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Calcio

Il Supercommento della 23ª giornata di Serie A

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Grafica: Julya Marsala

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della ventitreesima giornata di Serie A.

Parma – Lecce (A cura di Tommaso Patti)

Krstovic e Pierotti stendono il Parma in una partita fondamentale per la lotta salvezza

Dopo venti minuti in cui la gara sembra destinata a rimanere in parità e senza grosse occasioni da gol, il Parma si accende improvvisamente con Mihăilă: l’esterno rumeno calcia in porta da lunghissima distanza dopo aver saltato brillantemente due avversari, ma la sua conclusione si stampa sul palo successivamente all’intervento miracoloso in allungo di Falcone. Dal palo di Mihăilă, la partita si accende definitivamente, con il Parma prende campo e prova a sfruttare la fisicità del neo acquisto Djuric che, al 29, stacca di testa all’interno dell’area di rigore con il tentativo di indirizzare la sfera nello specchio della porta, traiettoria che però viene deviata da un intervento di mano da parte di Baschirotto. Dopo un check al VAR, Sozza assegna il calcio di rigore per il Parma, realizzato grazie alla freddezza e alla potenza di Emanuele Valeri. La risposta del Lecce, oltre ad essere immediata, è anche frutto di alcune nozioni di Giampaolo, capace di trasmettere ai suoi la forza giusta di combattere nonostante una situazione di svantaggio, trovando nella difficoltà i mezzi per poter reagire subito, come accaduto al 36’, quando su un cross di Helgason, Krstovic salta e anticipa tutti all’interno dell’area di rigore, firmando la rete del nuovo pareggio. Nonostante l’esempio lampante avversario di come reagire ad un gol subito, il Parma non riesce a mantenere un ritmo alto, subendo la rete del 1-2 e sbagliando totalmente la fase difensiva sull’uscita in verticale del Lecce, portata avanti da Krstovic, che successivamente serve in profondità e manda al gol Pierotti. Anche in situazione di svantaggio, la squadra di Pecchia non riesce a trovare gli spazi giusti per far male ai salentini, che però sfruttano la velocità di Helgason combinata alla buona prestazione di Tete Morente per far paura a Suzuki. La possibilità per pareggiare la sfida arriva da un regalo della difesa giallorossa, quando su un indecisione in uscita di Falcone, Valeri calcia quasi a porta vuota di potenza, ma l’opposizione dello Falcone salva il risultato. A sigillare la grande prestazione dei salentini ci pensa nuovamente Pierotti, che chiude la gara con una doppietta dopo essere stato servito nuovamente da un ispiratissimo Krstovic. La serata di grazia dell’argentino regala al Lecce tre punti importantissimi in ottica salvezza, punti che mancano pesantemente ad un Parma sempre più in crisi di risultati e di identità.

Monza – Hellas Verona (A cura di Marco Rizzuto)

Sprofondo rosso, il Monza crolla anche contro il Verona

Il Verona s’impone all’U-Power Stadium vincendo lo scontro salvezza contro il Monza. I scaligeri spaventano dopo pochi minuti grazie ad un ottimo pressing sulla metà campo avversaria di Mosquera e Sarr che, strappando il pallone a Sensi, spezzano in due la formazione brianzola, il numero nove serve Serdar che colpisce il palo esterno, graziando i  padroni di casa. Al 12′ i gialloblù schiacciano l’acceleratore, sfruttando lo sprint determinante di Serdar che, arriva a fondo campo e mette in mezzo un cross teso, spinto in porta dall’intervento maldestro e sfortunato di Lekovic, che non si presenta al migliore dei modi ai tifosi dell’U-Power Stadium. Il Monza tenta di reagire ma le conclusioni verso la porta tardano ad arrivare, solo Dani Mota alla mezz’ora impegna Montipò con un tiro a giro dalla distanza che non causa problemi. Alla ripresa il Verona sfiora il raddoppio grazie ad una prestazione superlativa di Sarr, lo svedese percorre tutta la fascia per poi accentrarsi e servire Niasse totalmente libero, il senegalese spreca calciando alto. Il secondo tempo diventa un monologo gialloblù, il Monza si dimostra una squadra in balia delle tenebre, perennemente sottotono, incapace di dare una svolta a questo campionato negativo. Il triplice fischio vede la vittoria convincente del Verona che, balza al tredicesimo posto a quota 23 punti. Il Monza prosegue all’ultimo posto in solitaria, a sole 13 lunghezze.

 

Udinese – Venezia (A cura di Tommaso Patti)

Spettacolo e tanti gol a Udine, i bianconeri superano l’ostacolo Venezia

La sfida salvezza tra Udinese e Venezia parte in maniera equilibrata, con azione da entrambe le parti che mantengono la gara ad alto livello fin dai primi minuti. Al 17’, il Venezia perde per infortunio Filip Stankovic, probabilmente per la miglior sorpresa nel reparto dei portieri di questa Serie A, arriva un infortunio che lo vedrà costretto a rimanere ai box per parecchio tempo, a causa di un problema al tendine rotuleo. Superata la mezz’ora, la formazione friulana prova ad accendere i giri del motore, sfiorando il gol con la conclusione da lunga distanza di Ekkelenkamp, murata dall’intervento di Joronen, subentrato a Stankovic e subito decisivo per i suoi. Dopo un primo tempo a reti bianche, la gara si stappa dopo appena due minuti nella ripresa, quando sul cross di Kamara, Lucca arriva prima di tutto sul secondo palo anticipando l’uscita di Joronen, firmando la sua nona rete in questa Serie A, gol che allontana tutte le voci di mercato che lo vedevano vicino alla Roma già in questa sessione di mercato. Su un’altra indecisione di Joronen, l’Udinese raddoppia con Lovric, che calcia al volo e di prima intenzione sulla respinta errata del portiere finlandese. Successivamente alle occasioni di Thauvin e Busio, il Venezia accorcia le distanze con il calcio di punizione di Nicolussi Caviglia, che segna nuovamente all’Udinese dopo il gol del girone d’andata, anch’esso arrivato su un calcio di punizione. A mantenere alto il livello dei bianconeri ci pensano Atta e Lucca, entrambi imprecisi al momento del tiro ma utili alla propria squadra per non farsi schiacciare dalle avance venete. Su un’altra indecisione di un estremo difensore, in questo caso di Sava, il Venezia trova la rete che ristabilisce la parità al Bluenergy Stadium. La squadra di Runjaic però non ci sta, e si riporta in vantaggio grazie ad una giocata individuale di Solet, che riesce a servire e a far calciare di esterno Iker Bravo, che riporta avanti la sua squadra e regala i tre punti all’Udinese. Nonostante un assalto finale, il Venezia esce sconfitto a Udine, in uno scontro fondamentale per la salvezza, che adesso vede la squadra di Di Francesco al diciannovesimo posto con 16 punti, mentre i padroni di casa salgono addirittura a +9 dalla zona retrocessione, trovando il successo dopo 99 giorni tra le mura amiche.

