliari non riesce a impensierire la porta di Meret, che oggi si può considerare uno spettatore non pagante. Il Cagliari è in balia del possesso e della spinta emotiva che il Maradona fornisce agli Azzurri. Conte cerca di giocare anche con l’emotività dello stadio, e richiama fuori Lukaku per una standing ovation che riflette la stagione da leader del belga; al suo posto dentro Simeone, ex di giornata. Nel frattempo, tra le file sarde, Obert ha rilevato Augello. La girandola di sostituzioni smorza il ritmo della partita, e nel finale Nicola regala l’esordio in A per il terzo portiere Ciocci, al posto di un ottimo Sherri, prezioso con le sue parate nel primo tempo per ritardare la gioia del Maradona. Mancano solo dieci minuti e ormai tutto lo stadio si comincia a sciogliere perché la pratica è ufficiosamente chiusa. Anguissa termina la benzina e Conte ne approfitta per chiudere i cambi con Billing, Mazzocchi (per Spinazzola) e Ngonge (per Raspadori), ma ormai rimane solo l’ultimo squarcio di partita prima della festa generale.
“Napule è mille culure”, una delle frasi più famose di una voce pura e limpida come il mare partenopeo. La voce di Pino Daniele presenta una varietà immensa di colori, ma questa sera Napoli si tinge di azzurro, oltre al tricolore che viene sollevato al cielo di Fuorigrotta per la quarta volta nella storia del club partenopeo. Una stagione di altissimo livello, terminata nel migliore dei modi grazie alle firme dei due working class hero voluti da Conte. La straripante forza di Lukaku, la polivalenza e il dominio del gioco di Scott McTominay sono state le chiavi principali per un successo che rimarrà nella storia azzurra. E poi c’è il comandante, la guida spirituale di questa cavalcata. Antonio Conte lo ha fatto ancora, per l’ennesima volta è sul tetto d’Italia. Una vittoria che porta la sua firma nelle modalità e nell’identità. Il tecnico leccese è riuscito a “friggere il pesce con l’acqua“, è andato contro i suoi principi basilari di gioco ed è riuscito a rendere questo Napoli un ingranaggio non sempre perfetto, ma terribilmente funzionale per raggiungere la vetta più alta della Serie A, per la quarta volta.
Meno dominante, con più pathos e meno protagonisti, ma ancora una volta Napoli è sul tetto d’Italia.
Como-Inter
Con la consapevolezza di non avere concretamente il destino nelle proprie mani, e con una finale di Champions League sullo sfondo, l’Inter cerca di chiudere con una vittoria al Sinigaglia di Como, ma la gestione è tutta finalizzata verso la gara di Monaco di Baviera. Ritornano in squadra gli acciaccati Frattesi e Lautaro Martinez, ma Inzaghi -squalificato contro la Lazio, sostituito dal vice Farris- sceglie una strategia conservativa: a riposo quasi tutti i “big”, eccezion fatta per Sommer, Calhanoglu e Dimarco, e conferme di alcuni volti che hanno ben vinto nell’ultima trasferta contro il Torino. Ancora una volta Zalewski agisce in mezzo al campo, insieme a Calhanoglu e Asllani, altra chance in cabina di regia per l’albanese. L’attacco è sorretto da Taremi e Correa, chiamati a dare un segnale per il presente, ma soprattutto per il futuro all’interno del club nerazzurro. Fabregas risponde con le sue solite scelte mirate e coraggiose, con la presenza tra i pali di Pepe Reina, all’ultima gara in carriera a 43 anni, mentre la difesa è inedita.
COMO: Reina, Van Der Brempt, Dossena, Kempf, Valle, Perrone, Da Cunha, Caqueret, Nico Paz, Strefezza, Douvikas
INTER: Sommer, Bisseck, De Vrij, Carlos Augusto, Darmian, Calhanoglu, Asllani, Zalewski, Dimarco, Correa, Taremi
Un decimo posto conquistato con un’ideale e uno spirito unico. Il Como chiude il campionato con una maglia speciale e con più risposte che domande. L’Inter invece cerca di dare un senso a questo finale di stagione, alla ricerca di una notizia sorprendente da Napoli.
|| PRIMO TEMPO ||
Si gioca subito a un ritmo altissimo, ma non era una sorpresa vista l’identità del Como e la ricerca del fraseggio da parte dell’Inter. I rischi principali per la porta di Sommer arrivano quando i lariani sono in pressione alta, e il primo brivido è un destro di Van Der Brempt su cui il portiere svizzero non ha problemi. In ripartenza l’Inter sfiora il vantaggio con la classica ricerca dei due esterni, Dimarco mette in mezzo un cioccolatino che Darmian scarta anche bene, ma non fa i conti con Perrone, provvidenziale nel salvare sulla linea. In mezzo al campo l’Inter trova le giocate per scardinare il blocco unito del Como, specialmente nella parte sinistra dove Zalewski non viene marcato bene da Nico Paz. Anche la squadra di Fabregas ha spazio tra le linee e in uno sviluppo Massa estrae il primo giallo: ammonito Calhanoglu per un intervento in netto ritardo su Perrone, il turco era diffidato e salterà la prima del prossimo campionato (o l’eventuale spareggio scudetto). Si gioca in fazzoletti di campo, e la differenza la fa la qualità dei singoli, soprattutto nella trequarti. Il Como rimane in pressione altissima, e la sensazione è quella confermata non solo alla vigilia, ma nelle ultime settimane lariane: coraggio e spregiudicatezza, contro qualsiasi avversario. L’Inter però si conferma micidiale sui piazzati, e al 20′ i nerazzurri passano in vantaggio: corner di Calhanoglu, traiettoria a uscire e incornata maestosa, ma solitaria, di Stefan De Vrij (oggi capitano). È la rete numero 26 da palla inattiva per la squadra di Inzaghi, un marchio di fabbrica a tinte nerazzurre. Il momentaneo primato non stravolge l’inerzia della partita, perché il Como non cala di intensità. Prova a riaccendersi il solito Nico Paz, sempre prezioso e intraprendente con le sue giocate da funambolo. L’Inter continua a soffrire il pallone spiovente sul secondo palo, e in questo fondamentale serve un altro intervento sicuro di Sommer per chiudere lo specchio a Van Der Brempt. In contropiede la squadra di Inzaghi ha delle praterie, ma Taremi pecca di freddezza e alla mezz’ora fallisce il raddoppio calciando addosso a Reina. Il calcio sa regalare intrecci e storie sempre più variegate, non sempre romantici come si desidera. A ridosso dell’intervallo Taremi viene steso da Reina in uscita, in prima battuta l’iraniano prosegue l’azione ma scivola subito dopo, ma il VAR richiama Massa e l’intervento del portiere spagnolo è falloso: cartellino rosso e punizione dal limite. L’immagine dell’uscita di Reina è unica, perché tutto lo stadio e gli avversari si concedono un momento di applausi e standing ovation per la carriera di un portiere, anzi un portierissimo. Al suo posto entra Butez, ed esce un anonimo Caqueret, che nel primo tempo si è visto pochissimo. La notizia del vantaggio del Napoli arriva a ridosso dell’intervallo, e la gestione emotiva della ripresa diventa l’argomento principale per l’Inter, chiamata a chiudere la partita sfruttando la superiorità numerica.
