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Calcio

Il Supercommento della 26ª giornata di Serie A

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Grafica: Julya Marsala

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della ventiseiesima giornata di Serie A.

Lecce-Udinese (A cura di Dennis Rusignuolo)

I friulani passano di misura a Lecce grazie al rigore di Lucca, che farà discutere

Scelte pressoché obbligate da una parte e dall’altra: Runjaic che schiera dal 1′ Sanchez, che al Via Del Mare trovò il primo gol in Serie A; Giampaolo schiera il tridente con Morente, Krstovic e Pierotti. La prima palla gol è friulana: gran filtrante di Lovric che mette Lucca davanti a Falcone, bravo a chiudergli lo specchio e a respingere. I primi minuti sono tutti dell’Udinese che attacca e cerca il gol da fuori con Ekkelenkamp e Sanchez, senza trovare però lo specchio. Il Lecce fatica a imbastire un’azione degna di nota, soffrendo il pressing avversario, col pubblico che si innervosisce per i troppi passaggi all’indietro. Attorno al 25′ si vedono i salentini in area ospite, con una doppia conclusione di Pierotti alla quale si oppone la difesa con salvataggio finale di Kristensen in corner. Alla mezz’ora l’evento che decide, e condiziona, la partita: contatto tra Jean e Lovric in area, col braccio del difensore che colpisce il volto del giocatore ospite, senza vederlo arrivare. Sembra essere un normalissimo contatto di gioco ma Bonacina viene richiamato dal Var e concede il penalty. A quel punto va in scena un imbarazzante teatrino con i giocatori dell’Udinese che litigano per battere il rigore. In molti cercano di strappare il pallone dalle mani di Lucca, che non lo molla. Il numero 17 trasforma il penalty ma nessun compagno va a festeggiare con lui. Passano quattro minuti e Runjaic toglie Lucca e mette Iker Bravo, l’impressione è che la scelta sia punitiva per la sceneggiata del rigore. Nella ripresa pochissime emozioni fin dall’inizio. Il piano gara dell’Udinese è quello di mantenere il risultato senza correre alcun rischio, mentre il Lecce cerca più una scossa emotiva che tattica. Le occasioni principali sono tutte di marca bianconera, con i friulani che sfiorano ripetutamente il raddoppio. Falcone evita il raddoppio al 53′ alzando in angolo un gran tiro di Bravo da fuori area. Sanchez mette Kamara davanti a Falcone, ma l’ivoriano spreca con un tiro cross che non trova nessuno. Fioccano i gialli in una gara da nervi tesissimi: nell’arco di 3′ se li beccano Berisha, Lovric e Payero. Quest’ultimo rischia il secondo con un’entrata a piede alto che Bonacina non sanziona. Giampaolo prova ad aumentare il potenziale offensivo con Rebic al posto di Pierret per gli ultimi 20′. Runjaic compatta le due linee e difende il risultato fino al fischio finale. Successo prezioso per l’Udinese, adesso stabilmente al decimo posto con un buon vantaggio sul Torino undicesimo. La squadra di Runjaic deve risolvere l’enigma legato al calcio di rigore di Lucca, e ricompattare subito il gruppo in vista dei prossimi match, che diranno definitivamente dove può arrivare questa Udinese. Amaro in bocca per il Lecce, che adesso cerca di riattivare la macchina da gol che si è vista nelle precedenti gare con Giampaolo, dato che i salentini non trovano la rete da ormai tre partite.

Parma-Bologna (A cura di Tommaso Patti)

Esordio vincente per Chivu. Il Bologna cade al Tardini contro il Parma

In una partita che vede protagoniste due squadre con obiettivi e mentalità diverse, l’avvio di gara è abbastanza equilibrato da regalare buone occasioni da entrambe le parti. Se il Bologna è chiamato alla conferma di una stagione fin qui eccellente, il nuovo Parma dell’esordiente Christian Chivu è chiamato ad una vittoria per riscattare il morale di una squadra che negli ultimi mesi ha vissuto più bassi gli alti. Dopo aver deciso con una doppietta, la sfida contro il Torino, Ndoye si rende protagonista nei primi minuti di gara con una conclusione sul primo palo bloccata da Suzuki, e con un cross teso che attraversa tutta l’aria di rigore, che però viene sprecato dal colpo di testa di Cambiaghi terminato largo. A ridosso della mezz’ora, il Parma entra definitivamente in partita reclamando un calcio di rigore per un fallo di mano di Beukema, che viene giudicato irregolare dal direttore di gara. Dagli undici metri si presenta Bonny che, spiazza Ravaglia, e porta avanti i padroni di casa con un gol che mancava da 105 giorni. Dal gol del centravanti francese, un paio di ammonizioni e una serie di cambi caratterizzano il finale di partita. Con l’ingresso di Dennis Man, il Parma trova la freschezza giusta trovare il gol del raddoppio al minuto settantanove, rete portata avanti proprio da un’azione nata dai piedi dall’esterno rumeno, che dopo essersi fatto una trentina di metri palla al piede riesce a servire Sohm, bravo ad incrociare il suo sinistro e a battere Ravaglia per indirizzare la gara verso i ducali. I due gol di svantaggio non scoraggiano del tutto gli uomini di Vincenzo italiano, che non mollano e provano ad accorciare le distanze con Orsolini ma, la sua punizione da zona defilata termina di poco alta sopra la traversa. Con il Bologna riversato nell’area di riva avversaria, Dennis Man è agile nel creare e finire un contropiede che poteva regalare il tris alla propria squadra, rete negata dall’uscita provvidenziale dell’estremo difensore felsineo. Prima del triplice fischio, un’altra occasione finalizzata dal tiro di Orsolini fa rimanere sulle spine tutto il Tardini ma, anche questa conclusione del numero sette rossoblu non termina nello specchio della porta. Questo successo per 2-0 contro una delle più forti potenze della serie A, regala al nuovo Parma di Chivu tre punti fondamentali per la zona salvezza e un’iniezione di fiducia per affrontare le successive partite. Il pareggio della Lazio e la sconfitta del Milan a Torino, attutisce questa pesante sconfitta in ottica Champions League per il Bologna, che è chiamato al riscatto già dalla prossima sfida in casa contro il Cagliari.

