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Calcio

Il Supercommento della 21ª giornata di Serie A

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Grafica: Julya Marsala

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della ventunesima giornata di Serie A.

Roma-Genoa (A cura di Tommaso Patti)

Un Dybala ritrovato, e l’ottima prestazione di El Shaarawy rilanciano la Roma in classifica. Dopo due occasioni importanti dei giallorossi, portate avanti dal tiro di Hummels e dal tiro di Saelemaekers, la Roma conquista un calcio di punizione da buona posizione, sul punto di battuta va Dybala che colpisce la traversa, dando però il primo vero grande segnale offensivo della partita giallorossa. Con il passare dei minuti, i giallorossi continuano a spingere insistentemente, riuscendo a sbloccare la gara al 25’ con Dovbyk, che colpisce a botta quasi sicura dopo il tiro ravvicinato di Pellegrini neutralizzato da Leali, che però non può far niente sul tiro del numero undici ucraino. Poco dopo la mezz’ora, il Genoa riesce a trovare il gol del pareggio su calcio d’angolo grazie alla rete di Masini, che arriva prima di tutti e spinge il pallone in rete, regalandosi la prima rete in Serie A alla prima da titolare con la maglia del Genoa. La rete del nuovo vantaggio giallorossa arriva dopo un inizio secondo tempo dedicato interamente ad attaccare: il cross di Angelino viene recepito da Dybala che, dopo essersi girato, serve El Shaarawy che spedisce il pallone con il destro all’angolino, battendo Leali. Dopo due episodi dubbi per un fallo di mano e per un presunto contatto in area subito da El Shaarawy, nella stessa azione la Roma cala il tris con tanto merito di Dybala, protagonista di una prestazione impressionante, gol successivamente convalidato come autogol di Leali a causa del tocco decisivo indirizzato verso la porta del portiere del Grifone in risposta alla carambola creatasi in mezzo all’area di rigore. Dopo un finale dove il Genoa non riesce ad attaccare, la Roma prova a spingere con i nuovi entrati, sfiorando la quarta rete al 93’ con la conclusione a giro di Soulè che termina di poco alto.
Torna a vincere la Roma dopo il pareggio in extremis ottenuto al dall’Ara, sconfitta per il Genoa che non cambia il finora ottimo percorso portato avanti da Vieira.

Bologna-Monza

Il Bologna non si ferma più. Vittoria in rimonta sul Monza e sorpasso sul Milan. Ritmi alti fin dall’inizio, con il Bologna che cerca di mobilitare il doppio blocco da quattro costruito da Bocchetti. Il Monza in avvio è molto pimpante e soprattutto compatto tra le linee, e in contropiede i brianzoli trovano subito il modo per pungere. Con i rossoblù alti in avanti, Castro viene murato da Carboni e in contropiede Maldini elude il pressing a uomo di Beukema, appoggia di tacco per Ciurria e i due si involano verso la porta, l’esterno italiano è freddo nel servire con il tempo giusto Maldini, bravissimo nell’aprire il piatto destro e portare in vantaggio il Monza. Dal punto di vista fisico il Monza riesce a mettere in difficoltà la squadra di Italiano, mentre sul lato tecnico Daniel Maldini è l’assoluto mattatore della gara, libero da ogni pressione dopo la grandissima prestazione di lunedì scorso contro la Fiorentina. Il numero 14 dispensa qualità al servizio dei compagni e la sua posizione crea problemi alla difesa del Bologna. Come nella gara di San Siro, i rossoblù si aggrappano a Orsolini, cercato sempre di più dai compagni. Il numero 7 viene isolato sulla fascia, salta Akpa Akpro e mette un cross forte verso la porta, dove Castro allunga la traiettoria e batte Turati, momento di forma strepitoso per il ‘Toto’, sesto centro in campionato e secondo gol della settimana (l’argentino aveva realizzato l’1-0 nella gara contro l’Inter). L’inerzia della gara cambia e comincia a pendere verso il Bologna, e il Monza comincia a non uscire più. La pressione degli uomini di Italiano è efficace e al 32′ Dominguez riceve palla sul vertice, appoggia per Odgaard che in una frazione di secondo controlla e calcia forte sul palo opposto, dove Turati non può arrivare. Quarto gol in campionato per l’olandese, sempre più affermato nella trequarti felsinea. Il Monza perde i riferimenti, non riesce a controllare le offensive del Bologna e rischia di subire subito il 3-1, con Posch che calcia altissimo un pallone che doveva essere spinto in rete a un metro dalla porta. Il primo tempo della squadra di Bocchetti si appesantisce nuovamente quando Bondo alza bandiera bianca per un problema muscolare, al suo posto dentro il giovanissimo Vignato che costringe il Monza a riorganizzarsi. Novità al rientro dagli spogliatoi, con Dallinga che rileva Castro, cambio conservativo in vista della gara di Champions contro il Borussia Dortmund. L’ingresso dell’olandese non modifica quelle che sono le posizioni medie e il tipo di manovra del Bologna, mentre il Monza prova ad alzarsi in pressione per riacciuffare la gara, che nel corso del primo tempo si è messa sempre più in salita. La perdita di un riferimento centrale come Bondo ha ridotto le scelte in mediana e Bocchetti prova a sistemare aumentando il peso dell’attacco. In una fase molto spezzettata, il Bologna comincia ad alzare i toni agonistici per tenere alto il ritmo ed evitare un ritorno in corsa dei brianzoli. Al 68 Orsolini  mette il sigillo alla gara: cross perfetto di Lykogiannis sul secondo palo, Orsolini controlla e di piatto realizza il gol che smorza l’entusiasmo della squadra di Bocchetti, che intanto aveva inserito Martins per cercare di risollevare la partita. Nel finale i felsinei gestiscono il risultato, Italiano muove la panchina anche in vista della gara di martedì mentre il Monza si spegne sempre di più, non riuscendo a riaccendere la miccia. Periodo di forma strepitoso del Bologna, senza dubbio una delle migliori in questo periodo di stagione. La grande prestazione di San Siro trova conferme nel match del Dall’Ara, e adesso il Bologna ha l’opportunità di avvicinarsi vistosamente al quinto posto, con il big match tra Juventus e Milan che inquadrerà il percorso e la distanza della squadra di Italiano dall’Europa che conta. Il Monza rimane ancorato all’ultimo posto in classifica, ma gli spunti offerti dalla squadra di Bocchetti nel primo tempo erano stati interessanti, salvo poi arrendersi alla furia agonistica di Orsolini e compagni.

Juventus-Milan

In uno dei match di cartello di questo turno, la Juventus vince contro il Milan e cerca di allungare in classifica. Dopo l’equilibrio del primo tempo, la Juventus sforna un secondo tempo strepitoso e supera l’ostacolo Milan grazie alle reti di Mbangula e di Weah, subentrato nella ripresa.

Atalanta-Napoli (A cura di Marco Rizzuto)

Una vittoria dal peso specifico enorme. Il Napoli espugna Bergamo grazie al colpo di testa di Lukaku, si aggiudica la vittoria al termine di un match intenso, spettacolare e ricco di gol e occasioni, e adesso comincia ad allungare in vetta alla classifica. L’Inter rimane a caccia, ma la vittoria dei partenopei inquadra sempre di più il duello scudetto.

Fiorentina-Torino (A cura di Marco Rizzuto)

La maledizione dei viola continua, altro successo sfumato sotto i fischi del Franchi. La gara si apre con i viola che gestiscono il possesso, un possesso che non riesce a perforare la difesa ospite. Il Torino tenta di rispondere a tono ma, nonostante le iniziative, il risultato rimane inchiodato sullo 0-0. Dopo una mezz’ora a ritmi altalenanti, si assiste ad una fase più lenta e ragionata ma, a far riaccendere la miccia ci pensa Dembelé, il terzino destro dei granata ‘frana’ su Folorunsho beccandosi il doppio giallo che condanna i suoi a giocare con l’uomo in meno per più di un’ora. Dopo neanche cinque minuti dall’allontanamento del difensore, la Fiorentina trova il gol del vantaggio con Moise Kean, vero trascinatore del ‘carro viola’: Colpani con una girata al volo impegna Milinkovic-Savic che compie un salvataggio bellissimo quanto vano, sulla ribattuta Kean è il primo  ad arrivare e ribattere a rete di testa. Il Torino accenna una rapida reazione guidata da Karamoh, il francese sguscia via dal raddoppio di Dodo e Adli, entrando in area da posizione defilata e calciando di poco a lato. Sul finale della prima frazione Milinkovic-Savic con un miracolo sventa la conclusione sull’angolo basso di Kean, che sfiora il raddoppio. Dal lato opposto, allo scadere, il Torino sfiora il pari da calcio d’angolo, Comuzzo in acrobazia prova ad allontanare la sfera che, gli ribatte addosso sbattendo poi sulla traversa, salvando clamorosamente il risultato. Il primo tempo termina col vantaggio dei padroni di casa, preannunciando una reazione granata alla ripresa. Seconda metà di gara povera di emozioni, almeno per i primi venti minuti. Al 68′ Njie viene lanciato direttamente da Milinkovic-Savic, il subentrato calcia di poco al lato graziando i viola. Una manciata di secondi più tardi, subito dopo la rimessa corta di De Gea, Comuzzo serve Adli che si fa anticipare disastrosamente da Gineitis che, a tu per tu con lo spagnolo non sbaglia, per la Fiorentina è tutto da rifare e l’atmosfera al Franchi diventa tutt’altro che serena. Al tramonto del match, Masina tenta addirittura il colpaccio calciando da fuori area angolando sul secondo palo, ma De Gea legge benissimo la traiettoria in anticipo. Il triplice fischio da il via ad una pioggia assordante di fischi per i padroni di casa che, buttano al vento i tre punti mancando l’appuntamento con la vittoria per sette giornate consecutive. I periodi ‘no’ dei trequartisti viola stanno diventando dei veri e propri casi, sia Colpani che Gudmundsson infatti non trovano la via del gol da Ottobre e gli ultimi risultati evidenziano la necessità di un cambio di rendimento. Con questo ultimo incontro la Fiorentina resta al sesto posto a quota 33 punti, con il Bologna pronto al sorpasso. Il Torino guadagna una posizione ‘scavalcando’ il Genoa a pari punti per merito della differenza reti.