|| SECONDO TEMPO ||
Il Como cerca di far sentire la propria voce già dall’inizio, a tal punto che Da Cunha costringe De Vrij al fallo al limite dell’area. Cartellino giallo per l’olandese, che rischia di mettere in salita il suo secondo tempo. Il Como ha una marcia in più, ma l’Inter ci mette pochi minuti per raddoppiare, questa volta in ripartenza: Correa scatta sulla sinistra, splendida finta di tiro con il sinistro e destro piazzato che batte Butez. Il 2-0 indirizza la partita ma nello stesso momento il Napoli trova il raddoppio e mette in discesa il discorso scudetto. Fabregas cerca di riaccendere la miccia aumentando l’esperienza e il peso in avanti: fuori Douvikas e dentro capitan Cutrone. Bisseck accusa un problema al ginocchio e rimane a terra, Inzaghi non rischia nulla e muove la panchina con tre mosse: Barella, Acerbi e Dumfries al posto di Bisseck, Dimarco e Calhanoglu. Prime rotazioni tra le fila nerazzurre, e visto il risultato del Maradona la gestione mira alla finale di Monaco di Baviera. Il Como allenta il ritmo, anche se cerca di riaccendere la propria partita. Nico Paz cerca di mettersi in proprio in più occasioni, ma nell’ultimo passaggio lui e Cutrone peccano di lucidità e freddezza. L’Inter rallenta la partita, e con le sostituzioni cerca di smorzare il ritmo. Arnautovic rileva Taremi, ancora una volta impreciso e poco freddo. La prestazione dell’iraniano è la copertina della sua stagione, sicuramente al di sotto delle aspettative, visti i numeri strepitosi registrati nella sua precedente avventura al Porto. Inzaghi regala l’esordio in A per il giovane Topalovic, mentre tutto il Sinigaglia si concede la standing ovation per Nico Paz, il cui futuro è ancora incerto visto il pressing del Real. Entra anche Iovine, che ha deciso di chiudere questa sera la sua carriera calcistica all’età di 33 anni. Nel finale ormai non c’è più nulla da difendere, né da attaccare, e dopo tre minuti di recupero Massa fischia la fine.
L’Inter conclude il suo campionato con una vittoria, ma non basta per tentare il sorpasso miracoloso. Non è bastato un successo costruito e ottenuto con la solita lucidità e praticità, perché il Napoli ha fatto il suo dovere, ma la stagione della squadra di Inzaghi rimane di alto livello, anche se la finale di Champions diventa lo spartiacque per valutare al meglio la stagione nerazzurra. Il Como saluta due pilastri come Reina e Iovine, e adesso il futuro è tutto da scrivere, anche se la prima penna mostrata quest’anno è stata certamente di livello.
Calcio
L’ultimo atto è degli Spurs: il Tottenham vince l’Europa League

Win Or Go Home
Quattordici partite, nessun fallimento. Manchester United e Tottenham arrivano alla corte di San Mamès con una doppia faccia tipica delle più classiche opere pirandelliane: per entrambe una stagione brillante in Europa, ma totalmente da dimenticare in Premier League. Quindicesimo e sedicesimo posto sono l’emblema della crisi inglese delle inglesi, che con questa finale hanno la possibilità di rialzare il proprio onore per dare una nota di merito a questa stagione, e per guadagnarsi l’accesso di diritto alla prossima Champions League. Sul prato di un San Mamès gremito e probabilmente deluso per l’assenza dell’Athletic Bilbao, eliminato proprio dai Red Devils, Aritz Aduriz porta la coppa per la quale Amorim e Postecoglou si daranno battaglia.
Orgoglio Spurs nella prima metà di gara
La gara ha inizio con il Tottenham che preferisce proporre una fase di studio e possesso, con annesso ritorno in campo del proprio quartetto difensivo, il quale fornisce alla squadra di Postecoglou una personalità più rude e rocciosa, messa ancora di più in risalto dallo “schermo” posto da Bissouma e Bentancur appena davanti alla difesa. Sui lati gli Spurs approfittano dell’insicurezza degli uomini di Amorim proprio in quelle zone di campo; la fascia di Dorgu e di Shaw, non del tutto lucidi, viene costantemente assediata dalle galoppate di Brennan Johnson, che spesso portano ad occasioni davvero pericolose e a diversi calci d’angolo. Dopo una prima fase di assestamento, il Manchester United riesce a stabilizzarsi e ad agire con razionalità ed intelligenza. Se dal punto di vista difensivo il suo apporto è pressoché nullo, in fase offensiva Dorgu contribuisce a velocizzare enormemente la manovra dei Red Devils, i quali, a seguito di un suo sprint che ha portato ad un corner, riescono ad arrivare al tiro con Amad Diallo, vicino al gol con una conclusione che attraversa tutto lo specchio della porta e si spegne sul fondo. Alla metà del primo tempo c’è grande fluidità in mezzo al campo, con le due squadre che si interscambiano i possessi palla giungendo nei pressi dell’area di rigore avversaria, senza mai però affondare il colpo. Tra il 27′ e il 31′ Diallo si impossessa letteralmente della fascia destra, Udogie non riesce a seguirlo praticamente mai e l’esterno ivoriano riesce ad entrare in area e ad arrivare al cross, senza trovare però alcuna traiettoria decisiva, sebbene il reparto difensivo degli Spurs sia schierato in maniera non proprio ottimale. Si gioca sulla velocità più che sul fisico, e il Manchester United sembra trovarsi abbastanza a proprio agio nonostante rischi comunque qualcosa sulle ripartenze, potenziale arma letale del Tottenham, che con Richarlison e Johnson si avvicina più volte nei pressi dell’area di rigore avversaria. In mezzo al campo la solidità fornita da Bentancur, Sarr e Bissouma rende praticamente impossibile per il Manchester United passare da lì, e non appena la squadra di Amorim ci prova, i ragazzi di Postecoglou ergono un muro, che grazie ai recuperi palla riesce a far partire un contropiede decisivo: Sarr chiude il campo in orizzontale e recupera un pallone in fase di costruzione dei Red Devils, che, scoperti, e dopo un’azione brillantemente gestita dalla squadra di Postecoglou, lasciano il centrocampista senegalese totalmente libero di crossare, trovando la deviazione decisiva di Luke Shaw (con un braccio), che beffa un imperfetto Onana sul primo palo e porta avanti il Tottenham.
