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A Düsseldorf passa l’Inghilterra, Svizzera piegata solo ai calci di rigore.

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Foto: La Gazzetta Dello Sport

Dopo aver battuto la Slovacchia nei minuti finali, l’Inghilterra elimina da Euro2024 la Svizzera ai calci di rigore.

I primi tentativi offensivi della gara arrivano dai piedi dei calciatori inglesi che provano immediatamente a mettere soggezione agli svizzeri con le giocate di Bellingham e Kane. Dopo un avvio passato per lo più a difendere, la Svizzera prova a rendersi pericolosa con le verticalizzazioni dei centrocampisti ma, i difensori inglesi, riescono ad arginare le avance degli elvetici. A pochi secondi dal fischio finale del primo tempo, l’Inghilterra prova improvvisamente a rendersi pericolosa con Saka, l’esterno dell’Arsenal converge sulla fascia e serve Mainoo ma, il tiro del classe 2005, viene prontamente fermato da un intervento in scivolata di Xhaka.

I primi minuti della ripresa sono privi di azioni, le due nazionali muovono palla attendendo il momento giusto per far male. Al 75′ i rossocrociati passano clamorosamente in vantaggio dopo un cross di Ndoye e grazie al tap-in di Embolo che fa impazzire di gioia tutti i tifosi svizzeri presenti a Düsseldorf.  La risposta degli inglesi arriva cinque minuti dopo grazie al mancino a giro di Bukayo Saka che lascia di stucco tutta la Svizzera, mantenendo così vive le speranze di qualificazione degli inglesi. Il pareggio dei Tre leoni spaventa gli uomini di Yakin che si limitano a difendere il risultato in vista dei supplementari che arrivano dopo i tre minuti di recupero concessi da Orsato, probabilmente alla sua ultima direzione.

Dopo essersi studiate per novanta minuti, le due squadre provano a prendere in mano il pallino del gioco. Entrambe le squadre si rendono pericolose andando vicine al gol del vantaggio con il tiro cross di Schär e con la potente conclusione da fuori area di Declan Rice, deviata in corner da un ottimo intervento di Sommer. Nei minuti successivi,  nessuna delle due formazioni attacca concretamente, facendo decidere il match ai calci di rigore.

La sfida dagli undici metri la vince l’Inghilterra grazie ai rigori trasformati da parte di Palmer, Bellingham,  Saka, Toney e Arnold, decisiva anche la parata di Pickford su Akanji.

Con questo successo l’Inghilterra vola in semifinale di Euro2024 e affronterà la vincente di TurchiaOlanda il 10 Luglio.

 

Classe 2004. Studente in Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Palermo. Aspirante giornalista/presentatore sportivo e grande appassionato di calcio.

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Europa e Conference, semifinali di ritorno: Europa all’inglese, Fiorentina nel baratro

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Con il triplice fischio che pone il sigillo anche alle semifinali di ritorno di Europa e Conference League, abbiamo finalmente un disegno definitivo di quelle che sono le quattro contendenti che scenderanno in campo per aggiudicarsi le due finali. A San Mamès si contenderanno il titolo Tottenham e Manchester United, per una finale tutta all’inglese che mette in palio non solo la coppa, ma anche la dignità persa durante una stagione pessima. A Breslavia, per la finale di Conference, andranno il Chelsea, che già aveva ipotecato il passaggio del turno nella gara di andata, e il Betis, che riesce a scavalcare un’audace Fiorentina e accede all’ultimo atto di questa stagione.

