Calcio
Il Supercommento della 26ª giornata di Serie A

Il commento completo di tutte le partite, con la Top11 alla fine, della ventiseiesima giornata di Serie A.
Lecce-Udinese (A cura di Dennis Rusignuolo)
I friulani passano di misura a Lecce grazie al rigore di Lucca, che farà discutere
Scelte pressoché obbligate da una parte e dall’altra: Runjaic che schiera dal 1′ Sanchez, che al Via Del Mare trovò il primo gol in Serie A; Giampaolo schiera il tridente con Morente, Krstovic e Pierotti. La prima palla gol è friulana: gran filtrante di Lovric che mette Lucca davanti a Falcone, bravo a chiudergli lo specchio e a respingere. I primi minuti sono tutti dell’Udinese che attacca e cerca il gol da fuori con Ekkelenkamp e Sanchez, senza trovare però lo specchio. Il Lecce fatica a imbastire un’azione degna di nota, soffrendo il pressing avversario, col pubblico che si innervosisce per i troppi passaggi all’indietro. Attorno al 25′ si vedono i salentini in area ospite, con una doppia conclusione di Pierotti alla quale si oppone la difesa con salvataggio finale di Kristensen in corner. Alla mezz’ora l’evento che decide, e condiziona, la partita: contatto tra Jean e Lovric in area, col braccio del difensore che colpisce il volto del giocatore ospite, senza vederlo arrivare. Sembra essere un normalissimo contatto di gioco ma Bonacina viene richiamato dal Var e concede il penalty. A quel punto va in scena un imbarazzante teatrino con i giocatori dell’Udinese che litigano per battere il rigore. In molti cercano di strappare il pallone dalle mani di Lucca, che non lo molla. Il numero 17 trasforma il penalty ma nessun compagno va a festeggiare con lui. Passano quattro minuti e Runjaic toglie Lucca e mette Iker Bravo, l’impressione è che la scelta sia punitiva per la sceneggiata del rigore. Nella ripresa pochissime emozioni fin dall’inizio. Il piano gara dell’Udinese è quello di mantenere il risultato senza correre alcun rischio, mentre il Lecce cerca più una scossa emotiva che tattica. Le occasioni principali sono tutte di marca bianconera, con i friulani che sfiorano ripetutamente il raddoppio. Falcone evita il raddoppio al 53′ alzando in angolo un gran tiro di Bravo da fuori area. Sanchez mette Kamara davanti a Falcone, ma l’ivoriano spreca con un tiro cross che non trova nessuno. Fioccano i gialli in una gara da nervi tesissimi: nell’arco di 3′ se li beccano Berisha, Lovric e Payero. Quest’ultimo rischia il secondo con un’entrata a piede alto che Bonacina non sanziona. Giampaolo prova ad aumentare il potenziale offensivo con Rebic al posto di Pierret per gli ultimi 20′. Runjaic compatta le due linee e difende il risultato fino al fischio finale. Successo prezioso per l’Udinese, adesso stabilmente al decimo posto con un buon vantaggio sul Torino undicesimo. La squadra di Runjaic deve risolvere l’enigma legato al calcio di rigore di Lucca, e ricompattare subito il gruppo in vista dei prossimi match, che diranno definitivamente dove può arrivare questa Udinese. Amaro in bocca per il Lecce, che adesso cerca di riattivare la macchina da gol che si è vista nelle precedenti gare con Giampaolo, dato che i salentini non trovano la rete da ormai tre partite.
Parma-Bologna (A cura di Tommaso Patti)
Esordio vincente per Chivu. Il Bologna cade al Tardini contro il Parma
In una partita che vede protagoniste due squadre con obiettivi e mentalità diverse, l’avvio di gara è abbastanza equilibrato da regalare buone occasioni da entrambe le parti. Se il Bologna è chiamato alla conferma di una stagione fin qui eccellente, il nuovo Parma dell’esordiente Christian Chivu è chiamato ad una vittoria per riscattare il morale di una squadra che negli ultimi mesi ha vissuto più bassi gli alti. Dopo aver deciso con una doppietta, la sfida contro il Torino, Ndoye si rende protagonista nei primi minuti di gara con una conclusione sul primo palo bloccata da Suzuki, e con un cross teso che attraversa tutta l’aria di rigore, che però viene sprecato dal colpo di testa di Cambiaghi terminato largo. A ridosso della mezz’ora, il Parma entra definitivamente in partita reclamando un calcio di rigore per un fallo di mano di Beukema, che viene giudicato irregolare dal direttore di gara. Dagli undici metri si presenta Bonny che, spiazza Ravaglia, e porta avanti i padroni di casa con un gol che mancava da 105 giorni. Dal gol del centravanti francese, un paio di ammonizioni e una serie di cambi caratterizzano il finale di partita. Con l’ingresso di Dennis Man, il Parma trova la freschezza giusta trovare il gol del raddoppio al minuto settantanove, rete portata avanti proprio da un’azione nata dai piedi dall’esterno rumeno, che dopo essersi fatto una trentina di metri palla al piede riesce a servire Sohm, bravo ad incrociare il suo sinistro e a battere Ravaglia per indirizzare la gara verso i ducali. I due gol di svantaggio non scoraggiano del tutto gli uomini di Vincenzo italiano, che non mollano e provano ad accorciare le distanze con Orsolini ma, la sua punizione da zona defilata termina di poco alta sopra la traversa. Con il Bologna riversato nell’area di riva avversaria, Dennis Man è agile nel creare e finire un contropiede che poteva regalare il tris alla propria squadra, rete negata dall’uscita provvidenziale dell’estremo difensore felsineo. Prima del triplice fischio, un’altra occasione finalizzata dal tiro di Orsolini fa rimanere sulle spine tutto il Tardini ma, anche questa conclusione del numero sette rossoblu non termina nello specchio della porta. Questo successo per 2-0 contro una delle più forti potenze della serie A, regala al nuovo Parma di Chivu tre punti fondamentali per la zona salvezza e un’iniezione di fiducia per affrontare le successive partite. Il pareggio della Lazio e la sconfitta del Milan a Torino, attutisce questa pesante sconfitta in ottica Champions League per il Bologna, che è chiamato al riscatto già dalla prossima sfida in casa contro il Cagliari.
Venezia-Lazio (A cura di Marco Rizzuto)
La Lazio spreca prima e rischia poi, col Venezia termina 0-0
Al Penzo si assiste ad un avvio molto equilibrato, la più grande occasione del primo tempo arriva intorno al ventesimo Zaccagni dal limite riesce ad imbucare per Dia, ma il senegalese fallisce clamorosamente da pochi metri calciando fuori dallo specchio della porta da pochi metri. A flirtare col vantaggio rimane sempre e solo la Lazio. Agli sgoccioli del primo tempo Dele-Bashiru calcia forte dalla distanza col pallone che termina a fil di palo, ma il problema alla caviglia rimediato qualche minuto prima lo costringe ad abbandonare la gara. Il secondo tempo segue lo stesso copione, la Lazio mantiene il possesso del pallone mentre il Venezia tenta diferire in contropiede -fin’ora senza successo-. Al 53′ Isaksen riesce a liberarsi e calciare dalla distanza, il tiro è potente ma centrale e Radu si rifughia in calcio d’angolo. Il primo squillo dei Lagunari arriva superata l’ora di gioco: calcio piazzato calciato a rientrare di Zerbin, Maric riesce ad anticipare Mandas ma la palla esce di qualche millimetro graziando la Lazio. Nella fase finale del match il Venezia riesce a venire fuori in ripartenza, Oristanio spezza la retroguardia biancoceleste saltando Romagnoli e calciando col mancino, Mandas in allungo riesce a negare il gol. All’89’ una lunga manovra dei Leoni alati si conclude con la conclusione di Zerbin, deviata in corner da Marusic. Sul finale La Lazio rischia di perderla con la conclusione centrale di Yeboah, neutralizzata facilmente da Mandas. Il passo falso dei biancocelesti costa il quarto posto, occupato adesso dalla Juventus. Il Venezia soffre per gran parte della gara ma rammarica la vittoria sul finale, si deve accontentare di un punto, comunque importante per la lotta salvezza.
Torino-Milan (A cura di Marco Rizzuto)
Milinkovic-Show all’Olimpico Grande Torino, Milan sconfitto
La prestazione monstre di Milinkovic–Savic regala la vittoria al Torino. Inizio da dimenticare per i rossoneri, al 4’ Maignan nel tentativo di spazzare il pallone colpisce in pieno Malick Thiaw, causando l’autorete che sblocca il match a favore dei granata. Il Torino si dimostra la ‘bestia nera’ per il difensore tedesco: è il secondo autogol contro il Torino in questa stagione. Il Milan prova a reagire al 20’: uno-due perfetto tra Joao Felix e Reinjders col portoghese che manda in porta Gimenez, ma Milinkovic-Savic è bravissimo a rimanere in piedi e sventare la conclusione del numero sette. Alla mezz’ora il Milan fallisce dal dischetto l’occasione del pareggio. Milinkovic-Savic in tuffo nega il penalty a Pulisic, costringendolo al primo errore in carriera e confermandosi un pararigori eccezionale (quarto rigore parato della stagione). Sugli sgoccioli del primo tempo il Torino torna a spaventare i rossoneri: Vlasic attacca l’area da posizione arretrata e servito in corsa da Ricci calcia in porta, Maignan con la mano di richiamo riesce a deviare in corner. Il secondo tempo riprende con una grande assenza, quella di Rafael Leao. La sostituzione del portoghese a metà gara fa riflettere, ma la scelta è necessaria per ristabilire equilibrio in mezzo al campo, al suo posto Fofana. Con la presenza di un centrocampista in più Reinjders può tornare ad attaccare l’area con più libertà e all’ora di gioco: Pulisic manda in porta proprio l’olandese che deve arrendersi ad un’altra parata fenomenale di Milinkovic-Savic. Superato il sessantesimo il Milan assedia l’area di rigore avversaria, prima Jimenez fa la barba al palo calciando dalla distanza, poi Joao Felix colpendo il legno in pieno. Nell’ultimo quarto d’ora i rossoneri spezzano l’imbattibilità del Toro, pareggiando grazie alla deviazione non perfetta di Walukiewicz e la conclusione sotto al sette da parte di Reinjders, protagonista assoluto di questo secondo tempo. Dopo due minuti, il Toro torna avanti con Gineitis: la difesa del Milan, colta completamente di sorpresa sul calcio di punizione dei granata, si perde ingenuamente l’inserimento del lituano servito da Sanabria con una palla molto furba, il centrocampista calcia sul secondo palo facendo fuori Maignan e tagliando le gambe al Milan. L’incontro termina con la caduta dei rossoneri e la vittoria sofferta ma voluta fortemente del Torino. La squadra di Vanoli scavalca il Genoa piazzandosi all’undicesimo posto della classifica. Dopo l’eliminazione in Champions League, il Milan crolla anche in campionato, una sconfitta pesantissima che rischia di compromettere la lotta per un posto tra le prime quattro.
