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Calcio

Il Supercommento della 16ª giornata di Serie A

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Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della sedicesima giornata di Serie A.

Empoli-Torino (A cura di Marco Rizzuto)

La perla di Adams permette al Toro di vincere di misura al Castellani. Dopo un avvio giocato a rilento, l’Empoli trova la rete del vantaggio ma solo momentaneamente. Ismajli spinge in porta un pallone vagante sui risvolti del corner calciato da Cacace, ma l’arbitro ferma tutto per l’intervento irregolare di Maleh ai danni di Milinkovic-Savic. Alla mezz’ora il Toro crea la prima vera palla gol della sua partita, il traversone di Borna Sosa trova lo stacco perfetto di Ricci, sventato dall’intervento di Vazquez. Quest’occasione funge da iniezione di fiducia per la squadra di Vanoli, che sfiora nuovamente il vantaggio, stavolta con Sanabria, che impatta di testa da ottima posizione sul cross di Pedersen, ma ancora una volta, Vazquez nega il gol agli ospiti, dimostrandosi uno dei portieri più in forma di questo campionato. La prima frazione termina con l’amaro in bocca per i granata, a causa delle due chiare occasioni non concretizzate. Alla ripresa Vanoli cambia Gineitis per Vlasic, ridisegnando l’assetto offensivo. Dopo dieci minuti di questo secondo tempo è l’Empoli che divora la rete del possibile vantaggio. Esposito con un cross basso tenta di servire Gyasi, che lascia la sfera sul posto disturbato dalla marcatura di Coco, in corsa, Cacace arriva sul pallone e calcia a botta sicura da posizione ravvicinata mancando clamorosamente lo specchio della porta. Superata l’ora di gioco, Vanoli cambia i due attaccanti Sanabria e Karamoh per Njie e Adams. Al 70’ è proprio l’ex Southampton a sbloccare la partita con un gol surreale. L’inglese servito nel cerchio di centrocampo da Vlasic, vede Vazquez fuori dai pali e lascia partire un tiro imprendibile che si insacca in fondo alla rete. Nei minuti successivi, l’Empoli prova a rialzare la testa cercando di pareggiare senza però impensierire la difesa granata, che si chiude bene blindando il risultato. A Vanoli è bastato l’eurogol di Adams per portare a casa i tre punti. Vittoria fondamentale che rialza il morale dei granata, e che aggancia l’Empoli decimo, a quota 19 punti. Successo che mancava addirittura dalla nona giornata di campionato, nella vittoria interna contro il Como.

Cagliari-Atalanta

Le mani di Carnesecchi e la rete di Zaniolo eseguono la decima sinfonia del Gasp. All’Unipol Domus l’Atalanta vince di misura contro un grande Cagliari e si porta in solitaria al comando della classifica. Gasperini cambia alcuni interpreti dopo la partita contro il Real Madrid, con Retegui e Brescianini al posto di Lookman e De Roon, e nelle prime fasi di gioco il Cagliari sembra approfittare di questo squilibrio tra i reparti per provare a pungere. Il gioco della squadra di Nicola si sviluppa spesso nella fascia destra, dove Zappa e Zortea si dividono lo spazio con i loro movimenti, ma è nel gioco in verticale che il Cagliari comincia a trovare soluzioni: l’attacco della profondità di Piccoli crea scompiglio nella difesa orobica, con Kossounou e Kolasinac che al 20′ sbarrano la strada sul più bello al centravanti italiano, lanciato a rete da un filtrante di Luvumbo. Il fraseggio dell’Atalanta è lento e farraginoso, con Retegui ingabbiato da Mina e Luperto e Brescianini spesso fuori contesto. Il numero 44 prova ad accendersi partendo da sinistra, e tra le linee calcia in diagonale sul secondo palo, palla fuori di poco. Verso l’intervallo comincia lo show targato Marco Carnesecchi: al 39′ il Cagliari batte una rimessa vicino alla bandierina, con una spizzata di Makoumbou che indirizza la palla verso il centro, Piccoli anticipa Kolasinac e calcia di sinistro, con la palla che prende una traiettoria strana al momento del rimbalzo sul terreno, Carnesecchi è provvidenziale a respingere in tuffo, poi è bravo a rispondere in uscita -ancora su Piccoli- ed è mostruoso nella parata che sfodera sulla conclusione a porta scoperta di Zortea. Il duello tra il centravanti e l’estremo difensore italiano viene vinto nuovamente da Carnesecchi pochi minuti dopo, quando Piccoli calcia in tuffo per anticipare il movimento del portiere nerazzurro, ancora una volta lucido e reattivo nel chiudere la porta ai rossoblù. Nel secondo tempo Gasperini cambia subito volto alla sua Dea, tirando fuori Retegui e Brescianini, impalpabili nella prima frazione, per Lookman e De Roon. A giovare della sostituzione è Pasalic, che comincia ad attaccare l’area con i suoi inserimenti e impensierisce Sherri al 50′ quando per poco non trova il jolly con il mancino. Il Cagliari prova a salire di giri dopo un primo tempo dispendioso, ma l’Atalanta comincia a prendere sempre più campo, e allora Gasp pesca il jolly Zaniolo. Il numero 10 subentra a Pasalic, insieme a Samardzic che rileva De Ketelaere, e dopo meno di cinque minuti sono proprio loro a confezionare il vantaggio: cross di Samardzic su cui nessuno interviene, palla che arriva sull’esterno dove Bellanova pesca il taglio centrale di Zaniolo, bravo ad anticipare il movimento di Sherri sul primo palo. Al 40’ Mina di testa costringe Carnesecchi a un altro intervento non semplice. Nicola chiude la partita con tre centravanti: Piccoli, Pavoletti e anche Mina. Ma non cambia più nulla nonostante l’assedio finale dei sardi e un ulteriore miracolo di Carnesecchi su Pavoletti. Una vittoria sporca e ostica, per un’Atalanta che di fermarsi non ne vuole sapere. La squadra di Gasperini centra il decimo successo consecutivo in campionato e adesso guarda tutti dall’alto. La scelta di rinunciare al centravanti nelle ultime gare sta mettendo in mostra le qualità dei jolly come Zaniolo e Samardzic, fondamentali dalla panchina nelle ultime apparizioni. Gasp sembra aver trovato la quadra anche con le scelte dalla panchina, e con una profondità -e incisività- della panchina tale da poter mettere paura a qualsiasi squadra. Prestazione coraggiosa e audace del Cagliari, con Nicola che è riuscito a mettere in difficoltà una squadra che fino a cinque giorni prima dominava i campioni d’Europa del Real Madrid. Tante le occasioni per i sardi, con Piccoli che ha sfiorato più volte la sesta rete in campionato, ma quest’anno a Bergamo si sta affermando Marco Carnesecchi, ormai perno fisso della difesa di Gasperini.