Cagliari-Lecce

Un successo che porta il sigillo della panchina. Il Cagliari esce dalla zona retrocessione e cala il poker sul Lecce. Uno scontro diretto che presenta tutto il pragmatismo e il peso del caso. In avvio nessuna delle due squadre si sbilancia e cerca di non concedere troppo. Il primo squillo della gara è dei padroni di casa: sviluppo di Zappa, che si stacca dai blocchi e allarga verso Zortea, cross di prima verso Piccoli che non riesce a calciare per l’opposizione della difesa salentina, la palla rimane nei pressi dell’area e Falcone deve calare il primo grande intervento della gara, con un riflesso in tuffo sul mancino potente di Adopo. Il Lecce prova a reagire ma Caprile non viene praticamente chiamato in causa, fino a quando al minuto 41 la gara si stappa: prima l’arbitro annulla un gol a Viola, per un evidente fallo del numero 10 rossoblù su Baschirotto, poi ll Lecce trova il gol del vantaggio nell’azione seguente, Tete Morente viene lanciato in profondità e arriva sul fondo, il cross dello spagnolo è basso e arretrato, Helgason non arriva a concludere mentre Pierotti arriva in corsa, scarica un mancino forte e preciso e batte un incolpevole Caprile. Anche nel secondo tempo il Cagliari cerca di fare la partita, ma è il Lecce a rendersi pericoloso, soprattutto in fase di transizione con le sgasate di Dorgu. All’ora di gioco Giampaolo inserisce Bonifazi al posto di Pierotti, solito cambio dell’ultimo frangente di campionato che esenta Dorgu da una fase difensiva più intensa. Il Cagliari trova il pareggio con la qualità di Gaetano, entrato per scuotere l’attacco al posto di Viola, il trequartista serve Deiola tra le linee, riceve l’assist di tacco del capitano sardo e incrocia il destro sul secondo palo.  L’inerzia della gara si ribalta completamente dalla parte del Cagliari, che grazie agli impulsi portati dalla panchina si getta a cappofitto all’assalto della porta di Falcone. I rossoblù ci mettono poco a ribaltare il risultato: corner forte e teso di Marin verso la porta, la deviazione decisiva è quella di Luperto per consolidare una rimonta orgogliosa e rabbiosa. Il Lecce perde completamente la testa e il cambio di centravanti attuato da Giampaolo complica ulteriormente la gara: Rebic, subentrato a Krstovic, commette una sciocchezza reagendo in maniera violenta a un fallo, con annessa provocazione, di Yerry Mina. Check del VAR e rosso diretto per il croato. Il Cagliari consolida il risultato con un altro gol di un difensore, anche se difensore ormai non lo è affatto: Zortea raccoglie l’assist di Augello e di testa chiude il match. Il Lecce si scioglie, il Cagliari gioca sul velluto, si diverte e sforna un altro capolavoro, Marin imbuca per Obert che non si pensa su, conclusione a giro e palla sotto l’incrocio dei pali. Un finale che non regala altri sussulti ma che sancisce un successo di un peso enorme per la squadra di Nicola. Tre punti frutto di una reazione rabbiosa avvenuta nel corso della ripresa. L’espulsione di Rebic, una vera e propria ingenuità dell’attaccante croato, ha spianato la strada ai sardi, ma la vera scossa che ha guidato la rimonta è arrivata la panchina. Due assist per Marin, un gol per Gaetano (su assist di Deiola), un assist di Augello. Un successo isolano in cui la panchina non è assolutamente isolata! Per il Lecce una sconfitta che fa molto male, soprattutto per il modo in cui è avvenuta. In parità numerica i salentini sembravano nettamente più in partita, ma i cambi di Giampaolo, e l’espulsione, hanno spento la luce. Adesso la classifica si compatta in maniera spettacolare, con il Lecce che adesso ha un solo punto di vantaggio sul Verona. Il Cagliari conquista tre punti che proiettano Davide Nicola a quota 21 punti, al tredicesimo posto in attesa delle altre gare.

Parma-Venezia (A cura di Simone Scafidi)

Al Tardini Parma e Venezia ai annullano, portandosi a casa un punto a testa forse più utile ai Lagunari che ai Ducali. I padroni di casa partono subito in quinta, con Cancellieri che sfiora il gol dell’1-0 impattando su un cross proveniente dalla fascia destra. Al 16’, Mandela Keita stende ingenuamente Yeboah, che è bravo a prendersi il penalty successivamente realizzato dal solito Pohjanpalo. Dopo il calcio di rigore, la prima metà di gara continua con ritmi bassissimi, portando in scenda un continuo studio da parte delle due compagni, che non affondano il colpo. Nel secondo tempo il Parma è chiamato a reagire, e al 54’, sulla disattenzione di Candela, non impeccabile, Drissa Camara gli soffia la palla e si fa buttare giù in area di rigore, procurandosi un calcio di rigore. Al gol di Pohjanpalo del primo tempo, risponde Hernani, impeccabile dal dischetto, che spiazza Stankovic. Dopo il rigore, la manovra dei padroni di casa prende il sopravvento, impegnando diverse volte Stankovic, che si mette come al solito in mostra con degli interventi veramente prodigiosi. Sulla costruzione del Parma, però, il Venezia riparte clamorosamente in contropiede, segnando il gol del 2-1, con la discesa sulla fascia destra di Oristanio, che batte Suzuki. L’attaccante del Venezia, però, era in fuorigioco, e dopo un check del VAR il gol viene annullato. Si conclude con un pareggio un fondamentale scontro salvezza, che strozza in gola l’urlo del Venezia, veramente vicino ai tre punti.

Hellas Verona-Lazio (A cura di Tommaso Patti)

La testata di Gigot, la cavalcata di Dia e la rete dell’ex Zaccagni regalano tre punti a Baroni. La gara del Bentegodi si apre con gli applausi della tifoseria veronese per l’allenatore bianco celeste, in merito alla scorsa stagione, dove baroni era proprio alla guida dei veneti. Dopo soli due minuti, la lazio si porta in vantaggio sugli sviluppi di un calcio d’angolo battuto da Zaccagni, il suo cross trova a centro area l’anticipo di Gigot, che spedisce il pallone sul secondo palo, firmando la sua seconda rete in maglia Lazio. Dopo nemmeno due minuti dalla rete del francese, il Verona sfiora il pareggio con il lancio di Coppola, che viene spizzato in avanti da Sarr per poi finire tra le gambe di Tengstedt, che si divora il gol del pareggio grazie anche all’intervento di Provedel. Al ventesimo, Guendouzi innesca la rete del doppio vantaggio servendo Dia che, dopo essersi fatto venticinque metri palla al piede, buca Montipò, che tocca il tiro del centravanti senegalese, ma non impedisce al pallone di terminare nella propria porta. Successivamente, entrambe le formazioni vanno vicine al gol, con il tiro di Isaksen deviato in corner da montipò, e con la conclusione di Duda terminata di poco a lato dalla porta difesa da Provedel. Prima dell’intervallo, la squadra di Zanetti colpisce la traversa sul colpo di testa di Serdar, azione che regala l’ultima azione del primo tempo. Nella ripresa, un retro passaggio suicidi di Tchatchoua regala alla Lazio la rete della vittoria: il retro passaggio dell’esterno del Verona regala a Dia la possibilità di segnare una doppietta, che invece sceglie di servire Zaccagni, alla sua sesta rete in campionato. La gara prosegue e la Lazio sfiora il quarto gol col Castellanos, il Verona invece va vicino al gol della bandiera ma termina la gara in inferiorità numerica, a causa dell’espulsione di di Duda per doppia ammonizione. Con il successo del Bentegodi, la Lazio trova la sua prima vittoria del 2025. Continua il periodo no per il Verona, che vede la squadra di Zanetti in balia della zona retrocessione.

