Calcio
Il Supercommento della 37ª giornata di Serie A

Dopo l’anticipo del sabato e le nove partite, tutte in contemporanea, il quadro completo della Serie A 24/25 necessita di un ultimo passaggio. Soltanto due verdetti in una delle sere più entusiasmanti degli ultimi anni, mentre in alto -e in basso- rimane tutto ancora apertissimo.
Ecco il commento completo, con la Top 11 alla fine, della penultima giornata di Serie A.
Genoa-Atalanta
Pinamonti guida il Grifone, Retegui lo punisce e scrive la storia. Ritmo e spettacolo al Ferraris
Con nessun obiettivo ancora in corsa, l’Atalanta si presenta a Genova con l’ennesima qualificazione in Champions League ottenuta nell’era Gasperini. Il Genoa ha in pugno la salvezza da mesi, ma dopo la grandissima partita di Napoli cerca l’ennesimo sgambetto a una big nell’ultima apparizione casalinga. Formazioni completamente opposte, perché da una parte Vieira conferma quasi tutto il blocco di Napoli; dall’altra Gasperini ne cambia addirittura otto, rimangono solo De Roon (nei tre di difesa), Kossounou e Retegui in avanti. Marassi non trascura l’ultimo gettone stagionale, e la spinta incessante del tifo genoano permette alla squadra di Vieira di approcciare subito bene la partita. Prova a smorzare l’entusiasmo Daniel Maldini, chiamato a dare un segnale per il suo futuro in maglia nerazzurra, e il trequartista va vicino al vantaggio al quarto minuto, conclusione a giro che non termina di molto a lato della porta di Leali. L’Atalanta cerca geometrie e intesa, visti i tanti volti “nuovi” in campo, e sulla parte destra del campo gli orobici trovano i maggiori corridoi. Palestra è un treno sulla fascia, e sembra avere qualche energia in più rispetto ad Aaron Martin, e anche Samardzic cerca spazio su quel versante per aumentare il peso delle offensive bergamasche. Il Genoa cresce alla distanza, merito di un centrocampo che comincia ad avere sempre più presenza e fisicità, ma non riesce a sfondare centralmente perché Pinamonti viene francobollato da Hien, bravo nel chiudere ogni spiraglio al centravanti rossoblù. Il ritmo è molto alto se consideriamo che siamo alla penultima di campionato ed entrambe hanno raggiunto il loro obiettivo. La vigoria dei contrasti costringe Vieira a utilizzare il primo slot alla mezz’ora, perché Vasquez prende una brutta botta alla caviglia ed è costretto a uscire, al suo posto dentro De Winter. Applausi del Ferraris per il centrale messicano, protagonista al Maradona con il colpo di testa del pareggio e pretoriano fedelissimo di Vieira (35 partite su 37). La difesa genoana non ha nemmeno il tempo di mettersi a posto che la Dea trova la giocata per bucarla alle spalle: Retegui gioca di sponda, Brescianini va in profondità e Maldini arriva davanti a Leali e calcia malissimo, una specie di pallonetto a giro che termina fuori. Conclusione pessima di Maldini, che ancora una volta pecca di killer instict. Chi non pecca di freddezza è cinismo è il Genoa, o meglio Pinamonti. Trenta secondi dopo Norton-Cuffy vince un contrasto aereo, si allarga sulla sinistra e apparecchia per Martin, il mancino dello spagnolo è sinfonico, così come è musicale l’inserimento di Pinamonti tra i centrali della Dea, colpo di testa forte e preciso sul palo opposto, vantaggio Genoa. L’Atalanta cerca di reagire subito, con il solito sviluppo rapido e verticale, ma la difesa rossoblù fa muro e non soffre particolarmente. Non passano nemmeno cinque minuti che Bani trova il colpo del 2-0, zampata vincente dopo un rimpallo con Rui Patricio. Il raddoppio non dura molto perché il VAR annulla la rete per un tocco di mano dello stesso Bani. Dall’intervallo l’Atalanta non cambia interpreti, ma sicuramente cambia atteggiamento. Bastano sessanta secondi ai bergamaschi per rimettere in equilibrio la gara. È la settimana di Ibrahim Sulemana, che meno di sette giorni fa ha regalato alla Dea la Champions con il suo primo gol in maglia nerazzurra. Il centrocampista ghanese riceve un passaggio di testa di Ruggeri, controlla il rimbalzo e calcia splendidamente al volo, il pallone rimbalza sul terreno del Ferraris e diventa imprendibile per Leali. Secondo gol consecutivo per Sulemana e partita rimessa in equilibrio. La partita si equilibra nuovamente, perché l’Atalanta ritrova soluzioni e spazi che rimettono alle strette il Genoa. Gasperini cerca di cavalcare l’onda muovendo per primo la panchina, fuori Ruggeri e dentro Bellanova, con scostamento a sinistra di Palestra. I rossoblù rimangono concentrati e sempre pronti a colpire, e non perdono tempo per riportarsi in avanti: al 58′ Sabelli getta un pallone verso la bandierina, Brescianini e Hien vanno in difesa della sfera ma non si intendono, Pinamonti rimane in agguato e si impossessa del pallone, si accentra e strozza il mancino sul primo palo per il gol numero dieci del suo campionato. Brutta disattenzione della difesa dell’Atalanta, con Brescianini e soprattutto Hien che hanno regalato a Pinamonti il pallone del nuovo vantaggio. Non c’è un attimo di tregua al Ferraris, le due squadre vanno a mille all’ora, e l’Atalanta ci mette tre minuti a pareggiare: filtrante di De Roon verso Retegui, l’attaccante azzurro vede l’inserimento di Maldini e lascia sfilare il pallone, il numero 70 -che nel primo tempo ha fallito clamorosamente un’occasione- calcia a giro e trova il palo lontano. 2-2 e partita nuovamente in parità, ma che spettacolo a Marassi!Vieira a questo punto rintocca la sua formazione con Onana e Zanoli, al posto di Sabelli e un applauditissimo Milan Badelj, all’ultima presenza casalinga della sua avventura in rossoblù. Il croato ha annunciato la sua separazione dal Genoa al termine della stagione, e il pubblico genoano riserva i migliori onori per uno dei senatori degli ultimi anni del Grifone. Gasperini risponde subito con tre mosse, anche perché il Genoa negli ultimi minuti è tornato a giostrare il pallone nella metà campo bergamasca: fuori Maldini, Brescianini e Palestra, dentro Pasalic, De Ketelaere e Zappacosta. Il ritmo rimane stabile, anche se la stanchezza dopo una gara -una stagione- ad altissimo livello, presenta i primi segnali. Vieira chiude le sue sostituzioni con Vitinha e Pinamonti (problemi a una caviglia) che lasciano spazio a Thorsby e Caleb Ekuban. Rimandato l’esordio del giovanissimo Scaglione, classe 2010 che era finito su tutti i giornali per il possibile record di precocità per un esordiente in Serie A (15 anni e 133 giorni), detenuto da Francesco Camarda (che esordì a 15 anni e 260 giorni). C’è ancora tempo per un’altra perla, un momento che segna la storia: minuto 88, De Ketelaere attacca lo spazio, cerca in mezzo Retegui che arriva in scivolata, conclude sul primo palo e arriva a quota 25 gol. Nessuno come Retegui nella storia dell’Atalanta, superato un certo Pippo Inzaghi che si fermò a 24 centri. Proteste del pubblico rossoblù perché De Winter era andato giù nel momento dello scatto di De Ketelaere, e il belga non ha interrotto il gioco ma ha servito Retegui per il gol del 2-3. Non si conclude con applausi e abbracci la partita del Ferraris, nonostante una partita corretta e divertente fino all’occasione del gol di Retegui. Il pubblico insorge, e anche i giocatori non ostentano particolari sorrisi, nonostante la forte emotività, va evidenziato il ritmo e lo spettacolo fornito dalle due squadre nonostante gli obbiettivi raggiunti. È stata la notte dei bomber, perché Pinamonti ha siglato il gol numero 49 e 50 in Serie A, mentre Retegui ha scritto il suo nome nella storia dell’Atalanta e ha messo la parola fine alla contesa per il titolo di capocannoniere. Tanti gol, tanto spettacolo e adesso l’ultimo atto per chiudere al meglio una stagione che rimane di altissimo livello, sia per l’Atalanta che per il Genoa di Vieira.
