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Calcio

Il Supercommento della 23ª giornata di Serie A

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Grafica: Julya Marsala

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della ventitreesima giornata di Serie A.

Parma – Lecce (A cura di Tommaso Patti)

Krstovic e Pierotti stendono il Parma in una partita fondamentale per la lotta salvezza

Dopo venti minuti in cui la gara sembra destinata a rimanere in parità e senza grosse occasioni da gol, il Parma si accende improvvisamente con Mihăilă: l’esterno rumeno calcia in porta da lunghissima distanza dopo aver saltato brillantemente due avversari, ma la sua conclusione si stampa sul palo successivamente all’intervento miracoloso in allungo di Falcone. Dal palo di Mihăilă, la partita si accende definitivamente, con il Parma prende campo e prova a sfruttare la fisicità del neo acquisto Djuric che, al 29, stacca di testa all’interno dell’area di rigore con il tentativo di indirizzare la sfera nello specchio della porta, traiettoria che però viene deviata da un intervento di mano da parte di Baschirotto. Dopo un check al VAR, Sozza assegna il calcio di rigore per il Parma, realizzato grazie alla freddezza e alla potenza di Emanuele Valeri. La risposta del Lecce, oltre ad essere immediata, è anche frutto di alcune nozioni di Giampaolo, capace di trasmettere ai suoi la forza giusta di combattere nonostante una situazione di svantaggio, trovando nella difficoltà i mezzi per poter reagire subito, come accaduto al 36’, quando su un cross di Helgason, Krstovic salta e anticipa tutti all’interno dell’area di rigore, firmando la rete del nuovo pareggio. Nonostante l’esempio lampante avversario di come reagire ad un gol subito, il Parma non riesce a mantenere un ritmo alto, subendo la rete del 1-2 e sbagliando totalmente la fase difensiva sull’uscita in verticale del Lecce, portata avanti da Krstovic, che successivamente serve in profondità e manda al gol Pierotti. Anche in situazione di svantaggio, la squadra di Pecchia non riesce a trovare gli spazi giusti per far male ai salentini, che però sfruttano la velocità di Helgason combinata alla buona prestazione di Tete Morente per far paura a Suzuki. La possibilità per pareggiare la sfida arriva da un regalo della difesa giallorossa, quando su un indecisione in uscita di Falcone, Valeri calcia quasi a porta vuota di potenza, ma l’opposizione dello Falcone salva il risultato. A sigillare la grande prestazione dei salentini ci pensa nuovamente Pierotti, che chiude la gara con una doppietta dopo essere stato servito nuovamente da un ispiratissimo Krstovic. La serata di grazia dell’argentino regala al Lecce tre punti importantissimi in ottica salvezza, punti che mancano pesantemente ad un Parma sempre più in crisi di risultati e di identità.

Monza – Hellas Verona (A cura di Marco Rizzuto)

Sprofondo rosso, il Monza crolla anche contro il Verona

Il Verona s’impone all’U-Power Stadium vincendo lo scontro salvezza contro il Monza. I scaligeri spaventano dopo pochi minuti grazie ad un ottimo pressing sulla metà campo avversaria di Mosquera e Sarr che, strappando il pallone a Sensi, spezzano in due la formazione brianzola, il numero nove serve Serdar che colpisce il palo esterno, graziando i  padroni di casa. Al 12′ i gialloblù schiacciano l’acceleratore, sfruttando lo sprint determinante di Serdar che, arriva a fondo campo e mette in mezzo un cross teso, spinto in porta dall’intervento maldestro e sfortunato di Lekovic, che non si presenta al migliore dei modi ai tifosi dell’U-Power Stadium. Il Monza tenta di reagire ma le conclusioni verso la porta tardano ad arrivare, solo Dani Mota alla mezz’ora impegna Montipò con un tiro a giro dalla distanza che non causa problemi. Alla ripresa il Verona sfiora il raddoppio grazie ad una prestazione superlativa di Sarr, lo svedese percorre tutta la fascia per poi accentrarsi e servire Niasse totalmente libero, il senegalese spreca calciando alto. Il secondo tempo diventa un monologo gialloblù, il Monza si dimostra una squadra in balia delle tenebre, perennemente sottotono, incapace di dare una svolta a questo campionato negativo. Il triplice fischio vede la vittoria convincente del Verona che, balza al tredicesimo posto a quota 23 punti. Il Monza prosegue all’ultimo posto in solitaria, a sole 13 lunghezze.

 

Udinese – Venezia (A cura di Tommaso Patti)

Spettacolo e tanti gol a Udine, i bianconeri superano l’ostacolo Venezia

La sfida salvezza tra Udinese e Venezia parte in maniera equilibrata, con azione da entrambe le parti che mantengono la gara ad alto livello fin dai primi minuti. Al 17’, il Venezia perde per infortunio Filip Stankovic, probabilmente per la miglior sorpresa nel reparto dei portieri di questa Serie A, arriva un infortunio che lo vedrà costretto a rimanere ai box per parecchio tempo, a causa di un problema al tendine rotuleo. Superata la mezz’ora, la formazione friulana prova ad accendere i giri del motore, sfiorando il gol con la conclusione da lunga distanza di Ekkelenkamp, murata dall’intervento di Joronen, subentrato a Stankovic e subito decisivo per i suoi. Dopo un primo tempo a reti bianche, la gara si stappa dopo appena due minuti nella ripresa, quando sul cross di Kamara, Lucca arriva prima di tutto sul secondo palo anticipando l’uscita di Joronen, firmando la sua nona rete in questa Serie A, gol che allontana tutte le voci di mercato che lo vedevano vicino alla Roma già in questa sessione di mercato. Su un’altra indecisione di Joronen, l’Udinese raddoppia con Lovric, che calcia al volo e di prima intenzione sulla respinta errata del portiere finlandese. Successivamente alle occasioni di Thauvin e Busio, il Venezia accorcia le distanze con il calcio di punizione di Nicolussi Caviglia, che segna nuovamente all’Udinese dopo il gol del girone d’andata, anch’esso arrivato su un calcio di punizione. A mantenere alto il livello dei bianconeri ci pensano Atta e Lucca, entrambi imprecisi al momento del tiro ma utili alla propria squadra per non farsi schiacciare dalle avance venete. Su un’altra indecisione di un estremo difensore, in questo caso di Sava, il Venezia trova la rete che ristabilisce la parità al Bluenergy Stadium. La squadra di Runjaic però non ci sta, e si riporta in vantaggio grazie ad una giocata individuale di Solet, che riesce a servire e a far calciare di esterno Iker Bravo, che riporta avanti la sua squadra e regala i tre punti all’Udinese. Nonostante un assalto finale, il Venezia esce sconfitto a Udine, in uno scontro fondamentale per la salvezza, che adesso vede la squadra di Di Francesco al diciannovesimo posto con 16 punti, mentre i padroni di casa salgono addirittura a +9 dalla zona retrocessione, trovando il successo dopo 99 giorni tra le mura amiche.