 

Atalanta – Torino (A cura di Marco Rizzuto)

 Il muro Milinkovic ferma la Dea, al Gewiss finisce 1-1

Al Gewiss  la decide la difesa, Djimstii apre e Maripan risponde. Il Torino guadagna un punto d’oro grazie ad un grandissimo Milinkovic-Savic. La gara si apre con un avvio lento e privo di occasioni significative, contrariamente al solito approccio spumeggiante che abbiamo solitamente intravisto dalla squadra di Gasperini. Al 20′ la Dea passa in vantaggio con l’ex Bellanova, ma la rete viene annullata per il tocco di mano dell’esterno nerazzurro. L’Atalanta prosegue dominando il primo tempo e trovando il gol del vantaggio al 34′, stavolta in modo  regolare: da calcio d’angolo Bellanova pesca con un cross a regola d’arte l’incornata perfetta di Djimsiti che, buca Milinkovic-Savic mandando in vantaggio la Dea. Il Torno non perde tempo e pareggia i conti dopo cinque minuti con un altro colpo di testa vincente, quello di Maripan. Il cileno prende il tempo alla difesa nerazzurra siglando il suo primo gol in Serie A. La prima frazione termina col brivido per i granata, nel recupero la Dea due volte la seconda rete, graziando il Toro entrambe le volte. Nel secondo tempo la metà campo granata viene presa assiduamente sotto assedio dai bergamaschi, fino a quando al 72′ sul cross di Pasalic, Retegui viene atterrato da Coco in area di rigore e l’arbitro indica immediatamente il dischetto. L’italo argentino si fa ipnotizzare da Milinkovic-Savic che si distende deviando la conclusione in calcio d’angolo. Sul finale assistiamo al ritorno in campo di Scamacca, 181 giorni dopo, il centravanti subentra a Retegui ricevendo l’ovazione di tutto il Gewiss Stadium. Il match termina col malcontento nerazzurro per l’occasione sprecata che, mantiene la Dea a 47 lunghezze, a meno quattro dall’Inter. Il Torino, nonostante l’ottimo punto portato a casa scala all’undicesimo posto della classifica, a 23 punti.

 

Bologna-Como (A cura di Dennis Rusignuolo)

Un gol per tempo, il Bologna continua a carburare

Italiano ripropone in 10/11 la formazione che ha pareggiato a Empoli la scorsa settimana, unica variazione il ritorno sulla destra di capitan De Silvestri al posto di Holm; Fabregas invece dà fiducia al nuovissimo arrivato Alex Valle, il terzino sinistro in prestito dal Barcellona. Parte aggressivo il Bologna, che al 2’ guadagna una punizione sulla destra calciata direttamente in porta da Lykogiannis e deviata in angolo da Butez. Un po’ in difficoltà Fabregas ad essere attaccato con le sue stesse armi: aggressività e verticalità. Vicinissimo al vantaggio il Bologna al 14’: angolo da sinistra e Lucumi sul primo palo centra la traversa. Asfissiante la pressione a tutto campo del Bologna, che non dà modo al Como nemmeno di pensare come organizzare la costruzione. Al 25’ il Bologna va meritatamente in vantaggio su sviluppo di calcio piazzato: un’altra pennellata da sinistra di Lykogiannis, il cui piede è sempre più caldo in questo ultimo periodo, viene incornata in rete da De Silvestri colpevolmente solo al centro dell’area. Anche la risposta del Como arriva da fermo: al 31’ un angolo da destra provoca una mischia a centro area dove le conclusioni di Cutrone e due volte di Paz sono respinte dalla difesa di casa. In contropiede i padroni di casa sfiorano subito il raddoppio, Dallinga taglia la centro dell’area, riceve un cross basso e teso di Ndoye e gira con il destro, pallone sulla traversa. L’arbitro Massimi interrompe il gioco e dinanzi a un nervosissimo Fadera estrae il cartellino rosso diretto, proteste veementi e troppo plateali del giocatore gambiano per un fallo subito a inizio azione. Al rientro dagli spogliatoi entrambi gli allenatori cambiano subito: Italiano inserisce Miranda al posto di Lykogiannis; Fabregas lascia negli spogliatoi Caqueret per Da Cunha. Nel secondo tempo il Bologna cerca di non abbassare il ritmo, mentre il Como cerca di non farsi schiacciare troppo anche a causa dell’inferiorità numerica. La pressione dei rossoblù è meno intensa del primo tempo, e i lariani cominciano a muovere con più lucidità e sicurezza il pallone, senza però avvicinarsi troppo alla porta di Skorupski. Al 66′ il Bologna prende il largo e sigilla il risultato: Miranda riceve palla sulla sinistra, disegna un cross avvitato e preciso verso il secondo palo, Fabbian (subentrato a Ndoye) sfrutta le sue doti di inserimento da centravanti puro e con il destro batte Butez. Il Como abbassa la guardia e accusa il colpo, cerca di riaccendersi con gli innesti dalla panchina, tra cui l’esordio di Ikoné. Le occasioni per la squadra di Fabregas palesano un tentativo di reazione, Ikoné spaventa Skorupski con il mancino a giro, mentre Strefezza colpisce la traversa con una deviazione di Moro. Nel recupero Nico Paz calcia una punizione dal limite dell’area in maniera magistrale, ma è altrettanto strepitosa la respinta di Skorupski, che nega il sesto centro all’argentino e blinda la porta dei rossoblù. Il progetto del Bologna prende sempre più forma, con lo sguardo puntato sempre sull’Europa che conta. La vittoria sul Como è frutto di una prestazione cinica e intelligente da parte della squadra di Italiano, che ha saputo sfruttare al meglio la superiorità numerica per colpire e piazzare i due sigilli da tre punti. Il Como rimane a ridosso della zona retrocessione, ma non si scosta dagli ideali tattici di Fabregas. La retorica dell’affondare seguendo le proprie idee è ciò che il Como deve evitare a partire dalle prossime gare, in cui tutti i nuovi innesti saranno a disposizione per alzare l’asticella del club lariano.

 

Juventus-Empoli (A cura di Dennis Rusignuolo)