Cagliari-Venezia
Un Cagliari superlativo si sbarazza del Venezia e blinda la salvezza. Nicola lo ha fatto ancora!
L’ultima spiaggia per tentare un’impresa, dall’altra parte l’ultimo sforzo per chiudere ogni discorso. Cagliari e Venezia arrivano all’Unipol Domus con lo stesso obiettivo, ma con prospettive e percentuali ben diverse. In campo vanno i migliori possibili: Nicola cambia solo un uomo rispetto alla gara di Como, Deiola sostituisce Viola e aggiunge presenza e quantità in mezzo al campo; il Venezia comincia ancora una volta con l’attacco leggero, formato da Oristanio e Yeboah. Ritmi subito alti fin dall’inizio. Il Cagliari cerca di sfruttare il fattore casa e alza subito il baricentro. Luvumbo si rivela subito incontenibile per la difesa lagunare, a tal punto che Idzes è costretto a spendere un giallo pesantissimo, che lo esclude all’ultima giornata, in casa contro la Juve. Gli sforzi dei sardi pagano subito, dopo solo undici minuti: punizione da sinistra di Augello, il piede educato del terzino italiano cerca il secondo palo e lì c’è la torre vincente di Yerry Mina, il colombiano indirizza sul palo opposto e coglie di sorpresa Radu, vantaggio Cagliari e partita in discesa. Anche dopo aver stappato la gara, i padroni di casa giocano meglio, vanno a una velocità maggiore e il Venezia soffre anche mentalmente la partita. Alla serata nera della squadra di Di Francesco si aggiunge l’infortunio di Oristanio, match-winner contro la Fiorentina, al suo posto dentro Gytkjaer. Bello l’applauso del pubblico sardo per l’ex di giornata, uscito per un problema alla spalla sinistra. Prima dell’intervallo il Cagliari mette in ghiaccio la partita: corner da destra, Zortea si incarica della battuta e anche lui cerca il secondo palo, questa volta non c’è Mina, ma ancora una volta svetta più in alto di tutti Roberto Piccoli, testata vincente e decimo gol in A per il centravanti italiano. Inizialmente l’arbitro annulla la rete perché la palla messa in mezzo da Zortea è uscita dal campo, ma il VAR converte la decisione e suggella il raddoppio della squadra di Nicola, in vantaggio di due all’intervallo. Al rientro dagli spogliatoi nessuna mossa da parte dei due allenatori, anche se il Venezia alza il ritmo e l’intensità, rispetto a un primo tempo compassato e difficoltoso. La scelta coraggiosa dei lagunari, però, spianano la strada alle frecce sarde, e Luvumbo va a un passo dal gol del definitivo 3-0, salvataggio provvidenziale di Candè. L’angolano è costretto ad alzare bianca per un problema muscolare, dopo l’ennesimo scatto bruciante sulla difesa del Venezia, e l’Unipol Domus non fa mancare la standing ovation, per una serata che nel bene, e nel male, sembra essere sempre più in discesa. A mettere la parola “fine” ci pensa il capitano Deiola: minuto 71, azione meravigliosa del Cagliari sulla sinistra, triangolo avviato da Deiola, prosegue Augello verso Makoumbou, tacco splendido del centrocampista congolese e altrettanto meraviglioso è l’arcobaleno a giro che Deiola insacca all’incrocio dei pali. 3-0 e salvezza blindata. Gli ultimi venti minuti sono una formalità, la girandola dei cambi smorza il ritmo della partita e non permette al Venezia di creare pericoli alla porta di Caprile, mentre i padroni di casa gestiscono risultato ed energie e attendono il triplice fischio per scatenare la festa. Al momento dei tre fischi di Pairetto si scatena la festa dell’Unipol Domus, per una salvezza che adesso è matematica. Prestazione maiuscola della squadra di Nicola, che ancora una volta centra l’obiettivo della salvezza e si conferma una garanzia per questo tipo di realtà di bassa classifica. Adesso l’ultimo atto vede i sardi impegnati al Maradona contro il Napoli, nella gara che può consegnare ai partenopei lo scudetto, e la salvezza già conquistata gioca ampiamente a favore della squadra di Conte. Il Venezia esce con le ossa rotte dalla Sardegna, e adesso per evitare la B serve un miracolo, che deve cominciare dal successo in casa contro la Juventus, oltre a una serie concatenata di risultati negativi di Lecce ed Empoli.
Fiorentina-Bologna (A cura di Simone Scafidi)
Fuochi d’artificio al Franchi, Palladino la spunta
Ancora in corsa per la Champions, sia Fiorentina che Bologna arrivano alla penultima di campionato con l’obbligo di vincere, per mettere la ciliegina sulla torta ad una stagione comunque ottima da parte di entrambe. Reduce dalla vittoria in Coppa Italia, la squadra di Italiano appare, sin da subito, leggermente indietro per quanto riguarda la forma fisica, e la Fiorentina non esita a stappare la partita. Parisi recupera un pallone nella zona del centrocampo e, con un’ottima azione personale e molta fortuna nella deviazione della difesa Viola, insacca il gol dell’1-0 al dodicesimo minuto. A due minuti dal termine del primo tempo, Lucumí interviene in maniera molto dura su Fagioli all’interno dell’area di rigore, ma anche dopo il consueto check del VAR si continua a giocare. Nella seconda metà di gara lo spettacolo la fa da padrona: al quarto d’ora, il Bologna pareggia con Dallinga, che svetta e spizza di testa il preciso cross di Orsolini, battendo De Gea, con la Fiorentina che, dal canto suo, impiega appena sette minuti per trovare il nuovo vantaggio con Richardson, che raccoglie la respinta di De Gea e a porta praticamente spalancata non può sbagliare. Il Bologna, subita la botta, reagisce prontamente e continua a spingere, fino ad arrivare al gol del ritrovato pareggio, con un fantastico Ndoye, che, al 79′, sgasa sulla fascia di sinistra in maniera brillante e mette in mezzo il pallone, trovando la deviazione vincente di Orsolini. A dieci minuti dal termine Kean va vicinissimo al gol del 3-2, trovando però di fronte a sé il muro eretto da Skorupski, che respinge in rimessa laterale, ma che, appena tre minuti dopo, viene battuto definitivamente proprio dall’attaccante italiano, che sigla il gol del definitivo vantaggio della Fiorentina. A tre minuti dalla fine, Miranda viene espulso per una manata in faccia a Mandragora, per quello che è l’atto conclusivo di questa penultima giornata di campionato, con la squadra di Palladino protagonista di una vittoria importante fatta di grinta e passione, che tiene accesa ogni speranza in vista dell’ultima di campionato.