Inter-Genoa (A cura di Tommaso Patti)
Vittoria da primato. All’Inter basta un gol di Lautaro per prendersi la vetta
Nella sfida che vede la possibilità di prendersi la vetta, Inzaghi è costretto a fare un leggero turnover per riuscire a frenare tutti i problemi relativi agli infortuni di Thuram, Sommer e Carlos Augusto, schierando dal primo minuto Joseph Martinez, Asllani e Correa. Con questi cambi forzati, il gioco dell’Inter si dimostra sin da subito meno funzionale ed efficace rispetto alle partite precedenti, complice anche un’ottima lettura di gioco della squadra di Vieira. Dopo un avvio in cui nerazzurri, provano insistentemente a trovare la rete del vantaggio con protagonisti Dumfries e Mkhitaryan, il Genoa comincia ad entrare in partita, sfruttando la fisicità di Pinamonti e la velocità di Ekhator. Nonostante i ritmi non siano per nulla bassi, la partita si accende soltanto nei primi minuti della ripresa, quando sulla corsa verso la porta di Miretti, Acerbi riesce a fare un recupero importante, neutralizzando la conclusione del centrocampista genoano che termina in corner. Due minuti più tardi sul lancio di Dimarco e sulla spizzata di Lautaro, Barella prova a sbloccare la gara con un tiro al volo da lunghissima distanza che però termina di poco lontano dallo specchio dalla porta e viene anticipatamente recuperato da Leali. Sugli sviluppi di un calcio d’angolo, l’Inter sfiora il gol del vantaggio con la rovesciata di Pavard respinta da Leali. L’ingresso di Çalhanoğlu permette all’Inter di manovrare le azioni offensive con più sicurezza, come nell’occasione che vede il centrocampista turco servire barella, autore di un’altra conclusione dalla distanza che termina all’incrocio dei pali. Nel momento migliore dei nerazzurri, il Genoa va ad un passo dall’1-0 con un’occasione nata da un calcio d’angolo battuto ad uscire da Aaron Martin, che arriva sulla testa di Ekuban dopo un rimpallo, ma che viene allontanato dallo specchio dalla porta da un’uscita miracolosa dell’ex Josep Martinez, all’esordio in Serie A con la maglia dell’Inter. Sempre da calcio d’angolo, l’Inter trova dopo tanta insistenza la rete del vantaggio, sancita dalla decima firma stagionale di Lautaro Martínez, rete che arriva grazie all’anticipo di testa sul primo palo da parte dell’argentino, aiutato da una deviazione di Masini. La reazione del Genoa arriva principalmente con i nuovi entrati, in particolare con Venturino e Onana, quest’ultimo protagonista di un tiro che termina di poco alto sopra la traversa. Nei minuti finali il Genoa prova un disperato assalto alla ricerca del pareggio, lasciando troppo spazio all’Inter di ripartire e di far male. Tutti i successivi contropiedi dell’Inter però vengono sciupati da Taremi e da Lautaro nel momento della conclusione. A ridosso del triplice fischio, il Genoa si vede annullare il goal dell’1-1 per un fallo in attacco di Ekuban ai danni di Josep Martinez, decisione arbitrale che viene compresa totalmente e senza particolari proteste dagli uomini di Vieira. Il successo dei nerazzurri contro il Genoa regala all’Inter la possibilità di affrontare con un morale differente la sfida di Coppa Italia contro la Lazio e la possibile sfida scudetto della 27ª giornata al Maradona contro il Napoli. Nonostante la sconfitta, il Genoa può vantare di aver disputato una partita al di sopra delle aspettative, riuscendo a mantenere un ritmo elevato e una tipologia di gioco che soddisfa tifosi e allenatore.
Como-Napoli (A cura di Dennis Rusignuolo)
Febbraio stregato per il Napoli. Conte perde la vetta del campionato contro il suo allievo Fabregas
Una linea alta di pressione e il possesso stabilmente tra i piedi. Contro il suo “allievo” Fabregas, Antonio Conte cerca di tarpare subito le ali ai lariani, per mettere subito la partita in discesa. Come un fulmine a ciel sereno i partenopei si colpiscono da soli, perché al quarto minuto Rrahmani si rifugia indietro verso Meret, che intanto si era allargato per ricevere il passaggio, ma il filtrante del kosovaro è diretto verso la porta e la palla entra in porta. Il clamoroso svantaggio del Napoli dura una manciata di minuti, perché fin da subito la squadra di Conte mantiene alto il baricentro e la linea di pressione. Il Como cerca di controllare stabilmente il possesso palla, considerando la scelta di Fabregas di schierare un roster di trequartisti al posto di una punta di ruolo. Al minuto 18 il Como cerca di sviluppare nella zona centrale del campo, Lobotka pressa forte Da Cunha, costretto a scaricare subito verso Kempf, il tedesco sbaglia il controllo e spiana la strada a Raspadori, freddo e lucido nell’aprire il piatto e mandare fuori tempo Butez. Secondo gol in due partite da titolare per l’attaccante azzurro, che sembra l’unico giocatore in grado di dare una scossa a questo Napoli rimaneggiato. Al 26’ Como pericoloso dopo una palla riconquistata da Caqueret che innesca Paz, scarico all’indietro su Perrone che calcia di piatto ma centrale. Sul capovolgimento di fronte, Spinazzola da sinistra crossa sul secondo palo, sponda di piede di Politano a centro area per il gigante Billing, che però viene anticipato da una smanacciata di Butez. Meglio il Napoli nella seconda parte di tempo, il Como soffre soprattutto la fisicità a centrocampo di McTominay e Billing (schierato al posto di Anguissa, diffidato, preservato per la gara scudetto contro l’Inter di sabato prossimo). Nessun cambio all’intervallo, ma le prime mosse della gara non tardano ad arrivare. Il Como approccio meglio la ripresa, cerca di ribaltare il canovaccio tattico della prima frazione, in cui il Napoli è riuscito a dominare in mezzo al campo con una linea di pressione alta e intensa. All’ora di gioco Conte richiama Lukaku e Billing in panchina, dentro Simeone e Anguissa. Al 66′ il Como deve ringraziare il suo estremo difensore, perché Butez è prodigioso nella respinta su McTominay, lo scozzese riceve un filtrante, si costituisce la conclusione nel migliore dei modi e spara un missile centrale, bravo l’estremo difensore francese nel rimanere in piedi fino all’ultimo. Nell’ultimo quarto di gara Fabregas muove lo scacchiere nel migliore dei modi: dentro Cutrone al posto di un ottimo Caqueret, e dopo meno di cinque minuti l’attaccante innesca Nico Paz in mezzo al campo, il Napoli è spaccato in due e il filtrante dell’argentino sorprende Rrahmani alle spalle. Il passaggio viene ricevuto da Diao, movimento verso destra e rasoiata sul palo opposto, laddove Meret non può arrivare. Impatto devastante dello spagnolo con il nostro campionato, al quinto centro in appena otto gare. Nel finale Conte inserisce tutti i giocatori offensivi di cui dispone e la gara si conclude con il Como barricato nella propria area per difendere un risultato d’oro, che arriva al termine di cinque minuti di recupero. A una settimana dallo scontro diretto, il Napoli cede momentaneamente il primo posto all’Inter. Febbraio stregato per la squadra di Conte, che colleziona solo tre pareggi e una sconfitta in quattro gare. La gara di sabato del Maradona diventa un cruccio per la stagione dei partenopei. Impresa riuscita ai ragazzi di Fabregas, che sembra aver trovato il suo cerchio magico attorno al continuo movimento dei giocatori offensivi utilizzati dallo spagnolo. Al cospetto del suo vecchio allenatore, Fabregas adesso si gode un gioco sempre più bello e incisivo, e tre punti che allontanano il Como dalla zona calda della classifica. E adesso l’obiettivo principale è la continuità…
Hellas Verona-Fiorentina (A cura di Marco Rizzuto)
Bernede all’ultimo stende la Viola. Al Bentegodi festeggia l’Hellas
