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Calcio

Il Supercommento della 35ª giornata di Serie A

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Grafica: Julya Marsaa

Il commento completo di tutte le partite, con la Top 11 alla fine, della trentacinquesima giornata di Serie A

Torino-Venezia (A cura di Tommaso Patti)

Altra grande chance sciupata dal Venezia. Al gol di Kike Perez risponde quello di Vlasic

Con una salvezza archiviata, il Torino sfida un Venezia ancora alla ricerca di punti per non retrocedere, che deve approfittare delle ultime prestazioni positive per uscire dall’Olimpo o grande Torino con un risultato favorevole.
La sfida tra il presente e il passato di Vanoli parte subito in salita: al quarto minuto di gara, dopo una grandissima giocata ai danni di Biraghi, la conclusione di Yeboah si stampa sul palo, carambolando sulla schiena di Milinkovic-Savic e poi nuovamente sul legno, per poi finire in porta grazie al passaggio di Gytkjaer per Zerbin, a cui viene subito tolta la gioia del gol per un fuorigioco millimetrico di Gytkjaer. Il pericolo scampato ridà fiducia al Toro, che si affaccia nell’area avversaria per la prima volta con Casadei, bravo nell’anticipare Idzes e Cande ma impreciso nel centrare la porta. Un’altra grande giocata di Yeboah innesca la seconda conclusione di Zerbin, terminata stavolta con la provvidenziale parata del portiere granata. Al 36’, lo scatto in mezzo ai due avversari di Kike Perez, regala allo spagnolo l’angolo giusto per colpire e far male al Torino, portando il Venezia in vantaggio e trovando la sua prima rete in Serie A. Con il primo tempo ormai giocato, il Torino è obbligato a rimboccarsi le maniche e provare a rimettere il risultato in discussione, andandoci vicino con Che Adams, bravo nel posizionarsi perfettamente a centro area ma altrettanto bravo Radu nell’esecuzione di un super intervento che salva il Venezia. Con poco più di quindici minuti di gioco rimanenti, il Torino assedia l’area di rigore avversaria, trovando un calcio di rigore provocato dal fallo di mano di Idzes nel tentativo di deviare un cross di Elmas. Dopo lo spavento per l’inaspettato malore subito da Vanoli, il match prosegue, dal dischetto si presenta il capitano dei padroni di casa che, angola il suo destro, e trova la rete che ristabilisce la parità. Nei restanti minuti di gara, il Venezia sembra accontentarsi del pareggio, mentre al Torino manca la qualità per riuscire a fare nuovamente male alla difesa avversaria. L’unica grande occasione arriva dai piedi di Che Adams al quinto dei sette minuti di recupero, quando l’attaccante scozzese raccoglie palla da Gineitis, ma spedisce alta un’occasione che poteva valere i tre punti. Se per il Torino non risulta fatale il pareggio, la mancata vittoria del Venezia conferma ciò che si è visto nelle ultime uscite degli arancioneroverdi: tanto bel gioco ma troppi pochi punti portati a casa. Con un campionato giunto ormai quasi al termine, la squadra Di Francesco è chiamata a fare punti nelle prossime tre gare, dove affronterà rispettivamente Fiorentina, Lecce e Juventus.

Cagliari-Udinese (A cura di Dennis Rusignuolo)

La pancia di Kristensen e Zarraga guidano il colpo friulano a Cagliari. Salvezza rimandata per i sardi

Dopo una buona partenza, il Cagliari cerca lo sviluppo verticale su Luvumbo e Piccoli, subito marcati a vista dai rocciosi difensori friulani. Poche occasioni nella fase iniziale della gara, a causa di un manto erboso particolarmente asciutto e di un ritmo non elevatissimo delle due squadre. L’Udinese sblocca il risultato alla mezz’ora. Dopo un errore abbastanza grossolano di Piccoli, tutto solo davanti a Okoye, la legge del calcio trova concretezza ancora una volta, perché dopo l’occasione capitata all’attaccante rossoblù, i bianconeri passano in vantaggio con Oier Zarraga. Perfetto l’inserimento in area dello spagnolo, che sfrutta un erroraccio di Luperto e un puntuale assist di Modesto dalla destra per segnare con freddezza lo 0-1 al minuto 27. Il vantaggio della squadra di Runjaic dura però appena otto minuti perché al 35 Makoumbou imbecca Zortea in profondità, l’esterno si inserisce alle spalle della difesa, riceve il lancio di Makoumbou e dopo aver controllato in maniera impeccabile con il mancino, fredda Okoye con un rasoterra sul primo palo. Sesto gol in questo campionato per l’ex laterale dell’Atalanta, autore dell’1-1. Al 40′ rischia molto Solet con un retropassaggio di testa leggermente corto: Luvumbo si avventa sul pallone e si invola verso la porta, ma Okoye stavolta esce provvidenzialmente evitando guai peggiori. Nella ripresa, nonostante i tre punti servano molto di più al Cagliari che all’Udinese, è la formazione di Runjaic a prendere in mano il pallino del gioco fin dai primi minuti: l’Udinese si mostra più reattiva, cinica e meglio organizzata. I rossoblù appaiono invece molli, rilassati e a tratti colpevolmente distratti. Sull’attenzione difensiva il Cagliari viene punito in calcio d’angolo. Battuta tesa di Kamara, la difesa sarda non marca bene e Kristensen insacca con la pancia. La reazione del Cagliari arriva a sprazzi, e tutti i guizzi vengono portati da Mattia Felici. Il numero 91 cerca di dare quella scossa in più dal momento del suo ingresso in campo, ed è su quella fascia destra che l’Udinese comincia a rinforzare la linea, perché l’esterno italiano riesce sempre ad arrivare in area con la sua velocità. Nicola non opta per un’altra punta pura, ma solo per Coman in un 4-4-2 che trova lo sbarramento friulano. L’unico tiro è di Piccoli che forza e calcia alto. Gaetano quasi zoppica, i problemi al ginocchio sono evidente. Difficile capire perché sia entrato, viste le tante smorfie accennate dal giocatore rossoblù fin dai primi contrasti. La festa salvezza del Cagliari è rimandata perché l’Udinese rilancia il suo rush finale. Dopo due mesi di completa astinenza, i friulani tornano dalla Sardegna con tre punti preziosi per la rincorsa al decimo posto. Doveva essere una partita da pareggio, un risultato che sembrava dovesse andar bene a entrambi, perché quel punto al Cagliari bastava, ma l’Udinese ha avuto quella qualità in più, un palleggio notevole e un’organizzazione diversa. Il Cagliari non ha ripetuto la prova di Verona, anche a livello di intensità e cuore, ma soprattutto ha prodotto poco davanti andando a sbattere sulla solidità e la fisicità dei giocatori di Runjaic. Al Cagliari manca un piccolo passo per la salvezza, ma quel tassello ancora deve essere aggiunto.

