Calcio
Il Supercommento della 36ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top 11 alla fine, della trentaseiesima giornata di Serie A
Milan-Bologna (A cura di Marco Rizzuto)
Rossoneri nuovamente in carreggiata per la Champions: Gimenez e Pulisic ribaltano il Bologna dopo l’ennesima situazione di svantaggio
Nella speranza di rientrare nella corsa Champions e nel frattempo studiare da vicino il Bologna prima della finale di Coppa Italia, Conceicao ripropone l’ormai solito 3-4-2-1 con Joao Felix che prende il posto di Loftus-Cheek sulla trequarti. L’inglese si sposta sulla mediana al fianco di Reijnders al posto di Fofana, assente per l’infortunio rimediato contro il Genoa. Italiano invece cambia modulo. Il Bologna si schiera con un 4-3-3, Moro e Pobega accompagnano Freuler sulla mediana mentre Dominguez prende il posto da titolare sulla fascia sinistra completando il tridente al fianco di Dallinga e Orsolini. Dopo neppure sette minuti però, Tomori è costretto ad abbandonare il campo dopo un brutto impatto con la testa contro Dominguez, costringendo Conceição ad effettuare la prima mossa dalla panchina, al suo posto Thiaw. Con una bella manovra i rossoneri spezzano in due il centrocampo bolognese, Pulisic si imbuca alle spalle della difesa ma al momento del tiro viene chiuso da Lykogiannis. Si assiste ad un primo tempo equilibrato in cui il Milan ha sfiorato diverse volte il vantaggio nella prima parte del primo tempo, mentre il Bologna prende coraggio progressivamente. Alla mezz’ora anche Italiano deve fare i conti con un infortunio in difesa, in particolare è Erlic che abbandona il campo facendo spazio a Lucumi. Alla ripresa nessun cambio, ma il Bologna trova la rete del vantaggio dopo appena tre minuti con il solito Orsolini che arriva a quota 13 gol stagionali, il suo miglio bottino: sponda di Dallinga per il numero 7 che prende il tempo a Pavlovic calciando col mancino sul secondo palo dove non arriva Maignan. Ma il Milan non è sconfitto, non lo è mai date le innumerevoli volte in cui i rossoneri hanno ribaltato situazioni di svantaggio in questo campionato. Dopo 5 minuti dal suo ingresso in campo, Santiago Gimenez crea la sua prima occasione da gol al 70′, ma il gol del pari arriva poco dopo: Pulisic in caduta riesce a servire il numero 7 che di piatto insacca sotto le gambe di Skorupski. Il pareggio galvanizza il Milan, e come contro il Genoa, ribalta tutto in poco più di qualche minuto: Joao Felix viene pescato dentro l’area e prova a concludere colpendo direttamente Beukema, il rimpallo favorisce la corsa di Capitan America che buca Skorupski calciando sul secondo palo. Solo sul finale il Bologna sfiora il pareggio, Cambiaghi lascia partire una rasoiata sul primo palo ma Maignan di puro instinto chiude in calcio d’angolo. Sul finale i rossoneri chiudono la gara con la doppietta di Gimenez: contropiede bellissimo guidato da Chukwueze, che rientra sul sinistro e serve sulla sinistra il numero 7. Gimenez dentro l’area è spietato: salta secco De Silvestri e buca Skorupski sul secondo palo, chiudendo i giochi. I rossoneri tornano miracolosamente in corsa per l’Europa che conta, facendo sprofondare il Bologna al settimo posto. Il primo incontro tra Milan e Bologna sorride ai rossoneri, ma la vera sfida si terrà mercoledì, con il Bologna che vorrà prendersi la rivincita puntando al trofeo.
Como-Cagliari
La sesta sinfonia lariana rimanda la salvezza dei sardi. Il Como vince in rimonta e adesso è decimo
Fabregas, che non subisce gol da quattro partite, sceglie di cambiare portiere: non gioca Butez, ma come nel match d’andata il portiere titolare è Pepe Reina. Confermatissimo il blocco delle ultime gare, con le sole sostituzioni rappresentate da Douvikas (al posto di Cutrone), Valle (al posto di Alberto Moreno) e Strefezza (al posto di Ikoné). Il Cagliari presenta un 4-4-2 con Viola che affianca Piccoli. Nelle fasce Nicola sceglie Luvumbo a sinistra, mentre a destra il solito -irremovibile- Zortea. Emergenza in difesa, perché il tecnico dei sardi non rischia Luperto, diffidato e non al meglio, al suo posto Obert, in coppia con Palomino. Con le due situazioni di classifica ben diverse, la gara mostra fin da subito un Como in gestione della gara, e un Cagliari pronto ad approfittare di ogni minimo errore per colpire a sorpresa. I primi minuti di gara tutti a tinte azzurre, subito con Perrone a scaldare i guantoni di Caprile e lanciare un messaggio al Cagliari. La squadra di Nicola non perde compattezza e solidità, cerca di sfruttare i centimetri di Piccoli, ma il numero 91 è costantemente bloccato da Kempf e Goldaniga. Al 22′ il Cagliari trova il vantaggio: azione sulla destra, Adopo dialoga con Zortea e arriva sul fondo, il francese calcia rasoterra verso la porta, la conclusione sembra innocua, ma Reina sbaglia la presa e regala il vantaggio ai sardi. La reazione del Como è immediata, sempre con qualità e pulizia tecnica. Al minuto 41 i lariani rimettono in equilibrio la gara: Douvikas trova Caqueret alle spalle della difesa, l’inserimento del centrocampista francese è perfetto, così come il pallonetto che batte Caprile in uscita. L’arbitro inizialmente annulla, ma il VAR assegna il gol al Como. L’inerzia della gara è completamente ribaltata, il Como grazie alla sua qualità la fa da padrona, e trova il sorpasso ancora prima dell’intervallo: Strefezza riceve palla sulla sinistra, si accentra leggermente e scaglia un mancino a giro che dà un bacio al palo e si insacca alle spalle di Caprile. Rete meravigliosa del centrocampista brasiliano, senza dubbio l’uomo in più nelle ultime partite della squadra di Fabregas. Al rientro dagli spogliatoi il Cagliari ritrova l’equilibrio, perso nell’ultimo quarto del primo tempo dove era stato sovrastato dal Como. La squadra di casa comincia a gestire il risultato, e abbassa il ritmo della pressione e dell’attacco. Ne scaturisce una serie, a tutto campo, di duelli fisici, lanci lunghi e folate del Cagliari, nel tentativo di ritrovare il pareggio. L’occasione più clamorosa per i sardi è quella capitata a Piccoli al minuto 57: Luvumbo riceve sulla sinistra, si libera rapidamente dell’avversario e crossa all’improvviso verso il centro, Piccoli arriva in anticipo ma chiude troppo la sua conclusione verso il secondo palo e spreca un’occasione d’oro per riacciuffare il pari. Da quel momento comincia la girandola di cambi, e il ritmo partita si smorza ulteriormente: Felici per Zappa e Deiola per Viola nel Cagliari; Cutrone, Van der Brempt ed Engelhardt per Douvikas, Vojvoda e Caqueret nel Como. La rotazione voluta da Fabregas ottiene i suoi frutti, perché i nuovi entrati riportano pulizia ed energia nel possesso lariano, e al 77′ il Como mette il lucchetto alla gara: Nico Paz inventa con l’esterno verso Cutrone, sgusciato alle spalle dei difensori, il capitano arriva davanti Caprile e lo batte sul primo palo con il mancino. Il Cagliari allora attacca a testa bassa, cercando di smezzare il vantaggio. Ci va vicino Marin, ma il suo sembra più un assist che un tiro, e la palla termina fuori. Al termine dei sei di recupero, il Sinigaglia si lascia andare all’ennesimo tripudio per un Como che cala la sesta vittoria consecutiva. 48 punti in classifica valgono agli uomini di Fabregas il decimo posto in classifica. Il rendimento dei lariani nel girone del ritorno è stato impressionante, con numeri da Europa, e con la salvezza acquisita è aumentata la qualità e la spensieratezza nelle giocate. Adesso, a due giornate dal termine, Fabregas cerca di allungare la sua serie -già alquanto storica. Il Cagliari rimanda ancora una volta la salvezza matematica, e la prossima gara contro il Venezia diventa decisiva per la salvezza dei sardi, chiamati a blindare l’obbiettivo il prima possibile.
