Calcio
Il Supercommento della 26ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della ventiseiesima giornata di Serie A.
Lecce-Udinese (A cura di Dennis Rusignuolo)
I friulani passano di misura a Lecce grazie al rigore di Lucca, che farà discutere
Scelte pressoché obbligate da una parte e dall’altra: Runjaic che schiera dal 1′ Sanchez, che al Via Del Mare trovò il primo gol in Serie A; Giampaolo schiera il tridente con Morente, Krstovic e Pierotti. La prima palla gol è friulana: gran filtrante di Lovric che mette Lucca davanti a Falcone, bravo a chiudergli lo specchio e a respingere. I primi minuti sono tutti dell’Udinese che attacca e cerca il gol da fuori con Ekkelenkamp e Sanchez, senza trovare però lo specchio. Il Lecce fatica a imbastire un’azione degna di nota, soffrendo il pressing avversario, col pubblico che si innervosisce per i troppi passaggi all’indietro. Attorno al 25′ si vedono i salentini in area ospite, con una doppia conclusione di Pierotti alla quale si oppone la difesa con salvataggio finale di Kristensen in corner. Alla mezz’ora l’evento che decide, e condiziona, la partita: contatto tra Jean e Lovric in area, col braccio del difensore che colpisce il volto del giocatore ospite, senza vederlo arrivare. Sembra essere un normalissimo contatto di gioco ma Bonacina viene richiamato dal Var e concede il penalty. A quel punto va in scena un imbarazzante teatrino con i giocatori dell’Udinese che litigano per battere il rigore. In molti cercano di strappare il pallone dalle mani di Lucca, che non lo molla. Il numero 17 trasforma il penalty ma nessun compagno va a festeggiare con lui. Passano quattro minuti e Runjaic toglie Lucca e mette Iker Bravo, l’impressione è che la scelta sia punitiva per la sceneggiata del rigore. Nella ripresa pochissime emozioni fin dall’inizio. Il piano gara dell’Udinese è quello di mantenere il risultato senza correre alcun rischio, mentre il Lecce cerca più una scossa emotiva che tattica. Le occasioni principali sono tutte di marca bianconera, con i friulani che sfiorano ripetutamente il raddoppio. Falcone evita il raddoppio al 53′ alzando in angolo un gran tiro di Bravo da fuori area. Sanchez mette Kamara davanti a Falcone, ma l’ivoriano spreca con un tiro cross che non trova nessuno. Fioccano i gialli in una gara da nervi tesissimi: nell’arco di 3′ se li beccano Berisha, Lovric e Payero. Quest’ultimo rischia il secondo con un’entrata a piede alto che Bonacina non sanziona. Giampaolo prova ad aumentare il potenziale offensivo con Rebic al posto di Pierret per gli ultimi 20′. Runjaic compatta le due linee e difende il risultato fino al fischio finale. Successo prezioso per l’Udinese, adesso stabilmente al decimo posto con un buon vantaggio sul Torino undicesimo. La squadra di Runjaic deve risolvere l’enigma legato al calcio di rigore di Lucca, e ricompattare subito il gruppo in vista dei prossimi match, che diranno definitivamente dove può arrivare questa Udinese. Amaro in bocca per il Lecce, che adesso cerca di riattivare la macchina da gol che si è vista nelle precedenti gare con Giampaolo, dato che i salentini non trovano la rete da ormai tre partite.
Parma-Bologna (A cura di Tommaso Patti)
Esordio vincente per Chivu. Il Bologna cade al Tardini contro il Parma
In una partita che vede protagoniste due squadre con obiettivi e mentalità diverse, l’avvio di gara è abbastanza equilibrato da regalare buone occasioni da entrambe le parti. Se il Bologna è chiamato alla conferma di una stagione fin qui eccellente, il nuovo Parma dell’esordiente Christian Chivu è chiamato ad una vittoria per riscattare il morale di una squadra che negli ultimi mesi ha vissuto più bassi gli alti. Dopo aver deciso con una doppietta, la sfida contro il Torino, Ndoye si rende protagonista nei primi minuti di gara con una conclusione sul primo palo bloccata da Suzuki, e con un cross teso che attraversa tutta l’aria di rigore, che però viene sprecato dal colpo di testa di Cambiaghi terminato largo. A ridosso della mezz’ora, il Parma entra definitivamente in partita reclamando un calcio di rigore per un fallo di mano di Beukema, che viene giudicato irregolare dal direttore di gara. Dagli undici metri si presenta Bonny che, spiazza Ravaglia, e porta avanti i padroni di casa con un gol che mancava da 105 giorni. Dal gol del centravanti francese, un paio di ammonizioni e una serie di cambi caratterizzano il finale di partita. Con l’ingresso di Dennis Man, il Parma trova la freschezza giusta trovare il gol del raddoppio al minuto settantanove, rete portata avanti proprio da un’azione nata dai piedi dall’esterno rumeno, che dopo essersi fatto una trentina di metri palla al piede riesce a servire Sohm, bravo ad incrociare il suo sinistro e a battere Ravaglia per indirizzare la gara verso i ducali. I due gol di svantaggio non scoraggiano del tutto gli uomini di Vincenzo italiano, che non mollano e provano ad accorciare le distanze con Orsolini ma, la sua punizione da zona defilata termina di poco alta sopra la traversa. Con il Bologna riversato nell’area di riva avversaria, Dennis Man è agile nel creare e finire un contropiede che poteva regalare il tris alla propria squadra, rete negata dall’uscita provvidenziale dell’estremo difensore felsineo. Prima del triplice fischio, un’altra occasione finalizzata dal tiro di Orsolini fa rimanere sulle spine tutto il Tardini ma, anche questa conclusione del numero sette rossoblu non termina nello specchio della porta. Questo successo per 2-0 contro una delle più forti potenze della serie A, regala al nuovo Parma di Chivu tre punti fondamentali per la zona salvezza e un’iniezione di fiducia per affrontare le successive partite. Il pareggio della Lazio e la sconfitta del Milan a Torino, attutisce questa pesante sconfitta in ottica Champions League per il Bologna, che è chiamato al riscatto già dalla prossima sfida in casa contro il Cagliari.
Venezia-Lazio (A cura di Marco Rizzuto)
La Lazio spreca prima e rischia poi, col Venezia termina 0-0
Al Penzo si assiste ad un avvio molto equilibrato, la più grande occasione del primo tempo arriva intorno al ventesimo Zaccagni dal limite riesce ad imbucare per Dia, ma il senegalese fallisce clamorosamente da pochi metri calciando fuori dallo specchio della porta da pochi metri. A flirtare col vantaggio rimane sempre e solo la Lazio. Agli sgoccioli del primo tempo Dele-Bashiru calcia forte dalla distanza col pallone che termina a fil di palo, ma il problema alla caviglia rimediato qualche minuto prima lo costringe ad abbandonare la gara. Il secondo tempo segue lo stesso copione, la Lazio mantiene il possesso del pallone mentre il Venezia tenta diferire in contropiede -fin’ora senza successo-. Al 53′ Isaksen riesce a liberarsi e calciare dalla distanza, il tiro è potente ma centrale e Radu si rifughia in calcio d’angolo. Il primo squillo dei Lagunari arriva superata l’ora di gioco: calcio piazzato calciato a rientrare di Zerbin, Maric riesce ad anticipare Mandas ma la palla esce di qualche millimetro graziando la Lazio. Nella fase finale del match il Venezia riesce a venire fuori in ripartenza, Oristanio spezza la retroguardia biancoceleste saltando Romagnoli e calciando col mancino, Mandas in allungo riesce a negare il gol. All’89’ una lunga manovra dei Leoni alati si conclude con la conclusione di Zerbin, deviata in corner da Marusic. Sul finale La Lazio rischia di perderla con la conclusione centrale di Yeboah, neutralizzata facilmente da Mandas. Il passo falso dei biancocelesti costa il quarto posto, occupato adesso dalla Juventus. Il Venezia soffre per gran parte della gara ma rammarica la vittoria sul finale, si deve accontentare di un punto, comunque importante per la lotta salvezza.
Torino-Milan (A cura di Marco Rizzuto)
Milinkovic-Show all’Olimpico Grande Torino, Milan sconfitto
La prestazione monstre di Milinkovic–Savic regala la vittoria al Torino. Inizio da dimenticare per i rossoneri, al 4’ Maignan nel tentativo di spazzare il pallone colpisce in pieno Malick Thiaw, causando l’autorete che sblocca il match a favore dei granata. Il Torino si dimostra la ‘bestia nera’ per il difensore tedesco: è il secondo autogol contro il Torino in questa stagione. Il Milan prova a reagire al 20’: uno-due perfetto tra Joao Felix e Reinjders col portoghese che manda in porta Gimenez, ma Milinkovic-Savic è bravissimo a rimanere in piedi e sventare la conclusione del numero sette. Alla mezz’ora il Milan fallisce dal dischetto l’occasione del pareggio. Milinkovic-Savic in tuffo nega il penalty a Pulisic, costringendolo al primo errore in carriera e confermandosi un pararigori eccezionale (quarto rigore parato della stagione). Sugli sgoccioli del primo tempo il Torino torna a spaventare i rossoneri: Vlasic attacca l’area da posizione arretrata e servito in corsa da Ricci calcia in porta, Maignan con la mano di richiamo riesce a deviare in corner. Il secondo tempo riprende con una grande assenza, quella di Rafael Leao. La sostituzione del portoghese a metà gara fa riflettere, ma la scelta è necessaria per ristabilire equilibrio in mezzo al campo, al suo posto Fofana. Con la presenza di un centrocampista in più Reinjders può tornare ad attaccare l’area con più libertà e all’ora di gioco: Pulisic manda in porta proprio l’olandese che deve arrendersi ad un’altra parata fenomenale di Milinkovic-Savic. Superato il sessantesimo il Milan assedia l’area di rigore avversaria, prima Jimenez fa la barba al palo calciando dalla distanza, poi Joao Felix colpendo il legno in pieno. Nell’ultimo quarto d’ora i rossoneri spezzano l’imbattibilità del Toro, pareggiando grazie alla deviazione non perfetta di Walukiewicz e la conclusione sotto al sette da parte di Reinjders, protagonista assoluto di questo secondo tempo. Dopo due minuti, il Toro torna avanti con Gineitis: la difesa del Milan, colta completamente di sorpresa sul calcio di punizione dei granata, si perde ingenuamente l’inserimento del lituano servito da Sanabria con una palla molto furba, il centrocampista calcia sul secondo palo facendo fuori Maignan e tagliando le gambe al Milan. L’incontro termina con la caduta dei rossoneri e la vittoria sofferta ma voluta fortemente del Torino. La squadra di Vanoli scavalca il Genoa piazzandosi all’undicesimo posto della classifica. Dopo l’eliminazione in Champions League, il Milan crolla anche in campionato, una sconfitta pesantissima che rischia di compromettere la lotta per un posto tra le prime quattro.