 

Atalanta – Torino (A cura di Marco Rizzuto)

 Il muro Milinkovic ferma la Dea, al Gewiss finisce 1-1

Al Gewiss  la decide la difesa, Djimstii apre e Maripan risponde. Il Torino guadagna un punto d’oro grazie ad un grandissimo Milinkovic-Savic. La gara si apre con un avvio lento e privo di occasioni significative, contrariamente al solito approccio spumeggiante che abbiamo solitamente intravisto dalla squadra di Gasperini. Al 20′ la Dea passa in vantaggio con l’ex Bellanova, ma la rete viene annullata per il tocco di mano dell’esterno nerazzurro. L’Atalanta prosegue dominando il primo tempo e trovando il gol del vantaggio al 34′, stavolta in modo  regolare: da calcio d’angolo Bellanova pesca con un cross a regola d’arte l’incornata perfetta di Djimsiti che, buca Milinkovic-Savic mandando in vantaggio la Dea. Il Torno non perde tempo e pareggia i conti dopo cinque minuti con un altro colpo di testa vincente, quello di Maripan. Il cileno prende il tempo alla difesa nerazzurra siglando il suo primo gol in Serie A. La prima frazione termina col brivido per i granata, nel recupero la Dea due volte la seconda rete, graziando il Toro entrambe le volte. Nel secondo tempo la metà campo granata viene presa assiduamente sotto assedio dai bergamaschi, fino a quando al 72′ sul cross di Pasalic, Retegui viene atterrato da Coco in area di rigore e l’arbitro indica immediatamente il dischetto. L’italo argentino si fa ipnotizzare da Milinkovic-Savic che si distende deviando la conclusione in calcio d’angolo. Sul finale assistiamo al ritorno in campo di Scamacca, 181 giorni dopo, il centravanti subentra a Retegui ricevendo l’ovazione di tutto il Gewiss Stadium. Il match termina col malcontento nerazzurro per l’occasione sprecata che, mantiene la Dea a 47 lunghezze, a meno quattro dall’Inter. Il Torino, nonostante l’ottimo punto portato a casa scala all’undicesimo posto della classifica, a 23 punti.

 

Bologna-Como (A cura di Dennis Rusignuolo)

Un gol per tempo, il Bologna continua a carburare

Italiano ripropone in 10/11 la formazione che ha pareggiato a Empoli la scorsa settimana, unica variazione il ritorno sulla destra di capitan De Silvestri al posto di Holm; Fabregas invece dà fiducia al nuovissimo arrivato Alex Valle, il terzino sinistro in prestito dal Barcellona. Parte aggressivo il Bologna, che al 2’ guadagna una punizione sulla destra calciata direttamente in porta da Lykogiannis e deviata in angolo da Butez. Un po’ in difficoltà Fabregas ad essere attaccato con le sue stesse armi: aggressività e verticalità. Vicinissimo al vantaggio il Bologna al 14’: angolo da sinistra e Lucumi sul primo palo centra la traversa. Asfissiante la pressione a tutto campo del Bologna, che non dà modo al Como nemmeno di pensare come organizzare la costruzione. Al 25’ il Bologna va meritatamente in vantaggio su sviluppo di calcio piazzato: un’altra pennellata da sinistra di Lykogiannis, il cui piede è sempre più caldo in questo ultimo periodo, viene incornata in rete da De Silvestri colpevolmente solo al centro dell’area. Anche la risposta del Como arriva da fermo: al 31’ un angolo da destra provoca una mischia a centro area dove le conclusioni di Cutrone e due volte di Paz sono respinte dalla difesa di casa. In contropiede i padroni di casa sfiorano subito il raddoppio, Dallinga taglia la centro dell’area, riceve un cross basso e teso di Ndoye e gira con il destro, pallone sulla traversa. L’arbitro Massimi interrompe il gioco e dinanzi a un nervosissimo Fadera estrae il cartellino rosso diretto, proteste veementi e troppo plateali del giocatore gambiano per un fallo subito a inizio azione. Al rientro dagli spogliatoi entrambi gli allenatori cambiano subito: Italiano inserisce Miranda al posto di Lykogiannis; Fabregas lascia negli spogliatoi Caqueret per Da Cunha. Nel secondo tempo il Bologna cerca di non abbassare il ritmo, mentre il Como cerca di non farsi schiacciare troppo anche a causa dell’inferiorità numerica. La pressione dei rossoblù è meno intensa del primo tempo, e i lariani cominciano a muovere con più lucidità e sicurezza il pallone, senza però avvicinarsi troppo alla porta di Skorupski. Al 66′ il Bologna prende il largo e sigilla il risultato: Miranda riceve palla sulla sinistra, disegna un cross avvitato e preciso verso il secondo palo, Fabbian (subentrato a Ndoye) sfrutta le sue doti di inserimento da centravanti puro e con il destro batte Butez. Il Como abbassa la guardia e accusa il colpo, cerca di riaccendersi con gli innesti dalla panchina, tra cui l’esordio di Ikoné. Le occasioni per la squadra di Fabregas palesano un tentativo di reazione, Ikoné spaventa Skorupski con il mancino a giro, mentre Strefezza colpisce la traversa con una deviazione di Moro. Nel recupero Nico Paz calcia una punizione dal limite dell’area in maniera magistrale, ma è altrettanto strepitosa la respinta di Skorupski, che nega il sesto centro all’argentino e blinda la porta dei rossoblù. Il progetto del Bologna prende sempre più forma, con lo sguardo puntato sempre sull’Europa che conta. La vittoria sul Como è frutto di una prestazione cinica e intelligente da parte della squadra di Italiano, che ha saputo sfruttare al meglio la superiorità numerica per colpire e piazzare i due sigilli da tre punti. Il Como rimane a ridosso della zona retrocessione, ma non si scosta dagli ideali tattici di Fabregas. La retorica dell’affondare seguendo le proprie idee è ciò che il Como deve evitare a partire dalle prossime gare, in cui tutti i nuovi innesti saranno a disposizione per alzare l’asticella del club lariano.

 

Juventus-Empoli (A cura di Dennis Rusignuolo)

Un ruggito nel secondo tempo per rialzare la testa

La mattinata soleggiata dello Stadium vede comparire i primi nuvoloni dopo nemmeno cinque minuti. L’Empoli approccia la gara in maniera coraggiosa, linea alta e pressione sui portatori di palla bianconeri. La squadra di D’Aversa trova soluzioni nei calci piazzati, poiché nei calci d’angolo i toscani trovano la Juve piuttosto piatta, rannicchiata attorno a Di Gregorio. Al quarto minuto la dura legge dell’ex punisce la squadra di Thiago Motta, con De Sciglio che si stacca sul secondo palo e di testa trova il jolly per portare in vantaggio l’Empoli. Il pubblico bianconero comincia a borbottare subito, quando oltre a non riuscire ad accennare una reazione, la Juve continua a subire il gioco dinamico e intenso dell’Empoli. A mandare un impulso ci prova Nico Gonzalez, l’argentino riceve il cross di McKennie e riesce a impensierire Vasquez in rovesciata. Nonostante un baricentro sempre più alto, i bianconeri non trovano sbocchi grazie alla pressione della squadra di D’Aversa, che riesce a respingere indietro gli attacchi della Juve. Tutte le offensive della squadra di Thiago Motta provengono dall’out di sinistra, Yildiz è ispirato e riesce a saltare sistematicamente Gyasi. Alla mezz’ora il turco arriva sul fondo e appoggia verso Koopmeiners, il piattone dell’olandese è destinato sul secondo palo ma la deviazione sfortunata di McKennie indirizza la sfera fuori dallo specchio della porta. Nella ripresa l’approccio della Juve è decisamente diverso: maggiore velocità nel fraseggio e riaggressione rapida e intensa. Così come nel primo tempo, anche nella ripresa Yildiz è il faro della squadra. La qualità del turco permette ai bianconeri di essere più imprevedibili, e il calo fisiologico dei toscani cambia radicalmente l’inerzia della gara. All’ora di gioco Vasquez sputa fuori una rasoiata mancina di Koopmeiners, poi ci pensa Kolo Muani a ristabilire la parità: il francese vince il contrasto con il neo-entrato Goglichidze e davanti a Vasquez è freddo e lucido, impatto devastante dell’attaccante in prestito dal PSG. La furia agonistica dei bianconeri mette a soqquadro la squadra di D’Aversa, che nel frattempo ha dovuto ricorrere a due cambi forzati per gli infortuni di Anjorin e Ismaijli. Tre minuti più tardi Yildiz si libera di due avversari con una ruleta (alla Zidane, parlando di numeri 10 bianconeri), scambia con McKennie e allarga verso Weah, lo statunitense non ci pensa su e calcia forte verso il secondo palo, Kolo Muani devia il pallone con il ginocchio sinistro e corregge la traiettoria del pallone verso il palo opposto, dove Vasquez non può arrivare. In quel momento l’Empoli esce agonisticamente dalla partita, Motta intanto rinforza l’attacco con Vlahovic e Conceicao e nella fase finale della gara la Juventus domina il gioco. I toscani rimangono in dieci, espulso Maleh per doppia ammonizione (fallo tanto inutile quanto brutto su Nico Gonzalez), i bianconeri ne approfittano e prendono il largo: gran gol di Vlahovic al novantesimo, mancino forte e preciso sul primo palo. Prima del triplice fischio Thuram sventaglia verso Conceicao, il portoghese controlla a seguire e insacca anche lui sul primo palo. Per una gara i fischi dello Stadium si tramutano in applausi, e i bianconeri si portano momentaneamente al quarto posto in classifica. Un successo che porta la firma, in toto, dell’attaccanti. 2 gol in 3 partite in questa prima avventura per Kolo Muani, il ritorno al gol di Vlahovic e Conceicao. I problemi della Juve non si risolvono di certo in questa gara, ma può essere un trampolino di lancio per un febbraio più che decisivo, tra campionato e Champions League.