Un ruggito nel secondo tempo per rialzare la testa

La mattinata soleggiata dello Stadium vede comparire i primi nuvoloni dopo nemmeno cinque minuti. L’Empoli approccia la gara in maniera coraggiosa, linea alta e pressione sui portatori di palla bianconeri. La squadra di D’Aversa trova soluzioni nei calci piazzati, poiché nei calci d’angolo i toscani trovano la Juve piuttosto piatta, rannicchiata attorno a Di Gregorio. Al quarto minuto la dura legge dell’ex punisce la squadra di Thiago Motta, con De Sciglio che si stacca sul secondo palo e di testa trova il jolly per portare in vantaggio l’Empoli. Il pubblico bianconero comincia a borbottare subito, quando oltre a non riuscire ad accennare una reazione, la Juve continua a subire il gioco dinamico e intenso dell’Empoli. A mandare un impulso ci prova Nico Gonzalez, l’argentino riceve il cross di McKennie e riesce a impensierire Vasquez in rovesciata. Nonostante un baricentro sempre più alto, i bianconeri non trovano sbocchi grazie alla pressione della squadra di D’Aversa, che riesce a respingere indietro gli attacchi della Juve. Tutte le offensive della squadra di Thiago Motta provengono dall’out di sinistra, Yildiz è ispirato e riesce a saltare sistematicamente Gyasi. Alla mezz’ora il turco arriva sul fondo e appoggia verso Koopmeiners, il piattone dell’olandese è destinato sul secondo palo ma la deviazione sfortunata di McKennie indirizza la sfera fuori dallo specchio della porta. Nella ripresa l’approccio della Juve è decisamente diverso: maggiore velocità nel fraseggio e riaggressione rapida e intensa. Così come nel primo tempo, anche nella ripresa Yildiz è il faro della squadra. La qualità del turco permette ai bianconeri di essere più imprevedibili, e il calo fisiologico dei toscani cambia radicalmente l’inerzia della gara. All’ora di gioco Vasquez sputa fuori una rasoiata mancina di Koopmeiners, poi ci pensa Kolo Muani a ristabilire la parità: il francese vince il contrasto con il neo-entrato Goglichidze e davanti a Vasquez è freddo e lucido, impatto devastante dell’attaccante in prestito dal PSG. La furia agonistica dei bianconeri mette a soqquadro la squadra di D’Aversa, che nel frattempo ha dovuto ricorrere a due cambi forzati per gli infortuni di Anjorin e Ismaijli. Tre minuti più tardi Yildiz si libera di due avversari con una ruleta (alla Zidane, parlando di numeri 10 bianconeri), scambia con McKennie e allarga verso Weah, lo statunitense non ci pensa su e calcia forte verso il secondo palo, Kolo Muani devia il pallone con il ginocchio sinistro e corregge la traiettoria del pallone verso il palo opposto, dove Vasquez non può arrivare. In quel momento l’Empoli esce agonisticamente dalla partita, Motta intanto rinforza l’attacco con Vlahovic e Conceicao e nella fase finale della gara la Juventus domina il gioco. I toscani rimangono in dieci, espulso Maleh per doppia ammonizione (fallo tanto inutile quanto brutto su Nico Gonzalez), i bianconeri ne approfittano e prendono il largo: gran gol di Vlahovic al novantesimo, mancino forte e preciso sul primo palo. Prima del triplice fischio Thuram sventaglia verso Conceicao, il portoghese controlla a seguire e insacca anche lui sul primo palo. Per una gara i fischi dello Stadium si tramutano in applausi, e i bianconeri si portano momentaneamente al quarto posto in classifica. Un successo che porta la firma, in toto, dell’attaccanti. 2 gol in 3 partite in questa prima avventura per Kolo Muani, il ritorno al gol di Vlahovic e Conceicao. I problemi della Juve non si risolvono di certo in questa gara, ma può essere un trampolino di lancio per un febbraio più che decisivo, tra campionato e Champions League.

Fiorentina – Genoa (A cura di Marco Rizzuto)

De Winter non basta, la viola vola e sogna la Champions

La Fiorentina vince e sogna in grande. Al Franchi i tifosi viola esultano subito per il gol -capolavoro- di  Moise Kean: all’8′ Mandragora crossa in centro area il pallone che spiove nella zona dell’ex Juve che, in girata colpisce la sfera con l’esterno, Leali vola ma non arriva. Si vede una sola squadra in campo ed è quella allenata da Palladino. Alla mezz’ora Beltran viaggia sulla fascia sinistra, alza la testa e pesca Gudmundsson in centro area, lasciato totalmente libero di calciare e raddoppiare, tornando al gol proprio contro la sua ex  squadra. Il match regala poche occasioni da gol, ma la Fiorentina quando si presenta in area è cinica. Alla ripresa il Genoa accorcia le distanze con De Winter, il belga di testa buca De Gea saltando più di tutti da calcio d’angolo. La rete del 2-1 rilancia la carica alla squadra di Vieira che spinge per la rimonta. A venti dalla fine si riaccende il duello tra De Winter e De Gea nuovamente dalla bandierina, stavolta però, è lo spagnolo a vincere il duello sventando la conclusione. Dopo un primo tempo abbastanza sottotono, il grifone spaventa i viola che, soffrono ma tengono botta, assicurandosi i tre punti. Il Genoa rimane quindi inchiodato a 26 punti con Torino e Lecce alle calcagna. La Fiorentina torna a vincere due volte consecutive grazie al super gol di Kean e al ritrovato Gudmundsson. Un sesto posto importante, a soli due punti dalla zona Champions. A Firenze si respira un’aria diversa rispetto a sole due settimane fa, e gli innesti del mercato di gennaio accendono l’entusiasmo dei tifosi.

Milan – Inter (A cura di Dennis Rusignuolo)

Fortuna e sfortuna in un derby che regala spettacolo e occasioni dall’inizio alla fine. Un derby che si tinge di arancione olandese, con i sigilli di Reijnders prima e De Vrij dopo. Può sorridere il Napoli, che adesso può scappare.

 

Roma – Napoli (A cura di Simone Scafidi) 

Nella cornice di un Olimpico gremito, Napoli e Roma combattono per difendere due facce diverse della medaglia: la squadra di Conte per preservare il primo posto, mentre quella di Ranieri per continuare una (lenta) risalita verso la zona Europa. Alla fine, il verdetto è un pareggio: Spinazzola porta avanti il Napoli nel primo tempo, ma allo scadere Angelino regala un punto prezioso alla Roma.

 

Cagliari – Lazio ( A cura di Simone Scafidi)

L’aquila torna a volare, tre punti in Sardegna per Baroni

Nel posticipo del lunedì sera, la Lazio ritrova la vittoria in casa del Cagliari. I padroni di casa inseriscono subito la quinta marcia e già al quinto minuto si rendono subito pericolosi con un tiro dalla distanza di Viola, neutralizzato da Provedel. Pochi istanti più tardi, Piccoli non riesce a insaccare il pallone da pochi passi, sfiorando il cross di Zappa che poi scorre in fallo laterale. Dopo un inizio abbastanza debole, la Lazio, aiutata anche dalla dea bendata, reagisce e trova il gol dell’1-0: sul tentativo di allontanamento del pallone da parte di Yerry Mina si avventa Dia, che in maniera molto rocambolesca devia la sfera che si insacca in porta, beffando Caprile. Sull’ormai consueto check del VAR, però, l’arbitro constata come l’attaccante biancocelesti abbia toccato il pallone con un braccio e annulla il gol. Sul finire del primo tempo il gol della Lazio arriva per davvero, con Zaccagni che arriva in spaccata sul cross preciso di Hysaj e porta in vantaggio i suoi. Il secondo tempo riprende a tinte rossoblù, prima con il tiro di Adopo, che finisce alto sopra la traversa, e subito dopo con l’incornata di Piccoli su situazione di corner, che sigla il gol del pareggio e il record di gol stagionali per il giovane attaccante italiano. Passano meno di due minuti e la Lazio reagisce prontamente, con Caprile che compie un gran intervento sul colpo di testa di Romagnoli, vicino al gol del vantaggio. Cinque minuti più tardi, al minuto 63, ancora Isaksen dà il via ad un’azione decisiva, il suo cross, seguito dalla sponda di Dia e il velo di Zaccagni, porta alla ribattuta sicura in porta di Castellanos, che insacca il gol del 2-1 e riporta avanti la squadra di Baroni. Da qui in poi, la manovra biancoceleste prende il sopravvento. Al 73’ Zaccagni si vede negare la doppietta da un super Caprile, che salva due minuti più tardi anche su Isaksen. Negli ultimi minuti esce l’orgoglio del Cagliari, con Augello che tenta la conclusione da lontano, sfiorando il palo e niente di più. Dopo cinque minuti di recupero arriva il fischio del direttore di gara, che sancisce la fine del match e il ritorno ai tre punti della Lazio sale al quarto posto in classifica ritornando in Zona Champions.