Parma-Como (A cura di Dennis Rusignuolo)

Strefezza lancia il Como sempre più in alto. Il Parma spreca e si dispera

Con la salvezza blindata, il Como cerca di mantenere alto il livello per il finale di stagione. Al cospetto di un Parma guerrigliero, alla ricerca degli ultimi tasselli per completare l’impresa, Fabregas non rinuncia a tutti i titolari. Chivu conferma Ondrejka insieme a Bonny dietro Pellegrino, ormai riferimento assoluto dell’attacco crociato. Approccio molto intenso della gara, da una parte e dall’altra. Il Como cerca subito l’attacco diretto verso la porta di Suzuki, e cerca di sfruttare l’attacco costante della profondità portata da Cutrone. Il capitano lariano scatta sul filo del fuorigioco e impegna il portiere giapponese, con il sinistro, dopo nemmeno un minuto di gioco. In buon ritmo già dai primi minuti, la squadra di Fabregas cerca subito di imporsi in mezzo al campo, e sfruttare il continuo movimento degli attaccanti per sfondare centralmente. I tre difensori del Parma riescono a contenere abbastanza agevolmente i lariani, ma soffrono terribilmente gli inserimenti dalle retrovie di Caqueret e Da Cunha. La squadra di Chivu trova terreno fertile nelle ripartenze. Pellegrino pulisce un’infinità di palloni e fa partire la batteria di velocisti (Ondrejka, Valeri, Bonny e Sohm). Non spiccano le occasioni perché le due squadre si schermano bene, merito soprattutto di un Parma sempre più connesso e quadrato. L’occasione più grande del primo tempo del Como arriva su palla inattiva. Sebbene i lariani siano una delle squadre che segna meno su palla inattiva, sul corner di Da Cunha svetta la testa di Kempf, bravissimo nel colpire con forza e precisione, ma è altrettanto bravo Suzuki a distendersi in tuffo. Il Parma risponde a ridosso dell’intervallo con una delle solite ripartenze: Pellegrino apre il campo per lo scatto di Ondrejka, dopo un primo intervento della difesa del Como, Bonny riceve il pallone, arriva sul fondo e apparecchia in mezzo per Pellegrino, l’argentino arriva con il passo lungo e da buonissima posizione calcia incredibilmente alto. Nella ripresa il Parma alza subito i giri del motore, cercando di rimodellare i numeri del possesso palla (che hanno visto i crociati in difficoltà nel primo tempo, 70% per il Como). A impensierire la porta di Butez ci pensa sempre il solito Marco Pellegrino. Al minuto 54 calcio d’angolo per il Parma, Pellegrino si sfila sul secondo palo e di testa inchioda il pallone sulla traversa, poi Delprato non riesce a convertire in rete. Fabregas sceglie Douvikas per la ripresa, al posto di Cutrone che alla lunga non è riuscito a trovare spazio. Al 70′ finalmente si accende Nico Paz, l’argentino si libera di una marcatura a centrocampo e calcia subito verso la porta, Suzuki non si fa sorprendere e con le dita allunga in corner. Il Como ritrova spazio e coraggio, e ha un’occasionissima al 72′: Ikone riceve in verticale, salta bene Suzuki ma con il destro calcia malissimo, palla ampiamente fuori dallo specchio della porta. Al 75′ cambi per entrambe: Strefezza sostituisce Da Cunha, acciaccato dopo uno scontro subito nel primo tempo; Chivu sostituisce Pellegrino e Hainaut con Benedyczak e Camara. Il Parma ha un’occasione in contropiede, guidata da Ondrejka ma gestita male da Valeri, che cerca nuovamente lo svedese al posto di calciare in porta. Agli errori del Parma, il Como risponde con spietata freddezza e cinismo, perché al 79′ i lariani sbloccano la gara: lancio morbido verso Douvikas, sponda intelligente per Strefezza e mancino stropicciato, ma vincente, del giocatore brasiliano. Secondo gol consecutivo per Strefezza, ancora una volta decisivo nel secondo tempo. Il Parma in quel momento si getta a capofitto in avanti, e a guidare le offensive lo zampino è sempre quello di Ondrejka. Nel recupero il neo-entrato Man impegna Butez, e pochi secondi dopo spreca un’occasione gigantesca, palla messa in mezzo da Valeri e zampata sbagliata del giocatore romeno, in un momento che definire difficile è poco. Nei minuti finali la partita è Man contro Butez, con il giocatore romeno che nel totale calcia quattro volte verso la porta. Il portiere francese chiude lo specchio in uscita e blinda un’altra grande vittoria per il Como. Un successo che indirizza sempre più in alto la squadra di Fabregas, che ormai non ha nulla da chiedere al campionato se non qualche posizione più soleggiata. Per il Parma una sconfitta che sa di beffa per le tante occasioni sprecate, anche se la squadra di Chivu mantiene ancora un distacco significativo dal treno retrocessione. Continua il momento no di Dennis Man, sfortunato ma anche impreciso nelle occasioni multiple avute nei minuti di recupero.

Lecce-Napoli (A cura di Simone Scafidi)

Conte gioca il Jack, Scudetto sempre più vicino

In un commosso Via del Mare, che si scioglie in un commovente applauso per Graziano Fiorita, il Napoli di Conte arriva con la consapevolezza di non poter sbagliare, per tenere l’Inter a debita distanza. Dopo l’omaggio dello stadio e delle squadre al magazziniere del Lecce da poco scomparso, il pallone inizia a rotolare nel surreale ambiente salentino. La prima sgasata dei partenopei è vincente, con la discesa di Politano e la conclusione di quest’ultimo, che trova la deviazione di Lukaku e il pallone che si insacca in rete per il gol dell’1-0, successivamente annullato per la posizione irregolare dell’attaccante belga. Al 20’ il Lecce prova ad avanzare con un’azione che termina tra i piedi di Krstovic, che conclude molto sopra la traversa. Appena tre minuti più tardi, su punizione, Raspadori sblocca il match con un gran tiro sul secondo palo che beffa barriera, portiere e difesa salentina, per il vantaggio azzurro. In pochi minuti il Lecce si spinge in avanti con la voglia e la grinta di reagire, e su situazione di corner Gaspar colpisce di testa trovando la traversa, con il pallone che si infrange sul leggere tocco involontario, con un braccio di Spinazzola, non così irregolare da scaturire il tiro dagli undici metri, tra le proteste della squadra di Giampaolo che reclama il penalty. Il secondo tempo ricomincia con il possesso giallorosso e con la fascia di Tete Morente infiammata dalle galoppate di quest’ultimo, che arrivando al passaggio per Helgason gli consente di calciare, trovando il grande intervento di Meret, messo ulteriormente in difficoltà da una fortuita deviazione di Lobotka. In pochi minuti il quattordici del Lecce arriva nuovamente al tiro, stavolta su punizione dalla lunga distanza, spiazzando tutti e sfiorando addirittura il clamoroso gol sul palo di Meret, sorpreso dalla traiettoria a scendere del pallone. L’entrata di Berisha fornisce grande dinamicità al gioco dei padroni di casa, che nonostante un secondo tempo giocato in maniera praticamente impeccabile, non riescono a trovare la via del gol e si devono arrendere al risultato amaro (e forse anche immeritato) di 1-0 in favore della squadra di Conte, che riesce a mantenere i tre punti di distanza dall’Inter, che vince di misura contro l’Hellas Verona. Con tre partite rimanenti, e la possibilità per i partenopei di concedersi il lusso di pareggiare una partita, il campionato sembra veramente ad un passo.