Spada e Scudo
La manovra Red Devils fornisce sin da subito un taglio dinamico al secondo tempo, che si apre con un colpo di testa di Hojlund alto sopra la traversa, arrivato in seguito ad un’ottima azione personale di Diallo. Di contro, il Tottenham torna sul rettangolo di gioco con uno stile molto più aggressivo, che da una parte blocca la manovra dello United, ma dall’altra consente alla squadra di Amorim di avere inevitabilmente in mano il pallino del gioco, girando continuamente la palla in cerca di un varco; testimonianza di quanto appena detto sono i cartellini gialli per Richarlison e Van De Ven, autori di interventi duri ma necessari a fermare le ripartenze avversarie. Si palleggia sulla fascia di Mount e Dorgu, enormemente partecipi in fase offensiva e di costruzione, che cercano spesso Hojlund, sempre però braccato da Romero e Van De Ven. Nonostante il pressoché totale dominio del Manchester United, come nel primo tempo gli Spurs si rendono abbastanza pericolosi nelle ripartenze, soprattutto quando lo United sbaglia un altro pallone orizzontale permettendo così ad Udogie di partire in contropiede e servire Solanke, totalmente da solo, che non riesce a trovare la freddezza per agganciare il pallone e spreca una grandissima chance a tu per tu con Onana. Pochissimi istanti dopo l’ingresso in campo di Son, i Red Devils danno il via a quella che è l’azione più pericolosa della propria partita: sulla punizione procurata da Diallo, Hojlund colpisce di testa in seguito all’uscita a vuoto di Vicario, colpendo praticamente a botta sicura ma trovando l’intervento miracoloso di Van De Ven, che vola e in sforbiciata salva la sfera sulla linea, mantenendo invariato il punteggio sul maxi-schermo. In pochi istanti lo United si scioglie e riesce a trovare diversi spiragli, anche grazie agli ingressi di Zirkzee e Garnacho che forniscono una marcia in più al reparto avanzato di Amorim. Al 72′ minuto, in seguito ad un cross di Mazraoui, Bruno Fernandes si tuffa e colpisce di testa praticamente a tu per tu con Vicario, non riuscendo però a trovare lo specchio della porta. Pochi istanti dopo, la velocità di gamba di Garnacho si fa subito sentire, con l’esterno argentino che calcia con il sinistro sul secondo palo, trovando l’intervento decisivo dell’estremo difensore italiano. Nel corso di tutto il secondo tempo gli uomini di Postecoglou escono sempre molto aggressivi sul possesso dello United, per tentare, più volte, di far partire un contropiede mortifero, rallentando di fatti la manovra dei Red Devils, che si vedono spesso costretti a tornare indietro e ad arretrare, compiendo anche dei recuperi difensivi non semplici. Consapevole del forcing rosso, l’allenatore degli Spurs inserisce Danso, per chiudere ancora di più gli spazi passando ad una difesa a cinque con l’obiettivo di bloccare il gioco sulle fasce del Manchester United. L’ultimo quarto d’ora è un totale assedio da parte degli uomini di Amorim, che costruiscono con ogni componente del proprio organico, portando in area di rigore sempre cinque o sei componenti del proprio undici; Maguire si stanzia definitivamente in avanti, cercando di arrivare su ogni cross, accompagnato dal gioco tecnico di Zirkzee, Casemiro e Hojlund all’interno dell’area di rigore, attendendo qualche cross con un gioco fuori dall’area che, però, risulta troppo passivo e privo di movimento. A trenta secondi dalla fine, dai piedi del neo-entrato Dalot parte un cross velenosissimo che cerca e trova Shaw, la cui incornata viene salvata in maniera plastica da Vicario.
Dopo ciò, non c’è più tempo. L’arbitro Zwayer fischia e il Tottenham torna a vincere un trofeo dopo 6265 giorni, mantenendo fede alla leggenda del “secondo anno” di Postecoglou e alzando al cielo di Bilbao una coppa che porta con sé anche il significato del ritorno in Champions League, dopo una stagione totalmente da dimenticare. Porgendo gli occhi verso l’altra sponda, un deluso ma meritevole Manchester United abbandona a testa bassa il rettangolo di gioco, mettendo un punto amaro ad una stagione difficile.
Calcio
Il Supercommento della 37ª giornata di Serie A

Dopo l’anticipo del sabato e le nove partite, tutte in contemporanea, il quadro completo della Serie A 24/25 necessita di un ultimo passaggio. Soltanto due verdetti in una delle sere più entusiasmanti degli ultimi anni, mentre in alto -e in basso- rimane tutto ancora apertissimo.
Ecco il commento completo, con la Top 11 alla fine, della penultima giornata di Serie A.