Fiorentina – Genoa (A cura di Marco Rizzuto)

De Winter non basta, la viola vola e sogna la Champions

La Fiorentina vince e sogna in grande. Al Franchi i tifosi viola esultano subito per il gol -capolavoro- di  Moise Kean: all’8′ Mandragora crossa in centro area il pallone che spiove nella zona dell’ex Juve che, in girata colpisce la sfera con l’esterno, Leali vola ma non arriva. Si vede una sola squadra in campo ed è quella allenata da Palladino. Alla mezz’ora Beltran viaggia sulla fascia sinistra, alza la testa e pesca Gudmundsson in centro area, lasciato totalmente libero di calciare e raddoppiare, tornando al gol proprio contro la sua ex  squadra. Il match regala poche occasioni da gol, ma la Fiorentina quando si presenta in area è cinica. Alla ripresa il Genoa accorcia le distanze con De Winter, il belga di testa buca De Gea saltando più di tutti da calcio d’angolo. La rete del 2-1 rilancia la carica alla squadra di Vieira che spinge per la rimonta. A venti dalla fine si riaccende il duello tra De Winter e De Gea nuovamente dalla bandierina, stavolta però, è lo spagnolo a vincere il duello sventando la conclusione. Dopo un primo tempo abbastanza sottotono, il grifone spaventa i viola che, soffrono ma tengono botta, assicurandosi i tre punti. Il Genoa rimane quindi inchiodato a 26 punti con Torino e Lecce alle calcagna. La Fiorentina torna a vincere due volte consecutive grazie al super gol di Kean e al ritrovato Gudmundsson. Un sesto posto importante, a soli due punti dalla zona Champions. A Firenze si respira un’aria diversa rispetto a sole due settimane fa, e gli innesti del mercato di gennaio accendono l’entusiasmo dei tifosi.

Milan – Inter (A cura di Dennis Rusignuolo)

Fortuna e sfortuna in un derby che regala spettacolo e occasioni dall’inizio alla fine. Un derby che si tinge di arancione olandese, con i sigilli di Reijnders prima e De Vrij dopo. Può sorridere il Napoli, che adesso può scappare.

 

Roma – Napoli (A cura di Simone Scafidi) 

Nella cornice di un Olimpico gremito, Napoli e Roma combattono per difendere due facce diverse della medaglia: la squadra di Conte per preservare il primo posto, mentre quella di Ranieri per continuare una (lenta) risalita verso la zona Europa. Alla fine, il verdetto è un pareggio: Spinazzola porta avanti il Napoli nel primo tempo, ma allo scadere Angelino regala un punto prezioso alla Roma.

 

Cagliari – Lazio ( A cura di Simone Scafidi)

L’aquila torna a volare, tre punti in Sardegna per Baroni

Nel posticipo del lunedì sera, la Lazio ritrova la vittoria in casa del Cagliari. I padroni di casa inseriscono subito la quinta marcia e già al quinto minuto si rendono subito pericolosi con un tiro dalla distanza di Viola, neutralizzato da Provedel. Pochi istanti più tardi, Piccoli non riesce a insaccare il pallone da pochi passi, sfiorando il cross di Zappa che poi scorre in fallo laterale. Dopo un inizio abbastanza debole, la Lazio, aiutata anche dalla dea bendata, reagisce e trova il gol dell’1-0: sul tentativo di allontanamento del pallone da parte di Yerry Mina si avventa Dia, che in maniera molto rocambolesca devia la sfera che si insacca in porta, beffando Caprile. Sull’ormai consueto check del VAR, però, l’arbitro constata come l’attaccante biancocelesti abbia toccato il pallone con un braccio e annulla il gol. Sul finire del primo tempo il gol della Lazio arriva per davvero, con Zaccagni che arriva in spaccata sul cross preciso di Hysaj e porta in vantaggio i suoi. Il secondo tempo riprende a tinte rossoblù, prima con il tiro di Adopo, che finisce alto sopra la traversa, e subito dopo con l’incornata di Piccoli su situazione di corner, che sigla il gol del pareggio e il record di gol stagionali per il giovane attaccante italiano. Passano meno di due minuti e la Lazio reagisce prontamente, con Caprile che compie un gran intervento sul colpo di testa di Romagnoli, vicino al gol del vantaggio. Cinque minuti più tardi, al minuto 63, ancora Isaksen dà il via ad un’azione decisiva, il suo cross, seguito dalla sponda di Dia e il velo di Zaccagni, porta alla ribattuta sicura in porta di Castellanos, che insacca il gol del 2-1 e riporta avanti la squadra di Baroni. Da qui in poi, la manovra biancoceleste prende il sopravvento. Al 73’ Zaccagni si vede negare la doppietta da un super Caprile, che salva due minuti più tardi anche su Isaksen. Negli ultimi minuti esce l’orgoglio del Cagliari, con Augello che tenta la conclusione da lontano, sfiorando il palo e niente di più. Dopo cinque minuti di recupero arriva il fischio del direttore di gara, che sancisce la fine del match e il ritorno ai tre punti della Lazio sale al quarto posto in classifica ritornando in Zona Champions.

 

LA TOP11 DELLA 23ª GIORNATA

Grafica: Julya Marsala

Classe 2001. Studente in Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Palermo. Aspirante telecronista/giornalista sportivo e grande appassionato di calcio e di musica

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Calcio

Il Supercommento della 28 giornata di Serie A

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Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della ventiseiesima giornata di Serie A.

Cagliari-Genoa (A cura di Marco Rizzuto)

Il Cagliari spreca e il Grifone graffia, pareggio che sa di rimpianto.

