Calcio
Il Supercommento della 9ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della nona giornata di Serie A.
Dopo uno spettacolare Derby d’Italia con otto reti ed il trionfo imponente della Fiorentina sulla Roma, va in archivio anche la nona giornata di campionato.
Udinese – Cagliari (A cura di Dennis Rusignuolo)
Nell’anticipo che ha aperto la nona giornata, i friulani ripartono dopo tre sconfitte nelle ultime quattro partite e interrompono la striscia positiva dei sardi, che non perdevano da quasi un mese. Rispetto al match di San Siro, Runjaic disegna il suo attacco sulle spalle dei due centravanti, Lucca e Davis, preferito a Iker Bravo. Il Cagliari si affida al blocco basso e alle ripartenze affidate a Piccoli e Gaetano. In avvio il pallino del gioco è in mano all’Udinese, che comincia a prevalere in mezzo al campo dove si manifestano le difficoltà della mediana rossoblù, con Makoumbou che commette un fallo da ammonizione dopo meno di cinque minuti. È il momento sliding doors del primo tempo – e della gara- perché il centrocampista viene preso d’assalto dalle incursioni di Lovric, favorite dai movimenti dei due attaccanti. Alla mezz’ora il Cagliari rimane in dieci uomini, perché Makoumbou stende Payero in campo aperto e conclude in anticipo la sua gara. Nicola ridisegna la sua squadra per ricompattare il blocco centrale, sacrificando Gaetano per Deiola, e dopo meno di un minuto i friulani trovano il vantaggio: cross di Kamara dalla destra per Lucca, che a centro area dall’alto dei suoi due metri non può che incornare imparabilmente. Nel secondo tempo l’Udinese rinforza vistosamente il centrocampo, cercando di tenere a bada le incursioni del Cagliari, che intanto prova a contare sull’imprevedibilità di Luvumbo e la ‘garra’ di Lapadula. Anche questa volta nel momento in cui Nicola mette manco alla panchina, i friulani riescono a trovare la via del gol, per un 2-0 che chiude il match: Al 78′ Davis riceve palla da Karlstrom, si beve Luperto e scaraventa un missile terra-aria sotto la traversa. Continua a sognare e scalare posizione l’Udinese, adesso a quota 16 punti. Le tre sconfitte nelle ultime quattro gare non hanno interrotto il percorso della squadra di Runjaic, che in attesa del rientro di Thauvin e Sanchez, si aggrappa alle spalle larghe di Lucca e Davis. Torna a perdere il Cagliari, dopo un mese in cui i sardi avevano collezionato due vittorie e un pareggio.
Torino – Como (A cura di Simone Scafidi)
Nell’anticipo del venerdì sera, il Torino di Vanoli torna vincere dopo quattro sconfitte consecutive tra campionato e Coppa Italia. Sin da subito, la squadra di Fabregas si mostra propositiva, senza avere paura di esporsi a viso aperto. Al decimo minuto Nico Paz crea la prima vera occasione della partita, sfruttando la sponda di Perrone calcia a giro sul secondo palo e impensierisce la difesa granata. Al 23’ Milinkovic-Savic deve salvare su Fadera, in seguito all’errore di un confuso Coco, che nelle ultime partite ha notevolmente abbassato il suo rendimento. Proprio Fadera sembra essere uno dei punti cardine della formazione comasca, che cerca sempre il numero sedici sull’out di sinistra, confidando nella sua velocità in progressione, che crea più di qualche grattacapo alla difesa di Vanoli. Il Torino preferisce compiere una prestazione più conservatrice, almeno fino al 50’, quando Sanabria, lavorando di fisico nell’area di rigore avversaria, riesce ad appoggiare per Ricci che calcia fuori di pochissimo. Sei minuti dopo il Toro sfiora il vantaggio con un’azione costruita alla grande, che si conclude con il colpo di testa di Lazaro salvato in maniera miracolosa da Audero. Nonostante una fase offensiva caratterizzata da grande lucidità e velocità, la squadra di Vanoli continua a barcollare nelle retrovie e il Como ne approfitta con Nico Paz, che al 61’ recupera il pallone in pressing su Vojvoda e serve Strefezza, il quale trova l’ottima risposta di Milinkovic-Savic, migliore in campo. Dieci minuti più tardi, il portiere serbo è costretto a compiere un altro (ed ennesimo) miracolo su una conclusione dalla distanza del solito Paz, che sembra impossibile da fermare. A quindici minuti dalla fine il Como compie un disastro in difesa: dopo l’anticipo di Goldaniga su Lazaro, che fa quasi l’ala offensiva, Braunoder appoggia in maniera troppo debole la palla all’indietro, regalandola praticamente al neo-entrato Njie, classe 2005, che salta Audero e insacca il pallone dell’1-0, segnando così il primo gol in Serie A. A tempo praticamente scaduto il Como tenta l’ultimo assalto, che termina con una conclusione al volo di Mazzitelli salvata ancora, incredibilmente, da un monumentale Milinkovic-Savic, autore dell’ennesima prestazione da fuoriclasse.