Inter-Empoli (A cura di Simone Scafidi)

Continua la caduta libera dell’Empoli, che non vince dall’8 dicembre e che crolla sotto i colpi dell’Inter di Inzaghi, vincitore per 3-1. La partita si apre al 13’, con una rovesciata di Lautaro che costringe Vasquez ad un grande intervento che salva gli azzurri. Appena dieci minuti dopo, sempre Lautaro Martinez si rende protagonista di un tiro che scheggia il palo e fa tremare la difesa di D’Aversa. Il primo tempo spoglio di vere emozioni si conclude con il doppio tentativo di Barella dalla distanza, che, nonostante la mattonella ormai favorita, non riesce a inquadrare la porta. La mentalità della squadra di Inzaghi cambia sin dall’inizio del secondo tempo. Al 54’ Lautaro Martinez, dopo i diversi tentativi già citati, calcia a giro da fuori area e, complice un intervento non impeccabile di Vasquez, sigla il gol dell’1-0. Appena tre minuti dopo Lautaro ci riprova, impattando il passaggio di Carlos Augusto ma trovando stavolta Vasquez, che blocca in sicurezza. Al 78’ i nerazzurri si portano sul 2-0, con l’ormai solito gol di Dumfries, che sugli sviluppi di un calcio d’angolo svetta e colpisce di testa, arrivando più in alto di tutti e insaccando la sfera. È immediata la reazione dell’Empoli, con il suo giocatore migliore, Sebastiano Esposito, che all’83’ accorcia le distanze, segnando il sesto gol nelle ultime sei partite. A due minuti dal 90’ l’Inter chiude definitivamente i conti, con Marcus Thuram che sigla un ripartenza il gol del 3-1 e permette ai suoi di gioire. Di fronte ad un Inter superiore, l’Empoli continua il suo periodo buio, che segue una prima parte di campionato in cui sembrava poter avere le capacità per ambire a qualcosa di molto più grande.

Como-Udinese (A cura di Marco Rizzuto)

I lariani incantano nell’ultimo incontro della ventunesima giornata, abbattendo con un perentorio 4-1 l’Udinese. L’impatt0 travolgente di Diao e la classe di Strefezza fanno da volto al gioco spumeggiante, ma amante del brivido, di Fabregas. Bastano cinque minuti al Como per rompere gli equilibri e passare in vantaggio, Strefezza riceve al limite dell’area e imbuca per Diao che, sfugge a Kamara e calcia forte sotto la traversa. Un impatto eccezionale del diciannovenne spagnolo in Serie A, dopo aver inaugurato il match contro il Milan, arriva il secondo centro in tre partite. L’avvio è un monologo azzurro e Sava deve impegnarsi per evitare il 2-0 dopo quindici minuti. Sui risvolti di un calcio d’angolo, Lovric intercetta la sfera ma sbaglia il disimpegno liberando la conclusione rapida di Caqueret, respinta in angolo dall’estremo difensore. Nel corner successivo Diao ha l’occasione del raddoppio anticipando tutti sul cross di Strefezza, ma anche stavolta Sava nega in tuffo. Dopo i primi venti minuti di fuoco del Sinigaglia, i ritmi calano fino al tramonto del primo tempo. Da calcio d’angolo i padroni di casa non riescono a sfondare di testa ma, sul pallone vagante si avventa Strefezza che di prepotenza buca Sava sul secondo palo, firmando il raddoppio. Alla ripresa l’Udinese riapre i giochi al 50′: Payero anticipa Strefezza al limite dell’area e trafigge Butez sul suo palo con una conclusione rasoterra. Il gol accende il furore dei friulani che spingono per il pari. L’occasione del 2-2 passa dai piedi di Kristensen che, imbuca Modesto con un filtrante che taglia la difesa, l’esterno angolano però, vanifica il tutto calciando piano e male. In questa ripresa giocata ad alti ritmi il direttore di gara è costretto a mettere mano ai cartellini ripetutamente, ammonendo Goldaniga due volte nel giro di sei minuti. L’espulsione del centrale costringe Fabregas a ridisegnare velocemente la formazione, inserendo i giovani Fellipe Jack in difesa e Nico Paz sulla trequarti. Fortunatamente per i lariani la parità numerica si ristabilisce dopo pochi minuti a causa dell’intervento in ritardo di Solet su Cutrone, entrata che gli costa la doppia ammonizione. Dopo questa fase spezzettata della gara, il Como trova la rete che mette al sicuro i tre punti: Fadera dall’out di sinistra mette un pallone pericoloso al centro dell’area piccola, sfera che viene spedita in rete dall’autogol di Bijol. Nei titoli di coda il Como giganteggia con Nico Paz che, mette l’ultima firma a questo sonoro 4-1, spedendo in rete dopo la sponda di Engelhardt sul cross di Fadera. Il triplice fischio decreta il termine della ventunesima giornata, l’ampio successo al Sinigaglia rilancia il Como in classifica, allontanandolo dalla zona rossa, l’Udinese scende al decimo posto, chiudendo negativamente la striscia di pareggi degli ultimi tre incontri.

LA TOP11 DELLA 21ª GIORNATA

Grafica: Julya Marsala

Classe 2005. Studente in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Palermo. Amante del calcio fin da bambino, vivo ogni partita con la stessa passione del primo giorno. Aspirante giornalista con una passione per lo storytelling e gli editoriali.

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Calcio

Tsunami Blues: il Chelsea travolge il Betis in rimonta e vince la sua prima Conference League

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La Conference League è finalmente giunta al suo atto conclusivo. La finale di Breslavia porta in scena Chelsea e Real Betis (alla prima finale europea della sua storia) per contendersi, sul campo, il titolo di quarti campioni della Conference. La squadra di Pellegrini, dopo un inizio di stagione non brillantissimo, da gennaio in poi ha cambiato totalmente rotta, risultando come una delle squadre più in forma d’Europa, meritevole di approdare in finale per affrontare la compagine favorita della competizione.

Speranza e Realtà

In uno stadio quasi interamente biancoverde, il fischio d’inizio viene anticipato dalla consueta cerimonia d’apertura, che porta sul manto verde i volti dei protagonisti di questo ultimo atto. Il Betis non esita a partire subito con la marcia ingranata, portando in scena uno stile di gioco immediatamente arrembante e offensivo. Dopo appena otto minuti, la squadra di Pellegrini va in vantaggio grazie al colpo da biliardo di El Zazzouli, che riceve, al limite dell’area, un pallone magico da Isco e calcia a incrociare, battendo Jorgensen. Nonostante la sicurezza del gol del vantaggio, i biancoverdi non smettono di pressare e proporre diverse manovre offensive nei minuti immediatamente successivi, con Bartra che arriva addirittura a sfiorare un clamoroso gol da 35 metri. Il Chelsea sembra essere sulle gambe, probabilmente per la tensione del momento e per un approccio alla gara non proprio sereno; dal 35’ in poi, però, la squadra di Maresca riesce a trovare un suo equilibrio e si difende egregiamente limitando i movimenti del Betis. Nel secondo tempo l’inversione di marcia è pressoché totale: i Blues cominciano a pressare e a proporsi insistentemente, fino ad arrivare ad un dominio totale. Al 65’ Palmer sale in cattedra, e dopo una gestione palla magistrale in mezzo al campo, fa partire un cross preciso per Enzo Fernandez, che si trasforma in un gigante e di testa buca Adriàn, riportando tutto in parità. Non passano neanche quattro minuti, e un’altra, magica, invenzione di Cole Palmer dall’out di destra trova in area Nicholas Jackson, che anticipa tutti e ribalta le sorti del match, portando avanti i Blues. Il Betis è in balia dell’onda blu che lo sta travolgendo, e il Chelsea, dal canto suo, è bravo ad approfittare degli errori avversari, soprattutto in fase difensiva. All’83’, un liscio di Sabaly favorisce Reece James, che stoppa il pallone e, con diverso tempo per prepararsi, calcia sul secondo palo e insacca il pallone all’incrocio dei pali, chiudendo la partita con un epilogo degno delle più belle favole. Nel recupero si unisce alla festa anche Caicedo, che dal limite dell’area calcia all’angolino basso, bucando Adriàn per la quarta volta e siglando il gol del definitivo 4-1, che manda in paradiso la squadra di Maresca.

Illusione

Per 65 minuti, il Betis ha creduto di potercela fare, di poter mettere piede nell’Olimpo dei vincitori Europei, portando un gioco convincente e aggressivo, che sembrava stare immobilizzando una delle regine del calcio inglese. Nonostante la volontà, la voglia e la speranza, il grande dispendio fisico, a lungo andare, si è rivelato un’arma a doppio taglio.  Nel secondo tempo il crollo prestazionale è inevitabile, i Blues prendono il sopravvento e gli ultimi venticinque minuti non lasciano spazio ad interpretazioni. Il 4-1 finale è immagine di un Betis coraggioso, audace, ma che non è riuscito a reggere la richiesta fisica di un match per cui, il Chelsea, era sicuramente più preparato.