Lazio-Juventus
La riprende ancora Vecino! La Lazio ferma la Juve al 96′
Il crocevia per la Champions di Lazio e Juve passa dallo scontro dell’Olimpico, e Baroni sceglie i migliori uomini a disposizione, con Dele-Bashiru che vince il ballottaggio con Dia. Anche la formazione della Juve è la migliore, anche se Tudor si presenta all’Olimpico con tante defezioni: confermato Savona in difesa, scelto Alberto Costa esterno a destra, mentre Nico Gonzalez e McKennie fanno da spalle a Kolo Muani, Vlahovic è recuperato ma solo per la panchina. Partita dal peso enorme, e le due squadre lo dimostrano fin da subito. Il ritmo è basso, l’equilibrio prevale per merito dei bianconeri, mentre la Lazio cerca di sfondare per vie centrali grazie ai movimenti imprevedibili di Dele-Bashiru. La prima occasione della gara è proprio del nigeriano, bravo a defilarsi sulla destra e calciare forte sul primo palo, Di Gregorio chiude bene lo specchio e manda in angolo. Il primo tiro della Juve verso la porta di Mandas arriva dopo quasi dieci minuti di gioco, ed è un calcio di punizione dalla trequarti che Locatelli però indirizza troppo verso il portiere. È la Lazio che nelle prime fasi di gioco si rende più pericolosa, e la velocità di Isaksen coglie impreparato Savona, che mostra qualche difficoltà in più nel ruolo, dopo che a Bologna era stato pressoché perfetto nell’interpretazione e nell’attenzione. Per rivedere la Juve dalle parti di Mandas bisogna arrivate al quarto d’ora, quando Alberto Costa non riesce a superare il muro biancoceleste eretto dai difensori, dopo che Mandas aveva lasciato la porta sguarnita in seguito a un contrasto con Nico Gonzalez. I bianconeri fanno fatica a rendersi pericolosi in avanti, Kolo Muani è spesso isolato contro i difensori di Baroni, McKennie è troppo impegnato nel raddoppiare Isaksen, mentre Nico Gonzalez non è in giornata e lo si evince dai tanti errori tecnici. Nella fase centrale non succede quasi nulla, da sottolineare solo una serie di cartellini gialli, pesantissimi, per Thuram e Savona: entrambi erano diffidati e salteranno l’ultima gara stagionale allo Stadium, contro l’Udinese. Nel secondo tempo Tudor non perde tempo a muovere la panchina: fuori Nico Gonzalez e dentro Conceicao. Un cambio che mira a rinforzare l’attacco e aumentare la qualità nella trequarti. Gli effetti arrivano, ma sulla corsia opposta: McKennie attacca maggiormente l’area laziale, arriva al cross dal vertice sinistro e trova in mezzo Kolo Muani, il cross dell’americano è perfetto, la conclusione del francese un po’ meno, ma basta per battere Mandas, che cerca di intervenire come può ma si butta la palla in rete. La Lazio sembra frastornata dal vantaggio della Juve, e non trova spazio per attaccare la difesa, sempre più bassa, della Juve. Baroni inserisce subito Pedro e Dia, al posto di Dele-Bashiru e Isaksen. A sparigliare le carte, e il copione della gara, ci pensa però un altro francese: al 58′ Castellanos rimane a terra dopo un diverbio con Kalulu. Il VAR richiama Massa all’on-field review e dalle immagini il colpo del francese sul collo dell’argentino è netto. Cartellino rosso e pronta la squalifica di due giornate per Kalulu, di fatto il suo campionato termina qui. L’ingenuità del francese costringe la Juve a una ripresa in completa trincea, mentre la Lazio cerca di attaccare e sfruttare il vuoto lasciato dal difensore bianconero. Nella Lazio Zaccagni non riesce a sfondare lateralmente, mentre tra le linee Guendouzi e Pedro trovano tanto spazio per calciare verso la porta. Tudor inserisce Adzic e Douglas Luiz al posto di Kolo Muani e Alberto Costa, uscito per delle noie fisiche. Il forcing biancoceleste è totale, la Juve soffre e all’86 Savona pasticcia con il pallone, colpisce Pedro e regala la palla a Castellanos in area, Di Gregorio esce e lo stende. Massa assegna il rigore ma la posizione del Taty è irregolare e il rigore viene cancellato. Tudor capisce il bisogno della difesa di maggiori centimetri e i cambi sono terribilmente cinici: fuori Conceicao e Adzic (la cui partita è durata dieci minuti), dentro Vlahovic e Gatti, al rientro dopo il lungo infortunio. Nel recupero si gioca in una sola metà campo, l’esercizio è attacco contro difesa, e la Lazio per poco non sfonda: minuto 92, Lazzari trova un corridoio a destra per Dia, il senegalese riceve in area e calcia forte sul primo palo, Di Gregorio si supera con il pugno sinistro, deviando la palla sul legno, ma la pressione del Lazio comincia a diventare sempre più pericolosa. La corsia è sempre quella destra, e a sessanta secondi dal termine i biancocelesti pareggiano: cross di Lazzari sul secondo palo, Castellanos impegna Di Gregorio in un altro miracolo, ma sulla respinta Vecino arriva per primo e insacca a porta vuota. Un primo tempo di poco e nulla, una ripresa in cui succede di tutto. È la fotografia di Lazio-Juventus, che non lascia felice nessuno nella corsa verso la Champions. 64 punti per entrambe, e adesso la corsa all’Europa che conta passa dagli ultimi due match. La Lazio ha un calendario più pesante (Inter a San Siro e Lecce in casa), ma si gioca punto su punto, e la squadra. di Baroni può dire la sua fino all’ultimo. Dall’altra parte la Juve ha due gare all’apparenza più semplici, con Udinese e Venezia, ma le squalifiche e i tanti infortuni possono presentare qualche insidia nascosta. La gestione della partita dell’Olimpico era stata quasi perfetta, fin quando Kalulu non è caduto nella trappola di Castellanos e ha condizionato la gara. Adesso Tudor è costretto a inventarsi qualcosa per la gara contro i friulani, e con Inter-Lazio e Roma-Milan in programma, la partita può essere il match-point per la Champions.
Empoli-Parma
Fazzini e l’eurogol di Anjorin. L’Empoli torna a vincere e adesso ci crede davvero
La conformazione del Parma di Chivu è ormai la solita: 3-5-2 con Bonny e Pellegrino in avanti. D’Aversa sceglie Fazzini e Cacace sulla trequarti, mentre il centravanti non è Colombo ma Seba Esposito. Dopo una fase di studio il pallino del gioco è in mano all’Empoli. Il Parma attende compatto nella sua metà campo, mentre i toscani cercano di dettare i ritmi e attaccare fin da subito. Dopo dieci minuti i padroni di casa sbloccano la gara: schema dalla bandierina, Henderson calcia basso verso il limite, Fazzini arriva in corsa e sfonda la porta di Suzuki con un missile sotto la traversa. Continua il momento d’oro del numero 10 azzurro, al terzo gol nelle ultime quattro gare. Per Chivu piove sul bagnato, perché Valenti commette due ingenuità e si fa espellere: prima si fa ammonire per una reazione su Henderson (abbastanza lieve) e poi si prende il secondo giallo trattenendo Esposito, che non sarebbe arrivato a prescindere sul pallone. Un’ingenuità che costringe il tecnico crociato a ridisegnare la sua squadra, anche se le maggiori difficoltà arrivano dalla metà campo in su. La mediana va in affanno, con Keita che rompe il gioco ma non imposta, Sohm non riesce a inserirsi agonisticamente nel match e Ondrjeka a girare a vuoto (assente ingiustificato sul gol di Fazzini). Pellegrino continua la sua lotta contro Ismaijli, tornato a governare la difesa e i risultati si vedono eccome. L’argentino ha solo un’occasione di testa, ma non riesce a convertire in rete, e per il resto del primo tempo non riesce a trovare spazio. Nella ripresa, come prevedibile, l’Empoli prova a fare la partita, forte dell’uomo in più. Il Parma di Chivu però non demorde e comincia a trovare sempre più spazio. La crescita dei crociati si evidenzia dalle mosse del tecnico romeno, che inserisce Milan Djuric al posto di Pellegrino, oltre a Hernani e Camara, al posto di Sohm e Ondrejka, non pervenuti. La mossa si rivela, ancora una volta, quella giusta, perché il Parma riacciuffa il pareggio grazie ai subentrati: punizione da centrocampo di Hernani verso il secondo palo, stacco imperioso di Djuric verso la porta, Bonny disturba Vasquez che non interviene e il Parma trova il gol dell’1-1, gelato il Castellani. Prima gioia in maglia crociata per Djuric, che sceglie la notte perfetta per aprire il suo score. L’Empoli, spinto dai suoi tifosi, cerca una reazione e la ottiene anche lei dalla panchina. Stavolta a uscire è Tino Anjorin, uno che nel girone di ritorno si è eclissato, causa problemi fisici. E pure lui sceglie la notte perfetta, anche meglio di Djuric, per fare gol: minuto 85, sponda di Konaté (anche lui subentrato, ad Esposito) Anjorin prende la mira e scaglia una fucilata sotto l’incrocio, una perla che ha un peso enorme per la corsa salvezza, perché il risultato resiste fino al triplice fischio. Serviva una vittoria per non smettere di lottare, e i tre punti sono arrivati. La lotta salvezza si conferma intensissima, e con questo successo anche l’Empoli manda un segnale alle pretendenti. Il gol di un Fazzini rigenerato nelle ultime gare, e di un ritrovato Anjorin, possono dare quella marcia in più in vista degli ultimi due scontri diretti, contro Monza e Verona. Il Parma mantiene quattro punti sulla zona retrocessione, e adesso cerca il sigillo finale alla salvezza.