L’anticipo del venerdì regala spettacolo e rammarico da entrambi i lati. Il Cagliari parte forte e domina nel primo tempo ma dorme nel secondo permettendo al Grifone di rimontare. All’Unipol Domus il Cagliari schiaccia sin da subito l’acceleratore, siglando il gol del momentaneo 1-0 al nono minuto con Piccoli. L’ex Lecce mandato in uno contro uno batte Leali sul secondo palo, ma la rete viene annullata per fuorigioco. Lo spirito offensivo dei padroni di casa non viene intaccato anzi.  Al quarto d’ora il legno su calcio di punizione di Coman nega il vantaggio. Poco più tardi il Genoa fallisce una clamorosa occasione sui risvolti di un calcio d’angolo, concedendo una sanguinosa ripartenza al Cagliari. Piccoli viene lanciato in profondità ma viene recuperato da Norton-Cuffy: i due si sfidano in un duello fisico con la punta che la spunta e riesce a servire una palla in verticale perfetta per la corsa di Viola che, in caduta sul mancino, riesce ad indirizzare sul secondo palo battendo Leali. L’Unipol Domus può finalmente festeggiare il tanto atteso vantaggio con la gara che sembra indirizzata verso la vittoria degli isolani. Alla mezz’ora però, Nicola è costretto ad effettuare il primo cambio della gara sostituendo l’infortunato Coman per una distorsione alla caviglia. Il primo tempo si riassume in un dominio dei padroni di casa che addirittura col rammarico di non essere sopra di due. Alla ripresa un lampo rimette tutto in parità: Miretti alza la testa e trova splendidamente Ekuban che, sgattaiola via dalla marcatura rivedibile di Luperto e imbuca per Cornet che deve solamente spingere in rete per riaccendere i giochi. Dopo il pari il Genoa prova a fare il colpaccio, ma l’incornata di De Winter finisce clamorosamente fuori, sprecando l’ottimo traversone di Martin. L’energia del Cagliari messa in gioco nel primo tempo è un lontano ricordo, come se i giocatori avessero lasciato la grinta negli spogliatoi. Il Genoa ne approfitta cercando di ricreare la stessa occasione del gol del pari per completare la rimonta, ma stavolta Caprile giocando d’anticipo riesce a spezzare l’assist di Zanoli -sempre per Cornet-. A dieci dal termine i padroni di casa tornano a creare in zona offensiva, ma il colpo di testa di Piccoli non trova la destinazione sperata dall’attaccante, terminando sul fondo. La gara termina in risultato di parità tra i fischi dei tifosi di casa che recriminano il mancato approccio al secondo tempo. Gli isolani dopo due sconfitte devono accontentarsi del pari, rimanendo ad una manciata di punti di vantaggio dalla zona retrocessione. Il Grifone d’altro canto, recupera una partita iniziata in salita blindando il dodicesimo posto della classifica.

Parma-Torino

Luci su Parma, Torino frenato sul 2-2

Al Tardini un buon Parma viene trascinato da Pellegrino e inchioda il Torino sul pareggio. Il match si apre il 18′ con un’occasione per i Ducali, che sugli sviluppi di un corner sfiorano il gol con la conclusione dalla distanza di Valeri. In pochi secondi il Torino reagisce in contropiede con Elmas, che piazza la sfera e porta in vantaggio i suoi con un colpo da biliardo, confermando il suo grandissimo momento di forma. Il macedone tenta di trovare il raddoppio al 30′ calciando dalla distanza, senza però avere successo. Allo scadere della prima frazione, una mischia selvaggia in mezzo all’area di rigore di Milinkovic-Savic fa tremare la squadra di Vanoli, che riesce a salvarsi. Nel secondo tempo la squadra di Chivu si sveglia e parte subito forte: al 60′, una palla vagante in area di rigore viene carpita da Mateo Pellegrino, che sigla il primo gol in Serie A. I Granata reagiscono prontamente e dopo pochi minuti trovano la forza di portarsi nuovamente in vantaggio, con Ché Adams che si infila e sfugge alla difesa del Parma battendo Suzuki. Tante emozioni, che ancora non sono finite. Con poche speranze rimaste, il Tardini continua a spingere i suoi giocatori e su situazione di calcio d’angolo, all’82’, Mateo Pellegrino svetta su tutti e trova nuovamente il gol del pareggio, condito dalla doppietta personale. Sulle ali di una nuova scoperta, Chivu continua a lavorare bene con un Parma che sembra in ripresa, mentre Vanoli lascia a Parma due punti che dovevano essere portati a casa.

Como-Venezia (A cura di Marco Rizzuto)

Gytkjaer sul finale mette ordine, il Como vanifica i tre punti

Il Como ingenuamente perde due punti contro un Venezia ferito e poco impattante. Lo scontro salvezza del Sinigaglia, strapieno per l’occasione, si inaugura con il calcio d’angolo battuto da Da Cunha. Il pallone preciso sul secondo palo viene impattato da Smolcic, lasciato totalmente solo. Radu in qualche modo si distende ed evita il gol grazie all’aiuto del palo. Nella prima mezz’ora si assiste ad un dominio dei padroni di casa che lasciano le briciole ai rivali del Venezia. A dieci dalla fine Butez viene chiamato per la prima volta in causa e risponde presente con una parata sulla conclusione al volo di Duncan, che per poco non trova un gol fantastico. La squadra di Fabregas continua a flirtare col vantaggio, questa volta con Nico Paz. Il giovane talento argentino calcia da lontanissimo mancando lo specchio di qualche centimetro. Nonostante il Como abbia maggior possesso il Venezia non rinuncia alla fase offensiva, in particolare alle ripartenze guidate da Oristanio. L’ex Inter taglia tutto il campo con un filtrante perfetto per l’inserimento di Duncan che spreca una grandissima occasione per stappare la partita. Il primo tempo si chiude sul risultato di 0-0, col Como che deve cercare di concretizzare maggiormente negli ultimi metri visto l’ottimo giro palla. La ripresa sorride ai padroni di casa. Ikone (subentrato per Strefezza), riesce ad auto lanciarsi grazie alla deviazione fortunata su Nicolussi Caviglia per poi calciare serrato sul secondo palo, inaugurando così un match che sembrava inchiodato sullo 0-0. Nonostante il vantaggio, il Venezia fa fatica a costruire nella metà campo avversaria, lasciando ai padroni di casa la manovra. Al 74′ Radu compie un doppio miracolo che tiene in vita i Lagunari: prima devia la conclusione di Ikone praticamente da due passi, poi in tuffo riesce a smanacciare sul colpo di testa a botta sicura di Goldaniga. Allo scadere, quasi come un fulmine a ciel sereno, Smolcic aggancia Carboni in area di rigore e l’arbitro senza esitare indica il dischetto. Dagli undici metri Gytkjaer toglie le ragnatele dall’incrocio destro firmando la rete del pareggio che regala al Venezia una speranza per la corsa salvezza.

Lecce-Milan (A cura di Dennis Rusignuolo)