EUROPA LEAGUE

Wavin’ Flag

Nello stadio San Mamès di Bilbao, il 21 maggio, sventolerà una ed una sola bandiera, la Union Jack. Con andata e ritorno giocate magistralmente, sia Manchester United che Tottenham annichiliscono i propri avversari e strappano il ticket per la finale in Spagna. Nonostante le temperature polari del maggio norvegese, e i tifosi avversari che arrecano disturbo nel cuore della notte con fuochi d’artificio e fumogeni, il Tottenham scavalca il fortino del Bodo e non si fa sorprendere, arrecando una pesante sconfitta alla sorpresa di questo torneo, che prende due gol senza realizzarne, per il risultato totale di 5-1. Il gol di Solanke e l’improbabile rete di Pedro Porro scacciano, in poco più di sei minuti, ogni possibile timore degli Spurs, che tornano a giocarsi una finale Europea dopo quella di Champions League persa contro il Liverpool nel 2019. Sei anni fa, in un Wanda Metropolitano gremito, la squadra del Nord di Londra si trovava ad affrontare dei Reds apparentemente inarrestabili. Ironia della sorte, nella prossima finale, la squadra di Postecoglou si troverà ad afffrontare degli altri “reds”, sempre inglesi, autori però di una stagione tutt’altro che da protagonisti; il Manchester United di Amorim, molto sottotono in campionato, sembra cambiare totalmente faccia in Europa, e contro l’Athletic Bilbao tappa ogni possibile buco, non lasciando spazio agli spagnoli di costruire e al contempo attaccando senza sosta per arrivare al risultato finale di 4-1, che unito a quello dell’andata dà origine al totale di 7-1. La doppietta di Mount, ultimamente in forma, e i gol di Hojlund e Casemiro spezzano il sogno basco (inizialmente riacceso dal gol di Mikel) di giocare una finale in casa, e ipotecano di fatto il lasciapassare per la compagine di Manchester, che torna a giocare una finale europea dopo l’Europa League vinta nel 2017 contro l’Ajax.

Un ateniese a Londra

A dicembre, in un’intervista, lo aveva detto, e per come stava procedendo la stagione, vennero considerate parole al vento. “Al secondo anno con una squadra vinco sempre qualcosa“, è successo con il Brisbane, con gli Yokohama Mariners, con l’Australia e con il Celtic, ma stavolta sembrava che le cose potessero andare diversamente: un campionato buttato e l’eliminazione da quasi tutte le competizioni hanno spento la speranza nei tifosi degli Spurs, che anche un pò inaspettatamente si sono ritrovati in finale di Europa League, con la concreta possibilità di dover chiedere scusa, per non essersi fidati delle parole di Ange Postecoglou.

CONFERENCE LEAGUE

Fiorentina – Real Betis

La spinta del Franchi e il morale alle stelle non basta alla Fiorentina per fermare un Betis audace e aggressivo, che con una prestazione non stellare ma concreta riesce ad accedere alla finale di Breslavia. Nel primo tempo gli Spagnoli sembrano averne di più, ma a spaventare per prima è la squadra di Palladino, che con Comuzzo va due volte vicina al gol nel giro di pochissimi istanti, con il difensore italiano che incorna di testa su situazione di calcio d’angolo e si vede negare sulla linea per entrambe le volte la gioia del gol. Nonostante ciò, i biancoverdi non si scompongono e al 30′ trovano il gol del vantaggio con una magistrale punizione di Antony, che beffa De Gea colpendo anche il palo e confermando un periodo di forma assolutamente straordinario. Dopo appena tre minuti la Viola reagisce con grinta, e su calcio d’angolo Gosens colpisce di testa e trova il pareggio per poi raddoppiare, con un gol praticamente identico, a tre minuti dalla fine della prima metà di gara. Dopo aver capito i propri errori, il Betis si chiude anche per tutto il secondo tempo, che prosegue praticamente spoglio di vere occasioni per poi concludersi con un duplice fischio che porta tutto ai tempi supplementari. Proprio nell’extra-time, nonostante i diversi interventi prodigiosi di De Gea, El Zazzouli viene lassciato totalmente solo di progredire in area, e ricevendo palla da Antony non deve far altro che appoggiarla in porta, siglando un gol analogo a quello segnato nella gara di andata, che archivia definitivamente la finale per la squadra di Pellegrini, la quale si troverà faccia a faccia con il Chelsea di Maresca, passato all’ultimo atto a discapito del Djurgarden.

Prima volta biancoverde

Dopo il passaggio del turno a discapito della Fiorentina, il Real Betis si aggiudica, per la prima volta nella sua storia, il diritto di giocarsi una finale europea. La qualificazione al match di Breslavia è solo la punta dell’iceberg di una stagione condotta magistralmente dalla squadra di Pellegrini, che sotto la guida dell’allenatore cileno ha trovato il coraggio di proporre un gioco iper-offensivo sia in campionato che in Europa, risultando, da gennaio in poi, uno dei club più in forma al mondo. La finale contro il Chelsea sarà probabilmente la partita più importante della stagione, con un peso specifico non indifferente e che significherebbe, in caso di vittoria, la partecipazione diretta alla prossima Europa League.