 

LA TOP11 DELLA 23ª GIORNATA

Grafica: Julya Marsala

Classe 2001. Studente in Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Palermo. Aspirante telecronista/giornalista sportivo e grande appassionato di calcio e di musica

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Calcio

Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Seconda parte)

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Dopo i primi quattro gironi, che sono già tornati in campo per la seconda giornata del torneo, ecco gli altri quattro gironi che hanno fatto il loro esordio negli scorsi giorni. Figurano tante big, oltre alle due italiane in azione, Juventus e Inter.

GIRONE E 

Inter, Monterrey, River Plate, Urawa Reds 

La prima gara del girone è quella tra il River Plate e i giapponesi dell’Urawa Reds. A Seattle le temperature sono più adatte per una grigliata di asado con gli amici piuttosto che una partita di calcio, ma nonostante il caldo torrido alle 12.00 (ore americane) al Lumen Field ci sono un buon numero di tifosi dei Millionarios, che assistono all’esordio vincente della squadra di Gallardo. Un successo che mette ulteriormente in mostra tutte le qualità del gioco del River Plate: gestione lucida del possesso, una buona dose di ‘garra’ e un Mastantuono pronto a prendersi la scena prima di passare al Real Madrid a fine mondiale. Il vantaggio parte proprio da una giocata del classe 2007, proseguita dal solito cross tagliente di Acuna, e da un inserimento brutale di Colidio in mezzo ai difensori. Nella ripresa il raddoppio porta la firma di Driussi, anche se gran parte del gol è regalato dal terrificante retropassaggio del difensore Hoibraten. Driussi si fa anche male nella ricaduta, nel frattempo l’Urawa accorcia le distanze dagli undici metri con Matsuo e comincia a pregustare il sapore della rimonta, subito interrotta dalla zuccata di Meza a dieci dalla fine. Un River che gioca bene e che usa…la testa, viste le tre zuccate che hanno regalato alla banda Gallardo i primi tre punti, e adesso il “set point” contro il Monterrey può regalare già il primo posto aritmetico al River Plate.

Foto: X Inter

Nell’altra gara del girone l’Inter fa il suo esordio contro il Monterrey. Dalla finale di Champions League di venti giorni fa l’Inter ha cambiato molto, ridimensionato dopo la batosta subita dal PSG. In panchina non siede più Simone Inzaghi, che è rimasto comunque nel giro del Mondiale per Club, ma Christian Chivu. Il tecnico romeno arriva da Parma e nel suo primo match cerca di non effettuare particolari rivoluzioni tecnico/tattiche. Si riparte dal 3-5-2 con Seba Esposito che affianca Lautaro Martinez. L’approccio della gara da parte dell’Inter non è prorompente come avevano abituati i nerazzurri in questi anni, ma la pressione e il fraseggio sono comunque apprezzabili. Si cerca di catturare qualsiasi strategia attuata da Chivu rispetto al precedente ciclo di Inzaghi, ma l’unica vera soluzione che si nota è la marcatura a zona nelle palle inattive, e la dimostrazione porta al vantaggio il Monterrey: la difesa dell’Inter cerca di ostruire il centro dell’area di rigore da potenziali attacchi, ma nessuno segue il taglio dell’eterno Sergio Ramos, lo spagnolo è micidiale sotto pressione, figuriamoci senza marcatura… incornata che sbatte sul terreno e beffa Sommer, non proprio impeccabile. L’Inter ci mette qualche minuto a pareggiare, e lo fa con uno schema su punizione che culmina con il tap-in vincente di Lautaro Martinez. Nel secondo tempo si vedono le cose interessanti, perché il Monterrey traccia un solco a metà campo e non lo oltrepassa quasi mai, ma soprattutto Chivu decide di inserire i nuovi arrivati Luis Henrique e Sucic, oltre a Thuram per Esposito. Il tecnico nerazzurro cambia modulo e alza il raggio d’azione di Mkhitaryan, anche se i messicani non soffrono particolarmente, merito di una gestione della linea difensiva da generale romano da parte di Sergio Ramos. Tra luci e ombre Chivu marchia il suo esordio con un pari, e adesso la gara contro l’Urawa diventa un passaggio decisivo per le sorti dell’Inter nel Mondiale per Club, in attesa di una crescita generale dell’ambiente nerazzurro, ancora troppo arrugginito dopo le fatiche di fine stagione.

  • Inter-Urawa Reds
  • River Plate-Monterrey 

GIRONE F

Borussia Dortmund, Fluminense, Mamelodi Sundowns, Ulsan HD 

Foto: X Fifa Club World Cup

Il calendario mette a confronto subito Borussia Dortmund e Fluminense, le due squadre favorite per il passaggio del turno. Il Fluminense si presenta con una squadra di figure pittoresche per molteplici motivi: spicca il giovanissimo portiere Fabio, 44 anni e 171 giorni, e il centrocampista Hercules, infaticabile mezzala, oltre all’ancora frizzante Thiago Silva. Il Borussia Dortmund si ricorda di scendere in campo solo a tratti, perché per il resto la partita è un dominio costante del Fluminense. I brasiliani attaccano la porta di Kobel da qualsiasi angolazione possibile, poi però devono fare i conti con il portiere svizzero, che francamente ha deciso che la partita debba finire in parità. Dell’attacco del Borussia non c’è alcuna traccia, e quando i gialloneri si affacciano in avanti, Fabio e Thiago Silva non hanno nemmeno bisogno di calare a referto qualche gemma gloriosa del loro passato, perché pericoli concreti non ne arrivano. Nella ripresa l’occasione più grossa capita nei piedi dei giocatori del Fluminense, ma Kobel risponde alla grande su un primo tiro di Everaldo, e alla grandissima sulla ribattuta di Nonato, che già stava per correre sotto la curva occupata dai tifosi brasiliani. Nel frattempo il Borussia accoglie un altro Bellingham in mezzo al campo, non più Jude ma il fratello minore Jobe, ma quasi nessuno se ne accorge perché il Dortmund non riesce nemmeno a costruire un’azione degna di nota. Termina 0-0, come aveva deciso Kobel, ma il Borussia Dortmund adesso deve accendersi per evitare brutte sorprese in corso d’opera. Altra grande prestazione per una sudamericana, con il Fluminense che ai punti meritava più di un gol e la vittoria finale, ma la dea bendata -e Kobel- riescono a mantenere il punteggio fermo sul pari. Altra menzione per Hercules, che non sembra nemmeno male in mezzo al campo, ma il suo nome lo precede, e onestamente è clamoroso.