Capitan America salva il Milan in Salento, Pulisic guida la rimonta sul Lecce

Confermata la rivoluzione tra le file del Milan: Bondo fa il suo esordio in maglia rossonera, mentre Conceição lascia inizialmente in panchina João Félix, Leão e Fofana. Giampaolo ritrova Pierotti e Helgason dal primo minuto. La gara si accende subito, dopo quaranta secondi, con il vantaggio rossonero: magia Pulisic su Guilbert, filtrante per Theo Hernandez, assist del francese verso Gimenez e Falcone bucato dopo nemmeno un minuto. L’entusiasmo del Via del Mare viene subito smorzato dal centro del “Bebote”, ma il VAR ravvisa la posizione di fuorigioco del messicano e la rete è annullata. Il ritmo è forsennato, il Lecce soffre la velocità e l’incisività delle fasce del Milan, ma trova subito lo spazio per colpire: incomprensione tra Reijnders e Alex Jimenez, Helgason ne approfitta e guida la ripartenza, filtrante verso Krstovic, movimento verso l’esterno e bolide con il destro dove Sportiello non può arrivare. Otto centri in campionato, torna a sorridere al Via del Mare il centravanti montenegrino (il cui ultimo gol in casa è datato dicembre 2024). Musah prova a rimettere subito in equilibrio la gara, movimento sgusciante tra difesa e centrocampo dell’americano e conclusione potente sul primo palo, ma Falcone è attento e respinge con le mani. La catena di sinistra sembra quella più vivace, con Guilbert che soffre terribilmente la posizione avanzata, e le sgasate costanti, di Theo Hernandez. Non è un pomeriggio fortunato per il Milan, a cui viene annullato un altro gol al quarto d’ora: cross teso di Theo sul primo palo, zampata decisiva di Gabbia, lasciato completamente solo dalla difesa salentina. Rete annullata per fuorigioco del difensore italiano al momento del cross di Hernandez, per mantenere vivo il calore del Via del Mare. Il Lecce continua a sfondare centralmente, Krstovic sciupa il raddoppio al 20′ con un mancino impreciso a porta vuota, conclusione che nasce dall’ennesimo pallone vagante su cui la difesa del Milan è poco lucida e reattiva, ed è sulla reattività che il Lecce cerca di affondare il colpo. Alla mezz’ora il Milan comincia ad alzare il baricentro e cresce sempre di più nella seconda fase del primo tempo. La squadra di Giampaolo cerca di ripartire sfruttando il lavoro di Krstovic, ma la pressione dei rossoneri non permette particolari incursioni. All’intervallo Conceição gioca subito la carta Leão, al posto di Alex Jimenez. Brutto primo tempo del giocatore spagnolo, su cui grava l’errore che ha spianato la strada al contropiede del Lecce in occasione del vantaggio. Nonostante il cambio, il copione tattico della gara rimane invariato, nessun cambio radicale di ritmo o intensità. Al 52′ Gimenez non riesce a colpire di testa, la palla rimane nei pressi dell’area piccola, il “Bebote” si costruisce lo spazio per calciare con il sinistro, pallone che colpisce in pieno il palo interno, a testimonianza del pomeriggio non proprio fortunato dei rossoneri. Giampaolo si muove in maniera strategica, sostituendo l’ammonito Berisha con Pierret, più dinamismo e centimetri in mediana. All’ora di gioco il Lecce riparte in contropiede, azione condotta da Krstovic, e sviluppata da sinistra verso destra, il passante di Pierret trova il Milan spaccato in due, Krstovic arriva al limite, chiude il destro verso il secondo palo e fa 2-0. Conceição, impassibile al momento del raddoppio salentino, inserisce subito João Félix e Abraham al posto di Gimenez e Bondo. Il Milan prova a rientrare in partita al minuto 68, Leão crossa forte verso il centro, João Félix arriva in corsa ma mastica la propria conclusione, la palla carambola nel parastinco di Gallo e termina in porta. L’asse Felix-Abraham sembra aver restituito verticalità al Milan, e la gara cambia subito inerzia. Tre minuti dopo Pulisic viene servito in area, sposta il pallone e viene steso da Baschirotto, con Doveri che indica subito il dischetto. Dagli undici metri Pulisic calcia forte sulla sinistra, Falcone indovina l’angolo ma non riesce a sputare fuori la conclusione perfetta dell’americano. Girandola di cambi da un parte e dall’altra: Conceicao ne cambia due (Fofana e Sottil al posto di Walker e Musah), Giampaolo risponde con Danilo Veiga e Ramadani al posto di Helgason e Pierotti. Nell’ultimo quarto di gara il Milan va all’assalto della porta di Falcone e trova subito il sussulto vincente: passaggio corto di Theo verso Leao, il portoghese disegna un cross verso il palo opposto, Pulisic attacca la porta alle spalle di Gallo e ribalta la partita. L’uomo della provvidenza, il trascinatore e leader vero dell’attacco rossonero, c’è tanto Pulisic in questa vittoria thriller del Milan in Salento. Una vittoria rabbiosa, una rimonta guidata dagli impulsi portati dai cambi e da un Pulisic in forma strepitosa. Il Lecce non è riuscito a mantenere il ritmo e la pulizia mostrata nella prima ora di partita. Una doppietta di un super Krstovic sembrava aver indirizzato la gara, ma a salvare la situazione è arrivato Capitan America Christian Pulisic. Lecce che rimane a distanza dalla retrocessione, e adesso ha l’obbligo di ripartire da quell’ora di gioco che aveva portato i salentini sul doppio vantaggio al cospetto dei più quotati rossoneri.

Inter-Monza (A cura di Tommaso Patti)

Rimonta per mantenere il primato. L’Inter rimonta il Monza nella ripresa

Dopo una prestazione di altissimo livello disputata al De Kuip di Rotterdam, l’Inter di Simone Inzaghi parte bene nella sfida contro il Monza, sprecando però molte occasioni da rete e concedendo diverse ripartenze agli avversari. La gara si dimostra sin da subito equilibrata, con l’Inter che riesce a battere quattro calci d’angolo nei primi 24 minuti, segno di una squadra che attacca bene l’aria avversaria. Proprio dagli sviluppi di un calcio d’angolo, i nerazzurri trovano il gol con Lautaro Martínez, a cui viene negata subito dopo la gioia del gol per precedente un tocco di mani avvenuto prima della conclusione terminata in porta. I primi squilli nerazzurri però non confondono il Monza, che risponde bene alle avance avversarie.
Dopo un’accurata revisione al VAR, il direttore di gara annulla la rete ai nerazzurri, che calano di concentrazione e subiscono qualche minuto dopo la rete dello svantaggio firmata Birindelli, azione nata proprio da una giocata all’ex Pisa che viene mandato in porta dal geniale colpo di tacco di Dany Mota. Dopo il danno l’Inter subisce anche la beffa, infatti al 44′, una magia di Keita Baldé manda il Monza in paradiso con una conclusione bellissima dell’attaccante senegalese che vale il raddoppio agli uomini di Alessandro Nesta. Nonostante i due goal subiti, l’Inter sa dell’importanza della sfida e riesce a reagire immediatamente trovando la rete che dimezza lo svantaggio nel primo dei due minuti di recupero grazie alla rete di Marco Arnautović, che arriva dopo un cross di Mkhitaryan e una sponda di testa di Dumfries. Anche nella ripresa, i nerazzurri partono a mille, provando a rimediare alla sbandata avvenuta nel primo tempo assediando l’area di rigore avversaria, riuscendo a trovare il meritato gol del 2-2 grazie all’assist del neo entrato Bisseck, lucido nel non calciare in porta e servire prontamente Çalhanoğlu, autore di un grandissimo gol dalla lunga distanza. Nei minuti successivi alla rete del centrocampista turco, l’Inter va svariate volte vicina al terzo gol con Thuram, rete che non arriva per questione di centimetri, centimetri che poi saranno fondamentali nell’occasione del colpo di testa di Lautaro respinto da Turati sulla linea di porta, situazione che viene inizialmente letta come una prodezza dell’estremo difensore brianzolo, ma successivamente il direttore di gara ferma il gioco e assegna il gol ai nerazzurri grazie all’aiuto della Goal Line Technology. A pochi minuti dal fischio finale, Thuram va nuovamente vicino alla sua quattordicesima rete in campionato colpendo il palo da posizione ottimale. La rimonta sul Monza, regala all’Inter la possibilità di rimanere in testa alla classicità di Serie A in vista della super sfida contro l’Atalanta. Sconfitta che inguaia ancora di più i brianzoli, sempre più ultimi e a -10 punti dal diciassettesimo posto, occupato momentaneamente dal Parma.