Il Torino torna a vincere dopo più di un mese, con una prestazione di sofferenza e grinta, con l’auspicio che possa riportare la squadra agli altissimi ritmi di inizio stagione. Numeri da record per i Granata: dall’inizio dello scorso campionato sono quindici i clean sheet casalinghi, più di qualsiasi altra squadra dei top cinque campionati europei, a pari merito con il Real Madrid.
Napoli – Lecce (A cura di Dennis Rusignuolo)
Questo Napoli non è ancora bello, ma è maledettamente granitico e cinico. Dopo l’1-0 di Empoli, i partenopei battono di misura anche il Lecce e scappano in vetta. Il Lecce ordinato e compatto, dopo la pesante sconfitta contro la Fiorentina, mette da subito il muro davanti a Falcone. Vie centrali intasate, il Napoli deve andare sulle fasce per cercare pericoli ma Neres e Ngonge -schierati dal 1′ al posto di Politano e Kvaratskhelia- non riescono a sfondare nell’uno contro uno. Le prime occasioni arrivano intorno alla mezz’ora: al 26′ Di Lorenzo raccoglie un tiro sbilenco di Olivera e insacca in porta, ma il VAR rammenta un fuorigioco e mantiene la parità. La risposta dei salentini arriva dalle teste di Baschirotto e Gaspar, e sono necessarie le mani di Meret -tornato tra i pali dopo tre partite- e la testa di Buongiorno a negare il vantaggio alla squadra di Gotti. Prima dell’intervallo Ngonge costringe Falcone al miracolo, con un mancino a giro dove è necessario un grande intervento in tuffo dell’estremo difensore italiano. Nel secondo tempo il Napoli piazza le tende nella metà campo avversaria, e il Lecce non riesce a uscire più. A inizio ripresa Lukaku si divora una buona occasione sparando alto dopo una bella sponda di Buongiorno. Conte inserisce Politano e Kvaratskhelia e ancora una volta riesce a cambiare il volto, e l’inerzia, della gara. L’assedio partenopeo arriva al culmine al minuto 73, quando McTominay schiaccia di testa un corner proprio di Politano, Falcone respinge ma il pallone rimane nei pressi dell’area piccola e Di Lorenzo si avventa per primo e stavolta la sua rete è regolare, per il vantaggio del Napoli. Da quel momento cresce il Lecce: Krstovic da lontanissimo spaventa Meret, Dorgu calcia a lato da fuori e poi ancora Meret sbroglia di pugno in uscita alta una situazione pericolosa. Tra i cori assordanti del Maradona il Napoli si gode la vetta in solitaria, conquistata ancora una volta con sofferenza ma con immenso cinismo. La rete del capitano Di Lorenzo, al terzo centro in campionato, permette a Conte di guardare tutti dall’alto, in vista del big match della prossima giornata, a San Siro contro il Milan. Il Lecce reagisce alla pesante sconfitta contro la Fiorentina, ma la reazione dei salentini non si tramuta in punti, e un attacco dalle polveri particolarmente inzuppate (3 gol in 9 partite) rende tutto più complicato per Gotti, chiamato a rialzare la testa nell’infrasettimanale contro il Verona.
Bologna – Milan (rinviata a data da destinarsi)
“Il Presidente della Lega Nazionale Professionisti Serie A, vista la delibera del Consiglio di Lega tenutosi in data odierna, in cui la Lega Serie A prende atto dell’Ordinanza del Sindaco di Bologna, che non consente la disputa, neanche a porte chiuse, della gara di Campionato di Serie A Enilive Bologna-Milan, in programma il giorno 26 ottobre 2024 alle ore 18.00, dispone il rinvio della stessa a data da destinarsi”.