Genoa-Atalanta
Pinamonti guida il Grifone, Retegui lo punisce e scrive la storia. Ritmo e spettacolo al Ferraris
Con nessun obiettivo ancora in corsa, l’Atalanta si presenta a Genova con l’ennesima qualificazione in Champions League ottenuta nell’era Gasperini. Il Genoa ha in pugno la salvezza da mesi, ma dopo la grandissima partita di Napoli cerca l’ennesimo sgambetto a una big nell’ultima apparizione casalinga. Formazioni completamente opposte, perché da una parte Vieira conferma quasi tutto il blocco di Napoli; dall’altra Gasperini ne cambia addirittura otto, rimangono solo De Roon (nei tre di difesa), Kossounou e Retegui in avanti. Marassi non trascura l’ultimo gettone stagionale, e la spinta incessante del tifo genoano permette alla squadra di Vieira di approcciare subito bene la partita. Prova a smorzare l’entusiasmo Daniel Maldini, chiamato a dare un segnale per il suo futuro in maglia nerazzurra, e il trequartista va vicino al vantaggio al quarto minuto, conclusione a giro che non termina di molto a lato della porta di Leali. L’Atalanta cerca geometrie e intesa, visti i tanti volti “nuovi” in campo, e sulla parte destra del campo gli orobici trovano i maggiori corridoi. Palestra è un treno sulla fascia, e sembra avere qualche energia in più rispetto ad Aaron Martin, e anche Samardzic cerca spazio su quel versante per aumentare il peso delle offensive bergamasche. Il Genoa cresce alla distanza, merito di un centrocampo che comincia ad avere sempre più presenza e fisicità, ma non riesce a sfondare centralmente perché Pinamonti viene francobollato da Hien, bravo nel chiudere ogni spiraglio al centravanti rossoblù. Il ritmo è molto alto se consideriamo che siamo alla penultima di campionato ed entrambe hanno raggiunto il loro obiettivo. La vigoria dei contrasti costringe Vieira a utilizzare il primo slot alla mezz’ora, perché Vasquez prende una brutta botta alla caviglia ed è costretto a uscire, al suo posto dentro De Winter. Applausi del Ferraris per il centrale messicano, protagonista al Maradona con il colpo di testa del pareggio e pretoriano fedelissimo di Vieira (35 partite su 37). La difesa genoana non ha nemmeno il tempo di mettersi a posto che la Dea trova la giocata per bucarla alle spalle: Retegui gioca di sponda, Brescianini va in profondità e Maldini arriva davanti a Leali e calcia malissimo, una specie di pallonetto a giro che termina fuori. Conclusione pessima di Maldini, che ancora una volta pecca di killer instict. Chi non pecca di freddezza è cinismo è il Genoa, o meglio Pinamonti. Trenta secondi dopo Norton-Cuffy vince un contrasto aereo, si allarga sulla sinistra e apparecchia per Martin, il mancino dello spagnolo è sinfonico, così come è musicale l’inserimento di Pinamonti tra i centrali della Dea, colpo di testa forte e preciso sul palo opposto, vantaggio Genoa. L’Atalanta cerca di reagire subito, con il solito sviluppo rapido e verticale, ma la difesa rossoblù fa muro e non soffre particolarmente. Non passano nemmeno cinque minuti che Bani trova il colpo del 2-0, zampata vincente dopo un rimpallo con Rui Patricio. Il raddoppio non dura molto perché il VAR annulla la rete per un tocco di mano dello stesso Bani. Dall’intervallo l’Atalanta non cambia interpreti, ma sicuramente cambia atteggiamento. Bastano sessanta secondi ai bergamaschi per rimettere in equilibrio la gara. È la settimana di Ibrahim Sulemana, che meno di sette giorni fa ha regalato alla Dea la Champions con il suo primo gol in maglia nerazzurra. Il centrocampista ghanese riceve un passaggio di testa di Ruggeri, controlla il rimbalzo e calcia splendidamente al volo, il pallone rimbalza sul terreno del Ferraris e diventa imprendibile per Leali. Secondo gol consecutivo per Sulemana e partita rimessa in equilibrio. La partita si equilibra nuovamente, perché l’Atalanta ritrova soluzioni e spazi che rimettono alle strette il Genoa. Gasperini cerca di cavalcare l’onda muovendo per primo la panchina, fuori Ruggeri e dentro Bellanova, con scostamento a sinistra di Palestra. I rossoblù rimangono concentrati e sempre pronti a colpire, e non perdono tempo per riportarsi in avanti: al 58′ Sabelli getta un pallone verso la bandierina, Brescianini e Hien vanno in difesa della sfera ma non si intendono, Pinamonti rimane in agguato e si impossessa del pallone, si accentra e strozza il mancino sul primo palo per il gol numero dieci del suo campionato. Brutta disattenzione della difesa dell’Atalanta, con Brescianini e soprattutto Hien che hanno regalato a Pinamonti il pallone del nuovo vantaggio. Non c’è un attimo di tregua al Ferraris, le due squadre vanno a mille all’ora, e l’Atalanta ci mette tre minuti a pareggiare: filtrante di De Roon verso Retegui, l’attaccante azzurro vede l’inserimento di Maldini e lascia sfilare il pallone, il numero 70 -che nel primo tempo ha fallito clamorosamente un’occasione- calcia a giro e trova il palo lontano. 2-2 e partita nuovamente in parità, ma che spettacolo a Marassi!Vieira a questo punto rintocca la sua formazione con Onana e Zanoli, al posto di Sabelli e un applauditissimo Milan Badelj, all’ultima presenza casalinga della sua avventura in rossoblù. Il croato ha annunciato la sua separazione dal Genoa al termine della stagione, e il pubblico genoano riserva i migliori onori per uno dei senatori degli ultimi anni del Grifone. Gasperini risponde subito con tre mosse, anche perché il Genoa negli ultimi minuti è tornato a giostrare il pallone nella metà campo bergamasca: fuori Maldini, Brescianini e Palestra, dentro Pasalic, De Ketelaere e Zappacosta. Il ritmo rimane stabile, anche se la stanchezza dopo una gara -una stagione- ad altissimo livello, presenta i primi segnali. Vieira chiude le sue sostituzioni con Vitinha e Pinamonti (problemi a una caviglia) che lasciano spazio a Thorsby e Caleb Ekuban. Rimandato l’esordio del giovanissimo Scaglione, classe 2010 che era finito su tutti i giornali per il possibile record di precocità per un esordiente in Serie A (15 anni e 133 giorni), detenuto da Francesco Camarda (che esordì a 15 anni e 260 giorni). C’è ancora tempo per un’altra perla, un momento che segna la storia: minuto 88, De Ketelaere attacca lo spazio, cerca in mezzo Retegui che arriva in scivolata, conclude sul primo palo e arriva a quota 25 gol. Nessuno come Retegui nella storia dell’Atalanta, superato un certo Pippo Inzaghi che si fermò a 24 centri. Proteste del pubblico rossoblù perché De Winter era andato giù nel momento dello scatto di De Ketelaere, e il belga non ha interrotto il gioco ma ha servito Retegui per il gol del 2-3. Non si conclude con applausi e abbracci la partita del Ferraris, nonostante una partita corretta e divertente fino all’occasione del gol di Retegui. Il pubblico insorge, e anche i giocatori non ostentano particolari sorrisi, nonostante la forte emotività, va evidenziato il ritmo e lo spettacolo fornito dalle due squadre nonostante gli obbiettivi raggiunti. È stata la notte dei bomber, perché Pinamonti ha siglato il gol numero 49 e 50 in Serie A, mentre Retegui ha scritto il suo nome nella storia dell’Atalanta e ha messo la parola fine alla contesa per il titolo di capocannoniere. Tanti gol, tanto spettacolo e adesso l’ultimo atto per chiudere al meglio una stagione che rimane di altissimo livello, sia per l’Atalanta che per il Genoa di Vieira.
Cagliari-Venezia
Un Cagliari superlativo si sbarazza del Venezia e blinda la salvezza. Nicola lo ha fatto ancora!