 

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Champions League, semifinali di ritorno: Romanzo Nerazzurro, estasi a Parigi

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E alla fine rimasero solo in due… In attesa dell’ultimo atto, in programma il 31 maggio a Monaco di Baviera, le due gare di ritorno hanno lasciato un ricordo indelebile negli annali di questa competizione. Da una parte un successo leggendario, quello dell’Inter sul Barcellona, dall’altro il capolavoro parigino della squadra di Luis Enrique, ai danni dell’Arsenal. Sarà Inter-PSG la finale di Champions League 2024/2025.

Inter-Barcellona

Non credo esista un fenomeno fisico capace di spiegare le modalità con cui una partita possa cambiare completamente inerzia, e Inter-Barcellona rappresenta al meglio questa mia teoria, perché vi assicuro che è stato uno spettacolo unico.

Se avete visto la partita, siamo sicuri che non dimenticherete mai i 122 minuti di San Siro, ma se non l’avete vista…non sapete cosa vi siete persi!

4-3 nei 120 minuti, 7-6 il totale. Numeri da ATP Finals, uno di quei match che tiene qualsiasi appassionato incollato al seggiolino, o al divano che sia. Inter-Barcellona ha seguito lo stesso copione, e ci ha regalato senza dubbio una delle semifinali più memorabili che si ricordino, e non solo per il risultato finale ma per le modalità con cui si è consumato questo romanzo calcistico.

Scrissi della gara d’andata come “la partita più bella di questa Champions”. Bene, non sono passati nemmeno sette giorni dalla gara di Montjuic, che sono stato costretto a rielaborare subito il mio pensiero. Raccontare la gara di San Siro in poche parole è uno degli esercizi di scrittura più complessi che si possano assegnare, ma nelle righe precedenti ho parlato di romanzo, e pertanto è necessario dividere questa partita in capitoli:

Capitolo 1 || Capitano, mio capitano! ||

Gianni Mura scriveva che “i veri capitani possono morire o anche scegliere di morire, ma dimenticarli è impossibile.” Sette giorni fa Lautaro Martinez veniva sostituito al minuto 45 a causa di un infortunio muscolare. La diagnosi non fu lapidaria, una elongazione ai flessori della coscia sinistra, ma il velo di mistero sulla sua presenza è stato argomento di dibattito per tutta la settimana. All’annuncio delle formazioni però il capitano c’è, in coppia con Marcus Thuram al centro dell’attacco nerazzurro. I quarantacinque minuti dell’Inter sono una sinfonia assoluta, e la bacchetta principale è quella del maestro Martinez, perché il capitano nerazzurro gioca a un ritmo forsennato. Scatti infiniti in avanti, ripiegamenti continui per fornire supporto alla difesa, e nel momento del bisogno i sigilli che indirizzano la partita: al 21′ appoggia facilmente in rete il pallone del vantaggio, servito da Dumfries; a cinque dall’intervallo si procura il rigore, trasformato da Calhanoglu, che vale il doppio vantaggio all’intervallo. Nel secondo tempo cerca di inseguire qualsiasi essere umano con una divisa verde, ma termina presto la benzina e Inzaghi lo sostituisce al minuto 71. Tutto il Meazza si alza in piedi e applaude l’argentino, che nei giorni dopo Barcellona non riusciva nemmeno ad alzare la gamba, e cinque giorni dopo ha messo in difficoltà una delle squadre più forti al mondo. D’altronde, certi capitani, non si possono dimenticare!