L’altro match del girone è l’emblema del mistero e dell’incertezza che veleggia attorno ad alcune realtà del mondo calcistico. La gara tra Ulsan HD e Mamelodi Sundowns comincia in ritardo a causa della pioggia, e se già era difficile registrare un sold out per questa gara, le condizioni meteo decimano ulteriormente gli spettatori di questo match che può nascondere la magia di una finale dei mondiali, o la sonnolenza di uno spareggio di metà agosto in Lituania. I sudafricani (Mamelodi) giocano bene e sostanzialmente dominano, Rayners ne segnerebbe anche tre, ma due di questi vengono annullati dal VAR, con tanto di decisione spiegata a tutto lo stadio dall’arbitro, una delle tante novità sperimentate in questo torneo dalla FIFA -al momento ampiamente promossa. Finisce soltanto 1-0, anche perché il centrocampista dell’Ulsan Bojanic va a calciare due volte e tira fuori dal cilindro due tiri orribili, incredibilmente per motivi opposti: uno altissimo, uno molle e centrale. Occasionissima per il Mamelodi, che adesso può sognare in grande visto l’ottimo esordio, anche se adesso arrivano le “big”.

Seconda giornata:
  • Mamelodi-Borussia Dortmund 
  • Fluminense-Ulsan HD

GIRONE G 

Al-Ain, Juventus, Manchester City, Wydad Casablanca

A Philadelphia il Manchester City comincia il suo mondiale contro il Wydad Casablanca. Guardiola ha accolto tra le sue braccia altri due gioielli provenienti dal mercato, tali Reijnders e Cherki -non proprio sconosciuti- e non perde tempo a gettarli in campo, a costo di rinunciare ad Haaland e il pallone d’oro Rodri. Non c’è bisogno di spiegare le motivazioni su questa scelta, perché bastano i primi due minuti per capire che il Manchester City potrebbe dominare il palleggio anche con Liam e Noah Gallagher degli Oasis. Al secondo minuto Foden la schiaffa in porta, tornando ad assaporare la gioia del gol che gli mancava da quasi sei mesi. Il Wydad prova anche a spingersi in avanti, ma a parte una serie di giocate del fantasista Lorch -che va menzionato solo per la quantità innumerevole di sombreri e la quattro sulle spalle- non si registrano particolari pericoli per Ederson. Prima dell’intervallo i marocchini riescono a far passare Doku come un predatore d’area, lasciandolo completamente da solo in mezzo all’area al momento del corner di Foden. Di fatto, la partita termina nella prima frazione, e gli ingressi di Haaland e Rodri -insieme ad altre figure- non fanno altro che accentuare il dominio dei Citizens, che hanno talmente tanto la situazione sotto controllo che trovano il tempo per sborsare 20 mila euro di multa (la FIFA ha introdotto una penale per ogni sanzione, e l’espulsione corrisponde a circa 20 mila franchi svizzeri) per una tacchettata in faccia a un avversario da parte di Rico Lewis. 

Foto: X Juventus FC

La gara che chiude la prima giornata è l’esordio della Juventus di Igor Tudor. L’avversario dei bianconeri è l’Al-Ain, che presenta il 5-3-2 delle grandi occasioni, con un sempreverde Rui Patricio in porta. I bianconeri sono reduci dalla visita alla Casa Bianca, dove sono stati costretti ad ascoltare Trump mentre parlava ai giornalisti della guerra e del calcio femminile, in uno dei momenti più surreali della storia recente del calcio, ma in campo mettono subito le cose in chiaro, come fa l’America quando subentra nei grandi conflitti: all’intervallo il risultato è sul 4-0 per la squadra di Tudor, con la doppietta di Kolo Muani, il gol di Conceição e la gemma di Yildiz (che ancora una volta segna all’esordio in qualche torneo), nel secondo tempo arriverà anche il quinto gol di Chico Conceição. Se nel corso della stagione i giocatori della Juve sembravano spaventati anche da un fiammifero, a Washington i ragazzi di Tudor sembrano una banda di potenziali piromani: vanno a duemila, recuperano il pallone velocemente, si cercano e si trovano anche a occhi chiusi. In attesa dei recuperi di alcune pedine fondamentali (contro l’Al-Ain hanno riassaporato il campo Gatti e Koopmeiners), Tudor spinge sul blocco visto nel rush finale, con un Kelly in netto miglioramento con l’approccio al ruolo, e Alberto Costa in versione treno merci. Il portoghese è un’iradiddio sulla fascia destra e confeziona anche due assist, mentre l’enigma principale riguarda Conceição e Kolo Muani, entrambi in prestito ma sempre più incisivi nell’ecosistema bianconero. Sorrisi e sacrificio, il primo posto in classifica e la voglia di spingersi oltre. La Juventus di Tudor parte alla grande in America, e già nel prossimo turno può ipotecare il passaggio del turno.

Seconda giornata:

  • Juventus-Wydad Casablanca
  • Manchester City-Al Ain

GIRONE H 

Al-Hilal, Pachuca, Real Madrid, Salisburgo

Esordio a tutto tondo per Real e Al-Hilal, che accolgono nelle loro rispettive panchine Xabi Alonso e Simone Inzaghi. Ne viene fuori un match spettacolare, soprattutto per merito del coraggio e del dinamismo del club saudita. Senza Mbappé, Xabi Alonso sceglie il giovane Gonzalo Garcia, mentre dietro giocano subito i nuovi arrivati, Huijsen e Alexander-Arnold. Inzaghi ci ha messo poco a dare un’impronta decisa all’Al-Hilal, e la mezz’ora iniziale è quasi un monologo dei sauditi, più vivi e spigliati rispetto a un Madrid alla ricerca di geometrie. A Renan Lodi viene anche annullato un gol per fuorigioco, Inzaghi comincia a dispensare urla a qualsiasi oggetto vestito di blu, e nel frattempo il Real Madrid rispolvera la ripartenza all’italiana, finalizzata da Gonzalo Garcia su assist di Rodrygo. L’Al-Hilal ci mette poco a pareggiare la gara, grazie al calcio di rigore realizzato da Ruben Neves. Xabi Alonso non stravolge i suoi Blancos rispetto a quanto visto lo scorso anno, e sceglie la via della continuità anche nelle sostituzioni, con Tchouameni che continua il suo viaggio da nomade nella parte arretrata del campo mentre Asencio lascia il posto a Guler. Il turco da quella marcia in più al Madrid, e nel frattempo il ritmo dei sauditi è calato notevolmente, prevedibile considerando il dispendio enorme di energie del primo tempo e il caldo asfissiante di Miami. Nel finale il VAR assegna un rigore al Real Madrid per una manata di Al-Qahtani su Fran Garcia. Dal dischetto Valverde incrocia il destro ma Bonou azzecca l’angolo e mette il sigillo finale al pareggio. Due cantieri ancora in fase di avvio, ma arrivano già i primi segnali da una parte e dall’altra. Se Inzaghi può ritenersi soddisfatto per qualità e ritmo messo in campo, Xabi Alonso attende il ritorno di Mbappé per cercare di nascondere le difficoltà evidenziate in questo primo match, fotocopie dell’ultima stagione blanca. 

