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Calcio

Notti europee: trionfi, cadute e sorprese tra le italiane

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Grafica: Tommaso Patti

Si chiude con una serata ricca di gol, emozioni, sorprese la prima League Phase di questa nuova Champions League. Una serata dai due volti per le italiane, con l’Inter che stravince in casa e chiude al terzo posto. Milan e Juventus perdono malamente e giocheranno i play-off. L’Atalanta gioca una gran partita a Barcellona, ma non riesce a entrare tra le prime otto.

Barcellona-Atalanta

L’ennesima grande prestazione della Dea non basta. A Montjuic l’Atalanta pareggia con il Barcellona e conclude al nono posto

Approccio coraggioso e volenteroso da parte dell’Atalanta dinanzi a una delle corazzate di questa Champions. La risposta degli uomini di Flick è la consueta: linea alta, pressing alto e possesso palla costante. In fase di pressione l’Atalanta riesce a mettere in apprensione la difesa catalana, merito soprattutto del pressing isolato di Pasalic sui riferimenti. Al decimo minuto Balde e Szczesny sventano un potenziale autogol, percussione laterale di Zappacosta e cross teso dentro l’area piccola, chiusura dei due giocatori blaugrana. Il primo squillo del Barcellona porta la firma di Yamal, mancino a giro che spaventa la porta di Carnesecchi. Sono i due sussulti che stappano definitivamente il match: due giri d’orologio e Retegui si getta in profondità, calcia subito in diagonale e costringe Szczesny all’intervento in tuffo. Il canovaccio tattico dell’Atalanta è chiaro: non lasciare troppo spazio alla squadra di Flick, e cercare di allargare le maglie dei difensori blaugrana per attaccare ferocemente lo spazio con Retegui e De Ketelaere. Tutte le occasioni della prima frazione portano il sigillo dell’Atalanta, il Barcellona non forza la mano, se non con qualche sussulto di Yamal, e gioca di rimessa. Al 35′ Zappacosta trova il vantaggio con il destro, conclusione a giro dopo un rimpallo scaturito da De Ketelaere e Eric Garcia, rete annullata per un leggero fuorigioco dell’esterno italiano. Al rientro dagli spogliatoi il Barcellona trova il vantaggio: in contropiede Yamal supera Carnesecchi in uscita, mantiene a distanza Kolasinac e insacca a porta vuota. La risposta della Dea non tarda ad arrivare, anch’essa in contropiede: Pasalic porta palla, si allarga verso sinistra e incrocia verso destra, conclusione debole ma che Szczesny è bravo a sventare perché con le mani allontana la palla dai piedi di Retegui, pronto a colpire in ribattuta. Gasperini è costretto a inserire Scalvini al posto di Kolasinac, uscito malconcio dopo i dieci minuti di fuoco di Lamine Yamal. In contropiede l’Atalanta si scopre vistosamente, all’ora di gioco Lewandowski in scivolata non riesce a spingere il pallone dentro la porta. Carnesecchi nega la doppietta a uno scatenato Yamal, che cerca la soluzione con l’esterno -suo marchio di fabbrica. A rimettere -meritatamente- la gara in equilibrio ci pensa Ederson. Al 66′ il brasiliano riceve l‘assist al limite dell’area di Zappacosta, destro-sinistro per saltare Gavi e conclusione potente dove Szczesny non può arrivare. Flick adopera un triplo cambio, regalando minuti preziosi per Fermin Lopez, Cubarsi e Ferran Torres. Al 71′ i catalani si riportano avanti su calcio d’angolo: dalla bandierina Yamal cerca il secondo palo, Araujo viene lasciato solo dai difensori bergamaschi e di testa batte un incolpevole Carnesecchi. Gasperini risponde a tono con le staffette sugli esterni (Cuadrado e Ruggeri per Bellanova e Zappacosta) e il cambio tra Retegui e Zaniolo. Ancora una volta le sostituzioni portano una linfa nuova, che la Dea sfrutta subito per pareggiare la partita: cross bellissimo di De Roon in avvitamento, Pasalic toglie il pallone dalla disponibilità di Koundé e in scivolata trova il gol del meritato 2-2. Un pareggio che dimostra ancora una volta la consapevolezza della squadra di Gasperini. Al cospetto della corazzata Barcellona, la Dea non sfigura e torna a Bergamo con un’altra grande prestazione, ma con il rammarico di non esser riuscita a consolidare la settima posizione. La nona posizione nella classifica generale costringe l’Atalanta ai play-off, e l’avversaria verrà scoperta venerdì dal sorteggio. Il Barcellona conclude con il miglior attacco la sua League Phase, e manda un segnale forte alle avversarie per la vittoria finale.

Juventus-Benfica (A cura di Marco Rizzuto)

I bianconeri deludono e crollano in casa col Benfica

L’avvio allo Stadium è di fuoco, al primo minuto Di Maria salta secco McKennie per poi crossare verso Pavlidis che, non arriva alla conclusione per pochi millimetri. La Juventus risponde subito sfiorando il gol con Mbangula, il belga di testa trova la porta sul traversone di Conceicao ma risponde attentamente Trubin. Al 13′, Thiago Motta è costretto a mettere subito mano alla panchina, Kalulu dà forfait a causa di un problema muscolare, al suo posto Locatelli che torna a ricoprire il ruolo di difensore centrale dopo la sfida in Coppa Italia. Per la Juve il cammino si complica ulteriormente dopo pochi minuti, Pavlidis sigla la rete del vantaggio a favore dei portoghesi, battendo Perin da pochi metri dopo aver ricevuto l’assist di  Bah all’interno dell’area di rigore. Dopo i primi caotici venti minuti i ritmi calano, ma bianconeri faticano a trovare la fluidità necessaria in mezzo al campo, iniziano ad essere tanti i palloni persi e lo Stadium inizia a rumoreggiare. Sul finale Gatti perde un pallone sanguinoso in area e rischia di causare il 2-0 per i portoghesi, Perin riesce a compiere un miracolo da pochi metri, deviando in calcio d’angolo la conclusione di Pavlidis. Il primo tempo racchiude la sofferenza bianconera nella gestione del pallone, serve un cambio di rotta radicale nella ripresa per riprendere in mano le redini del match. La seconda frazione vede una Juventus molto più determinata e decisa alla ricerca del pareggio. All’ora di gioco Yildiz sfiora il gol calciando sull’esterno della rete dopo aver raccolto la sfera da Vlahovic. Per riaprirla Motta inserisce Koopmeiners e Nico Gonzalez, con la speranza di dare la scossa necessaria. Col passare dei minuti il secondo tempo diventa un monologo bianconero, ma continuano a mancare le occasioni nitide per mettere in discussione la porta inviolata di Trubin. Al 76′ l’estremo difensore ucraino compie un miracolo sulla girata di testa di Douglas Luiz sul cross di McKennie. Sebbene l’atteggiamento più propositivo, la Juventus continua ad essere inefficace sotto porta. All’82’ il Benfica raddoppia con Kokcu: il fantasista, dopo il velo di Akturkoglu, calcia dal limite bucando Perin. Dopo la rete dello 0-2 la Juventus getta la spugna. La gara volge al termine tra i fischi dello Stadium, con la Juve che termina ventesima nella classifica unica entrando ai playoff per gli ottavi di finale. L’avversaria dei bianconeri verrà svelata dal sorteggio di venerdì prossimo.