Hellas Verona-Bologna

Italiano espugna anche il Bentegodi, Verona battuto in casa

Dopo una fase iniziale della partita condita da poche occasioni e possesso palla stabile da parte delle rispettive squadre, il Bologna la sblocca con un’azione personale da parte di Calabria, che serve nello spazio Odgaard, il quale sorprende la difesa veneta e spedisce la palla alle spalle di Montipò. L’ultimo squillo del primo tempo è del Bologna: Valentini calcola male il rimbalzo e lascia la strada spianata ad Orsolini che spreca scivolando. Il secondo tempo si apre con una super occasione per Odgaard servito da una grande palla in verticale di Ndoye, il quale porta L’estremo difensore veronese a compiere un autentico miracolo. Il Verona prova e riprova ad esporsi con una grande giocata di Suslov che serve Tengstedt vis a vis con Skorupski, autore di una grande parata che finisce in rete dopo la ribattuta dell’attaccante scaligero, in seguito annullata grazie alla decisione dell’assistente di Rapuano. Al 62′ Aebischer tenta la conclusione volante, che viene prontamente bloccata da Montipò. Appena sette minuti dopo l’Hellas rimane in dieci dopo l’espulsione per doppio giallo di Valentini. A tredici minuti dalla fine, il Verona cade definitivamente sulle spalle di colui che fino a quel momento l’aveva tenuto in vita: sul tiro di Cambiaghi, tutt’altro che irresistibile, Montipò compie un errore clamoroso e regala il gol vittoria al Bologna. Con orgoglio il Verona riesce a reagire quasi subito, con il gol di Mosquera che arriva a dieci minuti dalla fine ma che non riesce a svegliare definitivamente l’Hellas, alla fine sconfitto. Dopo questa vittoria il Bologna si tiene in corsa per l’Europa, mentre il Verona dovrà combattere ancora più duramente per la salvezza.

Napoli-Fiorentina

Colpo scudetto tinto di azzurro, Fiorentina battuta al Maradona

Il Napoli batte la Fiorentina e alza la voce in chiave Scudetto. Nella cornice di un Maradona gremito, la squadra di Conte parte immediatamente aggressiva, con un contropiede al nono minuto che mette Raspadori a tu per tu con De Gea, bravo nel respingere il tiro dell’attaccante azzurro. Dai piedi del solito Scott McTominay ha origine l’azione che porta al gol del vantaggio partenopeo. Un tiro dello scozzese, respinto dal portiere Viola, termina sui piedi di Lukaku, che non deve far altro che appoggiare in porta e gioire per il gol del vantaggio. Pochi istanti più tardi Raspadori tenta ancora la conclusione, respinta abilmente da De Gea, con la difesa della Fiorentina totalmente in balia dell’attacco di Conte. Dopo diverse clamorose occasioni per il Napoli, come la traversa di Di Lorenzo e la super parata di De Gea su Spinazzola, il primo tempo va a concludersi sul parziale di 1-0. Nel secondo tempo la storia non cambia e il Napoli continua ad attaccare fino a trovare il gol del raddoppio: sull’imbucata di Lukaku, Raspadori arpiona il pallone e lo insacca alle spalle di un impotente De Gea. Dal buio il lampo che fa riaccendere la Viola. Al 66′, dalla distanza, Meret viene battuto dalla meravigliosa conclusione di Gudmunsson, che riaccende le speranze della squadra di Palladino, la quale non riesce però ad uscire dal pressing partenopeo e si deve arrendere al risultato finale di 2-1. Il Napoli si tiene aggrappato al treno scudetto, sul quale, con un po’ più di lucidità, avrebbe potuto viaggiare quasi da solo, mentre la Fiorentina deve continuare a lottare per guadagnarsi un posto in Europa.

Empoli-Roma (A cura di Marco Rizzuto)

Il lampo di Soulé guida la scalata giallorossa, Empoli non pervenuto al Castellani

Ad Empoli Ranieri schiera il suo undici titolare facendo a meno del suo gioiello Dybala (a cui è stata concessa una giornata di riposo in vista dell’impegno di Europa League di giovedì), ma a brillare stavolta è bastato Soulé che ha portato alla vittoria i giallorossi con una rete lampo. Sotto i cori dei quattromila tifosi giallorossi presenti al Castellani, Soulé stappa la gara dopo 22 secondi dall’avvio: recupero giallorosso nella metà campo azzurra, Salah-Eddine al ridosso dell’area di rigore crossa in mezzo nella zona dell’argentino che, mette giù la sfera e calcia di prima bucando Silvestri con il suo sinistro. Della cura Ranieri ne hanno beneficiato tutti, soprattutto Soulé che ha lasciato alle spalle l’opaco inizio di stagione. L’Empoli dimostra carattere e prova a pareggiarla dopo pochi minuti con De Sciglio. L’ex Juve toglie palla a Salah-Eddine e si invola in solitaria impegnando Svilar che deve rifugiarsi in calcio d’angolo. I giallorossi divorano l’occasionissima del 2-0 al 21′ minuto, dove Pellegrini spedisce di poco al lato il pallone da una distanza in cui era più facile segnare che sbagliare. Ma la sfortuna per la Roma non termina qui, anzi è solo l’inizio di una serie di occasioni in cui la porta sembra stregata: a dieci dalla fine del primo tempo Soulé pesca in area di rigore Pellegrini con un lancio sul secondo palo. Il capitano giallorosso controlla la sfera in modo sensazionale e in caduta serve Shomurodov a tu per tu con Silvestri. L’attaccante Uzbeko però colpisce clamorosamente la traversa, vanificando un’occasione immensa. Dopo appena due minuti i giallorossi colpiscono un secondo legno, stavolta con Manu Koné. Il francese chiude una splendida triangolazione e si invola verso la porta, salta il portiere e conclude a botta sicura colpendo il palo in pieno. Nell’ultimo giro di lancette del primo tempo Silvestri si impone sul colpo di testa da pochi passi di Shomurodov impedendo il doppio vantaggio. L’Empoli chiude miracolosamente la prima frazione sotto soltanto di una rete, mentre la Roma si mangia le mani per il mancato raddoppio. Anche nella ripresa è la squadra ospite a dominare il pallino del gioco alla ricerca del gol che metterebbe in cassaforte il risultato. Al 60′ Pellegrini impegna Silvestri con un colpo di testa molto insidioso, l’estremo difensore risponde ancora presente deviando in corner. Nel terzo di gara rimanente i ritmi calano e la Roma preferisce gestire il possesso cercando di minimizzare i rischi per una vittoria di misura. Al novantesimo minuto dal rinvio lungo di Svilar, i giallorossi falliscono un’ennesima occasione per lo 0-2 con Dovbyk. Anche in questo frangente Silvestri è stato determinante. L’ucraino attacca benissimo la profondità e Baldanzi lo serve con un ottimo filtrante, al momento del tiro però, Silvestri in uscita copre benissimo lo specchio della porta deviando in angolo la conclusione del numero undici. Agli sgoccioli del recupero l’Empoli rischia di rovinare i piani della Roma, facendo rabbrividire tutta la panchina giallorossa: Sambia crossa in area da lontanissimo e trova lo stacco imperioso di Kouame che spedisce la sfera di qualche centimetro oltre il palo. Dopo questo brivido finale l’arbitro fischia la fine decretando la vittoria della formazione di Ranieri che prosegue la corsa all’Europa scavalcando la Fiorentina e andando a -4 dal Bologna sesto. Prova gravemente insufficiente per l’Empoli che stagna al diciottesimo posto a sole 22 lunghezze.