Udinese-Napoli (A cura di Marco Rizzuto)

Il Napoli in rimonta ribalta l’Udinese nel secondo tempo. Le reti di Lukaku, Anguissa e l’autorete di Giannetti blindano il secondo posto in classifica. Il match del Bluenergy Stadium mostra sin da subito un incontro a viso aperto. La velocità e la tecnica di Neres fanno da allarme alla difesa bianconera, che raddoppia dall’inizio la marcatura sul brasiliano, cercando di limitare le situazioni di uno contro uno. Dopo dieci minuti giocati a buoni ritmi, la prima palla gol è a favore dei partenopei. Di Lorenzo ributta palla in mezzo e proprio Neres, da posizione ravvicinata non trova un impatto felice col pallone, che termina sul fondo. L’Udinese però, non tarda a graffiare in contropiede, e dopo un minuto, il traversone insidioso di Thauvin trova l’inserimento di Ekkelenkamp, che arriva alla conclusione, ma svirgola. Nei minuti successivi entrambe le squadre cercano la via del gol con i loro giocatori più pericolosi: l’Udinese con le giocate di Thauvin, vero punto di forza dell’attacco bianconero, immarcabile dalla difesa azzurra, a cui non lascia punti di riferimento. Al 13’ il francese strappa un pallone pericolosissimo a Buongiorno, ma al momento del tiro calcia fuori; il Napoli con la rapidità dei guizzi di Neres, che si dimostra l’uomo più pericoloso per la retroguardia di Runjaic. Il brasiliano al 19’ lascia sul posto kristensen e calcia in diagonale, col pallone che esce di poco. Al 22′ l’Udinese ottiene un penalty a causa della deviazione col braccio largo di Lobotka sulla conclusione di Zemura. Dal dischetto Thauvin si fa ipnotizzare da Meret che respinge, ma il capitano bianconero raccoglie la sfera e la spedisce in rete, tornando al gol dopo più di tre mesi. Il gol dei bianconeri mette in salita la partita per la squadra di Conte, che nonostante un dominio del possesso palla (70%) si ritrova sotto nel punteggio. Alla mezz’ora Lovric è costretto ad abbandonare il campo per un fastidio muscolare, Runjaic inserisce Atta al suo posto. Nella seconda metà del primo tempo il Napoli sfiora il pareggio con la conclusione di Zambo Anguissa, ma Sava risponde prontamente negando il gol al camerunense. La prima frazione termina a favore dei bianconeri, col Napoli costretto ad inseguire. La ripresa vede gli ospiti scendere in campo con un piglio diverso, la probabile strigliata di Conte negli spogliatoi ha reso gli ospiti molto più fluidi nel gioco, rendendo più funzionale il possesso, abbastanza sterile nel primo tempo. Dopo cinque minuti esatti il Napoli trova la rete del pari grazie alla verticalizzazione di McTominay, perfetta per l’inserimento tra le linee di Lukaku, che dopo aver vinto il duello fisico con Bijol, entra in area battendo Sava. La trama di questo secondo tempo cambia vertiginosamente. I partenopei in pressione risultano molto più efficaci e l’Udinese fa fatica a ripartire in contropiede. Il gol ha sicuramente revitalizzato il morale degli ospiti che adesso sembrano in controllo della gara. Al 76’ arriva il ribaltone azzurro. Neres defilato dalla sinistra, dribbla quattro giocatori avversari ed una volta in area conclude verso la porta, il pallone deviato dalla difesa viene raccolto una seconda volta dal brasiliano che conclude colpendo Giannetti che causa l’autorete. Il vantaggio partenopeo ‘uccide’ moralmente i padroni di casa che, lasciano troppi spazi nelle zoni centrali del campo, che diventano praterie per le mezz’ali azzurre. A nove dalla fine il Napoli chiude i giochi. Lobotka cerca in verticale Simeone che riesce a servire alla perfezione l’inserimento di Zambo Anguissa che, percorre tutta la metà campo avversaria e batte Sava in uno contro uno. La gara termina con la vittoria meritata dei partenopei, che proseguono all’inseguimento dell’Atalanta in prima posizione. All’Udinese non basta il tap-in vincente di Thauvin e si arrende agli azzurri. Bianconeri che rimangono alla nona posizione, con Empoli e Torino distanziate da un punto.