Inter-Monaco (A cura di Tommaso Patti)

Un super Lautaro sigilla il quarto posto. Che Inter a San Siro!

Per continuare la striscia di dodici vittorie di fila in Champions League e consolidare la posizione in classifica, Inzaghi decide di schierare i migliori undici per fronteggiare il Monaco, nonostante la sfida di domenica contro il Milan. Malgrado la netta differenza sulla carta tra le due squadre, Hütter e i suoi uomini iniziano la gara in maniera arrembante, lottando su ogni pallone e tenendo alta la linea difensiva, calando però di ritmo e personalità già dal terzo minuto di gara. Durante la prima azione manovrata dai nerazzurri nella trequarti avversaria, Thuram si procura un calcio di rigore sul contatto falloso di Zakaria ai danni del francese, successivamente punito dal direttore di gara con il cartellino giallo. Dal dischetto Lautaro Martinez sceglie la potenza piuttosto che la precisione, scelta che ripaga il capitano nerazzurro nonostante il tocco da parte dell’estremo portiere monegasco. Successivamente, i biancorossi non riescono a reagire al gol subito, uscendo subito dalla partita, i francesi commettono errori di marcatura e interventi fallosi, uno di questi fatali ai fini del risultato, a causa dell’espulsione di Mawissa per un fallo da ultimo uomo su Thuram, lanciato in solitaria verso la porta avversaria. Sul punto di battuta si presenta Dimarco, che calcia benissimo ma trova l’opposizione di Majecki, che si rifugia in calcio d’angolo. Il momento superlativo dell’Inter si riflette nella grinta dei singoli e nella bellezza del gioco collettivo, che trova il suo massimo splendore nell’occasione che porta la squadra di Inzaghi sul 2-0, rete nata dall’allontanamento del pallone da parte di Majecki, raccolto da Barella che successivamente innesca Lautaro al limite dell’area, la cui conclusione di prima termina in rete, sottolineando ancora di più il proprio stato di grazia dopo un periodo ricco di difficoltà. L’inferiorità numerica e il doppio svantaggio, costringe il Monaco ad effettuare un cambio immediato: l’uscita di Akliouche per Caio Henrique risuona come un tentativo disperato di Hütter per provare ad arginare (le finora) irrefrenabili avance nerazzurre. Dopo quarantacinque minuti di dominio nerazzurro, il ritmo si abbassa inevitabilmente ma la formazione di casa rimane sempre in possesso del pallino del gioco. Nei primi minuti del secondo tempo, l’Inter sfiora due volte la terza rete, con protagonisti Pavard e Barella, facendo i conti però con parecchia imprecisione e bravura da parte di Majecki. Con il risultato e il piazzamento sempre più sicuro, Inzaghi decide di inserire Arnautovic, Frattesi, Carlos Augusto e Darmian, cambi effettuati per far rifiatare i propri giocatori in vista del derby. Al 67′ minuto, sul tiro respinto ai danni di Mkhitaryan, Lautaro chiude definitivamente la partita, firmando con un tap-in, la sua prima tripletta nerazzurra in Champions League. Prima del triplice fischio, il Monaco oltre alla partita perde per infortunio Teze, mentre Inzaghi butta nella mischia il giovanissimo Giacomo De Pieri, all’esordio in prima squadra. Con il successo totale sul Monaco, l’Inter evita i play-off e accede direttamente e meritatamente agli ottavi di finale, concludendo il girone al quarto posto a quota 19 punti. Sconfitta pesante per il club monegasco, che chiude la Phase League in zona play-off.

Dinamo Zagabria-Milan

Nervosismo e tanta confusione. Un brutto Milan perde a Zagabria

La catena di sinistra rossonera è quella più attiva in avvio di gara. Theo Hernandez si spinge spesso in avanti e tutti i cross sono indirizzati sul primo palo,  dove Morata tenta l’anticipo sulla difesa schierata, e rocciosa, della Dinamo. I croati cercano di non sbilanciarsi nelle due linee, l’equilibrio e ciò che viene richiesto maggiormente da Cannavaro. Al 9′ Maignan blocca una conclusione debole di Ademi, destro al volo da posizione molto ravvicinata. L’occasione del centrocampista macedone è solo l’antipasto, poiché il piatto viene servito al 18′: Gabbia incespica nel controllare un passaggio di Pavlovic, spiana la strada a Baturina che porta palla e con freddezza batte Maignan. Il Milan è visibilmente frastornato, cerca di appoggiarsi alle sgasate di Leao, spesso ingabbiato dai difensori croati, o maldestro e poco lucido nella transizione. Dall’altra parte il vantaggio non fa che favorire la gara voluta dalla squadra di Cannavaro, che cerca di mantenere il pallone nella maniera più lucida possibile, giocando in verticale per sfruttare una linea altissima voluta da Conceicao. Le difficoltà principali del Milan sono in fase di impostazione, dove Tomori (nell’insolita posizione di terzino destro, a causa dell’infortunio di Emerson Royal e la squalifica di Calabria) non riesce a essere pulito nelle giocate. L’unica conclusione del primo tempo rossonero arriva dai trenta metri, un mancino di Fofana con tanta forza ma nessuna precisione. La serata dei rossoneri si complica ulteriormente quando Musah commette una vera e propria ingenuità al 39′, l’americano ferma in maniera irregolare Stojkovic e riceve il secondo giallo della sua gara. Dopo un diverbio molto acceso con l’arbitro abbandona il campo, lasciando i rossoneri in dieci e sotto di un gol. La Dinamo gioca sul velluto, si divora un’occasionissima a due dall’intervallo: Kulenovic riceve palla in area, lasciato completamente da solo dai difensori rossoneri, vede l’uscita di Maignan ma non riesce a inquadrare lo specchio della porta. Conceicao decide di cambiare subito all’intervallo: Terracciano e Chukwueze al posto di Morata e Gabbia. Al 52′ il Milan rimette in equilibrio la gara, con il solito Pulisic: l’americano riceve palla, si allarga e calcia bene sul primo palo, la papera di Nevistic permette ai rossoneri di ritornare in partita, quarto gol in sette gare per Pulisic, sempre più trascinatore di questo Milan. L’equilibrio della squadra di Conceicao rimane sempre sottile, tre minuti dopo solo il fuorigioco nega alla Dinamo il nuovo vantaggio, firmato da Kulenovic. Anche nella ripresa i croati rimettono il muso avanti, all’ora di gioco Pjaca controlla il pallone con il destro, si porta la sfera sul mancino e incrocia benissimo sul secondo palo, gran gol per una delle vecchie conoscenze della Serie A. È un match folle quello del Maksimir di Zagabria, due minuti dopo Leao sguscia in mezzo ai difensori croati, viene steso da Nevistic e conquista il calcio di rigore. Dopo una revisione al VAR Letexier revoca il penalty a causa di una sbracciata di Leao nel corso dell’azione. Leao ci prova da fuori area con una rasoiata sul primo palo, attento Nevistic in tuffo. Okafor e Abraham entrano nel finale per cercare di pareggiare la gara, e lo svizzero sciupa una buona occasione da distanza ravvicinata, conclusione pessima del numero 17 rossonero. Nel finale la squadra di Cannavaro riesce a mantenere il risultato fino al termine. Un successo amaro per entrambe, poiché la Dinamo Zagabria conclude la propria League Phase al 25° posto, a una posizione dalla qualificazione ai play-off; Dall’altra parte il Milan gioca una gara nervosa, disordinata e con pochissime idee. L’ingenua espulsione di Musah ha messo ulteriormente in salita la gara e nemmeno il sigillo del solito Pulisic ha potuto evitare la seconda sconfitta “dell’era Conceicao”. La sconfitta del Maksimir getta fuori il Milan dalle prime otto, e adesso l’avversaria dei rossoneri verrà fuori dal sorteggio di venerdì.