Capitolo 2 || Attacco totale ||

2-0 sotto all’intervallo, pareggio riacciuffato in meno di dieci minuti. Non sappiamo cosa abbia detto Hansi Flick ai suoi giocatori, ma di sicuro è riuscito a riaccendere la miccia. L’uno-due dei catalani è freddo, glaciale, e manda l’Inter alle corde: al 54’ Eric Garcia infila Sommer con un destro al volo sotto l’incrocio, mentre sei minuti dopo Dani Olmo pareggia quasi allo stesso modo, approfittando di un errore in marcatura di Carlos Augusto. Gli assist arrivano da Gerard Martin, meglio in fase di rifinitore che da difensore. Nel mezzo, un gran parata di Sommer su Garcia (che però centra il portiere svizzero a porta spalancata). È un Barça diverso, più vivo, che guadagna angoli con continuità e pressa un’Inter sempre più stanca, ma mai al tappeto. Al 70’ il Var toglie un rigore a Yamal (il fallo di Mkhitaryan è un paio di centimetri fuori area), poi la giovane stella del Barça s’inventa un sinistro dal limite costringendo Sommer a un gran parata, e non sarà l’ultima… La superiorità del Barcellona, nel secondo tempo, è evidente. L’Inter non riesce ad avere quella lucidità e pulizia che nel primo tempo aveva indirizzato la partita a suo favore, e al minuto 86 subisce la rete del 2-3, siglata da Raphinha. Poi nei minuti di recupero l’Inter attacca con le ultime energie rimaste, e il Barcellona si barrica nella propria metà campo. O almeno così avrebbe dovuto fare… 

Capitolo 3 || La vecchia scuola ||

Negli ultimi anni abbiamo osservato le remuntade del Real Madrid. I Blancos sono stati capaci di mostrarci quanto il calcio possa prendere strade alternative all’ultimo istante, in quegli scorci di partita in cui nessuno vede altro se non buio. Il grido comune dei tifosi madrileni era “90 MINUTI EN EL BERNABÉU SON MOLTO LONGO”. Anche a San Siro il tempo ha deciso di fermarsi per qualche attimo, regalando una serie di eventi che meritano dei racconti a parte. Sei minuti di recupero, ormai sembra tutto finito. Al secondo minuto Yamal colpisce il palo alla sinistra di Sommer, trenta secondi dopo l’Inter si ritrova dall’altra parte del campo: è il momento sliding door della stagione, perché Cubarsi vince il contrasto aereo con Thuram, ma lascia la palla nei pressi del centrocampo. Il Barcellona continua la sua lotta contro l’ideologia base della difesa del calcio e quando Thuram cerca Dumfries in profondità i difensori catalani sono in inferiorità numerica contro l’attacco nerazzurro (4 vs 3).

Foto: skysport

L’olandese vince il contrasto con Martin e crossa verso il primo palo, Acerbi (37 anni, difensore centrale, al minuto 93) arriva per primo, anticipa Araujo e fa esplodere San Siro. Primo gol in Champions per il centrale nerazzurro, di una pesantezza e un’importanza indescrivibili. Yamal cerca di aggiungere un capitolo alla sua già gloriosa storia, ma Sommer blocca la conclusione dello spagnolo. Ai supplementari l’Inter ne ha di più, San Siro è una bolgia, ormai tutto il pubblico di fede nerazzurra è parte attiva di questa ode al romanticismo calcistico, che raggiunge il suo apice in due momenti: il primo è al minuto 99, quando Frattesi deposita in rete il pallone del 4-3. Il secondo arriva al 114′, Yamal riceve palla in profondità, sistema la palla sul suo sinistro magico e apre il piatto verso il palo lontano. Sommer (36 anni) si tuffa in allungamento, distende il braccio e riesce a mandare in calcio d’angolo. In quel momento l’Inter capisce che la dea bendata questa sera ha i capelli lunghi, un accento francese e un paio di guanti gialli. Nel recupero non succede niente, e Monaco di Baviera adesso è realtà!

Grafica: Julya Marsala

Un capolavoro a tinte nerazzurre. Una cavalcata che adesso attende l’ultimo passo, il più importante di tutti. I numeri dell’Inter in questa Champions sono incredibili, basti pensare che in tutta la competizione la squadra di Inzaghi è stata in svantaggio 16 minuti. Un numero impressionante, se poi si aggiungono gli avversari affrontati (Barcellona, Bayern Monaco, Arsenal, Manchester City, Leverkusen e Lipsia su tutte), viene fuori una solidità difensiva e una compattezza di squadra ai limiti dell’incredibile. Il destino ha voluto ancora una volta l’Inter in finale, anche se questa volta il fato c’entra ben poco.