Udinese-Monza (A cura di Marco Rizzuto)
A Udine prevale l’orgoglio brianzolo: all’ultimo respiro Keita Baldé regala la vittoria al Monza
Il Bluenergy Stadium ospita una gara tra due squadre che conoscono già il loro destino, ma le occasioni fioccano ugualmente. La prima palla gol è dei bianconeri, che sfiorano il vantaggio con l’acrobazia al volo di Kamara ma la sfera termina fuori dallo specchio. Nei primi trenta minuti si assiste ad un dominio bianconero, Solet prima dribbla Castrovilli, poi duetta con Modesto e calcia in porta costringendo Pizzignacco ad un grande intervento. La prima metà di gara giocata a ritmi non troppo bassi termina in parità. L’Udinese ha trovato diverse volte la porta senza mai battere l’estremo difensore. Alla ripresa il tecnico Runjaic effettua due cambi per provare a sbloccare il risultato: dentro Lucca e Lovric per Zarraga e Bijol. Il Monza però passa inaspettatamente in vantaggio al 52′ con il gol altrettanto surreale firmato da Caprari: Birindelli galoppa sulla corsia di destra, si accentra e calcia colpendo in pieno il secondo palo, la sfera carambola sulla spalla di Caprari che si era involato in scivolata ed entra in porta. La gara prosegue con l’Udinese che cerca e trova il pareggio in un modo similmente surreale: Akpa Akpro inciampa sul pallone regalando ai bianconeri il possesso, Karlstrom senza perdere tempo sventaglia in avanti alla ricerca di Lucca, che controlla bene e poi calcia forte sul secondo palo battendo Pizzignacco ad un quarto d’ora dalla fine. Il secondo tempo segue lo stesso copione del primo, l’Udinese spinge per il gol ma alla fine è il Monza che a sorpresa sul finale segna il gol vittoria: Sensi apre sulla sinistra per Zeroli che crossa in mezzo trovando Keita Baldé tutto solo, il senegalese spacca la porta da pochi metri regalando la vittoria al Monza, una vittoria che non si vedeva da quasi quattro mesi.
Hellas Verona-Lecce (A cura di Marco Rizzuto)
Krstovic illude, Coppola punisce: la salvezza del Lecce è appesa a un filo
Dopo il successo dell’Empoli, il Lecce è chiamato a vincere per uscire fuori dalla zona retrocessione. Tra le fila del Verona, Zanetti ritrova Coppola e Valentini dopo il turno di squalifica, torna titolare anche Tengstedt che si posiziona al fianco di Sarr per guidare l’attacco scaligero. I salentini rispondono col solito 4-2-3-1, Krstovic riesce a recuperare partendo titolare. Alle sue spalle N’Dri, Helgason e Tete Morente. La squadra di Giampaolo non vince addirittura dal 31 gennaio e la vittoria deve essere l’unico risultato accettabile. Il Lecce prende in mano le redini della gara, passando in vantaggio dopo 22 minuti di dominio: Tete Morente imbucail pallone alle spalle della difesa perfetto per Krstovic, il bomber salentino batte Montipò inaugurando la gara. Dopo lo svantaggio, il Verona cerca di rialzare la testa e riesce a pareggiare a cinque minuti dalla fine del primo tempo: Suslov scodella in mezzo il pallone trasformato in gol dalla testata di Coppola, che si insacca perfettamente sul secondo palo dove Falcone non può arrivare. Sul finale Krstovic prova a prendersi la squadra sulle spalle cercando l’eurogol dalla distanza, ma la sfera esce a fil di palo. Alla ripresa entrambi gli allenatori mettono mano alla panchina: dentro Serdar per Suslov nel Verona, mentre Veiga subentra per Guilbert nei salentini. Il secondo tempo mostra un Verona molto più propositivo, la squadra di Zanetti tenta di sfruttare i cross, punto debole del Lecce come visto nella prima frazione. All’ora di gioco il Lecce va vicinissima al vantaggio, ma Banda non riesce ad indirizzare a porta vuota sullo splendido assist di Veiga. Da questo momento in poi i ritmi calano vertiginosamente, il fischio finale conferma l’1-1 del primo tempo lasciando in bilico il destino di entrambe le squadre. Il Verona momentaneamente ricopre la quindicesima posizione, ma la salvezza non è ancora confermata. Con questo pari la squadra di Giampaolo rischia grosso, a sole due giornate dal termine i salentini sono diciottesimi, a -1 dal Venezia momentaneamente salvo.
Torino-Inter (A cura di Tommaso Patti)
Nerazzurri sulla cresta dell’onda. Il primato adesso dista solo un punto
Nel miglior momento della stagione, subito dopo le due quasi fatali sconfitte in campionato, l’Inter è costretta a fare risultato a Torino per impedire agli azzurri di allungare sul secondo posto. Inzaghi schiera in campo nove cambi rispetto alla sfida contro il Barcellona, lasciando in campo solamente Bisseck e Bastoni. Dopo una decina di minuti giocati interamente nella metà campo dei padroni di casa, la mossa di Simone Inzaghi risulta vincente e porta l’Inter in vantaggio: posizionato da mezza’ala, Zalewski si crea, con un colpo di tacco, lo spazio per aggredire il campo e calciare a giro sul secondo palo, conclusione che trova impreparata la difesa granata e che non lascia scampo Milinkovic Savic. La prima rete in maglia nerazzurra dell’esterno polacco, permette all’Inter non solo di procedere con una marcia in più la gara, ma anche la gioia di aver portato in gol tutti i giocatori di movimento (appartenenti alla prima squadra). La nuova posizione di Zalewski e il tanto sacrificio di Correa, permette all’Inter di trovare spazi liberi e portare palla indisturbatamente nell’area di rigore avversaria, come accaduto al 26’ con l’avanzata di Bisseck conclusa con il filtrante per Darmian, autore di un tiro in diagonale salvato miracolosamente da Masina. Dall’occasione dell’ex difensore del Toro, la gara subisce un calo drastico di azioni, fattore alimentato soprattutto dalle forti precipitazioni avvenuta a Torino, che costringono le squadre a giocare con cautela date le incognite del campo dopo un breve stop per testare il terreno di gioco da parte di La Penna. Nel pieno dei sei minuti di recupero, una prodezza di Josep Martinez salva l’Inter sul colpo di testa di Che Adams, che riceve palla da Biraghi ma non riesce ad angolare il pallone in modo tale da battere l’estremo difensore spagnolo. Dopo un secondo test per capire se la gara potesse riprendere dato il forte temporale verificatosi durante l’intervallo, la sfida prosegue regolarmente. La prima occasione della ripresa arriva dopo poco più di un minuto, quando sullo scatto di Taremi, Milinkovic–Savic interviene in maniera irregolare sull’iraniano, commettendo fallo dentro l’area di rigore. Per ottenere continuità e fiducia, dal dischetto si presenta nuovamente Asllani che spiazza il portiere serbo, e trasforma in gol il secondo rigore di fila dopo quello segnato nell’ultima sfida contro il Verona. Il doppio vantaggio e l’evidente stanchezza dovuta all’estenuante impegno contro il Barcellona, il ritmo dei nerazzurri è più conservativo. Nonostante il fallo che ha regalato il penalty agli ospiti, Milinkovic-Savic salva la propria squadra in diverse circostanze grazie a degli interventi importanti e che tengono a galla la squadra di Vanoli. Durante il secondo dei tre minuti di recupero, la rovesciata di Masina riapre la partita, rete annullata immediatamente dal direttore di gara per un fallo in attacco del centrale marocchino ai danni di Asllani. La rete che avrebbe accorciato le distanze, illude un Torino poco creativo e succube per tutti i novanta minuti dell’Inter. La dodicesima sconfitta in campionato, non danneggia però in nessun modo un Torino già salvo e saldamente a metà classifica. Dopo le turbolenti due settimane in cui l’Inter ha visto quasi scappare via tutti gli obiettivi, la vittoria di misura contro il Verona e la grande prestazione in Champions, regala ai nerazzurri un finale di stagione tutto da vivere, soprattutto dopo il passo falso del Napoli contro il Genoa.