La Fiorentina fa il primo squillo del match con il solito Moise Kean, ma Montipò in tuffo ci arriva mantenendo il risultato sullo 0-0. Il primo tempo si gioca mantenendo l’equilibrio in mezzo al campo, lasciando poco spazio alle occasioni da gol. A pochi minuti dalla fine Moise Kean prova la girata al volo sul cross basso di Zaniolo, la conclusione però non è irresistibile ed è facilmente neutralizzabile per Montipò. La vera occasione sfumata per i viola arriva agli sgoccioli della prima frazione: Folorunsho disegna un assist meraviglioso in acrobazia per Zaniolo, che fallisce clamorosamente a due passi dalla riga di porta. Quasi all’ora di gioco Moise Kean rimane a terra per un colpo al volto, che lo costringe al cambio in barella. A venti dalla fine il Verona sfiora il vantaggio, Dawidovicz di testa non trova la porta sul cross di Faraoni. Gli scaligeri a sorpresa la sbloccano allo scadere: sul filtrante di Mosquera deviato dalla difesa, si avventa Bernede, prima vince un rimpallo con Pablo Marì, poi manda a vuoto Comuzzo e spiazza De Gea, mandando in estasi il Bentegodi. La corsa all’Europa si fa sempre più entusiasmante, i viola cadono per la terza volta consecutiva e la vittoria netta contro l’Inter rimane un vecchio ricordo. Il Verona conquista tre punti fondamentali per la salvezza, che li rilanciano in classifica.
Empoli-Atalanta (A cura di Tommaso Patti)
La Dea non si ferma ad Empoli. Poker da sogno dell’Atalanta.
L’inizio di gara per gli uomini di Gasperini è caratterizzato da una serie di occasioni manovrate all’interno dell’area di rigore avversaria con Zappacosta e Djimsiti, quest’ultimo autore di una rovesciata avvenuta dopo un forcing nerazzurro che però termina alta sopra la traversa. Al quindicesimo minuto, l’Empoli sfrutta l’attacco della profondità del nuovo acquisto Kouamé e mette in pericolo la difesa avversaria con una conclusione potente deviata dall’intervento di Carnesecchi. Il momento che svolta notevolmente la gara arriva al ventisettesimo, quando su un cross di Zappacosta, il pallone viene deviato accidentalmente nella propria porta da Gyasi. Nei minuti successivi, l’Atalanta prima sfiora il raddoppio con il colpo di testa di Posch deviato in angolo da Silvestri, per poi trovarlo qualche minuto più avanti con l’inserimento sul secondo palo di Retegui, che raccoglie il cross di Lookman e firma la sua ventunesima rete in campionato. La Dea, ferita dalla recente eliminazione in Champions League, non fa sconti e trova il tris due minuti prima della fine del primo tempo, grazie alla rete dell’uomo più discusso dell’ambiente bergamasco negli ultimi giorni: il filtrante di Retegui, trova all’interno dell’area di rigore l’inserimento di Lookman che, salta con una finta sopraffina Silvestri, ed entra in porta col pallone segnando la terza rete nel primo tempo per l’Atalanta. Nonostante il netto divario fra i due formazioni, l’Empoli dimostrano i primi minuti della ripresa di essere ancora in partita, andando vicino al goal che avrebbe riaperto la gara con la conclusione velenosa di Henderson. Su un altro pallone in verticale di De Roon, Lookman scatta e si dirige verso la porta avversaria riuscendo a spostarsi il pallone sul sinistro per poi scaricarlo verso la porta con un tiro a incrociare, firmando l’ennesima doppietta e salendo a quota dodici gol in venti presenze in questa serie A. A mettere le ciliegina sulla torta ci pensa Zappacosta che, dopo essere stato protagonista al terzo minuto con una conclusione insidiosa, segna la rete del definitivo cinque a zero che spedisce l’Atalanta a -2 dal Napoli e a -3 dell’Inter capolista, candidandosi definitivamente per la lotta scudetto. Il 18º posto dell’Empoli va stretto agli uomini di d’Aversa, che adesso sono chiamati ad un cambio di marcia per riuscire ad uscire dalla zona retrocessione.
Cagliari-Juventus (A cura di Dennis Rusignuolo)
Juventus corsara in Sardegna. Il graffio di Vlahovic blinda il quarto posto bianconero
Interpretare la gara con sfacciataggine, questo l’obiettivo del Cagliari contro una Juventus che deve proseguire la striscia di vittorie e reagire all’eliminazione in Champions contro il PSV. Tornano dal primo minuto Yildiz e soprattutto Vlahovic, dopo una serie di cinque panchine consecutive. Il possesso palla è stabilmente in mano ai bianconeri, alla costante ricerca di un varco in cui colpire la difesa rossoblù. Tutte le manovre della Juve sono fatte da passaggi corti e precisi, per mantenere stabile il ritmo e la fluidità dei movimenti. Il Cagliari non riesce ad alzare il baricentro a causa di una pressione forsennata apportata dagli uomini di Thiago Motta, con il chiaro obiettivo di ostruire le linee di passaggio e i portatori di palla. All’undicesimo minuto il pressing costante e intenso dei bianconeri porta i suoi frutti: Yerry Mina perde palla a causa della pressione di Vlahovic, il serbo porta palla in avanti, salta Caprile in uscita e insacca a porta vuota. Una rete pesante per Vlahovic, che cerca di mettersi alle spalle un periodo incolore sotto tutti i punti di vista. Tra le fila bianconere la posizione di Locatelli è fondamentale nella lettura del gioco, perché il playmaker italiano è spesso libero di impostare e giostrare il gioco, mentre in fase di non possesso tutti gli attaccanti guidano la pressione verso Caprile e i difensori, costretti a buttare il pallone il più lontano possibile. La Juve gioca sul velluto, approfitta di un momento di totale condusione dei sardi e sfiora il raddoppio al 21′, con Yildiz che taglia alle spalle della difesa rossoblù, chiusura preziosa di Caprile, che risponde con un’uscita a forbice sbarrando la strada al turco. Le due squadre cominciano a sbilanciarsi da una parte e dall’altra, la Juve riparte con una facilità disarmante e i bianconeri trovano spesso buone transizioni per colpire verso la porta. Al 27′ Vlahovic serve centralmente Yildiz, il turco si costruisce la conclusione e incrocia sul palo opposto, bravo Caprile a intervenire con i piedi. L’estremo difensore del Cagliari è il migliore in campo dei rossoblù nella prima mezz’ora, e le sue parate evitano fin da subito un passivo ben superiore. Il primo lampo, la prima vera occasione, dei padroni di casa è un mancino al volo di Zortea, conclusione forte ma centrale, Di Gregorio blocca senza troppa difficoltà. All’intervallo Nicola cambia subito nelle fasce, fuori Felici e dentro Zito Luvumbo. La Juve non cambia interpreti e ricomincia con gli stessi uomini che hanno chiuso -alla grande- il primo tempo. Nonostante un avvio diverso, più vivace e dentro al gioco, il Cagliari continua a non sfondare sulle fasce, anche se l’ingresso frizzante di Luvumbo crea qualche grattacapo in più alla difesa bianconera. Nicola decide di cambiare assetto inserendo Coman al posto di Deiola, un chiaro passaggio al doppio centravanti, con il rumeno che si affianca a Piccoli. Motta risponde subito con Kolo Muani e Douglas Luiz, fuori Conceicao e Koopmeiners. Schieramenti a specchio con la Juve che cerca conferme positive nell’ultima mezz’ora dalla coppia Kolo Muani-Vlahovic. Al 77′ la Juve esce con qualità da un disimpegno al limite dell’area, Douglas Luiz cerca subito Vlahovic in profondità, il serbo porta palla in avanti e al limite dell’area calcia addosso a Caprile, proteste bianconere per una spinta a due mani di Luperto al momento della conclusione di Vlahovic, per Colombo non è calcio di rigore. Il Cagliari alza il raggio d’azione nel finale, sfruttando un calo fisiologico della Juve, e si affaccia alla porta di Di Gregorio con un mancino di Coman che termina di poco a lato. Nicola si gioca l’ultima carta con Pavoletti, chiaro messaggio di attacco totale verso la porta bianconera. Nel recupero la Juve trova spazi incontaminati per alzare il baricentro e tenere lontano il Cagliari, che nel frattempo non riesce a impensierire la difesa bianconera. Dopo cinque minuti di recupero Thiago Motta può festeggiare la quarta vittoria consecutiva in campionato. Serviva una reazione dopo la brutta battuta d’arresto contro il PSV e la reazione è arrivata. Non tanto nel risultato, ma nella prestazione coraggiosa e lucida che la Juve ha attuato nel primo tempo. Nel secondo tempo un canovaccio più dedito alla gestione del risultato che non ha lasciato grandi spazi al Cagliari, che adesso deve ripartire subito per seguire il passo delle inseguitrici alla salvezza, tutte -o quasi- in un buon momento di forma.
Roma-Monza (A cura di Marco Rizzuto)
Poker giallorosso, Ranieri aggancia la zona Europa
La Roma passeggia nell’ultimo incontro della 26^ giornata, Saelemaekers apre i giochi e Cristante li chiude. All’Olimpico la Roma non perde tempo e sfiora il vantaggio dopo appena cinque minuti con Nicolò Pisilli, che manca la porta da ottima posizione. Al 10′ Saelemaekers sblocca la gara con una magia tirata fuori dal suo mancino: il belga rientra sul mancino al limite dell’area e segna un gol -alla Dybala-. Il dominio giallorosso prosegue fino alla mezz’ora dove Shomurodov con uno stacco di testa firma il raddoppio su assist di un rinato Soulé. Il Monza prova a riaprire i giochi al tramonto del primo tempo con Ganvoula, ma Svilar si impone con una super parata che impedisce alla sfera di entrare. La ripresa si gioca a ritmi più bassi ma sono sempre i giallorossi a gestire il possesso, lasciando le briciole al Monza. Dopo una ghiottissima occasione per Baldanzi sventata da Turati all’ora di gioco, la Roma trova la rete del tris al 72′ con Angelino, che incrocia benissimo da centro area. Il monologo giallorosso si chiude con un sonoro e pesante poker, firmato dalla girata di testa di Bryan Cristante su calcio d’angolo. La vittoria sul Monza sancisce il decimo risultato utile consecutivo, effetto importantissimo della ‘cura Ranieri’, che rilancia i giallorossi in zona Europa a -1 da Bologna e Milan. Il Monza torna a perdere dopo 0-0 dell’ultima giornata, ormai la retrocessione sembra inevitabile.
LA TOP11 DELLA 26ª GIORNATA:

Grafica: Julya Marsala
Calcio
Europa e Conference, quarti di ritorno: cade anche la Lazio, Fiorentina in semifinale

Europa e Conference League sono ormai arrivate ai quarti di finale, con le gare di ritorno che hanno chiuso questa fase delle competizioni. La serata dà spettacolo con partite veramente senza senso, come solo l’Europa sa regalare. Abbandona il sogno europeo anche la Lazio, mentre la Fiorentina ottiene la semifinale per il terzo anno consecutivo.
EUROPA LEAGUE
L’Italiana
L’Italia per il Bodo non è mai stata un territorio fortunato, zero vittorie in tutte le gare giocate sul suolo del tricolore e, soprattutto, mai una semifinale europea raggiunta. Prima della partita contro la Lazio all’Olimpico, tutti questi dati erano ancora concreti, ma con il match di ritorno, tutto è cambiato. La squadra di Baroni entra in campo con grinta e determinazione, minacciando la difesa norvegese con diverse occasioni pericolose, che passano dai piedi dell’asset iper-offensivo dei biancocelesti. AL 20′ la partita si sblocca con il gol del Taty Castellanos, che di tacco beffa Haikin ed accende l’Olimpico, speranzoso di un’attesa rimonta. Nel settore destro del campo, Isaksen sfugge ad ogni tipo di marcatura e risulta incontenibile e fonte principale delle più pericolose azioni della Lazio. Ci prova Castellanos, ci provano anche Lazzari e Zaccagni sbattendo sulla traversa, ma il pallone sembra non voler entrare, nella disperazione generale dell’organico biancoceleste. Nel secondo tempo, però, il Bodo smette di soffrire ed esce la testa dalla tana, impegnando Mandas in un paio di interventi decisivi, ed oltre ciò la poca freddezza del Taty rischia di costare caro alla Lazio, che riesce clamorosamente (e fortunatamente) a pareggiarla allo scadere, con Noslin che raggiunge un pallone vagante vicino alla linea di fondo e lo insacca alle spalle di Haikin, trascinando il match ai tempi supplementari. L’extra-time arride, almeno inizialmente, alla squadra di Baroni, che al 100′ trova addirittura il gol del vantaggio con Dia, che stacca di testa all’interno dell’area di rigore e sblocca, momentaneamente, il passaggio del turno. L’animo dei norvegesi non si affievolisce e nel secondo tempo supplementare la squadra di Knutsen reagisce trovando il gol del pareggio con Helmersen, che beffa un Mandas non perfetto per poi essere espulso al 120′. La lotteria dei rigori è un vero e proprio dramma psicologico per la Lazio: dagli undici metri sia Tchaouna, che Noslin, che Castellanos sbagliano, consegnando la qualificazione al Bodo, che raggiunge la prima semifinale europea nella storia del calcio norvegese. Con l’eliminazione della squadra di Baroni, l’Italia dà di diritto l’addio anche al quinto posto in Champions, oltre che all’ultima speranza di vincere l’Europa League.