Inter-Genoa (A cura di Tommaso Patti)
Vittoria da primato. All’Inter basta un gol di Lautaro per prendersi la vetta
Nella sfida che vede la possibilità di prendersi la vetta, Inzaghi è costretto a fare un leggero turnover per riuscire a frenare tutti i problemi relativi agli infortuni di Thuram, Sommer e Carlos Augusto, schierando dal primo minuto Joseph Martinez, Asllani e Correa. Con questi cambi forzati, il gioco dell’Inter si dimostra sin da subito meno funzionale ed efficace rispetto alle partite precedenti, complice anche un’ottima lettura di gioco della squadra di Vieira. Dopo un avvio in cui nerazzurri, provano insistentemente a trovare la rete del vantaggio con protagonisti Dumfries e Mkhitaryan, il Genoa comincia ad entrare in partita, sfruttando la fisicità di Pinamonti e la velocità di Ekhator. Nonostante i ritmi non siano per nulla bassi, la partita si accende soltanto nei primi minuti della ripresa, quando sulla corsa verso la porta di Miretti, Acerbi riesce a fare un recupero importante, neutralizzando la conclusione del centrocampista genoano che termina in corner. Due minuti più tardi sul lancio di Dimarco e sulla spizzata di Lautaro, Barella prova a sbloccare la gara con un tiro al volo da lunghissima distanza che però termina di poco lontano dallo specchio dalla porta e viene anticipatamente recuperato da Leali. Sugli sviluppi di un calcio d’angolo, l’Inter sfiora il gol del vantaggio con la rovesciata di Pavard respinta da Leali. L’ingresso di Çalhanoğlu permette all’Inter di manovrare le azioni offensive con più sicurezza, come nell’occasione che vede il centrocampista turco servire barella, autore di un’altra conclusione dalla distanza che termina all’incrocio dei pali. Nel momento migliore dei nerazzurri, il Genoa va ad un passo dall’1-0 con un’occasione nata da un calcio d’angolo battuto ad uscire da Aaron Martin, che arriva sulla testa di Ekuban dopo un rimpallo, ma che viene allontanato dallo specchio dalla porta da un’uscita miracolosa dell’ex Josep Martinez, all’esordio in Serie A con la maglia dell’Inter. Sempre da calcio d’angolo, l’Inter trova dopo tanta insistenza la rete del vantaggio, sancita dalla decima firma stagionale di Lautaro Martínez, rete che arriva grazie all’anticipo di testa sul primo palo da parte dell’argentino, aiutato da una deviazione di Masini. La reazione del Genoa arriva principalmente con i nuovi entrati, in particolare con Venturino e Onana, quest’ultimo protagonista di un tiro che termina di poco alto sopra la traversa. Nei minuti finali il Genoa prova un disperato assalto alla ricerca del pareggio, lasciando troppo spazio all’Inter di ripartire e di far male. Tutti i successivi contropiedi dell’Inter però vengono sciupati da Taremi e da Lautaro nel momento della conclusione. A ridosso del triplice fischio, il Genoa si vede annullare il goal dell’1-1 per un fallo in attacco di Ekuban ai danni di Josep Martinez, decisione arbitrale che viene compresa totalmente e senza particolari proteste dagli uomini di Vieira. Il successo dei nerazzurri contro il Genoa regala all’Inter la possibilità di affrontare con un morale differente la sfida di Coppa Italia contro la Lazio e la possibile sfida scudetto della 27ª giornata al Maradona contro il Napoli. Nonostante la sconfitta, il Genoa può vantare di aver disputato una partita al di sopra delle aspettative, riuscendo a mantenere un ritmo elevato e una tipologia di gioco che soddisfa tifosi e allenatore.
Como-Napoli (A cura di Dennis Rusignuolo)
Febbraio stregato per il Napoli. Conte perde la vetta del campionato contro il suo allievo Fabregas
Una linea alta di pressione e il possesso stabilmente tra i piedi. Contro il suo “allievo” Fabregas, Antonio Conte cerca di tarpare subito le ali ai lariani, per mettere subito la partita in discesa. Come un fulmine a ciel sereno i partenopei si colpiscono da soli, perché al quarto minuto Rrahmani si rifugia indietro verso Meret, che intanto si era allargato per ricevere il passaggio, ma il filtrante del kosovaro è diretto verso la porta e la palla entra in porta. Il clamoroso svantaggio del Napoli dura una manciata di minuti, perché fin da subito la squadra di Conte mantiene alto il baricentro e la linea di pressione. Il Como cerca di controllare stabilmente il possesso palla, considerando la scelta di Fabregas di schierare un roster di trequartisti al posto di una punta di ruolo. Al minuto 18 il Como cerca di sviluppare nella zona centrale del campo, Lobotka pressa forte Da Cunha, costretto a scaricare subito verso Kempf, il tedesco sbaglia il controllo e spiana la strada a Raspadori, freddo e lucido nell’aprire il piatto e mandare fuori tempo Butez. Secondo gol in due partite da titolare per l’attaccante azzurro, che sembra l’unico giocatore in grado di dare una scossa a questo Napoli rimaneggiato. Al 26’ Como pericoloso dopo una palla riconquistata da Caqueret che innesca Paz, scarico all’indietro su Perrone che calcia di piatto ma centrale. Sul capovolgimento di fronte, Spinazzola da sinistra crossa sul secondo palo, sponda di piede di Politano a centro area per il gigante Billing, che però viene anticipato da una smanacciata di Butez. Meglio il Napoli nella seconda parte di tempo, il Como soffre soprattutto la fisicità a centrocampo di McTominay e Billing (schierato al posto di Anguissa, diffidato, preservato per la gara scudetto contro l’Inter di sabato prossimo). Nessun cambio all’intervallo, ma le prime mosse della gara non tardano ad arrivare. Il Como approccio meglio la ripresa, cerca di ribaltare il canovaccio tattico della prima frazione, in cui il Napoli è riuscito a dominare in mezzo al campo con una linea di pressione alta e intensa. All’ora di gioco Conte richiama Lukaku e Billing in panchina, dentro Simeone e Anguissa. Al 66′ il Como deve ringraziare il suo estremo difensore, perché Butez è prodigioso nella respinta su McTominay, lo scozzese riceve un filtrante, si costituisce la conclusione nel migliore dei modi e spara un missile centrale, bravo l’estremo difensore francese nel rimanere in piedi fino all’ultimo. Nell’ultimo quarto di gara Fabregas muove lo scacchiere nel migliore dei modi: dentro Cutrone al posto di un ottimo Caqueret, e dopo meno di cinque minuti l’attaccante innesca Nico Paz in mezzo al campo, il Napoli è spaccato in due e il filtrante dell’argentino sorprende Rrahmani alle spalle. Il passaggio viene ricevuto da Diao, movimento verso destra e rasoiata sul palo opposto, laddove Meret non può arrivare. Impatto devastante dello spagnolo con il nostro campionato, al quinto centro in appena otto gare. Nel finale Conte inserisce tutti i giocatori offensivi di cui dispone e la gara si conclude con il Como barricato nella propria area per difendere un risultato d’oro, che arriva al termine di cinque minuti di recupero. A una settimana dallo scontro diretto, il Napoli cede momentaneamente il primo posto all’Inter. Febbraio stregato per la squadra di Conte, che colleziona solo tre pareggi e una sconfitta in quattro gare. La gara di sabato del Maradona diventa un cruccio per la stagione dei partenopei. Impresa riuscita ai ragazzi di Fabregas, che sembra aver trovato il suo cerchio magico attorno al continuo movimento dei giocatori offensivi utilizzati dallo spagnolo. Al cospetto del suo vecchio allenatore, Fabregas adesso si gode un gioco sempre più bello e incisivo, e tre punti che allontanano il Como dalla zona calda della classifica. E adesso l’obiettivo principale è la continuità…
Hellas Verona-Fiorentina (A cura di Marco Rizzuto)
Bernede all’ultimo stende la Viola. Al Bentegodi festeggia l’Hellas
La Fiorentina fa il primo squillo del match con il solito Moise Kean, ma Montipò in tuffo ci arriva mantenendo il risultato sullo 0-0. Il primo tempo si gioca mantenendo l’equilibrio in mezzo al campo, lasciando poco spazio alle occasioni da gol. A pochi minuti dalla fine Moise Kean prova la girata al volo sul cross basso di Zaniolo, la conclusione però non è irresistibile ed è facilmente neutralizzabile per Montipò. La vera occasione sfumata per i viola arriva agli sgoccioli della prima frazione: Folorunsho disegna un assist meraviglioso in acrobazia per Zaniolo, che fallisce clamorosamente a due passi dalla riga di porta. Quasi all’ora di gioco Moise Kean rimane a terra per un colpo al volto, che lo costringe al cambio in barella. A venti dalla fine il Verona sfiora il vantaggio, Dawidovicz di testa non trova la porta sul cross di Faraoni. Gli scaligeri a sorpresa la sbloccano allo scadere: sul filtrante di Mosquera deviato dalla difesa, si avventa Bernede, prima vince un rimpallo con Pablo Marì, poi manda a vuoto Comuzzo e spiazza De Gea, mandando in estasi il Bentegodi. La corsa all’Europa si fa sempre più entusiasmante, i viola cadono per la terza volta consecutiva e la vittoria netta contro l’Inter rimane un vecchio ricordo. Il Verona conquista tre punti fondamentali per la salvezza, che li rilanciano in classifica.