Napoli-Genoa (A cura di Tommaso Patti)
Il Genoa sorprende e pareggia al Maradona. Conte “spreca il bonus”.
La voglia di continuare a sognare degli azzurri e la frase “andiamo a Napoli per vincere” di Vieira, sono la combo perfetta per una sfida elettrizzante. Al Maradona, il Napoli prova subito a rompere la difesa avversaria dopo pochi minuti con la classica conclusione di Politano, terminata di poco a lato la porta difesa da Siegrist. Dieci minuti dopo il gol sfiorato dall’esterno azzurro, il Napoli -come in gran parte della stagione- si affida alla devastante forza di Lukaku, che si carica la squadra sulle spalle, e sblocca il risultato grazie all’assist di McTominay. La dodicesima rete in campionato di Lukaku, spinge ancora di più un Maradona carico e voglioso di trionfare. Successivamente alla conclusione di Raspadori murata da Siegrist, il Napoli trema sulla traversa colpita da Pinamonti, bravo nel vincere il duello contro Politano e a impattare di testa il cross servito da Vitinha. Su un’altra iniziativa nata dai piedi di Messias, il Genoa trova la rete del pareggio grazie all’errore di Meret sul colpo di testa di Ahanor. La reazione dei partenopei non arriva e il Genoa prova a prendere il sopravvento, sbattendo più volte contro una difesa del Napoli attenta e rapida nel bloccare le manovre offensive avversarie. Nella ripresa, il Napoli scende il campo provando subito ad assediare l’area del Genoa, affidandosi alle solite ed efficaci incursioni di Di Lorenzo. Dopo un primo tempo opaco, il “Jack” del Napoli si accende e riporta in vantaggio la squadra di Conte, azione nata dall’ennesimo assist di McTominay e da un’altra imbucata vincente di Raspadori. Nel momento migliore del Napoli, il cross di Aaron Martin è inatteso dalla retroguardia azzurra, che lascia libero di saltare e impattare in porta la conclusione di testa di Vasquez. Il gol del difensore messicano gela il Maradona, che spinge comunque la squadra nel tentativo di raddrizzare una sfida non giocata al meglio da parte dei padroni di casa. Prima del triplice fischio, il Napoli sfiora il gol del nuovo vantaggio in due occasioni: prima con il sinistro a giro di uno stremato Politano, e successivamente con l’azione pericolosa costruita da Neres per il colpo di testa largo di Billing. Con il successo dell’Inter, il Napoli ha sì il destino nelle proprie mani, ma ha comunque visto svanire l’opportunità di andare a +3 a sole due giornate dal termine, distanza che adesso è di una sola lunghezza sulla squadra di Inzaghi. Nelle prossime sfide, la squadra di Conte affronterà Parma e Cagliari, due squadre ancora non certe della permanenza in Serie A nella prossima stagione, a differenza del Genoa, salvo, senza obiettivi ma in grado di strappare un punto prezioso al Maradona.
Venezia-Fiorentina (A cura di Simone Scafidi)
C’è luce per il Venezia, frenata Viola
Nel commovente spettacolo di un Penzo sorprendentemente pieno, che omaggia tutte le mamme in occasione della loro festa, Venezia e Fiorentina arrivano con due obbiettivi ben diversi: la salvezza per i Lagunari, l’Europa per Palladino. La prima metà del primo tempo risulta monotona, con le due squadre che si studiano, temendo di sbilanciarsi ed evitando di subire eventuali ripartenze. La prima occasione è per la Fiorentina con Fagioli, che calcia sul secondo palo trovando la bella parata di Radu, che sventa il pericolo. Allo scadere del primo tempo è invece il Venezia ad andare vicino al vantaggio, con una serpentina di Yeboah in area di rigore che termina sul fondo. Al 59′ è invece Oristanio a sfiorare l’1-0, sparando la sfera sull’esterno della rete da due passi. Dopo appena tre minuti, sul cross di Kike Perez si avventa Candé, che buca De Gea e porta in vantaggio la squadra di Di Francesco, in un Penzo che esplode di gioia. La difesa Viola sale malissimo e il due del Venezia rimane totalmente indisturbato nel calciare. Pochi istanti dopo la Fiorentina reagisce, con il tiro di Ranieri che, in seguito ad un miracolo di Radu, si infrange sul palo, innescando la ripartenza del Venezia che arriva fino in fondo con Oristanio, autore del gol del 2-0, tornando in rete dopo ben cinque mesi. A quindici minuti dal termine la riapre uno dei migliori giocatori della stagione viola, Rolando Mandragora, che si gira in un fazzoletto all’interno dell’area di rigore e batte Radu, insaccando la sfera praticamente all’incrocio dei pali. Dopo sette lunghi minuti di recupero, Marchetti fischia tre volte e il Venezia può tirare un sospiro di sollievo, con due partite rimaste in cui dovrà mettere l’anima per riuscire ad accaparrarsi un’insperata salvezza.
Atalanta-Roma (A cura di Simone Scafidi)
Il Passato può tornare: Sulemana gela Ranieri
Le ultime battute di questo campionato saranno fondamentali per definire l’accesso agli ultimi posti disponibili per l’Europa. Al Gewiss Stadium, con i tre punti, la squadra di Gasperini si assicura la partecipazione alla prossima Champions, mentre la squadra di Ranieri, sconfitta dopo 19 risultati utili consecutivi, dovrà per forza trovare due vittorie nelle ultime due giornate. I giallorossi, in tenuta da trasferta, partono arrembanti con Cristante, ingranaggio a centrocampo che dopo appena sette minuti impensierisce Carnesecchi con un tiro dalla distanza abbastanza insidioso. Nella ripartenza immediatamente successiva, sull’assist di De Ketelaere, Lookman buca Svilar sul secondo palo con il più classico dei suoi gol e porta avanti la Dea, in mezzo alla nebbia di Bergamo. Dopo appena due minuti l’Atalanta va vicina al raddoppio con Ederson, che in seguito ad una giocata da brividi calcia alto sopra la porta giallorossa. Al 17′, un errore di Kossounou spalanca il campo a Koné, che tenta la conclusione dalla lunga distanza, deviata in calcio d’angolo non lontana dalla porta di Carnesecchi. Cinque minuti più tardi è proprio Manu Koné a spalancare il campo alla Dea, che arriva al tiro prima con De Ketelaere, murato da Svilar e successivamente con Retegui, autore di una conclusione potente ma imprecisa. Ad un quarto d’ora dal termine del primo tempo, Cristante sigla il gol del pareggio, incornando di testa su una palla precisa di Soulé, che il centrocampista italiano non deve far altro che appoggiare in porta, per il gol dell’1-1. Nel secondo tempo, quantomeno all’inizio, la Roma sembra scendere in campo più consapevole dei propri mezzi, arrivando spesso dentro l’area di rigore avversaria. Al 63′ Koné sfonda e viene buttato giù da Pasalic, con l’arbitro che indica il dischetto, per poi annullare, solo successivamente, il calcio di rigore, con il sospiro di sollievo di Gasperini. Da questo episodio l’Atalanta riesce a trovare la forza per riprendere in mano la partita, e al 76′, in seguito ad una meravigliosa azione corale, il neo-entrato Sulemana arriva alla conclusione dalla distanza, che batte Svilar per il definitivo 2-1. La mossa di Gasperini si rivela (ovviamente) vincente, e al triplice fischio dell’arbitro l’Atalanta esplode in una grande festa per l’ennesima qualificazione in Champions League, arrivata con due giornate di anticipo. Ranieri, apparso leggermente nervoso nelle interviste post-gara, dovrà invece motivare la squadra per rimanere attaccato al treno Champions, che arriverà a destinazione con un solo vagone conteso da diversi passeggeri.