Venezia-Lazio (A cura di Marco Rizzuto)

La Lazio spreca prima e rischia poi, col Venezia termina 0-0

Al Penzo si assiste ad un avvio molto equilibrato, la più grande occasione del primo tempo arriva intorno al ventesimo Zaccagni dal limite riesce ad imbucare per Dia, ma il senegalese fallisce clamorosamente da pochi metri calciando fuori dallo specchio della porta da pochi metri. A flirtare col vantaggio rimane sempre e solo la Lazio. Agli sgoccioli del primo tempo Dele-Bashiru calcia forte dalla distanza col pallone che termina a fil di palo, ma il problema alla caviglia rimediato qualche minuto prima lo costringe ad abbandonare la gara. Il secondo tempo segue lo stesso copione, la Lazio mantiene il possesso del pallone mentre il Venezia tenta diferire in contropiede -fin’ora senza successo-. Al 53′ Isaksen riesce a liberarsi e calciare dalla distanza, il tiro è potente ma centrale e Radu si rifughia in calcio d’angolo. Il primo squillo dei Lagunari arriva superata l’ora di gioco: calcio piazzato calciato a rientrare di Zerbin, Maric riesce ad anticipare Mandas ma la palla esce di qualche millimetro graziando la Lazio. Nella fase finale del match il Venezia riesce a venire fuori in ripartenza, Oristanio spezza la retroguardia biancoceleste saltando Romagnoli e calciando col mancino, Mandas in allungo riesce a negare il gol. All’89’ una lunga manovra dei Leoni alati si conclude con la conclusione di Zerbin, deviata in corner da Marusic. Sul finale La Lazio rischia di perderla con la conclusione centrale di Yeboah, neutralizzata facilmente da Mandas. Il passo falso dei biancocelesti costa il quarto posto, occupato adesso dalla Juventus. Il Venezia soffre per gran parte della gara ma rammarica la vittoria sul finale, si deve accontentare di un punto, comunque importante per la lotta salvezza.

Torino-Milan (A cura di Marco Rizzuto)

Milinkovic-Show all’Olimpico Grande Torino, Milan sconfitto

La prestazione monstre di MilinkovicSavic regala la vittoria al Torino. Inizio da dimenticare per i rossoneri, al 4’ Maignan nel tentativo di spazzare il pallone colpisce in pieno Malick Thiaw, causando l’autorete che sblocca il match a favore dei granata. Il Torino si dimostra la ‘bestia nera’ per il difensore tedesco: è il secondo autogol contro il Torino in questa stagione. Il Milan prova a reagire al 20’: uno-due perfetto tra Joao Felix e Reinjders col portoghese che manda in porta Gimenez, ma Milinkovic-Savic è bravissimo a rimanere in piedi e sventare la conclusione del numero sette. Alla mezz’ora il Milan fallisce dal dischetto l’occasione del pareggio. Milinkovic-Savic in tuffo nega il penalty a Pulisic, costringendolo al primo errore in carriera e confermandosi un pararigori eccezionale (quarto rigore parato della stagione). Sugli sgoccioli del primo tempo il Torino torna a spaventare i rossoneri: Vlasic attacca l’area da posizione arretrata e servito in corsa da Ricci calcia in porta, Maignan con la mano di richiamo riesce a deviare in corner. Il secondo tempo riprende con una grande assenza, quella di Rafael Leao. La sostituzione del portoghese a metà gara fa riflettere, ma la scelta è necessaria per ristabilire equilibrio in mezzo al campo, al suo posto Fofana. Con la presenza di un centrocampista in più Reinjders può tornare ad attaccare l’area con più libertà e all’ora di gioco: Pulisic manda in porta proprio l’olandese che deve arrendersi ad un’altra parata fenomenale di Milinkovic-Savic. Superato il sessantesimo il Milan assedia l’area di rigore avversaria, prima Jimenez fa la barba al palo calciando dalla distanza, poi Joao Felix colpendo il legno in pieno. Nell’ultimo quarto d’ora i rossoneri spezzano l’imbattibilità del Toro, pareggiando grazie alla deviazione non perfetta di Walukiewicz e la conclusione sotto al sette da parte di Reinjders, protagonista assoluto di questo secondo tempo. Dopo due minuti, il Toro torna avanti con Gineitis: la difesa del Milan, colta completamente di sorpresa sul calcio di punizione dei granata, si perde ingenuamente l’inserimento del lituano servito da Sanabria con una palla molto furba, il centrocampista calcia sul secondo palo facendo fuori Maignan e tagliando le gambe al Milan. L’incontro termina con la caduta dei rossoneri e la vittoria sofferta ma voluta fortemente del Torino. La squadra di Vanoli scavalca il Genoa piazzandosi all’undicesimo posto della classifica. Dopo l’eliminazione in Champions League, il Milan crolla anche in campionato, una sconfitta pesantissima che rischia di compromettere la lotta per un posto tra le prime quattro.

Inter-Genoa (A cura di Tommaso Patti)

Vittoria da primato. All’Inter basta un gol di Lautaro per prendersi la vetta

Nella sfida che vede la possibilità di prendersi la vetta, Inzaghi è costretto a fare un leggero turnover per riuscire a frenare tutti i problemi relativi agli infortuni di Thuram, Sommer e Carlos Augusto, schierando dal primo minuto Joseph Martinez, Asllani e Correa. Con questi cambi forzati, il gioco dell’Inter si dimostra sin da subito meno funzionale ed efficace rispetto alle partite precedenti, complice anche un’ottima lettura di gioco della squadra di Vieira. Dopo un avvio in cui nerazzurri, provano insistentemente a trovare la rete del vantaggio con protagonisti Dumfries e Mkhitaryan, il Genoa comincia ad entrare in partita, sfruttando la fisicità di Pinamonti e la velocità di Ekhator. Nonostante i ritmi non siano per nulla bassi, la partita si accende soltanto nei primi minuti della ripresa, quando sulla corsa verso la porta di Miretti, Acerbi riesce a fare un recupero importante, neutralizzando la conclusione del centrocampista genoano che termina in corner. Due minuti più tardi sul lancio di Dimarco e sulla spizzata di Lautaro, Barella prova a sbloccare la gara con un tiro al volo da lunghissima distanza che però termina di poco lontano dallo specchio dalla porta e viene anticipatamente recuperato da Leali. Sugli sviluppi di un calcio d’angolo, l’Inter sfiora il gol del vantaggio con la rovesciata di Pavard respinta da Leali. L’ingresso di Çalhanoğlu permette all’Inter di manovrare le azioni offensive con più sicurezza, come nell’occasione che vede il centrocampista turco servire barella, autore di un’altra conclusione dalla distanza che termina all’incrocio dei pali. Nel momento migliore dei nerazzurri, il Genoa va ad un passo dall’1-0 con un’occasione nata da un calcio d’angolo battuto ad uscire da Aaron Martin, che arriva sulla testa di Ekuban dopo un rimpallo, ma che viene allontanato dallo specchio dalla porta da un’uscita miracolosa dell’ex Josep Martinez, all’esordio in Serie A con la maglia dell’Inter. Sempre da calcio d’angolo, l’Inter trova dopo tanta insistenza la rete del vantaggio, sancita dalla decima firma stagionale di Lautaro Martínez, rete che arriva grazie all’anticipo di testa sul primo palo da parte dell’argentino, aiutato da una deviazione di Masini. La reazione del Genoa arriva principalmente con i nuovi entrati, in particolare con Venturino e Onana, quest’ultimo protagonista di un tiro che termina di poco alto sopra la traversa. Nei minuti finali il Genoa prova un disperato assalto alla ricerca del pareggio, lasciando troppo spazio all’Inter di ripartire e di far male. Tutti i successivi contropiedi dell’Inter però vengono sciupati da Taremi e da Lautaro nel momento della conclusione. A ridosso del triplice fischio, il Genoa si vede annullare il goal dell’1-1 per un  fallo in attacco di Ekuban ai danni di Josep Martinez, decisione arbitrale che viene compresa totalmente e senza particolari proteste dagli uomini di Vieira. Il successo dei nerazzurri contro il Genoa regala all’Inter la possibilità di affrontare con un morale differente la sfida di Coppa Italia contro la Lazio e la possibile sfida scudetto della 27ª giornata al Maradona contro il Napoli. Nonostante la sconfitta, il Genoa può vantare di aver disputato una partita al di sopra delle aspettative, riuscendo a mantenere un ritmo elevato e una tipologia di gioco che soddisfa tifosi e allenatore.