Il destino potrà essere scritto prima, ma la grafia è sempre quella del destinatario, e la penna di questo capolavoro calcistico è indubbiamente quella di Simone Inzaghi, autore di un percorso clamoroso alla guida del club nerazzurro, fin troppo mascherato dalla banale visione del palmares (che comunque rimane importante). Negli ultimi anni ho visto poche squadre migliorare costantemente come l’Inter, un ecosistema in continua evoluzione, capace di raggiungere due finali di Champions League in tre anni. Il romanzo nerazzurro necessita di un atto conclusivo degno di nota, e se queste sono state le pagine principali siamo sicuri che la finale non deluderà le aspettative.

Paris Saint Germain-Arsenal

Donnarumma dopo 10’ ha già fatto due parate impossibili, con l’Arsenal che attacca “senza paura” come promesso da Declan Rice (sua la prima occasione) ma che al 17’ viene graziato dal palo su una magia di Kvaratskhelia. Il gol arriva al 27’, con un meraviglioso tiro dal limite di Fabian Ruiz su cui Raya non può fare veramente nulla. Rice salva su Barcola qualche minuto dopo, e nella ripresa Donnarumma deve fare un altro miracolo al 64’, stavolta su uno splendido tiro a giro di Saka, e sul capovolgimento di fronte Hakimi in contropiede arriva al tiro, intercettato da Raya dopo una deviazione di Lewis-Skelly: si gioca per un paio di minuti prima che l’arbitro venga richiamato al monitor per punire con un rigore il mani del talentino inglese. Dal dischetto Vitinha si fa ipnotizzare da Raya, ma al 72’ il Psg fa 2-0 con un gran tiro a girare di Hakimi. Sembra chiusa, ma al 76’ l’Arsenal trova con Saka il gol che ha inseguito per tutta la partita. Non basta per riaprirla: il PSG vola in finale.

Un sogno parigino

I francesi l’hanno fatta sembrare semplice, ma a questi livelli di semplice non c’è proprio nulla. C’è voluta la versione migliore del talento offensivo a disposizione di Luis Enrique, c’è voluto il primo gol in Champions di Fabian Ruiz, c’è voluto un Kvara semplicemente imprendibile per i difensori inglesi. C’è voluto anche un Gigio Donnarumma tornato in questi mesi al livello di un top mondiale nel suo ruolo dopo un autunno complicato. Anche oggi l’estremo difensore azzurro ha messo i suoi guanti sulla partita, con tre interventi uno più bello -e decisivo- dell’altro. Il PSG ha saputo incassare quando ce n’era bisogno, con l’Arsenal che ha sprecato occasione dopo occasione, segnando solo con Saka quando di fatto era tutto già finito, e ha anche sprecato un rigore calciato con incredibile leggerezza da Vitinha.

L’ariete

L’Arsenal di Arteta sembra invece essere arrivato a questo impegno scarico, forte sì del secondo posto onorevole dietro al Liverpool in campionato, ma anche privo del DNA della grande squadra, quello che ti fa trovare soluzioni quando non se ne vedono. Saka ha giocato una partita eccezionale, ma non così i suoi compagni di reparto, su tutti Merino che ha passato la partita a perdere i duelli chiave contro i difensori del PSG. La mancanza di un centravanti d’area di rigore è uno dei temi principali che veleggiano attorno all’ambiente Arsenal, e nel prossimo mercato la sensazione è che qualche nome grosso arriverà nel nord di Londra. Alla squadra di Arteta serve un finalizzatore, un rapace d’area capace di concludere al meglio tutte le offensive create da Saka, Odgaard, Martinelli ecc. E nonostante tutto questo i “gunners” hanno chiuso con 3 gol attesi (XG). Ci sarà di certo modo per rifarsi, magari già la prossima stagione, ma intanto questa è un’occasione persa enorme.

Foto: X Arsenal

31 maggio

Sarà quindi una finale molto italiana, visto che molti in questo PSG sono passati dal nostro campionato, allenatore ovviamente incluso. Si gioca il 31 di questo mese, quindi entrambe le squadre avranno il tempo di riposare, di studiarsi, di cercare di tirare fuori dal cilindro la mossa che non ti aspetti. Non resta che aspettare e segnare la data sul calendario:

Ci sarà da divertirsi!