LA TOP11 DELLA 36ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala
Calcio
Europa e Conference, semifinali di ritorno: Europa all’inglese, Fiorentina nel baratro

Con il triplice fischio che pone il sigillo anche alle semifinali di ritorno di Europa e Conference League, abbiamo finalmente un disegno definitivo di quelle che sono le quattro contendenti che scenderanno in campo per aggiudicarsi le due finali. A San Mamès si contenderanno il titolo Tottenham e Manchester United, per una finale tutta all’inglese che mette in palio non solo la coppa, ma anche la dignità persa durante una stagione pessima. A Breslavia, per la finale di Conference, andranno il Chelsea, che già aveva ipotecato il passaggio del turno nella gara di andata, e il Betis, che riesce a scavalcare un’audace Fiorentina e accede all’ultimo atto di questa stagione.
EUROPA LEAGUE
Wavin’ Flag
Nello stadio San Mamès di Bilbao, il 21 maggio, sventolerà una ed una sola bandiera, la Union Jack. Con andata e ritorno giocate magistralmente, sia Manchester United che Tottenham annichiliscono i propri avversari e strappano il ticket per la finale in Spagna. Nonostante le temperature polari del maggio norvegese, e i tifosi avversari che arrecano disturbo nel cuore della notte con fuochi d’artificio e fumogeni, il Tottenham scavalca il fortino del Bodo e non si fa sorprendere, arrecando una pesante sconfitta alla sorpresa di questo torneo, che prende due gol senza realizzarne, per il risultato totale di 5-1. Il gol di Solanke e l’improbabile rete di Pedro Porro scacciano, in poco più di sei minuti, ogni possibile timore degli Spurs, che tornano a giocarsi una finale Europea dopo quella di Champions League persa contro il Liverpool nel 2019. Sei anni fa, in un Wanda Metropolitano gremito, la squadra del Nord di Londra si trovava ad affrontare dei Reds apparentemente inarrestabili. Ironia della sorte, nella prossima finale, la squadra di Postecoglou si troverà ad afffrontare degli altri “reds”, sempre inglesi, autori però di una stagione tutt’altro che da protagonisti; il Manchester United di Amorim, molto sottotono in campionato, sembra cambiare totalmente faccia in Europa, e contro l’Athletic Bilbao tappa ogni possibile buco, non lasciando spazio agli spagnoli di costruire e al contempo attaccando senza sosta per arrivare al risultato finale di 4-1, che unito a quello dell’andata dà origine al totale di 7-1. La doppietta di Mount, ultimamente in forma, e i gol di Hojlund e Casemiro spezzano il sogno basco (inizialmente riacceso dal gol di Mikel) di giocare una finale in casa, e ipotecano di fatto il lasciapassare per la compagine di Manchester, che torna a giocare una finale europea dopo l’Europa League vinta nel 2017 contro l’Ajax.
Un ateniese a Londra
A dicembre, in un’intervista, lo aveva detto, e per come stava procedendo la stagione, vennero considerate parole al vento. “Al secondo anno con una squadra vinco sempre qualcosa“, è successo con il Brisbane, con gli Yokohama Mariners, con l’Australia e con il Celtic, ma stavolta sembrava che le cose potessero andare diversamente: un campionato buttato e l’eliminazione da quasi tutte le competizioni hanno spento la speranza nei tifosi degli Spurs, che anche un pò inaspettatamente si sono ritrovati in finale di Europa League, con la concreta possibilità di dover chiedere scusa, per non essersi fidati delle parole di Ange Postecoglou.
CONFERENCE LEAGUE
Fiorentina – Real Betis
La spinta del Franchi e il morale alle stelle non basta alla Fiorentina per fermare un Betis audace e aggressivo, che con una prestazione non stellare ma concreta riesce ad accedere alla finale di Breslavia. Nel primo tempo gli Spagnoli sembrano averne di più, ma a spaventare per prima è la squadra di Palladino, che con Comuzzo va due volte vicina al gol nel giro di pochissimi istanti, con il difensore italiano che incorna di testa su situazione di calcio d’angolo e si vede negare sulla linea per entrambe le volte la gioia del gol. Nonostante ciò, i biancoverdi non si scompongono e al 30′ trovano il gol del vantaggio con una magistrale punizione di Antony, che beffa De Gea colpendo anche il palo e confermando un periodo di forma assolutamente straordinario. Dopo appena tre minuti la Viola reagisce con grinta, e su calcio d’angolo Gosens colpisce di testa e trova il pareggio per poi raddoppiare, con un gol praticamente identico, a tre minuti dalla fine della prima metà di gara. Dopo aver capito i propri errori, il Betis si chiude anche per tutto il secondo tempo, che prosegue praticamente spoglio di vere occasioni per poi concludersi con un duplice fischio che porta tutto ai tempi supplementari. Proprio nell’extra-time, nonostante i diversi interventi prodigiosi di De Gea, El Zazzouli viene lassciato totalmente solo di progredire in area, e ricevendo palla da Antony non deve far altro che appoggiarla in porta, siglando un gol analogo a quello segnato nella gara di andata, che archivia definitivamente la finale per la squadra di Pellegrini, la quale si troverà faccia a faccia con il Chelsea di Maresca, passato all’ultimo atto a discapito del Djurgarden.
Prima volta biancoverde
Dopo il passaggio del turno a discapito della Fiorentina, il Real Betis si aggiudica, per la prima volta nella sua storia, il diritto di giocarsi una finale europea. La qualificazione al match di Breslavia è solo la punta dell’iceberg di una stagione condotta magistralmente dalla squadra di Pellegrini, che sotto la guida dell’allenatore cileno ha trovato il coraggio di proporre un gioco iper-offensivo sia in campionato che in Europa, risultando, da gennaio in poi, uno dei club più in forma al mondo. La finale contro il Chelsea sarà probabilmente la partita più importante della stagione, con un peso specifico non indifferente e che significherebbe, in caso di vittoria, la partecipazione diretta alla prossima Europa League.
Calcio
Champions League, semifinali di ritorno: Romanzo Nerazzurro, estasi a Parigi

E alla fine rimasero solo in due… In attesa dell’ultimo atto, in programma il 31 maggio a Monaco di Baviera, le due gare di ritorno hanno lasciato un ricordo indelebile negli annali di questa competizione. Da una parte un successo leggendario, quello dell’Inter sul Barcellona, dall’altro il capolavoro parigino della squadra di Luis Enrique, ai danni dell’Arsenal. Sarà Inter-PSG la finale di Champions League 2024/2025.
Inter-Barcellona
Non credo esista un fenomeno fisico capace di spiegare le modalità con cui una partita possa cambiare completamente inerzia, e Inter-Barcellona rappresenta al meglio questa mia teoria, perché vi assicuro che è stato uno spettacolo unico.
Se avete visto la partita, siamo sicuri che non dimenticherete mai i 122 minuti di San Siro, ma se non l’avete vista…non sapete cosa vi siete persi!