Como-Napoli (A cura di Dennis Rusignuolo)

Febbraio stregato per il Napoli. Conte perde la vetta del campionato contro il suo allievo Fabregas

Una linea alta di pressione e il possesso stabilmente tra i piedi. Contro il suo “allievo” Fabregas, Antonio Conte cerca di tarpare subito le ali ai lariani, per mettere subito la partita in discesa. Come un fulmine a ciel sereno i partenopei si colpiscono da soli, perché al quarto minuto Rrahmani si rifugia indietro verso Meret, che intanto si era allargato per ricevere il passaggio, ma il filtrante del kosovaro è diretto verso la porta e la palla entra in porta. Il clamoroso svantaggio del Napoli dura una manciata di minuti, perché fin da subito la squadra di Conte mantiene alto il baricentro e la linea di pressione. Il Como cerca di controllare stabilmente il possesso palla, considerando la scelta di Fabregas di schierare un roster di trequartisti al posto di una punta di ruolo. Al minuto 18 il Como cerca di sviluppare nella zona centrale del campo, Lobotka pressa forte Da Cunha, costretto a scaricare subito verso Kempf, il tedesco sbaglia il controllo e spiana la strada a Raspadori, freddo e lucido nell’aprire il piatto e mandare fuori tempo Butez. Secondo gol in due partite da titolare per l’attaccante azzurro, che sembra l’unico giocatore in grado di dare una scossa a questo Napoli rimaneggiato. Al 26’ Como pericoloso dopo una palla riconquistata da Caqueret che innesca Paz, scarico all’indietro su Perrone che calcia di piatto ma centrale. Sul capovolgimento di fronte, Spinazzola da sinistra crossa sul secondo palo, sponda di piede di Politano a centro area per il gigante Billing, che però viene anticipato da una smanacciata di Butez. Meglio il Napoli nella seconda parte di tempo, il Como soffre soprattutto la fisicità a centrocampo di McTominay e Billing (schierato al posto di Anguissa, diffidato, preservato per la gara scudetto contro l’Inter di sabato prossimo). Nessun cambio all’intervallo, ma le prime mosse della gara non tardano ad arrivare. Il Como approccio meglio la ripresa, cerca di ribaltare il canovaccio tattico della prima frazione, in cui il Napoli è riuscito a dominare in mezzo al campo con una linea di pressione alta e intensa. All’ora di gioco Conte richiama Lukaku e Billing in panchina, dentro Simeone e Anguissa. Al 66′ il Como deve ringraziare il suo estremo difensore, perché Butez è prodigioso nella respinta su McTominay, lo scozzese riceve un filtrante, si costituisce la conclusione nel migliore dei modi e spara un missile centrale, bravo l’estremo difensore francese nel rimanere in piedi fino all’ultimo. Nell’ultimo quarto di gara Fabregas muove lo scacchiere nel migliore dei modi: dentro Cutrone al posto di un ottimo Caqueret, e dopo meno di cinque minuti l’attaccante innesca Nico Paz in mezzo al campo, il Napoli è spaccato in due e il filtrante dell’argentino sorprende Rrahmani alle spalle. Il passaggio viene ricevuto da Diao, movimento verso destra e rasoiata sul palo opposto, laddove Meret non può arrivare. Impatto devastante dello spagnolo con il nostro campionato, al quinto centro in appena otto gare. Nel finale Conte inserisce tutti i giocatori offensivi di cui dispone e la gara si conclude con il Como barricato nella propria area per difendere un risultato d’oro, che arriva al termine di cinque minuti di recupero. A una settimana dallo scontro diretto, il Napoli cede momentaneamente il primo posto all’Inter. Febbraio stregato per la squadra di Conte, che colleziona solo tre pareggi e una sconfitta in quattro gare. La gara di sabato del Maradona diventa un cruccio per la stagione dei partenopei. Impresa riuscita ai ragazzi di Fabregas, che sembra aver trovato il suo cerchio magico attorno al continuo movimento dei giocatori offensivi utilizzati dallo spagnolo. Al cospetto del suo vecchio allenatore, Fabregas adesso si gode un gioco sempre più bello e incisivo, e tre punti che allontanano il Como dalla zona calda della classifica. E adesso l’obiettivo principale è la continuità…

Hellas Verona-Fiorentina (A cura di Marco Rizzuto)

Bernede all’ultimo stende la Viola. Al Bentegodi festeggia l’Hellas

La Fiorentina fa il primo squillo del match con il solito Moise Kean, ma Montipò in tuffo ci arriva mantenendo il risultato sullo 0-0. Il primo tempo si gioca mantenendo l’equilibrio in mezzo al campo, lasciando poco spazio alle occasioni da gol. A pochi minuti dalla fine Moise Kean prova la girata al volo sul cross basso di Zaniolo, la conclusione però non è irresistibile ed è facilmente neutralizzabile per Montipò. La vera occasione sfumata per i viola arriva agli sgoccioli della prima frazione: Folorunsho disegna un assist meraviglioso in acrobazia per Zaniolo, che fallisce clamorosamente a due passi dalla riga di porta. Quasi all’ora di gioco Moise Kean rimane a terra per un colpo al volto, che lo costringe al cambio in barella. A venti dalla fine il Verona sfiora il vantaggio, Dawidovicz di testa non trova la porta sul cross di Faraoni. Gli scaligeri a sorpresa la sbloccano allo scadere: sul filtrante di Mosquera deviato dalla difesa, si avventa Bernede, prima vince un rimpallo con Pablo Marì, poi manda a vuoto Comuzzo e spiazza De Gea, mandando in estasi il Bentegodi. La corsa all’Europa si fa sempre più entusiasmante, i viola cadono per la terza volta consecutiva e la vittoria netta contro l’Inter rimane un vecchio ricordo. Il Verona conquista tre punti fondamentali per la salvezza, che li rilanciano in classifica.

Empoli-Atalanta (A cura di Tommaso Patti)

La Dea non si ferma ad Empoli. Poker da sogno dell’Atalanta.