Inter-Lazio (A cura di Tommaso Patti)
Un pareggio che sa di sconfitta. L’Inter viene recuperata al novantesimo
Senza la possibilità di avere destino nelle proprie mani, i nerazzurri e i biancocelesti scendono comunque in campo con la voglia di fare risultato e mettere pressione rispettivamente a Napoli e Lazio, per continuare la caccia al primo e al quarto posto. La gara parte subito a ritmi alti, con entrambe le squadre focalizzate sul match del Meazza per provare a credere ancora nei rispettivi obiettivi. Dopo mezz’ora di equilibrio, l’Inter si affaccia nella metà campo avversaria, riuscendo anche a rendersi pericolosa con il tiro al volo di Dimarco, respinto dall’intervento di Mandas. La Lazio aspetta, e pazientemente, contrattacca l’Inter e sfiora la rete del vantaggio con un’azione che parte dal portiere e prosegue dai piedi di Dia, bravo nel trovare Isaksen in corsa e spedito verso la porta in solitaria, quest’ultimo meno bravo nella conclusione che termina tra braccia del portiere svizzero. Durante gli ultimi istanti del primo tempo, l’Inter si conquista un calcio d’angolo. Sul punto di battuta di presenta Calhanoglu che serve a centro area un cross pericoloso, depositato in porta dal mancino vincente di Bisseck dopo una serie di rimpalli. La terza rete del difensore tedesco, manda l’Inter negli spogliatoi in vantaggio in classifica rispetto al Napoli, fermo sullo 0-0 al Tardini.
Dopo un inizio di ripresa in cui l’Inter si limita a difendere e la Lazio prova a manovrare le azioni, una giocata di Vecino ristabilisce la parità. L’azione nasce da un fallo dubbio di mano di Dumfries, e prosegue con il retro passaggio lucido e funzionale del centrocampista uruguaiano per il tap-in vincente di Pedro. Negli ultimi dieci minuti succede di tutto, l’Inter animata dal perenne 0-0 di Parma e ferito dal gol di Pedro, trova il vantaggio su un calcio di punizione di Calhanoglu per Dumfries, agile nel prendere il tempo e anticipare Guendouzi, per trovare di testa la rete del 2-1 e la sesta in questa Serie A. Il successo agevole della Juve sull’Udinese e quello della Roma sul Milan, costringe la Lazio a dare il tutto per tutto per rimettersi in corsa Champions. A cinque minuti dalla fine, la Lazio reclama e riceve un calcio di rigore per il fallo di mano di Bisseck. Dopo un lungo check del Var, l’arbitro assegna il calcio di rigore per la Lazio, intervento che viene punito dal direttore di gara solo verbalmente. Dagli undici metri si presenta Pedro che calcia di potenza e ristabilisce la parità al 90′, realizzando il suo decimo gol in questo campionato. Nel lungo recupero, l’Inter prima si divora il gol del clamoroso 3-2 con l’imprecisa conclusione di Arnautovic, e poi si vede annullare concretamente la terza rete per fuorigioco, sempre con protagonista Arnautovic. Il pareggio di Napoli e Inter, regalerà un’ultima giornata tutta da vivere, sempre con il Napoli in vantaggio di un punto sui nerazzurri.
Parma-Napoli (A cura di Tommaso Patti)
Rigori negati, rossi e tante occasioni dubbie. Il Napoli strappa un punto a Parma e rimane in vetta.
In una sfida che può avere un sapore simile a quella della sfida di Udine datata 2023, il Napoli, ospite a Parma, è chiamato alla vittoria per riuscire a mantenere dietro i nerazzurri. La prima azione della gara è a tinte azzurre, con la classica progressione sulla fascia di Politano che termina con la conclusione a giro dell’esterno partenopeo, conclusione bloccata in tuffo da Suzuki. Il Parma è tutt’altro che assente e riesce a mettere in difficoltà Meret con la pericolosa conclusione di Sohm. Esattamente due minuti dopo, gli uomini di Conte reagiscono e sfiorano il gol del vantaggio con la conclusione ad incrociare di Anguissa, terminata sul palo. Nel primo minuto della ripresa, il Parma bussa nuovamente nella porta di Meret con un’azione che nasce dall’anticipo di Leoni su Lukaku, e prosegue con l’avanzata e la botta mancina di Sohm, terminata con un altro intervento dell’esterno difensore azzurro. La risposta degli ospiti arriva al 57’, quando su un tiro cross di Politano, il pallone si stampa sulla traversa, facendo tremare tutta la squadra di Chivu. Tredici minuti dopo, su un calcio di punizione da ottima posizione, McTominay calcia di potenza e indirizza la palla all’incrocio dei pali, intervento irreale di Suzukiche respinge la conclusione dello scozzese e manda in angolo. Esattamente come a Milano, l’arbitro assegna sette minuti di recupero che generano tanto nervosismo da entrambe le parti, che sfocia con l’espulsione di Chivu e Conte. Qualche minuto più tardi, il direttore di gara assegna un calcio di rigore per il Napoli sul contatto Neres-Lovik, revocato per un precedente fallo del Napoli dopo un lunghissimo consulto con il VAR. Al triplice fischio, le due squadre escono dal terreno di gioco positivamente, con il Parma sempre più sicuro della permanenza in Serie A, e con il Napoli che frena sì, ma rimane comunque con un punto di vantaggio sull’Inter ad una sola giornata dalla fine.
Juventus-Udinese
Un dominio soporifero, poi ci pensano Nico e Vlahovic. La Juve vince con l’Udinese e rimane al quarto posto.
L’ultima casalinga allo Stadium, sold out per la diciassettesima volta su 18, e ci si gioca la Champions League. Di fronte all’Udinese, che non ha più nulla da chiedere al campionato, la Juve espone per la prima volta la maglia della stagione 25/26, mentre gli interpreti sono quelli attesi alla vigilia: ancora assente Koopmeiners, mentre dalla gara con la Lazio Tudor ha perso per squalifica Savona, Thuram e Kalulu. In difesa gioca Cambiaso, impiegato come braccetto a sinistra, mentre nella trequarti giocano Yildiz e Conceição alle spalle di Kolo Muani, ancora panchina per Dusan Vlahovic, che molto probabilmente chiuderà stasera la sua avventura all’Allianz con la Juve. Anche l’Udinese deve fronteggiare a una lunga lista di assenze, Lucca e Thauvin su tutti. In difesa manca il pilastro Bijol, mentre non manca Oumar Solet, regolarmente in campo nonostante le accuse trapelate negli scorsi giorni. La risposta di Runjaic alle assenze è Keinan Davis, unico riferimento dell’attacco friulano, mentre alle spalle dell’inglese agiscono Lovric e Zarraga. Juve subito altissima in pressione, e in riaggressione. Dopo meno di due minuti Ayroldi mette subito mano al taschino per ammonire Kamara, colpevole di aver trattenuto Nico Gonzalez diretto verso la porta. Argomento di interesse è la posizione di Cambiaso, perché l’italiano agisce da braccetto, ma in impostazione è Locatelli ad arretrare nella linea dei difensori, e questo permette all’esterno bianconero di svariare tra le linee. Al minuto 8 Conceição sgasa sulla fascia, arriva sul fondo e appoggia all’indietro, Locatelli arriva in corsa e cerca la soluzione a giro, palla che sfiora l’incrocio dei pali ma termina fuori dallo specchio della porta. L’intensità e la voglia dei bianconeri sono predominanti nell’avvio dello Stadium, e due minuti più tardi Okoye chiude la porta a Kolo Muani, lanciato a rete. L’Udinese prova ad affacciarsi dalle parti di Di Gregorio sfruttando i centimetri di Davis, ma la difesa della Juve non lascia particolare spazio al centravanti inglese. Le sgasate di Conceição mandano in tilt la pressione dei friulani, e i giocatori di Runjaic non vanno per il sottile nei contrasti sul portoghese. Si gioca in spazi strettissimi, Cambiaso tocca un’infinità di palloni nella trequarti e cerca di sparigliare le carte accelerando la manovra con tocchi di prima, ma la difesa dell’Udinese non concede praticamente nessun corridoio, se non quello di sinistra, dove la Juve non sta riuscendo a sfondare. Al 22′ Yildiz cerca di mettersi in proprio, riceve un passaggio da McKennie, parte da sinistra e calcia forte e basso, la palla viene deviata e termina fuori, ma il dieci turco sembra l’unico