Foto: fifa.com

Altrettanto divertente è la gara tra Pachuca Red Bull Salisburgo. A Cincinnati trionfano gli austriaci dopo un match durato quattro ore (sospeso per un’ora e quaranta per l’acquazzone che ha colpito la città durante il secondo tempo). Gara divertente e frizzante fin dai primi minuti, con i messicani che rispolverano un centravanti d’area di rigore come Salomon Rondon, stranamente poco freddo e lucido contro l’estremo difensore del Salisburgo, l’impronunciabile Zawieschitzky. A ridosso dell’intervallo gli austriaci trovano il vantaggio grazie alla perla di Oscar Gloukh, l’israeliano lascia a terra Pedraza e batte Moreno con un destro a giro di pregevole fattura. Nella ripresa la gara si interrompe per quasi due ore per il temporale, poi riparte e i fulmini lasciano spazio ai fuochi d’artificio. Il Pachuca trova il pareggio grazie a una punizione di Gonzalez, su cui barriera e portiere non fanno una bella figura; Rondon continua la sua ricerca spasmodica del gol ma non riesce a segnare. Chi riesce a gonfiare la rete è l’altro centravanti, il neo-entrato Onisiwo, che sale in cielo e riesce a indirizzare e colpire forte il pallone, per un vantaggio che spedisce il Salisburgo in vetta alla classifica. In attesa della gara contro l’Al-Hilal gli austriaci provano a inserirsi di soppiatto in alto alla classifica.

Seconda giornata:

  • Salisburgo-Al-Hilal 
  • Real Madrid-Pachuca
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Calcio

Mondiale per Club, il resoconto della prima giornata (Prima parte)

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Polemico, esagerato e curioso, proprio come sa essere l’America. Il nuovo Mondiale per Club voluto dalla FIFA rispecchia i canoni degli Stati Uniti, che si preparano al mondiale tra nazionali (in programma il prossimo anno) con una parata di stelle e altri elementi celesti più misteriosi, ma intensi e curiosi. Tante le novità in esperimento, numerosi argomenti di valutazione, ma nel frattempo la prima giornata è terminata nella notte, e tra poco il mondiale riparte con la seconda giornata. Allora ecco la prima parte dell’analisi delle prime gare del Mondiale per Club, girone per girone.

GIRONE A 

Al-Ahly, Inter Miami, Porto, Palmeiras 

Uno dei raggruppamenti più intriganti dell’intero mondiale, non tanto per la quantità elevata di “big” al suo interno, ma per l’alone di mistero e curiosità che circola attorno a Messi e avversari. Dopo le prime due partite la classifica è rimasta la stessa dello scorso venerdì, quando ancora il torneo non era cominciato. L’ordine rimane quello alfabetico, la differenza reti pari ai gol realizzati dalle quattro squadre, ossia zero, ma le due gare sono state tutt’altro che noiose.

Foto: fifa.com

La gara tra AlAhly e l‘Inter Miami apre il mondiale. Nel primo tempo gli egiziani dominano in lungo e in largo, come non si vedeva probabilmente da Cleopatra e family. La retorica storica però non è casuale, perché nell’assedio costante dell’Al-Ahly verso la porta avversaria emerge un altro reperto di notevole importanza nella gara: il portiere dell’Inter Miami, tale Oscar Ustari, 38 anni compiuti. Il portiere argentino è il protagonista della prima frazione perché mette a referto una serie di parate sensazionali, e mette la ciliegina al minuto 43 quando ipnotizza Trezeguet dal dischetto. Nel secondo tempo l’Inter Miami prova a giocare con maggior qualità, e la modalità è quella nota a tutti: palla a Messi e poi si vede. Al minuto 63 tutto lo stadio trattiene il fiato per la punizione di Messi, l’argentino cerca la soluzione a effetto e spedisce la palla in rete. Peccato che la palla non giri abbastanza e si vada a incastrare nella parte esterna della porta, regalando soltanto l’illusione ottica di un grande gol. Nel finale emerge anche l’altro estremo difensore, l’egiziano El-Sheenawy, anche lui ben navigato grazie alle sue 36 primavere. Le sue parate chiudono la porta, e dove non arriva El-Sheenawy ci pensano i legni, come quello colpito all’ultimo istante da un tiro-cross di Messi. Finisce 0-0.

Nell’altra gara del girone Porto e Palmeiras giocano talmente a viso aperto che si devono arrendere a uno 0-0 che suona come un oltraggio al calcio, per la mole di occasioni avute da entrambe le squadre. Due gemme per parte, Estêvão per i brasiliani e Rodrigo Mora per i portoghesi, ma le due squadre presentano un parco giocatori talmente completo da poter andare in guerra e a una sfilata a Hollywood allo stesso tempo. Tante, tantissime, troppe, occasioni e in questo teatro emergono artisti incompresi, o magari talmente sconosciuti a sé stessi da essere perfetti per dominare la scena. È il caso del portiere del Porto, Claudio Ramos, provvidenziale con una serie di parate tanto efficaci quanto qualitativamente orrende. Il Palmeiras ai punti meriterebbe almeno un gol, ma il palo e le parate sconsiderate di un Ramos in giornata di grazia non cambiano il risultato. Anche l’altra gara finisce 0-0.

Seconda giornata:

  • Palmeiras-Al-Ahly
  • Inter Miami-Porto 

GIRONE B 

Atletico Madrid, Botafogo, PSG, Seattle Sounders

Dopo aver schiantato l’Inter in finale di Champions League, il Paris Saint-Germain arriva al Mondiale per Club con i favori del pronostico. L’armata di Luis Enrique fa il suo esordio a Pasadena contro l’Atletico Madrid, al cospetto di un caldo torrido e ottantamila persone, a cui vanno aggiungi i sedici giocatori impiegati da Simeone nel corso della gara. Si prospettava come il match di cartello di questa prima giornata, e invece termina con un PSG che passeggia e domina per 4-0. Al momento i parigini viaggiano a una cilindrata nettamente superiore rispetto alla concorrenza, e anche senza due pilastri offensivi fondamentali, come Dembelé e Barcola, ci pensano gli altri diamanti che Parigi sta conservando, Fabian Ruiz e soprattutto Vitinha. Il centrocampista portoghese continua il suo mostruoso dominio del gioco e adesso si comincia a comprendere al meglio la sua leadership. Le altre due firme sono di Kang-In Lee e Mayulu, che in questo ultimo mese sta cercando di rinominare la celebre zona Cesarini. Per la banda del Cholo si mette subito in salita, anche se la qualificazione non sembra in discussione.

Foto: fifa.com

Nell’altro match i meno quotati Botafogo e Seattle Sounders regalano comunque un match intenso e spettacolare, vinto dai brasiliani grazie a due sigilli nel primo tempo. Il Botafogo va in vantaggio grazie a un colpo di testa dell’altissimo Jair Cunha (1.98m), poi raddoppia con un’altra incornata, questa volta del centravanti Igor Jesus. Nel secondo tempo gli statunitensi accorciano le distanze con Roldan, e nel rush finale sfiorano più volte il pareggio, ma il Botafogo decide di affidarsi a due, non troppo vecchie, meteore della nostra Serie A come Arthur Cabral e Joaquin Correa. Il risultato non cambia, anche se il Tucu sfiora subito il primo gol con la maglia del Fogão, stoppato da un grande intervento del portiere Frei. Successo che può rilanciare il Botafogo, che può approfittare della pesante sconfitta dell’Atletico Madrid, a patto che non si arrendano anche loro a un’imbarcata dai parigini, che negli ultimi tempi sembra l’unica soluzione percorribile.