 

 

 

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Il Supercommento della 38ª giornata di Serie A

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Con il weekend che si apre il 24 e si chiude il 26 maggio, giunge al termine anche questa stagione di Serie A che, come al solito, al suo atto conclusivo ha saputo regalarci diversi verdetti tra salvezza, accesso in Europa e, soprattutto, l’assegnazione dello Scudetto.

Ecco il commento completo, con la Top 11 alla fine, dell’ultima giornata di Serie A.

Napoli-Cagliari

Alla battuta finale di questo campionato, e con un’intera città al suo ascolto, il Napoli batte 2-0 il Cagliari con una prestazione di cuore e di squadra, e soprattuto con i due uomini simbolo di questo campionato, che portano in terra partenopea il quarto scudetto azzurro.

Como-Inter

Vincere a volte non è abbastanza. Con gli occhi costantemente puntati al Maradona, l’Inter batte il Como per 2-0, ma al triplice fischio viene pervaso dall’amarezza. Nonostante i tre punti, la vittoria del Napoli annulla ogni speranza dei nerazzurri, autori di un campionato assolutamente meritevole.

Bologna-Genoa (A cura di Tommaso Patti)

Doppietta all’esordio dal 1’, Venturino trascina e incanta il Genoa

La prima delle due partite dell’ultimo sabato di Serie A 202/4/25, vede sfidarsi Bologna e Genoa. Dopo la meritata ovazione ricevuta dai felsinei da parte dei propri tifosi dopo lo storico successo in finale di Coppa Italia contro il Milan, la gara comincia ma si dimostra subito in salita per la formazione di Vincenzo Italiano: dopo l’immediata occasione conclusa con il tiro a giro largo di Ndoye, il Genoa passa in vantaggio dagli sviluppi di un calcio d’angolo, che trova successo grazie alla rete di Vitinha su cross di Martin. La seconda rete in campionato dell’attaccante portoghese, oltre a mandare avanti il grifone, carica la squadra in virtù di una sfida molto importante, seppur le due squadre hanno già conquistato i propri obiettivi. Qualche minuto più tardi, il sole del Dall’Ara bacia i piedi di Venturino, schierato a sorpresa dal primo minuto da Vieira e autore di uno splendido gol dopo venticinque minuti. La commozione è tanta, ma il classe 2006 riesce a trasformarla in forza e, poco prima dell’intervallo, riceve palla da un ispiratissimo Vitinha e firma la sua prima e storica doppietta in Serie A. Con il risultato sullo 0-3, il Genoa abbassa i toni e lascia più spazio di giocata al Bologna. Nella ripresa, la squadra di Italiano prova in tutti i modi a rientrare in partita, andandoci vicino con il colpo di testa di De Silvestri, e accorciando le distanze con l’ennesimo gol capolavoro di Orsolini. Grazie al quindicesimo gol in questo campionato dell’ormai idolo indiscusso di Bologna, i padroni di casa giocano con più convinzione, ma sbattono più volte contro la difesa avversaria e pagano dazio con le diverse conclusioni imprecise, che non cambiano il parziale e fanno terminare la gara 1-3. Nonostante la sconfitta e il nono posto il Bologna può sentirsi pienamente soddisfatto del rendimento in campionato. Stesso discorso per il grifone, che mette in bacheca la decima vittoria in stagione e sale a quota 43 punti, concludendo la stagione ampiamente sopra la zona retrocessione.

Milan-Monza (A cura di Tommaso Patti)

Vittoria nel silenzio. Il Milan supera 2-0 il Monza

In una cornice calda e piena di tensioni, il Milan ospita un Monza già retrocesso. Durante la settimana sono state molteplici le contestazioni del tifo organizzato rossonero, nel mirino società e dirigenza. Il primo squillo della gara arriva dopo tre minuti, quando su un passaggio brillante di Rejnders, Joao Felix scatta in profondità e arriva alla conclusione, trovando però l’opposizione di Pizzignacco. Due minuti più tardi, su un calcio di punizione battuto da Pavlovic, Pizzignacco si supera e salva miracolosamente il Monza. Con il passare dei minuti, entrambe le squadre non riescono a prendere campo e a sorprendere l’avversario. Poco prima dell’intervallo, su un’azione prolungata di Pulisic, João Félix riceve palla e calcia da fuori aria, spedendo la sfera di poco a lato la porta difesa da Pizzignacco. Nella ripresa parte meglio il Milan, sfiorando due volte il vantaggio prima con Pulisic e poi con Chukwueze. Se nel primo tempo il Monza subiva svariate occasioni ma senza lasciare il totale dominio di gioco al Milan, dopo la traversa colpita da João Félix al 63º, la squadra di Nesta esce totalmente dalla gara. Un minuto più tardi, sugli sviluppi di un corner battuto da Chukwueze, Gabbia salta più in alto di tutti e spinge di testa il pallone in porta, trovando il gol del vantaggio a meno di mezz’ora dalla fine. A circa un quarto d’ora alla fine invece, è João Félix a regalare l’ultima “gioia” della pessima stagione del Milan, con un calcio di punizione preciso e angolato. L’ultima occasione pericolosa del campionato del Monza arriva sul colpo di testa di Akpa Akpro, conclusione pericolosa ma ribattuta da un ottimo riflesso di Maignan. Al fischio finale, entrambe le squadre salutano una stagione totalmente deludente e al di sotto delle aspettative. Se da una parte il Monza aveva già capito l’antifona della stagione, il Milan con il passare delle giornate ha perso sempre più certezze, soprattutto dopo gli ultimi due k.o. in finale di Coppa Italia col Bologna e nella trasferta persa contro la Roma, sconfitte che hanno dato la matematica certezza al Milan di non partecipare in nessuna competizione europea la prossima stagione.

 

Atalanta-Parma (A cura di Dennis Rusignuolo)

Una rimonta alla Chivu salva il Parma. Ondrejka e Hainaut ribaltano la Dea nel secondo tempo

Una serata dal carico emotivo indescrivibile, per l’ennesimo step di crescita di una realtà che migliora di anno in anno, come il miglior rosso presente in cantina. Al Gewiss l’Atalanta chiude la propria stagione e probabilmente chiude un ciclo irripetibile, perché il futuro di Gasperini va ancora decifrato ma sembra destinato a terminare, così come termina questa sera l’avventura orobica di Rafael Toloi. Lo storico capitano brasiliano, uno dei pilastri storici di questa squadra, ha scelto di tornare in Brasile e concludere la sua avventura italiana. Sotto gli occhi di un altro capolavoro tattico del Gasp, Hans Hateboer, l’Atalanta ospita un Parma alla ricerca del gran finale per concludere al meglio la stagione da neopromossa. Chivu mantiene stabile il blocco visto con il Napoli, quell’undici che ormai è un’emblema di solidità e praticità; dall’altra parte Gasperini rinuncia a Lookman e Zappacosta per dare continuità a Daniel Maldini e Marco Palestra, protagonisti nella precedente gara di Genova. Pronti, via, e il Parma è costretto a rivedere le proprie strategie. Mandela Keita subisce un colpo al ginocchio e deve alzare subito bandiera bianca, al suo posto dentro Bernabè. La prima occasione della gara è dei crociati, con Bonny che cerca di sfondare lateralmente con la sua qualità, il francese riesce anche a calciare, ma la botta è solo potente e Carnesecchi centralmente respinge. Il ritmo della partita è alto, e il Parma ci prova in tutti i modi, ma Carnesecchi alza il muro e chiude la porta. Alla mezz’ora emerge la Dea e si porta avanti: Bellanova accompagna l’azione, cerca in mezzo Retegui ma trova l’inserimento di Maldini sul secondo palo. Secondo gol consecutivo per Daniel Maldini, che non perde tempo per mettere in fondo al sacco anche il terzo sigillo. Dopo nemmeno sessanta secondi Retegui appoggia, forse involontariamente, all’indietro, Maldini arriva in corsa e calcia meravigliosamente a giro. 2-0 in meno di due minuti e partita in ghiaccio. La squadra di Chivu accusa terribilmente il colpo, e le offensive dei crociati perdono smalto con il passare dei minuti. Ciò che non perde pulizia e il tocco di Bonny, che sembra l’unico in grado di poter creare concretamente qualcosa nel Parma, e ci prova sempre il francese a dimezzare lo svantaggio, ma ancora una volta la porta è sbarrata. Due mosse per parte all’intervallo: Gasperini richiama Maldini e Palestra, sostituiti da Lookman e Posch; il Parma invece aumenta il peso all’attacco con Ondrejka e Hainaut per Hernani e Valeri. La mossa paga subito, dopo meno di quattro minuti: triangolo favorito dai due subentrati e Pellegrino, la difesa dell’Atalanta non chiude bene ed Hainaut sfonda la porta e riaccende la gara. La Dea ha subito l’occasione per rimettere due gol di vantaggio, ma Sulemana calcia malissimo a un passo da Suzuki. Gasperini opta per l’esperienza e la gestione di Ederson e Pasalic, entrati al posto di Sulemana e Brescianini. È un Parma nettamente più acceso, e trova il pareggio con l’altro subentrato: Ondrejka scatta alle spalle di Bellanova, si prepara il tiro e lo piazza alle spalle di Carnesecchi. Pareggio riacciuffato ed è un risultato pesantissimo visti i risultati degli altri campi. Pellegrino ha il pallone del 2-3 tra i piedi, ma Carnesecchi ancora una volta è formidabile nel chiudere lo specchio al centravanti del Parma. La salvezza si ufficializza al primo minuto di recupero, perché Chivu ancora una volta è riuscito a ribaltare tutto con i cambi: Bernabé allarga verso Ondrejka, lo svedese calcia bene con il sinistro, ma è la deviazione di Hien che manda fuori giri Carnesecchi e blinda la permanenza in Serie A dei crociati. Una salvezza conquistata dopo un percorso ricco di insidie e difficoltà. La gestione Chivu ha portato un vento nuovo a Parma, dopo che il ciclo Pecchia aveva raggiunto il suo termine, e il gioco cinico e pratico del romeno sono stati fondamentali per mantenere i crociati a debita distanza dalla retrocessione. Le varie rimonte perpetrate in questo finale sono merito di una lettura precisa della partita, in cui il Parma era andato spesso in svantaggio, ma grazie al coraggio delle idee e nella visione di Chivu, i crociati giocheranno ancora in Serie A. Sponda Atalanta si attendono aggiornamenti per il futuro di Gasperini, e a giudicare dagli striscioni dei tifosi Bergamo chiede a gran voce la permanenza dell’uomo che ha trascinato la Dea verso un paradiso sempre più limpido.