 

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Una notte che vale la storia. L’Inter è in finale di Champions League

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Sono serviti 120 minuti, 210 nel totale, per decretare la prima finalista della Champions League 2024/25. La partita dell’anno si conclude con un meraviglioso 4-3, che vale la finale di Champions per l’Inter di Simone Inzaghi. Gara ai limiti del fantasy che i nerazzurri portano meritatamente a casa. E adesso la finale di Monaco di Baviera non è un sogno. Appuntamento al 31 maggio

Un incasso da record, il più alto di sempre, per la partita più importante degli ultimi anni nerazzurri. Ligabue cantava che certe notti non si può restare soli, e siamo sicuri che nessun tifoso dell’Inter questa sera rimarrà da solo, chiunque ricorderà gli amici o i momenti che precedono e seguono questa semifinale.

Novanta minuti separano Inter o Barcellona dal pass per l’Allianz Arena di Monaco di Baviera, dove l’Inter ha già trionfato quest’anno. Le scelte dei due allenatori sono le migliori possibili: Inzaghi trova Lautaro Martinez dal primo minuto e conferma interamente il blocco visto a Montjuic. Il capitano nerazzurro recupera dall’infortunio muscolare della scorsa settimana e fa coppia con Thuram. Il Barcellona recupera Lewandowski, ma soltanto per la panchina, Flick sceglie ancora Gerard Martin sulla sinistra e Eric Garcia a destra, al posto dell’infortunato Koundé.

San Siro è una bolgia, come detto prima l’incasso è da record (15 milioni di euro), e il tifo nerazzurro risponde come sempre alla grande. In avvio il possesso è dell’Inter, ma al primo contrasto Yamal imbuca subito per Ferran Torres, in posizione di fuorigioco. Dopo meno di trenta secondi la difesa dell’Inter si espone al primo rischio, e questo mostra la pericolosità dei catalani, in qualsiasi momento della partita. Pressione alta dei nerazzurri fin dai primi minuti, un approccio diverso rispetto all’andata dove era il Barcellona a gestire attivamente la fase di pressing. Lo sviluppo dell’Inter è invece fotocopia a quanto fatto in Catalogna: fraseggio corto e rapido sulla sinistra, e lancio lungo a liberare la corsia destra di Dumfries. Nel Barcellona la manovra va sempre verso Yamal, che comincia a divertirsi a modo suo saltando sistematicamente due o tre avversari. All’ottavo minuto Dumfries sovrasta fisicamente Gerard Martin, arriva fino al fondo ma non riesce a calciare verso la porta di Szczesny. L’olandese è il valore aggiunto della manovra dell’Inter e si conferma fondamentale anche oggi. Con la solita, altissima, linea difensiva del Barcellona, l’Inter cerca di sfondare per vie centrali, e già dal quarto d’ora i nerazzurri hanno vistose praterie per attaccare. È un’Inter molto coraggiosa, pulita e lucida con il pallone tra i piedi e molto attenta nel ripiegare una volta persa palla. Al 21′ l’Inter va meritatamente in vantaggio: Dimarco ruba palla a Dani Olmo, troppo passivo nel controllo, e va subito in verticale da Dumfries, l’olandese è da solo davanti a Szczesny e apparecchia in mezzo per Lautaro. Il capitano nerazzurro non deve fare altro che spingere in porta il pallone del vantaggio, la bandierina non si alza e l’Inter mette in discesa la partita con ampio merito, per la mole di gioco proposta e per il coraggio delle idee. Dopo l’ennesimo schiaffo subito, il Barcellona si mette sotto e fa l’unica cosa che riesce a fare bene: attaccare a testa bassa. L’Inter trova sempre tanto spazio in ripartenza, ma comincia a scoprirsi agli attacchi dei blaugrana (oggi in maglia verde), sempre prevedibili e poco pericolosi nella prima mezz’ora. Al 42′ Lautaro va verso la porta, Cubarsi è in ritardo e cerca l‘intervento disperato in scivolata. Inizialmente Marciniak non fischia nulla, ma il VAR richiama il fischietto polacco e dalle immagini non ci sono dubbi: Cubarsi non tocca il pallone ma colpisce in pieno il capitano nerazzurro, calcio di rigore. Dal dischetto Calhanoglu è glaciale, pallone da una parte e portiere dall’altra. C’è una sola squadra in campo a San Siro, e non è il Barcellona. All’intervallo la squadra di Inzaghi va a riposo con due gol, a quarantacinque minuti dalla finale di Monaco, che si avvicina sempre di più.