foto: X ItalianFootballTV
Le altre sfide
Oltre la caduta della squadra di Baroni, l’Europa League, come ormai di consueto, è riuscita a portare in scena dei match veramente assurdi, destinati ad entrare negli annali di questa competizione. Primo su tutti non si piò non citare il match tra Manchester United ed Olympique Lyone: i tempo regolamentari si concludono con due gol per parte (4-4), dimostrando lo stesso equilibrio presente anche nella gara di andata, ma nei supplementari la partita assume un tono degno dei migliori film thriller. I francesi, rimasti in dieci per il doppio giallo a Tolisso, riescono a trovare due gol nel giro di cinque minuti grazie alle reti di Cherki e Lacazette, mettendo apparentemente il lucchetto alla partita; Old Trafford, il teatro dei sogni, sembra però non pensarla così e nel giro di sette minuti lo United, con i gol di Bruno Fernandes, Mainoo e Maguire ribalta le sorti della partita, strappando così il pass per la semifinale. In Spagna, l’Athletic Bilbao ritrova sè stesso ed ipoteca la qualificazione contro i Glasgow Rangers, con i gol Oihan Sancet e Nico Williams, missione che non gli era riuscita sette giorni fa in Scozia. A chiudere il quadro delle semifinali c’è il Tottenham, che, in Germania, vince di misura con il rigore di Solanke e supera l’Eintracht Francoforte. L’1 maggio, in occasione delle semifinali, gli Spurs affronteranno la sorpresa Bodo/Glimt, menter l’Athletic affronterà, in casa, uno United fomentato da una delle rimonte più belle di quest’anno.

foto: X Tottenham
Il protagonista
Una partita folle, 114′ minuti in ombra e 7 per ribaltare le sorti di una qualificazione che sembrava ormai clamorosamente sfumata: il Manchester United, grazie ai lampi di Bruno Fernandes, Mainoo e Maguire riesce ad uscire dall’inferno per tentare l’assalto finale e decisivo alla vittoria europea, che darebbe quantomeno una nota di merito alla peggiore stagione dei Red Devils in tempi recenti. Certo, non si può, giocando in casa, farsi sottomettere pesantemente da una squadra in dieci uomini, ma la squadra di Amorim trova il coraggio per rialzare la testa e, sotto gli occhi di un Old Trafford deluso, dare vita ad un finale di partita che può far ben sperare i supporters della squadra, in vista della semifinale contro l’Athletic Bilbao

foto: X Manchester United
La conferma
Non può che essere la conferma di queste semifinali Nico Williams. All’andata, nello 0-0 contro dei Rangers in dieci per ottanta minuti, non era riuscito ad incidere, ma quando vede San Mamés gli si illuminano gli occhi e comincia a disegnare calcio. Ancora un gol, ancora decisivo. Che possa essere il suo turno di vincere coppa ed MVP?

foto: X Athletic
La delusione
Segna il gol che riaccende le speranze biancocelesti, ma poi poco e nulla. Il Taty Castellanos si ritrova sui piedi il rigore decisivo che avrebbe mandato la lotteria ad oltranza, ma lo sbaglia clamorosamente. Sembra cattivo ed anche sbagliato dirlo, ma l’eliminazione della Lazio passa anche (e soprattutto) dai piedi del suo maggior trascinatore, beffato dalla pressione del momento.

foto: X Gournach
CONFERENCE LEAGUE
L’Italiana
Dopo il filo da torcere dato alla Fiorentina durante la gara d’andata, lo Celje arriva a Firenze come una squadra quantomeno rivalutata, da cui la squadra di Palladino si sarebbe dovuta guardare attentamente per evitare indesiderati imprevisti. La Viola parte con più sicurezza degli sloveni, con Kean e Fagioli che svariano in mezzo al campo ed alzano il baricentro, mettendo in diffcoltà gli sloveni. A centro area, su situazione di corner, Ranieri impegna Ricardo Silva, quando manca un quarto d’ora al termine della prima frazione. Cinque minuti più tardi il gol del vantaggio arriva e porta la firma del migliore in campo, Rolando Mandragora, che raccoglie l’imbucata di Pongracic e con il piede debole insacca la sfera alle spalle dell’estermo difensore avversario, impotente sulla traiettoria a incrociare del centrocampista italiano. Nel secondo tempo sono invece gli sloveni a scendere in campo con maggiore garra e riescono a trovare il gol del pareggio prima con Matko e, appena due minuti dopo, quello del vantaggio con Nemanic, che svetta di testa e incorna il cross di Seslar, portando il risultato totale sul 3-3. Un minuto dopo il gol degli sloveni la Fiorentina reagisce prontamente, e ancora grazie ad un precisissimo lancio di Mandragora che trova Kean, ritrova il vantaggio con il gol dell’attaccante italiano, che piazza il pallone sul secondo palo e archivia definitivamente la qualificazione. Da qui in poi la Fiorentina si sveglia definitivamente e riesce a difendere il vantaggio, sfiorando addirittura il gol del 3-2 con Ranieri che insacca la sfera ma che si vede annullata la gioia del gol per posizione di offside, così come Kean a due minuti dalla fine. Dopo sei minuti di recupero il triplice fischio sancisce la terza semifinale consecutiva della Fiorentina, che andrà a giocarsi l’accesso alla finale con il Real Betis, sperando che questo sia, finalmente, l’anno in cui alzare la Coppa.