capace di fare qualche giocata oltre le righe. Al 27′ Kamara alza bandiera bianca per un problema muscolare, al suo posto dentro Zemura, mentre qualche secondo prima Ekkelenkamp aveva spaventato lo Stadium con un destro potente ma non tanto angolato, e questo favorisce la presa bassa di Di Gregorio. I bianconeri si rivedono un paio di minuti più tardi, con Cambiaso che si fa mezzo campo in progressione e calcia al limite dell’area, intervento sicuro di Okoye. La squadra di Runjaic cerca di giocare con il cronometro e lo Stadium comincia subito a rumoreggiare, non solo per le perdite di tempo ma per una manovra -quella juventina- ben ragionata ma poco incisiva nella trequarti. Prima dell’intervallo la Juve sfiora il vantaggio: Conceição continua la sua corsa perpetua sulla destra, apparecchia al limite per Nico Gonzalez, l’argentino carica il mancino e calcia sul primo palo, Okoye non è perfetto nell’intervento ma per sua fortuna il pallone va a sbattere sul palo. È l’ultimo squillo di un primo tempo a senso unico, ma fermo ancora sul risultato di 0-0. Nessun cambio all’intervallo, si riparte dagli stessi 22 che hanno chiuso la prima frazione, anche se adesso lo Stadium si fa sentire, perché oltre al dominio del gioco servono i gol. Ritmi diversi rispetto al primo tempo, il gioco è più lento e frammentato, e questo giova alla gestione dell’Udinese, anche se la Juve cerca di crescere nella partita con qualità e velocità. Al 51′ Conceição si mette in proprio, serpentina tra i difensori friulani e mancino a giro, solo una deviazione miracolosa di Okoye evita al pallone di finire in rete, ma il portoghese si conferma il centro nevralgico dell’attacco bianconero, l’unico in grado di creare qualcosa sulla parte destra del campo. Tanta confusione e imprecisione nelle giocate, e le energie cominciano a scarseggiare. Runjaic muove per primo la panchina, con Rui Modesto che sostituisce Lovric, ma la Juventus sblocca la gara un minuto più tardi: Yildiz ruba palla a Solet, appoggia in mezzo per Nico Gonzalez, l’argentino si prepara il colpo e lo spara sul palo lontano, dove Okoye non può proprio arrivare. È soltanto il terzo gol in campionato per Nico Gonzalez, ma può essere sicuramente il più pesante perché con un successo la Juve blinda, momentaneamente, il quarto posto. Proteste dell’Udinese per la vigoria avuta da Yildiz nel contrasto con Solet, ma per Ayroldi è tutto buono. I friulani reagiscono subito, alzano il baricentro e il pressing sui portatori di palla bianconeri. Ci prova subito Davis da dentro l’area, ma Locatelli si immola con la faccia. Le prime scelte di Tudor sono Vlahovic e Weah, al posto di Kolo Muani e Cambiaso. Applausi per l’uscita dell’italiano, mentre per l’attaccante serbo l’Allianz non concede particolari elogi. Runjaic cambia schieramento inserendo Sanchez e Ginnetti al posto di Ekkelenkamp e Kabasele, il tecnico serbo rinforza la linea difensiva, e aggiunge presenza in attacco al fianco di Davis. La girandola di cambi prosegue con Douglas Luiz, entrato al posto di McKennie, colpito duramente da Kristensen qualche minuto prima. La Juve rimane in gestione del risultato, e trova il gol del raddoppio al minuto 88: ripartenza fulminea dei bianconeri, Yildiz porta palla fino al limite, allarga per Vlahovic, più libero di Conceição a destra, il serbo prepara la conclusione e spara un missile alle spalle di Okoye. Una rete che toglie un peso enorme alla Juve, anche in vista degli altri risultati. Con il risultato in ghiaccio, Tudor chiude i suoi cambi con Mbangula e Adzic per due applauditissimi Conceição e Yildiz. Preziosi i due fantasisti nella trequarti, decisivi nella gestione della gara e nei due assist (Yildiz) per i due gol bianconeri. Nel finale l’Udinese non forza nemmeno la mano, e la Juve conclude la stagione casalinga con una vittoria fondamentale per la Champions. Con il successo della Roma, la Juve fa il suo dovere in casa contro i friulani e adesso il destino per il quarto posto è tutto nelle mani della Juve: con un successo nell’ultima gara stagionale, al Penzo contro il Venezia, la squadra di Tudor sarebbe qualificata in Champions. Prestazione dominante, che più “tudoriana” non si può, anche se i bianconeri hanno trovato più di qualche difficoltà nel sbloccare la gara, ma il sigillo iniziale di Nico Gonzalez ha sciolto la tensione che serpeggiava tra i giocatori bianconeri, e adesso per l’Europa che conta servono i tre punti in laguna. L’Udinese, come detto all’inizio, non ha più nulla da chiedere al campionato, anche se l’ultima gara contro la Fiorentina è utile per tirare le somme in vista della prossima stagione.
Lecce-Torino (A cura di Marco Rizzuto)
Ramadani regala un’altra speranza al Lecce. Vittoria d’orgoglio dei salentini all’ultima casalinga
L’ultimo treno per giocarsi la salvezza all’ultima giornata costringe il Lecce dover vincere contro il Torino. Dopo la partenza di Dorgu nel mercato di gennaio, i salentini non hanno più vinto. Al Via del Mare la squadra di Giampaolo gioca in modo propositivo e consapevole trovando la prima occasione al 22′ con la conclusione di poco al lato di Krstovic. Nonostante un Torino non troppo competitivo, il Lecce non riesce a sbloccare la gara nel primo tempo. Nella ripresa Giampaolo effettua subito tre cambi: Pierotti per Helgason, Rebic per N’Dri e Ramadani per Pierret. A quest’ultimo basta solamente un minuto per mandare in estasi i tifosi del Via del Mare con un eurogol: Krstovic con una palla arretrata al limite dell’aerea serve il numero 20 che calcia di prima intenzione togliendo la ragnatela dall’incrocio. La rete galvanizza i salentini che sfiorano il raddoppio con Krstovic, ma Milinkovic s’impone negando la rete. Il secondo tempo non regala troppe occasioni e il Lecce si aggiudica la vittoria dopo tredici giornate. Tre punti importantissimi che tengono in vita le speranze dei salentini, che dovranno affrontare la Lazio all’Olimpico in una gara da dentro o fuori.
Hellas Verona-Como (A cura di Marco Rizzuto)
Il Como sfiora la settima, ma Lazovic riacciuffa i lariani nella ripresa. Hellas a un passo dalla salvezza
Dopo l’ultimo pareggio contro il Lecce, il Verona cerca la quinta salvezza consecutiva in Serie A contro un Como che d’altro canto non ha più niente da giocarsi, se non proseguire la striscia di vittorie. Zanetti in avanti sceglie nuovamente il tandem Sarr – Tengstedt. Al Bentegodi però è il Como a spaventare i tifosi casalinghi con Nico Paz, che conclude da posizione ravvicinata su assist di Douvikas, ma Ghilardi si invola riuscendo a deviare il tiro. La squadra di Fabregas continua a fare la partita costringendo il Verona nella propria metà campo. A due minuti dalla mezz’ora i lariani trovano il meritato vantaggio con Douvikas che inventa un assist meraviglioso per Caqueret che conclude da centro area alle spalle di Montipò. Al 33′ il Verona prova a bussare per la prima volta alla porta di Butez, Tchatchoua si accentra e calcia dal limite ma la sfera termina di poco sopra la traversa. Il primo tempo si chiude col vantaggio lagunare. Alla ripresa la situazione non cambia fino al 69′ quando Lazovic, entrato da pochi minuti, sigla il gol del pari: Bradaric dalla fascia sinistra crossa in mezzo per la testata di Sarr che spacca la traversa, e di tap-in Lazovic insacca da pochi passi. La gara si infiamma successivamente solo sul recupero finale, al 92′ Mosquera colpisce da posizione defilata sul primo palo, Butez respinge nuovamente su Lazovic che di tap-in rischia di raddoppio colpendo però un difensore. Quasi allo scadere il Como rischia di inguaiare il Verona con Da Cunha che calcia al volo impegnando Montipò. La gara termina in parità con il Verona che si giocherà tutto ad Empoli, sul quale ha tre punti di vantaggio. La salvezza dipenderà soprattutto anche dai risultati degli altri campi.
