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Calcio

Il Supercommento della 26ª giornata di Serie A

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Grafica: Julya Marsala

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della ventiseiesima giornata di Serie A.

Lecce-Udinese (A cura di Dennis Rusignuolo)

I friulani passano di misura a Lecce grazie al rigore di Lucca, che farà discutere

Scelte pressoché obbligate da una parte e dall’altra: Runjaic che schiera dal 1′ Sanchez, che al Via Del Mare trovò il primo gol in Serie A; Giampaolo schiera il tridente con Morente, Krstovic e Pierotti. La prima palla gol è friulana: gran filtrante di Lovric che mette Lucca davanti a Falcone, bravo a chiudergli lo specchio e a respingere. I primi minuti sono tutti dell’Udinese che attacca e cerca il gol da fuori con Ekkelenkamp e Sanchez, senza trovare però lo specchio. Il Lecce fatica a imbastire un’azione degna di nota, soffrendo il pressing avversario, col pubblico che si innervosisce per i troppi passaggi all’indietro. Attorno al 25′ si vedono i salentini in area ospite, con una doppia conclusione di Pierotti alla quale si oppone la difesa con salvataggio finale di Kristensen in corner. Alla mezz’ora l’evento che decide, e condiziona, la partita: contatto tra Jean e Lovric in area, col braccio del difensore che colpisce il volto del giocatore ospite, senza vederlo arrivare. Sembra essere un normalissimo contatto di gioco ma Bonacina viene richiamato dal Var e concede il penalty. A quel punto va in scena un imbarazzante teatrino con i giocatori dell’Udinese che litigano per battere il rigore. In molti cercano di strappare il pallone dalle mani di Lucca, che non lo molla. Il numero 17 trasforma il penalty ma nessun compagno va a festeggiare con lui. Passano quattro minuti e Runjaic toglie Lucca e mette Iker Bravo, l’impressione è che la scelta sia punitiva per la sceneggiata del rigore. Nella ripresa pochissime emozioni fin dall’inizio. Il piano gara dell’Udinese è quello di mantenere il risultato senza correre alcun rischio, mentre il Lecce cerca più una scossa emotiva che tattica. Le occasioni principali sono tutte di marca bianconera, con i friulani che sfiorano ripetutamente il raddoppio. Falcone evita il raddoppio al 53′ alzando in angolo un gran tiro di Bravo da fuori area. Sanchez mette Kamara davanti a Falcone, ma l’ivoriano spreca con un tiro cross che non trova nessuno. Fioccano i gialli in una gara da nervi tesissimi: nell’arco di 3′ se li beccano Berisha, Lovric e Payero. Quest’ultimo rischia il secondo con un’entrata a piede alto che Bonacina non sanziona. Giampaolo prova ad aumentare il potenziale offensivo con Rebic al posto di Pierret per gli ultimi 20′. Runjaic compatta le due linee e difende il risultato fino al fischio finale. Successo prezioso per l’Udinese, adesso stabilmente al decimo posto con un buon vantaggio sul Torino undicesimo. La squadra di Runjaic deve risolvere l’enigma legato al calcio di rigore di Lucca, e ricompattare subito il gruppo in vista dei prossimi match, che diranno definitivamente dove può arrivare questa Udinese. Amaro in bocca per il Lecce, che adesso cerca di riattivare la macchina da gol che si è vista nelle precedenti gare con Giampaolo, dato che i salentini non trovano la rete da ormai tre partite.

Parma-Bologna (A cura di Tommaso Patti)

Esordio vincente per Chivu. Il Bologna cade al Tardini contro il Parma

In una partita che vede protagoniste due squadre con obiettivi e mentalità diverse, l’avvio di gara è abbastanza equilibrato da regalare buone occasioni da entrambe le parti. Se il Bologna è chiamato alla conferma di una stagione fin qui eccellente, il nuovo Parma dell’esordiente Christian Chivu è chiamato ad una vittoria per riscattare il morale di una squadra che negli ultimi mesi ha vissuto più bassi gli alti. Dopo aver deciso con una doppietta, la sfida contro il Torino, Ndoye si rende protagonista nei primi minuti di gara con una conclusione sul primo palo bloccata da Suzuki, e con un cross teso che attraversa tutta l’aria di rigore, che però viene sprecato dal colpo di testa di Cambiaghi terminato largo. A ridosso della mezz’ora, il Parma entra definitivamente in partita reclamando un calcio di rigore per un fallo di mano di Beukema, che viene giudicato irregolare dal direttore di gara. Dagli undici metri si presenta Bonny che, spiazza Ravaglia, e porta avanti i padroni di casa con un gol che mancava da 105 giorni. Dal gol del centravanti francese, un paio di ammonizioni e una serie di cambi caratterizzano il finale di partita. Con l’ingresso di Dennis Man, il Parma trova la freschezza giusta trovare il gol del raddoppio al minuto settantanove, rete portata avanti proprio da un’azione nata dai piedi dall’esterno rumeno, che dopo essersi fatto una trentina di metri palla al piede riesce a servire Sohm, bravo ad incrociare il suo sinistro e a battere Ravaglia per indirizzare la gara verso i ducali. I due gol di svantaggio non scoraggiano del tutto gli uomini di Vincenzo italiano, che non mollano e provano ad accorciare le distanze con Orsolini ma, la sua punizione da zona defilata termina di poco alta sopra la traversa. Con il Bologna riversato nell’area di riva avversaria, Dennis Man è agile nel creare e finire un contropiede che poteva regalare il tris alla propria squadra, rete negata dall’uscita provvidenziale dell’estremo difensore felsineo. Prima del triplice fischio, un’altra occasione finalizzata dal tiro di Orsolini fa rimanere sulle spine tutto il Tardini ma, anche questa conclusione del numero sette rossoblu non termina nello specchio della porta. Questo successo per 2-0 contro una delle più forti potenze della serie A, regala al nuovo Parma di Chivu tre punti fondamentali per la zona salvezza e un’iniezione di fiducia per affrontare le successive partite. Il pareggio della Lazio e la sconfitta del Milan a Torino, attutisce questa pesante sconfitta in ottica Champions League per il Bologna, che è chiamato al riscatto già dalla prossima sfida in casa contro il Cagliari.

Venezia-Lazio (A cura di Marco Rizzuto)

La Lazio spreca prima e rischia poi, col Venezia termina 0-0

Al Penzo si assiste ad un avvio molto equilibrato, la più grande occasione del primo tempo arriva intorno al ventesimo Zaccagni dal limite riesce ad imbucare per Dia, ma il senegalese fallisce clamorosamente da pochi metri calciando fuori dallo specchio della porta da pochi metri. A flirtare col vantaggio rimane sempre e solo la Lazio. Agli sgoccioli del primo tempo Dele-Bashiru calcia forte dalla distanza col pallone che termina a fil di palo, ma il problema alla caviglia rimediato qualche minuto prima lo costringe ad abbandonare la gara. Il secondo tempo segue lo stesso copione, la Lazio mantiene il possesso del pallone mentre il Venezia tenta diferire in contropiede -fin’ora senza successo-. Al 53′ Isaksen riesce a liberarsi e calciare dalla distanza, il tiro è potente ma centrale e Radu si rifughia in calcio d’angolo. Il primo squillo dei Lagunari arriva superata l’ora di gioco: calcio piazzato calciato a rientrare di Zerbin, Maric riesce ad anticipare Mandas ma la palla esce di qualche millimetro graziando la Lazio. Nella fase finale del match il Venezia riesce a venire fuori in ripartenza, Oristanio spezza la retroguardia biancoceleste saltando Romagnoli e calciando col mancino, Mandas in allungo riesce a negare il gol. All’89’ una lunga manovra dei Leoni alati si conclude con la conclusione di Zerbin, deviata in corner da Marusic. Sul finale La Lazio rischia di perderla con la conclusione centrale di Yeboah, neutralizzata facilmente da Mandas. Il passo falso dei biancocelesti costa il quarto posto, occupato adesso dalla Juventus. Il Venezia soffre per gran parte della gara ma rammarica la vittoria sul finale, si deve accontentare di un punto, comunque importante per la lotta salvezza.