Juventus-Venezia

Ad un passo dalla prima sconfitta in campionato, la Juventus riacciuffa il Venezia grazie al calcio di rigore realizzato da Vlahovic. Un coraggioso Venezia rischia il colpaccio allo Stadium, ma vede sfumare i sogni di gloria dal penalty del serbo.

Lecce-Monza (A cura di Simone Scafidi)

Dopo più di un mese e mezzo il Lecce torna a vincere al Via del Mare, e lo fa con una prestazione di carattere che consente di sconfiggere il Monza, che sprofonda sempre di più in classifica. A sbloccare il match è, dopo appena tre minuti, la prima gioia italiana di Tete Morente, che raccoglie un visionario lancio di Berisha e batte Turati, gettando immediatamente nello sconforto la squadra di Nesta. Al 12’ si accende Dorgu, che elude mezza difesa brianzola e con una serpentina riesce a penetrarla, venendo però abbattuto e guadagnandosi così un calcio di rigore. Alla sassata di Krstovic dal dischetto risponde un eccezionale Turati, che nega la gioia all’attaccante montenegrino e tiene a galla i suoi. Appena cinque minuti dopo Krstovic ha un’altra occasione, ma ancora a tu per tu con Turati spara il pallone alto sopra la traversa. Sugli sviluppi dell’azione successiva, Maldini si getta sul cross forte e teso di Birindelli, con il pallone che termina sul fondo. A nove minuti dalla fine del primo tempo succede qualcosa di incredibile: su un pallone totalmente innocuo, Dorgu prova ad appoggiare di testa verso Falcone, senza vedere che il suo portiere però è uscito proprio per raccogliere la sfera, che finisce per insaccarsi in porta regalando così al Monza il gol dell’1-1. A scacciare i fantasmi ci pensa finalmente Krstovic, che a pochi secondi dal termine del primo tempo colpisce di controbalzo il pallone fornitogli da Pierotti e riesce finalmente a battere Turati, siglando il gol vittoria. Dopo un primo tempo divertente e ricco di emozioni, il secondo non si dimostra altrettanto, e prosegue su ritmi blandi e abbastanza noiosi, concludendosi con il definitivo 2-1 per il Lecce.

Bologna-Fiorentina (A cura di Tommaso Patti)

Il Bologna vince nuovamente, portandosi a meno tre lunghezze da una Juve e con una gara in più da giocare. Crolla Fiorentina dopo otto vittorie di fila Su una sponda di Kean e su un lancio di prima al volo, la Fiorentina si immola verso la porta con Gudmundsson che a sua volta supera con un tocco sotto Skorupski per poi essere atterrato dentro l’area dal portiere rossoblu. Nonostante le proteste dei viola, l’arbitro non concede il penalty, alimentando negativamente la tensione tra gli uomini di Palladino (assente in panchina per un lutto in famiglia). Sul finale del primo tempo, la Viola sciupa un’altra occasione per portarsi in vantaggio infatti, dopo un’ottima azione portata avanti da Gudmundsson, Cataldi calcia alto dopo essersi trovato a tu per tu contro Skorupski. Prima del duplice fischio però, si divora la rete del vantaggio anche Kean, quest’ultimo non ribadisce in rete il corner battuto da Adli, calciando di testa addosso a Skorupski. Dopo pochissimi istanti dal calcio d’inizio della ripresa, il Bologna si affaccia nell’aria di rigore avversaria con Castro che, dopo essere stato servito da Ferguson con una spizzata di testa, calcia in porta ma prende il palo, mandando però un segnale positivo ai suoi compagni e a tutto lo stadio. Successivamente allerrore di Castro, il Bologna cresce rendendosi pericoloso nei successivi minuti con due tiri di Pogeba e Odgaard, entrambi neutralizzati da De Gea. Al 59’ la gara si sblocca con Odgaard, il trequartista felsineo viene servito da Freuler e, dopo aver bruciato nel tempo Dodò, insacca alle spalle di De Gea la rete del vantaggio. Tre minuti più tardi, la squadra di italiano si divora un’altra enorme canche, stavolta con l’errore di Holm che calcia alto dopo l’ottimo pallone servito da Castro, scatenando lincredulita nei volti dei giocatori. Con questa sconfitta, la squadra di Palladino si allontana di poco dal treno delle prime della classe, mentre il Bologna sogna di ripetere l’ottimo risultato conquistato la scorsa stagione. Italiano trionfa sul suo passato e adesso la Juventus dista solo tre punti, con una gara da recuperare contro il Milan.