L’inizio di gara per gli uomini di Gasperini è caratterizzato da una serie di occasioni manovrate all’interno dell’area di rigore avversaria con Zappacosta e Djimsiti, quest’ultimo autore di una rovesciata avvenuta dopo un forcing nerazzurro che però termina alta sopra la traversa. Al quindicesimo minuto, l’Empoli sfrutta l’attacco della profondità del nuovo acquisto Kouamé e mette in pericolo la difesa avversaria con una conclusione potente deviata dall’intervento di Carnesecchi. Il momento che svolta notevolmente la gara arriva al ventisettesimo, quando su un cross di Zappacosta, il pallone viene deviato accidentalmente nella propria porta da Gyasi. Nei minuti successivi, l’Atalanta prima sfiora il raddoppio con il colpo di testa di Posch deviato in angolo da Silvestri, per poi trovarlo qualche minuto più avanti con l’inserimento sul secondo palo di Retegui, che raccoglie il cross di Lookman e firma la sua ventunesima rete in campionato. La Dea, ferita dalla recente eliminazione in Champions League, non fa sconti e trova il tris due minuti prima della fine del primo tempo, grazie alla rete dell’uomo più discusso dell’ambiente bergamasco negli ultimi giorni: il filtrante di Retegui, trova all’interno dell’area di rigore l’inserimento di Lookman che, salta con una finta sopraffina Silvestri, ed entra in porta col pallone segnando la terza rete nel primo tempo per l’Atalanta. Nonostante il netto divario fra i due formazioni, l’Empoli dimostrano i primi minuti della ripresa di essere ancora in partita, andando vicino al goal che avrebbe riaperto la gara con la conclusione velenosa di Henderson. Su un altro pallone in verticale di De Roon, Lookman scatta e si dirige verso la porta avversaria riuscendo a spostarsi il pallone sul sinistro per poi scaricarlo verso la porta con un tiro a incrociare, firmando l’ennesima doppietta e salendo a quota dodici gol in venti presenze in questa serie A. A mettere le ciliegina sulla torta ci pensa Zappacosta che, dopo essere stato protagonista al terzo minuto con una conclusione insidiosa, segna la rete del definitivo cinque a zero che spedisce l’Atalanta a -2 dal Napoli e a -3 dell’Inter capolista, candidandosi definitivamente per la lotta scudetto. Il 18º posto dell’Empoli va stretto agli uomini di d’Aversa, che adesso sono chiamati ad un cambio di marcia per riuscire ad uscire dalla zona retrocessione.

Cagliari-Juventus (A cura di Dennis Rusignuolo)

Juventus corsara in Sardegna. Il graffio di Vlahovic blinda il quarto posto bianconero

Interpretare la gara con sfacciataggine, questo l’obiettivo del Cagliari contro una Juventus che deve proseguire la striscia di vittorie e reagire all’eliminazione in Champions contro il PSV. Tornano dal primo minuto Yildiz e soprattutto Vlahovic, dopo una serie di cinque panchine consecutive. Il possesso palla è stabilmente in mano ai bianconeri, alla costante ricerca di un varco in cui colpire la difesa rossoblù. Tutte le manovre della Juve sono fatte da passaggi corti e precisi, per mantenere stabile il ritmo e la fluidità dei movimenti. Il Cagliari non riesce ad alzare il baricentro a causa di una pressione forsennata apportata dagli uomini di Thiago Motta, con il chiaro obiettivo di ostruire le linee di passaggio e i portatori di palla. All’undicesimo minuto il pressing costante e intenso dei bianconeri porta i suoi frutti: Yerry Mina perde palla a causa della pressione di Vlahovic, il serbo porta palla in avanti, salta Caprile in uscita e insacca a porta vuota. Una rete pesante per Vlahovic, che cerca di mettersi alle spalle un periodo incolore sotto tutti i punti di vista. Tra le fila bianconere la posizione di Locatelli è fondamentale nella lettura del gioco, perché il playmaker italiano è spesso libero di impostare e giostrare il gioco, mentre in fase di non possesso tutti gli attaccanti guidano la pressione verso Caprile e i difensori, costretti a buttare il pallone il più lontano possibile. La Juve gioca sul velluto, approfitta di un momento di totale condusione dei sardi e sfiora il raddoppio al 21′, con Yildiz che taglia alle spalle della difesa rossoblù, chiusura preziosa di Caprile, che risponde con un’uscita a forbice sbarrando la strada al turco. Le due squadre cominciano a sbilanciarsi da una parte e dall’altra, la Juve riparte con una facilità disarmante e i bianconeri trovano spesso buone transizioni per colpire verso la porta. Al 27′ Vlahovic serve centralmente Yildiz, il turco si costruisce la conclusione e incrocia sul palo opposto, bravo Caprile a intervenire con i piedi. L’estremo difensore del Cagliari è il migliore in campo dei rossoblù nella prima mezz’ora, e le sue parate evitano fin da subito un passivo ben superiore. Il primo lampo, la prima vera occasione, dei padroni di casa è un mancino al volo di Zortea, conclusione forte ma centrale, Di Gregorio blocca senza troppa difficoltà. All’intervallo Nicola cambia subito nelle fasce, fuori Felici e dentro Zito Luvumbo. La Juve non cambia interpreti e ricomincia con gli stessi uomini che hanno chiuso -alla grande- il primo tempo. Nonostante un avvio diverso, più vivace e dentro al gioco, il Cagliari continua a non sfondare sulle fasce, anche se l’ingresso frizzante di Luvumbo crea qualche grattacapo in più alla difesa bianconera. Nicola decide di cambiare assetto inserendo Coman al posto di Deiola, un chiaro passaggio al doppio centravanti, con il rumeno che si affianca a Piccoli. Motta risponde subito con Kolo Muani e Douglas Luiz, fuori Conceicao e Koopmeiners. Schieramenti a specchio con la Juve che cerca conferme positive nell’ultima mezz’ora dalla coppia Kolo Muani-Vlahovic. Al 77′ la Juve esce con qualità da un disimpegno al limite dell’area, Douglas Luiz cerca subito Vlahovic in profondità, il serbo porta palla in avanti e al limite dell’area calcia addosso a Caprile, proteste bianconere per una spinta a due mani di Luperto al momento della conclusione di Vlahovic, per Colombo non è calcio di rigore. Il Cagliari alza il raggio d’azione nel finale, sfruttando un calo fisiologico della Juve, e si affaccia alla porta di Di Gregorio con un mancino di Coman che termina di poco a lato. Nicola si gioca l’ultima carta con Pavoletti, chiaro messaggio di attacco totale verso la porta bianconera. Nel recupero la Juve trova spazi incontaminati per alzare il baricentro e tenere lontano il Cagliari, che nel frattempo non riesce a impensierire la difesa bianconera. Dopo cinque minuti di recupero Thiago Motta può festeggiare la quarta vittoria consecutiva in campionato. Serviva una reazione dopo la brutta battuta d’arresto contro il PSV e la reazione è arrivata. Non tanto nel risultato, ma nella prestazione coraggiosa e lucida che la Juve ha attuato nel primo tempo. Nel secondo tempo un canovaccio più dedito alla gestione del risultato che non ha lasciato grandi spazi al Cagliari, che adesso deve ripartire subito per seguire il passo delle inseguitrici alla salvezza, tutte -o quasi- in un buon momento di forma.