 

Il Bologna conclude la sua esperienza europea con un pareggio in casa dello Sporting Lisbona. Apre la gara Tommaso Pobega, mentre nel secondo tempo i campioni di Portogallo rimettono in equilibrio la gara con il gol di Harder. Un percorso concluso in crescendo per la squadra di Italiano, che però non è riuscita a conquistarsi un posto tra le prime 24.

 

TUTTE LE SQUADRE QUALIFICATE

 (Le prime otto passano direttamente agli ottavi)
  1. Liverpool
  2. Barcellona
  3. Arsenal
  4. Inter
  5. Atletico Madrid
  6. Bayer Leverkusen
  7. Lille
  8. Aston Villa
  9. Atalanta
  10. Borussia Dortmund
  11. Real Madrid
  12. Bayern Monaco
  13. Milan
  14. PSV
  15. PSG
  16. Benfica
  17. Monaco
  18. Brest
  19. Feyenoord
  20. Juventus
  21. Celtic
  22. Manchester City
  23. Sporting Lisbona
  24. Club Brugge

Classe 2005. Studente in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Palermo. Amante del calcio fin da bambino, vivo ogni partita con la stessa passione del primo giorno. Aspirante giornalista con una passione per lo storytelling e gli editoriali.

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Calcio

Il Supercommento della 28 giornata di Serie A

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Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della ventiseiesima giornata di Serie A.

Cagliari-Genoa (A cura di Marco Rizzuto)

Il Cagliari spreca e il Grifone graffia, pareggio che sa di rimpianto.

L’anticipo del venerdì regala spettacolo e rammarico da entrambi i lati. Il Cagliari parte forte e domina nel primo tempo ma dorme nel secondo permettendo al Grifone di rimontare. All’Unipol Domus il Cagliari schiaccia sin da subito l’acceleratore, siglando il gol del momentaneo 1-0 al nono minuto con Piccoli. L’ex Lecce mandato in uno contro uno batte Leali sul secondo palo, ma la rete viene annullata per fuorigioco. Lo spirito offensivo dei padroni di casa non viene intaccato anzi.  Al quarto d’ora il legno su calcio di punizione di Coman nega il vantaggio. Poco più tardi il Genoa fallisce una clamorosa occasione sui risvolti di un calcio d’angolo, concedendo una sanguinosa ripartenza al Cagliari. Piccoli viene lanciato in profondità ma viene recuperato da Norton-Cuffy: i due si sfidano in un duello fisico con la punta che la spunta e riesce a servire una palla in verticale perfetta per la corsa di Viola che, in caduta sul mancino, riesce ad indirizzare sul secondo palo battendo Leali. L’Unipol Domus può finalmente festeggiare il tanto atteso vantaggio con la gara che sembra indirizzata verso la vittoria degli isolani. Alla mezz’ora però, Nicola è costretto ad effettuare il primo cambio della gara sostituendo l’infortunato Coman per una distorsione alla caviglia. Il primo tempo si riassume in un dominio dei padroni di casa che addirittura col rammarico di non essere sopra di due. Alla ripresa un lampo rimette tutto in parità: Miretti alza la testa e trova splendidamente Ekuban che, sgattaiola via dalla marcatura rivedibile di Luperto e imbuca per Cornet che deve solamente spingere in rete per riaccendere i giochi. Dopo il pari il Genoa prova a fare il colpaccio, ma l’incornata di De Winter finisce clamorosamente fuori, sprecando l’ottimo traversone di Martin. L’energia del Cagliari messa in gioco nel primo tempo è un lontano ricordo, come se i giocatori avessero lasciato la grinta negli spogliatoi. Il Genoa ne approfitta cercando di ricreare la stessa occasione del gol del pari per completare la rimonta, ma stavolta Caprile giocando d’anticipo riesce a spezzare l’assist di Zanoli -sempre per Cornet-. A dieci dal termine i padroni di casa tornano a creare in zona offensiva, ma il colpo di testa di Piccoli non trova la destinazione sperata dall’attaccante, terminando sul fondo. La gara termina in risultato di parità tra i fischi dei tifosi di casa che recriminano il mancato approccio al secondo tempo. Gli isolani dopo due sconfitte devono accontentarsi del pari, rimanendo ad una manciata di punti di vantaggio dalla zona retrocessione. Il Grifone d’altro canto, recupera una partita iniziata in salita blindando il dodicesimo posto della classifica.

Parma-Torino

Luci su Parma, Torino frenato sul 2-2

Al Tardini un buon Parma viene trascinato da Pellegrino e inchioda il Torino sul pareggio. Il match si apre il 18′ con un’occasione per i Ducali, che sugli sviluppi di un corner sfiorano il gol con la conclusione dalla distanza di Valeri. In pochi secondi il Torino reagisce in contropiede con Elmas, che piazza la sfera e porta in vantaggio i suoi con un colpo da biliardo, confermando il suo grandissimo momento di forma. Il macedone tenta di trovare il raddoppio al 30′ calciando dalla distanza, senza però avere successo. Allo scadere della prima frazione, una mischia selvaggia in mezzo all’area di rigore di Milinkovic-Savic fa tremare la squadra di Vanoli, che riesce a salvarsi. Nel secondo tempo la squadra di Chivu si sveglia e parte subito forte: al 60′, una palla vagante in area di rigore viene carpita da Mateo Pellegrino, che sigla il primo gol in Serie A. I Granata reagiscono prontamente e dopo pochi minuti trovano la forza di portarsi nuovamente in vantaggio, con Ché Adams che si infila e sfugge alla difesa del Parma battendo Suzuki. Tante emozioni, che ancora non sono finite. Con poche speranze rimaste, il Tardini continua a spingere i suoi giocatori e su situazione di calcio d’angolo, all’82’, Mateo Pellegrino svetta su tutti e trova nuovamente il gol del pareggio, condito dalla doppietta personale. Sulle ali di una nuova scoperta, Chivu continua a lavorare bene con un Parma che sembra in ripresa, mentre Vanoli lascia a Parma due punti che dovevano essere portati a casa.

