Calcio
Il Supercommento della 10ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della decima giornata di Serie A.
Cagliari-Bologna (A cura di Simone Scafidi)
All’Unipol Domus un Bologna riposato a causa del rinvio del match contro il Milan, batte un Cagliari stanco e privo di idee, che non riesce a reagire ai colpi degli emiliani. Squadra di casa che si mostra subito propositiva con Zortea che tenta la conclusione al volo, chiusa in calcio d’angolo. Per i primi quindici minuti le squadre si studiano, con nessuna delle due che sembra voler affondare il colpo, se non con qualche blando tentativo di Marin per il Cagliari e di Miranda per il Bologna. Al 16’ arriva la prima vera occasione per gli ospiti con Orsolini, che si ritrova a tu per tu con Scuffet e non riesce ad insaccare il gol del vantaggio, grazie alla risposta del portiere rossoblù. Dopo trentacinque minuti di monotonia assoluta, il Bologna passa in vantaggio proprio con Orsolini, che sull’assist di Ndoye scarica sul destro e calcia in porta battendo Scuffet. Non tarda ad arrivare la risposta del Cagliari, con Piccoli che protegge il pallone spalle alla porta e riesce a girarsi calciando, obbligando Skorupski a impegnarsi per respingere il tiro. Ad inizio secondo tempo un brillante Ndoye prova a raddoppiare, con una discesa al centro del campo che termina con un tiro salvato da Scuffet. Al 51’ arriva il raddoppio degli emiliani con un prodigioso gol di Odgaard, che arriva dalle retrovie sul passaggio di Lucumí e calcia da fuori area, sorprendendo l’estremo difensore rossoblu. Al centro del gioco di Italiano c’è Ndoye, fondamentale per il doppio vantaggio dei suoi. Tutti i palloni passano sotto il controllo dello svizzero, metronomo della costruzione del Bologna, che detta i ritmi alla perfezione rendendosi talvolta anche pericoloso. Il secondo tempo scorre senza altre particolari occasioni e va a porre il sigillo ad una partita non spettacolare, che la squadra di Italiano è riuscita a vincere sfruttando al meglio le poche occasioni avute. Seconda vittoria stagionale per gli emiliani, che provano a rilanciarsi in classifica. La squadra di Nicola invece incassa la seconda sconfitta consecutiva, confermando una situazione di forma tutt’altro che eccellente.
Lecce-Hellas Verona
Il lungo digiuno del Lecce finisce qui. La squadra di Luca Gotti batte il Verona e ritrova la vittoria che mancava addirittura dal 31 agosto. Dopo una fase di studio le squadre cominciano a spingere sull’acceleratore. In particolare, è il Lecce a sfiorare due volte la rete del vantaggio. Al 15’ la squadra di Gotti è molto sfortunata: punizione di Rafia per Gaspar che di testa manda la palla sul palo. Cinque minuti dopo gol annullato ai salentini a Dorgu per una spinta su Tchatchoua. Il Lecce spinge, soprattutto sulla destra, a Dorgu viene annullata un’altra rete per fuorigioco, mentre il Verona invece punta di più sul possesso palla e di pungere in contropiede: l’Hellas produce qualche calcio d’angolo, ma Falcone non viene mai impegnato. Al 40’ i gialloblù restano in dieci per l’espulsione di Tchatchoua che stende Dorgu lanciato a rete. Il secondo tempo condanna il Verona a una continua barricata, causata dall’inferiorità numerica, e il Lecce approfitta del buco lasciato libero da Tchatchoua per piazzare il guizzo vincente: cross dalla destra di Banda verso il secondo palo, dove arriva l’inserimento di Dorgu che in tuffo piazza il pallone verso il palo opposto, dove Perilli (preferito a Montipò) non può arrivare. Il Verona prova a reagire affidandosi alle conclusioni da fuori area di Suslov. Zanetti prova a restituire velocità e fisicità all’attacco, con la staffetta Tengstedt-Mosquera, ma il blocco basso dei salentini non corre alcun rischio. Gaspar nel gioco aereo è dominante, mentre Gallo e Baschirotto riescono anche a spingersi in avanti per eludere la pressione del Verona. A dieci dal termine gli scaligeri rimangono in nove uomini, a causa dell’espulsione di Belayahne per doppia ammonizione. Il Lecce non soffre gli attacchi e sfiora il raddoppio in contropiede, con Perilli che salva in uscita su Rebic. Torna a sorridere, e a segnare, la squadra di Gotti. Il pesante k.o con la Fiorentina sembra ormai alle spalle, e le due gare contro Napoli e Verona dimostrano la compattezza del gruppo squadra. Continua a essere un rebus il poco apporto offensivo degli attaccanti, con i salentini che in dieci giornate hanno realizzato appena quattro gol, tra cui due di Dorgu. Il talento danese continua a brillare in fase offensiva e adesso comincia ad attirare gli occhi delle big. Prosegue il momento nero del Verona, troppo fragile e disunito in difesa. Zanetti è chiamato a ricompattare la difesa per riaccendere una squadra che sembra aver perso l’equilibrio e la brillantezza vista nelle prime giornate.
Milan-Napoli (A cura di Simone Scafidi)
Non si ferma più il Napoli, che espugna San Siro e vola in vetta alla classifica. I partenopei piazzano un gol per tempo e stendono il Milan. Terzo successo consecutivo per la squadra di Antonio Conte, sempre più in solitaria al comando della classifica.
Empoli-Inter (A cura di Marco Rizzuto)
Con tre reti nella ripresa, l’Inter s’impone al Castellani grazie alla doppietta di Frattesi e il sigillo del capitano Martinez. L’avvio frizzante regala occasioni da entrambi i fronti. Al 6’ Bastoni perde un pallone sanguinoso nella propria metà campo, Anjorin in verticale serve Solbakken che si fa ipnotizzare da Sommer. Poco dopo replica l’Inter su calcio di punizione, Vasquez copie un miracolo per sventare sopra la traversa il cross di Dimarco diventato un tiro dalla deviazione di Ismajli. L’Inter prosegue l’avanzata offensiva e per un momento passa in vantaggio grazie alla progressione di Darmian, annullata poi per il controllo irregolare avvenuto con la mano. Alla mezz’ora, il direttore di gara, dopo una review al VAR, espelle Goglichizde per un intervento scomposto e imprudente su Thuram. L’episodio indirizza il match a favore dell’Inter che trasforma il secondo tempo in un monologo. Nella ripresa i nerazzurri chiudono la pratica con la prima doppietta in Serie A di Frattesi: al 49’ con la sponda di Darmian e la conclusione con il mancino che, complice una deviazione, trova l’incrocio dei pali; al 67’ col piazzato sul secondo palo dopo la sponda intelligente di Lautaro Martinez. A dieci dalla fine l’errore in impostazione di Vasquez costa la terza rete del match. Barella ruba palla e serve Lautaro che in diagonale mette in ghiaccio la partita. Vittoria importante dell’Inter che risponde al Napoli mantenendo le distanze. I toscani si arrendono non riuscendo a tenere il passo dei ragazzi di Inzaghi, scendendo al dodicesimo posto. In vista del big match della prossima settimana contro il Napoli, l’Inter prova a tenere stabilmente il passo.