Inter-Verona (A cura di Tommaso Patti)

Ci pensa Asllani dagli undici metri. L’Inter delle riserve batte il Verona

Dopo la vittoria per uno a zero del Napoli in casa del Lecce, l’Inter è chiamata alla vittoria per rincorrere ancora gli azzurri in cima al campionato. Il successo dei partenopei e il pareggio che poteva trasformarsi in vittoria a Barcellona, crea ai nerazzurri un mix di emozioni che possono creano benefici ma anche tante difficoltà nell’insidiosa sfida contro il Verona. Con la squalifica di Çalhanoğlu e Inzaghi per la discussa “inchiesta ultras”, il tecnico nerazzurro decide di dare priorità alla semifinale di ritorno, cambiando dieci uomini rispetto all’ultima sfida contro il Barcellona e schierare una formazione “b” per fronteggiare l’Hellas. Dopo sei minuti in cui il Verona riesce a bloccare i passaggi in orizzontale avversari, una giocata di Carlos Augusto regala la possibilità all’Inter di sbloccare subito la partita grazie al rigore conquistato dal fallo di mano di Valentini. Dopo un’iniziale indecisione, il direttore di gara assegna il calcio di rigore, calciato e trasformato in seguito da Asllani, che ritorna a segnare in Serie A dopo più di un anno. La fiducia ottenuta dai nerazzurri dopo il gol del centrocampista albanese cresce anche nei minuti successivi, costringendo la squadra di Zanetti a coprirsi di più. La freschezza e l’innovazione dell’insolita coppia Arnautovic-Correa, crea pochi pericoli alla difesa veneta, che prova a sua volta a reagire affidandosi alle giocate di Sarr. Nonostante le seconde linee, il gioco dei padroni di casa rimane efficace e in grado di tenere a bada le poche ma pungenti avance avversarie. Dopo dieci minuti ricchi di azioni e di giocate, la sfida cala dal punto di vista del ritmo e dell’intensità, riaccendendosi sul finale di primo tempo con il tiro da fuori di Asllani e con l’imprecisa conclusione di testa di Arnautovic. A partire meglio nella ripresa è la squadra di casa, pericolosa dopo appena due minuti con un azione prolungata portata avanti da Carlos Augusto e Asllani, terminata però senza alcuna conclusione.  Dopo un primo tempo timido, il Verona prova a organizzare qualche iniziativa offensiva con Duda, invitato al tiro da fuori dalla difesa dell’inter che non aggredisce ma lascia giocare il Verona nella propria metà campo. Subito dopo la grande occasione del Verona con il tiro potente ma impreciso di Suslov, entrambi gli allenatori decidono di cambiare qualche pedina per riuscire a incidere in un match che fino al 70′ non ha regalato troppe azioni pericolose. Se da una parte Zanetti butta nella mischia Mosquera e Bernede nel tentativo di pareggiare la gara, Farris inserisce Mkhitaryan e Dimarco per cercare di chiudere la gara. Con due cambi per parte e con un fiato maggiore, le due squadre si riattivano e creano di più, ma in campo continua a regnare l’imprecisione. Nei minuti finali di gara, Zanetti butta nella mischia tre attaccanti per cercare di agguantare un punto prezioso nella lotta salvezza, ma un lento e proficuo giro palla della difesa nerazzurra, spegne tutte le idee offensive dei gialloblù, facendo terminare con il possesso palla i quattro minuti di recupero concessi da Manganiello. Il successo di misura sul Verona, riporta l’Inter a meno tre lunghezze dal Napoli, mantenendo ancora vive le speranze scudetto. Dopo quattro sconfitte di fila e sei gare senza vittorie, esce ancora sconfitto dal rettangolo verde un Verona totalmente in crisi, mantenuto momentaneamente -seppur di poco- sopra la zona retrocessione dai continui passi falsi di Venezia, Lecce, Parma ed Empoli. Sono quattro le gare consecutive in cui il Verona non trova la gioia del gol, fattore che fa mettere sotto la lente della dirigenza veneta il tecnico gialloblù, costretto ad un cambio di marcia nelle ultime tre gare per riuscire a scampare alla retrocessione.

Empoli-Lazio (A cura di Simone Scafidi)

Vittoria flash per Baroni, Empoli nei guai

Teatro della clamorosa salvezza dello scorso anno per i Toscani, il Castellani si rivela sempre essere un fortino difficile da espugnare, e la Lazio ne ha avuto la prova. I biancocelesti partono a razzo e trovano il gol dopo nemmeno un minuto, con la rete di Dia che riceve palla e, in seguito ad un controllo magistrale, insacca la sfera alle spalle di Vasquez, portando avanti i suoi. L’Empoli però non si fa intimorire e con Marianucci, al 14’, cerca la conclusione da lontano, che, centrale, termina tra le mani sicure di Mandas. I guai dell’Empoli, però, non terminano qui, e al 38’ Colombo viene espulso per somma di ammonizioni in seguito ad un fallo commesso su Gigot, nel tentativo di scavalcarlo per arrivare su un pallone che arrivava dalla difesa. D’ora in poi il match risulta totalmente in salita per i toscani, che a fine primo tempo vengono salvati da un grande intervento di Vasquez su un tiro-cross di Guendouzi. Al 51’ la Lazio risulta anche essere fortunata; l’Empoli trova il gol del pareggio con Viti, che viene però annullato per la posizione irregolare dell’esterno italiano, che si era avventato sul pallone in seguito al tocco di Solbakken. Al 72’ Pedro, con un tiro da fuori area, va vicino al raddoppio, Vasquez era spiazzato ma il pallone termine fuori. Quando manca un quarto d’ora finisce negli spogliatoi anche Hysaj, che prende il secondo giallo e regala all’Empoli la speranza e la forza di provarci per gli ultimi quindici minuti. I toscani non sfruttano però questa chance e risultano essere praticamente inoffensivi, con la Lazio che, dalla sua, non si fa scavalcare e riesce a portare in porto la partita con il risultato di 1-0, insieme ai tre punti e alla delusione del Castellani. La squadra di Baroni si tiene incollata alla zona Europa, mentre i toscani dovranno fare un grande sprint finale per trovare una salvezza all’ultimo esattamente come lo scorso anno.

Monza-Atalanta (A cura di Simone Scafidi)

L’Atalanta esagera, Monza nel baratro

U-Power Stadium sempre più casa degli orrori per il Monza, che sembra ormai rassegnato al destino della retrocessione, scendendo in campo con l’atteggiamento di chi il proprio destino già lo sa, e non vuole nemmeno provare a cambiarlo. La squadra di Gasperini non lascia spazio per respirare ai ragazzi di Nesta e sin dal primo minuto porta in campo un gioco veloce e apparentemente inarrestabile. Al 12’ arrivo il gol del vantaggio con il cross di Retegui ricevuto, al limite dell’area, da De Ketelaere, che passa in mezzo alla difesa Brianzola e a tu per tu con Turati non sbaglia, portando avanti i suoi. Cinque minuti dopo Lookman si ritrova a concludere con il destro in seguito ad un bel tacco di Retegui, con il pallone che sfiora il palo e finisce sui cartelloni pubblicitari, con il raddoppio bergamasco che arriva davvero al 22’, ancora una volta grazie a De Ketelaere che insacca la sfera con la punta del piede, anticipando tutti all’interno dell’area di rigore. A fine primo tempo il Monza riesce a trovare la rete che potrebbe riaprire la partita: Castrovilli in tuffo anticipa tutti e sigla il gol del 2-1, annullato però per la posizione irregolare del giocatore del Monza. Ad inizio secondo tempo l’Atalanta chiude definitivamente i giochi con Lookman, che, incontenibile, sfugge alla difesa dei padroni di casa ritrovandosi a tu per tu con Turati, impotente sul tiro preciso e sul primo palo dell’attaccante nigeriano. Nonostante il Monza provi timidamente a farsi vedere, Carnesecchi erige un muro e, dopo l’ottima parata a fine primo tempo su un tiro di Akpa-Akpro, compie un altro miracolo sul colpo di testa di Keita Balde, che si vede negata la gioia del gol con un intervento prodigioso. A tre minuti dal termine, e dopo un’azione abbastanza confusa, arriva anche il quarto e ultimo gol dell’Atalanta, con il neo-entrato Brescianini che da due passi non sbaglia e si concede la gioia del gol. Con questi tre punti, l’Atalanta è sempre più vicina ad un posto in Champions, mentre il Monza sta per porre fine all’agonia di un campionato tutt’altro che da protagonista.