Como-Venezia (A cura di Marco Rizzuto)

Gytkjaer sul finale mette ordine, il Como vanifica i tre punti

Il Como ingenuamente perde due punti contro un Venezia ferito e poco impattante. Lo scontro salvezza del Sinigaglia, strapieno per l’occasione, si inaugura con il calcio d’angolo battuto da Da Cunha. Il pallone preciso sul secondo palo viene impattato da Smolcic, lasciato totalmente solo. Radu in qualche modo si distende ed evita il gol grazie all’aiuto del palo. Nella prima mezz’ora si assiste ad un dominio dei padroni di casa che lasciano le briciole ai rivali del Venezia. A dieci dalla fine Butez viene chiamato per la prima volta in causa e risponde presente con una parata sulla conclusione al volo di Duncan, che per poco non trova un gol fantastico. La squadra di Fabregas continua a flirtare col vantaggio, questa volta con Nico Paz. Il giovane talento argentino calcia da lontanissimo mancando lo specchio di qualche centimetro. Nonostante il Como abbia maggior possesso il Venezia non rinuncia alla fase offensiva, in particolare alle ripartenze guidate da Oristanio. L’ex Inter taglia tutto il campo con un filtrante perfetto per l’inserimento di Duncan che spreca una grandissima occasione per stappare la partita. Il primo tempo si chiude sul risultato di 0-0, col Como che deve cercare di concretizzare maggiormente negli ultimi metri visto l’ottimo giro palla. La ripresa sorride ai padroni di casa. Ikone (subentrato per Strefezza), riesce ad auto lanciarsi grazie alla deviazione fortunata su Nicolussi Caviglia per poi calciare serrato sul secondo palo, inaugurando così un match che sembrava inchiodato sullo 0-0. Nonostante il vantaggio, il Venezia fa fatica a costruire nella metà campo avversaria, lasciando ai padroni di casa la manovra. Al 74′ Radu compie un doppio miracolo che tiene in vita i Lagunari: prima devia la conclusione di Ikone praticamente da due passi, poi in tuffo riesce a smanacciare sul colpo di testa a botta sicura di Goldaniga. Allo scadere, quasi come un fulmine a ciel sereno, Smolcic aggancia Carboni in area di rigore e l’arbitro senza esitare indica il dischetto. Dagli undici metri Gytkjaer toglie le ragnatele dall’incrocio destro firmando la rete del pareggio che regala al Venezia una speranza per la corsa salvezza.

Lecce-Milan (A cura di Dennis Rusignuolo)

Capitan America salva il Milan in Salento, Pulisic guida la rimonta sul Lecce

Confermata la rivoluzione tra le file del Milan: Bondo fa il suo esordio in maglia rossonera, mentre Conceição lascia inizialmente in panchina João Félix, Leão e Fofana. Giampaolo ritrova Pierotti e Helgason dal primo minuto. La gara si accende subito, dopo quaranta secondi, con il vantaggio rossonero: magia Pulisic su Guilbert, filtrante per Theo Hernandez, assist del francese verso Gimenez e Falcone bucato dopo nemmeno un minuto. L’entusiasmo del Via del Mare viene subito smorzato dal centro del “Bebote”, ma il VAR ravvisa la posizione di fuorigioco del messicano e la rete è annullata. Il ritmo è forsennato, il Lecce soffre la velocità e l’incisività delle fasce del Milan, ma trova subito lo spazio per colpire: incomprensione tra Reijnders e Alex Jimenez, Helgason ne approfitta e guida la ripartenza, filtrante verso Krstovic, movimento verso l’esterno e bolide con il destro dove Sportiello non può arrivare. Otto centri in campionato, torna a sorridere al Via del Mare il centravanti montenegrino (il cui ultimo gol in casa è datato dicembre 2024). Musah prova a rimettere subito in equilibrio la gara, movimento sgusciante tra difesa e centrocampo dell’americano e conclusione potente sul primo palo, ma Falcone è attento e respinge con le mani. La catena di sinistra sembra quella più vivace, con Guilbert che soffre terribilmente la posizione avanzata, e le sgasate costanti, di Theo Hernandez. Non è un pomeriggio fortunato per il Milan, a cui viene annullato un altro gol al quarto d’ora: cross teso di Theo sul primo palo, zampata decisiva di Gabbia, lasciato completamente solo dalla difesa salentina. Rete annullata per fuorigioco del difensore italiano al momento del cross di Hernandez, per mantenere vivo il calore del Via del Mare. Il Lecce continua a sfondare centralmente, Krstovic sciupa il raddoppio al 20′ con un mancino impreciso a porta vuota, conclusione che nasce dall’ennesimo pallone vagante su cui la difesa del Milan è poco lucida e reattiva, ed è sulla reattività che il Lecce cerca di affondare il colpo. Alla mezz’ora il Milan comincia ad alzare il baricentro e cresce sempre di più nella seconda fase del primo tempo. La squadra di Giampaolo cerca di ripartire sfruttando il lavoro di Krstovic, ma la pressione dei rossoneri non permette particolari incursioni. All’intervallo Conceição gioca subito la carta Leão, al posto di Alex Jimenez. Brutto primo tempo del giocatore spagnolo, su cui grava l’errore che ha spianato la strada al contropiede del Lecce in occasione del vantaggio. Nonostante il cambio, il copione tattico della gara rimane invariato, nessun cambio radicale di ritmo o intensità. Al 52′ Gimenez non riesce a colpire di testa, la palla rimane nei pressi dell’area piccola, il “Bebote” si costruisce lo spazio per calciare con il sinistro, pallone che colpisce in pieno il palo interno, a testimonianza del pomeriggio non proprio fortunato dei rossoneri. Giampaolo si muove in maniera strategica, sostituendo l’ammonito Berisha con Pierret, più dinamismo e centimetri in mediana. All’ora di gioco il Lecce riparte in contropiede, azione condotta da Krstovic, e sviluppata da sinistra verso destra, il passante di Pierret trova il Milan spaccato in due, Krstovic arriva al limite, chiude il destro verso il secondo palo e fa 2-0. Conceição, impassibile al momento del raddoppio salentino, inserisce subito João Félix e Abraham al posto di Gimenez e Bondo. Il Milan prova a rientrare in partita al minuto 68, Leão crossa forte verso il centro, João Félix arriva in corsa ma mastica la propria conclusione, la palla carambola nel parastinco di Gallo e termina in porta. L’asse Felix-Abraham sembra aver restituito verticalità al Milan, e la gara cambia subito inerzia. Tre minuti dopo Pulisic viene servito in area, sposta il pallone e viene steso da Baschirotto, con Doveri che indica subito il dischetto. Dagli undici metri Pulisic calcia forte sulla sinistra, Falcone indovina l’angolo ma non riesce a sputare fuori la conclusione perfetta dell’americano. Girandola di cambi da un parte e dall’altra: Conceicao ne cambia due (Fofana e Sottil al posto di Walker e Musah), Giampaolo risponde con Danilo Veiga e Ramadani al posto di Helgason e Pierotti. Nell’ultimo quarto di gara il Milan va all’assalto della porta di Falcone e trova subito il sussulto vincente: passaggio corto di Theo verso Leao, il portoghese disegna un cross verso il palo opposto, Pulisic attacca la porta alle spalle di Gallo e ribalta la partita. L’uomo della provvidenza, il trascinatore e leader vero dell’attacco rossonero, c’è tanto Pulisic in questa vittoria thriller del Milan in Salento. Una vittoria rabbiosa, una rimonta guidata dagli impulsi portati dai cambi e da un Pulisic in forma strepitosa. Il Lecce non è riuscito a mantenere il ritmo e la pulizia mostrata nella prima ora di partita. Una doppietta di un super Krstovic sembrava aver indirizzato la gara, ma a salvare la situazione è arrivato Capitan America Christian Pulisic. Lecce che rimane a distanza dalla retrocessione, e adesso ha l’obbligo di ripartire da quell’ora di gioco che aveva portato i salentini sul doppio vantaggio al cospetto dei più quotati rossoneri.