Parma-Hellas Verona (A cura di Simone Scafidi)

L’Hellas Verona prova ad uscire la testa dall’oblio e lo fa con una convincente vittoria in casa del Parma, battuto per 3-2. Gli Scaligeri non perdono tempo, e su situazione di calcio d’angolo, al quarto minuto, Coppola sigla il gol dell’1-0, con un’incornata perentoria e decisa che batte Suzuki. Qualche istante più tardi arriva la reazione del Parma, che dopo un’azione molto confusa porta al tiro Dennis Man, la cui conclusione viene bloccata da Montipò. Al 19’, sempre da calcio d’angolo, stavolta è il Parma a colpire: in seguito al tiro di Bonny respinto dall’estremo difensore del Verona, si fa trovare pronto Sohm, che ribadisce in porta e pareggia i conti. Al 57’, dopo un’azione da manuale, torna avanti il Verona, con lo scambio tra Harroui e Sarr che termina con la conclusione e con la rete dell’attaccante svedese,che porta nuovamente in vantaggio i suoi. Al 70’ prova nuovamente a reagire il Parma, e ci prova ancora con Man, la cui conclusione, dopo lo scambio con Bonny, si spegne di poco a lato della porta di Montipò. A quindici minuti dal termine il Verona chiude i conti, dopo la solita poderosa discesa di Tchachoua, Livramento calcia in porta trovando però la respinta di Suzuki, che viene raccolta e ribadita in porta da Mosquera, autore del gol del 3-1. A un minuto dalla fine, come un fulmine a ciel sereno, ancora Simon Sohm, fulcro di questo Parma, segna il gol della speranza, che dà un po’ di morale alla sua squadra, costretta comunque ad arrendersi alla sconfitta. Torna quindi a vincere il Verona, che deve essere bravo a ripartire da qui, per riscattare un campionato, finora, pessimo.

Como-Roma (A cura di Tommaso Patti)

Un como coraggioso conquista tre punti contro una Roma che continua a faticare nel trovare continuità di risultati. Nonostante gli iniziali diversi obbiettivi, Roma e Como sono ancora in balia di un periodo negativo, condividendo una situazione simile in classifica. Al sinigaglia parte meglio la Roma, che sfiora il vantaggio su un’aziona iniziata da un calcio d’angolo: sul traversone di Dybala, Reina esce e allontana il pericolo, successivamente la sfera viene colta da Saelemaekers che si coordina ma non trova la porta per pochi centimetri. Anche il Como prova a rendersi pericoloso, infatti al 19’, gli uomini di Fabregas colpiscono la traversa su un calcio di punizione battuto da Nico Paz. Anche nella ripresa, il Como prova a non chiudersi, provando a impensierire Svilar. Al 57’ Strefezza batte rapidamente un corner, da lì una serie di respinte, offrono una grande opportunità di tiro per Fadera che, anche in questa occasione, si trova di fronte un ottimo intervento di Svilar. il portiere serbo si rende protagonista anche sul tiro da fuori di Goldaniga. Successivamente al tiro da fuori di Nico Paz, si sveglia anche la Roma: dopo un’azione orchestrata da Pellegrini e angelino, l’esterno ex Lipsia serve un pallone per dybala, che da buona posizione spreca e calcia a lato. In una gara condizionata da tanti errori, la prima grande palla gol della ripresa da parte del Como si trasforma in gol. l’azione che porta al vantaggio dei comaschi nasce da una sventagliata in avanti di Nico Paz per Cutrone, su questo l’ultimo la marcatura stretta di Pisilli non è efficace, infatti l’ex promessa del Milan riesce a girarsi e a servire un cross a centro area per Gabrielloni, che infila il pallone in rete al 92’, trovando la prima rete in serie A, creando un’emozione unica per se stesso e per tutti i tifosi del Como, che lo hanno visto segnare in tutti i campionati dalla serie D, fino alla serie A. Nei minuti finali, come da copione, la Roma prova il tutto per tutto, rivoltandosi completamente nell’area di rigore avversaria. Nel disperato tentativo di pareggio, la Roma si sbilancia e concede una ripartenza ai padroni di casa, portava avanti da Gabrielloni che, dopo una lunga cavalcata palla al piede, serve Nico Paz che colpisce indisturbato firmando la rete del definitivo 2-0. Con il successo sulla squadra di Ranieri, il Como si allontana dalla zona retrocessione, portandosi a meno un punto dalla Roma, che continua a presentare enormi problemi di continuità.