Venezia-Udinese (A cura di Marco Rizzuto)
Al termine di una partita spettacolare, il Venezia si impone per 3-2 tornando alla vittoria e negando ai bianconeri la gioia del podio. Al Penzo l’Udinese vola subito in vantaggio con il contropiede guidato da Iker Bravo e finalizzato dal piattone di Lovric che buca Stankovic e apre le danze. Poco dopo il gioiellino ex Leverkusen trova la rete dello 0-2 calciando forte dal limite dell’area. La gara appare in netto controllo degli ospiti che controllano il gioco dominando il Venezia. La prima e unica sbavatura del primo tempo permette ai padroni di casa di accorciare le distanze. Pohjanpalo, lanciato a rete, viene steso da Giannetti che costa il giallo e il penalty, trasformato dal finlandese al 40’. La ripresa mostra un piglio decisamente diverso dei lagunari, l’ingresso in campo di Oristanio ha portato più qualità ed imprevedibilità negli ultimi metri. L’ex Cagliari, infatti, viene steso al limite dell’area da Toure, intervento che costa il rosso diretto, svoltando inevitabilmente in negativo la gara per i friulani. Dal limite dell’area Nicolussi Caviglia disegna una traiettoria imparabile per Okoye. Il match cambia vertiginosamente, il Venezia tiene in assedio l’area di rigore bianconera e a cinque minuti dalla fine, il muro di mano fatto da Kabasele sulla conclusione di Duncan costa il secondo rigore a favore dei lagunari. Anche questa volta Pohjanpalo non sbaglia e porta in vantaggio il Venezia. Una rimonta pazza che permette ai padroni di casa di trovare la vittoria che mancava da più di un mese, allontanandosi dall’ultimo posto della classifica. Sconfitta amara per l’Udinese che fino ad ora aveva perso solamente con Roma, Milan e Inter.
Juventus-Parma
L’avvio allo Stadium è sorprendentemente dominato dal Parma, subito nel vivo del gioco e con un baricentro molto alto. L’intraprendenza e la forza delle idee dei ducali presentano il conto al quarto minuto, quando la punizione di Bernabé trova la sponda di Balogh e il colpo di testa, in anticipo su Gatti, di Delprato. Il Parma non smette di attaccare e inizialmente sembra mettere alle corde la squadra di Thiago Motta, che soffre terribilmente le combinazioni tra Bonny e Man, con Hainaut che segue sempre l’azione e spesso arriva dentro l’area a spaventare lo Stadium. I bianconeri hanno l’occasione per pareggiare, con un pallone lasciato nei pressi dell’area piccola da Suzuki, dopo il colpo di testa di Thuram, ma Vlahovic da ottima posizione calcia clamorosamente alto. La pulizia e la brillantezza del Parma mettono in mostra tutte le difficoltà della Juve nel riuscire ad avere equilibrio della fase di pressing e nella conseguente fase di attacco. A rimettere in equilibrio la gara i bianconeri si affidano alla connection americana, con il cross di Weah per lo stacco perentorio a centro area di McKennie. L’entusiasmo bianconero viene smorzato subito dalla qualità della trequarti ducale, perché al 40′ Mihaila e Man mandano in tilt Danilo e McKennie, con Man che anticipa anche l’uscita di Di Gregorio e ha la lucidità e l’intelligenza di servire il rimorchio di Sohm, abile nel calciare forte sul primo palo e riportare avanti il Parma. Nella ripresa Pecchia inserisce Hernani al posto di Keita, arretrando Sohm, e su quello spazio agisce Thuram. Al 50‘ il francese si libera in mezzo ai due centrocampisti, serve Conceicao che replica l’assist visto nel derby d’Italia, con lo stesso movimento di Weah bravissimo nell’anticipare Delprato e pareggiare la gara. La qualità della Juventus comincia a venire fuori grazie alla posizione di Locatelli, più mobile in mezzo al campo e libero di impostare l’azione, e Conceicao, una continua spina nel fianco della difesa ducale. All’ora di gioco Thiago Motta decide di inserire Yildiz, MVP del derby con l’Inter, e Savona, con l’intento di mantenere stabile l’offensiva bianconera. Dopo la risposta di Pecchia, con Charpentier e Almqvist che rialzano il baricentro ducale, ritorna in campo Koopmeiners con il compito di aumentare la qualità e l’incisività tra le linee. Nel finale le due squadre sono completamente spezzate in due, con ribaltamenti di fronte continui. L’occasionissima in questo frangente è del Parma, con Charpentier che sbatte su Di Gregorio, provvidenziale in uscita. L’ultimo squillo è un salvataggio di Delprato su Yildiz, con il turco che approfitta di un errore in uscita di Suzuki e calcia a botta sicura, trovando l’opposizione miracolosa del capitano ducale. Un pareggio spettacolare, un match ricco di colpi di scena e capovolgimenti. I bianconeri frenano ancora e adesso si allontanano dalla vetta, al termine di una settimana che ha ridimensionato la corsa inarrestabile della squadra di Thiago Motta. Altra grande prestazione della squadra di Pecchia, che però continua a palesare cali di tensione durante la partita. L’eccelsa qualità della trequarti ducale ha messo in seria difficoltà la difesa bianconera, che adesso comincia a sentire l’assenza pesante di Bremer -decimo gol subito da quando il brasiliano si è infortunato.