Inter-Monza (A cura di Tommaso Patti)

Rimonta per mantenere il primato. L’Inter rimonta il Monza nella ripresa

Dopo una prestazione di altissimo livello disputata al De Kuip di Rotterdam, l’Inter di Simone Inzaghi parte bene nella sfida contro il Monza, sprecando però molte occasioni da rete e concedendo diverse ripartenze agli avversari. La gara si dimostra sin da subito equilibrata, con l’Inter che riesce a battere quattro calci d’angolo nei primi 24 minuti, segno di una squadra che attacca bene l’aria avversaria. Proprio dagli sviluppi di un calcio d’angolo, i nerazzurri trovano il gol con Lautaro Martínez, a cui viene negata subito dopo la gioia del gol per precedente un tocco di mani avvenuto prima della conclusione terminata in porta. I primi squilli nerazzurri però non confondono il Monza, che risponde bene alle avance avversarie.
Dopo un’accurata revisione al VAR, il direttore di gara annulla la rete ai nerazzurri, che calano di concentrazione e subiscono qualche minuto dopo la rete dello svantaggio firmata Birindelli, azione nata proprio da una giocata all’ex Pisa che viene mandato in porta dal geniale colpo di tacco di Dany Mota. Dopo il danno l’Inter subisce anche la beffa, infatti al 44′, una magia di Keita Baldé manda il Monza in paradiso con una conclusione bellissima dell’attaccante senegalese che vale il raddoppio agli uomini di Alessandro Nesta. Nonostante i due goal subiti, l’Inter sa dell’importanza della sfida e riesce a reagire immediatamente trovando la rete che dimezza lo svantaggio nel primo dei due minuti di recupero grazie alla rete di Marco Arnautović, che arriva dopo un cross di Mkhitaryan e una sponda di testa di Dumfries. Anche nella ripresa, i nerazzurri partono a mille, provando a rimediare alla sbandata avvenuta nel primo tempo assediando l’area di rigore avversaria, riuscendo a trovare il meritato gol del 2-2 grazie all’assist del neo entrato Bisseck, lucido nel non calciare in porta e servire prontamente Çalhanoğlu, autore di un grandissimo gol dalla lunga distanza. Nei minuti successivi alla rete del centrocampista turco, l’Inter va svariate volte vicina al terzo gol con Thuram, rete che non arriva per questione di centimetri, centimetri che poi saranno fondamentali nell’occasione del colpo di testa di Lautaro respinto da Turati sulla linea di porta, situazione che viene inizialmente letta come una prodezza dell’estremo difensore brianzolo, ma successivamente il direttore di gara ferma il gioco e assegna il gol ai nerazzurri grazie all’aiuto della Goal Line Technology. A pochi minuti dal fischio finale, Thuram va nuovamente vicino alla sua quattordicesima rete in campionato colpendo il palo da posizione ottimale. La rimonta sul Monza, regala all’Inter la possibilità di rimanere in testa alla classicità di Serie A in vista della super sfida contro l’Atalanta. Sconfitta che inguaia ancora di più i brianzoli, sempre più ultimi e a -10 punti dal diciassettesimo posto, occupato momentaneamente dal Parma.

Hellas Verona-Bologna

Italiano espugna anche il Bentegodi, Verona battuto in casa

Dopo una fase iniziale della partita condita da poche occasioni e possesso palla stabile da parte delle rispettive squadre, il Bologna la sblocca con un’azione personale da parte di Calabria, che serve nello spazio Odgaard, il quale sorprende la difesa veneta e spedisce la palla alle spalle di Montipò. L’ultimo squillo del primo tempo è del Bologna: Valentini calcola male il rimbalzo e lascia la strada spianata ad Orsolini che spreca scivolando. Il secondo tempo si apre con una super occasione per Odgaard servito da una grande palla in verticale di Ndoye, il quale porta L’estremo difensore veronese a compiere un autentico miracolo. Il Verona prova e riprova ad esporsi con una grande giocata di Suslov che serve Tengstedt vis a vis con Skorupski, autore di una grande parata che finisce in rete dopo la ribattuta dell’attaccante scaligero, in seguito annullata grazie alla decisione dell’assistente di Rapuano. Al 62′ Aebischer tenta la conclusione volante, che viene prontamente bloccata da Montipò. Appena sette minuti dopo l’Hellas rimane in dieci dopo l’espulsione per doppio giallo di Valentini. A tredici minuti dalla fine, il Verona cade definitivamente sulle spalle di colui che fino a quel momento l’aveva tenuto in vita: sul tiro di Cambiaghi, tutt’altro che irresistibile, Montipò compie un errore clamoroso e regala il gol vittoria al Bologna. Con orgoglio il Verona riesce a reagire quasi subito, con il gol di Mosquera che arriva a dieci minuti dalla fine ma che non riesce a svegliare definitivamente l’Hellas, alla fine sconfitto. Dopo questa vittoria il Bologna si tiene in corsa per l’Europa, mentre il Verona dovrà combattere ancora più duramente per la salvezza.