Roma-Milan (A cura di Simone Scafidi)
L’Olimpico omaggia Ranieri, Ranieri omaggia l’Olimpico, Milan battuto
Per quello che è l’ultimo e definitivo addio di Claudio Ranieri alla Roma e al mondo del calcio, l’Olimpico si veste a festa ed omaggia il tecnico di Testaccio con una coreografia da brividi, con l’augurio che egli possa ripagare in campo, riportando finalmente la Roma dove, almeno seguendo questa seconda parte di stagione, merita di stare. Passano due minuti, e le aspettative non vengono deluse: su situazione di corner, con il cross di Soulè, Mancini incorna e batte Maignan, portando in vantaggio la Roma. Il numero 23 è protagonista in questi primi minuti, e, dopo il tentativo rasente al palo di Alex Gimenez, il capitano giallorosso riceve una gomitata in pieno petto da Santiago Gimenez, che, dopo il check al VAR, viene espulso dopo nemmeno venti minuti. Nonostante la Roma sembri essere in gestione sul piano del possesso palla, il Milan riesce a pareggiare con Joao Felix, che si trova la porta spalancata e batte Svilar. Nel secondo tempo l’Olimpico spinge come mai fatto prima, e al 58’ i giallorossi riescono a trovare nuovamente il vantaggio, con una punizione di Paredes da lontanissimo che becca impreparato Maignan e porta avanti la Roma. Al 79’ un imbucata abbastanza rocambolesca del Milan pesca Leao tutto solo, che si vede però ribattere il pallone da un ottimo Svilar. Passano appena sette minuti, e la Roma chiude il match: dopo i tentativi di Angelino ed El Shaarawy respinti da Maignan, sul pallone si avventa Bryan Cristante, che dal limite dell’aria fa partire il destro e chiude la partita, con il definitivo 3-1. Adesso, all’ultima giornata di campionato, la Roma ha la chance di giocarsi un’importante fetta di Europa, mentre il Milan mette un punto pressoché definitivo ad una stagione molto deludente.
Monza-Empoli (A cura di Marco Rizzuto)
L’Empoli rimonta in trasferta e continua a sperare. Per la salvezza sarà una finale contro il Verona
All’U-Power Stadium l’Empoli è obbligato a vincere per continuare a credere alla salvezza. Contro un Monza ormai matematicamente fuori dai giochi, l’Empoli parte forte nei primi minuti col destro potente di Fazzini sventato in tuffo da Pizzignacco. Al 7′ i toscani sfiorano il vantaggio con Cacace, “liberato” dal cross in mezzo di Gyasi che aveva preso bene il tempo alla difesa, il numero 13 però non riesce ad inquadrare la porta. Dopo trenta minuti di dominio azzurro, il Monza trova il gol del vantaggio in contropiede: Henderson viene steso in modo regolare, Caprari verticalizza immediatamente per la corsa di Birindelli che buca Vasquez e sblocca la gara. Il gol galvanizza i brianzoli che per poco non raddoppiano con Keita Balde in un’azione infinita nell’area piccola. Alla ripresa l’Empoli deve necessariamente trovare il modo di invertire la rotta e ci riesce dopo soli quattro minuti dal fischio d’inizio: Fazzini serve Colombo in centro area che si gira da vero attaccante e calcia bucando Pizzignacco. L’Empoli adesso preme sull’acceleratore e ribalta tutto in pochi minuti con Viti che insacca dal primo palo. Al 58′ l’Empoli chiude i giochi con il terzo gol propiziato da Gyasi: la conclusione dell’ex Spezia colpisce il palo e dopo aver carambolato sulla schiena dello sfortunato Pizzignacco, il pallone entra in portaassicurando i tre punti alla squadra di D’Aversa. Il triplice fischio decreta la vittoria dell’Empoli, che potrà giocarsi le ultime carte nello scontro salvezza contro il Verona. I brianzoli invece saluteranno la Serie A giocando contro il Milan a San Siro.
LA TOP11 DELLA 37ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala
Calcio
Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Seconda parte)

Dopo i primi quattro gironi, che sono già tornati in campo per la seconda giornata del torneo, ecco gli altri quattro gironi che hanno fatto il loro esordio negli scorsi giorni. Figurano tante big, oltre alle due italiane in azione, Juventus e Inter.
GIRONE E
Inter, Monterrey, River Plate, Urawa Reds
La prima gara del girone è quella tra il River Plate e i giapponesi dell’Urawa Reds. A Seattle le temperature sono più adatte per una grigliata di asado con gli amici piuttosto che una partita di calcio, ma nonostante il caldo torrido alle 12.00 (ore americane) al Lumen Field ci sono un buon numero di tifosi dei Millionarios, che assistono all’esordio vincente della squadra di Gallardo. Un successo che mette ulteriormente in mostra tutte le qualità del gioco del River Plate: gestione lucida del possesso, una buona dose di ‘garra’ e un Mastantuono pronto a prendersi la scena prima di passare al Real Madrid a fine mondiale. Il vantaggio parte proprio da una giocata del classe 2007, proseguita dal solito cross tagliente di Acuna, e da un inserimento brutale di Colidio in mezzo ai difensori. Nella ripresa il raddoppio porta la firma di Driussi, anche se gran parte del gol è regalato dal terrificante retropassaggio del difensore Hoibraten. Driussi si fa anche male nella ricaduta, nel frattempo l’Urawa accorcia le distanze dagli undici metri con Matsuo e comincia a pregustare il sapore della rimonta, subito interrotta dalla zuccata di Meza a dieci dalla fine. Un River che gioca bene e che usa…la testa, viste le tre zuccate che hanno regalato alla banda Gallardo i primi tre punti, e adesso il “set point” contro il Monterrey può regalare già il primo posto aritmetico al River Plate.

Foto: X Inter
Nell’altra gara del girone l’Inter fa il suo esordio contro il Monterrey. Dalla finale di Champions League di venti giorni fa l’Inter ha cambiato molto, ridimensionato dopo la batosta subita dal PSG. In panchina non siede più Simone Inzaghi, che è rimasto comunque nel giro del Mondiale per Club, ma Christian Chivu. Il tecnico romeno arriva da Parma e nel suo primo match cerca di non effettuare particolari rivoluzioni tecnico/tattiche. Si riparte dal 3-5-2 con Seba Esposito che affianca Lautaro Martinez. L’approccio della gara da parte dell’Inter non è prorompente come avevano abituati i nerazzurri in questi anni, ma la pressione e il fraseggio sono comunque apprezzabili. Si cerca di catturare qualsiasi strategia attuata da Chivu rispetto al precedente ciclo di Inzaghi, ma l’unica vera soluzione che si nota è la marcatura a zona nelle palle inattive, e la dimostrazione porta al vantaggio il Monterrey: la difesa dell’Inter cerca di ostruire il centro dell’area di rigore da potenziali attacchi, ma nessuno segue il taglio dell’eterno Sergio Ramos, lo spagnolo è micidiale sotto pressione, figuriamoci senza marcatura… incornata che sbatte sul terreno e beffa Sommer, non proprio impeccabile. L’Inter ci mette qualche minuto a pareggiare, e lo fa con uno schema su punizione che culmina con il tap-in vincente di Lautaro Martinez. Nel secondo tempo si vedono le cose interessanti, perché il Monterrey traccia un solco a metà campo e non lo oltrepassa quasi mai, ma soprattutto Chivu decide di inserire i nuovi arrivati Luis Henrique e Sucic, oltre a Thuram per Esposito. Il tecnico nerazzurro cambia modulo e alza il raggio d’azione di Mkhitaryan, anche se i messicani non soffrono particolarmente, merito di una gestione della linea difensiva da generale romano da parte di Sergio Ramos. Tra luci e ombre Chivu marchia il suo esordio con un pari, e adesso la gara contro l’Urawa diventa un passaggio decisivo per le sorti dell’Inter nel Mondiale per Club, in attesa di una crescita generale dell’ambiente nerazzurro, ancora troppo arrugginito dopo le fatiche di fine stagione.