Atalanta-Monza (A cura di Simone Scafidi)
A Bergamo un Atalanta brutta da vedere e praticamente inesistente nel primo tempo batte il Monza per 2-0. La prima metà di gara risulta priva di qualsiasi tipo di emozione, illuminata solamente da una conclusione di Bianco al 42′ respinta da Carnesecchi e dal gol annullato a Vignato per un fallo in attacco di D’Ambrosio. Nel secondo tempo la squadra di Gasperini si sveglia, e con una grande velocità sugli esterni e l’efficace gioco su Samardzic (entrato al 45′) in mezzo al campo, riesce a ipotecare il risultato. Al 70′ é proprio il centrocampista serbo a sbloccare la partita, con un’ottima gestione palla all’interno dell’area che si conclude con il sinistro a giro a battere Turati. Due minuti più tardi Cuadrado prova a chiudere il discorso, ma il suo tiro viene chiuso in calcio d’angolo dal grande recupero di Kyriakopoulos. All’88‘ l’Atalanta mette in ghiaccio la partita grazie ad un eurogol di Zappacosta, che calcia a giro da fuori area sul secondo palo battendo Turati e mettendo definitivamente k.o. il Monza. La squadra di Gasperini dà continuità al suo straordinario periodo di forma, grazie ad una prestazione leggermente sottotono dovuta probabilmente alla stanchezza delle tante partite. La profondità della rosa bergamasca ha permesso a Gasperini di cambiare il piano gara e con questo Samardzic in continua crescita, l’Atalanta è chiamata ad alzare ulteriormente il livello, a cominciare dal big match di domenica contro il Napoli capolista. I brianzoli invece continuano ad occupare le zone basse della classifica, rimanendo a pari punti con il Venezia terzultimo.
Genoa-Fiorentina
La Fiorentina adesso non si vuole fermare più. I Viola espugnano Marassi e calano la quarta vittoria consecutiva. Un Genoa martoriato dagli infortuni, in attesa dell’esordio di Mario Balotelli, prova a sfruttare l’orgoglio e la spinta incessante del Ferraris. La Fiorentina prova ad aggrapparsi alle incursioni laterali di Sottil da una parte, e Dodò dall’altra, ma la mancanza di Kean (non convocato per un problema fisico) non permette alla squadra di Palladino di avere un riferimento in avanti capace di tenere il pallone con qualità. Il Genoa gioca prevalentemente sulla fascia sinistra, dove Martin è particolarmente ispirato e galoppa lungo tutta la fascia, ma al momento della rifinitura si evincono i limiti che stanno sopraggiungendo all’interno della squadra di Gila. L’idea del Grifone è sviluppare a sinistra per concludere a destra, ma Sabelli è spesso impegnato in un duello rusticano con Sottil, e non riesce a creare la superiorità numerica in area, dove la Fiorentina gioca uomo su uomo. Le uniche occasioni, da una parte e dall’altra, arrivano con conclusioni da fuori area, ma entrambi i portieri rispondono presente. Nella fase centrale del secondo tempo il Genoa è più pericoloso, con Ekhator e Pinamonti che svariano sul fronte offensivo e mandando in tilt la difesa viola. Nel miglior momento dei rossoblù, Palladino decide di inserire Adli per aggiungere qualità in mezzo al campo. La scelta paga subito perché la Fiorentina trova verticalità e attacca meglio l’area. Al 72′ un fraseggio rapido sulla destra porta al cross Beltran, l’inserimento di Gosens crea scompiglio tra i difensori genoani e sul pallone vagante è proprio il tedesco a trovare il guizzo vincente, con un tiro di collo esterno che non lascia scampo a Leali. Gilardino si sbilancia completamente, cercando di risollevare l’animo della squadra, e nel finale la Fiorentina si barrica nella propria metà campo. Marassi è gelato dal gol del tedesco, ma si riaccende subito con l’occasione di Pinamonti, che impegna De Gea al super intervento in tuffo. Nel finale il Genoa si riversa tutto in avanti e sfiora il pareggio con il colpo di testa in avvitamento di Vasquez, parata incredibile di De Gea, che riesce a deviare in angolo con un balzo felino. Quarta vittoria consecutiva in campionato, la sesta considerando la Conference, quarto posto con sorpasso alla Juventus. La Fiorentina adesso ha trovato definitivamente la quadra. Palladino è riuscito a ricompattare il gruppo dopo un avvio complicato e adesso i Viola hanno tutte le carte per disputare un campionato da assoluti protagonisti. Prosegue la crisi del Genoa, inguaiato dalle vittorie di Venezia e Lecce. I tanti infortuni stanno martoriando la rosa di Gilardino, che adesso deve cominciare a conquistare punti per uscire dalla zona calda della classifica. E intanto Super Mario comincia a scaldare i motori..
Roma-Torino
Prova a uscire dalla crisi la Roma. All’Olimpico basta il golazo di Dybala per risollevare la testa. L’atmosfera tra squadra e tifosi rimane molto tesa e nervosa, dopo una settimana molto complicata caratterizzata dal pesante 5-1 di Firenze. L’assenza dell’ultimo minuto di Dovbyk (assente per febbre) costringe Juric a ricorrere ai ripari con l’avanzamento di Dybala centravanti, e Pisilli e Baldanzi alle sue spalle. Vanoli risponde con il tandem Sanabria-Adams e rinuncia a Vlasic e schiera Gineitis in mezzo al campo. Il ritmo è molto basso, le due squadre palesano i limiti emotivi, più che tecnici, del momento e in avvio non arrivano occasioni. A rompere la monotonia ci pensa la Joya, leader tecnico dell’attacco giallorosso. Al 19′ Linetty sbaglia il retropassaggio, Dybala ne approfitta e dopo aver saltato Milinkovic calcia subito verso la porta, dove Masina in scivolata non riesce a evitare il vantaggio giallorosso. La goffa deviazione del centrale marocchino condiziona la sua partita, che da quel momento inizia a essere piena di errori e sbavature. I giallorossi provano ad approfittare del momento favorevole e prendono d’assalto la fascia destra, con l’inserimento dalle retrovie di Mancini che porta la difesa del Toro a perdere dei riferimenti per chiudere l’avanzata del capitano giallorosso (Pellegrini parte dalla panchina per una botta al piede subita in allenamento), e lasciare spazio a Dybala, libero di impostare l’azione offensiva. Il Torino cresce nella fase finale del primo tempo, con Maripan che in mischia impegna Svilar di testa, e con Vojvoda che spaventa la difesa giallorossa con un tiro cross che sibila con il palo. Nel secondo tempo Vanoli prova a riaccendere la miccia con l’ingresso di Njie, match winner contro il Como, e l’attaccante classe 2005 si costruisce da solo l’occasione per il pareggio, con un tiro a giro potente e preciso dove Svilar deve respingere in tuffo. Pisilli sfiora il 2-0 con un destro a giro, ma colpisce il palo, azione vanificata dal fuorigioco iniziale di Angelino. Nel finale il Toro prova a sorprendere la difesa giallorossa con il fraseggio nello stretto, ma il muro eretto da Mancini e compagni non concede spazi. Una risposta non del tutto convincente, ma necessaria, per la Roma. La squadra di Juric accorcia in classifica e arriva a un punto dai granata. Quarta sconfitta nelle ultime cinque per la squadra di Vanoli, che adesso comincia a sentire l’assenza di Duvan Zapata. L’infortunio del colombiano ha tolto al Toro quei gol e quelle giocate codificate che avevano permesso a Vanoli di mettere in difficoltà squadre come Milan e Atalanta, ma adesso l’attacco comincia ad avere le polveri bagnate. Anche la difesa continua a scricchiolare e il centrocampo pecca di qualità e dinamismo.