L’ultima spiaggia per tentare un’impresa, dall’altra parte l’ultimo sforzo per chiudere ogni discorso. Cagliari e Venezia arrivano all’Unipol Domus con lo stesso obiettivo, ma con prospettive e percentuali ben diverse. In campo vanno i migliori possibili: Nicola cambia solo un uomo rispetto alla gara di Como, Deiola sostituisce Viola e aggiunge presenza e quantità in mezzo al campo; il Venezia comincia ancora una volta con l’attacco leggero, formato da Oristanio e Yeboah. Ritmi subito alti fin dall’inizio. Il Cagliari cerca di sfruttare il fattore casa e alza subito il baricentro. Luvumbo si rivela subito incontenibile per la difesa lagunare, a tal punto che Idzes è costretto a spendere un giallo pesantissimo, che lo esclude all’ultima giornata, in casa contro la Juve. Gli sforzi dei sardi pagano subito, dopo solo undici minuti: punizione da sinistra di Augello, il piede educato del terzino italiano cerca il secondo palo e lì c’è la torre vincente di Yerry Mina, il colombiano indirizza sul palo opposto e coglie di sorpresa Radu, vantaggio Cagliari e partita in discesa. Anche dopo aver stappato la gara, i padroni di casa giocano meglio, vanno a una velocità maggiore e il Venezia soffre anche mentalmente la partita. Alla serata nera della squadra di Di Francesco si aggiunge l’infortunio di Oristanio, match-winner contro la Fiorentina, al suo posto dentro Gytkjaer. Bello l’applauso del pubblico sardo per l’ex di giornata, uscito per un problema alla spalla sinistra. Prima dell’intervallo il Cagliari mette in ghiaccio la partita: corner da destra, Zortea si incarica della battuta e anche lui cerca il secondo palo, questa volta non c’è Mina, ma ancora una volta svetta più in alto di tutti Roberto Piccoli, testata vincente e decimo gol in A per il centravanti italiano. Inizialmente l’arbitro annulla la rete perché la palla messa in mezzo da Zortea è uscita dal campo, ma il VAR converte la decisione e suggella il raddoppio della squadra di Nicola, in vantaggio di due all’intervallo. Al rientro dagli spogliatoi nessuna mossa da parte dei due allenatori, anche se il Venezia alza il ritmo e l’intensità, rispetto a un primo tempo compassato e difficoltoso. La scelta coraggiosa dei lagunari, però, spianano la strada alle frecce sarde, e Luvumbo va a un passo dal gol del definitivo 3-0, salvataggio provvidenziale di Candè. L’angolano è costretto ad alzare bianca per un problema muscolare, dopo l’ennesimo scatto bruciante sulla difesa del Venezia, e l’Unipol Domus non fa mancare la standing ovation, per una serata che nel bene, e nel male, sembra essere sempre più in discesa. A mettere la parola “fine” ci pensa il capitano Deiola: minuto 71, azione meravigliosa del Cagliari sulla sinistra, triangolo avviato da Deiola, prosegue Augello verso Makoumbou, tacco splendido del centrocampista congolese e altrettanto meraviglioso è l’arcobaleno a giro che Deiola insacca all’incrocio dei pali. 3-0 e salvezza blindata. Gli ultimi venti minuti sono una formalità, la girandola dei cambi smorza il ritmo della partita e non permette al Venezia di creare pericoli alla porta di Caprile, mentre i padroni di casa gestiscono risultato ed energie e attendono il triplice fischio per scatenare la festa. Al momento dei tre fischi di Pairetto si scatena la festa dell’Unipol Domus, per una salvezza che adesso è matematica. Prestazione maiuscola della squadra di Nicola, che ancora una volta centra l’obiettivo della salvezza e si conferma una garanzia per questo tipo di realtà di bassa classifica. Adesso l’ultimo atto vede i sardi impegnati al Maradona contro il Napoli, nella gara che può consegnare ai partenopei lo scudetto, e la salvezza già conquistata gioca ampiamente a favore della squadra di Conte. Il Venezia esce con le ossa rotte dalla Sardegna, e adesso per evitare la B serve un miracolo, che deve cominciare dal successo in casa contro la Juventus, oltre a una serie concatenata di risultati negativi di Lecce ed Empoli.
Fiorentina-Bologna (A cura di Simone Scafidi)
Fuochi d’artificio al Franchi, Palladino la spunta
Ancora in corsa per la Champions, sia Fiorentina che Bologna arrivano alla penultima di campionato con l’obbligo di vincere, per mettere la ciliegina sulla torta ad una stagione comunque ottima da parte di entrambe. Reduce dalla vittoria in Coppa Italia, la squadra di Italiano appare, sin da subito, leggermente indietro per quanto riguarda la forma fisica, e la Fiorentina non esita a stappare la partita. Parisi recupera un pallone nella zona del centrocampo e, con un’ottima azione personale e molta fortuna nella deviazione della difesa Viola, insacca il gol dell’1-0 al dodicesimo minuto. A due minuti dal termine del primo tempo, Lucumí interviene in maniera molto dura su Fagioli all’interno dell’area di rigore, ma anche dopo il consueto check del VAR si continua a giocare. Nella seconda metà di gara lo spettacolo la fa da padrona: al quarto d’ora, il Bologna pareggia con Dallinga, che svetta e spizza di testa il preciso cross di Orsolini, battendo De Gea, con la Fiorentina che, dal canto suo, impiega appena sette minuti per trovare il nuovo vantaggio con Richardson, che raccoglie la respinta di De Gea e a porta praticamente spalancata non può sbagliare. Il Bologna, subita la botta, reagisce prontamente e continua a spingere, fino ad arrivare al gol del ritrovato pareggio, con un fantastico Ndoye, che, al 79′, sgasa sulla fascia di sinistra in maniera brillante e mette in mezzo il pallone, trovando la deviazione vincente di Orsolini. A dieci minuti dal termine Kean va vicinissimo al gol del 3-2, trovando però di fronte a sé il muro eretto da Skorupski, che respinge in rimessa laterale, ma che, appena tre minuti dopo, viene battuto definitivamente proprio dall’attaccante italiano, che sigla il gol del definitivo vantaggio della Fiorentina. A tre minuti dalla fine, Miranda viene espulso per una manata in faccia a Mandragora, per quello che è l’atto conclusivo di questa penultima giornata di campionato, con la squadra di Palladino protagonista di una vittoria importante fatta di grinta e passione, che tiene accesa ogni speranza in vista dell’ultima di campionato.