Roma-Monza (A cura di Marco Rizzuto)

Poker giallorosso, Ranieri aggancia la zona Europa

La Roma passeggia nell’ultimo incontro della 26^ giornata, Saelemaekers apre i giochi e Cristante li chiude. All’Olimpico la Roma non perde tempo e sfiora il vantaggio dopo appena cinque minuti con Nicolò Pisilli, che manca la porta da ottima posizione. Al 10′ Saelemaekers sblocca la gara con una magia tirata fuori dal suo mancino: il belga rientra sul mancino al limite dell’area e segna un gol -alla Dybala-. Il dominio giallorosso prosegue fino alla mezz’ora dove Shomurodov con uno stacco di testa firma il raddoppio su assist di un rinato Soulé. Il Monza prova a riaprire i giochi al tramonto del primo tempo con Ganvoula, ma Svilar si impone con una super parata che impedisce alla sfera di entrare. La ripresa si gioca a ritmi più bassi ma sono sempre i giallorossi a gestire il possesso, lasciando le briciole al Monza. Dopo una ghiottissima occasione per Baldanzi sventata da Turati all’ora di gioco, la Roma trova la rete del tris al 72′ con Angelino, che incrocia benissimo da centro area. Il monologo giallorosso si chiude con un sonoro e pesante poker, firmato dalla girata di testa di Bryan Cristante su calcio d’angolo. La vittoria sul Monza sancisce il decimo risultato utile consecutivo, effetto importantissimo della ‘cura Ranieri’, che rilancia i giallorossi in zona Europa a -1 da Bologna e Milan. Il Monza torna a perdere dopo 0-0 dell’ultima giornata, ormai la retrocessione sembra inevitabile.

LA TOP11 DELLA 26ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala

 

Classe 2004. Studente in Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Palermo. Aspirante giornalista/presentatore sportivo e grande appassionato di calcio.

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Calcio

Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Seconda parte)

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Dopo i primi quattro gironi, che sono già tornati in campo per la seconda giornata del torneo, ecco gli altri quattro gironi che hanno fatto il loro esordio negli scorsi giorni. Figurano tante big, oltre alle due italiane in azione, Juventus e Inter.

GIRONE E 

Inter, Monterrey, River Plate, Urawa Reds 

La prima gara del girone è quella tra il River Plate e i giapponesi dell’Urawa Reds. A Seattle le temperature sono più adatte per una grigliata di asado con gli amici piuttosto che una partita di calcio, ma nonostante il caldo torrido alle 12.00 (ore americane) al Lumen Field ci sono un buon numero di tifosi dei Millionarios, che assistono all’esordio vincente della squadra di Gallardo. Un successo che mette ulteriormente in mostra tutte le qualità del gioco del River Plate: gestione lucida del possesso, una buona dose di ‘garra’ e un Mastantuono pronto a prendersi la scena prima di passare al Real Madrid a fine mondiale. Il vantaggio parte proprio da una giocata del classe 2007, proseguita dal solito cross tagliente di Acuna, e da un inserimento brutale di Colidio in mezzo ai difensori. Nella ripresa il raddoppio porta la firma di Driussi, anche se gran parte del gol è regalato dal terrificante retropassaggio del difensore Hoibraten. Driussi si fa anche male nella ricaduta, nel frattempo l’Urawa accorcia le distanze dagli undici metri con Matsuo e comincia a pregustare il sapore della rimonta, subito interrotta dalla zuccata di Meza a dieci dalla fine. Un River che gioca bene e che usa…la testa, viste le tre zuccate che hanno regalato alla banda Gallardo i primi tre punti, e adesso il “set point” contro il Monterrey può regalare già il primo posto aritmetico al River Plate.

Foto: X Inter

Nell’altra gara del girone l’Inter fa il suo esordio contro il Monterrey. Dalla finale di Champions League di venti giorni fa l’Inter ha cambiato molto, ridimensionato dopo la batosta subita dal PSG. In panchina non siede più Simone Inzaghi, che è rimasto comunque nel giro del Mondiale per Club, ma Christian Chivu. Il tecnico romeno arriva da Parma e nel suo primo match cerca di non effettuare particolari rivoluzioni tecnico/tattiche. Si riparte dal 3-5-2 con Seba Esposito che affianca Lautaro Martinez. L’approccio della gara da parte dell’Inter non è prorompente come avevano abituati i nerazzurri in questi anni, ma la pressione e il fraseggio sono comunque apprezzabili. Si cerca di catturare qualsiasi strategia attuata da Chivu rispetto al precedente ciclo di Inzaghi, ma l’unica vera soluzione che si nota è la marcatura a zona nelle palle inattive, e la dimostrazione porta al vantaggio il Monterrey: la difesa dell’Inter cerca di ostruire il centro dell’area di rigore da potenziali attacchi, ma nessuno segue il taglio dell’eterno Sergio Ramos, lo spagnolo è micidiale sotto pressione, figuriamoci senza marcatura… incornata che sbatte sul terreno e beffa Sommer, non proprio impeccabile. L’Inter ci mette qualche minuto a pareggiare, e lo fa con uno schema su punizione che culmina con il tap-in vincente di Lautaro Martinez. Nel secondo tempo si vedono le cose interessanti, perché il Monterrey traccia un solco a metà campo e non lo oltrepassa quasi mai, ma soprattutto Chivu decide di inserire i nuovi arrivati Luis Henrique e Sucic, oltre a Thuram per Esposito. Il tecnico nerazzurro cambia modulo e alza il raggio d’azione di Mkhitaryan, anche se i messicani non soffrono particolarmente, merito di una gestione della linea difensiva da generale romano da parte di Sergio Ramos. Tra luci e ombre Chivu marchia il suo esordio con un pari, e adesso la gara contro l’Urawa diventa un passaggio decisivo per le sorti dell’Inter nel Mondiale per Club, in attesa di una crescita generale dell’ambiente nerazzurro, ancora troppo arrugginito dopo le fatiche di fine stagione.

  • Inter-Urawa Reds
  • River Plate-Monterrey 

GIRONE F

Borussia Dortmund, Fluminense, Mamelodi Sundowns, Ulsan HD 

Foto: X Fifa Club World Cup

Il calendario mette a confronto subito Borussia Dortmund e Fluminense, le due squadre favorite per il passaggio del turno. Il Fluminense si presenta con una squadra di figure pittoresche per molteplici motivi: spicca il giovanissimo portiere Fabio, 44 anni e 171 giorni, e il centrocampista Hercules, infaticabile mezzala, oltre all’ancora frizzante Thiago Silva. Il Borussia Dortmund si ricorda di scendere in campo solo a tratti, perché per il resto la partita è un dominio costante del Fluminense. I brasiliani attaccano la porta di Kobel da qualsiasi angolazione possibile, poi però devono fare i conti con il portiere svizzero, che francamente ha deciso che la partita debba finire in parità. Dell’attacco del Borussia non c’è alcuna traccia, e quando i gialloneri si affacciano in avanti, Fabio e Thiago Silva non hanno nemmeno bisogno di calare a referto qualche gemma gloriosa del loro passato, perché pericoli concreti non ne arrivano. Nella ripresa l’occasione più grossa capita nei piedi dei giocatori del Fluminense, ma Kobel risponde alla grande su un primo tiro di Everaldo, e alla grandissima sulla ribattuta di Nonato, che già stava per correre sotto la curva occupata dai tifosi brasiliani. Nel frattempo il Borussia accoglie un altro Bellingham in mezzo al campo, non più Jude ma il fratello minore Jobe, ma quasi nessuno se ne accorge perché il Dortmund non riesce nemmeno a costruire un’azione degna di nota. Termina 0-0, come aveva deciso Kobel, ma il Borussia Dortmund adesso deve accendersi per evitare brutte sorprese in corso d’opera. Altra grande prestazione per una sudamericana, con il Fluminense che ai punti meritava più di un gol e la vittoria finale, ma la dea bendata -e Kobel- riescono a mantenere il punteggio fermo sul pari. Altra menzione per Hercules, che non sembra nemmeno male in mezzo al campo, ma il suo nome lo precede, e onestamente è clamoroso.