Empoli-Atalanta (A cura di Tommaso Patti)
La Dea non si ferma ad Empoli. Poker da sogno dell’Atalanta.
L’inizio di gara per gli uomini di Gasperini è caratterizzato da una serie di occasioni manovrate all’interno dell’area di rigore avversaria con Zappacosta e Djimsiti, quest’ultimo autore di una rovesciata avvenuta dopo un forcing nerazzurro che però termina alta sopra la traversa. Al quindicesimo minuto, l’Empoli sfrutta l’attacco della profondità del nuovo acquisto Kouamé e mette in pericolo la difesa avversaria con una conclusione potente deviata dall’intervento di Carnesecchi. Il momento che svolta notevolmente la gara arriva al ventisettesimo, quando su un cross di Zappacosta, il pallone viene deviato accidentalmente nella propria porta da Gyasi. Nei minuti successivi, l’Atalanta prima sfiora il raddoppio con il colpo di testa di Posch deviato in angolo da Silvestri, per poi trovarlo qualche minuto più avanti con l’inserimento sul secondo palo di Retegui, che raccoglie il cross di Lookman e firma la sua ventunesima rete in campionato. La Dea, ferita dalla recente eliminazione in Champions League, non fa sconti e trova il tris due minuti prima della fine del primo tempo, grazie alla rete dell’uomo più discusso dell’ambiente bergamasco negli ultimi giorni: il filtrante di Retegui, trova all’interno dell’area di rigore l’inserimento di Lookman che, salta con una finta sopraffina Silvestri, ed entra in porta col pallone segnando la terza rete nel primo tempo per l’Atalanta. Nonostante il netto divario fra i due formazioni, l’Empoli dimostrano i primi minuti della ripresa di essere ancora in partita, andando vicino al goal che avrebbe riaperto la gara con la conclusione velenosa di Henderson. Su un altro pallone in verticale di De Roon, Lookman scatta e si dirige verso la porta avversaria riuscendo a spostarsi il pallone sul sinistro per poi scaricarlo verso la porta con un tiro a incrociare, firmando l’ennesima doppietta e salendo a quota dodici gol in venti presenze in questa serie A. A mettere le ciliegina sulla torta ci pensa Zappacosta che, dopo essere stato protagonista al terzo minuto con una conclusione insidiosa, segna la rete del definitivo cinque a zero che spedisce l’Atalanta a -2 dal Napoli e a -3 dell’Inter capolista, candidandosi definitivamente per la lotta scudetto. Il 18º posto dell’Empoli va stretto agli uomini di d’Aversa, che adesso sono chiamati ad un cambio di marcia per riuscire ad uscire dalla zona retrocessione.
Cagliari-Juventus (A cura di Dennis Rusignuolo)
Juventus corsara in Sardegna. Il graffio di Vlahovic blinda il quarto posto bianconero
Interpretare la gara con sfacciataggine, questo l’obiettivo del Cagliari contro una Juventus che deve proseguire la striscia di vittorie e reagire all’eliminazione in Champions contro il PSV. Tornano dal primo minuto Yildiz e soprattutto Vlahovic, dopo una serie di cinque panchine consecutive. Il possesso palla è stabilmente in mano ai bianconeri, alla costante ricerca di un varco in cui colpire la difesa rossoblù. Tutte le manovre della Juve sono fatte da passaggi corti e precisi, per mantenere stabile il ritmo e la fluidità dei movimenti. Il Cagliari non riesce ad alzare il baricentro a causa di una pressione forsennata apportata dagli uomini di Thiago Motta, con il chiaro obiettivo di ostruire le linee di passaggio e i portatori di palla. All’undicesimo minuto il pressing costante e intenso dei bianconeri porta i suoi frutti: Yerry Mina perde palla a causa della pressione di Vlahovic, il serbo porta palla in avanti, salta Caprile in uscita e insacca a porta vuota. Una rete pesante per Vlahovic, che cerca di mettersi alle spalle un periodo incolore sotto tutti i punti di vista. Tra le fila bianconere la posizione di Locatelli è fondamentale nella lettura del gioco, perché il playmaker italiano è spesso libero di impostare e giostrare il gioco, mentre in fase di non possesso tutti gli attaccanti guidano la pressione verso Caprile e i difensori, costretti a buttare il pallone il più lontano possibile. La Juve gioca sul velluto, approfitta di un momento di totale condusione dei sardi e sfiora il raddoppio al 21′, con Yildiz che taglia alle spalle della difesa rossoblù, chiusura preziosa di Caprile, che risponde con un’uscita a forbice sbarrando la strada al turco. Le due squadre cominciano a sbilanciarsi da una parte e dall’altra, la Juve riparte con una facilità disarmante e i bianconeri trovano spesso buone transizioni per colpire verso la porta. Al 27′ Vlahovic serve centralmente Yildiz, il turco si costruisce la conclusione e incrocia sul palo opposto, bravo Caprile a intervenire con i piedi. L’estremo difensore del Cagliari è il migliore in campo dei rossoblù nella prima mezz’ora, e le sue parate evitano fin da subito un passivo ben superiore. Il primo lampo, la prima vera occasione, dei padroni di casa è un mancino al volo di Zortea, conclusione forte ma centrale, Di Gregorio blocca senza troppa difficoltà. All’intervallo Nicola cambia subito nelle fasce, fuori Felici e dentro Zito Luvumbo. La Juve non cambia interpreti e ricomincia con gli stessi uomini che hanno chiuso -alla grande- il primo tempo. Nonostante un avvio diverso, più vivace e dentro al gioco, il Cagliari continua a non sfondare sulle fasce, anche se l’ingresso frizzante di Luvumbo crea qualche grattacapo in più alla difesa bianconera. Nicola decide di cambiare assetto inserendo Coman al posto di Deiola, un chiaro passaggio al doppio centravanti, con il rumeno che si affianca a Piccoli. Motta risponde subito con Kolo Muani e Douglas Luiz, fuori Conceicao e Koopmeiners. Schieramenti a specchio con la Juve che cerca conferme positive nell’ultima mezz’ora dalla coppia Kolo Muani-Vlahovic. Al 77′ la Juve esce con qualità da un disimpegno al limite dell’area, Douglas Luiz cerca subito Vlahovic in profondità, il serbo porta palla in avanti e al limite dell’area calcia addosso a Caprile, proteste bianconere per una spinta a due mani di Luperto al momento della conclusione di Vlahovic, per Colombo non è calcio di rigore. Il Cagliari alza il raggio d’azione nel finale, sfruttando un calo fisiologico della Juve, e si affaccia alla porta di Di Gregorio con un mancino di Coman che termina di poco a lato. Nicola si gioca l’ultima carta con Pavoletti, chiaro messaggio di attacco totale verso la porta bianconera. Nel recupero la Juve trova spazi incontaminati per alzare il baricentro e tenere lontano il Cagliari, che nel frattempo non riesce a impensierire la difesa bianconera. Dopo cinque minuti di recupero Thiago Motta può festeggiare la quarta vittoria consecutiva in campionato. Serviva una reazione dopo la brutta battuta d’arresto contro il PSV e la reazione è arrivata. Non tanto nel risultato, ma nella prestazione coraggiosa e lucida che la Juve ha attuato nel primo tempo. Nel secondo tempo un canovaccio più dedito alla gestione del risultato che non ha lasciato grandi spazi al Cagliari, che adesso deve ripartire subito per seguire il passo delle inseguitrici alla salvezza, tutte -o quasi- in un buon momento di forma.
Roma-Monza (A cura di Marco Rizzuto)
Poker giallorosso, Ranieri aggancia la zona Europa
La Roma passeggia nell’ultimo incontro della 26^ giornata, Saelemaekers apre i giochi e Cristante li chiude. All’Olimpico la Roma non perde tempo e sfiora il vantaggio dopo appena cinque minuti con Nicolò Pisilli, che manca la porta da ottima posizione. Al 10′ Saelemaekers sblocca la gara con una magia tirata fuori dal suo mancino: il belga rientra sul mancino al limite dell’area e segna un gol -alla Dybala-. Il dominio giallorosso prosegue fino alla mezz’ora dove Shomurodov con uno stacco di testa firma il raddoppio su assist di un rinato Soulé. Il Monza prova a riaprire i giochi al tramonto del primo tempo con Ganvoula, ma Svilar si impone con una super parata che impedisce alla sfera di entrare. La ripresa si gioca a ritmi più bassi ma sono sempre i giallorossi a gestire il possesso, lasciando le briciole al Monza. Dopo una ghiottissima occasione per Baldanzi sventata da Turati all’ora di gioco, la Roma trova la rete del tris al 72′ con Angelino, che incrocia benissimo da centro area. Il monologo giallorosso si chiude con un sonoro e pesante poker, firmato dalla girata di testa di Bryan Cristante su calcio d’angolo. La vittoria sul Monza sancisce il decimo risultato utile consecutivo, effetto importantissimo della ‘cura Ranieri’, che rilancia i giallorossi in zona Europa a -1 da Bologna e Milan. Il Monza torna a perdere dopo 0-0 dell’ultima giornata, ormai la retrocessione sembra inevitabile.
LA TOP11 DELLA 26ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala
Calcio
L’Inter difende l’impresa di Monaco e vola in semifinale. 2-2 col Bayern, San Siro in festa

L’Inter pareggia a San Siro contro il Bayern Monaco e conquista la semifinale di Champions League. Dopo l’impresa di Monaco di Baviera, la squadra di Inzaghi rimonta in pochi minuti il vantaggio iniziale di Kane e soffre nel finale dopo il pari di Dier, ma riesce a conquistare la semifinale dove affronterà il Barcellona.