Inter-Lazio (A cura di Tommaso Patti)
Un pareggio che sa di sconfitta. L’Inter viene recuperata al novantesimo
Senza la possibilità di avere destino nelle proprie mani, i nerazzurri e i biancocelesti scendono comunque in campo con la voglia di fare risultato e mettere pressione rispettivamente a Napoli e Lazio, per continuare la caccia al primo e al quarto posto. La gara parte subito a ritmi alti, con entrambe le squadre focalizzate sul match del Meazza per provare a credere ancora nei rispettivi obiettivi. Dopo mezz’ora di equilibrio, l’Inter si affaccia nella metà campo avversaria, riuscendo anche a rendersi pericolosa con il tiro al volo di Dimarco, respinto dall’intervento di Mandas. La Lazio aspetta, e pazientemente, contrattacca l’Inter e sfiora la rete del vantaggio con un’azione che parte dal portiere e prosegue dai piedi di Dia, bravo nel trovare Isaksen in corsa e spedito verso la porta in solitaria, quest’ultimo meno bravo nella conclusione che termina tra braccia del portiere svizzero. Durante gli ultimi istanti del primo tempo, l’Inter si conquista un calcio d’angolo. Sul punto di battuta di presenta Calhanoglu che serve a centro area un cross pericoloso, depositato in porta dal mancino vincente di Bisseck dopo una serie di rimpalli. La terza rete del difensore tedesco, manda l’Inter negli spogliatoi in vantaggio in classifica rispetto al Napoli, fermo sullo 0-0 al Tardini.
Dopo un inizio di ripresa in cui l’Inter si limita a difendere e la Lazio prova a manovrare le azioni, una giocata di Vecino ristabilisce la parità. L’azione nasce da un fallo dubbio di mano di Dumfries, e prosegue con il retro passaggio lucido e funzionale del centrocampista uruguaiano per il tap-in vincente di Pedro. Negli ultimi dieci minuti succede di tutto, l’Inter animata dal perenne 0-0 di Parma e ferito dal gol di Pedro, trova il vantaggio su un calcio di punizione di Calhanoglu per Dumfries, agile nel prendere il tempo e anticipare Guendouzi, per trovare di testa la rete del 2-1 e la sesta in questa Serie A. Il successo agevole della Juve sull’Udinese e quello della Roma sul Milan, costringe la Lazio a dare il tutto per tutto per rimettersi in corsa Champions. A cinque minuti dalla fine, la Lazio reclama e riceve un calcio di rigore per il fallo di mano di Bisseck. Dopo un lungo check del Var, l’arbitro assegna il calcio di rigore per la Lazio, intervento che viene punito dal direttore di gara solo verbalmente. Dagli undici metri si presenta Pedro che calcia di potenza e ristabilisce la parità al 90′, realizzando il suo decimo gol in questo campionato. Nel lungo recupero, l’Inter prima si divora il gol del clamoroso 3-2 con l’imprecisa conclusione di Arnautovic, e poi si vede annullare concretamente la terza rete per fuorigioco, sempre con protagonista Arnautovic. Il pareggio di Napoli e Inter, regalerà un’ultima giornata tutta da vivere, sempre con il Napoli in vantaggio di un punto sui nerazzurri.
Parma-Napoli (A cura di Tommaso Patti)
Rigori negati, rossi e tante occasioni dubbie. Il Napoli strappa un punto a Parma e rimane in vetta.
In una sfida che può avere un sapore simile a quella della sfida di Udine datata 2023, il Napoli, ospite a Parma, è chiamato alla vittoria per riuscire a mantenere dietro i nerazzurri. La prima azione della gara è a tinte azzurre, con la classica progressione sulla fascia di Politano che termina con la conclusione a giro dell’esterno partenopeo, conclusione bloccata in tuffo da Suzuki. Il Parma è tutt’altro che assente e riesce a mettere in difficoltà Meret con la pericolosa conclusione di Sohm. Esattamente due minuti dopo, gli uomini di Conte reagiscono e sfiorano il gol del vantaggio con la conclusione ad incrociare di Anguissa, terminata sul palo. Nel primo minuto della ripresa, il Parma bussa nuovamente nella porta di Meret con un’azione che nasce dall’anticipo di Leoni su Lukaku, e prosegue con l’avanzata e la botta mancina di Sohm, terminata con un altro intervento dell’esterno difensore azzurro. La risposta degli ospiti arriva al 57’, quando su un tiro cross di Politano, il pallone si stampa sulla traversa, facendo tremare tutta la squadra di Chivu. Tredici minuti dopo, su un calcio di punizione da ottima posizione, McTominay calcia di potenza e indirizza la palla all’incrocio dei pali, intervento irreale di Suzukiche respinge la conclusione dello scozzese e manda in angolo. Esattamente come a Milano, l’arbitro assegna sette minuti di recupero che generano tanto nervosismo da entrambe le parti, che sfocia con l’espulsione di Chivu e Conte. Qualche minuto più tardi, il direttore di gara assegna un calcio di rigore per il Napoli sul contatto Neres-Lovik, revocato per un precedente fallo del Napoli dopo un lunghissimo consulto con il VAR. Al triplice fischio, le due squadre escono dal terreno di gioco positivamente, con il Parma sempre più sicuro della permanenza in Serie A, e con il Napoli che frena sì, ma rimane comunque con un punto di vantaggio sull’Inter ad una sola giornata dalla fine.
Juventus-Udinese
Un dominio soporifero, poi ci pensano Nico e Vlahovic. La Juve vince con l’Udinese e rimane al quarto posto.