foto: X ACF Fiorentina
Le altre sfide
Vediamo adesso chi accompagnerà, in semifinale, la Fiorentina, per chiudere il quadro europeo di questa settimana e vedere le ultime tre squadre rimaste in corsa per un trofeo internazionale. A Londra il Chelsea appare molto opaco e destabilizzato dall’ottima prestazione del Legia Varsavia, che dà non poco filo da torcere ai Blues, sconfitti per 2-1 ma favoriti dal punteggio dell’andata, che li vede passare il turno con il totale di 4-2. Passa con realtiva serenità anche il Real Betis, che in Polonia non va oltre l’1-1 con lo Jagiellonia ma che si fa forte del 2-0 dell’andata e riesce a buttare fuori la sorpresa di questa competizione. Ultima, ma non per importanza, la partita forse più interesssante di questi quarti di ritorno di Conference League, che vede il Djurgarden, partito con il risultato a sfavore di 1-0, battere in trasferta il Rapid Vienna ai supplementari e strappare un definitivo pass per le semifinali, candidandosi seriamente al ruolo di nuova sorpresa di quest’anno. Alle semifinali, previste per l’1 maggio, il Djurgarden affronterà il Chelsea, cercando di sfruttare l’ambiente casalingo per mettere in difficoltà la favorita della competizione, mentre la Fiorentina volerà in Spagna per un’ardua sfida con il Betis, squadra molto in forma che sembra non volersi fermare

foto: X Chelsea
Il protagonista
Si può, da sfavoriti, dominare il Rapid Vienna in trasferta ed eliminarlo passando il turno? Il Djurgarden ci è riuscito, con una prestazione che quasi nessuno, alla vigilia del match, si sarebbe aspettato. D’altronde, avevano perso la gara d’andata, e ribaltare una gara di ritorno, soprattutto fuori casa e da sfavoriti, non è mai semplice. La squadra di Honkavaara però riesce nell’impresa, con il Rapid Vienna che cade sotto i colpi di Danielsson e Kosugi nei tempi regolamentari, per poi subire il colpo di grazia con la doppietta di Gulliksen nei supplementari.

foto: X Djurgarden
La conferma
Rolando Mandragora si prende la Fiorentina. Il suo gol e il suo assist ipotecano la qualificazione in semifinale e costringono un coraggioso Celje ad un’amara eliminazione. Il numero otto viola ormai a centrocampo ha trovato la sua casa da cui sforna sempre più prelibatezze che addolciscono pomeriggi e serate di tifosi e compagni. Il suo estro e la sua interpretazione del gioco di Palladino potrebbero rivelarsi la chiave di volta per raggiungere la terza finale consecutiva, ma prima bisogna superare uno scoglio non da poco: il Betis.

foto: X ACF Fiorentina
La delusione
Una faccia della medaglia, quella del Djurgarden, brilla di luce propria e luccica splendidamente così che si possa vedere da lunga distanza, mentre l’altra, quella del Rapid Vienna, adesso è totalmente rovinata ed inizia a sgretolarsi. Gli austriaci arrivavano al match di giovedì con l’unico compito di difendere il risultato, e non solo non ci sono riusciti, ma hanno concesso troppo spazio agli avversari arrivando a subire addirittura quattro gol senza neanche provare a ribaltare il proprio destino.

foto: X Rapid Vienna
Calcio
Champions League, quarti di ritorno: Match folle al Villa Park, l’Arsenal elimina il Real