Como-Lazio
La Lazio non si ferma più. Vittoria larghissima e convincente anche a Como. Moduli speculari (4–2-3-1) per entrambe le squadre, ma atteggiamento in campo molto diverso. Quello della Lazio è più aggressivo, i padroni di casa sono guardinghi. Pesa, ovviamente, anche la differente caratura tecnica, ma l’impressione è che la Lazio voglia fare la partita, mentre il Como preferisca attendere per sfruttare gli spazi che la formazione ospite potrebbe lasciare. Dopo una fase di studio che dura una ventina di minuti la Lazio accelera e nel giro di tre minuti piazza un uno-due micidiale. Apre le marcature al 28’ Castellanos (che aveva già impegnato Audero in precedenza) su calcio di rigore concesso per fallo di mano di Dossena su colpo di testa dello stesso Castellanos (Pairetto non lo vede, ma interviene il Var). Tre minuti più tardi raddoppia Pedro che capitalizza al meglio l’assist del solito Tavares, all’ottava assistenza in otto gare. Il Como prova a reagire ma la difesa biancoceleste non soffre. Nella ripresa ci pensa Mazzitelli a riaccendere la speranza in casa Como, con in rovesciata che beffa Provedel sul secondo palo. Pochi minuti dopo i lariani rimangono in dieci uomini, a causa della doppia ammonizione di Braunoder (colpevole dell’errore fatale nella sconfitta di Torino) che conclude la sua settimana da incubo. Pochi minuti dopo però la gara di riequilibra, perché Tavares commette fallo su Strefezza e viene espulso, anche lui per doppia ammonizione. Le squadre si allungano e la partita entra in una fase in cui può succedere di tutto. Ad approfittare della situazione è la Lazio, che torna al gol sugli sviluppi di un angolo (che nasce dopo un grande intervento di Audero su una punizione di Castellanos). Dalla bandierina calcia Pedro, Dia allunga la traiettoria e sul secondo palo Patric la mette dentro di testa. Il Como prova a riorganizzarsi mentre la Lazio sembra avere le idee ben chiare, nonostante l’espulsione di Tavares. Il Como sfiora il gol del 2-3 con Cerri, errore da matita rossa per l’attaccante lariano, servito da un gladiatorio Cutrone. I biancocelesti nel finale diventano padroni del campo, grazie alle correzioni di Baroni, e arrotondano ulteriormente il punteggio: Castellanos segna ancora, su assist di petto di Dia, e a rendere il punteggio pesantissimo per il Como provvedono due nuovi entrati, con Tchaouna che piazza il colpo del 5-1 con assist di Lazzari. Prosegue spedita la corsa della squadra di Baroni. Per i biancocelesti è la settima vittoria nelle ultime otto partite giocate tra coppa e campionato. Tre punti che valgono il terzo posto in classifica in coabitazione con Atalanta e Fiorentina. Brutta battuta d’arresto invece per il Como. Dopo tante belle prestazioni (con risultati alterni) stavolta i lariani giocano e perdono male. Il compito di Fabregas e dei suoi uomini è quello di fare in modo che si tratti solo di un episodio.
LA TOP11 DELLA 10ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala
Calcio
Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Seconda parte)

Dopo i primi quattro gironi, che sono già tornati in campo per la seconda giornata del torneo, ecco gli altri quattro gironi che hanno fatto il loro esordio negli scorsi giorni. Figurano tante big, oltre alle due italiane in azione, Juventus e Inter.
GIRONE E
Inter, Monterrey, River Plate, Urawa Reds
La prima gara del girone è quella tra il River Plate e i giapponesi dell’Urawa Reds. A Seattle le temperature sono più adatte per una grigliata di asado con gli amici piuttosto che una partita di calcio, ma nonostante il caldo torrido alle 12.00 (ore americane) al Lumen Field ci sono un buon numero di tifosi dei Millionarios, che assistono all’esordio vincente della squadra di Gallardo. Un successo che mette ulteriormente in mostra tutte le qualità del gioco del River Plate: gestione lucida del possesso, una buona dose di ‘garra’ e un Mastantuono pronto a prendersi la scena prima di passare al Real Madrid a fine mondiale. Il vantaggio parte proprio da una giocata del classe 2007, proseguita dal solito cross tagliente di Acuna, e da un inserimento brutale di Colidio in mezzo ai difensori. Nella ripresa il raddoppio porta la firma di Driussi, anche se gran parte del gol è regalato dal terrificante retropassaggio del difensore Hoibraten. Driussi si fa anche male nella ricaduta, nel frattempo l’Urawa accorcia le distanze dagli undici metri con Matsuo e comincia a pregustare il sapore della rimonta, subito interrotta dalla zuccata di Meza a dieci dalla fine. Un River che gioca bene e che usa…la testa, viste le tre zuccate che hanno regalato alla banda Gallardo i primi tre punti, e adesso il “set point” contro il Monterrey può regalare già il primo posto aritmetico al River Plate.