L’altro match del girone è l’emblema del mistero e dell’incertezza che veleggia attorno ad alcune realtà del mondo calcistico. La gara tra Ulsan HD e Mamelodi Sundowns comincia in ritardo a causa della pioggia, e se già era difficile registrare un sold out per questa gara, le condizioni meteo decimano ulteriormente gli spettatori di questo match che può nascondere la magia di una finale dei mondiali, o la sonnolenza di uno spareggio di metà agosto in Lituania. I sudafricani (Mamelodi) giocano bene e sostanzialmente dominano, Rayners ne segnerebbe anche tre, ma due di questi vengono annullati dal VAR, con tanto di decisione spiegata a tutto lo stadio dall’arbitro, una delle tante novità sperimentate in questo torneo dalla FIFA -al momento ampiamente promossa. Finisce soltanto 1-0, anche perché il centrocampista dell’Ulsan Bojanic va a calciare due volte e tira fuori dal cilindro due tiri orribili, incredibilmente per motivi opposti: uno altissimo, uno molle e centrale. Occasionissima per il Mamelodi, che adesso può sognare in grande visto l’ottimo esordio, anche se adesso arrivano le “big”.

Seconda giornata:
  • Mamelodi-Borussia Dortmund 
  • Fluminense-Ulsan HD

GIRONE G 

Al-Ain, Juventus, Manchester City, Wydad Casablanca

A Philadelphia il Manchester City comincia il suo mondiale contro il Wydad Casablanca. Guardiola ha accolto tra le sue braccia altri due gioielli provenienti dal mercato, tali Reijnders e Cherki -non proprio sconosciuti- e non perde tempo a gettarli in campo, a costo di rinunciare ad Haaland e il pallone d’oro Rodri. Non c’è bisogno di spiegare le motivazioni su questa scelta, perché bastano i primi due minuti per capire che il Manchester City potrebbe dominare il palleggio anche con Liam e Noah Gallagher degli Oasis. Al secondo minuto Foden la schiaffa in porta, tornando ad assaporare la gioia del gol che gli mancava da quasi sei mesi. Il Wydad prova anche a spingersi in avanti, ma a parte una serie di giocate del fantasista Lorch -che va menzionato solo per la quantità innumerevole di sombreri e la quattro sulle spalle- non si registrano particolari pericoli per Ederson. Prima dell’intervallo i marocchini riescono a far passare Doku come un predatore d’area, lasciandolo completamente da solo in mezzo all’area al momento del corner di Foden. Di fatto, la partita termina nella prima frazione, e gli ingressi di Haaland e Rodri -insieme ad altre figure- non fanno altro che accentuare il dominio dei Citizens, che hanno talmente tanto la situazione sotto controllo che trovano il tempo per sborsare 20 mila euro di multa (la FIFA ha introdotto una penale per ogni sanzione, e l’espulsione corrisponde a circa 20 mila franchi svizzeri) per una tacchettata in faccia a un avversario da parte di Rico Lewis. 

Foto: X Juventus FC

La gara che chiude la prima giornata è l’esordio della Juventus di Igor Tudor. L’avversario dei bianconeri è l’Al-Ain, che presenta il 5-3-2 delle grandi occasioni, con un sempreverde Rui Patricio in porta. I bianconeri sono reduci dalla visita alla Casa Bianca, dove sono stati costretti ad ascoltare Trump mentre parlava ai giornalisti della guerra e del calcio femminile, in uno dei momenti più surreali della storia recente del calcio, ma in campo mettono subito le cose in chiaro, come fa l’America quando subentra nei grandi conflitti: all’intervallo il risultato è sul 4-0 per la squadra di Tudor, con la doppietta di Kolo Muani, il gol di Conceição e la gemma di Yildiz (che ancora una volta segna all’esordio in qualche torneo), nel secondo tempo arriverà anche il quinto gol di Chico Conceição. Se nel corso della stagione i giocatori della Juve sembravano spaventati anche da un fiammifero, a Washington i ragazzi di Tudor sembrano una banda di potenziali piromani: vanno a duemila, recuperano il pallone velocemente, si cercano e si trovano anche a occhi chiusi. In attesa dei recuperi di alcune pedine fondamentali (contro l’Al-Ain hanno riassaporato il campo Gatti e Koopmeiners), Tudor spinge sul blocco visto nel rush finale, con un Kelly in netto miglioramento con l’approccio al ruolo, e Alberto Costa in versione treno merci. Il portoghese è un’iradiddio sulla fascia destra e confeziona anche due assist, mentre l’enigma principale riguarda Conceição e Kolo Muani, entrambi in prestito ma sempre più incisivi nell’ecosistema bianconero. Sorrisi e sacrificio, il primo posto in classifica e la voglia di spingersi oltre. La Juventus di Tudor parte alla grande in America, e già nel prossimo turno può ipotecare il passaggio del turno.

Seconda giornata:

  • Juventus-Wydad Casablanca
  • Manchester City-Al Ain

GIRONE H 

Al-Hilal, Pachuca, Real Madrid, Salisburgo

Esordio a tutto tondo per Real e Al-Hilal, che accolgono nelle loro rispettive panchine Xabi Alonso e Simone Inzaghi. Ne viene fuori un match spettacolare, soprattutto per merito del coraggio e del dinamismo del club saudita. Senza Mbappé, Xabi Alonso sceglie il giovane Gonzalo Garcia, mentre dietro giocano subito i nuovi arrivati, Huijsen e Alexander-Arnold. Inzaghi ci ha messo poco a dare un’impronta decisa all’Al-Hilal, e la mezz’ora iniziale è quasi un monologo dei sauditi, più vivi e spigliati rispetto a un Madrid alla ricerca di geometrie. A Renan Lodi viene anche annullato un gol per fuorigioco, Inzaghi comincia a dispensare urla a qualsiasi oggetto vestito di blu, e nel frattempo il Real Madrid rispolvera la ripartenza all’italiana, finalizzata da Gonzalo Garcia su assist di Rodrygo. L’Al-Hilal ci mette poco a pareggiare la gara, grazie al calcio di rigore realizzato da Ruben Neves. Xabi Alonso non stravolge i suoi Blancos rispetto a quanto visto lo scorso anno, e sceglie la via della continuità anche nelle sostituzioni, con Tchouameni che continua il suo viaggio da nomade nella parte arretrata del campo mentre Asencio lascia il posto a Guler. Il turco da quella marcia in più al Madrid, e nel frattempo il ritmo dei sauditi è calato notevolmente, prevedibile considerando il dispendio enorme di energie del primo tempo e il caldo asfissiante di Miami. Nel finale il VAR assegna un rigore al Real Madrid per una manata di Al-Qahtani su Fran Garcia. Dal dischetto Valverde incrocia il destro ma Bonou azzecca l’angolo e mette il sigillo finale al pareggio. Due cantieri ancora in fase di avvio, ma arrivano già i primi segnali da una parte e dall’altra. Se Inzaghi può ritenersi soddisfatto per qualità e ritmo messo in campo, Xabi Alonso attende il ritorno di Mbappé per cercare di nascondere le difficoltà evidenziate in questo primo match, fotocopie dell’ultima stagione blanca. 