Torino-Milan (A cura di Marco Rizzuto)

Milinkovic-Show all’Olimpico Grande Torino, Milan sconfitto

La prestazione monstre di MilinkovicSavic regala la vittoria al Torino. Inizio da dimenticare per i rossoneri, al 4’ Maignan nel tentativo di spazzare il pallone colpisce in pieno Malick Thiaw, causando l’autorete che sblocca il match a favore dei granata. Il Torino si dimostra la ‘bestia nera’ per il difensore tedesco: è il secondo autogol contro il Torino in questa stagione. Il Milan prova a reagire al 20’: uno-due perfetto tra Joao Felix e Reinjders col portoghese che manda in porta Gimenez, ma Milinkovic-Savic è bravissimo a rimanere in piedi e sventare la conclusione del numero sette. Alla mezz’ora il Milan fallisce dal dischetto l’occasione del pareggio. Milinkovic-Savic in tuffo nega il penalty a Pulisic, costringendolo al primo errore in carriera e confermandosi un pararigori eccezionale (quarto rigore parato della stagione). Sugli sgoccioli del primo tempo il Torino torna a spaventare i rossoneri: Vlasic attacca l’area da posizione arretrata e servito in corsa da Ricci calcia in porta, Maignan con la mano di richiamo riesce a deviare in corner. Il secondo tempo riprende con una grande assenza, quella di Rafael Leao. La sostituzione del portoghese a metà gara fa riflettere, ma la scelta è necessaria per ristabilire equilibrio in mezzo al campo, al suo posto Fofana. Con la presenza di un centrocampista in più Reinjders può tornare ad attaccare l’area con più libertà e all’ora di gioco: Pulisic manda in porta proprio l’olandese che deve arrendersi ad un’altra parata fenomenale di Milinkovic-Savic. Superato il sessantesimo il Milan assedia l’area di rigore avversaria, prima Jimenez fa la barba al palo calciando dalla distanza, poi Joao Felix colpendo il legno in pieno. Nell’ultimo quarto d’ora i rossoneri spezzano l’imbattibilità del Toro, pareggiando grazie alla deviazione non perfetta di Walukiewicz e la conclusione sotto al sette da parte di Reinjders, protagonista assoluto di questo secondo tempo. Dopo due minuti, il Toro torna avanti con Gineitis: la difesa del Milan, colta completamente di sorpresa sul calcio di punizione dei granata, si perde ingenuamente l’inserimento del lituano servito da Sanabria con una palla molto furba, il centrocampista calcia sul secondo palo facendo fuori Maignan e tagliando le gambe al Milan. L’incontro termina con la caduta dei rossoneri e la vittoria sofferta ma voluta fortemente del Torino. La squadra di Vanoli scavalca il Genoa piazzandosi all’undicesimo posto della classifica. Dopo l’eliminazione in Champions League, il Milan crolla anche in campionato, una sconfitta pesantissima che rischia di compromettere la lotta per un posto tra le prime quattro.

Inter-Genoa (A cura di Tommaso Patti)

Vittoria da primato. All’Inter basta un gol di Lautaro per prendersi la vetta

Nella sfida che vede la possibilità di prendersi la vetta, Inzaghi è costretto a fare un leggero turnover per riuscire a frenare tutti i problemi relativi agli infortuni di Thuram, Sommer e Carlos Augusto, schierando dal primo minuto Joseph Martinez, Asllani e Correa. Con questi cambi forzati, il gioco dell’Inter si dimostra sin da subito meno funzionale ed efficace rispetto alle partite precedenti, complice anche un’ottima lettura di gioco della squadra di Vieira. Dopo un avvio in cui nerazzurri, provano insistentemente a trovare la rete del vantaggio con protagonisti Dumfries e Mkhitaryan, il Genoa comincia ad entrare in partita, sfruttando la fisicità di Pinamonti e la velocità di Ekhator. Nonostante i ritmi non siano per nulla bassi, la partita si accende soltanto nei primi minuti della ripresa, quando sulla corsa verso la porta di Miretti, Acerbi riesce a fare un recupero importante, neutralizzando la conclusione del centrocampista genoano che termina in corner. Due minuti più tardi sul lancio di Dimarco e sulla spizzata di Lautaro, Barella prova a sbloccare la gara con un tiro al volo da lunghissima distanza che però termina di poco lontano dallo specchio dalla porta e viene anticipatamente recuperato da Leali. Sugli sviluppi di un calcio d’angolo, l’Inter sfiora il gol del vantaggio con la rovesciata di Pavard respinta da Leali. L’ingresso di Çalhanoğlu permette all’Inter di manovrare le azioni offensive con più sicurezza, come nell’occasione che vede il centrocampista turco servire barella, autore di un’altra conclusione dalla distanza che termina all’incrocio dei pali. Nel momento migliore dei nerazzurri, il Genoa va ad un passo dall’1-0 con un’occasione nata da un calcio d’angolo battuto ad uscire da Aaron Martin, che arriva sulla testa di Ekuban dopo un rimpallo, ma che viene allontanato dallo specchio dalla porta da un’uscita miracolosa dell’ex Josep Martinez, all’esordio in Serie A con la maglia dell’Inter. Sempre da calcio d’angolo, l’Inter trova dopo tanta insistenza la rete del vantaggio, sancita dalla decima firma stagionale di Lautaro Martínez, rete che arriva grazie all’anticipo di testa sul primo palo da parte dell’argentino, aiutato da una deviazione di Masini. La reazione del Genoa arriva principalmente con i nuovi entrati, in particolare con Venturino e Onana, quest’ultimo protagonista di un tiro che termina di poco alto sopra la traversa. Nei minuti finali il Genoa prova un disperato assalto alla ricerca del pareggio, lasciando troppo spazio all’Inter di ripartire e di far male. Tutti i successivi contropiedi dell’Inter però vengono sciupati da Taremi e da Lautaro nel momento della conclusione. A ridosso del triplice fischio, il Genoa si vede annullare il goal dell’1-1 per un  fallo in attacco di Ekuban ai danni di Josep Martinez, decisione arbitrale che viene compresa totalmente e senza particolari proteste dagli uomini di Vieira. Il successo dei nerazzurri contro il Genoa regala all’Inter la possibilità di affrontare con un morale differente la sfida di Coppa Italia contro la Lazio e la possibile sfida scudetto della 27ª giornata al Maradona contro il Napoli. Nonostante la sconfitta, il Genoa può vantare di aver disputato una partita al di sopra delle aspettative, riuscendo a mantenere un ritmo elevato e una tipologia di gioco che soddisfa tifosi e allenatore.

Como-Napoli (A cura di Dennis Rusignuolo)

Febbraio stregato per il Napoli. Conte perde la vetta del campionato contro il suo allievo Fabregas