Foto: X Inter
Nell’altra gara del girone l’Inter fa il suo esordio contro il Monterrey. Dalla finale di Champions League di venti giorni fa l’Inter ha cambiato molto, ridimensionato dopo la batosta subita dal PSG. In panchina non siede più Simone Inzaghi, che è rimasto comunque nel giro del Mondiale per Club, ma Christian Chivu. Il tecnico romeno arriva da Parma e nel suo primo match cerca di non effettuare particolari rivoluzioni tecnico/tattiche. Si riparte dal 3-5-2 con Seba Esposito che affianca Lautaro Martinez. L’approccio della gara da parte dell’Inter non è prorompente come avevano abituati i nerazzurri in questi anni, ma la pressione e il fraseggio sono comunque apprezzabili. Si cerca di catturare qualsiasi strategia attuata da Chivu rispetto al precedente ciclo di Inzaghi, ma l’unica vera soluzione che si nota è la marcatura a zona nelle palle inattive, e la dimostrazione porta al vantaggio il Monterrey: la difesa dell’Inter cerca di ostruire il centro dell’area di rigore da potenziali attacchi, ma nessuno segue il taglio dell’eterno Sergio Ramos, lo spagnolo è micidiale sotto pressione, figuriamoci senza marcatura… incornata che sbatte sul terreno e beffa Sommer, non proprio impeccabile. L’Inter ci mette qualche minuto a pareggiare, e lo fa con uno schema su punizione che culmina con il tap-in vincente di Lautaro Martinez. Nel secondo tempo si vedono le cose interessanti, perché il Monterrey traccia un solco a metà campo e non lo oltrepassa quasi mai, ma soprattutto Chivu decide di inserire i nuovi arrivati Luis Henrique e Sucic, oltre a Thuram per Esposito. Il tecnico nerazzurro cambia modulo e alza il raggio d’azione di Mkhitaryan, anche se i messicani non soffrono particolarmente, merito di una gestione della linea difensiva da generale romano da parte di Sergio Ramos. Tra luci e ombre Chivu marchia il suo esordio con un pari, e adesso la gara contro l’Urawa diventa un passaggio decisivo per le sorti dell’Inter nel Mondiale per Club, in attesa di una crescita generale dell’ambiente nerazzurro, ancora troppo arrugginito dopo le fatiche di fine stagione.
- Inter-Urawa Reds
- River Plate-Monterrey
GIRONE F
Borussia Dortmund, Fluminense, Mamelodi Sundowns, Ulsan HD

Foto: X Fifa Club World Cup
Il calendario mette a confronto subito Borussia Dortmund e Fluminense, le due squadre favorite per il passaggio del turno. Il Fluminense si presenta con una squadra di figure pittoresche per molteplici motivi: spicca il giovanissimo portiere Fabio, 44 anni e 171 giorni, e il centrocampista Hercules, infaticabile mezzala, oltre all’ancora frizzante Thiago Silva. Il Borussia Dortmund si ricorda di scendere in campo solo a tratti, perché per il resto la partita è un dominio costante del Fluminense. I brasiliani attaccano la porta di Kobel da qualsiasi angolazione possibile, poi però devono fare i conti con il portiere svizzero, che francamente ha deciso che la partita debba finire in parità. Dell’attacco del Borussia non c’è alcuna traccia, e quando i gialloneri si affacciano in avanti, Fabio e Thiago Silva non hanno nemmeno bisogno di calare a referto qualche gemma gloriosa del loro passato, perché pericoli concreti non ne arrivano. Nella ripresa l’occasione più grossa capita nei piedi dei giocatori del Fluminense, ma Kobel risponde alla grande su un primo tiro di Everaldo, e alla grandissima sulla ribattuta di Nonato, che già stava per correre sotto la curva occupata dai tifosi brasiliani. Nel frattempo il Borussia accoglie un altro Bellingham in mezzo al campo, non più Jude ma il fratello minore Jobe, ma quasi nessuno se ne accorge perché il Dortmund non riesce nemmeno a costruire un’azione degna di nota. Termina 0-0, come aveva deciso Kobel, ma il Borussia Dortmund adesso deve accendersi per evitare brutte sorprese in corso d’opera. Altra grande prestazione per una sudamericana, con il Fluminense che ai punti meritava più di un gol e la vittoria finale, ma la dea bendata -e Kobel- riescono a mantenere il punteggio fermo sul pari. Altra menzione per Hercules, che non sembra nemmeno male in mezzo al campo, ma il suo nome lo precede, e onestamente è clamoroso.
L’altro match del girone è l’emblema del mistero e dell’incertezza che veleggia attorno ad alcune realtà del mondo calcistico. La gara tra Ulsan HD e Mamelodi Sundowns comincia in ritardo a causa della pioggia, e se già era difficile registrare un sold out per questa gara, le condizioni meteo decimano ulteriormente gli spettatori di questo match che può nascondere la magia di una finale dei mondiali, o la sonnolenza di uno spareggio di metà agosto in Lituania. I sudafricani (Mamelodi) giocano bene e sostanzialmente dominano, Rayners ne segnerebbe anche tre, ma due di questi vengono annullati dal VAR, con tanto di decisione spiegata a tutto lo stadio dall’arbitro, una delle tante novità sperimentate in questo torneo dalla FIFA -al momento ampiamente promossa. Finisce soltanto 1-0, anche perché il centrocampista dell’Ulsan Bojanic va a calciare due volte e tira fuori dal cilindro due tiri orribili, incredibilmente per motivi opposti: uno altissimo, uno molle e centrale. Occasionissima per il Mamelodi, che adesso può sognare in grande visto l’ottimo esordio, anche se adesso arrivano le “big”.