Seconda giornata:

  • Paris Saint-Germain-Botafogo
  • Seattle Sounders-Atletico Madrid

GIRONE C 

Auckland City, Bayern Monaco, Benfica, Boca Juniors

Sulla carta sarebbe il girone più equilibrato del Mondiale, ma dopo la gara del Bayern Monaco ovviamente questa analisi va rivisitata. Contro i dilettanti dell’Auckland City i bavaresi non vanno per il sottile, confermando la freddezza e il cinismo che distingue il tedesco medio: termina 10-0, sei a zero all’intervallo. Troppa la differenza tra le due squadre per buttare giù una qualsiasi cronaca, anche se le storie extra-calcistiche dei dilettanti di Auckland sono manna dal cielo per le pagine romantiche di calcio. Il campo però non lascia spazio a interpretazioni: neozelandesi con un 5-5-0 non troppo compatto, i bavaresi lasciano Neuer in mezzo al campo a riscaldarsi seduto sul prato di Cincinnati e nel frattempo disintegrano la porta di Tracey, che nella vita fa il magazziniere. Qualificazione praticamente ipotecata, anche se adesso comincia a tutti gli effetti il mondiale di Kompany e…company;

Foto: fifa.com

L’equilibrio del gruppo C è rappresentato da Boca Juniors e Benfica, che scendono in campo all’Hard Rock Stadium di Miami. Senza troppi indugi è una delle partite più belle del primo turno di match. Ruvido, qualitativamente entusiasmante e ricco di calcio e calci, come impone la tradizione. Il Benfica sembra essere favorito dopo i primi minuti, ma gli argentini in dieci minuti mettono in scena tutto il loro calcio: vantaggio di Merentiel su assist di Blanco, che si concede il lusso di un tunnel prima del pallone per l’attaccante argentino, e raddoppio su palla inattiva con la testata vincente di Battaglia. Prima dell’intervallo il Boca completa il proprio manifesto sudamericano, quando a ridosso dell’intervallo il Benfica conquista un rigore per un calcio di Palacios su Otamendi. L’arbitro va al VAR e Ander Herrera -uscito anzitempo per infortunio- decide di farsi espellere per proteste. Di Maria accorcia le distanze dal dischetto e al rientro dagli spogliatoi Bruno Lage alza i toni dell’attacco con Belotti. L’ingresso del “Gallo” è agonisticamente impattante, forse troppo, perché al minuto 72 Belotti viene espulso per un calcio alla nuca di un avversario. La partita è tesa come una corda di violino, lo spettacolo ha lasciato spazio a un’intensità che sembra più da finale dei mondiali, che da fase a gironi, e parlando di mondiali non può che emergere un argentino, anche se veste la maglia del Benfica. Otamendi si stacca sul primo palo, impatta violentemente la sfera e pareggia la partita. Prima del triplice fischio c’è ancora tempo per un ultimo assaggio di calcio selvaggio, offerto da Figal: pestone da ergastolo sullo stinco di Florentino e cartellino rosso diretto. Finisce in parità, e il cammino di Boca e Benfica passerà dalla gara contro Auckland, in cui servono tanti gol per la differenza reti.

Seconda giornata:

  • Bayern Monaco-Boca Juniors
  • Benfica-Auckland City

GIRONE D

Chelsea, Esperance Tunis, Flamengo, Los Angeles FC

Il gruppo D diventa subito di dominio di Chelsea e Flamengo, come da pronostico. I londinesi cominciano la propria competizione contro il Los Angeles Fc di Giroud (inizialmente in panchina) e Lloris, e vincono con qualche difficoltà grazie a un gol per tempo. Forti del successo in Conference League, Maresca schiera la miglior formazione per evitare di incappare in qualche inconveniente in stile Italia a USA94′. La gara comincia con un colpo d’occhio agghiacciante, con le tribune dello stadio di Atlanta semi-vuote. Per fortuna gli spalti si riempiono leggermente nel corso della gara, e il Chelsea ingrana anch’esso alla distanza, per poi vincere senza evidenti fatiche. Il vantaggio è siglato da un ottimo Pedro Neto, frizzante nella fascia destra fin dall’inizio, incontenibile per il lussemburghese Chanot. Nel secondo tempo fanno il loro esordio in maglia Blues i due nuovi acquisti, Essugo e Delap, mentre sponda L.A. entra Giroud. L’ingresso del francese alza notevolmente il peso dell’attacco statunitense, e la difesa del Chelsea comincia a concedere qualche occasione, poi però viene fuori nuovamente il livello tecnico della banda Maresca, che chiude i discorsi a dieci dal termine. Delap pennella un ottimo cross in mezzo, Enzo Fernandez si avventa sulla sfera e mette il sigillo finale. Non un esordio da sogno per il Chelsea, che riesce comunque a conquistare i tre punti che gli servivano. La qualificazione è un duello con il Flamengo, prossimo avversario dei Blues. Occhio però a considerare fuori dai giochi il Los Angeles FC.

Foto: fifa.com

Nell’altro match il Flamengo fa il suo esordio in grande stile contro l’Esperance Tunisi. La differenza tecnica tra le due squadre è evidente, ma i brasiliani giocano un gran match sotto ogni punto di vista. Sigla il vantaggio uno dei simboli del Fla, il fantasista uruguaiano De Arrascaeta. L’ex Fiorentina Pedro ha l’occasione per raddoppiare, ma decide che per il momento non è il caso di segnare. La formazione del Flamengo è un’ode alla nostalgia calcistica, data la vasta presenza di ex Serie A come Pulgar, Gerson, Pedro e il nuovo arrivato Jorginho. Nel secondo tempo è proprio Jorginho a mettersi in mostra, grazie a un filtrante no-look verso Luiz Araujo, che aggiunge il suo tocco di classe con un mancino a giro che si insacca alle spalle del portiere Ben Said. Nell’Esperance Tunisi, a parte un’ottima presenza di tifosi nelle tribune, da segnalare una delle figure più pittoresche di questo mondiale, l’attaccante Rodrigo Rodrigues.

Seconda giornata:

  • Flamengo-Chelsea
  • Los Angeles FC-Esperance Tunisi 
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Calcio

Spalletti saluta con una vittoria, ma l’Italia non gira. 2-0 a Reggio Emilia tra mugugni e difficoltà

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L’Italia vince in casa contro la Moldova e cerca di recuperare il gap con la Norvegia. La pesante sconfitta di Oslo lascia i propri strascichi, con Luciano Spalletti che lascia la panchina della nazionale con una vittoria troppo stretta e ostica, sigillata dai due gol di Raspadori e Dimarco.

Le scelte per l’ultima di Spalletti

Dopo la figuraccia di Oslo, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico. Ha del surreale l’annuncio di tale notizia, comunicata proprio dallo stesso Spalletti in conferenza stampa, seguita dall’annuncio della sua presenza in panchina per questa gara. Per la sua ultima panchina in Azzurro, Spalletti non stravolge la formazione, ma si limita a qualche cambio. Tornano Cambiaso e Dimarco negli esterni, mentre in difesa fa il suo esordio assoluto il capitano della Fiorentina, Luca Ranieri.