Una linea alta di pressione e il possesso stabilmente tra i piedi. Contro il suo “allievo” Fabregas, Antonio Conte cerca di tarpare subito le ali ai lariani, per mettere subito la partita in discesa. Come un fulmine a ciel sereno i partenopei si colpiscono da soli, perché al quarto minuto Rrahmani si rifugia indietro verso Meret, che intanto si era allargato per ricevere il passaggio, ma il filtrante del kosovaro è diretto verso la porta e la palla entra in porta. Il clamoroso svantaggio del Napoli dura una manciata di minuti, perché fin da subito la squadra di Conte mantiene alto il baricentro e la linea di pressione. Il Como cerca di controllare stabilmente il possesso palla, considerando la scelta di Fabregas di schierare un roster di trequartisti al posto di una punta di ruolo. Al minuto 18 il Como cerca di sviluppare nella zona centrale del campo, Lobotka pressa forte Da Cunha, costretto a scaricare subito verso Kempf, il tedesco sbaglia il controllo e spiana la strada a Raspadori, freddo e lucido nell’aprire il piatto e mandare fuori tempo Butez. Secondo gol in due partite da titolare per l’attaccante azzurro, che sembra l’unico giocatore in grado di dare una scossa a questo Napoli rimaneggiato. Al 26’ Como pericoloso dopo una palla riconquistata da Caqueret che innesca Paz, scarico all’indietro su Perrone che calcia di piatto ma centrale. Sul capovolgimento di fronte, Spinazzola da sinistra crossa sul secondo palo, sponda di piede di Politano a centro area per il gigante Billing, che però viene anticipato da una smanacciata di Butez. Meglio il Napoli nella seconda parte di tempo, il Como soffre soprattutto la fisicità a centrocampo di McTominay e Billing (schierato al posto di Anguissa, diffidato, preservato per la gara scudetto contro l’Inter di sabato prossimo). Nessun cambio all’intervallo, ma le prime mosse della gara non tardano ad arrivare. Il Como approccio meglio la ripresa, cerca di ribaltare il canovaccio tattico della prima frazione, in cui il Napoli è riuscito a dominare in mezzo al campo con una linea di pressione alta e intensa. All’ora di gioco Conte richiama Lukaku e Billing in panchina, dentro Simeone e Anguissa. Al 66′ il Como deve ringraziare il suo estremo difensore, perché Butez è prodigioso nella respinta su McTominay, lo scozzese riceve un filtrante, si costituisce la conclusione nel migliore dei modi e spara un missile centrale, bravo l’estremo difensore francese nel rimanere in piedi fino all’ultimo. Nell’ultimo quarto di gara Fabregas muove lo scacchiere nel migliore dei modi: dentro Cutrone al posto di un ottimo Caqueret, e dopo meno di cinque minuti l’attaccante innesca Nico Paz in mezzo al campo, il Napoli è spaccato in due e il filtrante dell’argentino sorprende Rrahmani alle spalle. Il passaggio viene ricevuto da Diao, movimento verso destra e rasoiata sul palo opposto, laddove Meret non può arrivare. Impatto devastante dello spagnolo con il nostro campionato, al quinto centro in appena otto gare. Nel finale Conte inserisce tutti i giocatori offensivi di cui dispone e la gara si conclude con il Como barricato nella propria area per difendere un risultato d’oro, che arriva al termine di cinque minuti di recupero. A una settimana dallo scontro diretto, il Napoli cede momentaneamente il primo posto all’Inter. Febbraio stregato per la squadra di Conte, che colleziona solo tre pareggi e una sconfitta in quattro gare. La gara di sabato del Maradona diventa un cruccio per la stagione dei partenopei. Impresa riuscita ai ragazzi di Fabregas, che sembra aver trovato il suo cerchio magico attorno al continuo movimento dei giocatori offensivi utilizzati dallo spagnolo. Al cospetto del suo vecchio allenatore, Fabregas adesso si gode un gioco sempre più bello e incisivo, e tre punti che allontanano il Como dalla zona calda della classifica. E adesso l’obiettivo principale è la continuità…

Hellas Verona-Fiorentina (A cura di Marco Rizzuto)

Bernede all’ultimo stende la Viola. Al Bentegodi festeggia l’Hellas

La Fiorentina fa il primo squillo del match con il solito Moise Kean, ma Montipò in tuffo ci arriva mantenendo il risultato sullo 0-0. Il primo tempo si gioca mantenendo l’equilibrio in mezzo al campo, lasciando poco spazio alle occasioni da gol. A pochi minuti dalla fine Moise Kean prova la girata al volo sul cross basso di Zaniolo, la conclusione però non è irresistibile ed è facilmente neutralizzabile per Montipò. La vera occasione sfumata per i viola arriva agli sgoccioli della prima frazione: Folorunsho disegna un assist meraviglioso in acrobazia per Zaniolo, che fallisce clamorosamente a due passi dalla riga di porta. Quasi all’ora di gioco Moise Kean rimane a terra per un colpo al volto, che lo costringe al cambio in barella. A venti dalla fine il Verona sfiora il vantaggio, Dawidovicz di testa non trova la porta sul cross di Faraoni. Gli scaligeri a sorpresa la sbloccano allo scadere: sul filtrante di Mosquera deviato dalla difesa, si avventa Bernede, prima vince un rimpallo con Pablo Marì, poi manda a vuoto Comuzzo e spiazza De Gea, mandando in estasi il Bentegodi. La corsa all’Europa si fa sempre più entusiasmante, i viola cadono per la terza volta consecutiva e la vittoria netta contro l’Inter rimane un vecchio ricordo. Il Verona conquista tre punti fondamentali per la salvezza, che li rilanciano in classifica.

Empoli-Atalanta (A cura di Tommaso Patti)

La Dea non si ferma ad Empoli. Poker da sogno dell’Atalanta.

L’inizio di gara per gli uomini di Gasperini è caratterizzato da una serie di occasioni manovrate all’interno dell’area di rigore avversaria con Zappacosta e Djimsiti, quest’ultimo autore di una rovesciata avvenuta dopo un forcing nerazzurro che però termina alta sopra la traversa. Al quindicesimo minuto, l’Empoli sfrutta l’attacco della profondità del nuovo acquisto Kouamé e mette in pericolo la difesa avversaria con una conclusione potente deviata dall’intervento di Carnesecchi. Il momento che svolta notevolmente la gara arriva al ventisettesimo, quando su un cross di Zappacosta, il pallone viene deviato accidentalmente nella propria porta da Gyasi. Nei minuti successivi, l’Atalanta prima sfiora il raddoppio con il colpo di testa di Posch deviato in angolo da Silvestri, per poi trovarlo qualche minuto più avanti con l’inserimento sul secondo palo di Retegui, che raccoglie il cross di Lookman e firma la sua ventunesima rete in campionato. La Dea, ferita dalla recente eliminazione in Champions League, non fa sconti e trova il tris due minuti prima della fine del primo tempo, grazie alla rete dell’uomo più discusso dell’ambiente bergamasco negli ultimi giorni: il filtrante di Retegui, trova all’interno dell’area di rigore l’inserimento di Lookman che, salta con una finta sopraffina Silvestri, ed entra in porta col pallone segnando la terza rete nel primo tempo per l’Atalanta. Nonostante il netto divario fra i due formazioni, l’Empoli dimostrano i primi minuti della ripresa di essere ancora in partita, andando vicino al goal che avrebbe riaperto la gara con la conclusione velenosa di Henderson. Su un altro pallone in verticale di De Roon, Lookman scatta e si dirige verso la porta avversaria riuscendo a spostarsi il pallone sul sinistro per poi scaricarlo verso la porta con un tiro a incrociare, firmando l’ennesima doppietta e salendo a quota dodici gol in venti presenze in questa serie A. A mettere le ciliegina sulla torta ci pensa Zappacosta che, dopo essere stato protagonista al terzo minuto con una conclusione insidiosa, segna la rete del definitivo cinque a zero che spedisce l’Atalanta a -2 dal Napoli e a -3 dell’Inter capolista, candidandosi definitivamente per la lotta scudetto. Il 18º posto dell’Empoli va stretto agli uomini di d’Aversa, che adesso sono chiamati ad un cambio di marcia per riuscire ad uscire dalla zona retrocessione.

Cagliari-Juventus (A cura di Dennis Rusignuolo)

Juventus corsara in Sardegna. Il graffio di Vlahovic blinda il quarto posto bianconero