- Mamelodi-Borussia Dortmund
- Fluminense-Ulsan HD
GIRONE G
Al-Ain, Juventus, Manchester City, Wydad Casablanca
A Philadelphia il Manchester City comincia il suo mondiale contro il Wydad Casablanca. Guardiola ha accolto tra le sue braccia altri due gioielli provenienti dal mercato, tali Reijnders e Cherki -non proprio sconosciuti- e non perde tempo a gettarli in campo, a costo di rinunciare ad Haaland e il pallone d’oro Rodri. Non c’è bisogno di spiegare le motivazioni su questa scelta, perché bastano i primi due minuti per capire che il Manchester City potrebbe dominare il palleggio anche con Liam e Noah Gallagher degli Oasis. Al secondo minuto Foden la schiaffa in porta, tornando ad assaporare la gioia del gol che gli mancava da quasi sei mesi. Il Wydad prova anche a spingersi in avanti, ma a parte una serie di giocate del fantasista Lorch -che va menzionato solo per la quantità innumerevole di sombreri e la quattro sulle spalle- non si registrano particolari pericoli per Ederson. Prima dell’intervallo i marocchini riescono a far passare Doku come un predatore d’area, lasciandolo completamente da solo in mezzo all’area al momento del corner di Foden. Di fatto, la partita termina nella prima frazione, e gli ingressi di Haaland e Rodri -insieme ad altre figure- non fanno altro che accentuare il dominio dei Citizens, che hanno talmente tanto la situazione sotto controllo che trovano il tempo per sborsare 20 mila euro di multa (la FIFA ha introdotto una penale per ogni sanzione, e l’espulsione corrisponde a circa 20 mila franchi svizzeri) per una tacchettata in faccia a un avversario da parte di Rico Lewis.

Foto: X Juventus FC
La gara che chiude la prima giornata è l’esordio della Juventus di Igor Tudor. L’avversario dei bianconeri è l’Al-Ain, che presenta il 5-3-2 delle grandi occasioni, con un sempreverde Rui Patricio in porta. I bianconeri sono reduci dalla visita alla Casa Bianca, dove sono stati costretti ad ascoltare Trump mentre parlava ai giornalisti della guerra e del calcio femminile, in uno dei momenti più surreali della storia recente del calcio, ma in campo mettono subito le cose in chiaro, come fa l’America quando subentra nei grandi conflitti: all’intervallo il risultato è sul 4-0 per la squadra di Tudor, con la doppietta di Kolo Muani, il gol di Conceição e la gemma di Yildiz (che ancora una volta segna all’esordio in qualche torneo), nel secondo tempo arriverà anche il quinto gol di Chico Conceição. Se nel corso della stagione i giocatori della Juve sembravano spaventati anche da un fiammifero, a Washington i ragazzi di Tudor sembrano una banda di potenziali piromani: vanno a duemila, recuperano il pallone velocemente, si cercano e si trovano anche a occhi chiusi. In attesa dei recuperi di alcune pedine fondamentali (contro l’Al-Ain hanno riassaporato il campo Gatti e Koopmeiners), Tudor spinge sul blocco visto nel rush finale, con un Kelly in netto miglioramento con l’approccio al ruolo, e Alberto Costa in versione treno merci. Il portoghese è un’iradiddio sulla fascia destra e confeziona anche due assist, mentre l’enigma principale riguarda Conceição e Kolo Muani, entrambi in prestito ma sempre più incisivi nell’ecosistema bianconero. Sorrisi e sacrificio, il primo posto in classifica e la voglia di spingersi oltre. La Juventus di Tudor parte alla grande in America, e già nel prossimo turno può ipotecare il passaggio del turno.
Seconda giornata:
- Juventus-Wydad Casablanca
- Manchester City-Al Ain
GIRONE H
Al-Hilal, Pachuca, Real Madrid, Salisburgo
Esordio a tutto tondo per Real e Al-Hilal, che accolgono nelle loro rispettive panchine Xabi Alonso e Simone Inzaghi. Ne viene fuori un match spettacolare, soprattutto per merito del coraggio e del dinamismo del club saudita. Senza Mbappé, Xabi Alonso sceglie il giovane Gonzalo Garcia, mentre dietro giocano subito i nuovi arrivati, Huijsen e Alexander-Arnold. Inzaghi ci ha messo poco a dare un’impronta decisa all’Al-Hilal, e la mezz’ora iniziale è quasi un monologo dei sauditi, più vivi e spigliati rispetto a un Madrid alla ricerca di geometrie. A Renan Lodi viene anche annullato un gol per fuorigioco, Inzaghi comincia a dispensare urla a qualsiasi oggetto vestito di blu, e nel frattempo il Real Madrid rispolvera la ripartenza all’italiana, finalizzata da Gonzalo Garcia su assist di Rodrygo. L’Al-Hilal ci mette poco a pareggiare la gara, grazie al calcio di rigore realizzato da Ruben Neves. Xabi Alonso non stravolge i suoi Blancos rispetto a quanto visto lo scorso anno, e sceglie la via della continuità anche nelle sostituzioni, con Tchouameni che continua il suo viaggio da nomade nella parte arretrata del campo mentre Asencio lascia il posto a Guler. Il turco da quella marcia in più al Madrid, e nel frattempo il ritmo dei sauditi è calato notevolmente, prevedibile considerando il dispendio enorme di energie del primo tempo e il caldo asfissiante di Miami. Nel finale il VAR assegna un rigore al Real Madrid per una manata di Al-Qahtani su Fran Garcia. Dal dischetto Valverde incrocia il destro ma Bonou azzecca l’angolo e mette il sigillo finale al pareggio. Due cantieri ancora in fase di avvio, ma arrivano già i primi segnali da una parte e dall’altra. Se Inzaghi può ritenersi soddisfatto per qualità e ritmo messo in campo, Xabi Alonso attende il ritorno di Mbappé per cercare di nascondere le difficoltà evidenziate in questo primo match, fotocopie dell’ultima stagione blanca.

Foto: fifa.com
Altrettanto divertente è la gara tra Pachuca e Red Bull Salisburgo. A Cincinnati trionfano gli austriaci dopo un match durato quattro ore (sospeso per un’ora e quaranta per l’acquazzone che ha colpito la città durante il secondo tempo). Gara divertente e frizzante fin dai primi minuti, con i messicani che rispolverano un centravanti d’area di rigore come Salomon Rondon, stranamente poco freddo e lucido contro l’estremo difensore del Salisburgo, l’impronunciabile Zawieschitzky. A ridosso dell’intervallo gli austriaci trovano il vantaggio grazie alla perla di Oscar Gloukh, l’israeliano lascia a terra Pedraza e batte Moreno con un destro a giro di pregevole fattura. Nella ripresa la gara si interrompe per quasi due ore per il temporale, poi riparte e i fulmini lasciano spazio ai fuochi d’artificio. Il Pachuca trova il pareggio grazie a una punizione di Gonzalez, su cui barriera e portiere non fanno una bella figura; Rondon continua la sua ricerca spasmodica del gol ma non riesce a segnare. Chi riesce a gonfiare la rete è l’altro centravanti, il neo-entrato Onisiwo, che sale in cielo e riesce a indirizzare e colpire forte il pallone, per un vantaggio che spedisce il Salisburgo in vetta alla classifica. In attesa della gara contro l’Al-Hilal gli austriaci provano a inserirsi di soppiatto in alto alla classifica.