Venezia-Juventus (A cura di Dennis Rusignuolo)

La Juve vola in Champions grazie al rigore di Locatelli. Il Venezia saluta la Serie A

L’ultimo ostacolo per conquistare l’obiettivo prefissato. Tudor arriva al Penzo con quasi tutto il pacchetto difensivo acciaccato: ai soliti assenti Bremer e Cabal si aggiungono i problemi di Veiga e Gatti, recuperati ma non al meglio per poter cominciare dal primo minuto. La scelta del tecnico bianconero un reparto inedito: Kelly al centro, Alberto Costa alla sua destra e ancora una volta Savona sulla sinistra. Per il resto il blocco juventino è ormai il solito, e sono gli stessi che hanno battuto settimana scorsa l’Udinese. Il Venezia cerca l’ultima palina per ormeggiare la propria imbarcazione in Serie A, ma solo un gran risultato può permettere una salvezza che profumerebbe di impresa. La sconfitta di Cagliari ha fatto sprofondare la squadra di Di Francesco al penultimo posto, ma per la gara del Penzo i lagunari devono fare a meno del loro baluardo difensivo, perché manca Idzes per squalifica. In mezzo al campo DiFra sceglie Doumbia al posto di Kike Perez, mentre in avanti Yeboah fa coppia con Fila. Per l’ultima gara il tecnico del Venezia sceglie un attaccante di statura e sostanza al posto del doppio attaccante mobile, anche se la scelta è influenzata dal problema di Oristanio (recuperato in extremis per la panchina). Fin dal primissimo pallone giocato il Venezia prova a fare la voce grossa. Di Francesco cerca di smuovere le pedine bianconere con la costruzione dal basso, e la tattica è subito vincente: al secondo minuto la Juve è sfilacciata, il Venezia muove bene la palla sulla sinistra con Doumbia e Haps, cross dell’esterno e zampata vincente di Fila, al secondo gol in campionato. La Juve non perde tempo per reagire, e pareggia dopo sessanta secondi con una perla di Alberto Costa. Il portoghese calcia un missile in controbalzo che si insacca all’incrocio dei pali, ma il check del VAR riaccende l’entusiasmo del Penzo, perché nella preparazione del tiro Costa tocca la palla con il braccio. Lo shock è palpabile tra i bianconeri, che cercano di alzare il baricentro con un maggior possesso, ma il Venezia in mezzo al campo ha una marcia in più grazie alle geometrie di Nicolussi Caviglia. La notizia del vantaggio della Roma a Torino gioca a favore del Venezia, perché la Juve mentalmente è sconnessa, come si è mai vista dall’arrivo di Tudor, e i lagunari giocano sui nervi e sulle difficoltà dei bianconeri. Nel buio emerge il Diez, perché Yildiz rimette in equilibrio la gara: Cambiaso batte rapidamente la rimessa, si rifugia dal turco che pettina un paio di volte il pallone, prima di sistemarsi la sfera sul mancino e indirizzarla in fondo al sacco, con una sporcatura di Radu. Di colpo la partita si ribalta completamente, il Venezia non esce più e la Juve ne approfitta subito con Kolo Muani. Altra pressione alta dei bianconeri, questa volta fatta con i tempi giusti, Alberto Costa si getta in avanti e non permette l’intervento alla difesa lagunare, Kolo Muani raccoglie la sfera e incrocia, ancora una volta Radu tocca ma non basta. Alla mezz’ora la Juve torna avanti e rimette momentaneamente a posto le cose. La partita è molto tesa e nervosa, certificata dall’ammonizione per proteste di Tudor, ma anche dall’energia con cui le due squadre lottano su ogni pallone. Il Venezia viaggia a folate, e dopo il doppio schiaffo alza di nuovo il proprio baricentro per rintanare nella propria metà campo la Juve, che in questa prima frazione non ha ostentato particolare solidità e bilanciamento difensivo. Al 41′ Yeboah sfiora l’eurogol con il mancino, conclusione a giro praticamente perfetta che esce di poco alla destra di Di Gregorio. Si va all’intervallo con la Juve in vantaggio, e virtualmente in Champions League, ma al Penzo può succedere qualsiasi cosa in qualsiasi momento. Tudor sceglie subito Renato Veiga per la ripresa, sebbene il portoghese non sia al meglio la sua presenza è fondamentale per gli ultimi 45′. Fuori Alberto Costa, il cui primo tempo è stato un vero e proprio rollercoaster (gol annullato, ammonizione e serie di svarioni difensivi). Si riparte con il Venezia in avanti, ma la Juve ci mette grande qualità nell’uscita e nella gestione del pallone nella zona calda, e questo non permette ai lagunari di trovare molto spazio per attaccare, se non in ripartenza. La squadra di Di Francesco è più viva che mai, e trova il pareggio al minuto 57: Doumbia si getta in avanti, apparecchia all’indietro verso Haps che arriva in corsa e calcia male, ma una deviazione di Savona permette al pallone di insaccarsi sotto la traversa. Ancora una volta la Juve è costretta a ricostruire la propria qualificazione, anche perché da Torino arrivano notizie poco confortanti data la vittoria della Roma. Conceição va vicino al nuovo vantaggio dopo un solo minuto dal pari, ma il suo mancino termina di poco fuori. La squadra di Tudor sembra sulle gambe dopo il pareggio, incapace di reagire e spingersi stabilmente nella metà campo del Venezia. In contropiede i padroni di casa sfiorano il nuovo vantaggio con Haps, che termina in quell’azione la benzina ed esce tra gli applausi di tutto il Penzo. Al suo posto entra Kike Perez, e nel frattempo DiFra sceglie Gytkjaer al posto di Fila. Al 70′ Di Gregorio salva miracolosamente su Doumbia, e sul ribaltamento Conceição salta Nicolussi Caviglia e viene colpito dallo stinco del centrocampista, calcio di rigore. Dagli undici metri si presenta Manuel Locatelli, che apre il piatto e la piazza all’incrocio dei pali. Freddezza e leadership assolute per il capitano bianconero, che ha preso in mano il pallone più pesante della stagione e l’ha insaccato alle spalle di Radu per la terza volta. Le sostituzioni di Tudor arrivano allo scoccare del 75′: fuori Kolo Muani e Cambiaso, dentro Vlahovic e McKennie; Di Francesco risponde con Oristanio e Marcandalli. Locatelli sfiora il match-point con il destro a giro, palla che si avvicina all’incrocio dei pali ma non scende abbastanza. L’intento di Tudor è chiaro: smorzare il ritmo del Venezia con le sostituzioni, e restituire atletismo e brillantezza fisica con i nuovi ingressi. Il croato sostituisce Nico Gonzalez con un centometrista come Weah e compatta la difesa e il blocco centrale. Di Francesco sceglie Maric come ultima mossa, e per rispondere ai centimetri dell’attaccante croato, Tudor sceglie Gatti. Il difensore italiano entra al posto di Conceição, uscito con i crampi, e si affianca a Renato Veiga per blindare la zona centrale della difesa. Nel recupero mezza Juve è in preda ai crampi, si corre e si difende con tutte le ultime energie rimaste, anche se il Venezia non impensierisce Di Gregorio. Lacrime da una parte e dall’altra, perché la Juve riesce a concludere al quarto posto in campionato, conquistando l’ultimo posto disponibile per la Champions League. Il rigore decisivo di capitan Locatelli regala a Tudor la prima vittoria in trasferta, la più importante e la più preziosa. Il Venezia saluta la Serie A dopo una sola stagione, e le lacrime di Eusebio Di Francesco sono l’emblema di una squadra che ha lottato fino all’ultimo con un proprio ideale calcistico e con coraggio spropositato, ma non è bastato per mantenere la categoria. Adesso per la Juve si aprono le porte della Champions League, anche se l’estate bianconera sarà riempita dal mondiale per club. Alla guida ci sarà sicuramente Igor Tudor, che è riuscito a conquistare l’obiettivo prefissato, in futuro…chissà!