L’ultima casalinga allo Stadium, sold out per la diciassettesima volta su 18, e ci si gioca la Champions League. Di fronte all’Udinese, che non ha più nulla da chiedere al campionato, la Juve espone per la prima volta la maglia della stagione 25/26, mentre gli interpreti sono quelli attesi alla vigilia: ancora assente Koopmeiners, mentre dalla gara con la Lazio Tudor ha perso per squalifica Savona, Thuram e Kalulu. In difesa gioca Cambiaso, impiegato come braccetto a sinistra, mentre nella trequarti giocano Yildiz e Conceição alle spalle di Kolo Muani, ancora panchina per Dusan Vlahovic, che molto probabilmente chiuderà stasera la sua avventura all’Allianz con la Juve. Anche l’Udinese deve fronteggiare a una lunga lista di assenze, Lucca e Thauvin su tutti. In difesa manca il pilastro Bijol, mentre non manca Oumar Solet, regolarmente in campo nonostante le accuse trapelate negli scorsi giorni. La risposta di Runjaic alle assenze è Keinan Davis, unico riferimento dell’attacco friulano, mentre alle spalle dell’inglese agiscono Lovric e Zarraga. Juve subito altissima in pressione, e in riaggressione. Dopo meno di due minuti Ayroldi mette subito mano al taschino per ammonire Kamara, colpevole di aver trattenuto Nico Gonzalez diretto verso la porta. Argomento di interesse è la posizione di Cambiaso, perché l’italiano agisce da braccetto, ma in impostazione è Locatelli ad arretrare nella linea dei difensori, e questo permette all’esterno bianconero di svariare tra le linee. Al minuto 8 Conceição sgasa sulla fascia, arriva sul fondo e appoggia all’indietro, Locatelli arriva in corsa e cerca la soluzione a giro, palla che sfiora l’incrocio dei pali ma termina fuori dallo specchio della porta. L’intensità e la voglia dei bianconeri sono predominanti nell’avvio dello Stadium, e due minuti più tardi Okoye chiude la porta a Kolo Muani, lanciato a rete. L’Udinese prova ad affacciarsi dalle parti di Di Gregorio sfruttando i centimetri di Davis, ma la difesa della Juve non lascia particolare spazio al centravanti inglese. Le sgasate di Conceição mandano in tilt la pressione dei friulani, e i giocatori di Runjaic non vanno per il sottile nei contrasti sul portoghese. Si gioca in spazi strettissimi, Cambiaso tocca un’infinità di palloni nella trequarti e cerca di sparigliare le carte accelerando la manovra con tocchi di prima, ma la difesa dell’Udinese non concede praticamente nessun corridoio, se non quello di sinistra, dove la Juve non sta riuscendo a sfondare. Al 22′ Yildiz cerca di mettersi in proprio, riceve un passaggio da McKennie, parte da sinistra e calcia forte e basso, la palla viene deviata e termina fuori, ma il dieci turco sembra l’unico capace di fare qualche giocata oltre le righe. Al 27′ Kamara alza bandiera bianca per un problema muscolare, al suo posto dentro Zemura, mentre qualche secondo prima Ekkelenkamp aveva spaventato lo Stadium con un destro potente ma non tanto angolato, e questo favorisce la presa bassa di Di Gregorio. I bianconeri si rivedono un paio di minuti più tardi, con Cambiaso che si fa mezzo campo in progressione e calcia al limite dell’area, intervento sicuro di Okoye. La squadra di Runjaic cerca di giocare con il cronometro e lo Stadium comincia subito a rumoreggiare, non solo per le perdite di tempo ma per una manovra -quella juventina- ben ragionata ma poco incisiva nella trequarti. Prima dell’intervallo la Juve sfiora il vantaggio: Conceição continua la sua corsa perpetua sulla destra, apparecchia al limite per Nico Gonzalez, l’argentino carica il mancino e calcia sul primo palo, Okoye non è perfetto nell’intervento ma per sua fortuna il pallone va a sbattere sul palo. È l’ultimo squillo di un primo tempo a senso unico, ma fermo ancora sul risultato di 0-0. Nessun cambio all’intervallo, si riparte dagli stessi 22 che hanno chiuso la prima frazione, anche se adesso lo Stadium si fa sentire, perché oltre al dominio del gioco servono i gol. Ritmi diversi rispetto al primo tempo, il gioco è più lento e frammentato, e questo giova alla gestione dell’Udinese, anche se la Juve cerca di crescere nella partita con qualità e velocità. Al 51′ Conceição si mette in proprio, serpentina tra i difensori friulani e mancino a giro, solo una deviazione miracolosa di Okoye evita al pallone di finire in rete, ma il portoghese si conferma il centro nevralgico dell’attacco bianconero, l’unico in grado di creare qualcosa sulla parte destra del campo. Tanta confusione e imprecisione nelle giocate, e le energie cominciano a scarseggiare. Runjaic muove per primo la panchina, con Rui Modesto che sostituisce Lovric, ma la Juventus sblocca la gara un minuto più tardi: Yildiz ruba palla a Solet, appoggia in mezzo per Nico Gonzalez, l’argentino si prepara il colpo e lo spara sul palo lontano, dove Okoye non può proprio arrivare. È soltanto il terzo gol in campionato per Nico Gonzalez, ma può essere sicuramente il più pesante perché con un successo la Juve blinda, momentaneamente, il quarto posto. Proteste dell’Udinese per la vigoria avuta da Yildiz nel contrasto con Solet, ma per Ayroldi è tutto buono. I friulani reagiscono subito, alzano il baricentro e il pressing sui portatori di palla bianconeri. Ci prova subito Davis da dentro l’area, ma Locatelli si immola con la faccia. Le prime scelte di Tudor sono Vlahovic e Weah, al posto di Kolo Muani e Cambiaso. Applausi per l’uscita dell’italiano, mentre per l’attaccante serbo l’Allianz non concede particolari elogi. Runjaic cambia schieramento inserendo Sanchez e Ginnetti al posto di Ekkelenkamp e Kabasele, il tecnico serbo rinforza la linea difensiva, e aggiunge presenza in attacco al fianco di Davis. La girandola di cambi prosegue con Douglas Luiz, entrato al posto di McKennie, colpito duramente da Kristensen qualche minuto prima. La Juve rimane in gestione del risultato, e trova il gol del raddoppio al minuto 88: ripartenza fulminea dei bianconeri, Yildiz porta palla fino al limite, allarga per Vlahovic, più libero di Conceição a destra, il serbo prepara la conclusione e spara un missile alle spalle di Okoye. Una rete che toglie un peso enorme alla Juve, anche in vista degli altri risultati. Con il risultato in ghiaccio, Tudor chiude i suoi cambi con Mbangula e Adzic per due applauditissimi Conceição e Yildiz. Preziosi i due fantasisti nella trequarti, decisivi nella gestione della gara e nei due assist (Yildiz) per i due gol bianconeri. Nel finale l’Udinese non forza nemmeno la mano, e la Juve conclude la stagione casalinga con una vittoria fondamentale per la Champions. Con il successo della Roma, la Juve fa il suo dovere in casa contro i friulani e adesso il destino per il quarto posto è tutto nelle mani della Juve: con un successo nell’ultima gara stagionale, al Penzo contro il Venezia, la squadra di Tudor sarebbe qualificata in Champions. Prestazione dominante, che più “tudoriana” non si può, anche se i bianconeri hanno trovato più di qualche difficoltà nel sbloccare la gara, ma il sigillo iniziale di Nico Gonzalez ha sciolto la tensione che serpeggiava tra i giocatori bianconeri, e adesso per l’Europa che conta servono i tre punti in laguna. L’Udinese, come detto all’inizio, non ha più nulla da chiedere al campionato, anche se l’ultima gara contro la Fiorentina è utile per tirare le somme in vista della prossima stagione.