Per la serata più importante della stagione, nonostante un Carlos Augusto in formato stellare, Inzaghi sceglie Dimarco nella fascia sinistra. Il brasiliano era stato uno dei migliori in campo all’Allianz Arena, ma la presenza dell’esterno italiano è fondamentale per gli sviluppi laterali dell’Inter, e nonostante gli acciacchi fisici dell’ultimo periodo trova posto nell’esterno. In difesa confermato il blocco dell’andata, così come è confermatissimo il tandem offensivo Lautaro-Thuram. Nei bavaresi Kompany conferma 10/11 dell’andata. L’unica sostituzione è quella di Thomas Muller, schierato dal 1′ al posto di Guerreiro. Recuperati solo per la panchina Coman e Pavlovic.
Come previsto anche dal risultato dell’andata, il Bayern approccia la gara in maniera molto aggressiva. Il pressing feroce uno dei pilastri principali dell’idea tattica di Kompany, ma già dalle prime battute l’Inter trova buone trame di gioco per eludere la linea alta dei tedeschi. Subito molto attiva la catena di destra dei bavaresi, Olise trova sempre lo spazio per cercare gli attaccanti. Fotocopia della gara d’andata: Thuram e Lautaro in mezzo al campo fanno ciò che vogliono. I difensori del Bayern sono perennemente in ritardo sui due attaccanti nerazzurri, e tutte le occasioni della squadra di Inzaghi cominciano sempre da una loro giocata. Al 9′ Dimarco riceve da Thuram e incrocia forte, blocca Urbig con sicurezza. La retroguardia dell’Inter concede qualcosa tra le linee, ma arrivati dentro l’area i difensori nerazzurri sono bravissimi nel sbarrare la strada. Al 12′ Bastoni chiude miracolosamente su Olise, il francese era pronto per calciare a botta sicura ma la scivolata del difensore italiano mantiene in equilibrio il risultato. Con il vantaggio da gestire, il copione della gara è ben definito: bavaresi in gestione del pallone nella metà campo nerazzurra, mentre l’Inter chiude bene le linee di passaggio e attende il guizzo per ripartire. Prezioso il lavoro di Lautaro e Thuram in questo fondamentale, in particolare la fisicità del francese è efficace per alzare il baricentro e conquistare falli utilissimi. Appena prima della mezz’ora, è l’Inter ad avere la più grande palla gol. Arriva su punizione dalla sinistra di Dimarco: Acerbi prolunga, Thuram non ci arriva per un soffio. Cinque minuti più tardi Calhanoglu sfiora l’eurogol con una conclusione a giro dai 25 metri, la palla non gira abbastanza e sfiora l’incrocio dei pali, con Urbig praticamente immobile. La gara cambia, e l’Inter ne riprende almeno in parte il possesso, ma i bavaresi ci sono: Sané arriva al tiro in porta, Sommer respinge in corner. In riaggressione i difensori bavaresi sono molto irruenti e imprecisi, e ancor prima dell’intervallo entrambi i centrali (Kim e Dier) vengono ammoniti per due brutti falli su Thuram. Nel finale di frazione, il Bayern torna in possesso di partita e pallone: l’Inter non esce più dalla metà campo, ma riesce a reggere. 0-0 a fine primo tempo.
Confermati gli stessi undici da entrambe le squadre al rientro dagli spogliatoi. Il muro nerazzurro necessita di un altro tempo di resistenza estrema, ma alla ripresa del gioco l’Inter cerca di controllare più stabilmente il possesso. Inzaghi spinge per un controllo più ragionato del pallone, alla ricerca di un gol che metta in ulteriore discesa la qualificazione. Al 50′ Urbig si oppone con un gran riflesso a uno dei soliti corner pungenti di Dimarco. Un minuto più tardi su San Siro si abbatte l’uragano: Goretzka si avventa su un pallone sputato fuori dalla difesa nerazzurra, il tedesco appoggia per Kane che temporeggia e incrocia al momento giusto, la palla passa in mezzo alle gambe di Dimarco e Sommer non può nemmeno azzardare l’intervento. Proteste dei nerazzurri per una sbracciata di Goretzka su Mikitharyan, ma per Vincic è tutto regolare. L’inerzia della gara sembra ribaltata, nonostante i soliti sviluppi dell’Inter, ma il Bayern rischia subito di raddoppiare con una conclusione a giro di Muller, destro troppo forte e poco preciso, con palla che termina in Curva Nord. Nel momento del bisogno, l’Inter trova il pareggio con il guizzo del capitano: calcio d’angolo di Dimarco al 58‘, la palla rimane nei pressi dell’area piccola e Lautaro Martinez rimette subito in parità la gara. Boato a San Siro per il pareggio dell’Inter, che sembra subito rientrata in partita in maniera feroce. La spinta del pubblico regala subito una grande occasione a Darmian, isolato dal fraseggio rapido della trequarti nerazzurra, la conclusione dell’esterno viene deviata in angolo da Dier, provvidenziale in scivolata. Il calcio d’angolo di Calhanoglu è sempre forte e teso, Pavard viene lasciato completamente da solo da Kim e di testa buca Urbig. Uno-due micidiale dell’Inter, San Siro è in delirio e la qualificazione sembra sempre più concreta. Kompany prova a scuotere i suoi con i cambi: fuori Sané e Kim, dentro Gnabry e Guerreiro. Inzaghi risponde con la staffetta, già prevista, tra Dimarco e Carlos Augusto. Il brasiliano è subito decisivo perché al 75′ devia con i tacchetti una conclusione a botta sicura di Olise. Sul corner il Bayern prova a regalarsi un finale diverso. La rete è pressoché identica al pareggio di Muller dell’andata, palla sul secondo palo e la sponda di Dier termina direttamente in porta. Con la gara in parità (l’Inter mantiene un gol di vantaggio), la pressione del Bayern torna ad alzare i giri del motore, mentre l’Inter cerca di non perdere il filo. Kompany inserisce Pavlovic e Coman, mentre Inzaghi sceglie Frattesi e Bisseck. Nel recupero il Bayern attacca a testa bassa e cerca di riacciuffare il pareggio in qualsiasi modo. L’Inter non esce più e nella parata di Sommer su Muller al minuto 95 vede concretizzarsi il sogno della semifinale.
Questa Inter continua a sognare sempre più in grande. Considerando le due partite la qualificazione è il risultato più giusto per una squadra che non vuole smettere di alzare l’asticella. Nonostante la sofferenza nel recupero, la squadra di Inzaghi è riuscita a mettere costantemente in difficoltà un Bayern Monaco che ha pagato terribilmente le tante assenze. Ancora decisivo Lautaro Martinez, all’ottavo gol in 11 gare di Champions. Fari puntati verso la semifinale, dove adesso per i nerazzurri arriva l’avversario più temibile: il Barcellona di Hansi Flick. I blaugrana si sono dimostrati micidiali in avanti, ma hanno mostrato più di qualche limite in difesa, così come ha fatto il Bayern nelle due sfide. I favori del pronostico pendono verso Barcellona, ma questa Inter ormai non è più una semplice outsider. Termina qui l’avventura del Bayern Monaco, che adesso ha l’obbligo di blindare il primo posto in Bundesliga per rendere meno amara questa prima stagione di Vincent Kompany sulla panchina bavarese.