4-3 nei 120 minuti, 7-6 il totale. Numeri da ATP Finals, uno di quei match che tiene qualsiasi appassionato incollato al seggiolino, o al divano che sia. Inter-Barcellona ha seguito lo stesso copione, e ci ha regalato senza dubbio una delle semifinali più memorabili che si ricordino, e non solo per il risultato finale ma per le modalità con cui si è consumato questo romanzo calcistico.
Scrissi della gara d’andata come “la partita più bella di questa Champions”. Bene, non sono passati nemmeno sette giorni dalla gara di Montjuic, che sono stato costretto a rielaborare subito il mio pensiero. Raccontare la gara di San Siro in poche parole è uno degli esercizi di scrittura più complessi che si possano assegnare, ma nelle righe precedenti ho parlato di romanzo, e pertanto è necessario dividere questa partita in capitoli:
Capitolo 1 || Capitano, mio capitano! ||
Gianni Mura scriveva che “i veri capitani possono morire o anche scegliere di morire, ma dimenticarli è impossibile.” Sette giorni fa Lautaro Martinez veniva sostituito al minuto 45 a causa di un infortunio muscolare. La diagnosi non fu lapidaria, una elongazione ai flessori della coscia sinistra, ma il velo di mistero sulla sua presenza è stato argomento di dibattito per tutta la settimana. All’annuncio delle formazioni però il capitano c’è, in coppia con Marcus Thuram al centro dell’attacco nerazzurro. I quarantacinque minuti dell’Inter sono una sinfonia assoluta, e la bacchetta principale è quella del maestro Martinez, perché il capitano nerazzurro gioca a un ritmo forsennato. Scatti infiniti in avanti, ripiegamenti continui per fornire supporto alla difesa, e nel momento del bisogno i sigilli che indirizzano la partita: al 21′ appoggia facilmente in rete il pallone del vantaggio, servito da Dumfries; a cinque dall’intervallo si procura il rigore, trasformato da Calhanoglu, che vale il doppio vantaggio all’intervallo. Nel secondo tempo cerca di inseguire qualsiasi essere umano con una divisa verde, ma termina presto la benzina e Inzaghi lo sostituisce al minuto 71. Tutto il Meazza si alza in piedi e applaude l’argentino, che nei giorni dopo Barcellona non riusciva nemmeno ad alzare la gamba, e cinque giorni dopo ha messo in difficoltà una delle squadre più forti al mondo. D’altronde, certi capitani, non si possono dimenticare!
Capitolo 2 || Attacco totale ||
2-0 sotto all’intervallo, pareggio riacciuffato in meno di dieci minuti. Non sappiamo cosa abbia detto Hansi Flick ai suoi giocatori, ma di sicuro è riuscito a riaccendere la miccia. L’uno-due dei catalani è freddo, glaciale, e manda l’Inter alle corde: al 54’ Eric Garcia infila Sommer con un destro al volo sotto l’incrocio, mentre sei minuti dopo Dani Olmo pareggia quasi allo stesso modo, approfittando di un errore in marcatura di Carlos Augusto. Gli assist arrivano da Gerard Martin, meglio in fase di rifinitore che da difensore. Nel mezzo, un gran parata di Sommer su Garcia (che però centra il portiere svizzero a porta spalancata). È un Barça diverso, più vivo, che guadagna angoli con continuità e pressa un’Inter sempre più stanca, ma mai al tappeto. Al 70’ il Var toglie un rigore a Yamal (il fallo di Mkhitaryan è un paio di centimetri fuori area), poi la giovane stella del Barça s’inventa un sinistro dal limite costringendo Sommer a un gran parata, e non sarà l’ultima… La superiorità del Barcellona, nel secondo tempo, è evidente. L’Inter non riesce ad avere quella lucidità e pulizia che nel primo tempo aveva indirizzato la partita a suo favore, e al minuto 86 subisce la rete del 2-3, siglata da Raphinha. Poi nei minuti di recupero l’Inter attacca con le ultime energie rimaste, e il Barcellona si barrica nella propria metà campo. O almeno così avrebbe dovuto fare…
Capitolo 3 || La vecchia scuola ||
Negli ultimi anni abbiamo osservato le remuntade del Real Madrid. I Blancos sono stati capaci di mostrarci quanto il calcio possa prendere strade alternative all’ultimo istante, in quegli scorci di partita in cui nessuno vede altro se non buio. Il grido comune dei tifosi madrileni era “90 MINUTI EN EL BERNABÉU SON MOLTO LONGO”. Anche a San Siro il tempo ha deciso di fermarsi per qualche attimo, regalando una serie di eventi che meritano dei racconti a parte. Sei minuti di recupero, ormai sembra tutto finito. Al secondo minuto Yamal colpisce il palo alla sinistra di Sommer, trenta secondi dopo l’Inter si ritrova dall’altra parte del campo: è il momento sliding door della stagione, perché Cubarsi vince il contrasto aereo con Thuram, ma lascia la palla nei pressi del centrocampo. Il Barcellona continua la sua lotta contro l’ideologia base della difesa del calcio e quando Thuram cerca Dumfries in profondità i difensori catalani sono in inferiorità numerica contro l’attacco nerazzurro (4 vs 3).

Foto: skysport
L’olandese vince il contrasto con Martin e crossa verso il primo palo, Acerbi (37 anni, difensore centrale, al minuto 93) arriva per primo, anticipa Araujo e fa esplodere San Siro. Primo gol in Champions per il centrale nerazzurro, di una pesantezza e un’importanza indescrivibili. Yamal cerca di aggiungere un capitolo alla sua già gloriosa storia, ma Sommer blocca la conclusione dello spagnolo. Ai supplementari l’Inter ne ha di più, San Siro è una bolgia, ormai tutto il pubblico di fede nerazzurra è parte attiva di questa ode al romanticismo calcistico, che raggiunge il suo apice in due momenti: il primo è al minuto 99, quando Frattesi deposita in rete il pallone del 4-3. Il secondo arriva al 114′, Yamal riceve palla in profondità, sistema la palla sul suo sinistro magico e apre il piatto verso il palo lontano. Sommer (36 anni) si tuffa in allungamento, distende il braccio e riesce a mandare in calcio d’angolo. In quel momento l’Inter capisce che la dea bendata questa sera ha i capelli lunghi, un accento francese e un paio di guanti gialli. Nel recupero non succede niente, e Monaco di Baviera adesso è realtà!

Grafica: Julya Marsala
Un capolavoro a tinte nerazzurre. Una cavalcata che adesso attende l’ultimo passo, il più importante di tutti. I numeri dell’Inter in questa Champions sono incredibili, basti pensare che in tutta la competizione la squadra di Inzaghi è stata in svantaggio 16 minuti. Un numero impressionante, se poi si aggiungono gli avversari affrontati (Barcellona, Bayern Monaco, Arsenal, Manchester City, Leverkusen e Lipsia su tutte), viene fuori una solidità difensiva e una compattezza di squadra ai limiti dell’incredibile. Il destino ha voluto ancora una volta l’Inter in finale, anche se questa volta il fato c’entra ben poco.
Il destino potrà essere scritto prima, ma la grafia è sempre quella del destinatario, e la penna di questo capolavoro calcistico è indubbiamente quella di Simone Inzaghi, autore di un percorso clamoroso alla guida del club nerazzurro, fin troppo mascherato dalla banale visione del palmares (che comunque rimane importante). Negli ultimi anni ho visto poche squadre migliorare costantemente come l’Inter, un ecosistema in continua evoluzione, capace di raggiungere due finali di Champions League in tre anni. Il romanzo nerazzurro necessita di un atto conclusivo degno di nota, e se queste sono state le pagine principali siamo sicuri che la finale non deluderà le aspettative.