- Inter-Urawa Reds
- River Plate-Monterrey
GIRONE F
Borussia Dortmund, Fluminense, Mamelodi Sundowns, Ulsan HD

Foto: X Fifa Club World Cup
Il calendario mette a confronto subito Borussia Dortmund e Fluminense, le due squadre favorite per il passaggio del turno. Il Fluminense si presenta con una squadra di figure pittoresche per molteplici motivi: spicca il giovanissimo portiere Fabio, 44 anni e 171 giorni, e il centrocampista Hercules, infaticabile mezzala, oltre all’ancora frizzante Thiago Silva. Il Borussia Dortmund si ricorda di scendere in campo solo a tratti, perché per il resto la partita è un dominio costante del Fluminense. I brasiliani attaccano la porta di Kobel da qualsiasi angolazione possibile, poi però devono fare i conti con il portiere svizzero, che francamente ha deciso che la partita debba finire in parità. Dell’attacco del Borussia non c’è alcuna traccia, e quando i gialloneri si affacciano in avanti, Fabio e Thiago Silva non hanno nemmeno bisogno di calare a referto qualche gemma gloriosa del loro passato, perché pericoli concreti non ne arrivano. Nella ripresa l’occasione più grossa capita nei piedi dei giocatori del Fluminense, ma Kobel risponde alla grande su un primo tiro di Everaldo, e alla grandissima sulla ribattuta di Nonato, che già stava per correre sotto la curva occupata dai tifosi brasiliani. Nel frattempo il Borussia accoglie un altro Bellingham in mezzo al campo, non più Jude ma il fratello minore Jobe, ma quasi nessuno se ne accorge perché il Dortmund non riesce nemmeno a costruire un’azione degna di nota. Termina 0-0, come aveva deciso Kobel, ma il Borussia Dortmund adesso deve accendersi per evitare brutte sorprese in corso d’opera. Altra grande prestazione per una sudamericana, con il Fluminense che ai punti meritava più di un gol e la vittoria finale, ma la dea bendata -e Kobel- riescono a mantenere il punteggio fermo sul pari. Altra menzione per Hercules, che non sembra nemmeno male in mezzo al campo, ma il suo nome lo precede, e onestamente è clamoroso.
L’altro match del girone è l’emblema del mistero e dell’incertezza che veleggia attorno ad alcune realtà del mondo calcistico. La gara tra Ulsan HD e Mamelodi Sundowns comincia in ritardo a causa della pioggia, e se già era difficile registrare un sold out per questa gara, le condizioni meteo decimano ulteriormente gli spettatori di questo match che può nascondere la magia di una finale dei mondiali, o la sonnolenza di uno spareggio di metà agosto in Lituania. I sudafricani (Mamelodi) giocano bene e sostanzialmente dominano, Rayners ne segnerebbe anche tre, ma due di questi vengono annullati dal VAR, con tanto di decisione spiegata a tutto lo stadio dall’arbitro, una delle tante novità sperimentate in questo torneo dalla FIFA -al momento ampiamente promossa. Finisce soltanto 1-0, anche perché il centrocampista dell’Ulsan Bojanic va a calciare due volte e tira fuori dal cilindro due tiri orribili, incredibilmente per motivi opposti: uno altissimo, uno molle e centrale. Occasionissima per il Mamelodi, che adesso può sognare in grande visto l’ottimo esordio, anche se adesso arrivano le “big”.
- Mamelodi-Borussia Dortmund
- Fluminense-Ulsan HD
GIRONE G
Al-Ain, Juventus, Manchester City, Wydad Casablanca
A Philadelphia il Manchester City comincia il suo mondiale contro il Wydad Casablanca. Guardiola ha accolto tra le sue braccia altri due gioielli provenienti dal mercato, tali Reijnders e Cherki -non proprio sconosciuti- e non perde tempo a gettarli in campo, a costo di rinunciare ad Haaland e il pallone d’oro Rodri. Non c’è bisogno di spiegare le motivazioni su questa scelta, perché bastano i primi due minuti per capire che il Manchester City potrebbe dominare il palleggio anche con Liam e Noah Gallagher degli Oasis. Al secondo minuto Foden la schiaffa in porta, tornando ad assaporare la gioia del gol che gli mancava da quasi sei mesi. Il Wydad prova anche a spingersi in avanti, ma a parte una serie di giocate del fantasista Lorch -che va menzionato solo per la quantità innumerevole di sombreri e la quattro sulle spalle- non si registrano particolari pericoli per Ederson. Prima dell’intervallo i marocchini riescono a far passare Doku come un predatore d’area, lasciandolo completamente da solo in mezzo all’area al momento del corner di Foden. Di fatto, la partita termina nella prima frazione, e gli ingressi di Haaland e Rodri -insieme ad altre figure- non fanno altro che accentuare il dominio dei Citizens, che hanno talmente tanto la situazione sotto controllo che trovano il tempo per sborsare 20 mila euro di multa (la FIFA ha introdotto una penale per ogni sanzione, e l’espulsione corrisponde a circa 20 mila franchi svizzeri) per una tacchettata in faccia a un avversario da parte di Rico Lewis.

Foto: X Juventus FC
La gara che chiude la prima giornata è l’esordio della Juventus di Igor Tudor. L’avversario dei bianconeri è l’Al-Ain, che presenta il 5-3-2 delle grandi occasioni, con un sempreverde Rui Patricio in porta. I bianconeri sono reduci dalla visita alla Casa Bianca, dove sono stati costretti ad ascoltare Trump mentre parlava ai giornalisti della guerra e del calcio femminile, in uno dei momenti più surreali della storia recente del calcio, ma in campo mettono subito le cose in chiaro, come fa l’America quando subentra nei grandi conflitti: all’intervallo il risultato è sul 4-0 per la squadra di Tudor, con la doppietta di Kolo Muani, il gol di Conceição e la gemma di Yildiz (che ancora una volta segna all’esordio in qualche torneo), nel secondo tempo arriverà anche il quinto gol di Chico Conceição. Se nel corso della stagione i giocatori della Juve sembravano spaventati anche da un fiammifero, a Washington i ragazzi di Tudor sembrano una banda di potenziali piromani: vanno a duemila, recuperano il pallone velocemente, si cercano e si trovano anche a occhi chiusi. In attesa dei recuperi di alcune pedine fondamentali (contro l’Al-Ain hanno riassaporato il campo Gatti e Koopmeiners), Tudor spinge sul blocco visto nel rush finale, con un Kelly in netto miglioramento con l’approccio al ruolo, e Alberto Costa in versione treno merci. Il portoghese è un’iradiddio sulla fascia destra e confeziona anche due assist, mentre l’enigma principale riguarda Conceição e Kolo Muani, entrambi in prestito ma sempre più incisivi nell’ecosistema bianconero. Sorrisi e sacrificio, il primo posto in classifica e la voglia di spingersi oltre. La Juventus di Tudor parte alla grande in America, e già nel prossimo turno può ipotecare il passaggio del turno.