Calcio
Il Supercommento della 32ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top 11 alla fine, della trentaduesima giornata di Serie a
Udinese-Milan (A cura di Marco Rizzuto)
Troppo Milan per l’Udinese: Conceicao cambia modulo e rilancia i rossoneri verso l’Europa
Per dare una scossa alla classifica, mister Conceição rivoluziona la formazione, passando alla difesa a tre con Theo Hernandez e Jimenez schierati come esterni a tutta fascia. In attacco, Jovic viene preferito ad Abraham come terminale offensivo del tridente. Anche Runjaic cambia qualcosa rispetto alla sfida contro il Genoa: tornano titolari Kristensen e Lovric, mentre Atta agisce alle spalle di Lucca per sostituire l’infortunato Thauvin. L’assenza del francese pesa: l’Udinese arriva da tre sconfitte consecutive e ha segnato appena un gol nel periodo. Al Bluenergy Stadium i rossoneri accendono la gara dopo appena dieci secondi: Bijol e Kristensen pasticciano sul lancio di Pulisic, e il pallone finisce sui piedi di Reijnders, l’olandese calcia in porta a tu per tu con Okoye, che riesce a deviare in corner salvando i ragazzi di Runjaic. Dopo il brivido iniziale, l’equilibrio fa da padrona ad una gara che sembra non voler più decollare, i ritmi si abbassano e le occasioni tardano ad arrivare. Superata la mezz’ora, l’Udinese bussa per la prima volta alla porta di Maignan, Atta avvia il contropiede lanciando la corsa di Ekkelenkamp, che in percussione spezza in due la mediana rossonera, poi serve in corsa Ehizibue sulla fascia di destra, l’olandese col destro incrocia costringendo Maignan a volare, sulla ribattuta Ekkelenkamp calcia al volo e Gabbia è provvidenziale nel murare la conclusione del centrocampista. Quando il primo tempo sembrava essere destinato a terminare a reti bianche, il Milan a sorpresa passa in vantaggio: Fofana strappa il pallone a Lucca e serve Leao al limite dell’area, il portoghese calcia da fermo disegnando una parabola perfetta che si insacca sotto l’incrocio. La rete subita spezza il morale dei friulani che concedono il doppio vantaggio al 45′. Da calcio d’angolo il cross di Pulisic diventa un assist per Pavlovic, che con la spalla buca Okoye sul primo palo, complice una marcatura non perfetta dei difensori bianconeri. Il secondo tempo è sicuramente più vivace, nonostante i due allenatori non abbiano effettuato cambi durante l’intervallo. Al 51’, Maignan è protagonista di uno scontro di gioco col compagno Jimenez, in cui il francese subisce un brutto colpo alla testa. Sacchi ferma immediatamente il gioco per permettere ai medici di soccorrere il portiere rossonero, che esce in barella tra gli applausi del pubblico. Tornando al campo, all’ora di gioco l’Udinese spinge per riaprire i giochi: Lucca serve in area Atta, che calcia di controbalzo col sinistro senza inquadrare lo specchio della porta difesa da Sportiello. Runjaic capisce la necessità di inserire forze fresche per concretizzare le occasioni e manda in campo Iker Bravo e Rui Modesto per Lovric e Kamara, che non hanno brillato. Come contromossa, anche Conceicao effettua un doppio cambio: Tammy Abraham e Riccardo Sottil per Jovic e Jimenez. Le scelte dell’allenatore rossonero si rivelano vincenti: il Milan cala il tris con la rete di Theo Hernandez. Il francese triangola perfettamente con Abraham, che lo serve in profondità sulla fascia sinistra lasciata completamente scoperta dalla difesa friulana, entra in area e batte Okoye sul primo palo con una bordata che vale il triplo vantaggio. Theo Hernandez non segnava dalla 19^ giornata, nel successo contro il Como di Fabregas: anche in quell’occasione aveva segnato attorno al settantesimo minuto. Subito dopo il tris, Runjaic prova a cambiare ancora inserendo Pafundi e Payero, ma l’Udinese ormai spenta spalanca la porta al quarto centro rossonero. Abraham cerca e trova Leao con un traversone a giro splendido: il portoghese in corsa tenta di superare Okoye con uno scavetto, che diventa un assist per Reijnders, il quale deve solo appoggiare in rete. La decima rete in campionato dell’olandese chiude definitivamente i giochi a favore del Milan, che gestisce al meglio gli ultimi minuti di una gara dominata in lungo e in largo. Il nuovo modulo potrebbe rappresentare la chiave per rilanciare i rossoneri in classifica. Dopo settimane altalenanti, Conceicao potrebbe aver finalmente trovato un equilibrio in grado di valorizzare le qualità dei singoli (Theo Hernandez e Leao su tutti). Tuttavia, l’Europa resta ancora lontana: il nono posto non consente passi falsi, e il margine d’errore è ormai al minimo. Serviranno continuità, cinismo e un pizzico di fortuna per provare a riaprire davvero i giochi. Piove sul bagnato per l’Udinese: la squadra di Runjaic non riesce mai a entrare in partita ed esce dal campo con una sonora batosta. L’assenza di Thauvin pesa, ma quattro sconfitte di fila e un solo gol segnato non sono numeri da archiviare con leggerezza, anche se i friulani sono già matematicamente salvi, e l’unico obiettivo rimasto è il piazzamento nella parte sinistra della classifica, al momento occupata dal Torino.
Venezia-Monza (A cura di Dennis Rusignuolo)
La quinta è quella buona! Il Venezia torna in Fila per la salvezza
Il Venezia prepara tutti gli ingredienti per passare un bel pomeriggio: nel prepartita viene ritirata la maglia numero 13 di Marco Modolo e spunta anche l’ex capitano Joel Pohjanpalo nella panchina adiacente a quella di casa. Passano solo quattro minuti e Radu è chiamato subito ad un grande intervento, in risposta alla deviazione fra testa e spalla di Pedro Pereira su corner. Ritmi compassati nei primi 20 minuti, dove il Monza si fa leggermente preferire come atteggiamento, più convinto dei padroni di casa e pulito nelle giocate. Nonostante la spinta del Penzo, la sensazione è che il Monza abbia quella marcia in più che può mettere in difficoltà la retroguardia lagunare, che nei primi minuti di gara si era fatta preferire per l’intensità del pressing sui portatori di palla brianzoli. Al minuto numero 24 punizione che sa di corner corto: Nicolussi Caviglia fa partire un bolide a giro che sembra potersi infilare all’incrocio, Turati salva come può, e spedisce la palla sulla traversa, poi rinviata sulla linea da Akpa Akpro proprio un attimo prima che Oristanio la potesse ribadire in rete. Nesta è costretto a spendere il primo cambio alla mezz’ora, a causa di alcuni problemi fisici per Keita, sostituito al 27′ da Caprari. Prima dell’intervallo altre due occasioni, una per parte, ma sia la conclusione di Marcandalli che quella di Urbanski non spaventano i rispettivi portieri. Nessun cambio all’intervallo, anche se Nesta deve rinunciare a Izzo dopo appena cinque minuti dal fischio di Maresca: problema che sembra serio per il centrale italiano, sostituito da Caldirola. Dopo quindici minuti giocati a basso ritmo dalle due squadre, Di Francesco cerca nuovi stimoli dalla panchina: tre cambi, fuori Marcandalli per Haps, poi la staffetta dei due riferimenti offensivi (fuori Oristanio e Gytkjaer, dentro Yeboah e Fila). La scelta del tecnico dei lagunari si rivela vincente, perché al minuto 72 il Venezia sblocca la gara: lancio verso Ellertsson, seguito da Birindelli che viene buttato giù dal contrasto con la spalla (astuto, ma regolare) dell’islandese, a cui basta appoggiare in mezzo per il tap-in di Fila. Primo gol in Serie A per l’attaccante ceco, una rete dal peso specifico gigantesco. Sulla cresta dell’onda, il Venezia attacca con più leggerezza e velocità, mentre il Monza perde i riferimenti e cerca di usare le maniere forti per fermare le offensive dei lagunari. Pochi minuti dopo il vantaggio serve un grandissimo intervento di Turati per negare il raddoppio ai padroni di casa: punizione morbidissima di Nicolussi Caviglia oltre la barriera, Turati la vede all’ultimo e con un colpo di reni sputa fuori la palla dalla porta. Nel finale il Monza si affida alle palle lunghe, che sono però preda facile per i rocciosi difensori del Venezia. Prima del triplice fischio c’è ancora tempo per un ultimo episodio, perché Fila interviene in ritardo su Palacios e rimedia il secondo giallo della sua gara. Maresca lo espelle e il ceco salterà la sfida contro l’Empoli. Serviva un successo e i tre punti sono arrivati. A questo punto della stagione sindacare sulla prestazione lascia il tempo che trova, così il Venezia si è aggrappato a quell’attacco che in questo 2025 sembrava stregato. Dopo quattro gare consecutive al Penzo, finalmente Fila è riuscito a sfatare il tabù e adesso il Venezia alla salvezza ci crede sul serio. In una settimana decisiva per inquadrare il rush finale, la squadra di Eusebio Di Francesco aggancia l’Empoli (impegnato lunedì sera a Napoli) a quota 24 punti, a una settimana da un altro scontro diretto che sarà terribilmente decisivo. Il Monza, dall’altra parte, comincia a tirare i remi in barca perché la salvezza di fatto si sgretola oggi. La missione proibitiva della salvezza poteva passare solo da un successo in laguna, invece con questa ennesima sconfitta la squadra di Nesta ha ormai prenotato -si fa per dire- il posto per la prossima Serie B.
Inter-Cagliari (A cura di Tommaso Patti)
Arna Letale ancora decisivo. L’Inter supera agevolmente il Cagliari
Grazie alla sorprendente vittoria contro il Bayern Monaco, l’Inter affronta la sfida contro il Cagliari con il morale a mille. Da una parte Nicola schiera dal primo minuto Piccoli, sostenuto da Coman, pronto ad agire da seconda punta nelle situazioni offensive, mentre dall’altra parte Inzaghi decide di provare a vincere la sfida schierando qualche elemento di turnover. La titolarità di Arnautovic ripaga subito la scelta del tecnico nerazzurro: al 12’ un passaggio alto di Çalhanoğlu, apre l’azione offensiva di Carlos Augusto, che controlla di petto e si accentra nel tentativo di servire Lautaro, anticipato da Arnautovic, autore prima di una serpentina tra due avversari, e poi di una conclusione potente e alta che non lascia scampo a Caprile. Nonostante il gol del vantaggio, l’Inter è spesso scoperta e facilmente attaccabile dal Cagliari, come nell’occasione avvenuta al 24’, quando su un recupero palla di Zortea su Barella, Zappa lancia in campo aperto Piccoli, costretto ad arrendersi difronte al provvidenziale intervento di Sommer. Nella stessa azione, l’Inter riesce a ripartire dopo essersi riorganizzata, riuscendo addirittura a colpire il Cagliari per la seconda volta grazie allo spettacolare assist di Arnautovic per Lautaro, che supera con uno scavetto Caprile e segna la rete che vale il raddoppio. Senza alcuna avvisaglia, il Cagliari entra perfettamente in campo nella ripresa, riuscendo a dimezzare lo svantaggio con Piccoli, abile nel colpire il pallone di testa e nel riscattare il brutto errore del primo tempo. La reazione di Inzaghi al gol subito degli ospiti è un mix tra rabbia e paura per i minuti successivi poiché, nelle ultime due gare di campionato, i nerazzurri hanno dimostrato un netto calo di concentrazione tra la fine del primo e l’inizio del secondo tempo, riuscendo anche a subire gol. Il possibile allentamento della prestazione viene però immediatamente smentito dai padroni di casa, che prima ottengono un calcio d’angolo su un tiro ravvicinato di Dimarco deviato da Caprile, per poi trovare la terza rete della giornata sugli sviluppi del calcio d’angolo battuto da Dimarco e finalizzato con l’imperioso colpo di testa di Bisseck. Dopo il terzo gol dell’Inter, il Cagliari esce completamente dalla gara, rendendosi pericoloso solamente con il tiro di Piccoli salvato quasi sulla linea da un intervento di puro istinto conservativo di De Vrij.