Paris Saint Germain-Arsenal
Donnarumma dopo 10’ ha già fatto due parate impossibili, con l’Arsenal che attacca “senza paura” come promesso da Declan Rice (sua la prima occasione) ma che al 17’ viene graziato dal palo su una magia di Kvaratskhelia. Il gol arriva al 27’, con un meraviglioso tiro dal limite di Fabian Ruiz su cui Raya non può fare veramente nulla. Rice salva su Barcola qualche minuto dopo, e nella ripresa Donnarumma deve fare un altro miracolo al 64’, stavolta su uno splendido tiro a giro di Saka, e sul capovolgimento di fronte Hakimi in contropiede arriva al tiro, intercettato da Raya dopo una deviazione di Lewis-Skelly: si gioca per un paio di minuti prima che l’arbitro venga richiamato al monitor per punire con un rigore il mani del talentino inglese. Dal dischetto Vitinha si fa ipnotizzare da Raya, ma al 72’ il Psg fa 2-0 con un gran tiro a girare di Hakimi. Sembra chiusa, ma al 76’ l’Arsenal trova con Saka il gol che ha inseguito per tutta la partita. Non basta per riaprirla: il PSG vola in finale.
Un sogno parigino
I francesi l’hanno fatta sembrare semplice, ma a questi livelli di semplice non c’è proprio nulla. C’è voluta la versione migliore del talento offensivo a disposizione di Luis Enrique, c’è voluto il primo gol in Champions di Fabian Ruiz, c’è voluto un Kvara semplicemente imprendibile per i difensori inglesi. C’è voluto anche un Gigio Donnarumma tornato in questi mesi al livello di un top mondiale nel suo ruolo dopo un autunno complicato. Anche oggi l’estremo difensore azzurro ha messo i suoi guanti sulla partita, con tre interventi uno più bello -e decisivo- dell’altro. Il PSG ha saputo incassare quando ce n’era bisogno, con l’Arsenal che ha sprecato occasione dopo occasione, segnando solo con Saka quando di fatto era tutto già finito, e ha anche sprecato un rigore calciato con incredibile leggerezza da Vitinha.
L’ariete
L’Arsenal di Arteta sembra invece essere arrivato a questo impegno scarico, forte sì del secondo posto onorevole dietro al Liverpool in campionato, ma anche privo del DNA della grande squadra, quello che ti fa trovare soluzioni quando non se ne vedono. Saka ha giocato una partita eccezionale, ma non così i suoi compagni di reparto, su tutti Merino che ha passato la partita a perdere i duelli chiave contro i difensori del PSG. La mancanza di un centravanti d’area di rigore è uno dei temi principali che veleggiano attorno all’ambiente Arsenal, e nel prossimo mercato la sensazione è che qualche nome grosso arriverà nel nord di Londra. Alla squadra di Arteta serve un finalizzatore, un rapace d’area capace di concludere al meglio tutte le offensive create da Saka, Odgaard, Martinelli ecc. E nonostante tutto questo i “gunners” hanno chiuso con 3 gol attesi (XG). Ci sarà di certo modo per rifarsi, magari già la prossima stagione, ma intanto questa è un’occasione persa enorme.

Foto: X Arsenal
31 maggio
Sarà quindi una finale molto italiana, visto che molti in questo PSG sono passati dal nostro campionato, allenatore ovviamente incluso. Si gioca il 31 di questo mese, quindi entrambe le squadre avranno il tempo di riposare, di studiarsi, di cercare di tirare fuori dal cilindro la mossa che non ti aspetti. Non resta che aspettare e segnare la data sul calendario:
Ci sarà da divertirsi!
Calcio
Una notte che vale la storia. L’Inter è in finale di Champions League

Sono serviti 120 minuti, 210 nel totale, per decretare la prima finalista della Champions League 2024/25. La partita dell’anno si conclude con un meraviglioso 4-3, che vale la finale di Champions per l’Inter di Simone Inzaghi. Gara ai limiti del fantasy che i nerazzurri portano meritatamente a casa. E adesso la finale di Monaco di Baviera non è un sogno. Appuntamento al 31 maggio
Un incasso da record, il più alto di sempre, per la partita più importante degli ultimi anni nerazzurri. Ligabue cantava che certe notti non si può restare soli, e siamo sicuri che nessun tifoso dell’Inter questa sera rimarrà da solo, chiunque ricorderà gli amici o i momenti che precedono e seguono questa semifinale.
Novanta minuti separano Inter o Barcellona dal pass per l’Allianz Arena di Monaco di Baviera, dove l’Inter ha già trionfato quest’anno. Le scelte dei due allenatori sono le migliori possibili: Inzaghi trova Lautaro Martinez dal primo minuto e conferma interamente il blocco visto a Montjuic. Il capitano nerazzurro recupera dall’infortunio muscolare della scorsa settimana e fa coppia con Thuram. Il Barcellona recupera Lewandowski, ma soltanto per la panchina, Flick sceglie ancora Gerard Martin sulla sinistra e Eric Garcia a destra, al posto dell’infortunato Koundé.
San Siro è una bolgia, come detto prima l’incasso è da record (15 milioni di euro), e il tifo nerazzurro risponde come sempre alla grande. In avvio il possesso è dell’Inter, ma al primo contrasto Yamal imbuca subito per Ferran Torres, in posizione di fuorigioco. Dopo meno di trenta secondi la difesa dell’Inter si espone al primo rischio, e questo mostra la pericolosità dei catalani, in qualsiasi momento della partita. Pressione alta dei nerazzurri fin dai primi minuti, un approccio diverso rispetto all’andata dove era il Barcellona a gestire attivamente la fase di pressing. Lo sviluppo dell’Inter è invece fotocopia a quanto fatto in Catalogna: fraseggio corto e rapido sulla sinistra, e lancio lungo a liberare la corsia destra di Dumfries. Nel Barcellona la manovra va sempre verso Yamal, che comincia a divertirsi a modo suo saltando sistematicamente due o tre avversari. All’ottavo minuto Dumfries sovrasta fisicamente Gerard Martin, arriva fino al fondo ma non riesce a calciare verso la porta di Szczesny. L’olandese è il valore aggiunto della manovra dell’Inter e si conferma fondamentale anche oggi. Con la solita, altissima, linea difensiva del Barcellona, l’Inter cerca di sfondare per vie centrali, e già dal quarto d’ora i nerazzurri hanno vistose praterie per attaccare. È un’Inter molto coraggiosa, pulita e lucida con il pallone tra i piedi e molto attenta nel ripiegare una volta persa palla. Al 21′ l’Inter va meritatamente in vantaggio: Dimarco ruba palla a Dani Olmo, troppo passivo nel controllo, e va subito in verticale da Dumfries, l’olandese è da solo davanti a Szczesny e apparecchia in mezzo per Lautaro. Il capitano nerazzurro non deve fare altro che spingere in porta il pallone del vantaggio, la bandierina non si alza e l’Inter mette in discesa la partita con ampio merito, per la mole di gioco proposta e per il coraggio delle idee. Dopo l’ennesimo schiaffo subito, il Barcellona si mette sotto e fa l’unica cosa che riesce a fare bene: attaccare a testa bassa. L’Inter trova sempre tanto spazio in ripartenza, ma comincia a scoprirsi agli attacchi dei blaugrana (oggi in maglia verde), sempre prevedibili e poco pericolosi nella prima mezz’ora. Al 42′ Lautaro va verso la porta, Cubarsi è in ritardo e cerca l‘intervento disperato in scivolata. Inizialmente Marciniak non fischia nulla, ma il VAR richiama il fischietto polacco e dalle immagini non ci sono dubbi: Cubarsi non tocca il pallone ma colpisce in pieno il capitano nerazzurro, calcio di rigore. Dal dischetto Calhanoglu è glaciale, pallone da una parte e portiere dall’altra. C’è una sola squadra in campo a San Siro, e non è il Barcellona. All’intervallo la squadra di Inzaghi va a riposo con due gol, a quarantacinque minuti dalla finale di Monaco, che si avvicina sempre di più.