Seconda giornata:
- Salisburgo-Al-Hilal
- Real Madrid-Pachuca
Calcio
Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Prima parte)

Polemico, esagerato e curioso, proprio come sa essere l’America. Il nuovo Mondiale per Club voluto dalla FIFA rispecchia i canoni degli Stati Uniti, che si preparano al mondiale tra nazionali (in programma il prossimo anno) con una parata di stelle e altri elementi celesti più misteriosi, ma intensi e curiosi. Tante le novità in esperimento, numerosi argomenti di valutazione, ma nel frattempo la prima giornata è terminata nella notte, e tra poco il mondiale riparte con la seconda giornata. Allora ecco la prima parte dell’analisi delle prime gare del Mondiale per Club, girone per girone.
GIRONE A
Al-Ahly, Inter Miami, Porto, Palmeiras
Uno dei raggruppamenti più intriganti dell’intero mondiale, non tanto per la quantità elevata di “big” al suo interno, ma per l’alone di mistero e curiosità che circola attorno a Messi e avversari. Dopo le prime due partite la classifica è rimasta la stessa dello scorso venerdì, quando ancora il torneo non era cominciato. L’ordine rimane quello alfabetico, la differenza reti pari ai gol realizzati dalle quattro squadre, ossia zero, ma le due gare sono state tutt’altro che noiose.

Foto: fifa.com
La gara tra Al–Ahly e l‘Inter Miami apre il mondiale. Nel primo tempo gli egiziani dominano in lungo e in largo, come non si vedeva probabilmente da Cleopatra e family. La retorica storica però non è casuale, perché nell’assedio costante dell’Al-Ahly verso la porta avversaria emerge un altro reperto di notevole importanza nella gara: il portiere dell’Inter Miami, tale Oscar Ustari, 38 anni compiuti. Il portiere argentino è il protagonista della prima frazione perché mette a referto una serie di parate sensazionali, e mette la ciliegina al minuto 43 quando ipnotizza Trezeguet dal dischetto. Nel secondo tempo l’Inter Miami prova a giocare con maggior qualità, e la modalità è quella nota a tutti: palla a Messi e poi si vede. Al minuto 63 tutto lo stadio trattiene il fiato per la punizione di Messi, l’argentino cerca la soluzione a effetto e spedisce la palla in rete. Peccato che la palla non giri abbastanza e si vada a incastrare nella parte esterna della porta, regalando soltanto l’illusione ottica di un grande gol. Nel finale emerge anche l’altro estremo difensore, l’egiziano El-Sheenawy, anche lui ben navigato grazie alle sue 36 primavere. Le sue parate chiudono la porta, e dove non arriva El-Sheenawy ci pensano i legni, come quello colpito all’ultimo istante da un tiro-cross di Messi. Finisce 0-0.
Nell’altra gara del girone Porto e Palmeiras giocano talmente a viso aperto che si devono arrendere a uno 0-0 che suona come un oltraggio al calcio, per la mole di occasioni avute da entrambe le squadre. Due gemme per parte, Estêvão per i brasiliani e Rodrigo Mora per i portoghesi, ma le due squadre presentano un parco giocatori talmente completo da poter andare in guerra e a una sfilata a Hollywood allo stesso tempo. Tante, tantissime, troppe, occasioni e in questo teatro emergono artisti incompresi, o magari talmente sconosciuti a sé stessi da essere perfetti per dominare la scena. È il caso del portiere del Porto, Claudio Ramos, provvidenziale con una serie di parate tanto efficaci quanto qualitativamente orrende. Il Palmeiras ai punti meriterebbe almeno un gol, ma il palo e le parate sconsiderate di un Ramos in giornata di grazia non cambiano il risultato. Anche l’altra gara finisce 0-0.
Seconda giornata:
- Palmeiras-Al-Ahly
- Inter Miami-Porto
GIRONE B
Atletico Madrid, Botafogo, PSG, Seattle Sounders
Dopo aver schiantato l’Inter in finale di Champions League, il Paris Saint-Germain arriva al Mondiale per Club con i favori del pronostico. L’armata di Luis Enrique fa il suo esordio a Pasadena contro l’Atletico Madrid, al cospetto di un caldo torrido e ottantamila persone, a cui vanno aggiungi i sedici giocatori impiegati da Simeone nel corso della gara. Si prospettava come il match di cartello di questa prima giornata, e invece termina con un PSG che passeggia e domina per 4-0. Al momento i parigini viaggiano a una cilindrata nettamente superiore rispetto alla concorrenza, e anche senza due pilastri offensivi fondamentali, come Dembelé e Barcola, ci pensano gli altri diamanti che Parigi sta conservando, Fabian Ruiz e soprattutto Vitinha. Il centrocampista portoghese continua il suo mostruoso dominio del gioco e adesso si comincia a comprendere al meglio la sua leadership. Le altre due firme sono di Kang-In Lee e Mayulu, che in questo ultimo mese sta cercando di rinominare la celebre zona Cesarini. Per la banda del Cholo si mette subito in salita, anche se la qualificazione non sembra in discussione.

Foto: fifa.com
Nell’altro match i meno quotati Botafogo e Seattle Sounders regalano comunque un match intenso e spettacolare, vinto dai brasiliani grazie a due sigilli nel primo tempo. Il Botafogo va in vantaggio grazie a un colpo di testa dell’altissimo Jair Cunha (1.98m), poi raddoppia con un’altra incornata, questa volta del centravanti Igor Jesus. Nel secondo tempo gli statunitensi accorciano le distanze con Roldan, e nel rush finale sfiorano più volte il pareggio, ma il Botafogo decide di affidarsi a due, non troppo vecchie, meteore della nostra Serie A come Arthur Cabral e Joaquin Correa. Il risultato non cambia, anche se il Tucu sfiora subito il primo gol con la maglia del Fogão, stoppato da un grande intervento del portiere Frei. Successo che può rilanciare il Botafogo, che può approfittare della pesante sconfitta dell’Atletico Madrid, a patto che non si arrendano anche loro a un’imbarcata dai parigini, che negli ultimi tempi sembra l’unica soluzione percorribile.