Roma – Fiorentina (A cura di Marco Rizzuto)

All’Olimpico la Roma vola con una vittoria di squadra, la testata di Dovbyk e le parate di Svilar piegano la Fiorentina

Tra determinazione e commozione, Roma-Fiorentina non è una partita come le altre, ma una vera resa dei conti per la corsa Champions, addolcita dal ritorno a casa di Edoardo Bove, applaudito a cuore aperto da tutto lo stadio. Scendendo in campo, Ranieri ripropone il tandem offensivo Shomurodov-Dovbyk, scelta rivelatasi azzeccata nell’importantissima vittoria giallorossa contro l’Inter. Tra le fila viola, diversi i cambi rispetto alla giornata precedente (anche in vista dell’imminente semifinale di ritorno contro il Real Betis): mister Palladino sostituisce lo squalificato Ranieri con Comuzzo, sposta Mandragora nella mediana del centrocampo affiancandogli Ndour e Richardsson, adatta Parisi sulla fascia destra e si affida alla coppia Zaniolo-Kean in avanti. Come giusto che sia, la partita zampilla di tattica: entrambi gli allenatori si sono studiati a fondo, data l’importanza dell’incontro, cercando di limitare quanto più possibile i terminali offensivi. A rompere il ghiaccio ci prova Kean al 26′: l’ex Juve aggira Celik e si invola verso la porta, calciando in area ma trovando la pronta opposizione di Svilar, reattivo in uscita; il duello si ripete poco dopo, ma con lo stesso esito. Superata la mezz’ora, la Roma risponde con Celik: il turco raccoglie in corsa il filtrante di Soulé e impegna De Gea con un tiro potente ma centrale. Il finale di primo tempo regala brividi da entrambe le parti: Kean prosegue il suo duello personale con Svilar calciando dal limite, ancora senza fortuna, mentre poco dopo Shomurodov approfitta di un disimpegno non perfetto di Gosens e calcia di controbalzo, costringendo De Gea a rifugiarsi in angolo con una parata acrobatica. Il corner concesso allo scadere porta al vantaggio della Roma: Pellegrini dalla bandierina crossa in mezzo, ma la palla sfila fino ad Angelino al limite dell’area, che rispedisce in mezzo di prima trovando la torre perfetta di Shomurodov; l’uzbeko serve di testa l’assist per l’*incornata vincente di Dovbyk, che spezza l’imbattibilità di De Gea. L’Olimpico esplode, raggiungendo decibel assordanti, e tra queste urla si chiude un primo tempo denso di tattica e spettacolo. Alla ripresa, entrambi gli allenatori mischiano le carte: nei giallorossi Pisilli subentra a Pellegrini, per i viola Fagioli prende il posto di Gosens. Poco dopo il fischio della ripresa, la Roma sfiora il raddoppio con una conclusione dalla distanza di Manu Koné, ma l’estremo difensore viola si distende e blocca in tuffo. La squadra di Ranieri comincia a dare priorità alla difesa del risultato piuttosto che alla ricerca del raddoppio, cercando di addormentare la partita, senza però riuscirci. Superata l’ora di gioco, la Fiorentina si riversa in attacco, aggredendo l’area di rigore avversaria a pieno organico: Pongracic perfora la difesa avversaria palla al piede, lascia scorrere la sfera per Kean che la mette in mezzo cercando un compagno, ma N’Dicka allontana servendo involontariamente un assist per Mandragora, che calcia di collo pieno costringendo Svilar a un’altra parata di altissimo coefficiente di difficoltà. Dopo diversi cambi da una parte e dall’altra, la Fiorentina spinge per un disperato pareggio, ma si deve arrendere all’ennesimo intervento di un super Svilar, che non ne vuole sapere di subire gol: all’82′ Gudmundsson verticalizza per Mandragora, che intelligentemente prolunga per l’imbucata di Kean alle spalle della difesa; Kean calcia angolato, ma Svilar sventa con la mano, anticipando il rivale anche sulla ribattuta. La gara termina con il trionfo di ‘corto muso’ della Roma, che aggancia Lazio e Juve nella corsa Champions, mandando in estasi i tifosi giallorossi, che mai si sarebbero aspettati di vedere la propria squadra in questa zona della classifica dopo un inizio di stagione disastroso. Gli uomini di Palladino escono sconfitti per colpa di un Svilar monumentale, ma consapevoli di aver disputato un’ottima gara: abbandonano di fatto la corsa Champions, ma proseguono quella per l’Europa. In questo girone di ritorno nessuna squadra ha fatto meglio della Roma, e il merito va tutto a Claudio Ranieri, che ha ridato identità e fame a un gruppo che sembrava smarrito. La domanda, allora, sorge spontanea: e se fosse arrivato prima? Forse oggi non parleremmo solo di Champions, ma addirittura di corsa al titolo. Con quattro solamente tre gare al termine del campionato, questo si appresta a diventare uno dei più grandi WHAT IF di questa stagione.

Bologna-Juventus (A cura di Dennis Rusignuolo)

Scintille e ritmi alti, ma il pari non favorisce nessuno. Bologna e Juve non vanno oltre l’1-1

Un gol e un punto a testa al Dall’Ara: nessuna delle due scappa, sorridono tutte le altre. Bologna e Juventus non si fanno del male, e chiudono sul risultato di 1-1: i bianconeri passano in vantaggio nel primo tempo grazie alla rete di Khephren Thuram, i rossoblù trovano il pori con Remo Freuler nella ripresa

Genoa – Milan (A cura di Marco Rizzuto)

D’orgoglio la spunta il Milan: due minuti di fuoco bastano per ribaltare il Genoa