ITALIA: Donnarumma, Di Lorenzo, Bastoni, Ranieri, Cambiaso, Frattesi, Ricci, Tonali, Dimarco, Raspadori, Retegui. 

Il Mapei Stadium cerca di mascherare questa cornice surreale, e fin dai primi minuti il tifo azzurro è attivo e caloroso. L’Italia cerca di rispondere con una maggiore incisività nel possesso e nel palleggio, anche se tutta la Moldova si muove seguendo un blocco compatto e unito. Al decimo minuto gli ospiti trovano addirittura il vantaggio, ancora una volta l’Italia è troppo leggera nel ripiegamento, le marcature sono leggere, a tal punto che il numero 9 Nicolaescu trova di testa il vantaggio. Il Mapei rimane in assoluto silenzio, ma a rianimare il pubblico ci pensa -per nostra fortuna- il VAR, che annulla la rete per un fuorigioco quasi millimetrico dell’attaccante moldavo. Il primo ruggito verso la porta è un tiraccio di Tonali, il centrocampista del Newcastle cerca il palo lontano, ma trova la parte centrale della Tribuna Sud. Pochi minuti più tardi gli Azzurri sfiorano il vantaggio su calcio piazzato: Retegui viene randellato al suolo da un difensore moldavo, Raspadori disegna un ottimo cross al centro, ed è anche pregevole la girata di testa di Ranieri, sfortunato nell’esito perché il pallone impatta sulla traversa. Vicino al gol all’esordio il capitano della Fiorentina, che continua a confermarsi pericoloso nel gioco aereo. La linea di pressione degli azzurri è alta, ma continua a mancare la giocata tra le linee. Non è una pressione incisiva e precisa, e la Moldova quando riparte fa sempre paura, non tanto per la qualità dei singoli ma per le voragini che la difesa dell’Italia concede. A ridosso della mezz’ora i moldavi protestano per un fallo in area di rigore di Dimarco, ma l’arbitro giudica regolare il recupero, rischiosissimo, dell’esterno dell’Inter. Al 31′ Retegui si trova per la prima volta dentro l’area senza un moldavo attaccato, il centravanti dell’Atalanta riceve un pallone sporcato da Frattesi e cerca la soluzione mancina di prima intenzione, il portiere Avram si tuffa in anticipo e respinge senza troppi problemi. Il ritmo degli Azzurri comincia a crescere, e le occasioni cominciano ad arrivare con più regolarità. Al 36′ Dimarco si getta in area ma il suo diagonale non trova la porta di Avram. Da sinistra si comincia a sfilacciare la difesa moldava, e su quel versante Dimarco arriva al cross sul primo palo, Retegui va in anticipo ma ci va di stinco, palla fuori di poco. Il muro moldavo crolla al minuto 40: Ranieri chiede, e ottiene, il triangolo da Dimarco, mette in mezzo un buon cross respinto di testa da Ionita, in anticipo su Tonali, e sulla respinta Raspadori calcia di prima intenzione, destro potente e preciso sul primo palo, Avram non accenna nemmeno l’intervento e siamo avanti. Il vantaggio rischia di durare meno di un minuto, perché la Moldova arriva al tiro da fuori con Reabcuk, Donnarumma interviene con i pugni ma il primo ad avventarsi è Ionita, vecchia conoscenza della Serie A, il capitano moldavo calcia con il mancino e la palla sibila con il palo e termina fuori. Tanti, troppi, errori dell’Italia in un primo tempo che lascia più ombre che luci, nonostante il vantaggio all’intervallo.

Nella ripresa Spalletti muove subito la panchina: escono Dimarco e Ricci, dentro Orsolini e Barella. L’esterno del Bologna si piazza sulla destra, ed è subito decisivo nell’azione che porta al raddoppio. Al 50′ Orsolini salta il diretto avversario, arriva sul fondo e mette un buon cross rasoterra con il destro, Frattesi mastica la conclusione ma a convertire in rete ci pensa il destro di Cambiaso, tiro centrale su cui Avram non fa una bella figura. È un’altra Italia quella scesa in campo nella ripresa, più pimpante e concentrata rispetto al primo tempo, ricco di errori e rischi. Il gap da colmare con i norvegesi è alto, e segnare quante più reti possibili diventa l’obiettivo prioritario, a tal punto che gli Azzurri sono sbilanciati in avanti, e per fortuna i moldavi non sono pericolosi come nel primo tempo. All’ora di gioco ci prova ancora una volta Tonali, questa volta il suo destro è potente ma centrale, Avram risponde con i pugni. Ai tre cambi della Moldova, Spalletti risponde con la staffetta tra Retegui e Lucca. Per l’ultima volta Spalletti decide di non schierare il doppio centravanti, fondamentale che in alcuni momenti del ciclo azzurro, che si conclude oggi, forse sarebbe stato utile. L’ingresso dell’attaccante dell’Udinese regala centimetri importanti per l’attacco, anche se la scheggia impazzita rimane sulla destra Orsolini, l’unico che concretamente si concede il dribbling e la giocata imprevedibile. Anche gli ultimi due cambi di Spalletti non lasciano trasparire una voglia concreta di attaccare a testa bassa, perché entrano Daniel Maldini e Coppola al posto di Raspadori e Ranieri (uscito malconcio dopo un duro scontro con un giocatore moldavo), ma la musica non cambia: encefalogramma quasi piatto e tanti errori banali in impostazione. All’87’ ci prova Orsolini, favorito da una buona triangolazione degli altri due nuovi entrati, Lucca e Maldini, il tiro dell’esterno del Bologna è sul primo palo e Avram non ha problemi a respingere con i pugni. Nel finale la Moldova attacca a testa bassa, e l’Italia cerca in tutti i modi di subire un gol che gli avversari meritano ampiamente. Donnarumma rischia l’harakiri ma rimedia, e la partita si conclude con i moldavi in assedio della nostra area di rigore, un’immagine emblematica del ciclo di Spalletti che termina dopo sei minuti di recupero.

Alla vigilia Spalletti ha detto di voler salutare con una prestazione di livello, e con una vittoria. La vittoria è arrivata, ma si può essere tutto tranne che soddisfatti di quanto visto a Reggio Emilia. Lenti, macchinosi e ancora una volta terribilmente sbilanciati e  sconnessi tra i reparti. La decina di tiri effettuati dalla Moldova fanno riflettere parecchio e per colui che arriverà sulla panchina azzurra (il favorito è Claudio Ranieri) adesso bisognerà ricostruire il muro difensivo che tanto ci ha contraddistinto nella nostra storia. L’attacco necessita di maggiore presenza, perché anche oggi Retegui è stato ingabbiato dai difensori avversari, e chissà che adesso si riparta dal doppio centravanti, che Spalletti ha scelto apertamente di non utilizzare. Si conclude con una vittoria l’esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell’Italia, che ha sbagliato tanto nel corso della sua esperienza da c.t, ma adesso il calcio italiano attende il suo successore per cercare di colmare il gap con la Norvegia ed evitare lo spauracchio dello spareggio per andare al mondiale. Appuntamento al 5 settembre in casa contro l’Estonia.

Ci sarà un nuovo allenatore, e si spera ci sia una nuova Italia…

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