Seconda giornata:
- Juventus-Wydad Casablanca
- Manchester City-Al Ain
GIRONE H
Al-Hilal, Pachuca, Real Madrid, Salisburgo
Esordio a tutto tondo per Real e Al-Hilal, che accolgono nelle loro rispettive panchine Xabi Alonso e Simone Inzaghi. Ne viene fuori un match spettacolare, soprattutto per merito del coraggio e del dinamismo del club saudita. Senza Mbappé, Xabi Alonso sceglie il giovane Gonzalo Garcia, mentre dietro giocano subito i nuovi arrivati, Huijsen e Alexander-Arnold. Inzaghi ci ha messo poco a dare un’impronta decisa all’Al-Hilal, e la mezz’ora iniziale è quasi un monologo dei sauditi, più vivi e spigliati rispetto a un Madrid alla ricerca di geometrie. A Renan Lodi viene anche annullato un gol per fuorigioco, Inzaghi comincia a dispensare urla a qualsiasi oggetto vestito di blu, e nel frattempo il Real Madrid rispolvera la ripartenza all’italiana, finalizzata da Gonzalo Garcia su assist di Rodrygo. L’Al-Hilal ci mette poco a pareggiare la gara, grazie al calcio di rigore realizzato da Ruben Neves. Xabi Alonso non stravolge i suoi Blancos rispetto a quanto visto lo scorso anno, e sceglie la via della continuità anche nelle sostituzioni, con Tchouameni che continua il suo viaggio da nomade nella parte arretrata del campo mentre Asencio lascia il posto a Guler. Il turco da quella marcia in più al Madrid, e nel frattempo il ritmo dei sauditi è calato notevolmente, prevedibile considerando il dispendio enorme di energie del primo tempo e il caldo asfissiante di Miami. Nel finale il VAR assegna un rigore al Real Madrid per una manata di Al-Qahtani su Fran Garcia. Dal dischetto Valverde incrocia il destro ma Bonou azzecca l’angolo e mette il sigillo finale al pareggio. Due cantieri ancora in fase di avvio, ma arrivano già i primi segnali da una parte e dall’altra. Se Inzaghi può ritenersi soddisfatto per qualità e ritmo messo in campo, Xabi Alonso attende il ritorno di Mbappé per cercare di nascondere le difficoltà evidenziate in questo primo match, fotocopie dell’ultima stagione blanca.

Foto: fifa.com
Altrettanto divertente è la gara tra Pachuca e Red Bull Salisburgo. A Cincinnati trionfano gli austriaci dopo un match durato quattro ore (sospeso per un’ora e quaranta per l’acquazzone che ha colpito la città durante il secondo tempo). Gara divertente e frizzante fin dai primi minuti, con i messicani che rispolverano un centravanti d’area di rigore come Salomon Rondon, stranamente poco freddo e lucido contro l’estremo difensore del Salisburgo, l’impronunciabile Zawieschitzky. A ridosso dell’intervallo gli austriaci trovano il vantaggio grazie alla perla di Oscar Gloukh, l’israeliano lascia a terra Pedraza e batte Moreno con un destro a giro di pregevole fattura. Nella ripresa la gara si interrompe per quasi due ore per il temporale, poi riparte e i fulmini lasciano spazio ai fuochi d’artificio. Il Pachuca trova il pareggio grazie a una punizione di Gonzalez, su cui barriera e portiere non fanno una bella figura; Rondon continua la sua ricerca spasmodica del gol ma non riesce a segnare. Chi riesce a gonfiare la rete è l’altro centravanti, il neo-entrato Onisiwo, che sale in cielo e riesce a indirizzare e colpire forte il pallone, per un vantaggio che spedisce il Salisburgo in vetta alla classifica. In attesa della gara contro l’Al-Hilal gli austriaci provano a inserirsi di soppiatto in alto alla classifica.
Seconda giornata:
- Salisburgo-Al-Hilal
- Real Madrid-Pachuca
Calcio
Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Prima parte)

Polemico, esagerato e curioso, proprio come sa essere l’America. Il nuovo Mondiale per Club voluto dalla FIFA rispecchia i canoni degli Stati Uniti, che si preparano al mondiale tra nazionali (in programma il prossimo anno) con una parata di stelle e altri elementi celesti più misteriosi, ma intensi e curiosi. Tante le novità in esperimento, numerosi argomenti di valutazione, ma nel frattempo la prima giornata è terminata nella notte, e tra poco il mondiale riparte con la seconda giornata. Allora ecco la prima parte dell’analisi delle prime gare del Mondiale per Club, girone per girone.
GIRONE A
Al-Ahly, Inter Miami, Porto, Palmeiras
Uno dei raggruppamenti più intriganti dell’intero mondiale, non tanto per la quantità elevata di “big” al suo interno, ma per l’alone di mistero e curiosità che circola attorno a Messi e avversari. Dopo le prime due partite la classifica è rimasta la stessa dello scorso venerdì, quando ancora il torneo non era cominciato. L’ordine rimane quello alfabetico, la differenza reti pari ai gol realizzati dalle quattro squadre, ossia zero, ma le due gare sono state tutt’altro che noiose.

Foto: fifa.com
La gara tra Al–Ahly e l‘Inter Miami apre il mondiale. Nel primo tempo gli egiziani dominano in lungo e in largo, come non si vedeva probabilmente da Cleopatra e family. La retorica storica però non è casuale, perché nell’assedio costante dell’Al-Ahly verso la porta avversaria emerge un altro reperto di notevole importanza nella gara: il portiere dell’Inter Miami, tale Oscar Ustari, 38 anni compiuti. Il portiere argentino è il protagonista della prima frazione perché mette a referto una serie di parate sensazionali, e mette la ciliegina al minuto 43 quando ipnotizza Trezeguet dal dischetto. Nel secondo tempo l’Inter Miami prova a giocare con maggior qualità, e la modalità è quella nota a tutti: palla a Messi e poi si vede. Al minuto 63 tutto lo stadio trattiene il fiato per la punizione di Messi, l’argentino cerca la soluzione a effetto e spedisce la palla in rete. Peccato che la palla non giri abbastanza e si vada a incastrare nella parte esterna della porta, regalando soltanto l’illusione ottica di un grande gol. Nel finale emerge anche l’altro estremo difensore, l’egiziano El-Sheenawy, anche lui ben navigato grazie alle sue 36 primavere. Le sue parate chiudono la porta, e dove non arriva El-Sheenawy ci pensano i legni, come quello colpito all’ultimo istante da un tiro-cross di Messi. Finisce 0-0.
Nell’altra gara del girone Porto e Palmeiras giocano talmente a viso aperto che si devono arrendere a uno 0-0 che suona come un oltraggio al calcio, per la mole di occasioni avute da entrambe le squadre. Due gemme per parte, Estêvão per i brasiliani e Rodrigo Mora per i portoghesi, ma le due squadre presentano un parco giocatori talmente completo da poter andare in guerra e a una sfilata a Hollywood allo stesso tempo. Tante, tantissime, troppe, occasioni e in questo teatro emergono artisti incompresi, o magari talmente sconosciuti a sé stessi da essere perfetti per dominare la scena. È il caso del portiere del Porto, Claudio Ramos, provvidenziale con una serie di parate tanto efficaci quanto qualitativamente orrende. Il Palmeiras ai punti meriterebbe almeno un gol, ma il palo e le parate sconsiderate di un Ramos in giornata di grazia non cambiano il risultato. Anche l’altra gara finisce 0-0.
Seconda giornata:
- Palmeiras-Al-Ahly
- Inter Miami-Porto
GIRONE B
Atletico Madrid, Botafogo, PSG, Seattle Sounders
Dopo aver schiantato l’Inter in finale di Champions League, il Paris Saint-Germain arriva al Mondiale per Club con i favori del pronostico. L’armata di Luis Enrique fa il suo esordio a Pasadena contro l’Atletico Madrid, al cospetto di un caldo torrido e ottantamila persone, a cui vanno aggiungi i sedici giocatori impiegati da Simeone nel corso della gara. Si prospettava come il match di cartello di questa prima giornata, e invece termina con un PSG che passeggia e domina per 4-0. Al momento i parigini viaggiano a una cilindrata nettamente superiore rispetto alla concorrenza, e anche senza due pilastri offensivi fondamentali, come Dembelé e Barcola, ci pensano gli altri diamanti che Parigi sta conservando, Fabian Ruiz e soprattutto Vitinha. Il centrocampista portoghese continua il suo mostruoso dominio del gioco e adesso si comincia a comprendere al meglio la sua leadership. Le altre due firme sono di Kang-In Lee e Mayulu, che in questo ultimo mese sta cercando di rinominare la celebre zona Cesarini. Per la banda del Cholo si mette subito in salita, anche se la qualificazione non sembra in discussione.