Atalanta – Hellas Verona (A cura di Simone Scafidi)
Al Gewiss stadium l’Atalanta sbaraglia il Verona con punteggio tennistico: 6-1 agli Scaligeri e game, set e match per la squadra di Gasperini davanti ai propri tifosi. Ad aprire le marcature ci pensa De Roon, con la fascia di capitano al braccio, che piazza la sfera all’incrocio dei pali, in seguito ad un’azione confezionata alla perfezione dal solito, straripante, Ademola Lookman. Tre minuti più tardi, Retegui raccoglie un pallone vagante al limite dell’area e mette a segno il nono gol in campionato, battendo Montipó, che al 13’ si rende protagonista con una parata abbastanza complicata su Lookman. Qualche secondo dopo De Ketelaere cala il tris, con un eurogol all’incrocio dei pali, che azzera quasi del tutto le speranze del Verona, sotto di tre gol dopo appena tredici minuti. Circa alla mezz’ora si iscrive alla festa anche l’uomo chiave di questa Atalanta: Ademola Lookman. L’ala nigeriana, in seguito ad una progressione sull’out di destra, calcia in porta, riuscendo a trovare un spiraglio nella difesa dell’Hellas e siglando il gol del 4-0. Cinque minuti più tardi arriva la doppietta personale dell’ex Leicester, che sfrutta il velo di De Ketelaere sul cross di Ederson e insacca il quinto pallone della serata atalantina. Allo scadere della prima frazione di gioco spunta il primo (ed ultimo) raggio di luce della partita del Verona, grazie ad un gran gol di Sarr, che dai venti metri calcia di controbalzo sorprendendo Carnesecchi, autore di una gran parata pochi minuti prima, e spedendo il pallone all’incrocio dei pali. Nel secondo tempo l’Atalanta chiude il set con il secondo gol personale di Retegui, che raccoglie l’assist di De Ketelaere ed entra in doppia cifra, confermando quanto Gasperini sia sempre capace di far rendere al massimo i propri giocatori. Da qui in poi i bergamaschi allentano la presa e danno un po’ di respiro ad uno stremato Verona, riprendendo anche un po’ di fiato in vista dell’imminente turno infrasettimanale di campionato. L’Atalanta torna a vincere, dopo la piccola botta di arresto in Champions contro il Celtic, mentre il Verona subisce la seconda sconfitta consecutiva, dopo quella per 3-0 contro il Monza. La difesa scaligera fa acqua da tutte le parti, e in due gare le reti subite sono ben nove. Lo scontro diretto nell’infrasettimanale contro il Lecce sembra già decisivo per le sorti di Zanetti e del club veronese.
Parma – Empoli (A cura di Marco Rizzuto)
Il lunch match della domenica regala spettacolo ma nessun vincitore, sul finale Charpentier rimedia all’autorete di Coulibaly del primo tempo, dividendo la posta. Al Tardini si assiste ad un avvio scoppiettante, entrambe le formazioni iniziano ad allungarsi concedendo spazio ai terminali offensivi. La prima nitida occasione passa per i piedi di Man che scardina il pallone in area ad Ismajli e serve Bonny, il francese tenta il piazzato ma trova la reazione di Vasquez, attento in tuffo. Arrivati alla mezz’ora, il Parma lascia all’Empoli il pallino del gioco cercando di sfruttare in ripartenza le corsie laterali, ma la scelta si rivela sbagliata e dopo cinque minuti, l’Empoli passa avanti grazie all’autorete di Coulibaly che premia l’azione da manuale palla a terra degli ospiti: Colombo vede l’inserimento di Gyasi in area che serve con un traversone basso Fazzini, il pallone però viene carambolato in rete dal difensore crociato. Sul finale il Parma prova a spaventare con la traversa di Cancellieri allo scadere, chiudendo così un primo tempo complicato a causa del campo di gioco non al meglio delle condizioni. Alla ripresa, Pecchia richiama in panchina Man (molto sottotono) inserendo Charpentier e ridisegnando l’attacco. All’ora di gioco, il Parma sfiora il pari con la punizione dalla distanza calciata in modo impeccabile da Bernabè a cui si oppone uno strepitoso Vasquez, che si dimostra uno dei portieri più in forma del campionato. Col passare dei minuti il ritmo si abbassa progressivamente con gli ospiti che tentano di addormentare la partita. A dieci minuti dalla fine Charpentier firma la rete del pareggio, con un destro teso da centro area che batte Vasquez ed infiamma il Tardini nei minuti a finali. Poco dopo viene fischiato un calcio di rigore a favore del Parma, ma Bonny calcia sulla traversa mandando in fumo l’occasione dei tre punti. Nei minuti finali i padroni di casa assediano la metà campo dell’Empoli alla ricerca del gol vittoria che però non arriva, con il risultato che non premia nessuna delle due contendenti. Con questo terzo pareggio di fila i crociati muovono la classifica ma mancano l’appuntamento con la seconda vittoria in campionato. L’Empoli alza la testa dopo i k.o. subiti con Lazio e Napoli, scavalcando momentaneamente la Roma e conquistando il decimo posto della classifica.