Interpretare la gara con sfacciataggine, questo l’obiettivo del Cagliari contro una Juventus che deve proseguire la striscia di vittorie e reagire all’eliminazione in Champions contro il PSV. Tornano dal primo minuto Yildiz e soprattutto Vlahovic, dopo una serie di cinque panchine consecutive. Il possesso palla è stabilmente in mano ai bianconeri, alla costante ricerca di un varco in cui colpire la difesa rossoblù. Tutte le manovre della Juve sono fatte da passaggi corti e precisi, per mantenere stabile il ritmo e la fluidità dei movimenti. Il Cagliari non riesce ad alzare il baricentro a causa di una pressione forsennata apportata dagli uomini di Thiago Motta, con il chiaro obiettivo di ostruire le linee di passaggio e i portatori di palla. All’undicesimo minuto il pressing costante e intenso dei bianconeri porta i suoi frutti: Yerry Mina perde palla a causa della pressione di Vlahovic, il serbo porta palla in avanti, salta Caprile in uscita e insacca a porta vuota. Una rete pesante per Vlahovic, che cerca di mettersi alle spalle un periodo incolore sotto tutti i punti di vista. Tra le fila bianconere la posizione di Locatelli è fondamentale nella lettura del gioco, perché il playmaker italiano è spesso libero di impostare e giostrare il gioco, mentre in fase di non possesso tutti gli attaccanti guidano la pressione verso Caprile e i difensori, costretti a buttare il pallone il più lontano possibile. La Juve gioca sul velluto, approfitta di un momento di totale condusione dei sardi e sfiora il raddoppio al 21′, con Yildiz che taglia alle spalle della difesa rossoblù, chiusura preziosa di Caprile, che risponde con un’uscita a forbice sbarrando la strada al turco. Le due squadre cominciano a sbilanciarsi da una parte e dall’altra, la Juve riparte con una facilità disarmante e i bianconeri trovano spesso buone transizioni per colpire verso la porta. Al 27′ Vlahovic serve centralmente Yildiz, il turco si costruisce la conclusione e incrocia sul palo opposto, bravo Caprile a intervenire con i piedi. L’estremo difensore del Cagliari è il migliore in campo dei rossoblù nella prima mezz’ora, e le sue parate evitano fin da subito un passivo ben superiore. Il primo lampo, la prima vera occasione, dei padroni di casa è un mancino al volo di Zortea, conclusione forte ma centrale, Di Gregorio blocca senza troppa difficoltà. All’intervallo Nicola cambia subito nelle fasce, fuori Felici e dentro Zito Luvumbo. La Juve non cambia interpreti e ricomincia con gli stessi uomini che hanno chiuso -alla grande- il primo tempo. Nonostante un avvio diverso, più vivace e dentro al gioco, il Cagliari continua a non sfondare sulle fasce, anche se l’ingresso frizzante di Luvumbo crea qualche grattacapo in più alla difesa bianconera. Nicola decide di cambiare assetto inserendo Coman al posto di Deiola, un chiaro passaggio al doppio centravanti, con il rumeno che si affianca a Piccoli. Motta risponde subito con Kolo Muani e Douglas Luiz, fuori Conceicao e Koopmeiners. Schieramenti a specchio con la Juve che cerca conferme positive nell’ultima mezz’ora dalla coppia Kolo Muani-Vlahovic. Al 77′ la Juve esce con qualità da un disimpegno al limite dell’area, Douglas Luiz cerca subito Vlahovic in profondità, il serbo porta palla in avanti e al limite dell’area calcia addosso a Caprile, proteste bianconere per una spinta a due mani di Luperto al momento della conclusione di Vlahovic, per Colombo non è calcio di rigore. Il Cagliari alza il raggio d’azione nel finale, sfruttando un calo fisiologico della Juve, e si affaccia alla porta di Di Gregorio con un mancino di Coman che termina di poco a lato. Nicola si gioca l’ultima carta con Pavoletti, chiaro messaggio di attacco totale verso la porta bianconera. Nel recupero la Juve trova spazi incontaminati per alzare il baricentro e tenere lontano il Cagliari, che nel frattempo non riesce a impensierire la difesa bianconera. Dopo cinque minuti di recupero Thiago Motta può festeggiare la quarta vittoria consecutiva in campionato. Serviva una reazione dopo la brutta battuta d’arresto contro il PSV e la reazione è arrivata. Non tanto nel risultato, ma nella prestazione coraggiosa e lucida che la Juve ha attuato nel primo tempo. Nel secondo tempo un canovaccio più dedito alla gestione del risultato che non ha lasciato grandi spazi al Cagliari, che adesso deve ripartire subito per seguire il passo delle inseguitrici alla salvezza, tutte -o quasi- in un buon momento di forma.

Roma-Monza (A cura di Marco Rizzuto)

Poker giallorosso, Ranieri aggancia la zona Europa

La Roma passeggia nell’ultimo incontro della 26^ giornata, Saelemaekers apre i giochi e Cristante li chiude. All’Olimpico la Roma non perde tempo e sfiora il vantaggio dopo appena cinque minuti con Nicolò Pisilli, che manca la porta da ottima posizione. Al 10′ Saelemaekers sblocca la gara con una magia tirata fuori dal suo mancino: il belga rientra sul mancino al limite dell’area e segna un gol -alla Dybala-. Il dominio giallorosso prosegue fino alla mezz’ora dove Shomurodov con uno stacco di testa firma il raddoppio su assist di un rinato Soulé. Il Monza prova a riaprire i giochi al tramonto del primo tempo con Ganvoula, ma Svilar si impone con una super parata che impedisce alla sfera di entrare. La ripresa si gioca a ritmi più bassi ma sono sempre i giallorossi a gestire il possesso, lasciando le briciole al Monza. Dopo una ghiottissima occasione per Baldanzi sventata da Turati all’ora di gioco, la Roma trova la rete del tris al 72′ con Angelino, che incrocia benissimo da centro area. Il monologo giallorosso si chiude con un sonoro e pesante poker, firmato dalla girata di testa di Bryan Cristante su calcio d’angolo. La vittoria sul Monza sancisce il decimo risultato utile consecutivo, effetto importantissimo della ‘cura Ranieri’, che rilancia i giallorossi in zona Europa a -1 da Bologna e Milan. Il Monza torna a perdere dopo 0-0 dell’ultima giornata, ormai la retrocessione sembra inevitabile.

LA TOP11 DELLA 26ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala

 

Classe 2004. Studente in Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Palermo. Aspirante giornalista/presentatore sportivo e grande appassionato di calcio.

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Calcio

Una ripresa orgogliosa non maschera una figuraccia iniziale. L’Italia è fuori dalla Nations League

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Termina ai quarti di finale la Nations League dell’Italia. Dopo la sconfitta nel match d’andata, gli Azzurri cadono anche in Germania al termina di una gara dal doppio volto. La doppietta di Moise Kean e il rigore di Raspadori non bastano a rimontare il risultato dell’andata.

Quattro cambi, annunciati già in precedenza, rispetto alla gara di San Siro: fuori Politano, Rovella, Raspadori e l’infortunato Calafiori per Gatti, Ricci, Daniel Maldini e Buongiorno. Spalletti cerca maggior fisicità e centimetri dopo le due reti subite da Goretzka e Kleindienst. Dall’altra parte Nagelsmann si schiera a specchio, difesa a tre anche per la Mannschaft ma stessi principi e movimenti dell’andata.

I tedeschi cercano subito di mettere in chiaro le cose, e dopo meno di venti secondi si affacciano subito dalle parti di Donnarumma. La giocata è quella già vista e rivista durante l’europeo e nelle ultime gare: pressing altissimo, linea oltre la metà campo e sviluppo centrale finalizzato dagli esterni. Mittlestadt, schierato al posto di Raum sulla sinistra, attacca molto bene la fascia e arriva alla conclusione al volo, pallone in curva ma è subito un ruggito che sembra impaurire la nazionale di Luciano Spalletti. L’idea dell’Italia è un fraseggio rapido e codificato che isoli Maldini e Kean, ingabbiati subito dalla difesa tedesca. La pressione della squadra di Nagelsmann è feroce, un continuo attacco a qualsiasi portatore di palla azzurro e un blocco alto e compatto che non permette alcuno sviluppo dalla metà campo in su. Al 28′ la Germania riparte in contropiede, approfittando della prima pressione alta dell’Italia: Kimmich muove rapidamente verso Stiller (tagliata subito una linea di quattro giocatori a ridosso dell’area tedesca), filtrante per Goretzka, inseritosi alle spalle di Ricci e Barella, e scatto bruciante di Kleindienst su Buongiorno. Il filtrante del centrocampista del Bayern è perfetto e Buongiorno ingenuamente si fa sorprendere alle spalle, ed è costretto a stendere Kleindienst, per Marciniak non ci sono dubbi e il fischietto polacco indica gli undici metri. Kimmich si prende il pallone tra le mani e al cospetto di Donnarumma si mostra terribilmente cinico e freddo, destro forte e piazzato sul palo lontano alle spalle di Gigio. Il vantaggio tedesco, ampiamente meritato, non fa altro che implementare la confusione e il disordine degli Azzurri. I tedeschi giocano sul velluto, nella gestione del ritmo e dell’intensità del fraseggio. Il cinismo e il pragmatismo della squadra di Nagelsmann  sono ingestibili per un’Italia che definire spaesata è riduttivo. Al 37′ Donnarumma è miracoloso su un colpo di testa in avvitamento di Kleindienst e spedisce la sfera in corner. Il capitano azzurro si dirige verso l’arbitro, tutta la difesa volta le spalle alla bandierina, e i tedeschi ne approfittano: calcio d’angolo rapido di Kimmich verso il centro, Musiala è da solo e non deve fare altro che spingere in porta il pallone del 2-0, imbarazzante e alquanto clamorosa la disattenzione collettiva della difesa dell’Italia. Il Westfalenstadion -o Signal Iduna Park che dir si voglia, teatro di ben più memorabili imprese azzurre, diventa il palcoscenico per un vero e proprio disastro. Allo scoccare del minuto 45 la Mannschaft sferra il terzo schiaffo: ennesimo errore in fase di impostazione degli Azzurri, favorito dall’ennesima pressione feroce della Germania, tre passaggi che indirizzano la sfera verso Kimmich, cross morbido del tuttocampista del Bayern verso il centro dell’area, Kleindienst è un gigante in mezzo ai difensori azzurri e colpisce di testa, Donnarumma compie una parata sensazionale ma l’intervento dell’estremo difensore è dentro la linea di porta. Tre a zero all’intervallo, un dominio incontrastato e una terribile figuraccia per gli Azzurri.