Per chiudere al meglio la stagione e rialzare la testa dopo le sconfitte con Lazio e Como, Viera schiera un 4-2-3-1 con Messias che torna titolare sulla trequarti. Zona Milan, Conceicao ripropone nuovamente la difesa a tre, con Theo Hernandez e Jimenez sulle fasce. A sorpresa Leao parte dalla panchina, con Pulisic che duetterà in avanti con Loftus-Cheek a supporto di Jovic, unica punta. Il primo squillo della gara è a tinte rossoblù con la bellissima giocata individuale di Norton-Cuffy: il giovane laterale inglese spezza il raddoppio di Theo e Reijnders concludendo violentemente verso la porta, Maignan è attento e devia con la mano. I primi minuti vedono una sola squadra in campo, e il Genoa cerca di approfittarne al 20′, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, con Pulisic che rischia l’autorete nel tentativo di allontanare la sfera; anche in questo caso, l’estremo difensore della nazionale francese si supera con un intervento prodigioso. Arrivati alla mezz’ora, Conceicao è costretto al primo cambio della serata: Fofana abbandona il campo per un problema fisico e il tecnico inserisce Leao, stravolgendo di fatto la formazione iniziale. Con la presenza del numero dieci portoghese iniziano a intravedersi le prime iniziative rossonere, seppur solo nel finale del primo tempo. Theo Hernandez spezza la linea del centrocampo genoano irrompendo palla al piede, e dal limite dell’area libera il suo sinistro, ma la conclusione è potente quanto prevedibile. Il Milan carbura piano piano, e il Genoa soffre il cambio di ritmo. A cinque dalla fine si assiste alla prima vera occasione della partita: Leao lavora benissimo il pallone al limite dell’area, innescando Pulisic con un filtrante che lo mette a tu per tu con Leali, ma l’estremo difensore del Genoa salva tutto guadagnandosi gli applausi del Ferraris. Nella ripresa, Viera effettua solo un cambio (Zanoli per Sabiri), mentre resta intatta la formazione rossonera. Nonostante il cambio di ritmo, il Grifone non rinuncia ad attaccare, sfiorando il gol con Frendrup dopo un bel fraseggio palla a terra all’interno dell’area. All’ora di gioco entra anche Vitinha, che in meno di un minuto buca Maignan e diventa protagonista per i tifosi liguri: altra costruzione palla a terra, Martin riceve e col mancino scodella perfettamente per l’attaccante appena entrato, che di prima intenzione insacca il suo primo gol stagionale. Con una rete da recuperare e appena venti minuti a disposizione, Conceicao corre ai ripari inserendo Gimenez e Joao Felix per Jimenez e Jovic, schierando un undici a trazione anteriore. I risultati non tardano ad arrivare: dopo neanche sei minuti Leao firma il pareggio sfruttando l’assist del numero sette appena entrato. Come da copione, il Milan cambia marcia nella seconda metà del secondo tempo, passando immediatamente in vantaggio un minuto dopo il pari: situazione simile al primo gol, ma stavolta è Leao che sfonda sulla corsia laterale e mette in mezzo un pallone pericoloso che Frendrup devia sfortunatamente nella propria porta. Sul Genoa si abbattono due minuti di pura sfortuna, ma gran parte del merito va al repentino cambio di ritmo dei rossoneri, specialisti in rimonte. Al tramonto del match, il Genoa tenta un assalto finale: Vitinha prende campo sull’out di destra ma viene steso da Leao, che viene ammonito e salterà per somma di cartellini il match contro il Bologna. Al Ferraris, il Milan trova tre punti che danno speranza, contro un Genoa che attende soltanto la fine del campionato dopo aver conquistato la matematica salvezza.

LA TOP11 DELLA 33ª GIORNATA

Classe 2004. Studente in Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Palermo. Aspirante giornalista/presentatore sportivo e grande appassionato di calcio.

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Calcio

Una notte che vale la storia. L’Inter è in finale di Champions League

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Sono serviti 120 minuti, 210 nel totale, per decretare la prima finalista della Champions League 2024/25. La partita dell’anno si conclude con un meraviglioso 4-3, che vale la finale di Champions per l’Inter di Simone Inzaghi. Gara ai limiti del fantasy che i nerazzurri portano meritatamente a casa. E adesso la finale di Monaco di Baviera non è un sogno. Appuntamento al 31 maggio

Un incasso da record, il più alto di sempre, per la partita più importante degli ultimi anni nerazzurri. Ligabue cantava che certe notti non si può restare soli, e siamo sicuri che nessun tifoso dell’Inter questa sera rimarrà da solo, chiunque ricorderà gli amici o i momenti che precedono e seguono questa semifinale.

Novanta minuti separano Inter o Barcellona dal pass per l’Allianz Arena di Monaco di Baviera, dove l’Inter ha già trionfato quest’anno. Le scelte dei due allenatori sono le migliori possibili: Inzaghi trova Lautaro Martinez dal primo minuto e conferma interamente il blocco visto a Montjuic. Il capitano nerazzurro recupera dall’infortunio muscolare della scorsa settimana e fa coppia con Thuram. Il Barcellona recupera Lewandowski, ma soltanto per la panchina, Flick sceglie ancora Gerard Martin sulla sinistra e Eric Garcia a destra, al posto dell’infortunato Koundé.

San Siro è una bolgia, come detto prima l’incasso è da record (15 milioni di euro), e il tifo nerazzurro risponde come sempre alla grande. In avvio il possesso è dell’Inter, ma al primo contrasto Yamal imbuca subito per Ferran Torres, in posizione di fuorigioco. Dopo meno di trenta secondi la difesa dell’Inter si espone al primo rischio, e questo mostra la pericolosità dei catalani, in qualsiasi momento della partita. Pressione alta dei nerazzurri fin dai primi minuti, un approccio diverso rispetto all’andata dove era il Barcellona a gestire attivamente la fase di pressing. Lo sviluppo dell’Inter è invece fotocopia a quanto fatto in Catalogna: fraseggio corto e rapido sulla sinistra, e lancio lungo a liberare la corsia destra di Dumfries. Nel Barcellona la manovra va sempre verso Yamal, che comincia a divertirsi a modo suo saltando sistematicamente due o tre avversari. All’ottavo minuto Dumfries sovrasta fisicamente Gerard Martin, arriva fino al fondo ma non riesce a calciare verso la porta di Szczesny. L’olandese è il valore aggiunto della manovra dell’Inter e si conferma fondamentale anche oggi. Con la solita, altissima, linea difensiva del Barcellona, l’Inter cerca di sfondare per vie centrali, e già dal quarto d’ora i nerazzurri hanno vistose praterie per attaccare. È un’Inter molto coraggiosa, pulita e lucida con il pallone tra i piedi e molto attenta nel ripiegare una volta persa palla. Al 21′ l’Inter va meritatamente in vantaggio: Dimarco ruba palla a Dani Olmo, troppo passivo nel controllo, e va subito in verticale da Dumfries, l’olandese è da solo davanti a Szczesny e apparecchia in mezzo per Lautaro. Il capitano nerazzurro non deve fare altro che spingere in porta il pallone del vantaggio, la bandierina non si alza e l’Inter mette in discesa la partita con ampio merito, per la mole di gioco proposta e per il coraggio delle idee. Dopo l’ennesimo schiaffo subito, il Barcellona si mette sotto e fa l’unica cosa che riesce a fare bene: attaccare a testa bassa. L’Inter trova sempre tanto spazio in ripartenza, ma comincia a scoprirsi agli attacchi dei blaugrana (oggi in maglia verde), sempre prevedibili e poco pericolosi nella prima mezz’ora. Al 42′ Lautaro va verso la porta, Cubarsi è in ritardo e cerca l‘intervento disperato in scivolata. Inizialmente Marciniak non fischia nulla, ma il VAR richiama il fischietto polacco e dalle immagini non ci sono dubbi: Cubarsi non tocca il pallone ma colpisce in pieno il capitano nerazzurro, calcio di rigore. Dal dischetto Calhanoglu è glaciale, pallone da una parte e portiere dall’altra. C’è una sola squadra in campo a San Siro, e non è il Barcellona. All’intervallo la squadra di Inzaghi va a riposo con due gol, a quarantacinque minuti dalla finale di Monaco, che si avvicina sempre di più.