Il successo dei nerazzurri permette a Inzaghi di arrivare al meglio alle prossime sfide, dove i nerazzurri sono chiamati a giocarsi tutte le competizioni nel giro di pochi giorni, affrontando rispettivamente Bayern Monaco, Bologna, Milan e Roma. L’ennesima scelta di Inzaghi di schierare dal primo minuto Arnautovic ripaga nuovamente: il serbo in appena ventidue presenze, si è distinto riuscendo a segnare sette gol (alcuni di questi piuttosto pesanti), e due assist. Nonostante la sedicesima sconfitta in trentadue giornate, il Cagliari rimane ampiamente a +6 rispetto al diciottesimo posto. La squadra di Nicola, nelle prossime giornate, è chiamata a invertire questo trend che vede i sardi molto incostanti nei risultati e poco lucidi sotto porta, proprio come accaduto nella sfida contro l’Inter.
Juventus-Lecce (A cura di Dennis Rusignuolo)
Sofferenza nel finale, ma tre punti da zona Champions. Vlahovic, Yildiz e Koop regalano a Tudor il secondo successo casalingo
Sciolti gli ultimi dubbi di formazione, con Tudor che ormai sembra aver trovato i suoi fedelissimi: prosegue la migrazione di Nico Gonzalez, che dopo aver giocato nella trequarti all’Olimpico contro la Roma, torna nella fascia destra al posto di Weah. Ritorna Teun Koopmeiners dal primo minuto, mentre altra chance dal 1′ per Vlahovic. Il Lecce cambia modulo per la prima volta dall’arrivo di Giampaolo: 3-4-3 con Jean insieme ai pilastri Baschirotto e Gaspar, mentre trova spazio Danilo Veiga nella fascia destra. Confermato il tridente Pierotti-Krstovic-Morente. Fin dal primo pallone giocato si vede come la Juve cerchi lo sviluppo sulla fascia sinistra, ed è da sinistra che i bianconeri stappano subito la gara: secondo minuto, palla su Vlahovic, attivo fin dai primi movimenti, filtrante preciso del serbo per l’inserimento di Koopmeiners, l’olandese ha tanto da farsi perdonare e il bel diagonale con cui batte Falcone può essere un primo squillo per una definitiva crescita. La reazione del Lecce non tarda ad arrivare, ovviamente da Nikola Krstovic. Il montenegrino recupera palla al limite dell’area e non esita a calciare forte, palo pieno con Di Gregorio in traiettoria, l’azione prosegue e il numero 9 calcia nuovamente forte verso lo stesso palo, opposizione con i pugni da parte del portiere bianconero. Ormai il dettame tattico di Tudor su questa Juve è chiaro: fraseggio ragionato in fase di impostazione e attacco codificato della profondità, guidato da Vlahovic e seguito da tutti gli incursori. Giampaolo rischia di dover abbandonare subito il piano iniziale della gara a causa dell’infortunio di Jean. Il francese esce addirittura in barella dopo un contrasto con Vlahovic e Pierret (torsione innaturale del ginocchio sinistro); al suo posto Tiago Gabriel, all’esordio in Serie A. Eccezion fatta per le due conclusioni di Krstovic, la Juve è padrona del campo e del possesso del pallone, il Lecce cerca di pressare alto per non farsi schiacciare troppo ma i bianconeri trovano sempre il modo per eludere il pressing. Al 20′ Renato Veiga riceve palla da Yildiz, bravo a sgusciare a Veiga dopo un corner, il portoghese calcia a botta sicura e Gaspar mette un rammento decisivo per negare il raddoppio. Alla mezz’ora i bianconeri vanno in ripartenza, Thuram guida la cavalcata con la sua solita falcata, scambia con Yildiz e va da Vlahovic, altra sponda intelligente del serbo e piazzato del numero 10 alle spalle di Falcone. Particolarmente attivo Dusan Vlahovic, autore dei due assist in 33 minuti. L’attaccante bianconero è sempre pimpante vicino alla porta, dove pecca di precisione, ma è lucido nel gioco con i compagni. Nella parte finale del primo tempo i bianconeri si limitano alla gestione del risultato e delle energie, fino all’intervallo che riserva alla squadra di Tudor applausi scroscianti, come non si sentivano da tanto tempo dalle parti dell’Allianz. Nessun cambio da parte di Tudor; Giampaolo invece ne cambia due: fuori Gallo e a sorpresa chiamato in panchina anche Krstovic, dentro Marco Sala e Rebic. I nuovi interpreti, più congeniali al gioco scelto da Giampaolo, portano più equilibrio e compattezza tra i reparti, tutti fattori che non si erano visti nel primo tempo e che avevano favorito il dominio incontrastato dei bianconeri. Come nel primo tempo, anche nella ripresa la Juve gioca sul velluto. L’idea propositiva e aggressiva di Tudor sembra già ben impiantata in ogni singolo giocatore, e lo si evince dalla voglia con cui recuperano il pallone e dall’insistenza con cui attaccano la porta cercando di scambiarsi ripetutamente il pallone. Il Lecce prova a regalarsi una mezz’ora orgogliosa con due lampi di Veiga e Baschirotto, brava la difesa bianconera nel respingere in entrambi i casi. Tudor decide di giocare le prime sostituzioni: Kolo Muani, Weah e Cambiaso al posto di Vlahovic, Koopmeiners e McKennie. Rinviato l’esperimento del doppio centravanti, già preannunciato da Tudor che in conferenza aveva escluso temporaneamente questa soluzione. Tra i nuovi innesti Weah è quello più cercato, ma è Cambiaso che sfiora il gol, con un mancino a giro che impegna Falcone in tuffo, costretto a usare i pugni per spedire il pallone fuori dalla porta. Prima del corner Tudor sostituisce Nico Gonzalez con Conceicao, emblematici gli applausi dello Stadium per entrambi i giocatori (due componenti che hanno avuto un impatto opposto con Thiago Motta, e anche adesso con Tudor). Con tutte le sostituzioni adoperate dai due allenatori, la gara perde ritmo e questo non fa altro che assecondare l’idea della Juve per gestire il risultato. All’83’ Di Gregorio mette la sua firma alla partita: primo vero errore di Thuram nella partita, che sbaglia in uscita e manda Rebic a tu per tu con il portiere bianconero, bravo a sbarrare la strada con il corpo e negare al Lecce la possibilità di riaprire la gara. Il gol dei salentini è rimandato solamente di qualche minuto, perché al minuto 87 Baschirotto svetta più in alto di tutti, riceve il cross di Helgason e gela lo Stadium. Secondo gol consecutivo per il capitano del Lecce, che nel finale sembra avere una marcia in più dal punto di vista emotivo. Per evitare spiacevoli fantasmi del passato Tudor scegliere di utilizzare l’ultimo cambio per rinforzare la difesa: fuori Yildiz e dentro Savona. Nei tre minuti di recupero la Juve soffre ma riesce a blindare i tre punti, che garantiscono per questa giornata l’ingresso di zona Champions. L’occasione era ghiotta, in vista dello scontro tra Atalanta e Bologna, e grazie a un primo tempo quasi perfetto, la squadra di Tudor mangia due pedine in una sola mossa. I due assist di un ritrovato Vlahovic e i gol di Yildiz e Koopmeiners permettono alla Juve di seguire attivamente il treno della Champions. Si prolunga a otto gare la striscia nera del Lecce. Giampaolo aveva cercato di approcciare la gara in maniera diversa, schierandosi quasi a specchio, ma la partenza sprint dei bianconeri, e l’infortunio di Jean hanno scombinato una soluzione che già era provvisoria. Con la vittoria del Venezia sul Monza, la salvezza diventa accesa oltre ogni limite, e i salentini hanno l’obbligo di interrompere subito questa striscia.
Atalanta-Bologna (A cura di Tommaso Patti)
Sotto il segno del solito Retegui. La dea vince e allunga sulle pretendenti
Nel tentativo di sfatare il tabù casalingo che vede i nerazzurri non vincitori in campionato dalla sfida contro l’Empoli di fine Dicembre, Gasperini non rinuncia alla contemporanea titolarità di Lookman, Pasalic e Retegui. Quest’ultimo protagonista dell’immediato gol del vantaggio dopo appena due minuti, rete nata dal filtrante di Pasalic per Bellanova, che scatta sulla fascia e pesca a centro area Retegui, al suo ventitreesimo gol in campionato. La rete del capocannoniere accende l’animo del Gewiss, consapevole di non poter vedere più la propria squadra vincere il campionato, ma consapevole anche quest’anno del grandissimo lavoro fatto dalla società, dall’allenatore e dai giocatori. Con il passare dei minuti, il Bologna prova ad alzare la testa, scontrandosi però con un’attenta retroguardia di casa. Al ventesimo minuto, un’altra grandissima giocata di Retegui rimane impressa nel tabellino. L’attaccante azzurro prima lotta e vince il duello contro Lucumi, e poi innesca il cross valido per il tap-in vincente a centro area di Pasalic. La superiorità dei nerazzurri è evidente e l’errore sotto porta di Ederson (nato da un ennesimo duello vinto) ne è la prova. Nonostante il doppio svantaggio, la squadra di Italiano ci ha già più volte dimostrato la tenacia nel lottare soprattutto nei momenti di difficoltà, mettendo in pratica questo concetto a dieci minuti dalla fine del primo tempo, quando su uno schema nato da un calcio di punizione, Ndoye calcia di potenza da fuori area ma trova l’opposizione di Carnesecchi, aiutato anche dal palo. Nella ripresa l’Atalanta abbassa il ritmo, il Bologna cresce ma spesso deve fare i conti con Carnesecchi, che si conferma la miglior sorpresa di questa dea per costanza. La parabola pericolosa di Miranda e il grave errore sotto porta di Casale, descrivono esattamente il pomeriggio del Bologna, cioè una squadra che costruisce tanto ma spreca tutto sotto porta. Nel finale, Gasperini perde per infortunio Kolasinac, uno dei pilastri di questa annata, out per almeno sei mesi data la rottura del crociato. Il pareggio di Roma e Lazio, permette alla dea di avere quasi la certezza di rientrare nei primi quattro posti in campionato, validi per la prossima Champions League. La vittoria della Juve contro il Lecce e il passo falso del Bologna, permette ai bianconeri di superare e andare a +2 sulla squadra di Italiano, che nel prossimo turno affronterà l’Inter.