 

Udinese-Fiorentina

La Fiorentina chiude la pratica, Palladino si prende la Conference all’ultimo respiro

Al Bluenergy Stadium l’Udinese, ormai certa della salvezza da diverse giornate, ospita la Fiorentina di Palladino, che riesce, all’ultimo respiro, a conquistare l’ultimo spot disponibile per l’Europa, accedendo così alla prossima edizione di Conference League. Poco dopo la metà del primo tempo, la squadra di Runjaic trova il gol del vantaggio, grazie ad una precisa conclusione rasoterra di Lucca che, dal centro dell’area, beffa De Gea per la gioia dei tifosi di casa. Pochi istanti dopo la viola prova a farsi vedere con Kean, la cui conclusione termina alta, per poi rimanere in superiorità numerica a causa dell’ ingenuità di Bijol che entra duramente in scivolata su Pablo Marì procurandosi così il secondo giallo. Nel secondo tempo la Fiorentina scende in campo con una mentalità totalmente diversa, e sin dal primo minuto arremba sulla fascia destra con Dodò, il cui cross pesca Fagioli, che, dopo ben tre tentativi consecutivi da fuori area, riesce finalmente a battere Okoye, trovando il gol del pareggio. Dieci minuti dopo arriva il gol che ribalta la partita: dopo la grande discesa sulla fascia di Richardson, il pallone arriva a Beltran, che colpisce di tacco e batte nuovamente Okoye, preso in controtempo. I friulani però non mollano e riescono, al 60′ spaccato, a trovare il gol del pareggio su situazione di corner, sulla quale, nella mischia in area di rigore, Kabasele sbuca trovando la rete del pareggio. Dopo ciò, l’assedio viola si intensifica, per la necessità dei tre punti e la voglia di entrare nella zona europea. Le occasioni sono diverse, ma non particolarmente lampanti, con i tentativi di Kean e di Gudmundson, appena entrato. All’82’ però, la fortuna arride alla viola, che con Kean, e favorita da una deviazione, riesce a trovare il gol vittoria a pochi minuti dalla fine. Palladino, alla fine dei giochi, riesce a conquistare l’accesso in Conference, mentre Runjaic, alla sua prima stagione in Serie A, conquista una salvezza tranquilla, con l’augurio di poter fare qualcosa di più l’anno prossimo.

 

Lazio-Lecce

Fortezza Salentina, un Lecce stoico batte la Lazio e conquista la salvezza

La squadra di Giampaolo giunge all’Olimpico con l’unico obiettivo di vincere, per portare a casa una salvezza che saprebbe di storia. Nella battaglia dell’Olimpico, i Salentini si salvano e conquistano, per la prima volta, la terza salvezza consecutiva, guadagnandosi così il diritto di partecipare al campionato di Serie A per il quarto anno di fila. Per quasi tutto il primo tempo, il match affronta una fase di stallo, con le due squadre che appaiono restie dall’affondare il colpo. Al 43′, però, il Lecce prende coraggio, e con un incursione coraggiosa di Lassana Coulibaly, che si avventa sul pallone, riesce a siglare il gol del vantaggio che trascina i Salentini al di fuori della zona retrocessione. Nei tre minuti di recupero, la Lazio, inizialmente, va vicina al pareggio con la botta di Castellanos, salvata da Falcone, e poi si ritrova un superiorità numerica a causa dell’espulsione di Pierotti per somma di ammonizioni, che lascia i giallorossi in dieci uomini nel momento più delicato della partita. Nel secondo tempo, inevitabilmente, il dominio biancoceleste é pressoché totale, ma il Lecce non demorde. La squadra di Baroni, specialmente sulla fascia di sinistra, crea tantissime occasioni grazie alle sgasate e alle invenzioni di Nuno Tavares, che spesso pesca dei compagni in area , i quali trovano sempre l’opposizione di uno straordinario Falcone. Al 79′, su un meraviglioso cross di Pellegrini, Vecino si avventa sul pallone e scheggia l’incrocio. Ci prova diverse volte Pedro, ci prova anche Guendouzi, ma i biancocelesti non riescono a trovare la via del gol. Il Lecce si difende egregiamente e, sullo scadere, arriva anche il rosso per Romagnoli, che commette un fallo di nervosismo e viene punito con il rosso diretto dal direttore di gara. Si conclude così il campionato arduo del Lecce, che conquista la salvezza, così come si conclude anche quello della Lazio, che nel corso dell’anno é stata davvero troppo discontinua, dovendo così pagare il prezzo dell’esclusione dalle competizioni europee.

Empoli-Hellas Verona

Rammarico Azzurro, l’Empoli retrocede in Serie B per mano di un crudele Verona

In un Castellani gremito più che mai, l’Empoli giunge all’atto conclusivo di questa stagione come uno dei grandi fallimenti. In Zona Retrocessione piena, la squadra di D’Aversa arriva all’ultima giornata con il compito di accaparrarsi l’ennesima salvezza insperata, contro un Verona determinato, nonostante tutto, a vincere. In appena tre minuti e venti il Verona riesce a sbloccarla: la rimessa laterale battuta da Tchatchoua arriva, alla fine, tra i piedi di Serdar, che dal limite dell’area calcia e buca un imperfetto Vasquez, portando avanti l’Hellas, subito arrembante. Con due calci di punizione di Esposito e un tiro dalla distanza di Fazzini, abbastanza insidiosi, l’Empoli impensierisce e non poco Perilli, la cui porta viene finalmente violata al 43′, quando la respinta proprio dell’estremo difensore scaligero finisce sui piedi proprio di Fazzini, che in tuffo arriva sulla sfera e, pizzicando la traversa, insacca il gol del pareggio che rialza il morale azzurro. Il secondo tempo comincia esattamente come il primo, nonostante un atteggiamento leggermente più conservatore da parte di entrambe le compagini, il Verona gestisce il gioco e, al 69′, arriva il gol del 2-1. Un ennesimo cross di Tchatchoua dal settore destro del campo pesca l’inserimento di Bradaric, che, totalmente da solo, batte Vasquez e riporta avanti l’Hellas per quello che sarà il definitivo 2-1. Negli istanti conclusivi del match, com’è ovvio che sia, l’Empoli prova un forcing disperato, cercando la conclusione da qualsiasi angolo e con qualsiasi soluzione, senza però riuscire a trovare la via del gol e venendo così condannato ad un’amara e, per quelle che erano le premesse di inizio stagione, inaspettata e crudele retrocessione, per mano di un Verona che vince e si salva matematicamente all’ultima giornata.

 

Torino-Roma

L’ultima danza di Ranieri é perfetta, ma invano. Niente Champions per i giallorossi.

All’Olimpico grande Torino, Toro e Roma arrivano per mettere un sigillo definitivo alla stagione 2024/2025. L’ultima danza di un meraviglioso Claudio Ranieri va in pista con l’obbligo di vincere, sperando in quella che sarebbe una clamorosa debacle della Juventus per una qualificazione in Champions apparentemente impossibile ad inizio stagione. I Giallorossi partono subito forte e nei primi cinque minuti un palo esterno di Shomurodov e una traversa alta scheggiata da Paredes spaventano la squadra di Vanoli. Al 15′ minuto Saelemekers viene stesso al limite dell’area e l’arbitro assegna il tiro dagli undici metri alla Roma, perfettamente realizzato da Paredes per il gol sell’1-0, quasi raddoppiato, pochi istanti dopo, da un tiro di Koné ironicamente salvato da Shomurodov che devia in rimessa dal fondo. Né nel primo, né nel secondo tempo, il Torino sembra scendere il campo, lasciando il pallino del gioco totalmente nelle mani dei giallorossi, che al 53′ ne approfittano raddoppiando con Saelemekers, che, totalmente da solo, viene pescato da Soulé con un cross precisissimo, che gli consente di colpire di testa spiazzando Milinkovic-Savic. Al 65′ Soulé viene raggiunto con un lancio lungo sull’out di destra e, rientrando, cerca un sinistro a giro, che però si infrange sulla traversa scheggiandola e mantenendo il risultato invariato. Nel quarto d’ora finale il Torino prova timidamente a farsi vedere, ma un paio di semplicissimi interventi di Svilar fanno svanire ogni speranza, con la Roma che torna ad attaccare. A circa sette minuti dal termine Cristante sigla anche il gol del 3-0, annullato però per il fuorigioco iniziale di El Shaarawy che viene punito. Dopo il triplice fischio, l’Olimpico Grande Torino si scioglie in un “abbraccio” per Claudio Ranieri, inquadrato, nel finale di gara, durante un emozionante abbraccio con Paulo Dybala. A lui il merito di aver portato, molto vicino alla Champions League, una Roma che ad inizio stagione pareva disastrata, compiendo, così, l’ultimo dei suoi grandi miracoli.