Napoli-Fiorentina

Colpo scudetto tinto di azzurro, Fiorentina battuta al Maradona

Il Napoli batte la Fiorentina e alza la voce in chiave Scudetto. Nella cornice di un Maradona gremito, la squadra di Conte parte immediatamente aggressiva, con un contropiede al nono minuto che mette Raspadori a tu per tu con De Gea, bravo nel respingere il tiro dell’attaccante azzurro. Dai piedi del solito Scott McTominay ha origine l’azione che porta al gol del vantaggio partenopeo. Un tiro dello scozzese, respinto dal portiere Viola, termina sui piedi di Lukaku, che non deve far altro che appoggiare in porta e gioire per il gol del vantaggio. Pochi istanti più tardi Raspadori tenta ancora la conclusione, respinta abilmente da De Gea, con la difesa della Fiorentina totalmente in balia dell’attacco di Conte. Dopo diverse clamorose occasioni per il Napoli, come la traversa di Di Lorenzo e la super parata di De Gea su Spinazzola, il primo tempo va a concludersi sul parziale di 1-0. Nel secondo tempo la storia non cambia e il Napoli continua ad attaccare fino a trovare il gol del raddoppio: sull’imbucata di Lukaku, Raspadori arpiona il pallone e lo insacca alle spalle di un impotente De Gea. Dal buio il lampo che fa riaccendere la Viola. Al 66′, dalla distanza, Meret viene battuto dalla meravigliosa conclusione di Gudmunsson, che riaccende le speranze della squadra di Palladino, la quale non riesce però ad uscire dal pressing partenopeo e si deve arrendere al risultato finale di 2-1. Il Napoli si tiene aggrappato al treno scudetto, sul quale, con un po’ più di lucidità, avrebbe potuto viaggiare quasi da solo, mentre la Fiorentina deve continuare a lottare per guadagnarsi un posto in Europa.

Empoli-Roma (A cura di Marco Rizzuto)

Il lampo di Soulé guida la scalata giallorossa, Empoli non pervenuto al Castellani

Ad Empoli Ranieri schiera il suo undici titolare facendo a meno del suo gioiello Dybala (a cui è stata concessa una giornata di riposo in vista dell’impegno di Europa League di giovedì), ma a brillare stavolta è bastato Soulé che ha portato alla vittoria i giallorossi con una rete lampo. Sotto i cori dei quattromila tifosi giallorossi presenti al Castellani, Soulé stappa la gara dopo 22 secondi dall’avvio: recupero giallorosso nella metà campo azzurra, Salah-Eddine al ridosso dell’area di rigore crossa in mezzo nella zona dell’argentino che, mette giù la sfera e calcia di prima bucando Silvestri con il suo sinistro. Della cura Ranieri ne hanno beneficiato tutti, soprattutto Soulé che ha lasciato alle spalle l’opaco inizio di stagione. L’Empoli dimostra carattere e prova a pareggiarla dopo pochi minuti con De Sciglio. L’ex Juve toglie palla a Salah-Eddine e si invola in solitaria impegnando Svilar che deve rifugiarsi in calcio d’angolo. I giallorossi divorano l’occasionissima del 2-0 al 21′ minuto, dove Pellegrini spedisce di poco al lato il pallone da una distanza in cui era più facile segnare che sbagliare. Ma la sfortuna per la Roma non termina qui, anzi è solo l’inizio di una serie di occasioni in cui la porta sembra stregata: a dieci dalla fine del primo tempo Soulé pesca in area di rigore Pellegrini con un lancio sul secondo palo. Il capitano giallorosso controlla la sfera in modo sensazionale e in caduta serve Shomurodov a tu per tu con Silvestri. L’attaccante Uzbeko però colpisce clamorosamente la traversa, vanificando un’occasione immensa. Dopo appena due minuti i giallorossi colpiscono un secondo legno, stavolta con Manu Koné. Il francese chiude una splendida triangolazione e si invola verso la porta, salta il portiere e conclude a botta sicura colpendo il palo in pieno. Nell’ultimo giro di lancette del primo tempo Silvestri si impone sul colpo di testa da pochi passi di Shomurodov impedendo il doppio vantaggio. L’Empoli chiude miracolosamente la prima frazione sotto soltanto di una rete, mentre la Roma si mangia le mani per il mancato raddoppio. Anche nella ripresa è la squadra ospite a dominare il pallino del gioco alla ricerca del gol che metterebbe in cassaforte il risultato. Al 60′ Pellegrini impegna Silvestri con un colpo di testa molto insidioso, l’estremo difensore risponde ancora presente deviando in corner. Nel terzo di gara rimanente i ritmi calano e la Roma preferisce gestire il possesso cercando di minimizzare i rischi per una vittoria di misura. Al novantesimo minuto dal rinvio lungo di Svilar, i giallorossi falliscono un’ennesima occasione per lo 0-2 con Dovbyk. Anche in questo frangente Silvestri è stato determinante. L’ucraino attacca benissimo la profondità e Baldanzi lo serve con un ottimo filtrante, al momento del tiro però, Silvestri in uscita copre benissimo lo specchio della porta deviando in angolo la conclusione del numero undici. Agli sgoccioli del recupero l’Empoli rischia di rovinare i piani della Roma, facendo rabbrividire tutta la panchina giallorossa: Sambia crossa in area da lontanissimo e trova lo stacco imperioso di Kouame che spedisce la sfera di qualche centimetro oltre il palo. Dopo questo brivido finale l’arbitro fischia la fine decretando la vittoria della formazione di Ranieri che prosegue la corsa all’Europa scavalcando la Fiorentina e andando a -4 dal Bologna sesto. Prova gravemente insufficiente per l’Empoli che stagna al diciottesimo posto a sole 22 lunghezze.

Juventus-Atalanta (A cura di Dennis Rusignuolo)

L’Atalanta stravince a Torino. In casa della Juventus, la squadra di Gasperini esonda con quattro gol e si rimette a caccia della vetta. Si fermano praticamente qui le speranze -poche- scudetto della Juventus, ampiamente contestata durante la gara e al triplice fischio. Clima poco sereno, non solo per la pioggia abbattutasi sull’Allianz Stadium, in casa Juventus

 

Lazio-Udinese (A cura di Tommaso Patti)