Milan-Genoa

Una serata di festa viene rovinata da uno scialbo 0-0 contro un buon Genoa, il Milan adesso è in crisi. A San Siro la parata di stelle e leggende rossonere sembrava poter dare quella scintilla ad una squadra che più che mai vive di fiammate. Fin dai primi minuti il copione della gara è chiaro: il Genoa consegna il possesso al Milan e si compatta e organizza per ripartire. A parte una conclusione da centrocampo di Frendrup la squadra di Vieira non si vede dalle parti di Maignan. Sponda rossonera invece prova ad emergere la gioventù, con Liberali (2007) e Jimenez (2005) che cercano di caricarsi sulle spalle l’entusiasmo di San Siro. Se da una parte il giovane terzino spagnolo sembra molto pimpante e acceso, dall’altra il trequartista italiano fatica a trovare la posizione, complice un po’ di visibile -e comprensibile- emozione. Le uniche occasioni del Diavolo nel primo tempo arrivano in situazioni di ripartenza, con il Genoa poco equilibrato e scomposto in difesa. Al nono minuto Reijnders rompe la prima linea di pressione e serve Abraham, l’attaccante inglese serve Emerson Royal che calcia di corsa e trova la risposta di Leali. Per arginare il folto centrocampo del Genoa il Milan si appoggia alle sgasate di Reijnders, l’unico che sembra poter costruire qualcosa dalla trequarti in su. Al 22′ il centrocampista olandese calcia forte su una punizione battuta corta da Chukwueze, ma la palla sfiora la traversa. Nel secondo tempo Fonseca non rinuncia a Liberali ma ad Abraham, e inserisce Morata per cambiare volto all’attacco rossonero. Sessanta secondi e Leali è costretto a sfoderare il primo – e unico- grande intervento della sua gara, con Emerson Royal che spizza di testa un cross di Chukwueze e costringe l’estremo difensore italiano a un gran riflesso in tuffo. In quel momento il Milan si eclissa, il Genoa non si scompone e non rischia praticamente nulla e la squadra di Fonseca non riesce a sfondare. Al posto di Liberali, il tecnico portoghese sceglie Camarda, giocando con il doppio centravanti. L’ingresso del giovanissimo attaccante smuove qualcosa, con San Siro che alza i decibel per dare un impulso alla squadra, che arriva soltanto nell’ultima fase di gara. Entrambe le occasioni hanno un denominatore comune: una bella palla di Reijnders per Morata. Nella prima occasione lo spagnolo salta Badelj e cerca l’incrocio dei pali con il mancino, palla alta di poco. Nella seconda diapositiva Morata arriva a pochi passi da Leali e spacca la traversa, conclusione scellerata e poco lucida del centravanti rossonero, perché Leali era già a terra e la porta era praticamente spalancata. Tra i fischi di San Siro la gara si conclude a reti bianche, e la contestazione del pubblico certifica una crisi per il Milan. La squadra di Fonseca adesso si allontana vistosamente dalla vetta, distante 14 punti, ma ciò che preoccupa è la distanza di undici punti dai cugini nerazzurri. La ricerca di un’identità e di coraggio da parte di Fonseca continua a scuotere l’ambiente squadra, che però adesso deve ritrovare quelli che sono i propri leader e i propri principi. Altro risultato positivo per il Genoa di Vieira, il quarto consecutivo dall’arrivo del tecnico francese. Genoa che adesso rimane fuori dalla zona retrocessione, distante due punti, ma continua a mostrarsi equilibrata e compatta.

Lazio-Inter (A cura di Marco Rizzuto)

L’Inter espugna l’Olimpico con un 6-0 tennistico in casa di una delle squadre più in forma del campionato. Contro il suo passato, Inzaghi esce dalla capitale con tre punti e una prova di forza assoluta dell’Inter, che adesso ha l’occasione di riacciuffare la vetta.

LA TOP11 DELLA 16ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala

Classe 2005. Studente in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Palermo. Amante del calcio fin da bambino, vivo ogni partita con la stessa passione del primo giorno. Aspirante giornalista con una passione per lo storytelling e gli editoriali.

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Calcio

Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

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L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.

Le scelte per l’ultima di Spalletti

Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.

ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui. 

Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.

Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.

Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e  sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.

Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…

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Calcio

Tracollo Azzurro in Norvegia, a Oslo termina 3-0. Mondiale subito a rischio?

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Disastro Azzurro sotto la pioggia di Oslo. L’Italia cade rovinosamente contro la Norvegia e complica subito il proprio percorso verso il mondiale. Ancora una volta gli Azzurri subiscono tre gol nel primo tempo, e nel secondo tempo non riescono a reagire.

La formazione degli Azzurri è ritoccata in quasi ogni reparto, principalmente in difesa dove mancano quasi tutti i centrali regolarmente utilizzati dal c.t. La scelta di Spalletti è l’esordiente Diego Coppola al centro della retroguardia, affiancato da Di Lorenzo e Bastoni. Sugli esterni giocano Zappacosta e Udogie, mentre in avanti ancora una volta giocano Retegui e Raspadori.

Nei primi minuti l’Italia prova a gestire il possesso del pallone, cercando di sfruttare anche la velocità di circolazione della sfera grazie alla pioggia che si abbatte su Oslo. I norvegesi sono uniti e compatti, e il blocco disegnato da Solbakken non lascia particolari spazi agli Azzurri. Fin dalla vigilia tutta l’attenzione mediatica si è concentrata sul potenziale duello Coppola-Haaland, ma nessuno ha preso in considerazione gli altri due attaccanti della Norvegia. Già, perché fin dal primo scatto in avanti, la sensazione è che sia Nusa da una parte, che Sorloth dall’altra, siano un pericolo di gigantesca dimensione per i difensori italiani. Al primo affondo la Norvegia va in vantaggio: Nusa è un treno sulla fascia sinistra, il classe 2005 si accentra e trova un gran passante alle spalle dei difensori azzurri, Sorloth raccoglie l’invito, si presenta davanti a Donnarumma e lo batte in uscita. Vantaggio per i padroni di casa, e la gara si mette subito in salita. Ed è una strada che diventa sempre più insormontabile, perché gli affondi dell’Italia, principalmente dei lanci lunghi verso Retegui, sono preda facile dei due pilastri difensivi norvegesi, Heggem e Ajer, ed è sui centimetri dei propri giocatori che la Norvegia trova grandi spazi e vantaggi per colpire un’Italia che non sembra particolarmente in giornata. Il più ispirato di tutti è sicuramente Antonio Nusa, e dopo aver regalato un grande assist per il vantaggio, mette anche il suo sigillo a un primo tempo a senso unico. Minuto 34, rinvio di Nyland verso Thorsby che controlla agevolmente la sfera, a causa di una marcatura leggera di Rovella, la palla rimane vicino al giocatore del Genoa e diventa di possesso di Nusa, serpentina tra Rovella e Di Lorenzo e destro potente alle spalle di Donnarumma. Una rete meravigliosa di una gemma assoluta della scuola calcistica norvegese, che sta seminando il panico tra le maglie azzurre. Il primo tempo è unicamente a tinte rosso e blu, i colori della Norvegia, e i ragazzi di Solbakken trovano anche il terzo sigillo di giornata, con la stessa giocata che l’Italia sembra non riuscire a leggere: la palla in verticale tra i due difensori. A due minuti dall’intervallo Tonali perde palla in mezzo al campo, Odgaard porta palla e pesca il taglio di Haaland tra Coppola e Bastoni, il bomber del Manchester City è solo davanti Donnarumma e non ha particolari difficoltà nel superare il capitano azzurro e depositare in rete il pallone del 3-0.