Fiorentina-Parma
Noia e reti bianche: Fiorentina e Parma non vanno oltre lo 0-0
Messo da parte (momentaneamente) lo Celje, Palladino sposta il focus sulla sfida casalinga con il Parma di Chivu, che sembra essere ritornato sul binario per uno sprint finale con un solo obbiettivo: la salvezza. Sul settore sinistro del campo il Parma inizia sin da subito a spingere con Valeri che fa sua la fascia e indirizza subito un cross al centro dell’area, impattato da Bernabè che trova la grande risposta di De Gea, bravo a bloccare e neutralizzare anche la conclusione di Keita pochi istanti più tardi. Nel primo tempo la Fiorentina risulta essere totalmente assente, con Suzuki spettatore non pagante. Un presunto tocco di mano di Valenti fa scorrere un brivido lungo la schiena della viola, che però tira un sospiro di sollievo in seguito ad un rapido check del VAR che scagiona il giocatore di Palladino. La seconda metà di gara riparte con la Fiorentina in controllo e con una clamorosa occasione per Kean che sfrutta l’imbucata di Mandragora e si trova a tu per tu con Suzuki, con il pallone che però termina fuori di poco. Appena tre minuti più tardi arriva un’altra, enorme, occasione per la squadra di Palladino, che con Fagioli colpisce la traversa, con un tiro su punizione che da posizione defilata impensierisce e non poco l’estremo difensore ducale, che deve appoggiarsi alla traversa per evitare insidiose respinte. La squadra di Chivu, però, non sembra voler mollare e al 62′ si spinge in avanti con il pallone, sui piedi di Bonny, che viene incredibilmente salvato, ancora una volta, da De Gea, migliore in campo. Ad un quarto d’ora dalla fine Richardson riesce effettivamente a battere Suzuki, con il gol che però viene annullato per fuorigioco, nonostante l’iniziale esultanza del centrocampista marocchino. Con questa ultima occasione, e poche altre ababstanza timide, il match termina con un pareggio e le squadre che si sono perfettamente equivalse sul piano del gioco. Il Parma guadagna un punto e allunga sulla zona salvezza, mentre Palladino adesso dovrà concentrarsi sul ritorno di Conference League contro lo Celje.
Torino-Como (A cura di Marco Rizzuto)
Luci e ombre al Sinigaglia: Douvikas firma il successo, il VAR cancella la beffa granata
Il Como scende in campo con una formazione priva della sua stella: Nico Paz parte infatti dalla panchina. Fabregas opta per una maggiore copertura a centrocampo, inserendo Perrone al posto dell’argentino. Sul fronte granata, Vanoli schiera Linetty per sopperire alla squalifica di Ricci. In avanti si torna al doppio centravanti, con Sanabria al fianco di Adams. Dopo un avvio poco entusiasmante, il primo squillo del match arriva al 12’ proprio dai ragazzi di Vanoli, che sfiorano il vantaggio con un colpo di testa di Linetty: il polacco, liberatosi bene da Da Cunha e Vojvoda, non riesce però a inquadrare la porta. Nei minuti successivi si assiste a un dominio crescente del Como. La squadra di Fabregas prende le misure agli avversari, controlla il gioco per gran parte del primo tempo e crea diverse occasioni da gol. Alla mezz’ora, su punizione dal limite, Da Cunha calcia a giro con il mancino e impegna seriamente Milinkovic-Savic, bravo a deviare in angolo. La pressione crescente dei lariani mette in grande difficoltà il Torino, costretto nella propria metà campo e incapace di ripartire. Al 37’ arriva il meritato vantaggio comasco: splendida azione sulla destra, Ikoné serve in corsa Vojvoda che crossa al centro per Douvikas, il quale insacca di testa firmando il suo secondo gol in Serie A. Nonostante i frequenti cambi nel reparto offensivo nelle ultime partite, la squadra di Fabregas mostra una notevole solidità, riuscendo a ruotare efficacemente gli interpreti. Douvikas sembra essersi integrato perfettamente negli schemi dello spagnolo, mettendo pressione su Cutrone, autore di una brillante prima parte di stagione. Anche Ikoné, al momento, appare imprescindibile: l’ex Fiorentina ha scalzato la concorrenza e si è guadagnato un posto fisso tra i titolari, relegando Strefezza alla seconda panchina consecutiva. Il Como chiude il primo tempo in attacco, costringendo Vanoli a riflettere su eventuali cambi per ridare ritmo ai suoi. La ripresa comincia senza sostituzioni, ma si percepisce subito un atteggiamento più deciso da parte del Torino. I primi dieci minuti offrono spettacolo con occasioni da entrambe le parti, e al 57’ il Toro sfiora il pari con Gineitis: imbucata alta che sorprende la difesa, ma il numero 66 non riesce a segnare per via di un tempestivo intervento di piede di Butez. Dal 60’ in poi le gerarchie si ribaltano: il Torino prende in mano la partita e schiaccia il Como nella propria metà campo. Fabregas corre ai ripari, inserendo Strefezza e Sergi Roberto per aggiungere qualità ed esperienza a centrocampo. A un quarto d’ora dal termine, il Como torna a farsi vedere: sul corner battuto da Strefezza, Goldaniga impatta bene di testa, ma Milinkovic-Savic vola a deviare sopra la traversa, tenendo vive le speranze granata. Nel finale, il Como rischia grosso: Elmas, dopo aver recuperato palla in area sul tentativo di Sanabria, salta Butez ma perde l’attimo per calciare, venendo murato da Kempf, decisivo nell’intervento. In pieno recupero il Torino pareggia con una conclusione potente dal limite di Ilic, che fa esplodere il settore ospiti del Sinigaglia. Tuttavia, dopo un controllo al VAR, la rete viene annullata per un doppio tocco irregolare di Biraghi al momento della battuta del corner. Scampato il pericolo, il Como può festeggiare la sua nona vittoria in campionato, portandosi a quota 35 punti e staccando di quattro lunghezze il Verona, quattordicesimo. Il Torino, nonostante un ottimo secondo tempo, cade nuovamente in Serie A: non succedeva dal 14 febbraio, anche in quell’occasione con Ricci assente. Una sconfitta amara ma non troppo per i granata, che restano comunque tranquilli al decimo posto a quota 40 punti, in compagnia dell’Udinese.
Verona-Genoa (A cura di Marco Rizzuto)
Occasioni sprecate e assedio sterile: al Verona manca solo il gol
Zanetti ancora privo di Tengstedt e Suslov, riconferma l’undici titolare sceso in campo contro Parma e Torino. Dawidowicz nuovamente adattato al fianco di Duda. Nella trequarti Bernede a supporto del tandem composto da Sarr e Mosquera. Anche il Genoa scende in campo con diverse assenze, su tutti Malinowski e Friendrup. Al loro posto Badelj e Masini fanno coppia nella mediana, con Vitinha che torna nel trio offensivo a supporto di Pinamonti unica punta. Non si assiste ad un avvio particolarmente acceso, la prima occasione arriva al 20′ minuto sponda grifone, con Vitinha che salta Bernede per poi calciare dal limite dell’area senza però impensierire Montipò. L’equilibrio fa da padrone alla prima frazione che fatica a decollare, fin quando Mosquera riesce ad agganciare un pallone complicato scodellato direttamente da Valentini dalla propria metà campo: il numero 35 riesce a controllare la sfera calciando a incrociare, Leali riesce ad evitare il gol dando un po’ di spettacolo a questo incontro giocato a rilento. Arrivati alla ripresa, il mister Zanetti prova a cambiare qualcosa per dare una scossa, e inserisce Livramento per Sarr, autore di una gara dimenticabile. Nessun cambio per il Genoa che rientra in campo con l’undici iniziale. Già dai primi minuti gli scaligeri appaiono molto più offensivi, ai danni di un Genoa molto sciapo. I padroni di casa cercano il vantaggio in diverse occasioni, la più eclatante arriva al 58′: Bradaric riesce a far passare il pallone tra due avversari servendo Bernede, che rapidamente alza la testa e scodella in mezzo per Mosquera. Il colombiano schiaccia troppo con la testa fallendo un’occasione d’oro. Vieira capisce la necessità di cambiare qualcosa data la pericolosità del Verona, inserendo in una botta sola Ekuban, Onana e Messias. La situazione però non cambia, e il secondo tempo è un dominio totale dei ragazzi di Zanetti che non riescono però a bucare la porta di Leali. Al 67′ De Winter e Vasquez pasticciano lasciando sfilare un pallone sanguinoso conquistato da Livramento, che prende il tempo a Leali. Con la punta Livramento non riesce a spedire in rete e il recupero del difensore messicano è provvidenziale ai fini del risultato. Sul finale gli scaligeri assediano l’area di rigore avversaria senza però calciare pericolosamente verso la porta. Il fischio finale chiude una gara quasi soporifera che consegna un punto a testa alle due squadre. Il Genoa guadagna un punto importante per la corsa al decimo posto, accorciando e andando a -1 da Udinese e Torino. Il Verona con un po’ di rammarico sale a quota 32 lunghezze, otto punti sopra la zona rossa della classifica
Lazio-Roma (A cura di Dennis Rusignuolo)
Lazio e Roma si annullano a vicenda e sul campo dell’Olimpico non si va oltre l’1-1. Ranieri chiude la carriera con zero derby persi, e insacca il sedicesimo risultato utile consecutivo, mentre Baroni deve fare di più per acciuffare la zona Champions
Napoli-Empoli
Scottish pride: il Napoli vola sulle ali di McTominay
Conte sorride nel posticipo del lunedì sera, il suo Napoli vince, convince e prova a rimanere attaccato al treno scudetto. I Partenopei, sin da subito, occupano la zona avanzata del terreno di gioco, proponendo una fase offensiva lucida e concreta che, alla fine, porta a trovare la via del gol. Al 17′ minuto, il lavoro sporco di Lukaku, che serve McTominay, viene ripagato dalla rete dello scozzese che calcia, in corsa, dal limite dell’area e buca Vasquez, che avrebbe potuto fare qualcosa in più. L’Empoli, timidamente, prova a reagire, con il cross di Pezzella che pesca a centro area Gyasi, il cui colpo di testa termina alto di molto. Prima Politano, poi Neres, nella seconda metà del primo tempo gli azzurri cercano spasmodicamente il raddoppio, sbattendo doppiamente su un ottimo Vasquez. Al 39′ una sponda di Gyasi, arriva direttamente dal rinvio del portiere, trova Esposito che da lontanissimo calcia al volo, impegnano e non poco Meret. Un Napoli fievole al concludersi del primo tempo si riaccende subito nel secondo e non perde tempo a trovare il raddioppio: al 56′ Olivera trova tra le linee Lukaku, che insacca prodigiosamente il gol del 2-0. Non passano nemmeno quattro minuti, e ancora grazie ad un assist di Lukaku, McTominay colpisce di testa e batte Vasquez per la terza volta, sigillando definitivamente la partita, in un Maradona gremito che impazzisce di gioia. Cinque minuti più tardi, l’asse McTominay-Lukaku rischia di trovare addirittura la terza combinazione, con la sponda del belga che viene sfruttata dalla conclusione a rete dell’ex United, la quale si infrange pienamente sul palo, graziando la squadra di D’Aversa. Senza altre particolari occasioni, si conclude un match a senso unico che ha visto la squadra di Conte dominare sotto ogni punto di vista, mentre la squadra di D’Aversa osserva impotente dal basso del suo, sempre più fisso, diciannovesimo posto.