La Lazio fallisce il sorpasso e sbatte sull’Udinese

Il successo nei minuti di recupero contro il Viktoria Plzeň , regala alla Lazio l’euforia giusta per affrontare un Udinese in grandissima forma e imbattuta nelle ultime cinque gare di Serie A. Dopo ventidue minuti, la Lazio subisce una ripartenza che risulterà fatale ai fini del risultato: l’azione nasce da un contropiede gestito da Thauvin e Lucca, quest’ultimo protagonista di un liscio nel tentativo di calciare in rovesciata dopo una serie di rimpalli all’interno dell’area di rigore, terminati dalla finalizzazione del centravanti francese che regala il gol del vantaggio ai friulani. La reazione dei padroni di casa arriva alla mezz’ora, quando sul lancio di Romagnoli che taglia tutto il campo, Zaccagni scippa palla a Kristensen per poi calciare all’angolino, trovando però l’ottima opposizione in corner da parte di Okoye. Sugli sviluppi del calcio d’angolo battuto da Isaksen, Vecino spizza il pallone sul secondo palo, dove Romagnoli arriva prima di tutti trovando il gol del pareggio e la sua seconda rete di fila dopo la firma nell’andata di Europa League. A pochi minuti dal duplice fischio, la Lazio rischia di subire la seconda rete con Lucca, protagonista di una conclusione in girata che termina di poco a lato la porta difesa da Provedel. Il primo squillo della ripresa bianco celeste arriva dopo soli due minuti, quando sul cross a centro area di Noslin, Zaccagni reclama un calcio di rigore per un presunto contatto falloso di Kamara, giudicato regolare dal direttore di gara. Il finale di gara è caratterizzato da diversi sussulti da parte di entrambe le squadre, protagoniste di una serie di occasioni pericolose. La conclusione insidiosa di Noslin e il tentativo di incursione di Atta, sono le ultimi due azioni pericolose di una gara equilibrata, con molte occasioni ma con poca precisione nella finalizzazione finale. Un punto a testa per Lazio e Udinese, che rimangono in una posizione alta della classifica, riuscendo a mantenere alto il livello di una stagione al di sopra delle aspettative.

 

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Calcio

Quattro gol per ristabilire le gerarchie scudetto. Una super Atalanta schianta la Juventus a domicilio

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L’Atalanta stravince a Torino. In casa della Juventus, la squadra di Gasperini esonda con quattro gol e si rimette a caccia della vetta. Si fermano praticamente qui le speranze -poche- scudetto della Juventus, ampiamente contestata durante la gara e al triplice fischio. Clima poco sereno, non solo per la pioggia abbattutasi sull’Allianz Stadium, in casa Juventus.

Gasperini sorprende tutti con un cambio nei tre davanti: fuori De Ketelaere e dentro Cuadrado. Thiago Motta tiene fuori il grande ex Koopmeiners, non rinuncia a Gatti e Yildiz (recuperati dopo alcuni problemi fisici accusati negli scorsi giorni), per il resto stessi undici visti in campo contro il Verona.

Sotto una pioggia leggera ma costante, il ritmo della gara spicca per continuità e intensità. La gara ha un peso specifico enorme, e la pressione si evince da una serie di errori commessi da entrambe le squadre. Parte molto bene l’Atalanta, anche se il primo squillo è di Kephren Thuram: il francese, servito da McKennie, stoppa e calcia sfiorando la traversa. I nerazzurri rispondono subito con una bordata di Zappacosta, ma il pallone va fuori. La mossa di Gasperini risulta fondamentale nella lettura tattica della gara, perché la fascia destra, dove adoperano Bellanova e Cuadrado, riesce a mettere in serio affanno il duo Cambiaso-Nico Gonzalez. Cuadrado, accolto dai tanti fischi dei suoi ex tifosi, non permette al terzino italiano di spingersi in avanti, e la sua abilità nel nascondere il pallone crea più di qualche grattacapo alla Juventus, che cerca di trovare le contromisure nella gestione rapida e lucida del pallone. Quando la squadra di Thiago Motta riesce ad eludere il pressing bergamasco, arriva quasi sempre a ridosso dell’area di rigore, ma nell’ultimo passaggio manca killer instict e precisione. Alla mezz’ora l’episodio che accende la gara: la difesa bianconera respinge una punizione laterale dell’Atalanta, la palla torna da Lookman che rilancia subito in mezzo, Hien colpisce di testa e la palla impatta sul braccio di McKennie. Sozza indica subito il dischetto, il VAR si prende qualche minuto per rivedere l’episodio ma conferma il penalty, trasformato in maniera eccellente da Retegui. Conclusione forte e precisa dell’attaccante della Dea, al centro numero 22 del suo grandissimo campionato. Lo scossone al match è importante, e l’Atalanta cerca di giostrare il ritmo della gara a proprio piacimento, approfittando di una fase calante -sul piano dell’intensità- dei bianconeri. All’inizio dei due minuti di recupero l’Atalanta si trova in superiorità numerica in contropiede, Lookman porta palla fino al limite dell’area, approfitta del movimento indietreggiante e calcia forte verso la porta, Gatti devia la conclusione del nigeriano e permette al pallone di stamparsi sul palo. L’azione prosegue ed Ederson e Retegui cercano di calciare verso la porta, la difesa respinge e Lookman si trova nuovamente il pallone tra i piedi, il nigeriano calcia subito ma trova l’opposizione di Di Gregorio. L’estremo difensore bianconero è provvidenziale nel negare il doppio vantaggio prima a Lookman, e subito dopo anche a Zappacosta, che prova a spuntarla con una conclusione al volo da fuori area.

Entrambi gli allenatori modificano il proprio scacchiere all’intervallo: Gasperini sostituisce Cuadrado con Brescianini; Thiago Motta sostituisce Yildiz con Koopmeiners. Ex che entra ed Ex che esce. Dopo meno di un minuto l’Atalanta colpisce subito: brutto errore di Kelly in fase di possesso, la Juve è completamente squilibrata in mezzo al campo, la Dea va subito da Lookman, che cerca di anticipare la conclusione per evitare l’intervento di Gatti, Di Gregorio risponde, la riaggressione della Juve è pigra e De Roon insacca la sfera all’incrocio dei pali. Lo Stadium comincia a mugugnare, dopo i primi segnali lanciati al termine del primo tempo, la Juve non riesce a equalizzare l’intensità messa in campo dagli uomini di Gasperini, e Thiago Motta mette subito in atto una vera e propria rivoluzione: vanno fuori in tre (Nico Gonzalez, Gatti e Weah), dentro Mbangula, Alberto Costa e Kalulu. L’Atalanta si abbassa, comincia a concedere il palleggio nella propria trequarti alla Juventus e prova a rialzare subito il baricentro con l’ingresso di De Ketelaere al posto di Retegui, stremato dopo una gara giocata all’inseguimento dei difensori bianconeri. Quando la Dea trova spazio per attaccare la Juventus vede i fantasmi, e al minuto 66 il risultato cambia ancora: Kolasinac, autore di una serie di sgroppate negli ultimi minuti, si getta all’attacco dell’area di rigore dopo uno scambio con Zappacosta, arriva sul fondo, la palla sembra destinata a finire oltre la linea ma Kolasinac si inventa un assist di tacco verso Zappacosta, assist al bacio e conclusione rasoterra sotto le gambe di Kelly. La Juventus si è sgretolata nel corso della ripresa, l’Atalanta impone il suo gioco e non lascia prigionieri, nessun affanno nella pressione a tutto campo, tanta libertà nell’impostazione ma soprattutto nella ripartenza. Motta chiude i suoi cambi con Vlahovic, ma anche lui non contribuisce ad accennare a una reazione, piuttosto avvia l’azione per il 4-0 bergamasco: il serbo scivola al momento del passaggio, palla che arriva da Lookman, serie di finte con il corpo e destro potente verso la porta, questa volta la deviazione non si stampa sul palo, ma manda fuori giri Di Gregorio che è costretto a raccogliere il pallone dal sacco per la quarta volta. Nel finale lo Stadium comincia a svuotarsi ben prima del fischio finale, la protesta è ineccepibile nei confronti di una Juventus che cerca in tutti i modi di segnare un gol per rendere meno amaro un boccone che non vede il minimo sapore di zucchero. Carnesecchi al minuto 88 cala la prima, e unica, parata della sua gara, intervento strepitoso in tuffo su un colpo di testa ravvicinato di McKennie.