Dagli spogliatoi Spalletti sceglie Frattesi al posto di Rovella, uno dei giocatori più in difficoltà sul piano fisico. Anche Solbakken effettua un cambio, con Berg che sostituisce l’ammonito Thorsby. Nessun cambio di modulo, stesso schieramento con il solo cambio in regia, con Barella che viene arretrato in cabina di regina. Non cambia di una virgola il copione della partita, e questo è un pessimo scenario per l’Italia, che non riesce a sviluppare una manovra offensiva degna di nota. Retegui è sempre isolato tra i giocatori norvegesi, e ogni cross è preda facile dei difensori di Solbakken. Al 65′ i padroni di casa vanno vicini addirittura al poker, con uno schema che parte dalla bandierina e termina dall’arcobaleno a giro di Berge, destro di prima intenzione che colpisce in pieno il palo. Verso il settantesimo arrivano le prime vere mosse dei due allenatori, perché Solbakken sostituisce Heggem con Ostigard, ma Spalletti rinfoltisce -finalmente- l’attacco: vanno fuori Zappacosta e Retegui, e al loro posto entrano Orsolini e Lucca. Appena entrati nell’ultimo quarto di gara l’Ullevaal Stadion si sfrega le mani per riservare la meritata standing ovation ad Antonio Nusa, sostituito da un altro gioiello della nuova scuola norvegese, Oscar Bobb. Applausi scroscianti per l’ala del Lipsia, sicuramente il migliore in campo per la qualità messa in campo e per l’incisività avuta, con un gol e un assist. Gli “olè” del pubblico norvegese al possesso ipnotico, e gli applausi al pressing asfissiante, sono le due diapositive del finale di partita, in cui l’Italia non solo non alza il baricentro, ma rischia di concedere altri corridoi ai padroni di casa, che non hanno assolutamente intenzione di fermarsi. Il primo tiro in porta dell’Italia arriva al secondo minuto di recupero, un colpo di testa di Lucca su cui Nyland non ha problemi, intervento plastico per i fotografi e prima parata della sua gara.

Si mette subito in terribile salita il cammino verso il mondiale

La partita di Oslo si mostrava complicata per una serie di molteplici motivi, ma la prestazione -se così si può definire- attuata dagli Azzurri non è all’altezza di una nazionale che ha l’obiettivo di vincere il raggruppamento e raggiungere l’America. In difficoltà dal primo all’ultimo minuto e sotto ogni punto di vista. Tatticamente i norvegesi hanno avuto l’astuzia di sfruttare una linea alta e sconnessa da parte dell’Italia, e grazie ai guizzi frizzanti di Nusa, Solbakken ha potuto contare su una scheggia impazzita che non poteva non fare male. Altro punto da analizzare è la tenuta fisica delle due nazionali, perché la Norvegia ha viaggiato a ritmi e velocità nettamente superiori, e adesso la tenuta fisico-mentale della nazionale di Spalletti è sotto banco in vista della prossima partita.

Dall’Italia…all’Italia

Contro l’Italia si è chiuso l’ultimo gettone mondiale della Norvegia, e dall’Italia può ripartire la corsa per tornare a quel mondiale che manca dal 1998. Con questo successo la nazionale di Solbakken è in cima al raggruppamento a punteggio pieno. 9 punti per Haaland e compagni, mentre l’Italia comincia il suo cammino con uno 0, e adesso ha l’obbligo di ripartire subito e rimettersi in scia per evitare l’ennesimo disastro mondiale.

Lunedì il match con la Moldavia a Reggio Emilia, con la vittoria che a questo punto diventa un imperativo!

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Calcio

Una manita che vale il triplete. il PSG schianta l’Inter e vince la Champions League

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Il Paris Saint-Germain vince la prima Champions League della sua storia. A Monaco di Baviera la squadra di Luis Enrique si sbarazza dell’Inter e domina dal primo all’ultimo minuto.