Juventus-Atalanta (A cura di Dennis Rusignuolo)

L’Atalanta stravince a Torino. In casa della Juventus, la squadra di Gasperini esonda con quattro gol e si rimette a caccia della vetta. Si fermano praticamente qui le speranze -poche- scudetto della Juventus, ampiamente contestata durante la gara e al triplice fischio. Clima poco sereno, non solo per la pioggia abbattutasi sull’Allianz Stadium, in casa Juventus

 

Lazio-Udinese (A cura di Tommaso Patti)

La Lazio fallisce il sorpasso e sbatte sull’Udinese

Il successo nei minuti di recupero contro il Viktoria Plzeň , regala alla Lazio l’euforia giusta per affrontare un Udinese in grandissima forma e imbattuta nelle ultime cinque gare di Serie A. Dopo ventidue minuti, la Lazio subisce una ripartenza che risulterà fatale ai fini del risultato: l’azione nasce da un contropiede gestito da Thauvin e Lucca, quest’ultimo protagonista di un liscio nel tentativo di calciare in rovesciata dopo una serie di rimpalli all’interno dell’area di rigore, terminati dalla finalizzazione del centravanti francese che regala il gol del vantaggio ai friulani. La reazione dei padroni di casa arriva alla mezz’ora, quando sul lancio di Romagnoli che taglia tutto il campo, Zaccagni scippa palla a Kristensen per poi calciare all’angolino, trovando però l’ottima opposizione in corner da parte di Okoye. Sugli sviluppi del calcio d’angolo battuto da Isaksen, Vecino spizza il pallone sul secondo palo, dove Romagnoli arriva prima di tutti trovando il gol del pareggio e la sua seconda rete di fila dopo la firma nell’andata di Europa League. A pochi minuti dal duplice fischio, la Lazio rischia di subire la seconda rete con Lucca, protagonista di una conclusione in girata che termina di poco a lato la porta difesa da Provedel. Il primo squillo della ripresa bianco celeste arriva dopo soli due minuti, quando sul cross a centro area di Noslin, Zaccagni reclama un calcio di rigore per un presunto contatto falloso di Kamara, giudicato regolare dal direttore di gara. Il finale di gara è caratterizzato da diversi sussulti da parte di entrambe le squadre, protagoniste di una serie di occasioni pericolose. La conclusione insidiosa di Noslin e il tentativo di incursione di Atta, sono le ultimi due azioni pericolose di una gara equilibrata, con molte occasioni ma con poca precisione nella finalizzazione finale. Un punto a testa per Lazio e Udinese, che rimangono in una posizione alta della classifica, riuscendo a mantenere alto il livello di una stagione al di sopra delle aspettative.

 

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Calcio

Quattro gol per ristabilire le gerarchie scudetto. Una super Atalanta schianta la Juventus a domicilio

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L’Atalanta stravince a Torino. In casa della Juventus, la squadra di Gasperini esonda con quattro gol e si rimette a caccia della vetta. Si fermano praticamente qui le speranze -poche- scudetto della Juventus, ampiamente contestata durante la gara e al triplice fischio. Clima poco sereno, non solo per la pioggia abbattutasi sull’Allianz Stadium, in casa Juventus.

Gasperini sorprende tutti con un cambio nei tre davanti: fuori De Ketelaere e dentro Cuadrado. Thiago Motta tiene fuori il grande ex Koopmeiners, non rinuncia a Gatti e Yildiz (recuperati dopo alcuni problemi fisici accusati negli scorsi giorni), per il resto stessi undici visti in campo contro il Verona.

Sotto una pioggia leggera ma costante, il ritmo della gara spicca per continuità e intensità. La gara ha un peso specifico enorme, e la pressione si evince da una serie di errori commessi da entrambe le squadre. Parte molto bene l’Atalanta, anche se il primo squillo è di Kephren Thuram: il francese, servito da McKennie, stoppa e calcia sfiorando la traversa. I nerazzurri rispondono subito con una bordata di Zappacosta, ma il pallone va fuori. La mossa di Gasperini risulta fondamentale nella lettura tattica della gara, perché la fascia destra, dove adoperano Bellanova e Cuadrado, riesce a mettere in serio affanno il duo Cambiaso-Nico Gonzalez. Cuadrado, accolto dai tanti fischi dei suoi ex tifosi, non permette al terzino italiano di spingersi in avanti, e la sua abilità nel nascondere il pallone crea più di qualche grattacapo alla Juventus, che cerca di trovare le contromisure nella gestione rapida e lucida del pallone. Quando la squadra di Thiago Motta riesce ad eludere il pressing bergamasco, arriva quasi sempre a ridosso dell’area di rigore, ma nell’ultimo passaggio manca killer instict e precisione. Alla mezz’ora l’episodio che accende la gara: la difesa bianconera respinge una punizione laterale dell’Atalanta, la palla torna da Lookman che rilancia subito in mezzo, Hien colpisce di testa e la palla impatta sul braccio di McKennie. Sozza indica subito il dischetto, il VAR si prende qualche minuto per rivedere l’episodio ma conferma il penalty, trasformato in maniera eccellente da Retegui. Conclusione forte e precisa dell’attaccante della Dea, al centro numero 22 del suo grandissimo campionato. Lo scossone al match è importante, e l’Atalanta cerca di giostrare il ritmo della gara a proprio piacimento, approfittando di una fase calante -sul piano dell’intensità- dei bianconeri. All’inizio dei due minuti di recupero l’Atalanta si trova in superiorità numerica in contropiede, Lookman porta palla fino al limite dell’area, approfitta del movimento indietreggiante e calcia forte verso la porta, Gatti devia la conclusione del nigeriano e permette al pallone di stamparsi sul palo. L’azione prosegue ed Ederson e Retegui cercano di calciare verso la porta, la difesa respinge e Lookman si trova nuovamente il pallone tra i piedi, il nigeriano calcia subito ma trova l’opposizione di Di Gregorio. L’estremo difensore bianconero è provvidenziale nel negare il doppio vantaggio prima a Lookman, e subito dopo anche a Zappacosta, che prova a spuntarla con una conclusione al volo da fuori area.

Entrambi gli allenatori modificano il proprio scacchiere all’intervallo: Gasperini sostituisce Cuadrado con Brescianini; Thiago Motta sostituisce Yildiz con Koopmeiners. Ex che entra ed Ex che esce. Dopo meno di un minuto l’Atalanta colpisce subito: brutto errore di Kelly in fase di possesso, la Juve è completamente squilibrata in mezzo al campo, la Dea va subito da Lookman, che cerca di anticipare la conclusione per evitare l’intervento di Gatti, Di Gregorio risponde, la riaggressione della Juve è pigra e De Roon insacca la sfera all’incrocio dei pali. Lo Stadium comincia a mugugnare, dopo i primi segnali lanciati al termine del primo tempo, la Juve non riesce a equalizzare l’intensità messa in campo dagli uomini di Gasperini, e Thiago Motta mette subito in atto una vera e propria rivoluzione: vanno fuori in tre (Nico Gonzalez, Gatti e Weah), dentro Mbangula, Alberto Costa e Kalulu. L’Atalanta si abbassa, comincia a concedere il palleggio nella propria trequarti alla Juventus e prova a rialzare subito il baricentro con l’ingresso di De Ketelaere al posto di Retegui, stremato dopo una gara giocata all’inseguimento dei difensori bianconeri. Quando la Dea trova spazio per attaccare la Juventus vede i fantasmi, e al minuto 66 il risultato cambia ancora: Kolasinac, autore di una serie di sgroppate negli ultimi minuti, si getta all’attacco dell’area di rigore dopo uno scambio con Zappacosta, arriva sul fondo, la palla sembra destinata a finire oltre la linea ma Kolasinac si inventa un assist di tacco verso Zappacosta, assist al bacio e conclusione rasoterra sotto le gambe di Kelly. La Juventus si è sgretolata nel corso della ripresa, l’Atalanta impone il suo gioco e non lascia prigionieri, nessun affanno nella pressione a tutto campo, tanta libertà nell’impostazione ma soprattutto nella ripartenza. Motta chiude i suoi cambi con Vlahovic, ma anche lui non contribuisce ad accennare a una reazione, piuttosto avvia l’azione per il 4-0 bergamasco: il serbo scivola al momento del passaggio, palla che arriva da Lookman, serie di finte con il corpo e destro potente verso la porta, questa volta la deviazione non si stampa sul palo, ma manda fuori giri Di Gregorio che è costretto a raccogliere il pallone dal sacco per la quarta volta. Nel finale lo Stadium comincia a svuotarsi ben prima del fischio finale, la protesta è ineccepibile nei confronti di una Juventus che cerca in tutti i modi di segnare un gol per rendere meno amaro un boccone che non vede il minimo sapore di zucchero. Carnesecchi al minuto 88 cala la prima, e unica, parata della sua gara, intervento strepitoso in tuffo su un colpo di testa ravvicinato di McKennie.