Lazio – Genoa (A cura di Marco Rizzuto)
La Lazio di Baroni si impone per 3-0 contro un Genoa in crisi di vittorie: All’Olimpico i biancocelesti vanno leggermente in affanno in avvio per via del feroce pressing rossoblù ma trovano la rete del vantaggio al 21’ grazie all’ottima azione personale di Noslin che in area sterza e trova lo spazio per concludere a rete bucando Leali con un tiro rasoterra imprendibile. ll risultato rimane in equilibrio per tutto il primo tempo. Alla ripresa il neoentrato Norton-Cuffy si rende protagonista di un’importante falcata per poi calciare verso la porta impegnando Provedel. Nonostante lo svantaggio il Genoa ha iniziato il secondo tempo con il piglio giusto alla ricerca del pareggio, ma tardano ad arrivare occasioni nitide per gli attaccanti del Grifone. All’ora di gioco la Lazio torna a bussare alla porta avversaria, Castellanos scappa dalla marcatura di Norton-Cuffy e da posizione defilata calcia tra le gambe di Leali che riesce a trattenere la sfera. In questo secondo tempo vediamo un Genoa abbattuto ma non affondato completamente, alla ricerca del gol del pari per riaccendere la gara. La Lazio d’altro canto non si fida di un solo gol di vantaggio e, tenta di chiudere i giochi. Nelle battute finali i ragazzi di Baroni trovano il gol che mette in cassaforte la vittoria a pochi minuti dal termine. La progressione iniziata da Tchaouna e proseguita da Castellanos si conclude con il cross basso che viene sporcato da Leali, sul quale però piomba Pedro che insacca a porta vuota siglando il suo secondo gol in campionato. Sulle ali dell’entusiasmo la Lazio trova più facilmente la porta approfittando di un Genoa ormai rassegnato. Difatti i padroni di casa calano il tris grazie alla testata vincente di Vecino sull’ennesimo assist di Nuno Tavares (primo assistman nei top campionati europei). Con questi tre punti ampiamente meritati la Lazio vola al quinto posto agganciando l’Atalanta. Il Grifone resta in zona retrocessione al diciottesimo posto diventando la peggior difesa di questo campionato fino ad oggi.
Monza – Venezia (A cura di Marco Rizzuto)
Luci e ombre all’U-Power Stadium, il Monza di Nesta riacciuffa due volte il Venezia, con entrambe le squadre che si accontentano di un punto. Dopo un quarto d’ora senza particolari emozioni il Venezia passa avanti grazie alla conclusione di Ellertsson. L’islandese completamente lasciato libero controlla il pallone servito da Oristanio e conclude mettendo il pallone all’incrocio dei pali. Nonostante l’ottimo avvio del Venezia, il Monza pareggia subito i conti con la rasoiata di Kyriakopoulos che si insacca nell’angolino basso di destra dopo essere stato servito dall’assist di Pedro Pereira. A sei minuti dalla fine del primo tempo il Venezia torna a riproporsi in zona offensiva con Oristanio che viene atterrato sulla fascia da Pessina. Dalla punizione si genera il gol del momentaneo vantaggio: alla battuta Andersen mette in mezzo un traversone da manuale per l’incornata vincente di Svoboda che salta più in alto di tutti e batte Turati. Il Monza continua a crederci e a pochi istanti dalla fine del primo tempo ritrova nuovamente il pari grazie a Djuric che arriva sul pallone filtrante di Kyriakopoulos, e buca Stankovic sul primo palo. Il primo tempo si chiude con un botta e risposta di un sontuoso 2-2, risultato che regala spettacolo ma evidenzia le grandi lacune difensive di entrambe le squadre. Alla ripresa calano drasticamente i ritmi e si gioca un calcio più lento e ragionato. In cinque minuti Bondo prende due gialli, lasciando in dieci i suoi compagni all’80’. Sebbene l’uomo in più, i lagunari non approfittano del vantaggio ed il match termina in parità. I padroni di casa evitano la sconfitta ma non si allontanano dalla zona retrocessione, mentre i ragazzi di Di Francesco salgono a quota cinque punti agganciando il Lecce, entrambi sul fondo della classifica.
Inter – Juventus (A cura di Dennis Rusignuolo)
Il primo derby d’Italia di questo campionato regala una pioggia di gol e spettacolo senza precedenti. Dopo un primo tempo pirotecnico, lo show prosegue nel secondo tempo con i nerazzurri che si portano sul doppio vantaggio e vengono rimontati dalla doppietta di Yildiz. Match dell’anno?
Fiorentina – Roma (A cura di Simone Scafidi)
Dopo un Derby D’Italia al cardiopalma e, a livello di emozioni, difficile da superare, Fiorentina e Roma chiudono il nono turno di Serie A, con una sfida che dovrà dare conferme e chiarire molti punti ancora non chiari nella testa di Palladino e Juric.