Foto: fifa.com

Altrettanto divertente è la gara tra Pachuca Red Bull Salisburgo. A Cincinnati trionfano gli austriaci dopo un match durato quattro ore (sospeso per un’ora e quaranta per l’acquazzone che ha colpito la città durante il secondo tempo). Gara divertente e frizzante fin dai primi minuti, con i messicani che rispolverano un centravanti d’area di rigore come Salomon Rondon, stranamente poco freddo e lucido contro l’estremo difensore del Salisburgo, l’impronunciabile Zawieschitzky. A ridosso dell’intervallo gli austriaci trovano il vantaggio grazie alla perla di Oscar Gloukh, l’israeliano lascia a terra Pedraza e batte Moreno con un destro a giro di pregevole fattura. Nella ripresa la gara si interrompe per quasi due ore per il temporale, poi riparte e i fulmini lasciano spazio ai fuochi d’artificio. Il Pachuca trova il pareggio grazie a una punizione di Gonzalez, su cui barriera e portiere non fanno una bella figura; Rondon continua la sua ricerca spasmodica del gol ma non riesce a segnare. Chi riesce a gonfiare la rete è l’altro centravanti, il neo-entrato Onisiwo, che sale in cielo e riesce a indirizzare e colpire forte il pallone, per un vantaggio che spedisce il Salisburgo in vetta alla classifica. In attesa della gara contro l’Al-Hilal gli austriaci provano a inserirsi di soppiatto in alto alla classifica.

Seconda giornata:

  • Salisburgo-Al-Hilal 
  • Real Madrid-Pachuca
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Calcio

Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Prima parte)

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Polemico, esagerato e curioso, proprio come sa essere l’America. Il nuovo Mondiale per Club voluto dalla FIFA rispecchia i canoni degli Stati Uniti, che si preparano al mondiale tra nazionali (in programma il prossimo anno) con una parata di stelle e altri elementi celesti più misteriosi, ma intensi e curiosi. Tante le novità in esperimento, numerosi argomenti di valutazione, ma nel frattempo la prima giornata è terminata nella notte, e tra poco il mondiale riparte con la seconda giornata. Allora ecco la prima parte dell’analisi delle prime gare del Mondiale per Club, girone per girone.

GIRONE A 

Al-Ahly, Inter Miami, Porto, Palmeiras 

Uno dei raggruppamenti più intriganti dell’intero mondiale, non tanto per la quantità elevata di “big” al suo interno, ma per l’alone di mistero e curiosità che circola attorno a Messi e avversari. Dopo le prime due partite la classifica è rimasta la stessa dello scorso venerdì, quando ancora il torneo non era cominciato. L’ordine rimane quello alfabetico, la differenza reti pari ai gol realizzati dalle quattro squadre, ossia zero, ma le due gare sono state tutt’altro che noiose.

Foto: fifa.com

La gara tra AlAhly e l‘Inter Miami apre il mondiale. Nel primo tempo gli egiziani dominano in lungo e in largo, come non si vedeva probabilmente da Cleopatra e family. La retorica storica però non è casuale, perché nell’assedio costante dell’Al-Ahly verso la porta avversaria emerge un altro reperto di notevole importanza nella gara: il portiere dell’Inter Miami, tale Oscar Ustari, 38 anni compiuti. Il portiere argentino è il protagonista della prima frazione perché mette a referto una serie di parate sensazionali, e mette la ciliegina al minuto 43 quando ipnotizza Trezeguet dal dischetto. Nel secondo tempo l’Inter Miami prova a giocare con maggior qualità, e la modalità è quella nota a tutti: palla a Messi e poi si vede. Al minuto 63 tutto lo stadio trattiene il fiato per la punizione di Messi, l’argentino cerca la soluzione a effetto e spedisce la palla in rete. Peccato che la palla non giri abbastanza e si vada a incastrare nella parte esterna della porta, regalando soltanto l’illusione ottica di un grande gol. Nel finale emerge anche l’altro estremo difensore, l’egiziano El-Sheenawy, anche lui ben navigato grazie alle sue 36 primavere. Le sue parate chiudono la porta, e dove non arriva El-Sheenawy ci pensano i legni, come quello colpito all’ultimo istante da un tiro-cross di Messi. Finisce 0-0.

Nell’altra gara del girone Porto e Palmeiras giocano talmente a viso aperto che si devono arrendere a uno 0-0 che suona come un oltraggio al calcio, per la mole di occasioni avute da entrambe le squadre. Due gemme per parte, Estêvão per i brasiliani e Rodrigo Mora per i portoghesi, ma le due squadre presentano un parco giocatori talmente completo da poter andare in guerra e a una sfilata a Hollywood allo stesso tempo. Tante, tantissime, troppe, occasioni e in questo teatro emergono artisti incompresi, o magari talmente sconosciuti a sé stessi da essere perfetti per dominare la scena. È il caso del portiere del Porto, Claudio Ramos, provvidenziale con una serie di parate tanto efficaci quanto qualitativamente orrende. Il Palmeiras ai punti meriterebbe almeno un gol, ma il palo e le parate sconsiderate di un Ramos in giornata di grazia non cambiano il risultato. Anche l’altra gara finisce 0-0.

Seconda giornata:

  • Palmeiras-Al-Ahly
  • Inter Miami-Porto 

GIRONE B 

Atletico Madrid, Botafogo, PSG, Seattle Sounders

Dopo aver schiantato l’Inter in finale di Champions League, il Paris Saint-Germain arriva al Mondiale per Club con i favori del pronostico. L’armata di Luis Enrique fa il suo esordio a Pasadena contro l’Atletico Madrid, al cospetto di un caldo torrido e ottantamila persone, a cui vanno aggiungi i sedici giocatori impiegati da Simeone nel corso della gara. Si prospettava come il match di cartello di questa prima giornata, e invece termina con un PSG che passeggia e domina per 4-0. Al momento i parigini viaggiano a una cilindrata nettamente superiore rispetto alla concorrenza, e anche senza due pilastri offensivi fondamentali, come Dembelé e Barcola, ci pensano gli altri diamanti che Parigi sta conservando, Fabian Ruiz e soprattutto Vitinha. Il centrocampista portoghese continua il suo mostruoso dominio del gioco e adesso si comincia a comprendere al meglio la sua leadership. Le altre due firme sono di Kang-In Lee e Mayulu, che in questo ultimo mese sta cercando di rinominare la celebre zona Cesarini. Per la banda del Cholo si mette subito in salita, anche se la qualificazione non sembra in discussione.