Nessun cambio all’intervallo. Flick non rischia subito Lewandowski e questo fa intendere la tenuta atletica del polacco, al rientro dall’infortunio ma evidentemente non ancora pronto. Nonostante un maggior possesso, il Barcellona non riesce a sfondare, e continua a mostrare uno squilibrio quasi imbarazzante nel momento in cui l’Inter riparte in campo aperto. Al 51′ Acerbi di testa fa 3-0, ma è in netta posizione di fuorigioco. Due minuti dopo il Barcellona accorcia le distanze: azione confusa condotta da Pedri, che dopo una prima chiusura trova Gerard Martin, cross sul secondo palo verso Eric Garcia, piattone al volo e pallone sotto l’incrocio. Il Barcellona sembra rigenerato, e dopo soli due minuti ha l’occasione per il pareggio: contropiede avviato da Yamal e Pedri, l’Inter è sbilacciatissima e si ritrova due contro tre al limite dell’area. Pedri allarga per Gerard Martin che saggiamente apparecchia all’indietro per Eric Garcia, lo spagnolo ha la porta spalancata ma calcia centrale, Sommer si distende e salva il risultato. Il pareggio è solo rimandato perché la pressione del Barcellona è completamente diversa, più intensa e ragionata. Inzaghi sostituisce Dimarco con Carlos Augusto, ma l’Inter dalla rete del 2-1 non riesce a giocare con ordine e lucidità. La paura presenta il conto all’ora di gioco, quando Gerard Martin (completamente rigenerato in questo secondo tempo) disegna un gran cross sul secondo palo, nessuno segue l’inserimento di Dani Olmo che in tuffo pareggia la partita. L’inerzia della gara sembra completamente ribaltata. L’Inter sembra di colpo uscita dalla partita, il Barcellona piazza le tende nella metà campo e solo il VAR grazia i nerazzurri al 69′, quando Mkhitaryan stende Yamal a ridosso dell’area di rigore e Marciniak assegna la punizione dopo una prima segnalazione di penalty. . Inzaghi cerca forza fresche dalla panchina, e sostituisce Bisseck e Lautaro Martinez con Darmian e Taremi. Prestazione assoluta del capitano dell’Inter, nonostante l’infortunio l’argentino è stato il faro nella notte, prezioso con il gol e il rigore procurato. La prima mossa di Flick non è Lewandowski, ma Araujo al posto di Inigo Martinez. Al 76′ Yamal si accende all’improvviso, trova lo spiraglio per mettere la palla all’incrocio dei pali, ma Sommer è fenomenale in tuffo. Inzaghi rinforza la mediana con Zielinski e Frattesi per Calhanoglu e Mkhitaryan. Prestazione molto dispendiosa per i due centrocampisti, che negli ultimi minuti stavano tirando il fiato correndo dietro Pedri e raddoppiando su Yamal (nel caso dell’armeno). Il ritmo della partita si abbassa verso l’ottantesimo, con uno sguardo attento sui supplementari, anche se le due squadre non sembrano risparmiarsi. Flick risponde ai due cambi di Inzaghi con Fermin Lopez per Olmo, una mossa mirata a cercare più qualità e palleggio in mezzo al campo. All’87’ il Barcellona completa la rimonta: Pedri recupera palla, smista velocemente verso Raphinha, la prima conclusione del brasiliano è potente, ma Sommer respinge con i pugni, nella ribattuta il capocannoniere della Champions ci va con il destro e completa la rimonta del Barcellona. San Siro sente morire qualcosa, lo si evince dal silenzio tombale che si percepisce al momento del sorpasso catalano. Al novantesimo scatta l’ora di Lewandowski, al posto di Ferran Torres. Nel recupero, al secondo dei cinque, Yamal colpisce il palo interno con il sinistro. Sembra la parola “fine” alla partita, ma questa Inter lotta fino all’ultimo secondo. Su uno degli ultimi palloni, Dumfries vince il contrasto con Gerard Martin e mette in mezzo il pallone della speranza, trasformato in rete da Acerbi. Rete di un peso inaudito, ma di una qualità sopraffina, perché il centrale nerazzurro anticipa Araujo con il piatto del piede destro e scaglia la palla sotto l’incrocio. C’è ancora partita, anche al ritorno il risultato è fisso sul 3-3, anche se prima del triplice fischio Sommer blocca un ultimo tiro di punta di Yamal.

Per Marciniak lo spettacolo deve continuare, questa semifinale non vuole saperne di smettere. Si va ai tempi supplementari! 

All’inizio dei supplementari, ancora una volta, il canovaccio tattico si ribalta nuovamente. Se per tutto il secondo tempo il Barcellona sembrava andare a una velocità superiore, all’inizio dei supplementari l’Inter sembra trovare energie nascoste. Al 99′ il risultato cambia ancora una volta: Thuram sfrutta le sue ultime energie per saltare tutta la parte sinistra della difesa catalana, palla in mezzo verso Taremi che è bravissimo nell’appoggiarsi a Frattesi, il centrocampista nerazzurro è lucido nel ritardare la conclusione e piazzare il mancino sul palo opposto, dove Szczesny non può nemmeno arrivare. Il Barcellona va alla ricerca di Lewandowski, una soluzione che è mancata completamente nelle due gare, ma Acerbi lo marca a vista, e tutti i cross arrivano tra le mani di Sommer senza particolari problemi.

Gli ultimi due cambi di Flick sono Gavi e Pau Victor per Pedri e Cubarsì. Attacco totale dei blaugrana per gli ultimi quindici minuti. Non c’è bisogno di mettere su una qualsiasi formazione, perché per questo secondo tempo supplementare il Barcellona va completamente all’attacco, rimane solo Araujo indietro. Inzaghi sceglie De Vrij al posto uno stanchissimo, e applauditissimo, Dumfries. Al 108′ Thuram prova a replicare l’assist di Monaco di Baviera, ma la difesa respinge sui piedi di Frattesi, mancino sul primo palo ma lì Szczesny compie un miracolo. Al 114′ Yamal viene imbucato da Raphinha, calcia a giro sul secondo palo ma Sommer questa sera, nonostante i tre gol subiti, è insuperabile. Colpo di reni maestoso dell’estremo difensore nerazzurri, una partita pazzesca nonostante i tre gol subiti. Nel finale l’Inter resiste a qualsiasi attacco, De Vrij chiude qualsiasi cosa e dopo due minuti di recupero Marciniak fischia tre volte.

“Ci vediamo da Mario, prima o poi”. Non sappiamo se Mario sia un tifoso dell’Inter (probabilmente sì), non sappiamo la sua provenienza, ma sappiamo che anche lui, insieme a Ligabue e tutto il pubblico nerazzurro, faranno le valigie e segneranno il 31 di maggio con il pennarello rosso. L’Inter raggiunge con merito la finale di Champions e lo fa al termine della partita più bella dell’anno (e sarà difficile spodestarla). Dopo un primo tempo meraviglioso, il Barcellona aveva trovato i tre gol per accedere alla finale, ma nel finale l’Inter ci ha messo cuore, ci ha messo grinta e carattere. Prima Acerbi, come un vero centravanti, e poi Frattesi, hanno ribaltato nuovamente il risultato e adesso la finale attende solo la seconda pretendente. Arsenal o PSG ormai non fa differenza, perché l’Inter adesso non ha più paura, ma intimorisce chiunque. A novanta minuti dal sogno, Inzaghi si gode una delle notte più gloriose della storia recente dell’Inter. Termina ogni speranza Triplete del Barcellona. La squadra di Flick esce meritatamente dalla competizione, e adesso tutti gli occhi si concentrano sul campionato, dove i catalani hanno adesso l’obbligo di tenere a distanza il Real Madrid.