Spalletti cambia subito al rientro dagli spogliatoi: fuori Gatti e Maldini, dentro Politano (Di Lorenzo arretrato nei tre di difesa) e Frattesi (Barella avanzato alle spalle di Kean). La prima immagine della ripresa è un fraseggio ancora molto confusionario e inconcludente, ma meno passivo al cospetto del solito pressing feroce dei tedeschi. Nel primo vero errore della gara della Mannschaft l’Italia prova a regalarsi un secondo tempo orgoglioso: il minuto è il 48′, Sané e Kimmich sbagliano il fraseggio, palla che arriva tra i piedi di Kean, per la prima volta libero dalla pressione asfissiante di Tah e Rudiger, che non ci pensa su due volte e calcia subito, rasoiata forte e precisa e Baumann battuto. Il ritmo è decisamente più basso, ci sono più spazi dove cercare di imbastire un possesso lucido e ragionato, tutte condizioni su cui l’Italia non ha potuto fare altro che soccombere all’avanzata tedesca nel primo tempo. In una fase poco concitata della gara, la Germania adopera tre sostituzioni, per mantenere alto il livello e la concentrazione: non cambiano i compiti, ma soltanto gli interpreti e pertanto fuori Goretzka, Sané e Stiller e dentro Amiri, Adeyemi e Gross. Spalletti risponde con Raspadori al posto di Tonali, lo spettro del giocatore che a San Siro aveva mandato in tilt il centrocampo della Mannschaft. L’eccezione che conferma la regola: quando lasci spazio e libertà tra le linee l’Italia riesce a colpisce. Minuto 70, Raspadori riceve il filtrante di Ricci, si predispone per calciare ma appoggia per Kean, l’attaccante della Fiorentina mantiene Rudiger a distanza e apre il piatto verso l’incrocio. L’inerzia della gara si ribalta completamente, sembra esser scesa un’altra squadra in campo. Al 75′ gli Azzurri conquistano un calcio di rigore, poi revocato tra mille polemiche da Marciniak. Il contatto tra Schlotterback e Di Lorenzo sembrava simile, in dinamica, al penalty realizzato da Kimmich, e il calcio di rigore poteva regalare un finale ben diverso a una gara che non smette di regalare spettacolo. Nagelsmann sceglie la via della prudenza, rinunciando a Musiala (anche oggi incontenibile) e Rudiger per Andrich e Bisseck (esordio assoluto con la nazionale maggiore). La Mannschaft ha l’occasione per chiudere definitivamente i conti, con una punizione potente e rasoterra di Kimmich, ma ancora una volta Donnaruma risponde bene e ci tiene a galla. Spalletti chiude i cambi con Zaccagni e Lucca, fuori Ricci e Moise Kean, il volto principale dell’Italia nel secondo tempo al di fuori dei due gol. Nel finale gli Azzurri cercano il gol del pareggio, inutile ai fini del risultato finale ma meritato per quanto mostrato nella ripresa. L’episodio arriva al minuto 93, quando Mittlestadt interviene con il pugno in un corner di Zaccagni e il VAR chiama Marciniak che assegna subito il penalty. Raspadori spiazza Baumann, pareggia la gara e regala un brivido collettivo a tutto il Westfalenstadion. Negli ultimi assalti non succede nient’altro

Si chiude con tanti punti interrogativi l’avventura dell’Italia in Nations League. Nella doppia sfida gli Azzurri hanno continuato a mostrare gli stessi limiti delle precedenti gare, evidenziate ulteriormente dai primi 45′ in cui la Germania è stata nettamente superiore in tutti gli aspetti. L’ennesimo gol subito da palla inattiva, condito da una disattenzione ai limiti dell’osceno, e la continua inferiorità numerica in mezzo al campo sono i capisaldi su cui dovrà lavorare Luciano Spalletti nei prossimi appuntamenti. La Germania si conquista un posto tra le migliori quattro, e adesso attende il Portogallo in semifinale per continuare la propria cavalcata in Nations League.

Si delinea il quadro delle qualificazioni per il Mondiale del 2026. Con l’uscita anticipata contro la Mannschaft, il girone degli azzurri si compone insieme a Norvegia, Moldavia, Estonia e Israele. Il viaggio dell’Italia deve ripartire subito per conquistare un posto in quel mondiale che adesso manca da tanto -troppo- tempo.

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Calcio

Italia sconfitta a San Siro, la Germania si aggiudica il primo atto rimontando nel secondo tempo

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L’andata dei quarti di Nations League sorride alla Germania, che trova la vittoria in rimonta grazie ai colpi di testa vincenti di Kleindienst e Goretzka.

Un San Siro stracolmo e carico ospita il ritorno della nazionale italiana guidata da Spalletti. L’undici iniziale rivede Di Lorenzo utilizzato da braccetto, mentre invece a centrocampo Rovella si piazza al centro tra Barella e Tonali. Sulle fasce spazio ad Udogie e Politano, con Raspadori che fa da supporto a Moise Kean da unica punta. Si nota subito l’importante strategia offensiva messa in atto dei tedeschi, una manovra avvolgente con diversi giocatori che attaccano l’area di rigore azzurra. Nonostante il possesso palla prevalentemente avversario, l’Italia passa avanti dopo nove minuti: Bastoni sventaglia nella zona di Barella che con un filtrante illuminante favorisce l’inserimento di Politano. L’esterno azzurro sfugge a Raum e libera verso il centro dell’area, il pallone deviato dalla difesa raggiunge Tonali che calcia in rete aprendo le danze nella sua ex casa. Anche dopo il vantaggio dei ragazzi di Spalletti, il piano offensivo tedesco non cambia. La squadra di Nagelsmann cerca sempre il traversone per sfruttare la mole fisica dei giocatori teutonici tuttavia, è l’Italia ad avere le occasioni più nitide. Sui risvolti di un calcio di punizione, Barella con l’esterno appoggia indietro per la stoccata dalla distanza di Tonali che impegna Baumann. Alla mezz’ora, Politano di prima intenzione pesca Moise Kean, l’attaccante in forza alla Fiorentina sfugge a Rudiger e Tah e con una sassata da posizione ravvicinata costringe nuovamente al miracolo Baumann. Nella seconda metà del primo tempo si assiste ad una fase di gara molto spezzettata, a causa dei numerosi interventi irregolari da parte dei tedeschi. Al termine della prima metà di gara, risalta la completezza del centrocampo azzurro che è riuscito a combinare qualità e quantità nell’avviare rapidamente le ripartenze che hanno fatto tremare la retroguardia teutonica non rinunciando ad una compattezza in fase di copertura. Alla ripresa Nagelsmann si rende conto della necessità di cambiare qualcosa e decide di inserire Schlotterbeck e Kleindienst. La differenza dei cambi si nota subito e la Germania pareggia i conti dopo appena quattro minuti di gioco: Kimmich alza la testa e dalla trequarti crossa al centro dell’area dove Kleindienst -tutto solo- imbuca Donnarumma con un colpo di testa. Col risultato tornato in parità il livello agonistico sale ulteriormente e l’arbitro è costretto a mettere mano ai cartellini per la prima volta, ammonendo Rovella e Amiri. Superata l’ora di gioco anche Spalletti mette mano alla panchina inserendo Bellanova e Ricci per Politano e Rovella. Nel corso del secondo tempo l’Italia rimpiange due grandi occasioni, nate entrambe dal genio di Sandro Tonali, vero uomo in più per gli azzurri quest’oggi. Prima Moise Kean di controbalzo non riesce ad inquadrare la porta mandando la sfera di poco sopra la traversa. In successione il centrocampista del Newcastle serve Raspadori con un tocco d’esterno, la conclusione però viene sventata dall’uscita di Baumann. Al 70′ l’allenatore azzurro da spazio anche a Maldini per Raspadori. Ma il secondo tempo sorride alla Germania che, a quindici minuti dalla fine completa la rimonta da calcio d’angolo: il corner di Kimmich sul primo palo trova Goretzka che spizza quanto basta per concludere a rete nel palo opposto. I tedeschi si dimostrano ancora una volta letali nel gioco aereo, confermando la fragilità azzurra del difendere negli scenari di palla inattiva. A cinque minuti dalla fine Spalletti termina i cambi inserendo Frattesi e Lucca per Barella e Kean senza però riuscire a cambiare la rotta. Sul finale Calafiori è costretto ad uscire per infortunio lasciando i suoi compagni con l’uomo in meno. Il triplice fischio mette in salita la partita di ritorno che verrà disputata al Westfalenstadion di Dortmund questa domenica.