Nessun cambio all’intervallo. Flick non rischia subito Lewandowski e questo fa intendere la tenuta atletica del polacco, al rientro dall’infortunio ma evidentemente non ancora pronto. Nonostante un maggior possesso, il Barcellona non riesce a sfondare, e continua a mostrare uno squilibrio quasi imbarazzante nel momento in cui l’Inter riparte in campo aperto. Al 51′ Acerbi di testa fa 3-0, ma è in netta posizione di fuorigioco. Due minuti dopo il Barcellona accorcia le distanze: azione confusa condotta da Pedri, che dopo una prima chiusura trova Gerard Martin, cross sul secondo palo verso Eric Garcia, piattone al volo e pallone sotto l’incrocio. Il Barcellona sembra rigenerato, e dopo soli due minuti ha l’occasione per il pareggio: contropiede avviato da Yamal e Pedri, l’Inter è sbilacciatissima e si ritrova due contro tre al limite dell’area. Pedri allarga per Gerard Martin che saggiamente apparecchia all’indietro per Eric Garcia, lo spagnolo ha la porta spalancata ma calcia centrale, Sommer si distende e salva il risultato. Il pareggio è solo rimandato perché la pressione del Barcellona è completamente diversa, più intensa e ragionata. Inzaghi sostituisce Dimarco con Carlos Augusto, ma l’Inter dalla rete del 2-1 non riesce a giocare con ordine e lucidità. La paura presenta il conto all’ora di gioco, quando Gerard Martin (completamente rigenerato in questo secondo tempo) disegna un gran cross sul secondo palo, nessuno segue l’inserimento di Dani Olmo che in tuffo pareggia la partita. L’inerzia della gara sembra completamente ribaltata. L’Inter sembra di colpo uscita dalla partita, il Barcellona piazza le tende nella metà campo e solo il VAR grazia i nerazzurri al 69′, quando Mkhitaryan stende Yamal a ridosso dell’area di rigore e Marciniak assegna la punizione dopo una prima segnalazione di penalty. . Inzaghi cerca forza fresche dalla panchina, e sostituisce Bisseck e Lautaro Martinez con Darmian e Taremi. Prestazione assoluta del capitano dell’Inter, nonostante l’infortunio l’argentino è stato il faro nella notte, prezioso con il gol e il rigore procurato. La prima mossa di Flick non è Lewandowski, ma Araujo al posto di Inigo Martinez. Al 76′ Yamal si accende all’improvviso, trova lo spiraglio per mettere la palla all’incrocio dei pali, ma Sommer è fenomenale in tuffo. Inzaghi rinforza la mediana con Zielinski e Frattesi per Calhanoglu e Mkhitaryan. Prestazione molto dispendiosa per i due centrocampisti, che negli ultimi minuti stavano tirando il fiato correndo dietro Pedri e raddoppiando su Yamal (nel caso dell’armeno). Il ritmo della partita si abbassa verso l’ottantesimo, con uno sguardo attento sui supplementari, anche se le due squadre non sembrano risparmiarsi. Flick risponde ai due cambi di Inzaghi con Fermin Lopez per Olmo, una mossa mirata a cercare più qualità e palleggio in mezzo al campo. All’87’ il Barcellona completa la rimonta: Pedri recupera palla, smista velocemente verso Raphinha, la prima conclusione del brasiliano è potente, ma Sommer respinge con i pugni, nella ribattuta il capocannoniere della Champions ci va con il destro e completa la rimonta del Barcellona. San Siro sente morire qualcosa, lo si evince dal silenzio tombale che si percepisce al momento del sorpasso catalano. Al novantesimo scatta l’ora di Lewandowski, al posto di Ferran Torres. Nel recupero, al secondo dei cinque, Yamal colpisce il palo interno con il sinistro. Sembra la parola “fine” alla partita, ma questa Inter lotta fino all’ultimo secondo. Su uno degli ultimi palloni, Dumfries vince il contrasto con Gerard Martin e mette in mezzo il pallone della speranza, trasformato in rete da Acerbi. Rete di un peso inaudito, ma di una qualità sopraffina, perché il centrale nerazzurro anticipa Araujo con il piatto del piede destro e scaglia la palla sotto l’incrocio. C’è ancora partita, anche al ritorno il risultato è fisso sul 3-3, anche se prima del triplice fischio Sommer blocca un ultimo tiro di punta di Yamal.
Per Marciniak lo spettacolo deve continuare, questa semifinale non vuole saperne di smettere. Si va ai tempi supplementari!
All’inizio dei supplementari, ancora una volta, il canovaccio tattico si ribalta nuovamente. Se per tutto il secondo tempo il Barcellona sembrava andare a una velocità superiore, all’inizio dei supplementari l’Inter sembra trovare energie nascoste. Al 99′ il risultato cambia ancora una volta: Thuram sfrutta le sue ultime energie per saltare tutta la parte sinistra della difesa catalana, palla in mezzo verso Taremi che è bravissimo nell’appoggiarsi a Frattesi, il centrocampista nerazzurro è lucido nel ritardare la conclusione e piazzare il mancino sul palo opposto, dove Szczesny non può nemmeno arrivare. Il Barcellona va alla ricerca di Lewandowski, una soluzione che è mancata completamente nelle due gare, ma Acerbi lo marca a vista, e tutti i cross arrivano tra le mani di Sommer senza particolari problemi.
Gli ultimi due cambi di Flick sono Gavi e Pau Victor per Pedri e Cubarsì. Attacco totale dei blaugrana per gli ultimi quindici minuti. Non c’è bisogno di mettere su una qualsiasi formazione, perché per questo secondo tempo supplementare il Barcellona va completamente all’attacco, rimane solo Araujo indietro. Inzaghi sceglie De Vrij al posto uno stanchissimo, e applauditissimo, Dumfries. Al 108′ Thuram prova a replicare l’assist di Monaco di Baviera, ma la difesa respinge sui piedi di Frattesi, mancino sul primo palo ma lì Szczesny compie un miracolo. Al 114′ Yamal viene imbucato da Raphinha, calcia a giro sul secondo palo ma Sommer questa sera, nonostante i tre gol subiti, è insuperabile. Colpo di reni maestoso dell’estremo difensore nerazzurri, una partita pazzesca nonostante i tre gol subiti. Nel finale l’Inter resiste a qualsiasi attacco, De Vrij chiude qualsiasi cosa e dopo due minuti di recupero Marciniak fischia tre volte.
“Ci vediamo da Mario, prima o poi”. Non sappiamo se Mario sia un tifoso dell’Inter (probabilmente sì), non sappiamo la sua provenienza, ma sappiamo che anche lui, insieme a Ligabue e tutto il pubblico nerazzurro, faranno le valigie e segneranno il 31 di maggio con il pennarello rosso. L’Inter raggiunge con merito la finale di Champions e lo fa al termine della partita più bella dell’anno (e sarà difficile spodestarla). Dopo un primo tempo meraviglioso, il Barcellona aveva trovato i tre gol per accedere alla finale, ma nel finale l’Inter ci ha messo cuore, ci ha messo grinta e carattere. Prima Acerbi, come un vero centravanti, e poi Frattesi, hanno ribaltato nuovamente il risultato e adesso la finale attende solo la seconda pretendente. Arsenal o PSG ormai non fa differenza, perché l’Inter adesso non ha più paura, ma intimorisce chiunque. A novanta minuti dal sogno, Inzaghi si gode una delle notte più gloriose della storia recente dell’Inter. Termina ogni speranza Triplete del Barcellona. La squadra di Flick esce meritatamente dalla competizione, e adesso tutti gli occhi si concentrano sul campionato, dove i catalani hanno adesso l’obbligo di tenere a distanza il Real Madrid.
Appuntamento al 31 maggio. In attesa di PSG-Arsenal, l’Inter prenota il suo biglietto per Monaco di Baviera.
-
Intrattenimento2 settimane ago
Pirati dei Caraibi 6: Johnny Depp vicino ad un accordo per il ritorno + novità
-
Intrattenimento2 settimane ago
Maggio 2025: Le Uscite Musicali più attese
-
Calcio1 settimana ago
Scintille e ritmi alti, ma il pari non favorisce nessuno. Bologna e Juve non vanno oltre l’1-1
-
Calcio1 settimana ago
Il Supercommento della 35ª giornata di Serie A
-
Attualità2 settimane ago
Svolta U.S.A.-Ucraina: firmato l’accordo per le “terre rare”, cosa prevede
-
Cronaca1 settimana ago
Iniziato il processo contro P Diddy, accusato di traffico sessuale ed estorsione
-
Calcio2 settimane ago
Il Supercommento della 34ª giornata di Serie A
-
Attualità3 giorni ago
Andrea Crugnola cala il poker. È lui il vincitore della 109ª edizione della Targa Florio