Lecce-Torino (A cura di Marco Rizzuto)
Ramadani regala un’altra speranza al Lecce. Vittoria d’orgoglio dei salentini all’ultima casalinga
L’ultimo treno per giocarsi la salvezza all’ultima giornata costringe il Lecce dover vincere contro il Torino. Dopo la partenza di Dorgu nel mercato di gennaio, i salentini non hanno più vinto. Al Via del Mare la squadra di Giampaolo gioca in modo propositivo e consapevole trovando la prima occasione al 22′ con la conclusione di poco al lato di Krstovic. Nonostante un Torino non troppo competitivo, il Lecce non riesce a sbloccare la gara nel primo tempo. Nella ripresa Giampaolo effettua subito tre cambi: Pierotti per Helgason, Rebic per N’Dri e Ramadani per Pierret. A quest’ultimo basta solamente un minuto per mandare in estasi i tifosi del Via del Mare con un eurogol: Krstovic con una palla arretrata al limite dell’aerea serve il numero 20 che calcia di prima intenzione togliendo la ragnatela dall’incrocio. La rete galvanizza i salentini che sfiorano il raddoppio con Krstovic, ma Milinkovic s’impone negando la rete. Il secondo tempo non regala troppe occasioni e il Lecce si aggiudica la vittoria dopo tredici giornate. Tre punti importantissimi che tengono in vita le speranze dei salentini, che dovranno affrontare la Lazio all’Olimpico in una gara da dentro o fuori.
Hellas Verona-Como (A cura di Marco Rizzuto)
Il Como sfiora la settima, ma Lazovic riacciuffa i lariani nella ripresa. Hellas a un passo dalla salvezza
Dopo l’ultimo pareggio contro il Lecce, il Verona cerca la quinta salvezza consecutiva in Serie A contro un Como che d’altro canto non ha più niente da giocarsi, se non proseguire la striscia di vittorie. Zanetti in avanti sceglie nuovamente il tandem Sarr – Tengstedt. Al Bentegodi però è il Como a spaventare i tifosi casalinghi con Nico Paz, che conclude da posizione ravvicinata su assist di Douvikas, ma Ghilardi si invola riuscendo a deviare il tiro. La squadra di Fabregas continua a fare la partita costringendo il Verona nella propria metà campo. A due minuti dalla mezz’ora i lariani trovano il meritato vantaggio con Douvikas che inventa un assist meraviglioso per Caqueret che conclude da centro area alle spalle di Montipò. Al 33′ il Verona prova a bussare per la prima volta alla porta di Butez, Tchatchoua si accentra e calcia dal limite ma la sfera termina di poco sopra la traversa. Il primo tempo si chiude col vantaggio lagunare. Alla ripresa la situazione non cambia fino al 69′ quando Lazovic, entrato da pochi minuti, sigla il gol del pari: Bradaric dalla fascia sinistra crossa in mezzo per la testata di Sarr che spacca la traversa, e di tap-in Lazovic insacca da pochi passi. La gara si infiamma successivamente solo sul recupero finale, al 92′ Mosquera colpisce da posizione defilata sul primo palo, Butez respinge nuovamente su Lazovic che di tap-in rischia di raddoppio colpendo però un difensore. Quasi allo scadere il Como rischia di inguaiare il Verona con Da Cunha che calcia al volo impegnando Montipò. La gara termina in parità con il Verona che si giocherà tutto ad Empoli, sul quale ha tre punti di vantaggio. La salvezza dipenderà soprattutto anche dai risultati degli altri campi.
Roma-Milan (A cura di Simone Scafidi)
L’Olimpico omaggia Ranieri, Ranieri omaggia l’Olimpico, Milan battuto
Per quello che è l’ultimo e definitivo addio di Claudio Ranieri alla Roma e al mondo del calcio, l’Olimpico si veste a festa ed omaggia il tecnico di Testaccio con una coreografia da brividi, con l’augurio che egli possa ripagare in campo, riportando finalmente la Roma dove, almeno seguendo questa seconda parte di stagione, merita di stare. Passano due minuti, e le aspettative non vengono deluse: su situazione di corner, con il cross di Soulè, Mancini incorna e batte Maignan, portando in vantaggio la Roma. Il numero 23 è protagonista in questi primi minuti, e, dopo il tentativo rasente al palo di Alex Gimenez, il capitano giallorosso riceve una gomitata in pieno petto da Santiago Gimenez, che, dopo il check al VAR, viene espulso dopo nemmeno venti minuti. Nonostante la Roma sembri essere in gestione sul piano del possesso palla, il Milan riesce a pareggiare con Joao Felix, che si trova la porta spalancata e batte Svilar. Nel secondo tempo l’Olimpico spinge come mai fatto prima, e al 58’ i giallorossi riescono a trovare nuovamente il vantaggio, con una punizione di Paredes da lontanissimo che becca impreparato Maignan e porta avanti la Roma. Al 79’ un imbucata abbastanza rocambolesca del Milan pesca Leao tutto solo, che si vede però ribattere il pallone da un ottimo Svilar. Passano appena sette minuti, e la Roma chiude il match: dopo i tentativi di Angelino ed El Shaarawy respinti da Maignan, sul pallone si avventa Bryan Cristante, che dal limite dell’aria fa partire il destro e chiude la partita, con il definitivo 3-1. Adesso, all’ultima giornata di campionato, la Roma ha la chance di giocarsi un’importante fetta di Europa, mentre il Milan mette un punto pressoché definitivo ad una stagione molto deludente.
Monza-Empoli (A cura di Marco Rizzuto)
L’Empoli rimonta in trasferta e continua a sperare. Per la salvezza sarà una finale contro il Verona
All’U-Power Stadium l’Empoli è obbligato a vincere per continuare a credere alla salvezza. Contro un Monza ormai matematicamente fuori dai giochi, l’Empoli parte forte nei primi minuti col destro potente di Fazzini sventato in tuffo da Pizzignacco. Al 7′ i toscani sfiorano il vantaggio con Cacace, “liberato” dal cross in mezzo di Gyasi che aveva preso bene il tempo alla difesa, il numero 13 però non riesce ad inquadrare la porta. Dopo trenta minuti di dominio azzurro, il Monza trova il gol del vantaggio in contropiede: Henderson viene steso in modo regolare, Caprari verticalizza immediatamente per la corsa di Birindelli che buca Vasquez e sblocca la gara. Il gol galvanizza i brianzoli che per poco non raddoppiano con Keita Balde in un’azione infinita nell’area piccola. Alla ripresa l’Empoli deve necessariamente trovare il modo di invertire la rotta e ci riesce dopo soli quattro minuti dal fischio d’inizio: Fazzini serve Colombo in centro area che si gira da vero attaccante e calcia bucando Pizzignacco. L’Empoli adesso preme sull’acceleratore e ribalta tutto in pochi minuti con Viti che insacca dal primo palo. Al 58′ l’Empoli chiude i giochi con il terzo gol propiziato da Gyasi: la conclusione dell’ex Spezia colpisce il palo e dopo aver carambolato sulla schiena dello sfortunato Pizzignacco, il pallone entra in portaassicurando i tre punti alla squadra di D’Aversa. Il triplice fischio decreta la vittoria dell’Empoli, che potrà giocarsi le ultime carte nello scontro salvezza contro il Verona. I brianzoli invece saluteranno la Serie A giocando contro il Milan a San Siro.
LA TOP11 DELLA 37ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala
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