Foto: fifa.com

Nell’altro match i meno quotati Botafogo e Seattle Sounders regalano comunque un match intenso e spettacolare, vinto dai brasiliani grazie a due sigilli nel primo tempo. Il Botafogo va in vantaggio grazie a un colpo di testa dell’altissimo Jair Cunha (1.98m), poi raddoppia con un’altra incornata, questa volta del centravanti Igor Jesus. Nel secondo tempo gli statunitensi accorciano le distanze con Roldan, e nel rush finale sfiorano più volte il pareggio, ma il Botafogo decide di affidarsi a due, non troppo vecchie, meteore della nostra Serie A come Arthur Cabral e Joaquin Correa. Il risultato non cambia, anche se il Tucu sfiora subito il primo gol con la maglia del Fogão, stoppato da un grande intervento del portiere Frei. Successo che può rilanciare il Botafogo, che può approfittare della pesante sconfitta dell’Atletico Madrid, a patto che non si arrendano anche loro a un’imbarcata dai parigini, che negli ultimi tempi sembra l’unica soluzione percorribile.

Seconda giornata:

  • Paris Saint-Germain-Botafogo
  • Seattle Sounders-Atletico Madrid

GIRONE C 

Auckland City, Bayern Monaco, Benfica, Boca Juniors

Sulla carta sarebbe il girone più equilibrato del Mondiale, ma dopo la gara del Bayern Monaco ovviamente questa analisi va rivisitata. Contro i dilettanti dell’Auckland City i bavaresi non vanno per il sottile, confermando la freddezza e il cinismo che distingue il tedesco medio: termina 10-0, sei a zero all’intervallo. Troppa la differenza tra le due squadre per buttare giù una qualsiasi cronaca, anche se le storie extra-calcistiche dei dilettanti di Auckland sono manna dal cielo per le pagine romantiche di calcio. Il campo però non lascia spazio a interpretazioni: neozelandesi con un 5-5-0 non troppo compatto, i bavaresi lasciano Neuer in mezzo al campo a riscaldarsi seduto sul prato di Cincinnati e nel frattempo disintegrano la porta di Tracey, che nella vita fa il magazziniere. Qualificazione praticamente ipotecata, anche se adesso comincia a tutti gli effetti il mondiale di Kompany e…company;

Foto: fifa.com

L’equilibrio del gruppo C è rappresentato da Boca Juniors e Benfica, che scendono in campo all’Hard Rock Stadium di Miami. Senza troppi indugi è una delle partite più belle del primo turno di match. Ruvido, qualitativamente entusiasmante e ricco di calcio e calci, come impone la tradizione. Il Benfica sembra essere favorito dopo i primi minuti, ma gli argentini in dieci minuti mettono in scena tutto il loro calcio: vantaggio di Merentiel su assist di Blanco, che si concede il lusso di un tunnel prima del pallone per l’attaccante argentino, e raddoppio su palla inattiva con la testata vincente di Battaglia. Prima dell’intervallo il Boca completa il proprio manifesto sudamericano, quando a ridosso dell’intervallo il Benfica conquista un rigore per un calcio di Palacios su Otamendi. L’arbitro va al VAR e Ander Herrera -uscito anzitempo per infortunio- decide di farsi espellere per proteste. Di Maria accorcia le distanze dal dischetto e al rientro dagli spogliatoi Bruno Lage alza i toni dell’attacco con Belotti. L’ingresso del “Gallo” è agonisticamente impattante, forse troppo, perché al minuto 72 Belotti viene espulso per un calcio alla nuca di un avversario. La partita è tesa come una corda di violino, lo spettacolo ha lasciato spazio a un’intensità che sembra più da finale dei mondiali, che da fase a gironi, e parlando di mondiali non può che emergere un argentino, anche se veste la maglia del Benfica. Otamendi si stacca sul primo palo, impatta violentemente la sfera e pareggia la partita. Prima del triplice fischio c’è ancora tempo per un ultimo assaggio di calcio selvaggio, offerto da Figal: pestone da ergastolo sullo stinco di Florentino e cartellino rosso diretto. Finisce in parità, e il cammino di Boca e Benfica passerà dalla gara contro Auckland, in cui servono tanti gol per la differenza reti.

Seconda giornata:

  • Bayern Monaco-Boca Juniors
  • Benfica-Auckland City

GIRONE D

Chelsea, Esperance Tunis, Flamengo, Los Angeles FC

Il gruppo D diventa subito di dominio di Chelsea e Flamengo, come da pronostico. I londinesi cominciano la propria competizione contro il Los Angeles Fc di Giroud (inizialmente in panchina) e Lloris, e vincono con qualche difficoltà grazie a un gol per tempo. Forti del successo in Conference League, Maresca schiera la miglior formazione per evitare di incappare in qualche inconveniente in stile Italia a USA94′. La gara comincia con un colpo d’occhio agghiacciante, con le tribune dello stadio di Atlanta semi-vuote. Per fortuna gli spalti si riempiono leggermente nel corso della gara, e il Chelsea ingrana anch’esso alla distanza, per poi vincere senza evidenti fatiche. Il vantaggio è siglato da un ottimo Pedro Neto, frizzante nella fascia destra fin dall’inizio, incontenibile per il lussemburghese Chanot. Nel secondo tempo fanno il loro esordio in maglia Blues i due nuovi acquisti, Essugo e Delap, mentre sponda L.A. entra Giroud. L’ingresso del francese alza notevolmente il peso dell’attacco statunitense, e la difesa del Chelsea comincia a concedere qualche occasione, poi però viene fuori nuovamente il livello tecnico della banda Maresca, che chiude i discorsi a dieci dal termine. Delap pennella un ottimo cross in mezzo, Enzo Fernandez si avventa sulla sfera e mette il sigillo finale. Non un esordio da sogno per il Chelsea, che riesce comunque a conquistare i tre punti che gli servivano. La qualificazione è un duello con il Flamengo, prossimo avversario dei Blues. Occhio però a considerare fuori dai giochi il Los Angeles FC.

Foto: fifa.com

Nell’altro match il Flamengo fa il suo esordio in grande stile contro l’Esperance Tunisi. La differenza tecnica tra le due squadre è evidente, ma i brasiliani giocano un gran match sotto ogni punto di vista. Sigla il vantaggio uno dei simboli del Fla, il fantasista uruguaiano De Arrascaeta. L’ex Fiorentina Pedro ha l’occasione per raddoppiare, ma decide che per il momento non è il caso di segnare. La formazione del Flamengo è un’ode alla nostalgia calcistica, data la vasta presenza di ex Serie A come Pulgar, Gerson, Pedro e il nuovo arrivato Jorginho. Nel secondo tempo è proprio Jorginho a mettersi in mostra, grazie a un filtrante no-look verso Luiz Araujo, che aggiunge il suo tocco di classe con un mancino a giro che si insacca alle spalle del portiere Ben Said. Nell’Esperance Tunisi, a parte un’ottima presenza di tifosi nelle tribune, da segnalare una delle figure più pittoresche di questo mondiale, l’attaccante Rodrigo Rodrigues.

Seconda giornata:

  • Flamengo-Chelsea
  • Los Angeles FC-Esperance Tunisi 
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Calcio

Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

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L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.

Le scelte per l’ultima di Spalletti

Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.

ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui. 

Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.

Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.

Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e  sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.

Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…

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