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Il Supercommento della 29ª giornata di Serie A

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Con la pausa delle nazionali in avvicinamento, ecco il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della ventinovesima giornata di Serie A.

Genoa-Lecce (A cura di Tommaso Patti)

La prima doppietta di Miretti in A regala tre punti al Genoa

Il primo match point salvezza di quest’ultima parte di stagione parte da Marassi, con il Genoa che gioca un grandissimo calcio sin dai primi minuti, dimostrando la solita tenacia nell’affrontare con la giusta testa gli scontri diretti decisivi. Dopo il bruttissimo infortunio subito a settembre, Vieira schiera per la prima volta dal primo minuto Malinovskyi, subito decisivo con un assist per Miretti che, al quarto d’ora, riesce a cogliere il filtrante del centrocampista ucraino e siglare la sua seconda rete in campionato con una conclusione precisa che termina alle spalla dalla porta difesa da Falcone. È proprio l’ex centrocampista della Juve a rendersi pericoloso al 26′ con una conclusione velenosa che termina di poco sul fondo. La reazione del Lecce arriva ma fa poco male: sugli sviluppi di un calcio di punizione dalla metà campo battuto da Berisha, la sfera viene allontanata dalla difesa genoana, regalando però un’opportunità a Tete Morente di concludere da fuori area, tiro che però viene sprecato dall’esterno giallorosso. Pochi secondi prima della fine del primo tempo, sempre da un’azione nata dai piedi di un ispiratissimo Malinovskyi, il Genoa raddoppia grazie alla prima doppietta in Serie A di Miretti, che si imbuca perfettamente in area di rigore, supera Guilbert e buca Falcone con un tiro che termina all’angolino. Nella ripresa, un Genoa forte di due gol di vantaggio, si permette il lusso di lasciare il pallino del gioco in mano ai salentini, che nei primi minuti di frazione non riescono a far male alla difesa di casa. Al 65′, a causa di due possibili tocchi di mano da parte di due giocatori del Genoa, il direttore di gara viene richiamato al VAR per decidere l’esito del contatto, giudicato subito irregolare dopo un breve check. L’intervento di mano del neo entrato Maturro, manda dal dischetto Krstovic che, spiazza Leali, e riapre la sfida. Gli ultimi minuti vedono ovviamente il Lecce prendere d’assalto l’area di rigore avversaria, anche se l’unica occasione pericolosa degli uomini di Giampaolo arriva all’83’ con Karlsson, che calcia di potenza da lunga distanza ma si vede negare la gioia del gol a causa di una grande parata di Leali. La vittoria per 2-1 sul Lecce permette al Genoa allungare sul Como e su tutta la zona retrocessione, garantendosi un buon vantaggio sulle avversarie nelle ultime nove giornate di Serie A. La sconfitta di Marassi non porta buone notizie alla formazione salentina. Con un solo punto nelle ultime cinque giornate, il Lecce è costretto a invertire la marcia se vuole mantenere la categoria anche nella prossima stagione.

Monza-Parma (A cura di Marco Rizzuto)

Bonny inventa la rete del pareggio. All’U-Power Stadium termina 1-1

All’U-Power Stadium non ci sono vincitori. Sin dai primi minuti i brianzoli dimostrano un atteggiamento propositivo sfruttando le falcate sulla fascia di Kyriakopoulos. La prima mezz’ora vede un dominio biancorosso senza però particolari occasioni pericolose. Nella seconda metà della prima frazione Keita impegna per la prima volta Turati: nei risvolti di un calcio di punizione, la sfera allontanata dalla difesa padrona di casa raggiunge il belga che calcia di potenza verso la porta con Turati che blocca. L’ultima occasione del primo tempo è a favore dei crociati, Man perfora l’area di rigore lateralmente per poi servire Almqvist che tenta la conclusione a giro col mancino che termina sul fondo di pochi centimetri. Dopo pochi minuti dalla ripresa Turati si rende protagonista di una super parata su Pellegrino deviando in angolo la sfera destinata in rete. All’ora di gioco il Monza sblocca il risultato che sembrava destinato allo 0-0: da calcio d’angolo il cross di Castrovilli carambola su D’Ambrosio, favorendo la conclusione a botta sicura di Izzo che torna al gol in Serie A dopo due anni. Al tramonto del match Bonny la pareggia da solo con un eurogol pazzesco: il francese parte in velocità dalla metà campo superando Pereira, arriva al limite dell’area, sterza sul destro e pennella sul secondo palo bucando sotto al sette Turati. La rete del numero tredici mette fine alla gara che termina 1-1. Risultato che non smuove i bassifondi della classifica, il Monza resta in ultima posizione a cinque punti dal Venezia penultimo. Anche il Parma non esce dalle acque pericolose dei bassifondi, rimanendo alla diciassettesima posizione a +3 dall’Empoli.

Udinese-Hellas Verona

Il diamante di Duda vale tre punti all’Hellas. Scaligeri corsari in terra friulana

Assenze pesanti da una parte e dall’altra. Zanetti presenta il tandem Mosquera-Sarr senza poter contare su Casper Tengstedt, fuori per un problema muscolare (il danese era tornato in campo nello scorso turno). Tra le fila friulane l’assenza più rumorosa è quella di Florian Thauvin, in tribuna a causa di un problema alla pianta del piede. Nel ricordo di un friulano doc come Bruno Pizzul, la gara comincia con l’Udinese che cerca subito di imporsi nella metà campo scaligera. Il Verona, disegnata da Zanetti con un solido 3-4-1-2 con Suslov dietro le punte, sceglie la via dell’equilibrio, rafforza la linea centrale e prova a ripartire con la massima velocità sfruttando la cilindrata di due motori come Tchatchoua e Bradaric. Nella prima fase di gara, ma anche per tutto il corso del match, il gioco è particolarmente spezzettato. Le due squadre sono molto compatte e schierate, e ogni giocata che rompe l’equilibrio della linea viene stroncata sul nascere. Rispetto alle ultime gare la manovra dell’Udinese è meno fluida, l’assenza di Thuavin (rimpiazzato da Sanchez) sembra togliere alla squadra di Runjaic quel collante che metta in collegamento diretto il centravanti (Lucca ndr.) con il centrocampo, e la ricerca della profondità verso Lucca è ostruita dall’ottimo lavoro della difesa, e della mediana, del Verona. Poche le occasioni nella prima frazione, la maggior parte a tinte bianconere: prima una conclusione di Payero, poi un destro potente ma centrale di Solet, su cui Montipò deve solo mettere le mani. Il ritmo non è alto, anche se i toni agonistici con cui le due squadre si affrontano dimostrano ben altro. Alla mezz’ora Kristensen viene ammonito per un fallo su Suslov, e il danese rischia l’espulsione a ridosso dell’intervallo, quando interviene in ritardo e fa riversare tutta la panchina scaligera a ridosso della linea di campo. Runjaic decide di muovere subito la panchina, evitando rischi: fuori Kristensen e Sanchez, dentro Ekkelenkamp ed Ehizibue. L’ingresso dell’olandese infoltisce il centrocampo ma isola ancora di più Lucca nella morsa dei difensori del Verona. L’esperimento dura meno di un quarto d’ora, perché nel frattempo la squadra di Zanetti trova la contromisura e non permette ai friulani di rendersi pericolosi dalle parti di Montipò. Iker Bravo rileva Payero, passaggio al doppio attaccante che però non inverte l’inerzia della gara, piuttosto comincia a pendere dalle parti del Verona. Suslov e Duda cominciano a trovare sempre più spazio in mezzo al campo e tra le linee. Al 70′ Duda riceve in posizione defilata, si porta la palla sul destro e cerca il palo lontano con una conclusione a giro, il Bluenergy tira un sospiro di sollievo quando la sfera termina di poco al lato, ma l’occasione dello slovacco è solo un assaggio, perché al minuto 72 Suslov approfitta di un errore di Solet e conquista un calcio di punizione ai trenta metri. Duda si prende in mano il pallone, osserva il piazzamento della barriera e la supera con una soluzione potente e precisa, palla sotto il sette e Okoye battuto. Nel finale l’Udinese cerca qualsiasi appiglio utile su cui aggrapparsi per riacciuffare il pareggio, Runjaic inserisce Pafundi al posto di Lovric ma il copione non cambia dal minuto 73 fino al triplice fischio. Si interrompe a sei la striscia di risultati utili consecutivi dell’Udinese, mentre il Verona si regala un successo prezioso in chiave salvezza in uno dei campi più ostici del campionato. Una prestazione equilibrata e composta della squadra di Zanetti, che riesce a tornare a Verona con la vittoria grazie alla perla su punizione del proprio metronomo. All’Udinese è mancato terribilmente Thauvin, figura chiave delle ultime grandi prestazioni dei friulani. Sconfitta che non altera la grande stagione della squadra di Runjaic, ben salda al decimo posto della classifica; Verona che invece scavalca il Cagliari e si piazza momentaneamente al quattordicesimo posto.