Appuntamento al 31 maggio. In attesa di PSG-Arsenal, l’Inter prenota il suo biglietto per Monaco di Baviera.

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Calcio

Scintille e ritmi alti, ma il pari non favorisce nessuno. Bologna e Juve non vanno oltre l’1-1

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Un gol e un punto a testa al Dall’Ara: nessuna delle due scappa, sorridono tutte le altre. Bologna e Juventus non si fanno del male, e chiudono sul risultato di 1-1: i bianconeri passano in vantaggio nel primo tempo grazie alla rete di Khephren Thuram, i rossoblù trovano il pori con Remo Freuler nella ripresa

Un play-off a tutti gli effetti, uno degli ultimi vagoni per il treno Champions che attende solo una delle due pretendenti. Bologna e Juve si giocano un pezzo di stagione nei novanta del Dall’Ara. Scelte quasi obbligate per Tudor: con la squalifica di Yildiz e l’infortunio di Kelly, il tecnico bianconero sceglie Savona come braccetto, mentre Weah sostituisce il turco (Nico Gonzalez avanzato nella trequarti). Ancora out Vlahovic e Koopmeiners, confermati allora Kolo Muani e Cambiaso. Italiano, invece, ne cambia tre rispetto al pareggio di Udine: ancora assente Ndoye, mentre i cambi di formazione sono De Silvestri, Ferguson e Cambiaghi, al posto di Calabria, Aebischer e Dominguez. Confermata la presenza di Dallinga al centro dell’attacco bolognese, ancora panchina per Castro.

Juventus subito alta in pressione fin dai primi minuti. La prima osservazione riguarda il ruolo di Savona, schierato come braccetto di sinistra (Kalulu rimane stabile a destra), mentre in mezzo al campo Thuram si allarga molto per attirare la morsa dei giocatori del Bologna. La squadra di Italiano viene fuori alla distanza grazie al lavoro in copertura di Orsolini, mentre la manovra offensiva è affidata ai guizzi di Cambiaghi. La partita si sblocca al nono minuto: Cambiaso si stacca dai blocchi, viene a giocare in mezzo al campo e il Bologna perde il riferimento, concedendo tanto spazio al limite dell’area. Cambiaso serve Thuram sulla sinistra, il francese calcia centralmente con il sinistro, ma Skorupski pasticcia in presa bassa e regala al centrocampista bianconero il sesto gol stagionale. Le due squadre sono molto lunghe già dall’avvio, e dopo il vantaggio il Bologna appare piuttosto frastornato, quasi sorpreso dall’approccio aggressivo e pulito della Juve. La squadra di Italiano gestisce maggiormente il possesso palla, ma soffre le ripartenze dei bianconeri. Per chiudere ogni spazio, la Juve si schiera a cinque in mezzo al campo, con McKennie e Thuram che si scambiano la posizione per marcare Freuler, metronomo assoluto dei rossoblù, mentre Kolo Muani e Nico Gonzalez cercano di dare profondità. Dopo i ritmi elevati dei primi minuti, il gioco comincia a spezzettarsi per una serie di contrasti fallosi, quasi sempre sulla parte sinistra del campo in cui Miranda e Cambiaghi garantiscono sempre guizzi e pericoli. Alla mezz’ora proteste del Bologna per un intervento di Mckennie su Freuler, in dinamica l’intervento dello statunitense sembrava falloso, ma Doveri non concede il penalty. Rispetto ai primi minuti, il Bologna comincia a stazionare nella metà campo della Juve con maggior intensità, la Juve comincia a tirare il fiato e la spinta del Dall’Ara favorisce una crescita continua dei felsinei. Nella fase finale del primo tempo si gioca solo in una metà campo, la Juve prova a uscire con azioni individuali ma senza successo, e il Bologna cerca nuove soluzioni da destra con Orsolini. Al 42′ Di Gregorio e Veiga rischiano l’harakiri, ma nel rinvio del portiere bianconero la Juve trova il raddoppio, vanificato da un fuorigioco abbastanza netto di Nico Gonzalez. Nonostante una pressione sempre crescente del Bologna, la Juve riesce a chiudere il primo tempo in avanti.

Nessuna mossa dalla panchina, si riparte dagli stessi 22 che hanno chiuso la prima frazione. Approccio subito ben diverso da parte del Bologna, molto più propositivo e intraprendente. La partita può cambiare dopo due minuti, quando Locatelli spende il fallo da giallo su Dallinga. L’aggressività del capitano bianconero è stata preziosa nel ricacciare fuori il Bologna, e l’ammonizione può cambiare l’inerzia della gara, soprattutto nell’intensità in mezzo al campo. Al 50′ Cambiaso scatta alle spalle della difesa rossoblù e fa 2-0, subito annullato per fuorigioco dell’esterno bianconero, confermato anche dal VAR dopo un check. Al 53‘ il Bologna trova il pareggio: cross da sinistra di Cambiaghi, Dallinga fa da sponda per il centro, Freuler anticipa tutti, si allarga e grazie a una deviazione di Veiga trova il primo gol in campionato. Anche nel secondo tempo la partita si conferma divertente, con occasioni da una parte e dall’altra. Non c’è un attimo di tregua perché le due squadre giocano a un ritmo altissimo, nonostante il pareggio rossoblù. Skorupski smanaccia su Nico Gonzalez, bravo l’argentino nel tenere a distanza Miranda ma altrettanto preciso l’intervento del portiere polacco. Al 65′ le prime due mosse dei due tecnici, entrambe forzate a causa di due problemi fisici: Miranda e Cambiaso alzano bandiera bianca, sostituiti rispettivamente da Lykogiannis e Alberto Costa. Al 75′ la Juve sfiora il vantaggio in contropiede: azione confusionaria di Kolo Muani, che riesce a sfondare su Lykogiannis, la palla arriva a McKennie che cerca Alberto Costa in mezzo, il portoghese non calcia subito e mastica la sua conclusione, stoppata miracolosamente da un avversario. Al termine dell’azione Tudor sceglie Douglas Luiz e Conceição, al posto di Locatelli e Nico Gonzalez. Italiano risponde con Santi Castro e Pobega al posto di Freuler e Odgaard. Mossa decisamente offensiva del tecnico del Bologna, che cerca il colpaccio nei minuti finali. Dai cambi il Bologna sembra avere qualche energia in più, fisica e mentale, e per rialzare il baricentro Tudor chiude il suo giro di cambi con i giovanissimi Adzic e Mbangula, al posto di Weah e Kolo Muani. Esordio per Mbangula sotto la gestione Tudor, dato che il belga non aveva ancora trovato spazio dall’arrivo del tecnico croato. Italiano risponde subito, pareggiando il conto delle sostituzioni con Dominguez e Calabria per Orsolini e De Silvestri. Nel terzo, dei sei minuti di recupero, Ferguson sciupa una grande occasione per il 2-1, conclusione imprecisa dello scozzese dopo una prima respinta di McKennie su Cambiaghi.