Si era accesa una speranza al triplice fischio contro l’Hellas Verona, un flebile sogno di rimonta scudetto, ma al cospetto della Dea la Juventus soccombe. L’Atalanta non gioca solo la migliore delle ultime partite, ma probabilmente cala la prestazione più dominante e intensa (considerando il blasone dell’avversario) dell’intera stagione. Un dominio schiacciante dal primo all’ultimo minuto, quattro gol in casa della miglior difesa dell’intero campionato, una carneficina che consente ai bergamaschi di arrivare al big match di domenica prossima, in casa contro l’Inter, con soli tre punti di distacco.

Si consumano nel prato grondante dello Stadium le idi di marzo bianconere. Una serata in cui non ha funzionato praticamente nulla, un k.o che adesso rischia di avere ripercussioni nel proseguo del campionato, in cui la Juventus è chiamata non solo a reagire, ma a conquistare punti fondamentali per allontanarsi da Bologna e Roma, che in questo momento sembrano andare a una velocità ben diversa rispetto alla squadra di Thiago Motta.

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Calcio

È morto Bruno Pizzul, storica voce del giornalismo sportivo italiano

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Celebre protagonista dei maggiori eventi calcistici italiani degli anni Ottanta, Novanta e Duemila, Bruno Pizzul è morto questa mattina all’ospedale di Gorizia. All’età di 86 anni, ne avrebbe compiuti 87 sabato, la leggendaria voce del giornalismo sportivo ci ha lasciati.

LA CARRIERA

Nato a Udine, comincia a muovere i primi passi nel mondo del calcio nella squadra parrocchiale di Cormons, poi nella Pro Gorizia. Di ruolo centromediano, Pizzul venne ingaggiato dal Catania nel 1958. Dopo la laurea in giurisprudenza, insegnò nelle scuole medie, nel frattempo la sua carriera da calciatore era finita in seguito a un brutto infortunio al ginocchio, ma gli anni 70′ gli regalano l’occasione della vita: la Rai.

Entra in Rai grazie al concorso nazionale per radio-telecronisti, aperto a tutti i giovani laureati del Friuli Venezia Giulia, e in pochi anni diventa la voce di riferimento per la radio-telecronaca nazionale. Per quindici anni Pizzul racconta tutte le gare delle squadre italiane in competizioni europee e non solo.

LE COPPE

La carriera di Pizzul è legata anche a numerose finali europee per club. Inconfondibile il suo approccio calmo e pacato alla telecronaca, tutti fattori che rendevano meticolosamente sensibile il racconto di partite dal peso specifico elevato.

Nel 1973 raccontò il successo del Milan in Coppa delle Coppe contro il Leeds United, mentre nel 1999 fu la voce delle vittorie della Lazio in Coppa delle Coppe e del Parma in Coppa Uefa. Ma il suo nome resta indelebilmente legato alla tragica finale della Coppa dei Campioni del 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, quando Juventus e Liverpool si affrontarono in una serata segnata dalla morte di 39 persone. Una telecronaca difficile, che Pizzul gestì con la compostezza e la sensibilità che lo hanno sempre contraddistinto.

L’ITALIA CHIAMÒ

A partire dal mondiale 1986, a Pizzul viene affidato l’incarico delle telecronache delle gare della nazionale. In passato aveva già commentato alcune gare degli Azzurri, prima e dopo il mondiale vinto dall’Italia nel 1982. A partire dal mondiale vinto da Maradona e compagni, Pizzul diventa uno dei volti, o meglio delle voci, di riferimento per il calcio italiano.

Fu la voce narrante delle leggendarie notti magiche di Italia 90′, iconico il suo “Robertobaggiooo” e la sua empatia nel racconto dell’ascesa di Totò Schillaci.

Era la voce del mondiale di Usa 94‘, raccontò il viaggio degli Azzurri di Arrigo Sacchi fino alla finale di Pasadena contro il Brasile. Sappiamo tutti come finì quella finale, sappiamo tutti in che modo Roberto Baggio calciò l’ultimo rigore, decisivo per mantenerci ancora in vita contro i brasiliani, ma pochi si ricordano le parole di Pizzul al termine della gara. Con sensibilità e compostezza, Pizzul riuscì a rendere il giusto omaggio a quella cavalcata azzurra. Al cospetto dei più quotati brasiliani, l’Italia si arrese solamente ai calci di rigore, mostrando “uno straordinario coraggio e temperamento. Hanno saputo controllare avversari più freschi”.

Pizzul continuò a raccontare i mondiali e gli europei degli anni 90, in cui gli Azzurri non riuscirono a competere per la vittoria finale, ma mantenne sempre quello stile composto e pacato, empatico oltre la media e sempre pulito ed educato. Concluse la sua avventura nel 2002, in seguito ad un’amichevole giocata a Trieste, nel suo amato Friuli, contro la Slovenia (persa per 1-0). La sua carriera da commentatore continuò in emittenti emergenti, alla ricerca di smalto per scalare le gerarchie della televisione, attraverso il commento di partite di Serie A.

IL GANDHI CON IL MICROFONO E LE CUFFIE

Ci lascia un pilastro della nostra storia calcistica. Il ventennio Ottanta-Novanta è stato probabilmente il più roseo del calcio italiano, per la quantità di squadre e giocatori celebri che hanno calcato i campi di tutta Italia e hanno portato in alto la nazionale nel corso dei mondiali. Pizzul è stato il denominatore comune di tutte queste storie, perché la sua voce ha accompagnato l’ascesa -e talvolta la caduta- di matti e miti che hanno scritto pagine indelebili della storia del calcio.

La sua voce rivoluzionò il modo di fare telecronaca in Italia e non solo. Il racconto diacronico della partita, le emozioni che essa suscita e tutta la narrativa che accompagna “ventidue scemi che rincorrono un pallone” venne stravolta dall’approccio sensibile, avvolgente e composto di Bruno Pizzul. Non sempre l’utilizzo estremo della voce è un sinonimo di coinvolgimento dell’ascoltatore/telespettatore, e Pizzul rappresenta l’emblema di questo movimento “silenzioso”, perché con un tono spesso basso ma profondamente ricco di termini semplici e diretti, riuscì a diventare il personaggio di riferimento per la radio-telecronaca sportiva d’Italia.

L’emozione non ha voce, così cantava un suo coetaneo nel 1999, ma siamo sicuri che Bruno Pizzul è riuscito non solo a dar voce al calcio, ma alle emozioni che il calcio trasmette.

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