Calcio
Succede tutto nella ripresa. Il Derby della Capitale termina senza vincitori

Dopo le scintille dell’andata, il derby capitolino tra Lazio e Roma regala meno emozioni e un risultato equilibrato. Nonostante le solite scaramucce da derby, le due squadre si annullano e portano a casa un punto ciascuno. Al gol di Romagnoli risponde il capolavoro di Soulé, tutto nel secondo tempo.
Defezioni da una parte e dall’altra: Ranieri, senza Dybala, si affida a Pellegrini e Soulé alle spalle di Dovbyk. La Joya ha chiuso anticipatamente la sua stagione, ma siede in panchina per supportare al massimo i compagni. Torna Saelemaekers dalla squalifica, e si riprende il suo posto nell’out di destra. La vera sorpresa è nei tre di difesa, perché Ranieri schiera Celik come braccetto di destra al fianco dei soliti Mancini e Ndicka. Sponda biancoceleste si deve smaltire il brutto colpo subito in Norvegia dal Bodø/Glimt, e Baroni allora si affida a Castellanos. Il Taty torna a vestire una maglia da titolare dopo quasi un mese di assenza, fondamentale la sua presenza per le geometrie e le offensive dell’attacco laziale. Confermato Mandas tra i pali (il greco è stato il migliore dei biancocelesti contro il Bodo) mentre Luca Pellegrini sostituisce l’infortunato Tavares, alle prese con l’ennesimo infortunio muscolare della sua stagione.
Davanti alle solite coreografie meravigliose delle due tifoserie, la contrapposizione tra due credi calcistici tanto vicini quanto opposti, il derby comincia con la Roma in possesso palla. Non ci sono particolari tatticismi, le due squadre cercano di non scoprirsi troppo e concedere occasioni. Per alzare i toni agonistici Paredes commette una delle sue solite ingenuità e regala una punizione insidiosa alla Lazio, Cartellino giallo per l’argentino, reo di aver colpito con una manata Zaccagni; sugli sviluppi del piazzato gran cross verso Romagnoli, bravo a sventare più in alto di tutti ma è ancora più bravo Svilar a respingere con le mani. A fare la partita è sempre e soprattutto la formazione di Baroni, mentre Sozza sceglie un metro di giudizio piuttosto duro per evitare che la serata si accenda. La Roma fatica a entrare in partita, e il solito Isaksen comincia ad accendersi con il passare dei minuti. Il danese sfiora un gran gol al 22′, quando manda a vuoto Ndicka e Angelino, arriva davanti a Svilar ma ancora una volta trova la grande opposizione del portiere della Roma. La fascia sinistra dei giallorossi va in difficoltà contro l’elettricità di Isaksen, e su quella zona la Lazio trova sempre spazio per costruire occasioni importanti. Il duello è ormai il consueto, Isaksen contro Svilar, e al 37′ il portiere belga sventa un’altra conclusione insidiosa dell’attaccante laziale. Il ritmo non si accende nonostante qualche piccola scintilla tra i giocatori in campo, e all’intervallo l’Olimpico fischia a causa del poco spettacolo regalato dalle due squadre nei primi 45′. Da segnalare l’ammonizione di Isaksen nel recupero, il danese -diffidato- salterà la prossima gara dei biancocelesti, a Marassi contro il Genoa di Vieira.
Al rientro dagli spogliatoi Ranieri sostituisce subito l’ammonito Paredes con Cristante, mentre Baroni non cambia il proprio scacchiere. La partita si apre dopo nemmeno sessanta secondi: punizione dalla linea laterale per la Lazio, Luca Pellegrini mette in mezzo un cioccolatino che viene scartato dall’incornata di Romagnoli. Vantaggio meritato per quanto visto nel primo tempo, in cui la Lazio ha oggettivamente creato di più rispetto a una Roma piuttosto compassata. L’agonismo che si era visto saltuariamente si accende subito dopo il vantaggio dei biancocelesti, con Saelemaekers e Gigot che si scambiano alcuni colpi poco consentiti, da cui si accende una piccola rissa, placata subito dalla gestione della partita da parte dell’arbitro Sozza. Il primo vero sussulto della gara della Roma arriva su calcio d’angolo, al 53′ cross profondo di Saelemaekers verso Mancini, il centrale indirizza verso il secondo palo ma Mandas riesce a salvare la porta biancoceleste, bravo il portiere greco a slanciare sulle gambe e distendersi bene. Ranieri capisce il m0mento di difficoltà e cerca di restituire nuova linfa con Shomurodov al posto di Pellegrini. La soluzione è la stessa che aveva permesso ai giallorossi di pareggiare la Juventus: doppio centravanti, con Shomurodov incaricato di roteare attorno a Dovbyk. La Lazio continua a creare pericoli grazie alle palle inattive, con Pellegrini che diventa sempre più pungente con i suoi cross forti e precisi. Al 64′ Zaccagni sfiora il raddoppio con la sua solita giocata, il capitano biancoceleste sfrutta la sovrapposizione di Pellegrini per costruirsi il tiro a giro, palla che termina di poco a lato ma Svilar sembrava in controllo della traiettoria. Nonostante l’occasione la squadra di Baroni comincia a tirare un po’ il fiato, e la Roma comincia a sviluppare con più intensità nella metà campo laziale, anche se l’abnegazione e il sacrificio dei giocatori della Lazio è lodevole. Il pareggio della Roma arriva con un capolavoro di Soulé: senza Dybala in campo, ci pensa l’altro argentino a regalare un gioiello al pubblico dell’Olimpico. Al 68′ Saelemaekers appoggia verso Cristante, Soulé arriva in anticipo e calcia subito, la palla sbatte due volte sulla traversa ma l’orologio dell’arbitro (con la goal-line-technology) vibra e rimette in parità la gara. Ancora una volta i cambi di Ranieri sono riusciti a ribaltare l’inerzia della gara, e la stanchezza della Lazio comincia a diventare un fattore. Baroni pensa anche al ritorno dei quarti di finale di Europa League, e sostituisce Castellanos e Isaksen con Pedro e Dia. Cambi che arrivano in un momento in cui i biancocelesti sono in evidente difficoltà, e Pedro prova subito a scuotere la squadra. Al 74′ conclusione potente dal limite dell’area dello spagnolo, ma ancora una volta Svilar non si fa sorprendere e chiude in angolo. Un minuto dopo la Lazio ha un’altra occasione: palla in mezzo alla ricerca di Boulaye Dia, Ndicka rischia l’autogol in scivolata ma trova ancora l’ennesima chiusura di Svilar, fondamentale nella risposta sul centrale ivoriano e nella chiusura su Dia, che cerca di convertire in rete il pallone vagante rimasto nei pressi dell’area piccola. Grazie alle sostituzioni, la Lazio riottiene energia e qualità e Baroni adopera altre due mosse: fuori uno stremato Zaccagni e un evanescente Dele-Bashiru, dentro Noslin e Belahyane. Ranieri invece risponde con Baldanzi al posto di Dovbyk, mettendo fine alla soluzione del doppio centravanti, che anche questa volta ha permesso alla Roma di rimettere in equilibrio una gara dopo l’iniziale svantaggio, e poi con Rensch ed El Shaarawy per Saelemaekers e Soulé. Nel recupero la Lazio sfiora in due occasioni il nuovo vantaggio, ma la difesa giallorossa riesce a chiudere la porta e alzare il baricentro per negare qualsiasi altra occasione.
Un pareggio che per la classifica non da una grande spinta a nessuna delle due. La Lazio rimane al sesto posto, a quota 56 punti e a caccia della zona Champions che dista soli tre punti. La Roma fallisce l’occasione di superare i rivali di sempre, e adesso necessita un cambio di passo importante per sognare una rimonta europea. Ranieri ancora una volta riesce a ribaltare l’inerzia della partita grazie ai cambi, anche se il pareggio è firmato da Saelemaekers e Soulé che erano in campo dall’inizio. Se il derby si chiude in parità, tanti sono i meriti dei due portieri, perché Mandas ha chiuso la porta su Mancini, mentre Svilar ha chiuso praticamente qualsiasi offensiva della Lazio. Occhi puntati sulla squadra di Baroni, adesso chiamata a rimontare il 2-0 subito in Europa League. Una gran fetta della stagione dei biancocelesti si decide giovedì sera all’Olimpico, anche in vista delle prossime gare.
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