LA TOP 11 DELLA 9ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala
Calcio
Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.
Le scelte per l’ultima di Spalletti
Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.
ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui.
Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.
Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.
Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.
Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…
Calcio
Tracollo Azzurro in Norvegia, a Oslo termina 3-0. Mondiale subito a rischio?

Disastro Azzurro sotto la pioggia di Oslo. L’Italia cade rovinosamente contro la Norvegia e complica subito il proprio percorso verso il mondiale. Ancora una volta gli Azzurri subiscono tre gol nel primo tempo, e nel secondo tempo non riescono a reagire.
La formazione degli Azzurri è ritoccata in quasi ogni reparto, principalmente in difesa dove mancano quasi tutti i centrali regolarmente utilizzati dal c.t. La scelta di Spalletti è l’esordiente Diego Coppola al centro della retroguardia, affiancato da Di Lorenzo e Bastoni. Sugli esterni giocano Zappacosta e Udogie, mentre in avanti ancora una volta giocano Retegui e Raspadori.
Nei primi minuti l’Italia prova a gestire il possesso del pallone, cercando di sfruttare anche la velocità di circolazione della sfera grazie alla pioggia che si abbatte su Oslo. I norvegesi sono uniti e compatti, e il blocco disegnato da Solbakken non lascia particolari spazi agli Azzurri. Fin dalla vigilia tutta l’attenzione mediatica si è concentrata sul potenziale duello Coppola-Haaland, ma nessuno ha preso in considerazione gli altri due attaccanti della Norvegia. Già, perché fin dal primo scatto in avanti, la sensazione è che sia Nusa da una parte, che Sorloth dall’altra, siano un pericolo di gigantesca dimensione per i difensori italiani. Al primo affondo la Norvegia va in vantaggio: Nusa è un treno sulla fascia sinistra, il classe 2005 si accentra e trova un gran passante alle spalle dei difensori azzurri, Sorloth raccoglie l’invito, si presenta davanti a Donnarumma e lo batte in uscita. Vantaggio per i padroni di casa, e la gara si mette subito in salita. Ed è una strada che diventa sempre più insormontabile, perché gli affondi dell’Italia, principalmente dei lanci lunghi verso Retegui, sono preda facile dei due pilastri difensivi norvegesi, Heggem e Ajer, ed è sui centimetri dei propri giocatori che la Norvegia trova grandi spazi e vantaggi per colpire un’Italia che non sembra particolarmente in giornata. Il più ispirato di tutti è sicuramente Antonio Nusa, e dopo aver regalato un grande assist per il vantaggio, mette anche il suo sigillo a un primo tempo a senso unico. Minuto 34, rinvio di Nyland verso Thorsby che controlla agevolmente la sfera, a causa di una marcatura leggera di Rovella, la palla rimane vicino al giocatore del Genoa e diventa di possesso di Nusa, serpentina tra Rovella e Di Lorenzo e destro potente alle spalle di Donnarumma. Una rete meravigliosa di una gemma assoluta della scuola calcistica norvegese, che sta seminando il panico tra le maglie azzurre. Il primo tempo è unicamente a tinte rosso e blu, i colori della Norvegia, e i ragazzi di Solbakken trovano anche il terzo sigillo di giornata, con la stessa giocata che l’Italia sembra non riuscire a leggere: la palla in verticale tra i due difensori. A due minuti dall’intervallo Tonali perde palla in mezzo al campo, Odgaard porta palla e pesca il taglio di Haaland tra Coppola e Bastoni, il bomber del Manchester City è solo davanti Donnarumma e non ha particolari difficoltà nel superare il capitano azzurro e depositare in rete il pallone del 3-0.