 

 

 

 

 

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Calcio

L’Inter vince ma non basta. Il Napoli è campione d’Italia per la quarta volta

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L’apertura dell’ultimo weekend di campionato coincide con la chiusura del discorso scudetto, perché il Napoli supera l’ostacolo Cagliari e si laurea campione d’Italia per la quarta volta nella sua storia. Non basta la vittoria dell’Inter in casa del Como, perché i partenopei riescono a blindare il successo grazie alle reti di McTominay e Lukaku.

Il racconto di un finale di stagione al cardiopalma, come non si viveva da quasi quindici anni.  

Un finale dai tanti significati e dalle mille sfaccettature, due cornici che definire splendide è riduttivo. Da una parte un palcoscenico unico, in quel ramo del lago di Como; dall’altra il Diego Armando Maradona di Napoli, il catino nel quartiere di Fuorigrotta che ribolle di passione ed energia per una delle serate più attese e intense degli ultimi anni.

Napoli-Cagliari

Novanta minuti per coronare un sogno, una città intera riversata per le strade e nei seggiolini del Maradona. Tutta Napoli è in campo e fuori dal campo per l’ultimo atto, il più atteso. Conte, squalificato (come Inzaghi a Como) e sostituito dal vice Stellini, non ha particolari dubbi per gli undici che scendono in campo: con Buongiorno e Lobotka ancora una volta acciaccati, la scelta ricade nuovamente su Olivera e Gilmour. Quarto gettone al centro della difesa per Mati Olivera, sempre più in confidenza con il ruolo, mentre lo scozzese fa reparto insieme al connazionale McTominay e Anguissa. In avanti Raspadori e Lukaku ormai fanno coppia fissa, mentre Neres parte dalla panchina ma sicuramente troverà spazio a gara in corso. Il Cagliari schiera gli uomini migliori, anche se i sardi arrivano al Maradona con un paio di assenze importanti (Luvumbo, Pavoletti, Caprile e Gaetano su tutti).

NAPOLI: Meret, Di Lorenzo, Rrahmani, Olivera, Spinazzola, Gilmour, Anguissa, McTominay, Politano, Raspadori, Lukaku

CAGLIARI: Sherri, Zappa, Mina, Luperto, Zortea, Adopo, Makoumbou, Deiola, Augello, Viola, Piccoli

Tra le note splendide di Live is Life il Maradona cerca di vivere una di quelle sere che viveva regolarmente ai tempi di Diego, una magia che non si basa sul prestigio del mago ma sul cinismo dei duellanti. Non è cambiata la passione e l’energia di uno stadio che trasuda calcio, tutto colorato di quell’azzurro “Ca rassumiglia ‘o cielo e ‘o mare ‘e sta città”.

Foto: X Lega Serie A

|| PRIMO TEMPO || 

Al fischio iniziale di La Penna tutta la letteratura si concentra sul rettangolo verde. Napoli subito in pressione altissima sui portatori di palla, il Cagliari accoppia Mina a Lukaku, e quei due si daranno battaglia fino all’ultimo secondo. Due pilastri, i due riferimenti e i due leader tecnici ed emotivi. Fin dai primi minuti McTominay è praticamente l’attaccante aggiunto, ma ormai non è più una sorpresa, e i cross sono la soluzione preferita dei partenopei. Si gioca fin da subito in una sola metà campo, e Raspadori spaventa la porta di Sherri con un diagonale mancino che sibila con il palo sinistro. In avvio tutti i palloni indirizzati verso il centro dell’area trovano un gigante colombiano a svettare, Yerry Mina domina in avvio e il Napoli trova l’occasione principale in ripartenza, quando il difensore rossoblù è nell’area azzurra e i partenopei ripartono con la velocità di Spinazzola e l’inserimento di Gilmour, provvidenziale l’uscita di Sherri. I maggiori corridoi il Napoli li trova a destra, con Politano e Raspadori in costante proiezione offensiva. Gli azzurri sono costantemente in forcing offensivo, e al 13′ Sherri sbarra la strada al destro -a botta sicura- di Rrahmani. L’Inter va in vantaggio al Sinigaglia, ma il copione della gara del Napoli non sembra subire variazioni, il ritmo si mantiene altissimo e al riaggressione dei giocatori di Conte è furibonda, si viaggia su binari altissimi. Lukaku cerca di riconsegnare il primato momentaneo ma Sherri e Mina si oppongono, il belga trova lo spazio per calciare ma il suo mancino è stoppato dalla scivolata del colombiano. I toni agonistici sono alti sopra ogni limite, a tal punto che La Penna sceglie il pugno di ferro: dopo un primo accenno di rissa, ammoniti sia Makoumbou che Politano. Le proteste del Napoli sono per una manata del centrocampista rossoblù su Raspadori. Ci sono problemi di comunicazione tra l’arbitro e il VAR, e per riprendere il gioco ci vogliono quasi cinque minuti, ma la decisione rimane quella di campo. Il Cagliari nel primo tempo alza il muro per grandi meriti di Sherri, impreciso in uscita ma prezioso nelle respinte con le mani, come quella su Spinazzola a cinque dagli spogliatoi. Lo sbarramento rossoblù crolla al minuto 41, quando McTominay si inventa il gol dell’anno: cross morbido a girare di Politano, McTominay decide di regalare un’immagine da “album Panini” e in semi-rovesciata batte Sherri. Un gol meraviglioso di un giocatore maestoso, l’uomo in più in questa stagione azzurra. Dal Maradona non si alza solo un urlo liberatorio, ma una nebbia sempre più fitta causata dai fumogeni del tifo partenopeo. All’intervallo si va sull’1-0 e adesso è tutto in discesa.

|| SECONDO TEMPO ||

Nessuna sostituzione da parte dei due allenatori, anche se dagli spogliatoi il Cagliari prova a uscire con maggiore coraggio e intraprendenza. I rossoblù cercano un fraseggio più ragionato e pulito, complice un blocco basso e una pressione meno intensa da parte del Napoli. Nelle uscite gli azzurri trovano più difficoltà, e la giocata codificata verso Lukaku è spesso schermata, ma quando il belga trova spazio è devastante. Al 50′ lancio lungo verso Lukaku, il numero 11 vince il contrasto con Mina e con una potenza inaudita arriva davanti a Sherri e lo buca in diagonale. Quattordicesimo centro per Lukaku, sicuramente il più importante perché con due gol di vantaggio adesso lo scudetto è tanto, tantissimo, vicino. Nicola ne cambia tre per mantenere alta la concentrazione: vanno fuori Zortea, Makoumbou e Viola, entrano Mutandwa, Palomino e Marin. La scelta di Conte invece è David Neres, scelto al posto di uno stremato Politano. Applausi scroscianti del Maradona per uno dei pretoriani fedelissimi di Conte, sempre prezioso in fase di non possesso oltre che in attacco. Il brasiliano ha subito l’occasione per mettere la firma finale, ma Sherri gli sbarra la strada al momento della conclusione. La difesa del Cagliari non riesce più a contenere Lukaku, e tutte le azioni partenopee passano dal “nuraghe” belga. La gestione del risultato diventa quasi semplice, a tal punto che il Napoli cerca di sfondare ogni volta che può, perché il Cagliari non riesce a impensierire la porta di Meret, che oggi si può considerare uno spettatore non pagante. Il Cagliari è in balia del possesso e della spinta emotiva che il Maradona fornisce agli Azzurri. Conte cerca di giocare anche con l’emotività dello stadio, e richiama fuori Lukaku per una standing ovation che riflette la stagione da leader del belga; al suo posto dentro Simeone, ex di giornata. Nel frattempo, tra le file sarde, Obert ha rilevato Augello. La girandola di sostituzioni smorza il ritmo della partita, e nel finale Nicola regala l’esordio in A per il terzo portiere Ciocci, al posto di un ottimo Sherri, prezioso con le sue parate nel primo tempo per ritardare la gioia del Maradona. Mancano solo dieci minuti e ormai tutto lo stadio si comincia a sciogliere perché la pratica è ufficiosamente chiusa. Anguissa termina la benzina e Conte ne approfitta per chiudere i cambi con Billing, Mazzocchi (per Spinazzola) e Ngonge (per Raspadori), ma ormai rimane solo l’ultimo squarcio di partita prima della festa generale.