Fuochi d’artificio nelle quattro gare che chiudono i quarti di finale. Si è completato e inquadrato il tabellone delle semifinali, e adesso la strada per Monaco comincia a essere sempre più breve. Sono rimaste soltanto in quattro, e alcune favorite hanno abbandonato il treno per la Baviera. Show must go on…
L’italiana
L’Inter a San Siro non va oltre il pari contro i bavaresi, ma è un pareggio bellissimo perché il risultato dell’andata qualifica i nerazzurri alla seconda semifinale di Champions in tre anni. Serviva replicare l’impresa di Monaco per superare l’ostacolo Bayern e la squadra di Inzaghi riesce a indirizzare la qualificazione nei primi minuti della ripresa. Dopo una settimana dal successo dei nerazzurri all’Allianz Arena, il copione a San Siro sembra non essere cambiato particolarmente: Inter in vigile controllo della gara e Bayern alla ricerca di qualche spazio per colpire. Le offensive dei bavaresi sono più istintive che logiche, e in molte occasioni lo zampino principale è quello di Olise, leader tecnico in assenza di Musiala (la cui assenza è stata a tutti gli effetti un fattore). Nonostante le frizzanti giocate del talento francese, la difesa dell’Inter trova sempre il guizzo giusto per chiudere lo specchio (da guardare e riguardare il salvataggio di Bastoni, proprio su Olise, al minuto 12). Nella gestione del risultato sono stati fondamentali i ripiegamenti difensivi di Lautaro e Thuram. La manovra dei nerazzurri viene spesso finalizzata da questi due meravigliosi attaccanti, ma è nel lavoro sporco che i due riescono a tirare fuori il meglio di sé, efficaci nel ricacciare all’indietro la difesa bavarese oppure mandarla fuori giri con i loro soliti movimenti. Alla ripresa del gioco la partita regala il suo apice di spettacolo nei primi quindici minuti: Harry Kane si defila sulla destra, non permette l’intervento difensivo a Dimarco e riesce a fulminarlo con un destro chirurgico sul palo opposto. L’inglese torna subito a referto dopo l’occasione clamorosa sprecata nel match d’andata. Per la prima volta in più di centocinquanta minuti di partita, tra andata e ritorno, l’Inter comincia a temere le offensive dei bavaresi, vicini al raddoppio con Thomas Muller. San Siro però riesce a riaccendersi quando nel buio spunta subito la luce del faro Martinez, l’argentino converte in rete una palla rimasta vagante dopo un corner e riporta tutto alla normalità. Tre minuti più tardi Pavard decide di inaugurare al meglio il suo score con la maglia dell’Inter, ma in quei tre minuti l’Inter attacca la porta del Bayern in maniera spaventosamente feroce. Prima Thuram, poi Darmian e infine la zuccata di Pavard, e qualificazione in ghiaccio. Con il pass della semifinale in bella vista, e con un calendario ai limiti dell’incredibile, la gestione dei nerazzurri è compassata e leggera. I bavaresi, feriti nell’orgoglio dai quattro schiaffi subiti nei due match, cercano di rientrare in partita alla loro maniera, con la solita pressione asfissiante e l’attacco sempre più costante della porta di Sommer. Dier riesce a pareggiare il risultato della partita con una rete che è un facsimile di quella realizzata da Muller in Baviera una settimana fa: corner sul secondo palo e spizzata vincente. Nel finale Kompany inserisce tutto ciò che ha in panchina, il Bayern sfiora due volte la rete ma dopo sei -lunghissimi- minuti di recupero il triplice fischio di Vincic regala ai nerazzurri il pass per la semifinale. Adesso per l’Inter arriva il Barcellona, come nel 2010 in occasione del Triplete.
Le altre sfide
Si preannunciavano grandi match anche al ritorno, nonostante alcuni match sembravano ben indirizzati, a cominciare dal Barcellona. La squadra di Flick si era sbarazzata del Dortmund con un netto 4-0 casalingo, ma al Signal Iduna Park i gialloneri intimoriscono -e non poco- i blaugrana. Per guidare una rimonta che sembrava impossibile, il Borussia Dortmund si affida al suo rapace d’area, e Guirassy si fa trovare ovviamente pronto. L’attaccante guineano realizza una tripletta storica che accende il muro giallo, ma l’entusiasmo viene stroncato dall’autogol di Bensebaini. Nel finale il Var annulla il 4-1 a Svensson e in quel fuorigioco si chiude il sogno del Borussia Dortmund. Prima sconfitta nel 2025 per il Barcellona, ma è alquanto dolce perché i blaugrana tornano in semifinale dopo ben sei anni.
Nell’altro match del martedì l’Aston Villa saluta la competizione dopo una partita incredibile contro il Paris Saint Germain. Dopo il 3-1 dei parigini in Francia, al Villa Park la partita sembra indirizzata già dall’inizio. A implementare questa visione ci pensano i difensori dell’Aston Villa, che con l’aiuto di Martinez regalano il vantaggio ad Hakimi. La squadra di Luis Enrique cerca di chiudere subito il discorso qualificazione, e trova il raddoppio con l’altro terzino: Nuno Mendes riceve in area da Dembelè, apre il piatto e al 26′ sembra chiudere il discorso. Sembra, perché i Villains trovano il gol cinque minuti dopo, grazie a un tiro di Tielemans deviato in porta da Pacho. Soffia un vento nuovo a Birmingham, e la squadra di Emery sembra averlo capito in fretta, perché dal gol del centrocampista belga comincia un’altra partita: nel secondo tempo McGinn estrae una gemma dal suo sinistro, spedisce la palla all’incrocio e pareggia la partita. Mancano due gol per pareggiare il totale, e a mezz’ora dal termine sembra sempre più difficile. Dopo tre minuti dal gol dello scozzese, da un corner Konsa arriva al tiro e fa 3-2. Villa Park esplode, l’Aston Villa si riversa in avanti e cerca in tutti i modi la rete del 4-2 (che garantirebbe i supplementari) ma Donnarumma blinda lo specchio e i parigini conquistano la semifinale.
Mercoledì tutti gli occhi sono puntati sul Bernabeù, dove il Real Madrid cerca l’ennesima rimonta clamorosa della sua storia. L’Arsenal non sembra dello stesso avviso, e ha subito l’occasione per chiudere il discorso. Calcio di rigore per i Gunners al decimo minuto, Saka cerca il cucchiaio centrale e Courtois lo intercetta con le gambe. Il Real cerca in tutti i modi di segnare un gol che sblocchi la gara e rilanci il discorso qualificazione. Il VAR toglie un rigore ai Blancos dopo una review di oltre tre minuti, e all’intervallo si va sullo 0-0. Nella ripresa la squadra di Arteta trova il gol con Saka, Vinicius risponde dopo meno di un minuto, ma il Real non riesce a sfondare per tutto il secondo tempo, e nei minuti di recupero Gabriel Martinelli realizza la rete del definitivo 1-2 (1-5 nel complesso). Real Madrid eliminato e Gunners in finale dopo 16 anni.
Il protagonista
Tre gol al Barcellona potrà raccontarli ai nipoti: Serhou Guirassy si è portato a casa il pallone della partita nella vittoria platonica del suo Borussia Dortmund contro i blaugrana per 3-1. Le tre reti hanno permesso inoltre al franco-guineano di issarsi da solo in vetta alla classifica dei marcatori di Champions con 13 centri. Dopo Lewandowski e Haaland, il Borussia ha trovato una nuova gemma da esportare nell’elite del calcio europeo? Difficile dirlo, anche perché il polacco e il norvegese erano giovani talenti quando sono transitati in giallonero, mentre Guirassy ha 29 anni. Rimane comunque un’annata storica per l’attaccante del Dortmund.
Menzione doverosa per Gigio Donnarumma. Nonostante i quattro gol subiti nelle due sfide, le parate del portiere azzurro sono state decisive per la qualificazione dei parigini. Una serie di interventi ai limiti dell’incredibile, che si aggiungono alla prestazione monumentale di Anfield. C’è tanto Donnarumma in questo cammino del Paris Saint Germain.

Foto: X BVB
La conferma
“Certe notti sei sveglio, o non sarai sveglio mai”
Seconda semifinale in tre anni per l’Inter di Simone Inzaghi. Il successo contro il Bayern è l’ennesima conferma di quanto la gestione Inzaghi abbia dato all’Inter una dimensione sempre più europea. Nel bene o nel male l’Inter fa sempre la sua partita: concentrata, equilibrata e sempre intensa e precisa nelle transizioni. Se poi al roster aggiungi calcianti come Calhanoglu e Dimarco, da cui nascono i due corner vincenti, allora questa squadra diventa temibile sotto ogni punto di vista. Certe notti raccontate da Ligabue regalano momenti che forse non torneranno più, conditi da una nostalgia inconfondibile. Certe notti raccontate dall’Inter di Inzaghi sembrano invece tornare a ripetizione, perché adesso l’Inter è decisamente sveglia, e mette paura a tutte le big europee.
La sorpresa
Molti, io per primo, nutrivano dubbi sulla tenuta mentale dell’Arsenal nel catino rovente del Bernabeu: invece i Gunners hanno giocato da grandissima squadra, al cospetto di un Real Madrid decisamente non brillante sul piano fisico, imponendo a tratti il gioco e dimostrando di non soffrire mai, se non in qualche raro minuto, la pressione dei Blancos. L’Arsenal esce rinvigorito dal doppio scontro con quella che doveva essere la favorita numero uno e si presenta dunque in semifinale di Champions dove mancava dal 2008, e adesso contro il PSG la sfida è più aperta che mai!

Foto: X Champions League
La delusione
Il Real Madrid pareva lanciato dopo aver estromesso l’Atletico Madrid negli ottavi, invece si è totalmente impantanato di fronte alla freschezza dell’Arsenal. Dopo lo 0-3 dell’Emirates, la squadra di Carlo Ancelotti ha perso con merito anche al ritorno, trafitta dalle reti di Saka e Martinelli in pieno recupero. Il tecnico italiano è probabilmente giunto alla fine del suo secondo straordinario ciclo madridista, che gli ha fruttato altre due Champions League in aggiunta a quella conquistata nel 2014. Vinicius pare il parente povero di quello devastante ammirato sino alla scorsa stagione in maglia Real, Bellingham sembra in costante involuzione, la difesa concede sempre troppo… Anche se in assoluto il problema principale rimane la mancanza di un regista che dia ordine alla manovra.
Calcio
L’Inter difende l’impresa di Monaco e vola in semifinale. 2-2 col Bayern, San Siro in festa