Foto: fifa.com
Nell’altro match i meno quotati Botafogo e Seattle Sounders regalano comunque un match intenso e spettacolare, vinto dai brasiliani grazie a due sigilli nel primo tempo. Il Botafogo va in vantaggio grazie a un colpo di testa dell’altissimo Jair Cunha (1.98m), poi raddoppia con un’altra incornata, questa volta del centravanti Igor Jesus. Nel secondo tempo gli statunitensi accorciano le distanze con Roldan, e nel rush finale sfiorano più volte il pareggio, ma il Botafogo decide di affidarsi a due, non troppo vecchie, meteore della nostra Serie A come Arthur Cabral e Joaquin Correa. Il risultato non cambia, anche se il Tucu sfiora subito il primo gol con la maglia del Fogão, stoppato da un grande intervento del portiere Frei. Successo che può rilanciare il Botafogo, che può approfittare della pesante sconfitta dell’Atletico Madrid, a patto che non si arrendano anche loro a un’imbarcata dai parigini, che negli ultimi tempi sembra l’unica soluzione percorribile.
Seconda giornata:
- Paris Saint-Germain-Botafogo
- Seattle Sounders-Atletico Madrid
GIRONE C
Auckland City, Bayern Monaco, Benfica, Boca Juniors
Sulla carta sarebbe il girone più equilibrato del Mondiale, ma dopo la gara del Bayern Monaco ovviamente questa analisi va rivisitata. Contro i dilettanti dell’Auckland City i bavaresi non vanno per il sottile, confermando la freddezza e il cinismo che distingue il tedesco medio: termina 10-0, sei a zero all’intervallo. Troppa la differenza tra le due squadre per buttare giù una qualsiasi cronaca, anche se le storie extra-calcistiche dei dilettanti di Auckland sono manna dal cielo per le pagine romantiche di calcio. Il campo però non lascia spazio a interpretazioni: neozelandesi con un 5-5-0 non troppo compatto, i bavaresi lasciano Neuer in mezzo al campo a riscaldarsi seduto sul prato di Cincinnati e nel frattempo disintegrano la porta di Tracey, che nella vita fa il magazziniere. Qualificazione praticamente ipotecata, anche se adesso comincia a tutti gli effetti il mondiale di Kompany e…company;

Foto: fifa.com
L’equilibrio del gruppo C è rappresentato da Boca Juniors e Benfica, che scendono in campo all’Hard Rock Stadium di Miami. Senza troppi indugi è una delle partite più belle del primo turno di match. Ruvido, qualitativamente entusiasmante e ricco di calcio e calci, come impone la tradizione. Il Benfica sembra essere favorito dopo i primi minuti, ma gli argentini in dieci minuti mettono in scena tutto il loro calcio: vantaggio di Merentiel su assist di Blanco, che si concede il lusso di un tunnel prima del pallone per l’attaccante argentino, e raddoppio su palla inattiva con la testata vincente di Battaglia. Prima dell’intervallo il Boca completa il proprio manifesto sudamericano, quando a ridosso dell’intervallo il Benfica conquista un rigore per un calcio di Palacios su Otamendi. L’arbitro va al VAR e Ander Herrera -uscito anzitempo per infortunio- decide di farsi espellere per proteste. Di Maria accorcia le distanze dal dischetto e al rientro dagli spogliatoi Bruno Lage alza i toni dell’attacco con Belotti. L’ingresso del “Gallo” è agonisticamente impattante, forse troppo, perché al minuto 72 Belotti viene espulso per un calcio alla nuca di un avversario. La partita è tesa come una corda di violino, lo spettacolo ha lasciato spazio a un’intensità che sembra più da finale dei mondiali, che da fase a gironi, e parlando di mondiali non può che emergere un argentino, anche se veste la maglia del Benfica. Otamendi si stacca sul primo palo, impatta violentemente la sfera e pareggia la partita. Prima del triplice fischio c’è ancora tempo per un ultimo assaggio di calcio selvaggio, offerto da Figal: pestone da ergastolo sullo stinco di Florentino e cartellino rosso diretto. Finisce in parità, e il cammino di Boca e Benfica passerà dalla gara contro Auckland, in cui servono tanti gol per la differenza reti.
Seconda giornata:
- Bayern Monaco-Boca Juniors
- Benfica-Auckland City
GIRONE D
Chelsea, Esperance Tunis, Flamengo, Los Angeles FC
Il gruppo D diventa subito di dominio di Chelsea e Flamengo, come da pronostico. I londinesi cominciano la propria competizione contro il Los Angeles Fc di Giroud (inizialmente in panchina) e Lloris, e vincono con qualche difficoltà grazie a un gol per tempo. Forti del successo in Conference League, Maresca schiera la miglior formazione per evitare di incappare in qualche inconveniente in stile Italia a USA94′. La gara comincia con un colpo d’occhio agghiacciante, con le tribune dello stadio di Atlanta semi-vuote. Per fortuna gli spalti si riempiono leggermente nel corso della gara, e il Chelsea ingrana anch’esso alla distanza, per poi vincere senza evidenti fatiche. Il vantaggio è siglato da un ottimo Pedro Neto, frizzante nella fascia destra fin dall’inizio, incontenibile per il lussemburghese Chanot. Nel secondo tempo fanno il loro esordio in maglia Blues i due nuovi acquisti, Essugo e Delap, mentre sponda L.A. entra Giroud. L’ingresso del francese alza notevolmente il peso dell’attacco statunitense, e la difesa del Chelsea comincia a concedere qualche occasione, poi però viene fuori nuovamente il livello tecnico della banda Maresca, che chiude i discorsi a dieci dal termine. Delap pennella un ottimo cross in mezzo, Enzo Fernandez si avventa sulla sfera e mette il sigillo finale. Non un esordio da sogno per il Chelsea, che riesce comunque a conquistare i tre punti che gli servivano. La qualificazione è un duello con il Flamengo, prossimo avversario dei Blues. Occhio però a considerare fuori dai giochi il Los Angeles FC.

Foto: fifa.com
Nell’altro match il Flamengo fa il suo esordio in grande stile contro l’Esperance Tunisi. La differenza tecnica tra le due squadre è evidente, ma i brasiliani giocano un gran match sotto ogni punto di vista. Sigla il vantaggio uno dei simboli del Fla, il fantasista uruguaiano De Arrascaeta. L’ex Fiorentina Pedro ha l’occasione per raddoppiare, ma decide che per il momento non è il caso di segnare. La formazione del Flamengo è un’ode alla nostalgia calcistica, data la vasta presenza di ex Serie A come Pulgar, Gerson, Pedro e il nuovo arrivato Jorginho. Nel secondo tempo è proprio Jorginho a mettersi in mostra, grazie a un filtrante no-look verso Luiz Araujo, che aggiunge il suo tocco di classe con un mancino a giro che si insacca alle spalle del portiere Ben Said. Nell’Esperance Tunisi, a parte un’ottima presenza di tifosi nelle tribune, da segnalare una delle figure più pittoresche di questo mondiale, l’attaccante Rodrigo Rodrigues.
Seconda giornata:
- Flamengo-Chelsea
- Los Angeles FC-Esperance Tunisi
Calcio
Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.
Le scelte per l’ultima di Spalletti
Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.
ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui.
Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.
Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.
Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.
Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…
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