Si era accesa una speranza al triplice fischio contro l’Hellas Verona, un flebile sogno di rimonta scudetto, ma al cospetto della Dea la Juventus soccombe. L’Atalanta non gioca solo la migliore delle ultime partite, ma probabilmente cala la prestazione più dominante e intensa (considerando il blasone dell’avversario) dell’intera stagione. Un dominio schiacciante dal primo all’ultimo minuto, quattro gol in casa della miglior difesa dell’intero campionato, una carneficina che consente ai bergamaschi di arrivare al big match di domenica prossima, in casa contro l’Inter, con soli tre punti di distacco.

Si consumano nel prato grondante dello Stadium le idi di marzo bianconere. Una serata in cui non ha funzionato praticamente nulla, un k.o che adesso rischia di avere ripercussioni nel proseguo del campionato, in cui la Juventus è chiamata non solo a reagire, ma a conquistare punti fondamentali per allontanarsi da Bologna e Roma, che in questo momento sembrano andare a una velocità ben diversa rispetto alla squadra di Thiago Motta.

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Calcio

È morto Bruno Pizzul, storica voce del giornalismo sportivo italiano

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Celebre protagonista dei maggiori eventi calcistici italiani degli anni Ottanta, Novanta e Duemila, Bruno Pizzul è morto questa mattina all’ospedale di Gorizia. All’età di 86 anni, ne avrebbe compiuti 87 sabato, la leggendaria voce del giornalismo sportivo ci ha lasciati.

LA CARRIERA

Nato a Udine, comincia a muovere i primi passi nel mondo del calcio nella squadra parrocchiale di Cormons, poi nella Pro Gorizia. Di ruolo centromediano, Pizzul venne ingaggiato dal Catania nel 1958. Dopo la laurea in giurisprudenza, insegnò nelle scuole medie, nel frattempo la sua carriera da calciatore era finita in seguito a un brutto infortunio al ginocchio, ma gli anni 70′ gli regalano l’occasione della vita: la Rai.

Entra in Rai grazie al concorso nazionale per radio-telecronisti, aperto a tutti i giovani laureati del Friuli Venezia Giulia, e in pochi anni diventa la voce di riferimento per la radio-telecronaca nazionale. Per quindici anni Pizzul racconta tutte le gare delle squadre italiane in competizioni europee e non solo.

LE COPPE

La carriera di Pizzul è legata anche a numerose finali europee per club. Inconfondibile il suo approccio calmo e pacato alla telecronaca, tutti fattori che rendevano meticolosamente sensibile il racconto di partite dal peso specifico elevato.

Nel 1973 raccontò il successo del Milan in Coppa delle Coppe contro il Leeds United, mentre nel 1999 fu la voce delle vittorie della Lazio in Coppa delle Coppe e del Parma in Coppa Uefa. Ma il suo nome resta indelebilmente legato alla tragica finale della Coppa dei Campioni del 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, quando Juventus e Liverpool si affrontarono in una serata segnata dalla morte di 39 persone. Una telecronaca difficile, che Pizzul gestì con la compostezza e la sensibilità che lo hanno sempre contraddistinto.

L’ITALIA CHIAMÒ

A partire dal mondiale 1986, a Pizzul viene affidato l’incarico delle telecronache delle gare della nazionale. In passato aveva già commentato alcune gare degli Azzurri, prima e dopo il mondiale vinto dall’Italia nel 1982. A partire dal mondiale vinto da Maradona e compagni, Pizzul diventa uno dei volti, o meglio delle voci, di riferimento per il calcio italiano.

Fu la voce narrante delle leggendarie notti magiche di Italia 90′, iconico il suo “Robertobaggiooo” e la sua empatia nel racconto dell’ascesa di Totò Schillaci.

Era la voce del mondiale di Usa 94‘, raccontò il viaggio degli Azzurri di Arrigo Sacchi fino alla finale di Pasadena contro il Brasile. Sappiamo tutti come finì quella finale, sappiamo tutti in che modo Roberto Baggio calciò l’ultimo rigore, decisivo per mantenerci ancora in vita contro i brasiliani, ma pochi si ricordano le parole di Pizzul al termine della gara. Con sensibilità e compostezza, Pizzul riuscì a rendere il giusto omaggio a quella cavalcata azzurra. Al cospetto dei più quotati brasiliani, l’Italia si arrese solamente ai calci di rigore, mostrando “uno straordinario coraggio e temperamento. Hanno saputo controllare avversari più freschi”.

Pizzul continuò a raccontare i mondiali e gli europei degli anni 90, in cui gli Azzurri non riuscirono a competere per la vittoria finale, ma mantenne sempre quello stile composto e pacato, empatico oltre la media e sempre pulito ed educato. Concluse la sua avventura nel 2002, in seguito ad un’amichevole giocata a Trieste, nel suo amato Friuli, contro la Slovenia (persa per 1-0). La sua carriera da commentatore continuò in emittenti emergenti, alla ricerca di smalto per scalare le gerarchie della televisione, attraverso il commento di partite di Serie A.

IL GANDHI CON IL MICROFONO E LE CUFFIE

Ci lascia un pilastro della nostra storia calcistica. Il ventennio Ottanta-Novanta è stato probabilmente il più roseo del calcio italiano, per la quantità di squadre e giocatori celebri che hanno calcato i campi di tutta Italia e hanno portato in alto la nazionale nel corso dei mondiali. Pizzul è stato il denominatore comune di tutte queste storie, perché la sua voce ha accompagnato l’ascesa -e talvolta la caduta- di matti e miti che hanno scritto pagine indelebili della storia del calcio.

La sua voce rivoluzionò il modo di fare telecronaca in Italia e non solo. Il racconto diacronico della partita, le emozioni che essa suscita e tutta la narrativa che accompagna “ventidue scemi che rincorrono un pallone” venne stravolta dall’approccio sensibile, avvolgente e composto di Bruno Pizzul. Non sempre l’utilizzo estremo della voce è un sinonimo di coinvolgimento dell’ascoltatore/telespettatore, e Pizzul rappresenta l’emblema di questo movimento “silenzioso”, perché con un tono spesso basso ma profondamente ricco di termini semplici e diretti, riuscì a diventare il personaggio di riferimento per la radio-telecronaca sportiva d’Italia.

L’emozione non ha voce, così cantava un suo coetaneo nel 1999, ma siamo sicuri che Bruno Pizzul è riuscito non solo a dar voce al calcio, ma alle emozioni che il calcio trasmette.

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