L’Inter pareggia a San Siro contro il Bayern Monaco e conquista la semifinale di Champions League. Dopo l’impresa di Monaco di Baviera, la squadra di Inzaghi rimonta in pochi minuti il vantaggio iniziale di Kane e soffre nel finale dopo il pari di Dier, ma riesce a conquistare la semifinale dove affronterà il Barcellona.
Per la serata più importante della stagione, nonostante un Carlos Augusto in formato stellare, Inzaghi sceglie Dimarco nella fascia sinistra. Il brasiliano era stato uno dei migliori in campo all’Allianz Arena, ma la presenza dell’esterno italiano è fondamentale per gli sviluppi laterali dell’Inter, e nonostante gli acciacchi fisici dell’ultimo periodo trova posto nell’esterno. In difesa confermato il blocco dell’andata, così come è confermatissimo il tandem offensivo Lautaro-Thuram. Nei bavaresi Kompany conferma 10/11 dell’andata. L’unica sostituzione è quella di Thomas Muller, schierato dal 1′ al posto di Guerreiro. Recuperati solo per la panchina Coman e Pavlovic.
Come previsto anche dal risultato dell’andata, il Bayern approccia la gara in maniera molto aggressiva. Il pressing feroce uno dei pilastri principali dell’idea tattica di Kompany, ma già dalle prime battute l’Inter trova buone trame di gioco per eludere la linea alta dei tedeschi. Subito molto attiva la catena di destra dei bavaresi, Olise trova sempre lo spazio per cercare gli attaccanti. Fotocopia della gara d’andata: Thuram e Lautaro in mezzo al campo fanno ciò che vogliono. I difensori del Bayern sono perennemente in ritardo sui due attaccanti nerazzurri, e tutte le occasioni della squadra di Inzaghi cominciano sempre da una loro giocata. Al 9′ Dimarco riceve da Thuram e incrocia forte, blocca Urbig con sicurezza. La retroguardia dell’Inter concede qualcosa tra le linee, ma arrivati dentro l’area i difensori nerazzurri sono bravissimi nel sbarrare la strada. Al 12′ Bastoni chiude miracolosamente su Olise, il francese era pronto per calciare a botta sicura ma la scivolata del difensore italiano mantiene in equilibrio il risultato. Con il vantaggio da gestire, il copione della gara è ben definito: bavaresi in gestione del pallone nella metà campo nerazzurra, mentre l’Inter chiude bene le linee di passaggio e attende il guizzo per ripartire. Prezioso il lavoro di Lautaro e Thuram in questo fondamentale, in particolare la fisicità del francese è efficace per alzare il baricentro e conquistare falli utilissimi. Appena prima della mezz’ora, è l’Inter ad avere la più grande palla gol. Arriva su punizione dalla sinistra di Dimarco: Acerbi prolunga, Thuram non ci arriva per un soffio. Cinque minuti più tardi Calhanoglu sfiora l’eurogol con una conclusione a giro dai 25 metri, la palla non gira abbastanza e sfiora l’incrocio dei pali, con Urbig praticamente immobile. La gara cambia, e l’Inter ne riprende almeno in parte il possesso, ma i bavaresi ci sono: Sané arriva al tiro in porta, Sommer respinge in corner. In riaggressione i difensori bavaresi sono molto irruenti e imprecisi, e ancor prima dell’intervallo entrambi i centrali (Kim e Dier) vengono ammoniti per due brutti falli su Thuram. Nel finale di frazione, il Bayern torna in possesso di partita e pallone: l’Inter non esce più dalla metà campo, ma riesce a reggere. 0-0 a fine primo tempo.
Confermati gli stessi undici da entrambe le squadre al rientro dagli spogliatoi. Il muro nerazzurro necessita di un altro tempo di resistenza estrema, ma alla ripresa del gioco l’Inter cerca di controllare più stabilmente il possesso. Inzaghi spinge per un controllo più ragionato del pallone, alla ricerca di un gol che metta in ulteriore discesa la qualificazione. Al 50′ Urbig si oppone con un gran riflesso a uno dei soliti corner pungenti di Dimarco. Un minuto più tardi su San Siro si abbatte l’uragano: Goretzka si avventa su un pallone sputato fuori dalla difesa nerazzurra, il tedesco appoggia per Kane che temporeggia e incrocia al momento giusto, la palla passa in mezzo alle gambe di Dimarco e Sommer non può nemmeno azzardare l’intervento. Proteste dei nerazzurri per una sbracciata di Goretzka su Mikitharyan, ma per Vincic è tutto regolare. L’inerzia della gara sembra ribaltata, nonostante i soliti sviluppi dell’Inter, ma il Bayern rischia subito di raddoppiare con una conclusione a giro di Muller, destro troppo forte e poco preciso, con palla che termina in Curva Nord. Nel momento del bisogno, l’Inter trova il pareggio con il guizzo del capitano: calcio d’angolo di Dimarco al 58‘, la palla rimane nei pressi dell’area piccola e Lautaro Martinez rimette subito in parità la gara. Boato a San Siro per il pareggio dell’Inter, che sembra subito rientrata in partita in maniera feroce. La spinta del pubblico regala subito una grande occasione a Darmian, isolato dal fraseggio rapido della trequarti nerazzurra, la conclusione dell’esterno viene deviata in angolo da Dier, provvidenziale in scivolata. Il calcio d’angolo di Calhanoglu è sempre forte e teso, Pavard viene lasciato completamente da solo da Kim e di testa buca Urbig. Uno-due micidiale dell’Inter, San Siro è in delirio e la qualificazione sembra sempre più concreta. Kompany prova a scuotere i suoi con i cambi: fuori Sané e Kim, dentro Gnabry e Guerreiro. Inzaghi risponde con la staffetta, già prevista, tra Dimarco e Carlos Augusto. Il brasiliano è subito decisivo perché al 75′ devia con i tacchetti una conclusione a botta sicura di Olise. Sul corner il Bayern prova a regalarsi un finale diverso. La rete è pressoché identica al pareggio di Muller dell’andata, palla sul secondo palo e la sponda di Dier termina direttamente in porta. Con la gara in parità (l’Inter mantiene un gol di vantaggio), la pressione del Bayern torna ad alzare i giri del motore, mentre l’Inter cerca di non perdere il filo. Kompany inserisce Pavlovic e Coman, mentre Inzaghi sceglie Frattesi e Bisseck. Nel recupero il Bayern attacca a testa bassa e cerca di riacciuffare il pareggio in qualsiasi modo. L’Inter non esce più e nella parata di Sommer su Muller al minuto 95 vede concretizzarsi il sogno della semifinale.
Questa Inter continua a sognare sempre più in grande. Considerando le due partite la qualificazione è il risultato più giusto per una squadra che non vuole smettere di alzare l’asticella. Nonostante la sofferenza nel recupero, la squadra di Inzaghi è riuscita a mettere costantemente in difficoltà un Bayern Monaco che ha pagato terribilmente le tante assenze. Ancora decisivo Lautaro Martinez, all’ottavo gol in 11 gare di Champions. Fari puntati verso la semifinale, dove adesso per i nerazzurri arriva l’avversario più temibile: il Barcellona di Hansi Flick. I blaugrana si sono dimostrati micidiali in avanti, ma hanno mostrato più di qualche limite in difesa, così come ha fatto il Bayern nelle due sfide. I favori del pronostico pendono verso Barcellona, ma questa Inter ormai non è più una semplice outsider. Termina qui l’avventura del Bayern Monaco, che adesso ha l’obbligo di blindare il primo posto in Bundesliga per rendere meno amara questa prima stagione di Vincent Kompany sulla panchina bavarese.
-
Attualità1 settimana ago
KFC vende carne umana? Web indignato dopo il nuovo spot pubblicitario – Video
-
Calcio2 settimane ago
Il Supercommento della 31ª Giornata di Serie A
-
Calcio1 settimana ago
Una grande Inter resiste e punisce in Baviera. La zampata di Frattesi decide il primo atto
-
Intrattenimento1 settimana ago
Thunderbolts: Rilasciato il trailer finale, Sentry scatenerà tutta la sua potenza
-
Cronaca2 settimane ago
Morto Antonello Fassari: l’omaggio di Claudio Amendola
-
Calcio1 settimana ago
Champions League, quarti di andata: Barcellona a valanga, spettacolo all’Emirates
-
Attualità2 settimane ago
La guerra commerciale tra Usa e Cina continua, ecco cosa potrebbe accadere
-
Attualità2 settimane ago
Il ritorno degli enocioni: primo caso di de-estinzione al mondo + foto