Non succede altro al Dall’Ara, che anche quest’oggi regala uno spettacolo unico a una lotta Champions che non smette di regalare spettacolo e colpi di scena. Bellissima partita tra due squadre che lottano con le unghie e con i denti fino all’ultimo secondo. Dopo un buon approccio iniziale, la Juve ha sofferto l’intensità del Bologna, che ha trovato le energie e la grinta giusta per ribaltare l’inerzia di una gara che rischiava di compromettere la corsa al quarto posto. Senza i tanti infortunati, e squalificati, Tudor conquista un punto prezioso per smuovere la classifica, alla vigilia dell’altro scontro diretto, in programma sabato prossimo all’Olimpico contro la Lazio.

Con i successi di Roma e Lazio, adesso ci sono quattro squadre in due punti. La Juve torna al quarto posto, ma adesso condivide la posizione con Lazio e Roma, entrambe a 63 punti. La squadra di Italiano rimane a -1 da questo trenino, e adesso Lazio-Juventus diventa il match spartiacque per la stagione di biancocelesti e bianconeri.

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Calcio

Europa e Conference, semifinali di andata: dominio inglese, la viola può ancora sperare

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Vanno in archivio le semifinali d’andata di Europa e Conference League, chiudendo così il terz’ultimo turno europeo di questa stagione. Le strade verso San Mamès e Wroclaw sono ancora in via di costruzione, ma le inglesi, in particolare, si sono dimostrate più affamate che mai per sbloccare la strada verso le finali.

EUROPA LEAGUE

L’orgoglio del re

Le squadre inglesi, è risaputo, sono note per saper viaggiare a ritmi spaventosamente più alti rispetto a quelli portati in campo dalle compagini di tutti gli altri campionati, ma nelle semifinali questo dato è stato particolarmente messo in mostra. Sebbene siano due squadre che stanno conducendo uno dei campionati peggiori della loro storia recente, Tottenham e Manchester United fanno la voce grossa in Europa, apparendo come le due favorite per la finale. Gli Spurs, in casa contro il Bodo, mettono a registro un 3-1 di grinta e carattere contro la sorpresa di questa Europa League, che cade sotto i colpi di Johnson, Maddison e Solanke, ma che ritrova uno spiraglio di luce con il gol dell’ormai solito Saltnes, uomo copertina dei gialloneri. La squadra di Postecoglou andrà in Norvegia con la sicurezza del doppio vantaggio, ma con la consapevolezza che il fortino del Bodo è uno degli ostacoli più difficile da superare in questa competizione, e per questo dovrà guardarsi attentamente da spiacevoli incidenti. Invece, proprio a San Mamès, stadio della finale, il Manchester United domina l’Athletic Bilbao, che rimane in dieci a causa dell’espulsione di Dani Vivian al 35′ e che viene steso in soli 45 minuti da uno straordinario Bruno Fernandes, preceduto dal gol di Casemiro, che apre le marcature. Ad oggi, la prospettiva è quella di una finale tutta inglese, in cui Manchester United e Tottenham si sfideranno per contendersi la coppa finale, ma attenzione agli stravolgimenti delle gare di ritorno, che l’Europa League sa sempre rivelare.

Il faro nella tempesta

In una stagione quasi totalmente da dimenticare, la vera (e forse unica) stella che illumina il cammino dei Red Devils è proprio Bruno Fernandes. Il suo atteggiamento da leader ormai è noto, ma la sua capacità di riuscire a trascinare praticamente da solo un’intera squadra a suon di gol e assist lascia sempre un instancabile stupore. La sua doppietta in semifinale stende un opaco e deludente Athletic Bilbao, e consente allo United di poter veramente sognare in grande per rialzare, quantomeno in parte, una stagione deludente e poter sperare in un inaspettato ritorno in Champions.

CONFERENCE LEAGUE

Real Betis – Fiorentina

La Fiorentina arrivava al Benito Villamarìn come assoluta sfavorita in questa semifinale di andata, ed effettivamente, dallo stadio del Betis, la Viola esce sconfitta, ma a testa alta e con la possibilità totale di modificare le sorti del proprio destino nella sfida del Franchi. La squadra di Palladino viene gelata dopo nemmeno sei minuti dal gol di Abde Ezzalzouli, in seguito alla discesa di Bakambu che approfitta di un pessimo Comuzzo e gli scappa via in velocità, mettendo un pallone in mezzo sul quale si avventa l’esterno marocchino, battendo un impotente De Gea. Dopo venti minuti di sofferenza e pressing bianco-verde, la Fiorentina esce la testa dalla tana e sfiora il gol del pareggio con il colpo di testa del solito Mandragora, che però non centra la porta. Il raddoppio del Betis incombe, all’inizio della ripresa con Bartra che su punizione colpisce di testa, ma che trova una risposta stratosferica da parte di De Gea, e al 64′ con Antony, che dal limite dell’area lascia partire un destro al volo, in seguito ad una ribattuta, che si insacca sotto l’incrocio dei pali, facendo impazzire di gioia i tifosi di casa e lasciando impietrito De Gea e tutta la difesa viola. Dopo l’occasione del 3-0 divorata da Pablo Fornals, la Fiorentina riesce finalmente a svegliarsi, e sul passaggio all’indietro di Gosens arriva Ranieri, che butta giù il muro del Betis e accorcia le distanze siglando il gol del 3-1. Appena tre minuti più tardi, su situazione di calcio d’angolo, Gosens va vicinissimo al gol del pareggio, con il suo colpo di testa che termina di poco a lato. La partita si conclude così, con l’accesso alla finale che verrà deciso solo nella gara del Franchi, in cui la Fiorentina scenderà in campo per ribaltare il risultato e per ottenere, per il terzo anno consecutivo, la possibilità di conquistare il titolo.

I tre condottieri

Mandragora, Gosens, Ranieri. Protagonisti non solo della sfida contro il Betis, ma di tutta l’annata europea della viola. Chi sa incarnare lo spirito d’amore e di fedeltà ad una squadra, chi dà il tutto e per tutto in campo, anche e soprattutto nelle situazioni più complicate, come quella che si è presentata in semifinale. Se la squadra di Palladino si potrà concedere il privilegio di lottare per un posto in finale giovedì prossimo, il merito è anche e soprattuto dei tre ragazzi appena citati, che si sono aggrappati fino all’ultimo alla speranza di arrivare in finale e che per poco non trovavano addirittura il pareggio. Quando non si può contare su Kean, entrato solo nel secondo tempo e non psicologicamente al top, e nemmeno su una difesa traballante, con Comuzzo che non riesce a combinarne una giusta, diventa difficile rimanere a galla, se non si hanno dei condottieri che sappiano condurre la nave in porto, seppur con qualche falla nello scafo.

L’altra sfida

Anche in Conference, l’Inghilterra fa la voce grossa. Djurgarden-Chelsea era l’occasione definitiva, per gli svedesi, di confermarsi come la sorpresa di questa edizione di Conference League, ma lo sfarzo e la potenza dei Blues non ha reso possibile ciò nemmeno per un minuto. La squadra di Maresca, al 65′, si trova sopra per 4-0, grazie ai gol di Sancho, Madueke e alla doppietta di Jackson, con la difesa del Djurgarden che non sa quali buchi tappare prima e che commette diversi errori grossolani. Alemayehu accorcia le distanze per i padroni di casa e sigilla il definitivo 1-4, con il Chelsea che, a Londra, non dovrà far altro che proteggere il risultato, approfittando anche della profondità della propria rosa per permettere ai titolarissimi di riposare, menter il Djurgarden tenterà un’insperata rimonta che entrerebbe negli annali delle competizioni europee.

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