Dagli spogliatoi Spalletti sceglie Frattesi al posto di Rovella, uno dei giocatori più in difficoltà sul piano fisico. Anche Solbakken effettua un cambio, con Berg che sostituisce l’ammonito Thorsby. Nessun cambio di modulo, stesso schieramento con il solo cambio in regia, con Barella che viene arretrato in cabina di regina. Non cambia di una virgola il copione della partita, e questo è un pessimo scenario per l’Italia, che non riesce a sviluppare una manovra offensiva degna di nota. Retegui è sempre isolato tra i giocatori norvegesi, e ogni cross è preda facile dei difensori di Solbakken. Al 65′ i padroni di casa vanno vicini addirittura al poker, con uno schema che parte dalla bandierina e termina dall’arcobaleno a giro di Berge, destro di prima intenzione che colpisce in pieno il palo. Verso il settantesimo arrivano le prime vere mosse dei due allenatori, perché Solbakken sostituisce Heggem con Ostigard, ma Spalletti rinfoltisce -finalmente- l’attacco: vanno fuori Zappacosta e Retegui, e al loro posto entrano Orsolini e Lucca. Appena entrati nell’ultimo quarto di gara l’Ullevaal Stadion si sfrega le mani per riservare la meritata standing ovation ad Antonio Nusa, sostituito da un altro gioiello della nuova scuola norvegese, Oscar Bobb. Applausi scroscianti per l’ala del Lipsia, sicuramente il migliore in campo per la qualità messa in campo e per l’incisività avuta, con un gol e un assist. Gli “olè” del pubblico norvegese al possesso ipnotico, e gli applausi al pressing asfissiante, sono le due diapositive del finale di partita, in cui l’Italia non solo non alza il baricentro, ma rischia di concedere altri corridoi ai padroni di casa, che non hanno assolutamente intenzione di fermarsi. Il primo tiro in porta dell’Italia arriva al secondo minuto di recupero, un colpo di testa di Lucca su cui Nyland non ha problemi, intervento plastico per i fotografi e prima parata della sua gara.
Si mette subito in terribile salita il cammino verso il mondiale
La partita di Oslo si mostrava complicata per una serie di molteplici motivi, ma la prestazione -se così si può definire- attuata dagli Azzurri non è all’altezza di una nazionale che ha l’obiettivo di vincere il raggruppamento e raggiungere l’America. In difficoltà dal primo all’ultimo minuto e sotto ogni punto di vista. Tatticamente i norvegesi hanno avuto l’astuzia di sfruttare una linea alta e sconnessa da parte dell’Italia, e grazie ai guizzi frizzanti di Nusa, Solbakken ha potuto contare su una scheggia impazzita che non poteva non fare male. Altro punto da analizzare è la tenuta fisica delle due nazionali, perché la Norvegia ha viaggiato a ritmi e velocità nettamente superiori, e adesso la tenuta fisico-mentale della nazionale di Spalletti è sotto banco in vista della prossima partita.
Dall’Italia…all’Italia
Contro l’Italia si è chiuso l’ultimo gettone mondiale della Norvegia, e dall’Italia può ripartire la corsa per tornare a quel mondiale che manca dal 1998. Con questo successo la nazionale di Solbakken è in cima al raggruppamento a punteggio pieno. 9 punti per Haaland e compagni, mentre l’Italia comincia il suo cammino con uno 0, e adesso ha l’obbligo di ripartire subito e rimettersi in scia per evitare l’ennesimo disastro mondiale.
Lunedì il match con la Moldavia a Reggio Emilia, con la vittoria che a questo punto diventa un imperativo!
Calcio
Una manita che vale il triplete. il PSG schianta l’Inter e vince la Champions League

Il Paris Saint-Germain vince la prima Champions League della sua storia. A Monaco di Baviera la squadra di Luis Enrique si sbarazza dell’Inter e domina dal primo all’ultimo minuto.
Il racconto della finale di Champions League 2024/2025
Triplete e tabù
Numeri e intrecci con la storia fanno da contraltare a una finale che si preannuncia scoppiettante per gli attori, pronti a prendersi la scena nel palcoscenico più importante di tutti, la finale di Champions League. Inter e Paris Saint-Germain arrivano in Baviera per aggiungere il capitolo finale alla stagione, senza dubbio il più importante. Se da una parte l’Inter deve reagire a un finale di stagione che ha sorriso al Napoli, nella lotta al campionato, il PSG va a caccia del terzo successo in tre competizioni.
Sia Inter e PSG cercano di reagire a una delusione abbastanza recente in finale di Champions, perché entrambe hanno assaporato la vetta ma si erano fermate al gradino più basso, dovendosi arrendere a Manchester City (Istanbul 2023 nel caso dell’Inter) e Bayern Monaco (Lisbona 2020 nel caso dei parigini). L’Inter, inoltre, cerca di sfatare un tabù legato alla città di Monaco di Baviera: in terra bavarese si sono disputate quattro finali -tra Coppa dei Campioni e Champions League- e tutte e quattro hanno visto trionfare una squadra al primo successo nella propria storia (va ricordato lo score del PSG in Champions League, la cui voce “titoli” al momento recita “zero”).