“Napule è mille culure”, una delle frasi più famose di una voce pura e limpida come il mare partenopeo. La voce di Pino Daniele presenta una varietà immensa di colori, ma questa sera Napoli si tinge di azzurro, oltre al tricolore che viene sollevato al cielo di Fuorigrotta per la quarta volta nella storia del club partenopeo. Una stagione di altissimo livello, terminata nel migliore dei modi grazie alle firme dei due working class hero voluti da Conte. La straripante forza di Lukaku, la polivalenza e il dominio del gioco di Scott McTominay sono state le chiavi principali per un successo che rimarrà nella storia azzurra. E poi c’è il comandante, la guida spirituale di questa cavalcata. Antonio Conte lo ha fatto ancora, per l’ennesima volta è sul tetto d’Italia. Una vittoria che porta la sua firma nelle modalità e nell’identità. Il tecnico leccese è riuscito a “friggere il pesce con l’acqua“, è andato contro i suoi principi basilari di gioco ed è riuscito a rendere questo Napoli un ingranaggio non sempre perfetto, ma terribilmente funzionale per raggiungere la vetta più alta della Serie A, per la quarta volta.

Meno dominante, con più pathos e meno protagonisti, ma ancora una volta Napoli è sul tetto d’Italia.

Como-Inter

Con la consapevolezza di non avere concretamente il destino nelle proprie mani, e con una finale di Champions League sullo sfondo, l’Inter cerca di chiudere con una vittoria al Sinigaglia di Como, ma la gestione è tutta finalizzata verso la gara di Monaco di Baviera. Ritornano in squadra gli acciaccati Frattesi e Lautaro Martinez, ma Inzaghi -squalificato contro la Lazio, sostituito dal vice Farris- sceglie una strategia conservativa: a riposo quasi tutti i “big”, eccezion fatta per Sommer, Calhanoglu e Dimarco, e conferme di alcuni volti che hanno ben vinto nell’ultima trasferta contro il Torino. Ancora una volta Zalewski agisce in mezzo al campo, insieme a Calhanoglu e Asllani, altra chance in cabina di regia per l’albanese. L’attacco è sorretto da Taremi e Correa, chiamati a dare un segnale per il presente, ma soprattutto per il futuro all’interno del club nerazzurro. Fabregas risponde con le sue solite scelte mirate e coraggiose, con la presenza tra i pali di Pepe Reina, all’ultima gara in carriera a 43 anni, mentre la difesa è inedita.

COMO: Reina, Van Der Brempt, Dossena, Kempf, Valle, Perrone, Da Cunha, Caqueret, Nico Paz, Strefezza, Douvikas 

INTER: Sommer, Bisseck, De Vrij, Carlos Augusto, Darmian, Calhanoglu, Asllani, Zalewski, Dimarco, Correa, Taremi 

Un decimo posto conquistato con un’ideale e uno spirito unico. Il Como chiude il campionato con una maglia speciale e con più risposte che domande. L’Inter invece cerca di dare un senso a questo finale di stagione, alla ricerca di una notizia sorprendente da Napoli.

|| PRIMO TEMPO ||

Si gioca subito a un ritmo altissimo, ma non era una sorpresa vista l’identità del Como e la ricerca del fraseggio da parte dell’Inter. I rischi principali per la porta di Sommer arrivano quando i lariani sono in pressione alta, e il primo brivido è un destro di Van Der Brempt su cui il portiere svizzero non ha problemi. In ripartenza l’Inter sfiora il vantaggio con la classica ricerca dei due esterni, Dimarco mette in mezzo un cioccolatino che Darmian scarta anche bene, ma non fa i conti con Perrone, provvidenziale nel salvare sulla linea. In mezzo al campo l’Inter trova le giocate per scardinare il blocco unito del Como, specialmente nella parte sinistra dove Zalewski non viene marcato bene da Nico Paz. Anche la squadra di Fabregas ha spazio tra le linee e in uno sviluppo Massa estrae il primo giallo: ammonito Calhanoglu per un intervento in netto ritardo su Perrone, il turco era diffidato e salterà la prima del prossimo campionato (o l’eventuale spareggio scudetto). Si gioca in fazzoletti di campo, e la differenza la fa la qualità dei singoli, soprattutto nella trequarti. Il Como rimane in pressione altissima, e la sensazione è quella confermata non solo alla vigilia, ma nelle ultime settimane lariane: coraggio e spregiudicatezza, contro qualsiasi avversario. L’Inter però si conferma micidiale sui piazzati, e al 20′ i nerazzurri passano in vantaggio: corner di Calhanoglu, traiettoria a uscire e incornata maestosa, ma solitaria, di Stefan De Vrij (oggi capitano). È la rete numero 26 da palla inattiva per la squadra di Inzaghi, un marchio di fabbrica a tinte nerazzurre. Il momentaneo primato non stravolge l’inerzia della partita, perché il Como non cala di intensità. Prova a riaccendersi il solito Nico Paz, sempre prezioso e intraprendente con le sue giocate da funambolo. L’Inter continua a soffrire il pallone spiovente sul secondo palo, e in questo fondamentale serve un altro intervento sicuro di Sommer per chiudere lo specchio a Van Der Brempt. In contropiede la squadra di Inzaghi ha delle praterie, ma Taremi pecca di freddezza e alla mezz’ora fallisce il raddoppio calciando addosso a Reina. Il calcio sa regalare intrecci e storie sempre più variegate, non sempre romantici come si desidera. A ridosso dell’intervallo Taremi viene steso da Reina in uscita, in prima battuta l’iraniano prosegue l’azione ma scivola subito dopo, ma il VAR richiama Massa e l’intervento del portiere spagnolo è falloso: cartellino rosso e punizione dal limite. L’immagine dell’uscita di Reina è unica, perché tutto lo stadio e gli avversari si concedono un momento di applausi e standing ovation per la carriera di un portiere, anzi un portierissimo. Al suo posto entra Butez, ed esce un anonimo Caqueret, che nel primo tempo si è visto pochissimo. La notizia del vantaggio del Napoli arriva a ridosso dell’intervallo, e la gestione emotiva della ripresa diventa l’argomento principale per l’Inter, chiamata a chiudere la partita sfruttando la superiorità numerica.

|| SECONDO TEMPO ||

Il Como cerca di far sentire la propria voce già dall’inizio, a tal punto che Da Cunha costringe De Vrij al fallo al limite dell’area. Cartellino giallo per l’olandese, che rischia di mettere in salita il suo secondo tempo. Il Como ha una marcia in più, ma l’Inter ci mette pochi minuti per raddoppiare, questa volta in ripartenza: Correa scatta sulla sinistra, splendida finta di tiro con il sinistro e destro piazzato che batte Butez. Il 2-0 indirizza la partita ma nello stesso momento il Napoli trova il raddoppio e mette in discesa il discorso scudetto. Fabregas cerca di riaccendere la miccia aumentando l’esperienza e il peso in avanti: fuori Douvikas e dentro capitan Cutrone. Bisseck accusa un problema al ginocchio e rimane a terra, Inzaghi non rischia nulla e muove la panchina con tre mosse: Barella, Acerbi e Dumfries al posto di Bisseck, Dimarco e Calhanoglu. Prime rotazioni tra le fila nerazzurre, e visto il risultato del Maradona la gestione mira alla finale di Monaco di Baviera. Il Como allenta il ritmo, anche se cerca di riaccendere la propria partita. Nico Paz cerca di mettersi in proprio in più occasioni, ma nell’ultimo passaggio lui e Cutrone peccano di lucidità e freddezza. L’Inter rallenta la partita, e con le sostituzioni cerca di smorzare il ritmo. Arnautovic rileva Taremi, ancora una volta impreciso e poco freddo. La prestazione dell’iraniano è la copertina della sua stagione, sicuramente al di sotto delle aspettative, visti i numeri strepitosi registrati nella sua precedente avventura al Porto. Inzaghi regala l’esordio in A per il giovane Topalovic, mentre tutto il Sinigaglia si concede la standing ovation per Nico Paz, il cui futuro è ancora incerto visto il pressing del Real. Entra anche Iovine, che ha deciso di chiudere questa sera la sua carriera calcistica all’età di 33 anni. Nel finale ormai non c’è più nulla da difendere, né da attaccare, e dopo tre minuti di recupero Massa fischia la fine.

L’Inter conclude il suo campionato con una vittoria, ma non basta per tentare il sorpasso miracoloso. Non è bastato un successo costruito e ottenuto con la solita lucidità e praticità, perché il Napoli ha fatto il suo dovere, ma la stagione della squadra di Inzaghi rimane di alto livello, anche se la finale di Champions diventa lo spartiacque per valutare al meglio la stagione nerazzurra. Il Como saluta due pilastri come Reina e Iovine, e adesso il futuro è tutto da scrivere, anche se la prima penna mostrata quest’anno è stata certamente di livello.

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