Il racconto della finale di Champions League 2024/2025

Triplete e tabù

Numeri e intrecci con la storia fanno da contraltare a una finale che si preannuncia scoppiettante per gli attori, pronti a prendersi la scena nel palcoscenico più importante di tutti, la finale di Champions League. Inter e Paris Saint-Germain arrivano in Baviera per aggiungere il capitolo finale alla stagione, senza dubbio il più importante. Se da una parte l’Inter deve reagire a un finale di stagione che ha sorriso al Napoli, nella lotta al campionato, il PSG va a caccia del terzo successo in tre competizioni.

Sia Inter e PSG cercano di reagire a una delusione abbastanza recente in finale di Champions, perché entrambe hanno assaporato la vetta ma si erano fermate al gradino più basso, dovendosi arrendere a Manchester City (Istanbul 2023 nel caso dell’Inter) e Bayern Monaco (Lisbona 2020 nel caso dei parigini). L’Inter, inoltre, cerca di sfatare un tabù legato alla città di Monaco di Baviera: in terra bavarese si sono disputate quattro finali -tra Coppa dei Campioni e Champions League- e tutte e quattro hanno visto trionfare una squadra al primo successo nella propria storia (va ricordato lo score del PSG in Champions League, la cui voce “titoli” al momento recita “zero”).

Le scelte

Pochissimi dubbi alla vigilia, nessuna sorpresa al momento della comunicazione delle formazioni: Inzaghi sceglie i suoi uomini migliori, tutti gli artisti che hanno contribuito a questo quadro che cerca l’ultima pennellata. L’unico ballottaggio attivo riguardava il braccetto di destra, al fianco di Acerbi e Bastoni, sciolto da Inzaghi con Pavard. Il francese, uno dei volti con più esperienza e leadership nel roster nerazzurro, scalza Bisseck e parte dal primo minuto. Tra i parigini invece il testa a testa riguardava due delle gemme più preziose sgrezzate da Luis Enrique nell’ultimo anno, Doué e Barcola. Il primo vince il duello con il connazionale e si affianca a Dembélé e Kvaratskhelia.

PSG: Donnarumma, Hakimi, Marquinhos, Pacho, Nuno Mendes, Vitinha, João Neves, Fabian Ruiz, Doué, Dembélé, Kvaratskhelia; 

INTER: Sommer, Pavard, Acerbi, Bastoni, Dumfries, Barella, Calhanoglu, Mkhitaryan, Dimarco, Thuram, Lautaro Martinez

Due generazioni a confronto, una per blindare un ciclo sempre più crescente, l’altra per avviarne uno nuovo. Il Paris Saint-Germain vanta la squadra più giovane di tutta la competizione (età media di 24 anni e 262 giorni), mentre l’Inter la squadra più anziana (età media di 30 anni e 19 giorni).

Arbitra il rumeno Kovacs, che negli ultimi anni ha arbitrato due finali che hanno fatto sorridere il calcio italiano (il fischietto rumeno ha diretto la vittoria della Roma in Conference League e l’Atalanta nella notte di Dublino, contro il Leverkusen).

Alle 21.01 il fischietto di Kovacs emette il primo suono, comincia la finale!

||PRIMO TEMPO ||

Curiosa la battuta dei parigini, che lanciano in rimessa laterale il primo pallone della gara. Subito chiaro l’intento della squadra di Luis Enrique, quello di non far sviluppare dal basso l’Inter. Il possesso è in mano ai parigini, soprattutto nelle fasi iniziali della gara. La squadra di Inzaghi cerca di giocare sulle lunghe leve di Dumfries, in netto vantaggio fisico su Nuno Mendes, ma il recupero palla del Paris è molto efficace. Non vi erano dubbi sul coraggio e sulla qualità dei francesi, ciò che risalta comunque all’occhio è l’approccio della gara da parte dei campioni di Francia, padroni assoluti del possesso. Il primo squillo è proprio di Doué, un destro potente e angolato su cui Sommer non ha difficoltà. Il dominio è evidente e il vantaggio arriva al minuto 11. Il gioco si sviluppa prevalentemente a destra, ma al primo affondo a sinistra il Paris sfonda: palla magica di Vitinha alle spalle della difesa, Doué è pronto per calciare verso la porta ma il francese è bravissimo nel servire in mezzo Hakimi, il marocchino ha la porta spalancata e non può fallire il più classico dei gol dell’ex. Vantaggio francese e finale subito in salita per la squadra di Inzaghi. Lo svantaggio appesantisce le gambe dei giocatori dell’Inter, e la corsa interminabile dei parigini non lascia respirare i nerazzurri, che cercano rifugio in Sommer. Le difficoltà dell’Inter sono evidenti, così come emerge l’agonismo e la freschezza dei francesi. Al 20′ arriva il raddoppio: l’azione comincia nell’area francese, con Barella troppo leggero nella protezione di un corner, in cui l’Inter sa sempre rendersi pericolosa; Pacho evita il giro dalla bandierina e il PSG va subito in contropiede: Dembélé chiama a sé la difesa nerazzurra e poi cambia gioco, Doué controlla e spara il destro verso la porta, convertito in rete dalla deviazione di Dimarco che manda fuori giri Sommer. Venti minuti maestosi della squadra di Luis Enrique, ma dall’altra parte l’Inter non sembra essere scesa in campo. Non si registrano occasioni per la squadra di Inzaghi, anche se la pressione del PSG si affievolisce leggermente dopo il doppio vantaggio, e questo favorisce una crescita -timida- dei nerazzurri. I movimenti dei francesi sono di un’armonia e una pulizia a dir poco pregevole, e la lettura difensiva dell’Inter soffre terribilmente questo continuo scambio di posizioni, in ogni zona del campo. Al 37′, dalla bandierina l’Inter si costruisce la prima -vera- occasione della sua gara, con il solito cross preciso di Calhanoglu indirizzato sul secondo palo, lì Thuram prende il tempo su Kvaratskhelia ma il suo colpo di testa termina di poco a lato. È il momento di spinta massima dell’Inter, favorito da una piccola fase di allentamento del Paris, subito richiamato a voce alta da Luis Enrique, che impone lucidità e maggior qualità. All’ultimo pallone del primo tempo Kvaratskhelia impensierisce ancora una volta Sommer. È l’ultimo squillo di un primo tempo a tinte uniche blu e rosse, con il Paris Saint Germain meritatamente in vantaggio. Un dominio schiacciante nel primo tempo, ma occhio a mantenere la partita in bilico, perché l’Inter si può riaccendere da un momento all’altro.