Nessun cambio all’intervallo. Flick non rischia subito Lewandowski e questo fa intendere la tenuta atletica del polacco, al rientro dall’infortunio ma evidentemente non ancora pronto. Nonostante un maggior possesso, il Barcellona non riesce a sfondare, e continua a mostrare uno squilibrio quasi imbarazzante nel momento in cui l’Inter riparte in campo aperto. Al 51′ Acerbi di testa fa 3-0, ma è in netta posizione di fuorigioco. Due minuti dopo il Barcellona accorcia le distanze: azione confusa condotta da Pedri, che dopo una prima chiusura trova Gerard Martin, cross sul secondo palo verso Eric Garcia, piattone al volo e pallone sotto l’incrocio. Il Barcellona sembra rigenerato, e dopo soli due minuti ha l’occasione per il pareggio: contropiede avviato da Yamal e Pedri, l’Inter è sbilacciatissima e si ritrova due contro tre al limite dell’area. Pedri allarga per Gerard Martin che saggiamente apparecchia all’indietro per Eric Garcia, lo spagnolo ha la porta spalancata ma calcia centrale, Sommer si distende e salva il risultato. Il pareggio è solo rimandato perché la pressione del Barcellona è completamente diversa, più intensa e ragionata. Inzaghi sostituisce Dimarco con Carlos Augusto, ma l’Inter dalla rete del 2-1 non riesce a giocare con ordine e lucidità. La paura presenta il conto all’ora di gioco, quando Gerard Martin (completamente rigenerato in questo secondo tempo) disegna un gran cross sul secondo palo, nessuno segue l’inserimento di Dani Olmo che in tuffo pareggia la partita. L’inerzia della gara sembra completamente ribaltata. L’Inter sembra di colpo uscita dalla partita, il Barcellona piazza le tende nella metà campo e solo il VAR grazia i nerazzurri al 69′, quando Mkhitaryan stende Yamal a ridosso dell’area di rigore e Marciniak assegna la punizione dopo una prima segnalazione di penalty. . Inzaghi cerca forza fresche dalla panchina, e sostituisce Bisseck e Lautaro Martinez con Darmian e Taremi. Prestazione assoluta del capitano dell’Inter, nonostante l’infortunio l’argentino è stato il faro nella notte, prezioso con il gol e il rigore procurato. La prima mossa di Flick non è Lewandowski, ma Araujo al posto di Inigo Martinez. Al 76′ Yamal si accende all’improvviso, trova lo spiraglio per mettere la palla all’incrocio dei pali, ma Sommer è fenomenale in tuffo. Inzaghi rinforza la mediana con Zielinski e Frattesi per Calhanoglu e Mkhitaryan. Prestazione molto dispendiosa per i due centrocampisti, che negli ultimi minuti stavano tirando il fiato correndo dietro Pedri e raddoppiando su Yamal (nel caso dell’armeno). Il ritmo della partita si abbassa verso l’ottantesimo, con uno sguardo attento sui supplementari, anche se le due squadre non sembrano risparmiarsi. Flick risponde ai due cambi di Inzaghi con Fermin Lopez per Olmo, una mossa mirata a cercare più qualità e palleggio in mezzo al campo. All’87’ il Barcellona completa la rimonta: Pedri recupera palla, smista velocemente verso Raphinha, la prima conclusione del brasiliano è potente, ma Sommer respinge con i pugni, nella ribattuta il capocannoniere della Champions ci va con il destro e completa la rimonta del Barcellona. San Siro sente morire qualcosa, lo si evince dal silenzio tombale che si percepisce al momento del sorpasso catalano. Al novantesimo scatta l’ora di Lewandowski, al posto di Ferran Torres. Nel recupero, al secondo dei cinque, Yamal colpisce il palo interno con il sinistro. Sembra la parola “fine” alla partita, ma questa Inter lotta fino all’ultimo secondo. Su uno degli ultimi palloni, Dumfries vince il contrasto con Gerard Martin e mette in mezzo il pallone della speranza, trasformato in rete da Acerbi. Rete di un peso inaudito, ma di una qualità sopraffina, perché il centrale nerazzurro anticipa Araujo con il piatto del piede destro e scaglia la palla sotto l’incrocio. C’è ancora partita, anche al ritorno il risultato è fisso sul 3-3, anche se prima del triplice fischio Sommer blocca un ultimo tiro di punta di Yamal.