Milan-Como (A cura di Tommaso Patti)

Anima e cuore. Il Milan ribalta il Como nel secondo tempo

A San Siro l’avvio di partita, si svolge ad altissimi livelli, con il Milan che attacca bene lo spazio e prova a sfruttare la velocità di Theo Hernández per prendere campo e attaccare l’aria avversaria. Dopo pochissimi minuti, è proprio il terzino francese a rendersi pericoloso con un tentativo di pallonetto da distanza siderale, terminato con il blocco della sfera da parte di Butez. Nonostante il clima attorno a San Siro non è dei migliori (a causa dello sciopero della curva sud dovuta agli scarsi risultati ottenuti dalla squadra), lo spettacolo in campo non manca. Al quarto minuto di gioco, dopo il sorprendente scambio tra Theo Hernández e Jimenez, Musah si ritrova a tu per tu contro Butez, ma sbaglia completamente la conclusione verso la porta, nonostante fosse riuscito a superare il portiere avversario con una finta. Dopo il pericolo scampato, anche il Como inizia ad entrare in partita, ciò grazie a due conclusioni di Nico Paz terminate di poco al lato dalla porta di difesa da Maignan. L’approccio coraggioso del Como costringe il Milan a rifugiarsi più volte nella propria metà campo per riuscire a mantenere le avances degli uomini di Fabregas. La prima vera fiammata del Como si trasforma in gol, che arriva dai piedi di Da Cunha dopo una grande giocata di Strefezza e una sponda sublime di Nico Paz, che appoggiare la sfera per la conclusione radente e precisa del centrocampista francese. A due minuti dalla fine della prima frazione, i lariani vanno addirittura vicini alla rete del raddoppio con Kempf, che coglie il lancio di Caqueret ma calcia addosso a Maignan, provvidenziale nell’uscita e nell’intervento. Nella ripresa gli uomini di Fabregas continuano a tenere alto il ritmo del gioco, trovando sempre con Da Cunha la rete del raddoppio, che viene immediatamente messa in “stand-by” e poi successivamente revocata dal VAR per un fuorigioco millimetrico del numero 33 comasco. Dal possibile due a zero a favore del Como, il Milan risponde in maniera perfetta e pareggia la sfida con un grandissimo tiro in diagonale di Pulisicche riceve un grande assist da Reijnders. Da un’azione nata dai piedi di João Félix, proseguita per Abraham che lancia di tacco Reijnders, il Milan trova il gol del raddoppio al minuto 76 grazie alla nona rete in campionato del centrocampista olandese, sempre più protagonista del suo Milan. Nel tentativo di pareggiare la sfida, Fabregas butta in campo Delle Alli, facendogli ritrovare il campo dopo due anni dalla sua ultima presenza. Qualche istante prima del triplice fischio però, proprio l’ex stella del Tottenham si rende protagonista in negativo per un fallo su Loftus Cheeck, intervento inizialmente sanziono con il cartellino giallo dal direttore di gara, e successivamente giudicato come un intervento da rosso dal VAR. Continua a convincere ma senza vincere un Como che staziona in maniera fissa tra il dodicesimo e il quattordicesimo posto. Arrivano tre punti d’oro per risanare il morale per i rossoneri, che trovano l’undicesima vittoria in campionato e si mantengono vivi alla ricerca di un posto in Europa.

Torino-Empoli (A cura di Simone Scafidi)

Vlasic rilancia il Toro, Empoli ancora una volta k.o

Il Toro si impone sin dai primi minuti, con una cavalcata di Vlasic che si conclude con la parata sicura di Silvestri. In risposta, la manovra azzurra arriva alla conclusione con Gyasi, che calcia sul palo di Milinkovic-Savic, che agilmente scampa il pericolo. Al 27′, su situazione di corner, Coco colpisce al volo, spedendo però il pallone sull’esterno della rete. Allo scadere del primo tempo, Silvestri salva l’Empoli, su una conclusione insidiosissima deviata un paio di volte, che per poco non beffava l’estremo difensore azzurro. La prima metà del secondo tempo risulta abbastanza monotona, con una fase di stallo che non vede alcuna delle due squadre affondare il colpo. Al 70′ il Torino la sblocca, con Vlasic che raccoglie la sponda di Elmas e dopo un po’ di bagarre con Marianucci piazza il pallone sul secondo palo, battendo Silvestri, che non arriva all’angolino. Pochi minuti dopo, sempre su punizione di Vlasic e successiva ribattuta di Silvestri, Masina insacca il gol del raddoppio, immediatamente annullato a causa della posizione irregolare del difensore italo-marocchino. Dopo questa azione e poco altro, si conclude un match deciso da un episodio lampo, che consente al Torino di portare a casa i tre punti e che invece condanna l’Empoli ad un buio sempre più scuro.