Le scelte
Pochissimi dubbi alla vigilia, nessuna sorpresa al momento della comunicazione delle formazioni: Inzaghi sceglie i suoi uomini migliori, tutti gli artisti che hanno contribuito a questo quadro che cerca l’ultima pennellata. L’unico ballottaggio attivo riguardava il braccetto di destra, al fianco di Acerbi e Bastoni, sciolto da Inzaghi con Pavard. Il francese, uno dei volti con più esperienza e leadership nel roster nerazzurro, scalza Bisseck e parte dal primo minuto. Tra i parigini invece il testa a testa riguardava due delle gemme più preziose sgrezzate da Luis Enrique nell’ultimo anno, Doué e Barcola. Il primo vince il duello con il connazionale e si affianca a Dembélé e Kvaratskhelia.
PSG: Donnarumma, Hakimi, Marquinhos, Pacho, Nuno Mendes, Vitinha, João Neves, Fabian Ruiz, Doué, Dembélé, Kvaratskhelia;
INTER: Sommer, Pavard, Acerbi, Bastoni, Dumfries, Barella, Calhanoglu, Mkhitaryan, Dimarco, Thuram, Lautaro Martinez
Due generazioni a confronto, una per blindare un ciclo sempre più crescente, l’altra per avviarne uno nuovo. Il Paris Saint-Germain vanta la squadra più giovane di tutta la competizione (età media di 24 anni e 262 giorni), mentre l’Inter la squadra più anziana (età media di 30 anni e 19 giorni).
Arbitra il rumeno Kovacs, che negli ultimi anni ha arbitrato due finali che hanno fatto sorridere il calcio italiano (il fischietto rumeno ha diretto la vittoria della Roma in Conference League e l’Atalanta nella notte di Dublino, contro il Leverkusen).
Alle 21.01 il fischietto di Kovacs emette il primo suono, comincia la finale!
||PRIMO TEMPO ||
Curiosa la battuta dei parigini, che lanciano in rimessa laterale il primo pallone della gara. Subito chiaro l’intento della squadra di Luis Enrique, quello di non far sviluppare dal basso l’Inter. Il possesso è in mano ai parigini, soprattutto nelle fasi iniziali della gara. La squadra di Inzaghi cerca di giocare sulle lunghe leve di Dumfries, in netto vantaggio fisico su Nuno Mendes, ma il recupero palla del Paris è molto efficace. Non vi erano dubbi sul coraggio e sulla qualità dei francesi, ciò che risalta comunque all’occhio è l’approccio della gara da parte dei campioni di Francia, padroni assoluti del possesso. Il primo squillo è proprio di Doué, un destro potente e angolato su cui Sommer non ha difficoltà. Il dominio è evidente e il vantaggio arriva al minuto 11. Il gioco si sviluppa prevalentemente a destra, ma al primo affondo a sinistra il Paris sfonda: palla magica di Vitinha alle spalle della difesa, Doué è pronto per calciare verso la porta ma il francese è bravissimo nel servire in mezzo Hakimi, il marocchino ha la porta spalancata e non può fallire il più classico dei gol dell’ex. Vantaggio francese e finale subito in salita per la squadra di Inzaghi. Lo svantaggio appesantisce le gambe dei giocatori dell’Inter, e la corsa interminabile dei parigini non lascia respirare i nerazzurri, che cercano rifugio in Sommer. Le difficoltà dell’Inter sono evidenti, così come emerge l’agonismo e la freschezza dei francesi. Al 20′ arriva il raddoppio: l’azione comincia nell’area francese, con Barella troppo leggero nella protezione di un corner, in cui l’Inter sa sempre rendersi pericolosa; Pacho evita il giro dalla bandierina e il PSG va subito in contropiede: Dembélé chiama a sé la difesa nerazzurra e poi cambia gioco, Doué controlla e spara il destro verso la porta, convertito in rete dalla deviazione di Dimarco che manda fuori giri Sommer. Venti minuti maestosi della squadra di Luis Enrique, ma dall’altra parte l’Inter non sembra essere scesa in campo. Non si registrano occasioni per la squadra di Inzaghi, anche se la pressione del PSG si affievolisce leggermente dopo il doppio vantaggio, e questo favorisce una crescita -timida- dei nerazzurri. I movimenti dei francesi sono di un’armonia e una pulizia a dir poco pregevole, e la lettura difensiva dell’Inter soffre terribilmente questo continuo scambio di posizioni, in ogni zona del campo. Al 37′, dalla bandierina l’Inter si costruisce la prima -vera- occasione della sua gara, con il solito cross preciso di Calhanoglu indirizzato sul secondo palo, lì Thuram prende il tempo su Kvaratskhelia ma il suo colpo di testa termina di poco a lato. È il momento di spinta massima dell’Inter, favorito da una piccola fase di allentamento del Paris, subito richiamato a voce alta da Luis Enrique, che impone lucidità e maggior qualità. All’ultimo pallone del primo tempo Kvaratskhelia impensierisce ancora una volta Sommer. È l’ultimo squillo di un primo tempo a tinte uniche blu e rosse, con il Paris Saint Germain meritatamente in vantaggio. Un dominio schiacciante nel primo tempo, ma occhio a mantenere la partita in bilico, perché l’Inter si può riaccendere da un momento all’altro.