Per Marciniak lo spettacolo deve continuare, questa semifinale non vuole saperne di smettere. Si va ai tempi supplementari! 

All’inizio dei supplementari, ancora una volta, il canovaccio tattico si ribalta nuovamente. Se per tutto il secondo tempo il Barcellona sembrava andare a una velocità superiore, all’inizio dei supplementari l’Inter sembra trovare energie nascoste. Al 99′ il risultato cambia ancora una volta: Thuram sfrutta le sue ultime energie per saltare tutta la parte sinistra della difesa catalana, palla in mezzo verso Taremi che è bravissimo nell’appoggiarsi a Frattesi, il centrocampista nerazzurro è lucido nel ritardare la conclusione e piazzare il mancino sul palo opposto, dove Szczesny non può nemmeno arrivare. Il Barcellona va alla ricerca di Lewandowski, una soluzione che è mancata completamente nelle due gare, ma Acerbi lo marca a vista, e tutti i cross arrivano tra le mani di Sommer senza particolari problemi.

Gli ultimi due cambi di Flick sono Gavi e Pau Victor per Pedri e Cubarsì. Attacco totale dei blaugrana per gli ultimi quindici minuti. Non c’è bisogno di mettere su una qualsiasi formazione, perché per questo secondo tempo supplementare il Barcellona va completamente all’attacco, rimane solo Araujo indietro. Inzaghi sceglie De Vrij al posto uno stanchissimo, e applauditissimo, Dumfries. Al 108′ Thuram prova a replicare l’assist di Monaco di Baviera, ma la difesa respinge sui piedi di Frattesi, mancino sul primo palo ma lì Szczesny compie un miracolo. Al 114′ Yamal viene imbucato da Raphinha, calcia a giro sul secondo palo ma Sommer questa sera, nonostante i tre gol subiti, è insuperabile. Colpo di reni maestoso dell’estremo difensore nerazzurri, una partita pazzesca nonostante i tre gol subiti. Nel finale l’Inter resiste a qualsiasi attacco, De Vrij chiude qualsiasi cosa e dopo due minuti di recupero Marciniak fischia tre volte.

“Ci vediamo da Mario, prima o poi”. Non sappiamo se Mario sia un tifoso dell’Inter (probabilmente sì), non sappiamo la sua provenienza, ma sappiamo che anche lui, insieme a Ligabue e tutto il pubblico nerazzurro, faranno le valigie e segneranno il 31 di maggio con il pennarello rosso. L’Inter raggiunge con merito la finale di Champions e lo fa al termine della partita più bella dell’anno (e sarà difficile spodestarla). Dopo un primo tempo meraviglioso, il Barcellona aveva trovato i tre gol per accedere alla finale, ma nel finale l’Inter ci ha messo cuore, ci ha messo grinta e carattere. Prima Acerbi, come un vero centravanti, e poi Frattesi, hanno ribaltato nuovamente il risultato e adesso la finale attende solo la seconda pretendente. Arsenal o PSG ormai non fa differenza, perché l’Inter adesso non ha più paura, ma intimorisce chiunque. A novanta minuti dal sogno, Inzaghi si gode una delle notte più gloriose della storia recente dell’Inter. Termina ogni speranza Triplete del Barcellona. La squadra di Flick esce meritatamente dalla competizione, e adesso tutti gli occhi si concentrano sul campionato, dove i catalani hanno adesso l’obbligo di tenere a distanza il Real Madrid.

Appuntamento al 31 maggio. In attesa di PSG-Arsenal, l’Inter prenota il suo biglietto per Monaco di Baviera.

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