Seconda giornata:
- Paris Saint-Germain-Botafogo
- Seattle Sounders-Atletico Madrid
GIRONE C
Auckland City, Bayern Monaco, Benfica, Boca Juniors
Sulla carta sarebbe il girone più equilibrato del Mondiale, ma dopo la gara del Bayern Monaco ovviamente questa analisi va rivisitata. Contro i dilettanti dell’Auckland City i bavaresi non vanno per il sottile, confermando la freddezza e il cinismo che distingue il tedesco medio: termina 10-0, sei a zero all’intervallo. Troppa la differenza tra le due squadre per buttare giù una qualsiasi cronaca, anche se le storie extra-calcistiche dei dilettanti di Auckland sono manna dal cielo per le pagine romantiche di calcio. Il campo però non lascia spazio a interpretazioni: neozelandesi con un 5-5-0 non troppo compatto, i bavaresi lasciano Neuer in mezzo al campo a riscaldarsi seduto sul prato di Cincinnati e nel frattempo disintegrano la porta di Tracey, che nella vita fa il magazziniere. Qualificazione praticamente ipotecata, anche se adesso comincia a tutti gli effetti il mondiale di Kompany e…company;

Foto: fifa.com
L’equilibrio del gruppo C è rappresentato da Boca Juniors e Benfica, che scendono in campo all’Hard Rock Stadium di Miami. Senza troppi indugi è una delle partite più belle del primo turno di match. Ruvido, qualitativamente entusiasmante e ricco di calcio e calci, come impone la tradizione. Il Benfica sembra essere favorito dopo i primi minuti, ma gli argentini in dieci minuti mettono in scena tutto il loro calcio: vantaggio di Merentiel su assist di Blanco, che si concede il lusso di un tunnel prima del pallone per l’attaccante argentino, e raddoppio su palla inattiva con la testata vincente di Battaglia. Prima dell’intervallo il Boca completa il proprio manifesto sudamericano, quando a ridosso dell’intervallo il Benfica conquista un rigore per un calcio di Palacios su Otamendi. L’arbitro va al VAR e Ander Herrera -uscito anzitempo per infortunio- decide di farsi espellere per proteste. Di Maria accorcia le distanze dal dischetto e al rientro dagli spogliatoi Bruno Lage alza i toni dell’attacco con Belotti. L’ingresso del “Gallo” è agonisticamente impattante, forse troppo, perché al minuto 72 Belotti viene espulso per un calcio alla nuca di un avversario. La partita è tesa come una corda di violino, lo spettacolo ha lasciato spazio a un’intensità che sembra più da finale dei mondiali, che da fase a gironi, e parlando di mondiali non può che emergere un argentino, anche se veste la maglia del Benfica. Otamendi si stacca sul primo palo, impatta violentemente la sfera e pareggia la partita. Prima del triplice fischio c’è ancora tempo per un ultimo assaggio di calcio selvaggio, offerto da Figal: pestone da ergastolo sullo stinco di Florentino e cartellino rosso diretto. Finisce in parità, e il cammino di Boca e Benfica passerà dalla gara contro Auckland, in cui servono tanti gol per la differenza reti.
Seconda giornata:
- Bayern Monaco-Boca Juniors
- Benfica-Auckland City
GIRONE D
Chelsea, Esperance Tunis, Flamengo, Los Angeles FC
Il gruppo D diventa subito di dominio di Chelsea e Flamengo, come da pronostico. I londinesi cominciano la propria competizione contro il Los Angeles Fc di Giroud (inizialmente in panchina) e Lloris, e vincono con qualche difficoltà grazie a un gol per tempo. Forti del successo in Conference League, Maresca schiera la miglior formazione per evitare di incappare in qualche inconveniente in stile Italia a USA94′. La gara comincia con un colpo d’occhio agghiacciante, con le tribune dello stadio di Atlanta semi-vuote. Per fortuna gli spalti si riempiono leggermente nel corso della gara, e il Chelsea ingrana anch’esso alla distanza, per poi vincere senza evidenti fatiche. Il vantaggio è siglato da un ottimo Pedro Neto, frizzante nella fascia destra fin dall’inizio, incontenibile per il lussemburghese Chanot. Nel secondo tempo fanno il loro esordio in maglia Blues i due nuovi acquisti, Essugo e Delap, mentre sponda L.A. entra Giroud. L’ingresso del francese alza notevolmente il peso dell’attacco statunitense, e la difesa del Chelsea comincia a concedere qualche occasione, poi però viene fuori nuovamente il livello tecnico della banda Maresca, che chiude i discorsi a dieci dal termine. Delap pennella un ottimo cross in mezzo, Enzo Fernandez si avventa sulla sfera e mette il sigillo finale. Non un esordio da sogno per il Chelsea, che riesce comunque a conquistare i tre punti che gli servivano. La qualificazione è un duello con il Flamengo, prossimo avversario dei Blues. Occhio però a considerare fuori dai giochi il Los Angeles FC.

Foto: fifa.com
Nell’altro match il Flamengo fa il suo esordio in grande stile contro l’Esperance Tunisi. La differenza tecnica tra le due squadre è evidente, ma i brasiliani giocano un gran match sotto ogni punto di vista. Sigla il vantaggio uno dei simboli del Fla, il fantasista uruguaiano De Arrascaeta. L’ex Fiorentina Pedro ha l’occasione per raddoppiare, ma decide che per il momento non è il caso di segnare. La formazione del Flamengo è un’ode alla nostalgia calcistica, data la vasta presenza di ex Serie A come Pulgar, Gerson, Pedro e il nuovo arrivato Jorginho. Nel secondo tempo è proprio Jorginho a mettersi in mostra, grazie a un filtrante no-look verso Luiz Araujo, che aggiunge il suo tocco di classe con un mancino a giro che si insacca alle spalle del portiere Ben Said. Nell’Esperance Tunisi, a parte un’ottima presenza di tifosi nelle tribune, da segnalare una delle figure più pittoresche di questo mondiale, l’attaccante Rodrigo Rodrigues.
Seconda giornata:
- Flamengo-Chelsea
- Los Angeles FC-Esperance Tunisi
Calcio
Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.
Le scelte per l’ultima di Spalletti
Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.
ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui.
Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.
Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.
Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.
Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…
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