Venezia-Napoli

Il Napoli non ingrana in laguna. 0-0 al Penzo, DiFra ferma un’altra big

Una mossa a sorpresa da parte di Di Francesco: fuori Oristanio e Gytkjaer, dentro Fila e Maric e passaggio al doppio centravanti. La domenica del Napoli si apre con un’ocassionissima capitata sui piedi di ‘Jack’ Raspadori. Al quarto minuto l’attaccante azzurro riceve palla in zona dischetto, controlla in mischia e calcia a giro con il mancino, palla che colpisce il palo e sibila nella linea di porta. Il Venezia cerca di non farsi schiacciare nella propria metà campo, e si costruisce una doppia occasione, con Kike Perez e Nicolussi Caviglia, entrambe le conclusioni però terminano alte sopra la traversa di Meret. Da quel momento comincia il Radu show: il portiere ex Inter si supera due volte su McTominay, al 19′ e alla mezz’ora. Poi è il Venezia ad andare a centimetri dal vantaggio: Kike Perez spara addosso a Meret a tu per tu, sulla respinta Fila calcia a porta quasi sguarnita, ma c’è Rrahmani a salvare sulla linea. Prima dell’intervallo, ancora Radu protagonista su Lukaku: la palla entra per tre/quarti ma non varca interamente la linea grazie alla prontezza del portiere romeno, protagonista assoluto del primo tempo e delle ultime uscite della squadra di Di Francesco. La ripresa si apre con il Napoli che alza la pressione a caccia del gol. Spinazzola spinge a sinistra, il suo cross diventa un tiro, ma è ancora reattivo Radu a mandare in corner. Al 67′ Politano si mette in proprio e conclude, però centralmente. Dopo il problema fisico di Maric (costretto ad abbandonare il terreno di gioco nel primo tempo, sostituito da Oristanio), problemi anche per i partenopei, con Rrahmani costretto a lasciare il campo al 76′, sostituto da Juan Jesus. Le offensive del Napoli diventano sempre più piatte e prevedibili, e sorprendentemente la squadra di Conte sembra in difficoltà nel dominare la gara a centrocampo, merito della prestazione incredibile di Kike Perez e Nicolussi Caviglia. Nel finale sono due le occasioni che rischiano di modificare il risultato, una per parte: sponda Venezia l’occasione capita tra i piedi di Zerbin, abile nello sgusciare sulla destra, dopo un recupero alto dei lagunari su Anguissa (rientrato in campo dopo un mese dall’infortunio muscolare), il cross del giocatore italiano non trova per un soffio Gytkjaer sul secondo palo, a cui sarebbe bastato un tocco per convertire il cross in rete. Nei minuti di recupero il Napoli sfiora il vantaggio con Okafor e Simeone, inseriti pochi minuti prima da Conte, alla ricerca dell’assalto disperato. Il giocatore svizzero si defila a sinistra, attende il movimento di Simeone in mezzo e lo serve con un gran cross con il mancino, l’argentino arriva in corsa, vede il pallone all’ultimo e non riesce a indirizzare verso la porta di Radu, palla che termina in curva. Sembra l’ultima scintilla della gara, ma il Venezia si regala un’ultima -clamorosa- occasione: il Napoli è riversato in avanti, Oristanio guida il contropiede fino all’area di rigore, appoggia per Nicolussi Caviglia che scaglia un missile con il destro, Meret risponde in tuffo e blinda la porta. solo 0-0 degli azzurri allo Stadio Penzo contro un ottimo Venezia: gli uomini di Di Francesco dopo Lazio, Atalanta e Como trovano il quarto pari consecutivo dimostrando di credere eccome alla salvezza. Le chance per vincerla gli azzurri le hanno avute, ma come anche quelle per capitolare, come quando nel finale Meret ha salvato i suoi sulla conclusione di Nicolussi Caviglia. Adesso Conte ha il compito di rimettere in carreggiata un Napoli che sembra fisicamente in riserva, e la pausa arriva nel momento migliore per recuperare alcuni giocatori fondamentali per lo scacchiere partenopeo.

Bologna-Lazio (A cura di Simone Scafidi)

Apoteosi rossoblù. Lazio umiliata al Dall’Ara

In un pomeriggio da sogno, la squadra di Vincenzo Italiano spazza via i biancocelesti, reduci dalla recente qualificazione ai quarti di finale di Europa League. Sin dai primi minuti il Bologna crea gioco e arriva facilmente al gol al minuto quindici, con un cross dall’out di sinistra di Miranda che viene spedito in porta dalla spaccata volante di Odgaard, lasciato totalmente libero di agire da Gila. La Lazio continua a girare a vuoto e il Bologna ne approfitta, dominando il centrocampo e facendo volare sulle fasce le loro ali, come Orsolini, che con la sua solita giocata a rientrare calcia in porta e, complice anche il tocco di Provedel, spacca la traversa. Su questi ritmi si conclude il primo tempo, per lasciare spazio ad una seconda frazione decisamente più movimentata. A riprova di ciò, passano nemmeno due minuti e al 48′, sull’imbucata geniale e precisa di Ndoye, Orsolini scavalca Provedel e sigla il gol del 2-0, immediatamente seguito dal 3-0 proprio dell’esterno svizzero, che calcia di prima sul cross rasoterra di Ferguson e batte ancora Provedel. Al 56′ tuona anche la Lazio, con Zaccagni che calcia in porta da fuori area e colpisce il palo, ma appena quindici minuti dopo il Bologna chiude definitivamente i conti con Castro, che arriva rapidamente sul cross di Odgaard e batte Provedel, anche grazie ad un rimpallo fortunato. A sette minuti dalla fine c’è gloria anche per Fabbian, che colpisce di testa dopo un’azione magistrale costruita da Dominguez, Cambiaghi e Miranda, e sigla il gol del definitivo 5-0. Con questi tre punti, il Bologna scavalca Juve e Lazio, lanciandosi al quarto posto in classifica e in zona Champions.

Roma-Cagliari (A cura di Marco Rizzuto)

Dovbyk risponde alla chiamata di Ranieri e guida la Roma alla vittoria

Dopo la sconfitta amara di Bilbao la Roma alza la testa e prosegue la straordinaria rincorsa guidata da Ranieri. Nonostante un avvio lento e un Cagliari attento nelle retrovie è la Roma a comandare il pallino del gioco. La prima occasione passa da Dovbyk che conclude alto sopra la traversa dalla lunga distanza. Alla mezz’ora arriva la prima vera palla gol per i giallorossi: dalla bandierina Paredes pesca Mancini che calcia al volo da vero attaccante, la sfera però termina di poco al lato graziando Caprile. Solo agli sgoccioli della prima frazione il Cagliari riesce a spaventare la difesa dei giallorossi. Prati sterza su Cristante e imbuca in profondità per l’inserimento perfetto di Zortea che non riesce a tenere basso il pallone al momento del tiro. L’ultima e unica palla gol cagliaritana del primo tempo suona la carica ai ragazzi di Nicola che, nella ripresa prendono confidenza con la metà campo avversaria attaccando con convinzione. Al 51′ Zortea legge in anticipo il taglio di Piccoli sul primo palo e lo serve con un cross insidioso, la zampata dell’attaccante viene sventata dalla grandissima prodezza di Svilar che, come un gatto, devia la conclusione prendendosi gli applausi dei suoi tifosi. Scoccata l’ora di gioco, Dovbyk lanciato dal filtrante illuminante di Baldanzi si divora il gol del vantaggio. Ma il rammarico dura poco, anzi pochissimo: nel calcio d’angolo successivo Paredes scodella nuovamente nella zona di Mancini, la sfera carambola verso l’ucraino che spedisce in porta da pochi passi sbloccando definitivamente la gara. Con trenta minuti al termine il Cagliari non si scoraggia e cerca il pari con tutte le proprie forze. Al 67′ si rinnova il duello Piccoli – Svilar, ma anche in questo caso l’estremo difensore ne esce vittorioso deviando con la manona la conclusione non irresistibile dell’avversario. La squadra di Nicola da il massimo per pareggiarla, ma la sfida con l’orologio viene complicata dal portiere che, da ultimo baluardo tra i pali nega la rete agli avversari con le unghie e con i denti compiendo un altro miracolo sul colpo di testa di Mina diretto in rete. Dopo una manciata di minuti la Roma perde un pezzo fondamentale: Dybala dopo essere entrato al 64′ è costretto ad uscire per infortunio dopo neanche dieci minuti. Questo problema fisico costringe Ranieri ad optare per Pisilli che subentra al posto della Joya che abbandona il campo in lacrime. L’ultimo tentativo dei rossoblù arriva allo scadere dei minuti di recupero. Luperto aspetta che i compagni arrivino in area di rigore e sventaglia alla disperata ricerca della deviazione vincente. Il pallone viene pizzicato da Pavoletti ma Svilar prende anche questa con tranquillità spegnendo le speranze del Cagliari. Il triplice fischio sancisce la sesta vittoria consecutiva dei ragazzi di Ranieri che proseguono l’inseguimento verso l’Europa. In questo momento la Roma settima in classifica vede concentrata le sue contendenti, sono solo due le lunghezze che separano i giallorossi dai cugini della Lazio e sono solo quattro i punti di distacco dal quarto posto occupato dal Bologna. In questo momento di stagione ogni punto pesa e Ranieri lo sa bene. Il passo falso del Cagliari impedisce ai ragazzi di Nicola di ‘respirare’, Lecce e Parma sono lì a -1 pronte ad approfittarne.

Fiorentina-Juventus (A cura di Tommaso Patti)

Continua il periodo nero della Juventus. Dopo la pesante batosta subita domenica scorsa dall’Atalanta, la squadra di Thiago Motta sbanda anche al Franchi e viene annientata dalla Fiorentina. Classifica che si compatta sempre di più, mentre la Juve continua a faticare parecchio…

 Atalanta-Inter

Al Gewiss Stadium si chiude la 29ª giornata, con una capolista che adesso cerca di prendere il largo. L’Inter vince e convince contro l’Atalanta grazie alle reti di Carlos Augusto e Lautaro Martinez. Con la pausa nazionali che imperversa, la squadra di Inzaghi si gode il primo posto e un distacco di tre punti sul Napoli.

 

LA TOP11 DELLA 29ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala

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