||SECONDO TEMPO ||

Nessun cambio all’intervallo, i riparte dagli stessi ventidue. L’Inter appare subito più coraggiosa e intraprendente, anche se era prevedibile visto il brutto primo tempo. Kvara prova a chiudere subito i conti ma il suo mancino termina in curva. In quel momento l’Inter capisce che per riaccendere la miccia serve maggiore qualità e incisività da destra, e lo sviluppo dell’Inter verte sempre dalla parte di Dumfries, favorito da un maggiore apporto alla manovra da parte di Thuram. Inzaghi è il primo a muovere la panchina con Bisseck e Zalewski al posto di Pavard e Dimarco. Il polacco viene subito ammonito per un fallo in attacco, ma il segnale è quello di alzare l’agonismo e il ritmo. Dopo pochi minuti la panchina dell’Inter viene mobilitata nuovamente perché Bisseck cade male a terra ed è costretto a uscire subito per un problema al flessore. Al suo posto Carlos Augusto, oltre a Darmian per Mkhitaryan. In mezzo alle sostituzioni il PSG mette il lucchetto alla finale: ancora una volta Dembélé domina il gioco a suo piacimento, e attira a sé i difensori dell’Inter, il francese imbuca per Vitinha che porta palla per metà campo, prima di appoggiare verso Doué, destro piazzato sul primo palo e discorso archiviato. Prestazione totale del gioiello francese, che esce qualche minuto dopo, accompagnato dalla standing ovation del suo pubblico e dal cinque di Barcola, pronto a seminare ulteriormente il panico tra le maglie nerazzurre. Inzaghi termina le sostituzioni con Asllani al posto di Calhanoglu, uscito acciaccato per un problema fisico. L’Inter si sgretola con il passare dei minuti, e il nervosismo comincia a prevalere sulla ragione, a tal punto che Kovacs mette mano al taschino più volte. Al 73′ i parigini debordano con Kvaratskhelia: l’azione parte dal basso, e il fraseggio porta fuori la linea di difesa dell’Inter -stranamente alta, il solito Dembélé dipinge calcio a tutto tondo, filtrante per Kvara che arriva fino all’area piccola, il mancino del georgiano buca Sommer sul primo palo. 4-0 PSG, dominio assoluto. L’Inter cerca il gol della bandiera, e in quel momento emerge l’altro top player del roster parigino: Gigio Donnarumma. Il portiere italiano mette i suoi guanti su un destro piazzato di Thuram, e nega il gol della bandiera al francese. Nelle retrovie l’Inter fa sempre più acqua, a tal punto che Barcola semina i difensori come se fossero birilli, ma davanti a Sommer calcia clamorosamente fuori, a due passi dalla porta. Con la gara in cassaforte -già dal decimo minuto in verità- Luis Enrique adopera tre cambi, che ancora una volta danno frutti meravigliosi. A cinque dal termine i parigini muovono palla attorno all’area, Barcola imbuca per il neo-entrato Mayulu che calcia forte e batte Sommer per la quinta volta. CINQUE a zero, un risultato clamoroso.

Un dominio incontrastato, dal primo all’ultimo minuto. Il PSG è stato superiore in tutto, dalla gestione tattica al controllo emotivo della gara. Con la forza delle idee, coordinato da un’insieme di perle preziose, Luis Enrique si conferma ancora una volta una garanzia per questa competizione. Il tecnico spagnolo non ha mai perso una finale in carriera, e il modo con cui il Paris Saint-Germain si è sbarazzato dell’Inter rimarrà negli annali della Champions League. Prima coppa in bacheca per il club francese, che quest’anno chiude la stagione con il triplete, dopo i successi in Ligue 1 e Coupe De France. Dall’altra parte l’Inter esce fracassata dal prato di Monaco di Baviera, per una sconfitta che peserà tantissimo per le modalità e per l’approccio alla partita. Un’Inter irriconoscibile, che però si è dovuto arrendere di fronte alla freschezza e alla qualità incredibile del Paris Saint-Germain. Stagione da zero tituliper dirla alla Mourinho, per la squadra di Inzaghi, che adesso dovrà sciogliere le riserve sul proprio futuro. Sipario per un’altra grande stagione di calcio europeo, con la nuova edizione della Champions che ha aggiunto all’albo un nuovo vincitore e uno spettacolo sempre più appassionante.

 

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