||SECONDO TEMPO ||
Nessun cambio all’intervallo, i riparte dagli stessi ventidue. L’Inter appare subito più coraggiosa e intraprendente, anche se era prevedibile visto il brutto primo tempo. Kvara prova a chiudere subito i conti ma il suo mancino termina in curva. In quel momento l’Inter capisce che per riaccendere la miccia serve maggiore qualità e incisività da destra, e lo sviluppo dell’Inter verte sempre dalla parte di Dumfries, favorito da un maggiore apporto alla manovra da parte di Thuram. Inzaghi è il primo a muovere la panchina con Bisseck e Zalewski al posto di Pavard e Dimarco. Il polacco viene subito ammonito per un fallo in attacco, ma il segnale è quello di alzare l’agonismo e il ritmo. Dopo pochi minuti la panchina dell’Inter viene mobilitata nuovamente perché Bisseck cade male a terra ed è costretto a uscire subito per un problema al flessore. Al suo posto Carlos Augusto, oltre a Darmian per Mkhitaryan. In mezzo alle sostituzioni il PSG mette il lucchetto alla finale: ancora una volta Dembélé domina il gioco a suo piacimento, e attira a sé i difensori dell’Inter, il francese imbuca per Vitinha che porta palla per metà campo, prima di appoggiare verso Doué, destro piazzato sul primo palo e discorso archiviato. Prestazione totale del gioiello francese, che esce qualche minuto dopo, accompagnato dalla standing ovation del suo pubblico e dal cinque di Barcola, pronto a seminare ulteriormente il panico tra le maglie nerazzurre. Inzaghi termina le sostituzioni con Asllani al posto di Calhanoglu, uscito acciaccato per un problema fisico. L’Inter si sgretola con il passare dei minuti, e il nervosismo comincia a prevalere sulla ragione, a tal punto che Kovacs mette mano al taschino più volte. Al 73′ i parigini debordano con Kvaratskhelia: l’azione parte dal basso, e il fraseggio porta fuori la linea di difesa dell’Inter -stranamente alta, il solito Dembélé dipinge calcio a tutto tondo, filtrante per Kvara che arriva fino all’area piccola, il mancino del georgiano buca Sommer sul primo palo. 4-0 PSG, dominio assoluto. L’Inter cerca il gol della bandiera, e in quel momento emerge l’altro top player del roster parigino: Gigio Donnarumma. Il portiere italiano mette i suoi guanti su un destro piazzato di Thuram, e nega il gol della bandiera al francese. Nelle retrovie l’Inter fa sempre più acqua, a tal punto che Barcola semina i difensori come se fossero birilli, ma davanti a Sommer calcia clamorosamente fuori, a due passi dalla porta. Con la gara in cassaforte -già dal decimo minuto in verità- Luis Enrique adopera tre cambi, che ancora una volta danno frutti meravigliosi. A cinque dal termine i parigini muovono palla attorno all’area, Barcola imbuca per il neo-entrato Mayulu che calcia forte e batte Sommer per la quinta volta. CINQUE a zero, un risultato clamoroso.
Un dominio incontrastato, dal primo all’ultimo minuto. Il PSG è stato superiore in tutto, dalla gestione tattica al controllo emotivo della gara. Con la forza delle idee, coordinato da un’insieme di perle preziose, Luis Enrique si conferma ancora una volta una garanzia per questa competizione. Il tecnico spagnolo non ha mai perso una finale in carriera, e il modo con cui il Paris Saint-Germain si è sbarazzato dell’Inter rimarrà negli annali della Champions League. Prima coppa in bacheca per il club francese, che quest’anno chiude la stagione con il triplete, dopo i successi in Ligue 1 e Coupe De France. Dall’altra parte l’Inter esce fracassata dal prato di Monaco di Baviera, per una sconfitta che peserà tantissimo per le modalità e per l’approccio alla partita. Un’Inter irriconoscibile, che però si è dovuto arrendere di fronte alla freschezza e alla qualità incredibile del Paris Saint-Germain. Stagione da zero tituli, per dirla alla Mourinho, per la squadra di Inzaghi, che adesso dovrà sciogliere le riserve sul proprio futuro. Sipario per un’altra grande stagione di calcio europeo, con la nuova edizione della Champions che ha aggiunto all’albo un nuovo vincitore e uno spettacolo sempre più appassionante.
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